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2. LA NATURA DELL'INFANZIA
La Prospettiva Storica
Philippe Ariès, nel suo libro "Centuries of Childhood" (1962), analizza la storia dell'infanzia
facendo notare che nel Medioevo non esisteva considerazione della natura che distingue i
bambini dagli adulti. I bambini erano quindi solo "adulti in miniatura" e di essi condividevano le
sembianze e le attività, sia lavorative che di gioco.
Fino al XVII e XVIII secolo la vicinanza fisica ed emotiva tra genitori e figli non era considerata
molto rilevante (anche per un senso di autoprotezione dettata dall'alta mortalità infantile).
Successivamente i bambini iniziano ad essere ritratti come bambini per quello che riguarda
l'aspetto e gli abiti, sopratutto i maschi.
La rivoluzione industriale, e la sua crescente richiesta di manodopera a basso prezzo, ha
portato ad ultilizzare i minori per lavori in condizioni terribili e per molte ore al giorno, almeno
fino ai "Factory Acts", quindi le leggi del Parlamento Inglese che hanno iniziato il percorso per
giungere alla nostra visione moderna dell'infanzia.
Lloyd DeMause nel libro "Storia dell'Infanzia" (1974) ha sottolineato come "l'infanzia è un
incubo dal quale solo di recente abbiamo cominciato a destarci". L'educazione dei bambini, sia
nell'antica Grecia che nell'Impero Romano, era basata sulla violenza fisica e con un pieno
potere da parte dei genitori.
Nel XVII e XVIII secolo il duro trattamento dei bambini era giustificato sulla base della moralità
religiosa. Esempio è la signora Wesley, madre del fondatore del Metodismo, che sottolineava
l'importanza del duro trattamento da parte dei genitori per sottomettere la volontà dei figli
"lavorando insieme a Dio per la salvezza di un'anima".
Solo negli ultimi duecento anni si è sviluppata la nozione della condizione di infanzia indifesa
che necessita di protezione e non sfruttamento, e quindi anche il diritto nazionale ed
internazionale si è prodigato a creare una serie di leggi in difesa dell'infanzia, tra cui prima su
tutte è la "Convezione delle Nazioni Unite sui Diritti dell'Infanzia" del 1989 che ha dato diritti ai
bambini.
La Prospettiva Culturale
Cambiamenti dell'immagine dell'infanzia possono essere visti anche viaggiando in diversi paesi
e confrontando diverse culture. Ad esempio nella cultura giapponese il percorso educativo
attuato da una madre spinge dall'indipendenza alla dipendenza (all'incontrario rispetto
all'occidente) con modalità che si basano meno sull'apprendimento di capacità e più sui legami
personali e sulla gentilezza.
E' possibile distinguere tra due tiplogie di culture (Triandis, 1995):
- Individualistiche: enfatizzano l'indipendenza dell'individuo;
- Collettivistiche: enfatizzano la dipendenza reciproca, l'obbedienza e l'appartenenza.
Le distinzioni (che non sempre però possono essere viste in modo assoluto) si basano sulle
caratteristiche socio-economiche della società, per cui l'Occidente "competitivo" punta sulle
caratteristiche personali e sul "aver successo" mentre popolazioni rurali e più povere
sottolineano l'importanza della collaborazione.
Le distinzioni sono più rilevanti quando si osservano i bambini in uno stesso contesto (ad es.
nella scuola) ed in base ad uguali obiettivi.
Le norme culturali influenzano le pratiche di socializzazione e queste, a loro volta, influenzano
lo sviluppo della personalità del bambino, in modo che esso assorba le caratteristiche
apprezzate dalla società (ad esempio apprezzamento dell'essere estroverso in occidente, e
dell'essere timido ed assertivo in oriente).
familiare.
I comportamenti dei genitori potranno portare effetti diversi, a volte anche contrari rispetto
alle proprie credenze, ma sicuramente pervasivi ed influenzanti nel tempo.
3. LA VITA INIZIA
Il Nostro Patrimonio Ereditario
In ogni cellula del nostro corpo si trova lo stesso materiale genetico, costituito da cromosomi e
geni (costituiti dal DNA e collocati in specifici punti dei cromosomi).
Il nucleo di ogni cellula contiene una serie identica di 46 cromosomi, che sono strutture a
forma di bastoncino disposte a coppie, all'interno delle quali uno dei componenti è trasmesso
dal padre e uno dalla madre. Le cellule sessuali ne hanno solo 23 in modo che nella loro
combinazione possono dare luogo al concepimento ed alla formazione delle cellule del
nascituro.
Ogni geneè collegato ad uno specifico aspetto di una particolare caratteristica o di un processo
evolutivo, anche se questa combinazione è complessa e molto variabile
Di recente un progetto internazionale, il "Progetto Genoma Umano", si è riproposto come
obiettivo la descrizione della posizione e della funzione di ogni gene degli esseri umani.
Alcuni geni riguardano caratteristiche comuni, altri caratteristiche singole, e l'unicità è dovuta
dalle innumerevoli combinazioni che possono esistere tra i 23 cromosomi del padre ed i 23
della madre.
Le malattie genetiche, quindi quelle che vengono trasmesse dai genitori ai figli attraverso geni
difettosi, sono:
- Sindrome di Down: terzo cromosoma nella coppia 21 che porta problemi di apprendimento,
cardiaci, di vista e di udito;
- Sindrome di Klinefelter: terzo cromosoma nella coppia di cromosomi sessuali che porta
sviluppo delle caratteristiche femminili nei maschi e ritardo verbale;
- Sindrome di Turner: assenza di un cromosoma che porta al mancato sviluppo delle
caratteristiche sessuali secondarie nelle femmine ed alla sterilità;
- Fenilchetonuria (PKU): disordine causato da un gene recessivo che non permette di
metabolizzare l'amminoacido fenilalanina producendo ritardo mentale;
- Malattia di Tay-Sachs: gene recessivo che porta degenerazione del sistema nervoso e perdita
di funzioni motorie e mentali, con morte nei primi 5 anni di vita;
- Fibrosi Cistica: gene recessivo che causa l'assenza di un enzima che impedisce al muco di
ostruire i polmoni ed il tratto digestivo;
- Daltonismo: genere recessivo presente solo nei cromosomi X. Colpisce più gli uomini e non
permette di riconoscere il rosso ed il verde;
- Emofilia: colpisce solo i maschi (come il daltonismo) e causa l'impossibilità del sangue di
coagulare.
La Genetica Comportamentale è una scienza il cui obiettivo è investigare la genetica ed i fattori
ambientali, oltre alle interazioni tra questi due generi di influenze.
E' in grado però di spiegare solo le differenze tra gli individui e non quanto natura e genetica
abbiano rilevanza nei vari aspetti dell'essere umano.
