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I FLUSSI MIGRATORI

La migrazione deve essere considerato un fatto sociale totale perché esula l’individuo soggetto dei flussi
migratori e coinvolge anche la società. L’800 non è solo il secolo dove si amplia la portata dei flussi che
diventeranno anche intercontinentali ma diventeranno anche un problema per la questione migratoria. Le
migrazioni si misurano con indice chiamato stock dell’ONU (contro la guerra) ovvero l’ammontare. Nel
mondo ci sono 260M di migranti. Le migrazioni non riguardano solo l’età moderna (scoperta America, età
contemporanea congresso di Vienna fine napoleone), ma esistono da quando esiste l’uomo.
I FATTORI
I fattori macro rimandano al fenomeno di push and pull, gli individui sono spinti ad emigrare e attratti da un
luogo. Questi fattori posso essere di carattere strutturale o contingente (dipende da noi). Nel mondo si sono
create delle differenze con industrializzazione quindi Paesi in sviluppo avanzato o in via di sviluppo. Essa e
la divisione internazionale del lavoro determinano uno dei motivi delle migrazioni.
Non tutti però emigrano perché oltre a questi fattori ci sono anche quelli individuali. Riflettere sulla scelta
individuale aiuta anche a capire come i migranti non sono solo oggetti passivi ma diventano soggetti delle
trasformazioni dei Paesi i cui emigrano. Il terzo fattore che spiega i flussi migratori è la dimensione politica
come nel caso dei perseguitati per il regime politico.
È quasi sempre difficile distinguere i fattori economici da quelli politici infatti la maggior parte sono presenti
entrambi. I problemi politici ci sono anche perché i governi hanno iniziato a regolare i flussi migratori sia nei
paesi di immigrazione che emigrazione. Ci sono anche fattori collaterali e acceleratori dei flussi migratori, si
considera l’800 come il periodo delle globalizzazioni (scoperta America).
Questo avviene anche grazie alla rivoluzione dei trasporti e alle retiferroviarie e le navi per potersi spostare
più velocemente. Questa rivoluzione porta anche l’ingresso all’era dell’energia (vapore e idrocarburi) che
determinerà un fenomeno necessario delle migrazioni che è l’urbanizzazione, i poli d’attrazione sono sempre
le città. Tutto questo crea le catene migratorie grazie ai fattori dei paesi di attrazione.
LA RISCOPERTA DELLE AMERICHE
Dopo la scoperta dell’America avviene la sua colonizzazione. I primi a emigrare furono gli irlandesi i quali
emigrano per la grande carestia, la seconda ondata riguardò Germania, impero austro-ungarico e Francia, e
poi l’Europa meridionale. La circolazione era libera senza controlli di emigrazione o immigrazione, solo nel
1904 verrà introdotto un sistema di controlli in UK.
I francesi emigrarono per le guerre napoleoniche, con l’obiettivo di controllare tutta l’Europa anche se questo
fallì nella battaglia di Waterloo, con la restaurazione i rivoluzionari emigrarono in America. Questa guerra
portò anche il problema dei soldati che difficilmente avevano un’occupazione dopo. Segnò l’inizio dell’età
contemporanea e portò a stravolgimenti economici.
Uno di questi è il blocco navale e questo portò all’arruolamento di marinai e anch’essi andarono in America.
Nell’America latina un fattore di attrazione fu la stabilità politica ed economica. Non solo gli europei
(svilupparono il capitalismo) emigrarono in America ma ci furono anche gli asiatici (indiani e cinesi).
NORD AMERICA
Il nord America (nasce 4 luglio 1776, prima colonia UK) divenne così attrattivo per le migrazioni in
particolare la eastcoast per le funzioni mercantili e esportare la merce in Europa. Nasce poi anche il tema
dello schiavismo con uno scontro tra nord (abolizione) e sud (più latifondo) e c’era anche la struttura
dell’economia diversa tra nord (liberismo, circolazione delle merci) e sud (protezionismo, prodotti agricoli).
Non tutte le popolazioni europee partirono, tra i primi ci furono quelli dell’impero austro-ungarico e poi
Europa orientale. Essi avevano sviluppato una propensione all’emigrazione anche se conobbero la
migrazione interna per motivi anche di carattere politico (ugonotti perseguitati in Francia). Le nazionalità
cercavano il riconoscimento quindi emigravano, intellettuali, politici, scrittori non favorevoli dei regimi.
Altro elemento fu la demografia con un suo miglioramento. Poi ci fu anche la crisi economica dell’Europa
(fine 19° secolo) determinata dalla globalizzazione, la produzione continuava fino a quando la domanda
diminuì. Sia la migrazione interna che esterna si intrecciano perché ad esempio chi doveva partire per
l’America, migrava prima per un Paese vicino (nord Italia). Un fattore importante furono le rimesse degli
emigrati, chi resta nel proprio Paese riceve da chi è partito le rimesse ovvero cambia il potere d’acquisto
della moneta ricevuta ($ diverso da lira) e per lo Stato la valuta è necessaria soprattutto se è in difficoltà.
RUOLO DEGLI STATI
Nel controllo dello Stato sull’emigrazione ed immigrazione, alcuni avevano posto dei limiti che poi vengono
rimossi avendo libera circolazione, emigravano per la pressione demografica quindi i governi dei Paesi tanto
popolosi vedono in modo positivo questa emigrazione (meno disoccupati). Ruolo importante lo occupano
anche gli imperi perché l’Europa dopo l’età moderna ha iniziato a colonizzare il resto del mondo e creare
imperi. Non si espandevano solo territorialmente ma portavano anche finanza e altri aspetti.
Dal 1815 al 1920 circa 50M si spostarono verso l’America, cercavano oro che viene definito un bene rifugio
(che avevano durante la crisi). Gli USA diventano polo di attrazione anche per l’industria dell’energia e
petrolifera con cui si può alimentare il motore a combustione (era dell’energia e dell’industrializzazione).
Anche la politica influenzerà la migrazione europea eliminando gli ostacoli alle partenze e mettendo in
discussione nei Paesi di arrivo la legittimità dei flussi migratori, protagonista sarà l’ideologia nazionalista. La
chiesa cattolica considerava queste emigrazioni in modo negativo perché i fedeli andavano via ma poi
cambiò opinione perché vede questo come un processo dii evangelizzazione dell’America.
I socialisti si ponevano in maniera negativa perché pur considerando che esistono delle premesse materiali
alle migrazioni, l’elemento che le determina sono le condizioni strutturali (povertà) quindi vedevano questo
come un’emigrazione di proletari e diminuisce la forza contrattuale. Sono ostili perché c’è un livellamento
verso il basso delle condizioni lavorative, chi emigra accetta qualsiasi lavoro anche a condizioni peggiori.
I nazionalisti all’iniziano considerano negative le emigrazioni poi però col diffondersi dell’ideologia
imperialista si vede come la presenza di una comunità straniera in un altro Paese sia come un punto saldo
dello sviluppo nazionalista (testa di ponte). L’enorme migrazione pone il problema della convivenza e quindi
si considera che l’afflusso incontrollato crea dei movimenti per mettere in discussione la libera circolazione.
Un protagonista dei fenomeni migratori è la donna, le donne scandinave furono le prime ad emigrare con o
senza uomini. Invece dove l’emancipazione è lenta è solo custode della famiglia. Quando un migrante fa
richiesta di far trasferire la moglie con permesso di soggiorno si chiama ricongiungimento familiare. La
donna che resta a casa diventa centrale della catena migratoria la quale doveva gestire la famiglia.
MIGRAZIONE ITALIANA
Il processo di migrazione italiana determina delle caratteristiche importanti che poi saranno alla base delle
norme dei flussi migratori. Emigrando in America nascerà una comunità italo-americana, la migrazione era
di massa per la consistenza elevata e costante (fino 1M). Non emigrarono tutti però per gli stessi motivi
(1870/1861 unità ita, fino grande guerra) e dalle stesse regioni.
Ci furono 3 fasi: nella prima fino a 1887 (crisi globalizzazione) con la crisi del sistema economico e
mondiale si ripercuote sulle regioni agricole, ci fu una crisi dell’offerta con una produzione maggiore di
quanto necessario. Emigrarono soprattutto dal nord e uomini, le donne invece solo nella seconda fase.
Nella seconda fase (1888 a 1901) è evidente l’emigrazione delle campagne, non più temporaneo e si assiste
alla massificazione dell’emigrazione italiana. Nella terza fase (1902 a guerra e anni 20) la massificazione
coinvolse l’intero territorio ancora di più. Questo ciclo si interromperà per 2 motivi: per la progressiva
chiusura dei Paesi di attrazione e limiti anche per le partenze.
L’emigrazione cresceva sempre di più per motivi strutturali di carattere antropologico (rimanda alla natura
degli abitanti di un territorio) quindi avevano una tendenza alla mobilità secondo alcuni studiosi. Questo
perché i contadini non avevano la stabilità economica a causa della stagionalità, nelle stagioni di non raccolta
emigravano per lavorare dove c’era la raccolta. Oltre a contadini erano anche artigiani i quali per lavorare di
più andavano per i paesi vicini e questo anche per evitare la concorrenza.