I metodi principali usati dai genetisti comportamentali sono:
- Studi sui Gemelli: sia monozigoti che dizigoti, per comprendere l'importanza della genetica
e/o dell'educazione e dell'ambiente;
- Studi sulle Adozioni: considerando i bambini adottivi si può comprendere l'influenza della
genetica o della natura.
Dagli studi effettuati emergono due conclusioni:
- tutte le caratteristiche psicologiche hanno influenze genetiche. Alcuni esempi sono:
- Cognizione (intelligenza, abilità linguistica, abilità spaziale, competenza alfabetica);
- Personalità (estroversione, aggressività, nevrosi, moderazione, autostima);
- Comportamento Asociale (delinquenza, criminalità e personalità asociale);
- Psicopatologia (schizofrenia, autismo ed iperattività).
- in tutti gli esempi dei fattori genetici, essi non possono da soli spiegare la variabilità
individuale. E' quindi importante anche l'educazione e la "scelta del proprio posto" che spinge
gli individui a scegliere ambienti più vicini alle loro caratteristiche innate.
Bisogna infine sfatare qualche falsa credenza:
- i geni non determinano il comportamento, ma hanno alcune influenze;
- ogni caratteristica psicologica non è associata ad un gene, ma ad una cooperazione;
emozioni.
Sameroff e Chandler (1975), in un loro studio, hanno però sostenuto la tesi che il solo evento
della nascita prematura non possa essere predittivo di problemi successivi, in quanto le
condizioni ambientali possono favorire lo sviluppo.
William James ha definito "una grande confusione ronzante e variopinta" la realtà vista dai
bambini. E' necessaria una grande creatività per "entrare" nella mente dei bambini e per
questo sono state creati alcuni metodi:
- Tecnica della Preferenza: Robert Fantz (1956). I bambini sono immaturi dal punto di vista
motorio e linguistico ma possono ispezionare visivamente l'ambiente, e le ricerche ci mostrano
che cosa i bambini guardano e cosa preferiscono guardare (forme curvilinee, oggetti in
movimento, superfici movimentate, oggetti solidi...);
- Tecnica dell'Abituazione: il bambino dimostra meno attenzione per uno stimolo ripetuto più
volte, e, mostrandogliene un altro, si può capire se colga la differenza;
- Tecnica della Suzione Non Nutritiva: utilizzare oggetti che producano suoni per comprendere
la capacità di discriminare e scegliere gli stimoli;
- Misurazione del Battito Cardiaco e della Respirazione: per comprendere l'interesse.
Nonostante il sistema visivo debba migliorare con l'esercizio (all'inizio il bambino vede bene
solo ciò che è a 20 cm dai suoi occhi), il bambino è cognitivamente già attivo.
L'esplorazione visiva attuata dai bambini segue quattro regole (Haith, 1980):
- se è sveglio e la luce non è troppo intensa il bambino apre gli occhi;
- se è al buio procede ad un'ispezione controllata e dettagliata;
- in assenza di forme delineate, ricerca i bordi scrutando il campo visivo;
- se trova il bordo fissa lo sguardo in quel punto.
E' dimostrato (Johnson e Morton, 1991) che i bambini hanno un'innata attenzione verso il
volto, prima attraverso l'effetto della periferia (prestare attenzione sopratutto per i bordi o per
le caratteristiche salienti). Secondo Johnson e Morton esistono due stadi nello sviluppo della
percezione del volto:
- l'osservazione del volto è lo stimolo principale, anche per vedere le differenze;
- dopo 2-3 mesi si sviluppa la percezione delle differenze, guardando anche parti interne.
Considerando anche gli stimoli uditivi (Aslin, Jusczyk e Pisconi, 1998), le preferenze dei
bambini sono a tre livelli:
- il suono che attira di più l'attenzione è la voce umana;
- i neonati preferiscono la voce di donne adulte (perchè richiama quella della madre);
- la preferenza è per il motherese (voce acuta, intonazione esagerata, più modulazione).
Già parte del lavoro di costante attività dei bambini viene fatto durante la gestazione, in
quanto già a 26 settimane ci sono pattern di sonno e veglia del feto, e a 32 settimane è
possibile osservare il sonno Rem ed il sonno non-Rem.
Così alla nascita i bambini sanno già dividere il loro tempo nei seguenti stadi:
- Sonno Tranquillo (non Rem): occhi chiusi, quiete, respirazione regolare e riposo totale;
- Sonno Attivo (Rem): movimenti rapidi degli occhi, smorfie e respirazione irregolare;
- Sonno Intermittente: respirazione lenta alternata a respirazione veloce e superficiale;
- Sonnolenza: occhi aperti e chiusi e respirazione variabile;
- Inattività Vigile: occhi vivaci ed attenti, corpo fermo e respirazione regolare;
- Attenzione Vigile: movimenti frequenti, vocalizzi e respirazione irregolare;
- Malessere: pianto e movimenti diffusi del corpo.
Nelle prime settimane il sonno si manifesta in periodi brevi e frequenti, distribuiti durante il
giorno ed intervallati da momenti di veglia (all'inizio in media un bambino dorme dalle 16 alle
17 ore al giorno).
Molto presto però i momenti di sonno e veglia diverranno più lunghi e meno casuali nelle 24
ore, seguendo gli stimoli dell'ambiente esterno e le preferenze dei genitori.
Per capire come si sviluppa il cervello bisogna all'inizio evidenziare alcuni fatti noti sulle prime
fasi di crescita del cervello:
- già nel periodo prenatale lo sviluppo del cervello supera quello degli altri organi;
- l'aumento di peso e volume fetale rispecchia l'aumento dei neuroni (250.000 al giorno);
- la crescita del cervello è continua (25% alla nascita, 40% a 3 mesi e 50% a sei mesi);
- l'aumento di peso e volume dopo la nascita dipende dallo sviluppo delle sinapsi;
- intorno ai 2 anni vengono "sfoltite" le sinapsi non necessarie;
- le strutture subcorticali si sviluppano prima, mentre la corteccia celebrale dopo;
- la corteccia occipitale si sviluppa prima (visione) di quella prefrontale (attenzione).
Con gli sviluppi strutturali compaiono anche i progressi funzionali. Per chiarire questo concetto
si può osservare la distinzione fatta tra due sistemi neurali nel cervello dei neonati
(Greenough, Black, Wallace, 1987):
- Sistema Esperienza-Aspettativa: sono i percorsi neurali che riguardano le esperienze e le
attività comuni a tutti gli esseri umani. Riguardano i riflessi e le funzioni essenziali per la
sopravvivenza, per cui sono "precablati" dalla programmazione genetica;
- Sistema Dipendenza dall'Esperienza: contiene percorsi neurali privi di funzioni specifiche alla
nascita. Vengono acquisite grazie ad imput dovuti all'esperienza.
In questo modo, alcuni aspetti della costruzione del cervello sono geneticamente determinati,
mentre altribasano lo sviluppo sull'esperienza dell'individuo.