La crisi del settore agricolo spinse i contadini a sperimentare i flussi migratori verso l’America dove c’era
l’industrializzazione e il benessere in salari, nasce con lo sviluppo del settore automobilistico e della catena
di montaggio con un salario maggiore. Saranno poi anche le regioni meridionali a scegliere gli USA e questo
segue il processo di unificazione dell’Italia che spinge a emigrare. Questo avvenne per il brigantaggio
(ricercati dalle autorità perché rifiutavano il nuovo potere dell’unità d’Italia).
IL SUD
Le condizioni dei contadini peggiorarono passando dal regno delle 2 Sicilie al regno d’Italia perché lo Stato
italiano sabaudo impose un governo liberale/liberista. Il regno di Sicilia aveva una componente religiosa la
quale si occupava dei sussidi, dopo l’unità viene ridimensionata. Il sistema liberista non prevedeva aiuti a
favore degli ultimi, anzi più manodopera disposta a lavorare c’era e meglio funzionava il sistema.
Le emigrazioni in questa fase diventano un ammortizzatore con cui migliorano le condizioni di vita in
quando ci sono meno persone e la situazione venne gestita meglio. Nel sud Italia la diminuzione demografica
sarà maggiore, se prima la mortalità era a causa delle condizioni, la natalità tardava ad essere abbassata.
Questo perché nelle famiglie erano necessari più lavoratori.
Nella società meridionale la migrazione è soprattutto maschile, solo dopo ci sarà quella femminile. C’è la
decomposizione della famiglia patriarcale. La migrazione maschile valorizzò il ruolo della donna la quale
diventa fulcro della famiglia e della catena migratoria. Molto spesso esse usavano la dote per poter emigrare,
la dote segna il passaggio dalla famiglia patriarcale da parte della donna.
In alcune regioni si ridussero i tassi di criminalità soprattutto al sud grazie alle emigrazioni dove c’erano
molti sottoccupati (lavoro inferiore alle loro mansioni) strutturali o volontari. Altre conseguenze della
migrazione sono la perdita di prestigio da parte dei proprietari, la riduzione della massa di disoccupati riduce
il potere dei datori di lavoro ma migliorano le condizioni dei lavoratori che iniziarono a politicizzarsi.
Ruolo importante lo ebbero gli anarchici ovvero coloro che rifiutano ogni forma di governo. Nell’esportare
manodopera si è esportata criminalità e radicalismo politico. Un altro effetto delle emigrazioni è
l’alfabetizzazione, gli italiani erano per la maggior parte analfabeti. Per mettersi in contatto con chi emigrava
impararono a leggere e scrivere. Quando negli USA iniziarono a ridurre gli ingressi usando un test di
alfabetizzazione, questo incentivò la scolarizzazione della prole e indusse una parte della popolazione a farlo.
LIMITAZIONE DELLE MIGRAZIONI
A ridurre la libertà migratoria fu il sorgere di un sentimento nazionale. Nel 1905 in UK emanarono una legge
(aliensact) che prevedeva una limitazione all’ingresso. Queste limitazione saranno sempre più evidenti anche
con il literacyact e quota act (saper leggere e scrivere e c’era un sistema di quote secondo coi potevano
entrare un numero determinato per ogni etnia). A chiudere l’ingresso sarà la grande depressione (1929).
Questo nei processi migratori non riguarda gli esuli di carattere politico, coloro i quali fuggono per motivi di
carattere politico anche la separazione dai motivi economici è difficile da ottenere. I primi flussi verso gli
USA arrivarono dall’Europa nell’età delle rivoluzioni e con l’unificazione. Dalla Francia soprattutto dopo il
1970 per la comune di Parigi (regime borghese).
I governi iniziano a controllare sia emigrazione che immigrazione, in Italia nel 1888 si aggiunge l’istituzione
di un commissariato per l’emigrazione. Fu necessario verificare le condizioni dei concittadini nei Paesi di
arrivo. Il governo proibì le emigrazioni in Brasile perché gli italiani finivano in schiavitù (caffè).
Inizialmente nei confronti delle migrazioni c’era disinteresse, poi iniziarono ad esserci limitazioni. Questo
perché i proprietari terrieri e d’industria erano favorevoli alla presenza di una forza lavoro e nel limitare
l’immigrazione si scontrarono gli interessi delle agenzie che organizzavano le immigrazioni italiane. Altro
problema era la presenza di lavoratori sottoccupati o disoccupati portando al brigantaggio e radicalismo
politico (reciprocità tra Paesi). Anche l’Italia quindi favorì le migrazioni per alleggerire gli oneri dello Stato.
NAZIONALISMO
Col nazionalismo (Paese esalta la propria nazione) tutte le disposizioni per limitare le migrazioni, hanno una
giustificazione del fatto che le migrazioni sono traumatiche sia per i Paesi di partenza e di arrivo perché c’era
un problema di convivenza. I lavoratori nazionali iniziano a vivere il peso della componente straniera. I
flussi si intrecciano al nazionalismo che porta ad individuare gli stranieri come la causa dei problemi.