Bisogna anche notare la plasticità del cervello che, sopratutto nei bambini più piccoli, permette
ad alcune parti del cervello di svolgere compiti assegnati ad altre se queste riscontrano
problemi (ad es. in conseguenza di un incidente).
Come i neonati anche i genitori hanno bisogno di un adattamento, e lo stress che provano può
assumere le seguenti forme (Sollie, Miller, 1980):
- Esigenze Fisiche: causate dalle interruzioni del sonno e dalle cure del bambino;
- Costi Emotivi: tensione dovuta all'attenzione per il bambino;
- Riduzione delle Altre Opportunità: cambiamento delle routine e delle attività dei genitori;
- Tensioni nella Vita Coniugale: gelosia, riduzione delle relazioni sessuali e stress;
- differenze nel passaggio alla genitorialità in base a età, maturità, relazione con i propri
genitori, supporto sociale, soddisfazione coniugale e possibile depressione post-partum
Infine bisogna considerare anche il bambino come variabile in quanto il suo carattere, o
problemi connessi alla sua salute, possono rendere più difficile l'assunzione del ruolo di
genitore.
4. CREARE LE RELAZIONI
Instaurare relazioni è uno dei compiti più vitali dell'infanzia, come dimostra la
schematizzazione di Sroufe (1979):
- Regolazione Fisiologica (0-3 mesi);
- Gestione della Tensione (3-6 mesi);
- Stabilire una Relazione di Attaccamento Efficace (6-12 mesi);
- Esplorazione e Padronanza (12-18 mesi);
- Autonomia (18-30 mesi);
- Gestione degli Impulsi, Identificazione Sessuale, Relazioni con i Pari (30-54 mesi).
Le Famiglie
La prima esperienza di relazione dei bambini ha luogo generalmente nella famiglia, che
rappresenta il contesto fondamentale all'interno del quale i bambini vengono introdotti alla
convivenza sociale, dove vengono acquisite le regole del comportamento interpersonale e che
continuerà ad essere una base sicura quando si affacceranno al mondo esterno.
La Famiglia rappresenta un'entità dinamica indipendente che viene riassunta con approcio della
Teoria Sistemica che è basata sui seguenti principi:
- Globalità: un sistema è un tutto organizzato, con caratteristiche proprie;
- Integrità dei Sottosistemi: i sistemi complessi sono formati da sottosistemi in relazione tra
loro. Queste relazioni possono essere studiate indipendentemente;
- Circolarità dell'Influenza: ogni cambiamento di uno dei soggetti ha effetti sugli altri;
- Stabilità e Cambiamento: i sistemi aperti vengono influenzati da fattori esterni che possono
incidere sull'equilibrio dell'intero sistema.
Due temi sono da approfondire: il primo riguarda l'interconnessione delle relazioni. In base a
questo se i genitori hanno tra loro una buona relazione, questa può influire in maniera positiva
sullo sviluppo del figlio. Ma anche viceversa, quindi una situazione di difficoltà di sviluppo nel
figlio, ad esempio l'essere disabile, può influire negativamente sulla coppia. Un'altro esempio è
portato dagli studi di Dunn (1999) che ha dimostrato che maggiore è l'ostilità all'interno della
coppia, e maggiori sono le possibilità di rivalità tra fratelli e sorelle. Ma la relazione può anche
essere contraria.
Biosgna notare che, nonostante gli esempi di causa-effetto, anche caratteristiche genetiche
possono condurre a queste situazioni.
Il secondo tema riguarda le implicazioni, per la famiglia, di un evento che riguarda uno solo dei
componenti. Un classico studio è stato fatto da Glen Elder (1974 e 1988) sugli effetti della
Grande Depressione, dimostrando che, mentre i padri diventavano soggetti marginali, afflitti
dalla depressione per aver perso il loro ruolo, il resto della famiglia si trasformava conferendo
alla madre il ruolo di sostenitore economico della famiglia, con i figli che velocizzavano il loro
sviluppo, avvicinandosi più velocemente ai valori del mondo adulto.
I notevoli cambiamenti della struttura familiare avvenuti a partire dalla metà del XX secolo
hanno portato a considerare alcuni aspetti tra cui (Golombok, 2000):
- l'occupazione della madre: non può essere considerato singolarmente in un sistema di causa-
effetto ma deve essere inserito in un contesto sociale e familiare;
- le famiglie monogenitoriali: bisogna considerare altri fattori tra cui il motivo della condizione
(ad es. vedovanza, divorzio...), l'età della madre, la condizione economica, i rapporti con il
padre, il supporto sociale e la capacità della madre a tollerare lo stress;
- gli uomini come figure genitoriali principali: il tipo di sviluppo e relazione non è influenzato
dal sesso del genitore ma dal tipo di relazione (Parke, 2002);
- le coppie omosessuali maschili e femminili: i risultati non hanno mostrato differenze nello
sviluppo sociale, emotivo ed intellettuale dei figli, e neppure sulle loro preferenze sessuali
(Golombok, 2000).
In sintesi gli studi hanno dimostrato che la struttura della famiglia ha un ruolo molto meno
significativo rispetto al suo funzionamento (Schaffer, 1990).
Massimo cambiamento della struttura famigliare è la separazione ed il divorzio. Gli studi
condotti su queste situazioni evidenziano le seguenti conclusioni:
- il divorzio è un evento prolungato e la reazione dei figli può variare nel tempo;
- la maggior parte dei bambini sviluppa problemi nei mesi successivi al divorzio;
- una forma grave di disadattamento si può manifestare 2-3 volte di più in figli di divorziati;
- dal 70 al 80% dei figli di divorziati non mostra problemi gravi o persistenti;
- a lungo termine i bambini mostrano una grande elasticità;
- molti fattori successivi influenzano l'adattamento (età, relazione con i genitori...);
- come dimostrato dagli studi di follow-up, in età adulta i figli di divorziati hanno più probabilità
a sviluppare problemi psicologici, depressione ed a ripetere l'esperienza del divorzio. Il rischio
è comunque basso.
Elemento più importante da considerare, oltre l'assenza di uno dei genitori e il mutamento
socioeconomico della famiglia, è il conflitto dei genitori che è quello che manifesta effetti più
negativi a livello psicologico sui figli.
Il conflitto, come elemento patogeno, porta due tipi di effetti (Cummings, 1994):
- influenze dirette: quando il bambino è testimone, Può influire sulla capacità di controllo;
- influenze indirette: (Erel e Burman) il conflitto porta incapacità a relazionarsi col figlio.
Il Divorzio può quindi portare conseguenze, ma la qualità dell'ambiente famigliare e delle
relazioni genitoriali sono le caratteristiche che identificano la gravità e la persistenza degli
effetti positivi e/o negativi.
Sviluppare l'Attaccamento
Tutte le relazioni, a partire dalla prima con la madre che influenzerà poi tutte le successive,
comportano un'ampia gamma di dimensioni. Tra tutte è quella dell'Attaccamento che ha
attirato particolarmente l'attenzione, anche grazie agli studi di John Bowlby (1969-1982, 1973,
1980).
Una Relazione di attaccamento può essere definita come un legame emotivo duraturocon un
certo individuo, caratterizzato dai seguenti particolari:
- selettività: scelta di individui specifici;
- ricerca della vicinanza fisica;
5. LO SVILUPPO EMOTIVO
A tempo debito i bambini devono acquisire la Competenza Emotiva che comprende:
- consapevolezza del proprio stato emotivo;
- controllo dell'espressione delle proprie emozioni;
- riconoscimento delle emozioni delle altre persone.
l'attenzione.
Oltre alle risposte emotive che il bambino riceve nel Processo di Attaccamento, ci sono altre tre
modalità principali con cui i messaggi sull'emotività sono trasmessi dai genitori e da altri
adulti:
- Addestramento: istruzioni indirette ai figli (ad es. "I maschi non piangono mai");
- Adattamento: imitazione dei genitori come modelli di comportamento;
- Apprendimento Contingente: dialoghi emotivi basati su segni gestuali ed espressioni facciali
(Malatesta, Culver, Tesman e Shepard, 1989).
Occorre anche ricordare che anche il gruppo dei pari esercita un'influenza sulla socializzazione
emotiva, sopratutto rispetto alle distinzioni di genere (maschi-femmine), stabilendo inoltre
espressioni e livelli di espressione accettati o rifiutati.
Tutto questo contribuisce a ampliare la gamma di abilità di cui il bambino potrà disporre.
La Competenza Emotiva
Daniel Goleman, nel suo testo "Intelligenza Emotiva" (1995) è stato il primo a mettere
l'accento sull'importanza di sviluppo di una "alfabetizzazione emotiva" e sui rischi disastrosi
connessi dovuti ad uno scorretto funzionamento emotivo.
Attualmente rimane comunque difficile definire cosa sia la Competenza Emotiva di cui però si
possono riassumere i componenti, ricordando però che sono slegati tra loro ed il successo in
uno non prevede necessariamente una buona riuscita negli altri:
- consapevolezza del proprio stato emotivo;
- capacità di riconoscere le emozioni altrui;
- capacità di utilizzare il vocabolario delle emozioni nella propria cultura;
- capacità di coinvolgimento simpatetico nelle emozioni altrui;
- comprensione che lo stato emotivo esteriore può essere diverso da quello interiore;
- capacità di affrontare in modo adattivo lo emozioni negative ed angoscianti;
- consapevolezza che le relazioni sono definite dalle emozioni e dalla reciprocità;
- capacità di autocontrollo e di accettazione delle proprie emozioni.
I giudizi di Competenza Emotiva devono prendere in considerazione:
- età e sviluppo della persona;
- background culturale.
La Competenza Emotiva è strettamente associata a quella Sociale, in quanto la capacità di
maneggiare le proprie ed altrui emozioni è fondamentale nelle interazioni sociali (Halberstadt,
Denham, Dunsmore, 2001). Alcuni autori, tra cui Halberstadt hanno coniato il termine
"Competenza Socioaffettiva".
Bisogna anche considerare alcuni elementi emersi dalle ricerche, relativi alla Competenza
Emotiva nel gruppo dei pari:
- i bambini che hanno elaborato modalità costruttive per la gestione delle esperienze emotive
hanno più successo nel rapporto con i pari;
- i bambini che segnalano con più chiarezza i loro stati emotivi sono più apprezzati dai pari;
- i bambini più adeguati nella scelta dei messaggi emotivi sono più popolari;
- i bambini che si esprimono più positivamente hanno relazioni migliori;
- i bambini che interpretano con più accuratezza i messaggi emotivi degli altri hanno una
migliore approvazione sociale;
- i bambini che gestiscono la rabbia in maniera non aggressiva sono più apprezzati, hanno più
successo come leader e sono socialmente più competenti.
Come definisce Frijda (1986) le persone hanno emozioni e le "maneggiano", quindi nell'infanzia
si raccolgono una serie di strategie per la regolazione e la manifestazione delle emozioni:
- Riorientamento dell'Attenzione (3 mesi): distogliere lo sguardo;
- Autoconsolazione (primo anno): trovare metodi autocompensativi (succhiarsi il dito);
- Cercare gli Adulti (seconda metà del primo anno);
- Uso di Oggetti Trasizionali (seconda metà del primo anno);
- Evitamento Fisico (2 anni);
- Gioco di Fantasia (2-3 anni);
- Controllo Verbale (periodo prescolare);
- Repressione delle Emozioni (periodo prescolare);
- Concettualizzare le Emozioni (infanzia media);
- Distanziamento Cognitivo (infanzia media).
Il processo evolutivo che porta alla gestione delle emozioni può essere riassunto in quattro
fasi:
- Prima Infanzia: (0-1 anni) necessario il caregiver ma nascono le prime modalità
autoregolanti;
- Fase dei Primi Passi: (1-3 anni) si inizia a sfuggire alle situzioni, ad usare il "gioco del far
finta" ma anche ad accrescere il senso di sè come agente autonomo in grado di controllare gli
eventi. Sempre però importante il caregiver;
- Periodo Prescolare: (3-5 anni) sviluppo di linguaggio e ragionamento. Nascono modalità di
interpretare gli eventi e renderli inoffensivi. Nasce la perizia nel mascherare o minimizzare le
emozioni;
- Tarda Infanzia: (5 anni) sviluppano capacità di gestione delle proprie ed altrui emozioni.
Esistono molte ragioni che spiegano i diversi livelli di competenza emotiva nei vari bambini. Tra
esse vi sono:
- Influenze Biologiche: le differenze caratteriali di origine biologica sono responsabili delle
variazioni del comportamento emotivo (ad es. intensità della reattività emotiva, soglia della
reattività, capacità di inibire gli impulsi e controllo della forza degli impulsi). E' molto evidente
nei bambini con la sindrome di Down che hanno una bassa reattività fisiologica (Cicchetti,
Ganiban, Barnett, 1991);
- Influenze Interpersonali: importante è il supporto dei genitori e le relazioni sviluppate;
- Influenze Ecologiche: importanza dell'ambiente. Un esempio è la povertà che crea incapacità
di controllo delle emozioni (Garner, Jones, Miner, 1994; Gerner, Spears, 2000).
In generale comunque l'incompetenza emotiva è frutto dell'interazione di tutte e tre le
categorie citate in precedenza, che portano al fallimento sul piano emotivo.
Sommario
All'inizio della sua carriera Piaget collaborò per un periodo con Binet, il padre del quoziente di
intelligenza, sulla standardizzazione dei test di intelligenza, e li sviluppò il suo interesse per
come i bambini arrivavano a ai processi mentali che guidavano le risposte.