Se da un lato la migrazione costituisce la prima esperienza nazionale e popolare dell’Italia, è anche una
questione sociale con primi interventi di carattere assistenziale e umanitario (opera Bonomelli).
L’emigrazione di massa portò alla politicizzazione delle masse. Con la fine di questo tipo di migrazione si
assiste poi allo scoppio della grande guerra.
A partire dal 1915 si iniziano a registrare nei Paesi come l’Italia saldi migratori attivi (più immigrati per i
rimpatri). L’economia smette di funzionare come nei periodi di pace portando all’economia di guerra con lo
stravolgimento anche la manodopera che diventa non necessaria e reindirizzamento dei flussi migratori. In
Italia ritornano 2M di emigrati (1/3 dall’America). Questo causa sia un problema occupazionale sia di
richiamo alle armi ai quali molti si sottrassero (renitente).
GRANDE GUERRA
La grande guerra scoppia per vari motivi tra cui l’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo. Avvenne in
questa città perché la Bosnia era un territorio dell’impero austro-ungarico ma che una parte della popolazione
rivendicava a essere parte della nazione. Secondo i serbi la Bosnia-Erzegovina non poteva essere occupata
dagli austro-ungarici e doveva essere nelle mani degli slavi. Gavrillo Princip, che uccise Ferdinando, era uno
studente di ideologia panserba il quale voleva riunire i serbi in un unico Stato.
Si passa alla grande guerra perché c’erano alleanze rigide intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia) e alleanza
(Germania, Austria, Italia). La crisi scoppiata alla periferia dell’Europa finisce per coinvolgere tutti i Paesi
proprio per la presenza di esse. L’Italia entra in guerra nel 1915 perché l’alleanza era di tipo difensivo,
all’inizio era neutrale, ma dato che gli austro-ungarici entrarono in guerra lo fece anche l’Italia (patto di
Londra con l’intesa). Con la vittoria mutilata l’Italia ottiene Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia, Istria e
alcune città della Dalmazia ma non la città di Fiume.
PROFUGHI E RIFUGIATI
Ogni guerra produce non solo distruzione materiale ma anche morale. Una conseguenza sono gli sfollati o
profughi. L’Italia è uno dei Paesi che ha avuto profughi interni ad esempio dalle Dolomiti (trentino) vennero
mandati in altre regioni d’Italia. La grande guerra pone fine alle migrazioni di massa Europea. Gli USA
chiuderanno infatti i loro confini, questo portò non solo all’interruzione della circolazione di beni e servizi e
manodopera, la guerra impone anche il rimpatrio di una parte delle persone che erano emigrate sia perché
vennero richiamati alle armi e sia perché avevano scombussolato il sistema economico.
Oltre a questo la guerra comporta un evento che avrà effetti duraturi. Il fronte italiano retrocedette (dal fronte
del Carso al fiume Piave; Caporetto). Dopo la fine della grande guerra (Stato: territorio, popolazione e il
governo), cambiano tutti i confini dell’Europa per effetto anche dell’estinzione di alcuni imperi che sono
quello ottomano, reich tedesco, austro-ungarico e quello russo (1917 rivoluzione russa).
La nascita dei nuovi Stati porta alla nascita anche di nuovi confini anche se essi non sono ottimali mettendo
fine alla continuità della mobilità dei lavoratori e dell’unità e razionalità economica. Oltre ai confini, lo Stato
nazionale porterà problemi perché il principio era che la nazione doveva coincidere con i confini dello stato e
quindi la nascita di nuovi stati causò lo spostamento di popolazioni.
LA QUESTIONE EBRAICA
Tra i lasciti della grande guerra c’è la questione ebraica. Gli ebrei in fuga dalla Spagna, a causa di Isabella di
Castiglia e Ferdinando d’Aragona cattolici, i quali iniziarono ad avere persecuzioni in Europa. Questo perché
furono responsabili della morte di Gesù, praticavano l’usura (prestito di denaro), essi erano stranieri in
Germania (nemici nazionalisti) quindi iniziarono ad essere guardati con ostilità e considerati colpevoli di
ogni congiura contro gli interessi della nazione.
Uno dei primi posti dove venivano perseguitati fu la Russia (impero zarista) perché si consideravano i
baluardi della cristianità e poi perché c’era stato il tentativo di uccisione dello zar di Russia (Alessandro II) e
vennero incolpati gli ebrei. La grande guerra si insinua nel processo già iniziato che aveva portato agli esuli i
quali scappano non solo per motivi di carattere economico ma anche politico. Tra i quali ci sono coloro che
non accettano il richiamo alle armi, poi ci sono i movimenti legati alla nascita degli Stati e dei nuovi confini.
L’emigrazione politica si consolida a ridosso della guerra. Quando si parla di politicizzazione dei flussi
migratori si intende sia l’aumento dei flussi per motivi politici e sia perché lo Stato inizia a regolamentare i
flussi sia in entrata che in uscita. Le popolazioni che consolidano le migrazioni sono gli ebrei. L’emigrazione
degli ebrei dal continente europeo era iniziato già nella seconda metà del 19° secolo dall’Europa centro-
orientale a causa delle persecuzioni (antisemitismo).
Emigrarono in Palestina per motivi religiosi (terra promessa) e anche perché era una terra senza un popolo
preciso anche se ci abitavano gli arabi (impero ottomano). Durante la prima guerra mondiale gli imperi
centrali (Germania e Austria-Ungheria) sostenuti da impero ottomano e Bulgaria, contro l’Intesa (GB,
Francia, Russia). La GB diventerà sempre più interessata al medio-oriente (petrolio).
Per convincere gli arabi a dissociarsi dall’impero ottomano e fare guerra promettendo di creare uno stato per
gli arabi (Hussein). Gli inglesi si rivolgono alla comunità ebraica (lobby che esercita un suo potere) e, per il
sostegno, diedero la possibilità di creare un proprio Stato. Dagli anni ’20 in poi l’emigrazione in Palestina
sarà sempre più costante creando sempre più problemi.
ARMENI E FASCISMO
Un altro popolo perseguitato furono gli armeni, cristiani ortodossi. Essi scappano dall’impero ottomano,
questo diede avvio al processo di colonizzazione. Gli ottomani erano tolleranti religiosi poi perché questo
cambiò e perseguitarono gli armeni. Questo perché essi si trovavano al confine (Turchia).
Il fascismo nasce sia dal regime nazionalista della grande guerra e dalla voglia di una rivoluzione
(squadrismo). In Europa ciò che spaventò fu la rivoluzione russa (biennio rosso 20-21). Il momento decisivo
fu la marcia su Roma. L’incarico di governo a Mussolini viene dato da Vittorio Emanuele III, ma nasce dopo
qualche anno a causa della mancanza di finanziamenti da altre nazioni, con leggi fascistissime (Matteotti).
DA ITALIA A USA
Gli Usa nella grande guerra intervengono nel ’17 dopo l’uscita della Russia e perché gli europei sono
creditori degli USA e per l’affondamento di una nave statunitense. Furono guidati da Wilson il quale elabora
i 14 punti spiegando i motivi dell’entrata in guerra e la sconfitta del militarismo tedesco. Essi contengono
punti fondamentali come la libertà (circolazione merci e persone), venne introdotto il passaporto.
I punti mostravano anche la ricostruzione dell’Europa dopo la guerra grazie al principio della nazionalità e
l’autodeterminazione dei popoli con cui ogni popolazione sceglie il proprio governo. Il congresso però
sostenne che gli USA dovevano distaccarsi dall’Europa portando alla ridefinizione dell’Europa e del medio-
oriente lasciando spazio a Francia e GB fino al nazionalismo contro la seconda guerra mondiale.
IL MERIDIONE D’ITALIA
L’emigrazione negli USA non rappresenta un unico momento ma ha diverse fasi. L’emigrazione di massa si
concentrò negli ultimi decenni del 19° secolo. Questa fu causata nel 1887 dalla guerra doganale tra Italia e
Francia (confine dove si pagavano i dazi, tasse sulle merci in ingresso, per proteggere il produttore locale.
L’Italia voleva la Tunisia perché controllandola si riusciva ad essere più sicuri (geopolitica).
L’economia pugliese, soprattutto per la produzione di vino, entra in una crisi. Questo infatti scatenò l’esodo
dalla puglia verso gli USA. Altro fattore macro è la pressione demografica (si era ridotta la mortalità ma non
la natalità). Ci fu lo sviluppo della rete dei trasporti, nuove linee ferroviarie. Le migrazioni in origine non
avevano un carattere predeterminato permanente. Di solito quando si partiva non c’era l’intenzione di non
tornare e chi emigrava aveva paura delle conseguenze della crisi quindi usava i propri risparmi per emigrare.
C’era anche la paura del declassamento e di perdere i propri terreni. Ultimo fattore che accelera
l’emigrazione sono, nel 1898, i moti del pane a causa dell’aumento del prezzo del grano e quindi
impossibilità di comprare il pane. Venivano attratti soprattutto dai salari in USA e l’emigrazione venne
favorita dai trasporti. Gli effetti, a ridosso della grande guerra, di queste migrazioni da temporanei divennero
permanenti perché gli italiani non tornarono più, tra i motivi c’era il costo del viaggio.