Il lavoro di Piaget si può quindi suddividere in due fasi principali:
- nella prima fase studiò il modo in cui i bambini giungono a comprendere certi concetti
specifici indispensabili per capire la realtà. La maggior parte di questi studi era condotta su
bambini tra i 3 ed i 10 anni, utilizzando interviste non strutturate, con domande che
dipendevano dalla risposta alle precedenti, fino a che Piaget non pensava di aver compreso
cosa il bambino pensasse di quel fenomeno. Così è arrivato a concettualizzare che i
cambiamenti delle capacità di pensiero hanno una progressione per stadi. (Ad es. alla
domanda "cosa fa muovere le nuvole?" basata quindi sul concetto di causalità, Piaget divise tre
stadi progressivi: magico, animistico e logico);
- nella seconda fase passò ad una visione più globale dello sviluppo intellettuale, stabilendo
una sequenza di quattro fasi per descrivere la crescita intellettuale nella sua interezza. Dal
libro del 1937 "La costruzione del reale nel bambino" Piaget iniziò a non utilizzare più interviste
ma osservazioni del comportamento spontaneo e delle reazioni a situazioni contruite ad hoc.
(Ad es. questo è servito per comprendere l'idea di classificazione dei bambini).
Base essenziale della Teoria Evolutiva di Piaget è che lo sviluppo intellettuale può essere
spiegato solo considerando l'interazione dinamica e continua tra bambino ed ambiente.
Il neonato è quindi un essere già dotato di una certa organizzazione psicologica, seppure
primitiva, che lo predispone a fare uso di qualsiasiinformazione incontri, con modalità piuttosto
specifiche.
Due meccanismi sono fondamentali nel cambiamento cognitivo:
- Assimilazione: incorporazione delle nuove esperienze in modelli preesistenti;
- Accomodamento: modificazione degli schemi presistenti in base alle nuove esperienze.
E' importante considerare alcune caratteristiche fondamentali della teoria di Piaget:
- l'intelligenza "è un esempio specifico dell'adattamento biologico". Si riferisce a pattern di
azione modificabili in base all'adattamento al mondo esterno;
- la conoscenza è costruita, attraverso l'esplorazione attiva, grazie all'interazione tra bambino
ed ambiente;
- la crescita dell'intelligenza è un percorso di adattamento all'ambiente;
- lo schema è la struttura cognitiva fondamentale basata sull'azione sensomotoria o sul
pensiero che gli individui usano per attribuire senso all'esperienza;
- in ogni nuova esperienza le strutture mentali si trovano in una situazione di disequilibrio. E'
importante dare al bambino nuove esperienze che abbiano un livello ottimale di familiarità-
estraneità in modo che esso possa dare un significato all'esperienza, ritrovando l'equilibrio.
Piaget definiva i bambini "piccoli scienziati" in quanto essi cercano di adattare le nuove
esperienze a modelli preesistenti, e poi adattano le strutture mentali ed i patter di azione alla
nuova esperienza. L'individuo è quindi coinvolto attivamente nella ricerca di una soluzione,
nella sperimentazione ed infine, con un atto creativo, nella comprensione.
- esistono numerosi fenomeni che permettono di avventurarsi nella mente del bambino (Piaget
ha messo in luce molti fenomeni, tracciando i percorsi per indagarli).
Per Piaget è naturalmente importante riflettere sulle capacità del singolo bambino di affrontare
esperienze specifiche. Per questo le sue teorie hanno avuto molta rilevanza nel campo
dell'insegnamento, che quindi richiede:
- la specificazione delle capacità cognitive del singolo bambino;
- l'analisi delle richieste poste da quei compiti particolari;
- abbianamento tra bambino e compiti (con i secondi ritagliati sul primo).
Circa i Punti Deboli delle Teorie di Piaget bisogna distinguere in due aspetti:
- Aspetti Riguardanti l'Età: le età indicate da Piaget sono molto più eleveate di quelle
dimostrate da altri studiosi. Ad esempio Bower (1974) ha dimostrato, attraverso il battito
cardiaco, che anche bambini di 3 mesi erano in grado di avere un senso della permanenza
dell'oggetto, anche se non erano in grado di cercarlo.
McGarrigle e Donaldson (1974) hanno invece dimostrato che cambiando procedure, e quindi
inserendo un "orsetto birichino", anche bambini più piccoli potevano mantenere la capacità di
conservazione
Quindi una serie di caratteristiche (sottovalutate da Piaget), tra cui l'ambiente sociale,
l'intenzione dell'adulto, le procedure impiegate ed il tipo di misurazioni utilizzate, possono
influenzare i risultati;
- Aspetti Riguardanti gli Stadi: l'infanzia può essere considerata un processo continuo di
cambiamento secondo tre criteri (Flavell, Miller, Miller, 1993):
- Cambiamenti Qualitativi (fare cose non meglio ma diversamente);
- Cambiamento Improvviso (il cambiamento sarebbe quindi improvviso);
- Cambiamento Indiscriminato (riguarderebbe tutti gli aspetti).
Negli ultimi anni gli psicologi hanno dato allo sviluppo una forma più irregolare e complessa,
per cui lo sviluppo non è repentino ma avviene come dominio-specifico (solo alcune funzioni
mentali) e come dominio-generale (tutte le funzioni mentali).
Margaret Donaldson (1978) ha criticato l'esempio dell'egocentrismo di Piaget, attraverso alcuni
esperimenti di Martin Huges, definendo l'esperimento "delle tre montagne" troppo complesso e
poco realistico. Inoltre l'assunzione di prospettiva deve essere differenziata in base alle tre
categorie:
- prospettiva percettiva (vedere e sentire);
- prospettiva affettiva (valutare lo stato emotivo);
- prospettiva cognitiva (valutare cosa un altro conosce).
Mentre la prospettiva percettiva è la più precoce (Lempers, Flavel, 1977), quella affettiva si
sviluppa più avanti (intorno ai 3-4 anni). La prospettiva cognitiva si sviluppa invece negli ultimi
anni del periodo prescolare (intorno ai 5 anni), comprendendo che le idee degli altri sono
differenti dalle loro.
Importante è la sostituzione dell'idea di dominio-generale delle teorie di Piaget, con quella di
dominio-specifico, in quanto lo sviluppo ha tempi e modi diversi nelle varie funzioni.
- valutare il successo/fallimento;
- mantenere l'orientamento all'obiettivo.
L'adulto costruisce quindi vari sostegni (scaffold) per prestare aiuto al bambino.
Il concetto di Scaffolding (Wood, Bruner, Ross, 1976) descrive il tipo di guida e supporto che gli
adulti forniscono ai bambini nella zona di sviluppo prossimale., e per identificare il genere di
azioni necessarie per favorire l'apprendimento.
E' emerso dagli studi di Wood e collaboratori (1976) su bambini dai 2 ai 4 anni aiutati dalle
madri in compiti che non erano in grado di svolgere da soli (costruire una piramide con
blocchetti di legno da incastrare l'uno sull'altro).
Tale adattamento delle tecniche di scaffolding usate si basa su due regole:
- quando il bambino procede a fatica il tutore dovrebbe immediatamente offrire aiuto;
- quando il bambino riesce nel compito il tutore deve farsi da parte.
Lo scaffolding è quindi uno sforzo contingente, collaborativo ed interattivo che, a tempo debito,
dovrebbe portare il bambino ad assumersi responsabilità per portare a termine il compito. E'
ruolo dell'adulto regolare il suo intervento, rimanendo sempre legati all'azione.
Una relazione di tutoring efficace è contraddistinta da (Rogoff, 1990):
- i tutor fanno ponte la conoscenza e le abilità già esistenti e le richieste del compito;
- sostegno dell'apprendista nel risolvere il problema;
- il bambino deve avere ruolo attivo, attraverso l'aiuto del tutor;
- l'assistenza efficace comprende il trasferimento di responsabilità dal tutor al bambino.
Per comprendere perchè alcuni aiuti sono più efficaci bisogna prendere in considerazione le tre
categorie:
- Adulti: che deve avere sensibilità e capacità di sintonizzazione;
- Bambino: si differenziano in base alla capacità di sfruttare l'aiuto;
- Relazione tra Adulto e Bambino: l'attaccamento identifica il tipo di relazione (Moss, Goselin,
Parent, Rousseau, Dumont, 1997; van der Veer, van Ijzendoorn, 1988).
Considerando il Ruolo dei Pari in queste attività di tutor sono state distinte due circostanze:
- Apprendimento Collaborativo: bambini allo stesso livello di competenza che lavorano in
gruppo;
- Tutoring tra Pari: un bambino più esperto che ne guida un altro.
Importante è la seconda categoria in quanto Vygotskij vede il tutoring come processo con
asimmetria di ruoli, non definendo mai però i soggetti.
La maggior parte degli studi effettuati su questo argomento ha portato esiti positivi (Foot,
Howe, 1998), però il tutor deve essere in grado di mostrarsi sensibile, fornire un feedback ed
adegiare le direttive in base all'abilità dell'apprendista di interiorizzazione (Tudge, Winterhoff,
1993).
In Diverse Culture vi sono delle differenze che vanno analizzate in tre aspetti:
- che cosa: stabilisce la serie di capacità ed abilità importanti per una data società;
- quando: varia in base alle esigenze culturali;
- come: le differenze si basano sul porre l'enfasi sull'osservazione e sull'imitazione, oppure
sull'attività congiunta. Comunque l'istruzione come impresa cooperativa è comune a tutte le
società (ad es. anche a quelle dell'America centrale, come dimostrato da Rogoff nel 1990).
Per valutare se il Problem-solving condiviso sia più efficace di quello Individuale si utilizzano
test che, partendo dalla valutazione delle capacità dei bambini da soli, utilizzano un periodo di
assistenza del tutor per poi rivalutare i bambini da soli e vedere lo sviluppo (ad es. studio di
Freund, 1990).
Da questi studi si può dedurre che:
- l'incremento della prestazione del bambino è aiutata dal coinvolgimento attivo di un tutor
- ad influenzare il grado di miglioramento è la qualità degli elementi trasmessi
Valutazione
I Contributi Positivi forniti dalle teorie di Vygotskij sono:
- il suo approccio Contestualista: l'idea che gli individui debbano essere analizzati in relazione
al contesto sociale, storie e culturale;
- la visione del bambino come parte del "tutto sociale" consente un progresso significativo nella
comprensione dell'infanzia;
- spiegazione del contesto e dell'influenza che esso ha sullo sviluppo dei bambini;
- il suo lavoro ha consentito ad altri di sviluppare ricerche empiriche.
Rispetto ai Punti Deboli delle sue teorie, essi sono:
- sono un mezzo economico per riferirsi alle cose utilizzando categorie astratte;
- le rappresentazioni sono altamente flessibili;
- i simboli utilizzati possono essere personali o condivisi con altri.
Le Rappresentazioni Simboliche assumono diverse forme, ma le più comuni nell'infanzia
riguardano tre aree.
Linguaggio
I bambini iniziano già ad avere un proprio vocabolario nel primo anno di vita (come Brenda, la
bambina studiata da Scollon nel 1976), ma le parole vengono usate solo in presenza
dell'oggetto. La simbolizzazione ha luogo più avanti, nel secondo anno di vita, con un sensibile
incremento del vocabolario (McShane, 1991).
In generale le prime cose su cui il bambino si focalizza sono i nomi (invece i bambini cinesi sui
verbi come dimostrato da Tardiff, 1996) in quanto consentono di sviluppare una serie di
possibilità per il pensiero e la comunicazione.
Gioco
Il gioco progredisce con l'avanzare dell'età ed una sua distinzione in fasi può essere (Belsky,
Most, 1981):
- Gioco senso-motorio (primi 18 mesi);
- Gioco di costruzione (durante il secondo anno);
- Gioco di finzione (durante il secondo anno);
- Gioco socio-drammatico (a partire dai 4 anni circa);
- Gioco disciplinato da regole (dai primi anni di scuola).
Questo è uno degli aspetti in cui il bambino può sviluppare l'immaginario, mantenendo però
una grande capacità di distinzione tra finzione e realtà (come dimostrato dalle indagini
empiriche di Wooley, 1997).
Chiaramente il gioco-finzione ha vari usi (Harris, 2000):
- emotivo: compensare ciò che la realtà non offre (ad es. amico immaginario) o prepararsi a
situazioni nuove e/o difficili (ad es. andare in ospedale);
- cognitivo: sviluppo dell'immaginazione (Garvey, 1990) e del pensiero astratto;
- sociale: opportunità per imparare a fondere le idee ed i desideri di persone diverse.
Disegno
Un'immagine è un simbolo che rappresenta una cosa reale, ed è caratterizzante per due
aspetti:
- rappresenta un oggetto tridimensionale su una superficie bidimensionale;
- deve mantenere una somiglianza con la cosa reale.
La capacità di riconoscere le immagini come simboli inizia già verso il secondo anno di vita, ma
lo sviluppo di capacità di utilizzo del disegno segue uno sviluppo che può essere diviso in fasi
(Luquet, 1927):
- Realismo Involontario: a partire dai 2 anni a volte i bambini possono scoprire che uno dei loro
disegni assomiglia ad un oggetto reale, e riconoscerlo;
- Realismo Mancato: tentativo di produrre una certa immagine, ma con scarsi risultati. Spesso
l'obiettivo viene poi cambiato;
- Realismo Intellettuale: a partire dai 4 anni i bambini utilizzano stereotipi per disegnare
oggetti reali, che vogliono riconoscibili;
- Realismo Visivo: tra i 7 e gli 8 anni i bambini iniziano a fornire le giuste caratteristiche al
disegno, usando anche elementi di distanza e dimensione.