L’emigrazione lascia le rimesse che giungono dai migranti consentono la possibilità di essere piccoli
proprietari terrieri, questo aumenta anche i consumi; c’è un aumento dei salari dei contadini in quanto si
riducono i canoni di locazione delle terre. Ultimo effetto è l’alfabetizzazione quindi l’importanza era quella
di far studiare i figli i quali prima lavoravano principalmente nei terreni.
COMUNITA’ ITALOAMERICANA
Negli USA arrivano contadini meridionali i quali però non volevano imparare la lingua e non erano
interessati alla cultura, non facevano richiesta di naturalizzazione (cittadinanza). Essi facevano lavori che
non richiedevano una qualifica e venivano impiegati nel settore delle costruzioni come strade o fognature
(chiamati pala e picone). C’era però un pregiudizio di carattere razziale, gli italiani venivano considerati
adeguati solo a determinate mansioni. Inoltre si muovevano in blocco e c’era un disincentivo ad assumerli.
La loro estraneità li rendeva anche vulnerabili e oggetto di mediazione. Emergono quindi delle persone che
fungevano da mediatore tra la società americana e i migranti aiutandoli a trovare alloggio e lavoro,
diventeranno poi mediatori politici e banchieri. Non agivano però per puro interesse ma questo permetteva di
guadagnare. Ci fu la progressiva assimilazione e integrazione dei lavoratori italiani nel sistema industriale.
Questo fu possibile grazie all’alfabetizzazione. Altre professioni furono nel settore portuale e iniziarono con
le piccole imprese. Uno dei passaggi che determinò i migranti nella comunità italoamericana risale alla
grande guerra. Sorgeranno le little italy e iniziano con la piccola borghesia. Tuttavia nacquero anche
organizzazioni criminali (estorsione). I quartieri erano divisi in base all’appartenenza regionale.
Anche le vie di comunicazione influenzarono l’insediamento in USA, in una determinata città arrivavano
migranti da una determinata parte dell’Italia. Nelle little italy iniziò a definirsi uno stile di vita manifestando
un senso di appartenenza e anticlericalismo perché i preti avevano giustificato lo sfruttamento a cui erano
stati sottoposti anche se comunque non erano contro la religione. Si diffusero i periodici italiani tra cui il
“progresso italoamericano” che diffuse non solo notizie ma anche annunci e valorizzare la comunità italiana.
SOVVERSIVISMO
Sovversivismo fa riferimento a coloro i quali promuovevano la sovversione politica anche oltreoceano, a
favore della sovversione sono anarchici o socialisti (comunisti). Essi sono agli antipodi dei capitalisti e
sostenevano che non ci dovesse essere sfruttamento dell’uomo. Gli anarchici si differenziano dai socialisti in
quanto quest’ultimi sono costituiti da partiti mentre gli anarchici sono più libertari.
Re Umberto I nel 1900 venne assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci in quale viveva negli USA,
impiegato nel settore tessile. Quando ci furono i moti per il pane, trovò sconcertante come il governo li
represse quindi ritenne responsabile il re. I lavoratori italiani da una parte erano considerati radicali,
rinunciatari e passivi e dall’altra troppo rivoluzionari e non avevano una buona reputazione presso i
sindacati. Anche per questo nacque un sindacato italiano negli USA.
Le lotte di classe si ripercossero sulle little italy, il radicalismo smise di esistere nel 1920, gli anarchici
italiani erano in quel periodo famosi sia in Italia sia negli USA. Dopo la prima guerra mondiale una figura
importante tra gli anarchici progettò un attentato alla borsa di wall street (scambio azioni e obbligazioni).
Questo perché nel 1917 in Russia c’era stata la rivoluzione e c’era il terrore rosso.
Si temeva che facendo entrare molte persone negli USA si sarebbe importata anche la rivoluzione. Vennero
chiusi i confini e iniziò una persecuzione giudiziaria verso chi professava l’ideale rivoluzionario (sindacalisti
in prigione). La lotta contro il terrore rosso assunse la dimensione di una caccia allo straniero. La prima
guerra mondiale contribuì alla creazione della comunità italoamericana in quanto erano alleati nell’intesa.
Durante la guerra molti italiani furono costretti al rimpatrio e ad arruolarsi, altri decisero di arruolarsi
nell’esercito statunitense per riuscire ad avere la cittadinanza. L’atmosfera di americanismo che pervase le
little italy portò alla creazione della comunità italoamericana formata dai migranti. Essi spesso non erano
delinquenti ma lo diventavano una volta arrivati perché viene meno il processo di integrazione.