Maureen Cox (1992, 1997) ha studiato lo sviluppo del disegno della figura umana, che è
sicuramente la rappresentazione più comune tra i bambini:
- in una prima fase (2-3 anni) si disegnano le "figure girino" (figure stilizzate) con grande
importanza per testa e gambe;
- vi è una fase di trasizione in cui compare l'importanza del torace e delle braccia (4-5 anni);
- dai 5 anni si cerca di avere figure più regolamentate e realistiche;
- a partire dai 7-8 anni prevale il realismo visivo, con dettagli come dita o sopracciglia.
Organizzare la Mente
La mente organizza ed interpreta automaticamente le nostre esperienze, disponendole
all'interno di una struttura più generale, semplificando ed ordinando le nostre rappresentazioni
mentali del mondo.
Raggruppando le cosa per caratteristiche comuni si formano i Concetti, che sono categorie
mentali che ci consentono di trattare allo stesso modo cose diverse che per obiettivi comuni
possono essere considerate un tutto unico. Già a 18 mesi un bambino è capace di queste
categorizzazioni (Fivush, 1987).
Utilizzando la tecnica della preferenza, Paul Quinn e colleghi (1996, 2001) hanno dimostrato
che esiste questa capacità già prima, nel periodo preverbale.
Due tendenze evolutive da considerare in questo settore sono:
- dalle caratteristiche percettive a quelle concettuali: prima i bambini organizzano le categorie
in base a caratterestiche percettive (caratteristiche visivamente ovvie). Successivamente sono
in grado di sviluppare categorie concettuali. Gopnik e Sobel (2000), utilizzando il "rilevatore di
blicket" (una scatola che suona nel caso vi siano messi sopra determinati oggetti) hanno
dimostrato, diversamente da quanto sostenuto da Piaget, che bambini di 3 anni sono già in
grado di sviluppare categorie concettuali;
- organizzare disposizioni gerarchiche: Eleanor Rosch (1976) ha distinto in tre categorie,
fondamentale, dubordinato e sovraordinato, determinando che i bambini sono prima in grado
di sviluppare la prima disposizione, e successivamente le altre.
Gli Script sono invece le rappresentazioni mentali degli eventi, che costruiscono modelli di
esperienze stereotipate e ripetute di frequente.
Le tre caratteristiche fondamentali degli script sono (Nelson, 1978):
- uno script contiene attività obbligatorie ordinate in sequenza;
- prevede spazi per eventi opzionali;
- attribuisce ruoli specifici agli attori.
Gli studi effettuati da Katherine Nelson e collaboratori (1981, 1986) hanno dimostrato che già
a 2 e 3 anni i bambini costruiscono script di comportamento, che seguono con ordine rigoroso
(se non vengono seguiti sono disorientati. A 5 anni i bambini sviluppano anche la capacità di
inserire vari dettagli opzionali nell'esperienza (ad es. obiettivi e sentimenti degli attori).
La Memorizzazione
Grazie ad una grande quantità di studi sull'argomento (ad es. Tulving, Craik, 2000) si può
affermare che la memoria:
- è un sistema estremamente complesso, fatto di "contenitori" con funzioni specifiche;
- è un processo attivo e costruttivo, influenzato da altri processi come gli obiettivi.
Le tre strutture principali del sistema della memoria sono:
- Registro Sensoriale: trattiene per un tempo breve lo stimolo esterno;
- Magazzino della Memoria a Breve Termine;
- Memoria a Lungo Termine: divisa in memoria episodica (esperienze personali) e memoria
semantica (conoscenza dei fatti del mondo).
Per descriverne lo sviluppo è importante considerare i cambiamenti relativi a:
- Capacità: dovuta forse ad un aumento delle strutture neurologiche oppure a strategie
specifiche di memorizzazione;
- Conoscenza: aumentando la familiarità con certi argomenti aumenta la capacità di ricordarli;
- Strategie: usate a diverse età. Le principali sono:
- Ripetizione;
- Organizzazione (in item più familiari);
- Elaborazione (collegare item tra loro);
- Attenzione Selettiva (prestare selettivamente attenzione agli item da ricordare);
- Strategie di Recupero (trpovare modi per rendere più facile ricordare gli item).
- Metaconoscenza: si riferisce alla conoscenza che le persone hanno dei propri processi
cognitivi, ed aumenta con l'età.
Da questa panoramica escono due conclusioni principali:
- la memoria non è isolata dal resto (Kuhn, 2000);
- bisogna mettere a punto strategie per sviluppare la memoria (importanti sono gli obiettivi).
La prima a svilupparsi è la Memoria di Riconoscimento (immediatamente dopo la nascita),
mentre solo verso i 8-9 mesi si sviluppa il Richiamo.
Quella che è definita Amnesia Infantile, cioè non ricordare nulla dell'infanzia o avere ricordi
labili, è stata oggetto di varie speculazioni non comprovate (per Freud era rimozione di
elementi sessuali, per altriincapacità di codificare le informazioni o immaturità nei meccanismi
cerebrali).
Verso i 2 o 3 anni inizia a svilupparsi la Memoria Autobiografica, che è un tipo di memoria
episodica di eventi passati significativi, che diventeranno una parte essenziale dell'idea di sè
emergente nel bambino (Nelson, 1993).
I genitori affrontano il compito di rievocare il passato insieme ai figli in due modi principali
(Hudson, 1990):
- elevato grado di elaborazione: narrazioni dettagliate, ponendo domande e integrando le
risposte;
- basso grado di elaborazione: brevi conversazioni sul passato e poche domande.
I bambini di queste due categorie svilupperanno diversi modi di memorizzazioni
autobiografiche. Questo è quindi il Modello Sociale ed Interattivo della Memoria, quindi i ricordi
del passato dipendono dalle pratiche di socializzazione dei genitori (Nelson, 1993).
Studi di Tessler e Nelson (1994) e di Haden, Ornstein, Eckerman e Didow (2001) hanno
dimostrato che anche il discutere delle cose durante un evento produce maggiori possibilità di
memorizzazione, e fondamentale in questo sono le interazioni verbali (di più rispetto a quelle
non verbali).
I risultati ottenuti da ricerche volte a comprendere la capacità dei bambini di svolgere il ruolo
di Testimoni, possono essere così riassunti:
- le quantità di ricordi dipende dall'età (a 5 anni si rileva un aumento);
- la precisione dei ricordi infantili è uguale sia per i bambini che per gli adulti;
- molto dipende dall'intervallo tra l'evento e la rievocazione;
- i bambini piccoli sono più suscettibili a suggerimenti ed influenze esterne;
- la suggestionabilità dipende da vari elementi (modi, tipo di domande, ruolo
dell'intervistatore).
è un incremento sostanziale, che porta i bambini ad essere "aspiratutto" delle parole "Pinker,
1994), apprendendo fino a 9 parole nuove al giorno.
Questo processo di "Mappatura Rapida" si registra in bambini di soli 2 anni, e diminuisce con il
tempo.
A partire da 18 mesi i bambini iniziano a formare le prime "frasi", collegando semplicamente
più parole tra loro. Verso il terzo anno di vita si registra un aumento della lunghezza, della
complessità e della correttezza grammaticale delle frasi, tendendo però ad utilizzare le regole
in modo indiscriminato (ad es. le desnenze del passato anche ai verbi irregolari).
Negli anni successivi i bambini imparano a costruire frasi più complesse: con congiunzione
coordinative, frasi passive, frasi principlai seguite da secondarie e frasi con domanda alla fine.
Riguardo alle frasi interrogative, dopo una prima fase di intonazione della voce, a partire dal
terzo anno imparano ad utilizzare avverbi interrogativi e successivamente ad creare frasi
grammaticalmente corrette (verso gli anni della scuola).
Il fautore principale dell'esistenza di un Periodo Critico nell'Apprendimento Linguistico è Eric
Lenneberg (1967), che considera che il periodo in cui il cervello è più portato ad acquisire le
capacità linguistiche va dall'età di 1 anno e 6 mesi alla pubertà.
A sostegno di questa tesi vi sono quattro casi da considerare (Locke, 1993):
- apprendimento della seconda lingua: migliore nei bambini prima dei 7 anni;
- esposizione ritardata al linguaggio nei bambini audiolesi;
- danni cerebrali a diverse età: nell'infanzia subentra la plasticità del cervello;
- bambini cresciuti in isolamento (ad es. "ragazzo selvaggio di Aveyron").
Sicuramente l'infanzia è il periodo ottimale per l'apprendimento linguistico, ed esistono Periodi
Sensibili dello sviluppo del linguaggio.
Importante, e che procede di pari passo alla competenza liguistica, è la Competenza
Comunicativa, che prevede i principi conversazionali elencati da Grice (1975):
- quantità: fornire le informazioni necessarie per comprendere il messaggio;
- qualità: importanza della verità e delle eccezzioni (scherzi, burle e sarcasmo);
- pertinenza: parlare dello stesso argomento e rispettare i turni;
- modi: utilizzare modalità adeguate.
Sebbene gli studi di Warren e Tate (1992) su bambini tra 2 e 6 anni abbiano dimostrato che
all'inizio non vi è un rispetto di queste regole (ad es. annuire o usare termine tra cui "guarda
qui" in conversazioni telefoniche), Eleanor Keenan (1974) ha dimostrato che vi possa già
essere inotrno ai 3 anni la capacità di gestire una conversazioni, e gli studi di Shatz e Gelman
(1973) ha dimostrato che già verso la fine della fase prescolare i bambini sanno adattare il
discorso al livello di comprensione dell'ascoltatore.
Importante è anche la Competenza Comunicativa, che permette di ottenere specifici obiettivi
tramite atti linguistici. Si sviluppano quindi regole di cortesia e la metacomunicazione, che
permette ai bambini di ripensare ciò che stanno dicendo.
La Competenza Alfabetica Emergente (Whitehurst, Lonigan, 1998), indica la consapevolezza
precoce dei bambini ed i loro atteggiamenti nei confronti della lingua scritta. La motivazione e
l'interesse dei bambini per l'attività di leggere e scrivere viene principalmente da un
coinvolgimento diretto, colitamente avviato dai genitori (ad es. la lettura di libri illustrati con
mamma e papà) che permette un più grande apprendimento di queste attività nei processi
formali della scuola (Senechal, LeFevre, 2002).
Continuità e Cambiamento
Valutare la quota di cambiamento e/o continuità nel corso dello sviluppo di una persona non è
una cosa semplice. Occorre evidenziare due significati della parola continuità:
- continuità relativa: conservare la posizione all'intero di un gruppo;
- continuità assoluta: certi attributi rimangono costanti in un certo arco di tempo.
Già il cambio degli strumenti di indagine non consente una misurazione adeguata.
Volendo considerare le previsioni in base al Comportamento nei primi anni si possono
analizzare due tratti della personalità.
Timidezza
Comprende una serie di pattern comportamentali: impassibilità nelle situazioni sociali, paura di
incontrare persone sconosciute, tendenza a preferire la solitudine, tendenza ad arrossire,
insicurezza, inibizione, ritrosia a partecipare a conversazioni o a gruppi sociali.
La spiegazione più esauriente viene da uno studio di Jerome Kagan e di suoi colleghi (1988,
1998) basato sull'analisi longitudinale di un gruppo di bambini in varie situazioni.
La timidezza farebbe parte di un più ampio spettro definito Inibizione, che designa una
reazione di ansia e pericolo in situazioni nuove. Già all'età di 4 mesi si possono distinguere i
bambini nelle categorie di inibiti e non-inibiti, ed in base alle analisi fisiologiche questo si basa
sulle variazioni nella soglia dell'attivazione cerebrale (hanno quindi natura ereditaria). Gli studi
di follow-up hanno però dimostrato che i bambini rimangono coerenti alla loro posizione solo se
sono all'estremità di una delle due categorie.
Aggressività
Uno degli studi più ambiziosi è di Huesmann e dei suoi colleghi (1984) sotto forma di studio di
follow-up della durata di 22 anni. Questo studio, come poi altri successivamente, hanno
dimostrato che l'aggressività rimane un elemento stabile nel corso dello sviluppo.
Studi più recenti hanno però attirato l'attenzione su alcune difficoltà:
- aggressività comprende forme molto diverse (Tremblay, 2002);
- distinzione tra i sessi: maschi aggressività fisica, femmine aggressività indiretta;
- distinzione tra i modi di raccolta dei dati;
- vi è una stabilità relativa, ed in molti soggetti vi sono cambiamenti.
Bisogna considerare che ogni previsione deve essere fondata sulle combinazioni di
caratteristiche.
Bisogna anche considerare le previsioni in base alle Esperienze nei primi anni, elemento
sottolineato sia da John Broadus Watson (comportamentismo) che da Sigmund Freud
(psicoanalisi).
Numerosi studi sono stati condotti sull'argomento (Wayne Dennis, 1973 in un orfanatrofio del
Middle Est denominato "Il Nido"; Rutter, 1998 in un gruppo di orfani rumeni adottati nel Regno
Unito) conducendo alla conclusione che importanti sono i primi anni, ed eventali effetti dei
"traumi infantili", ma condizioni positive successive possono modificare il corso dello sviluppo.
E' necessario quindi considerare che le Traiettorie Evolutive possono assumere forme diverse.
Bisogna considerare che esistono punti di svolta e condizioni che possono aggravare o
minimizzare le condizioni di partenza. Tutto dipende quindi dalle capacità del bambino di
incorporare ed interpretare le esperienze, e dagli elementi ambientali.
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