La cultura minoritaria tenta di adeguarsi a quella maggioritaria per favorire il processo di integrazione e
questo avverrà con le seconde generazioni soprattutto. Molti cambiarono il cognome, iniziarono con le
attività criminali e iniziarono a sentire il richiamo prodotto dalla marcia su Roma. Questo perché l’idea che si
fosse instaurata l’italianità rappresentava un richiamo. Si diffuse anche la xenofobia e, soprattutto nel sud,
dove nacque il movimento ku klux klan. La propaganda fascista trovava sia nella piccola borghesia che negli
operai la sua diffusione, anche con l’organizzazione son of italy.
L’adesione al fascismo degli italiani negli USA raggiunse livelli elevati al ridosso della nascita dell’impero
(Etiopia). Gli USA divennero la patria di alcuni antifascisti tra cui Gaetano Salvemini il quale per motivi
politici emigrò negli USA. Negli anni ’20 si consolida la politica americana, l’immigrazione subisce una
riduzione per effetto della cultura. Nel 1924 ci fu l’immigration act secondo cui gli immigrati possono essere
solo 3845, c’era un numero per ogni nazionalità. Se da un lato però si riducono gli ingressi, dall’altro c’era il
ricongiungimento dei familiari quindi molte persone uscivano dal Paese (donne e bambini).
La comunità si consolidò dove i nati negli USA superavano gli ingressi. Gli anni ’20 che sembravano portare
benessere in realtà questa fase venne superata dalla crisi del ’29 alla borsa di wall street chiamata
depressione in quanto durò per molto e portò un’assenza del fenomeno di attrazione. Da una parte ci fu un
cambiamento di orientamento politico (Roosevelt) col New Deal, un programma di assistenza che favorì gli
italiani. Per i sociologi la capacità di adattamento degli italiani rimandava alla loro civiltà contadina.
Per le nuove generazioni fu più facile adattarsi grazie all’integrazione e assimilazione trascinando anche i
propri genitori. Fu possibile grazie alla continuità tra le generazioni. L’americanizzazione che sperimentò la
seconda generazione che volle integrarsi, fu possibile dal fatto che i giovani iniziarono a vivere fuori dalle
little italy. Iniziarono ad avere rappresentanti anche a livello politico.
PROIBIZIONISMO
Nella maggior parte degli italiani più giovani si manifestò un rifiuto a causa del problema del pregiudizio
razziale. Decisero di diventare protagonisti della criminalità organizzata (cosa nostra chiamata così per la
testimonianza di un criminale italoamericano nel descrivere quello che faceva). Diversamente da quanto
immaginato non era esportato come la cultura contadina.
La grande opportunità offerta a cosa nostra fu il proibizionismo, la combinazione tra i problemi dei migranti
e l’America che scoprirono con molte opportunità. Deriva dall’etica puritana alla base della società
statunitense formata da integralisti cattolici. Era vietato produrre e consumare alcol così come decenni prima
era stata proibita la coltivazione della cannabis.
Si ritrovarono quindi a svolgere un’attività illegale attirati anche dai profitti (Al capone traffico alcol). I
contadini erano abituati a produrre vino quindi si sentivano a proprio agio in questa attività soprattutto
perché permetteva di guadagnare. Dovettero decidere poi se rimanere nel regime fascista ed essere fedeli
all’italianità o essere fedeli a chi gli aveva dato benessere, scelsero gli USA.
Nel 1942 (columbus day) venne perdonata la comunità italiana, in questo gli italiani acquistarono le
obbligazioni e quindi si mostrarono in modo diverso rispetto agli altri nemici. La seconda guerra mondiale
segna la fine dello scontro tra la comunità italoamericana e la nazione di origine, questo permise agli USA di
non avere altri immigrati nella seconda fase delle migrazioni italiane dopo la seconda guerra mondiale.
La comunità italoamericana inizialmente era a favore del partito democratico, poi tornò a quello
repubblicano che si caratterizzò per il conservatorismo, considerato come forma di reazione alla
discriminazione di fondo. Gli italiani si mostrarono rigorosi in città come New York nel ’68, gli
afroamericani chiedevano servizi e cose che le altre comunità avevano già lottato per ottenere.
POLITICIZZAZIONE DEI FLUSSI
Dopo un periodo di migrazione seguì la politicizzazione dei flussi. Può essere intesa in 2 modi: i motivi
politici sono sempre più la causa delle migrazioni; i governi completano il processo di controllo dei flussi in
ingresso e uscita. In Italia con la marcia su Roma e il fascismo guidato da Mussolini, con l’assassinio di
Matteotti (Di Vagno pugliese) cambiò la percezione dei flussi migratori.
All’inizio Mussolini segue quello che venne fatto nell’età liberale in cui i governi avevano incoraggiato le
migrazioni, era considerato un fatto fisiologico perché non c’era la possibilità di sfamare 40M di persone e
poi perché gli italiani all’estero venivano considerati come testa di ponte (opportunità di arricchire il paese
con le rimesse). Il regime fascista inizia a selezionare chi può emigrare per far emergere le professionalità
più sviluppate e migliorare la considerazione che avevano all’estero degli italiani.
Nel processo di qualificazione dei flussi si percepisce la natura del regime fascista. Viene introdotto il divieto
di urbanizzazione interna. L’evoluzione verso il fascismo si ha con la guerra di Etiopia (alleati Germania). Il
1929 chiude la possibilità di immigrare e questo determina una situazione in cui gli italiani sono costretti alla
clandestinità. Quando vennero limitati i flussi è emersa l’immigrazione clandestina senza permesso di
soggiorno. Iniziarono ad emigrare coloro che erano contro il regime. Col Testo Unico venne creato un
tribunale speciale in cui venne deciso il confine politico (isola Ventotene).
L’IMMIGRAZIONE POLITICA
Le migrazioni di carattere politico acquisiranno col tempo anche un carattere razziale. L’emigrazione
clandestina molto spesso raggiunge illegalmente la Francia che diventerà nel fascismo centrale. Soprattutto a
metà degli anni ’30 con un governo di unità popolare. Non solo partirono da Italia e Germania a causa delle
leggi razziali (l’Italia con l’antisemitismo aveva meno a che fare con la Germania, non c’erano pressioni
dalla Germania ma lo fecero per non mostrarsi inferiori alla Germania).
Comunisti e socialisti decidono di allearsi a causa del fascismo per limitare questa ideologia. Nacque al
giornale diretto da un sindacalista di Cerignola Giuseppe di Vittorio. Emigrarono anche in Spagna perché gli
antifascisti vennero attirati dalla guerra civile spagnola (36-39) con un governo di estrema sinistra. Il
governo repubblicano subì un colpo di stato guidato dal generale Fransisco Franco per dimostrare come la
mobilità in Europa era elevata e per motivi politici si combatteva anche in Paesi dove era nata la migrazione.
PROFUGHI E RIFUGIATI
A ridosso della seconda guerra mondiale la questione dei profughi. Il profugo è colui che emigra per vari
motivi. I displaced person sono profughi con non hanno una collocazione fissa, indica coloro che alla fine
della guerra si trovarono in un posto diverso da quello di origine per motivi legati al conflitto mondiale.
Questa categoria divenne un problema per chi vinse la guerra per l’alta presenza di profughi.
Si concentrarono soprattutto in Europa anche se fu una guerra mondiale (anche in Asia). La puglia divenne
uno dei posti in cui ci furono maggiormente i displaced person perché era stata una delle prime ad essere
liberata dal nazifascismo e per motivi geografici facilmente raggiungibile da Grecia, Albania, ebrei e i Paesi
vicini. I primi furono gli sloveni (isole tremiti) e i polacchi. I polacchi arrivarono (Casamassima) per la
presenza del secondo corpo d’armata polacco.
Combattevano per la liberazione dell’Italia, faceva parte dell’armata britannica e (contro tedeschi e
sovietici), quando Hitler invade la Polonia combatterono in Iran, Palestina e Puglia. Si trovarono a vivere nei
campi profughi e finita la guerra rifiutarono di ritornare quindi venne introdotta la figura del rifugiato
politico: legato non solo alla guerra ma alla sua evoluzione e motivi di carattere politico. Negli anni ’20 gli
ebrei divennero un capro espiatorio (causa grande depressione) con la diffusione del nazionalismo (non si
riconoscevano come tedeschi anche se vivevano lì).
Gli ebrei cercarono di andare in terra santa ma la GB aveva ricevuto dalla società delle nazioni un mandato
(non erano in grado di essere indipendenti) in Palestina. Quello che cambiò il destino fu la scoperta del
petrolio quindi la GB aveva bisogno anche degli arabi.
La migrazione verso la Palestina fu clandestina perché le comunità britanniche volevano limitare l’afflusso
di ebrei. Fu clandestina fino al 1948 e gli ebrei finivano maggiormente nei campi profughi, attraverso l’Italia
e in particolare la puglia cercavano di raggiungere la terra promessa. I campi profughi erano gestiti
dall’organizzazione UNRRA, prima della nascita dell’ONU, le nazioni unite era la coalizione che
combatteva il tripartito Germania Italia Giappone. Creata dagli USA interveniva agli arrivi degli eserciti
angloamericani. Gli USA si rendono contro che favoriva il nemico Unione Sovietica quindi viene chiusa.
I profughi però continuavano ad esistere e non potevano tornare al proprio Paese in quanto poco sicuro
(regime socialista russi). La nascita dei rifugiati e delle loro organizzazioni è legata alla guerra fredda. Nasce
dalla fine della guerra contro la Germania e sconfitta essa, le tensioni tra USA e Unione Sovietica emersero
(non combattuta direttamente tra le 2 forze). Le potenze crearono un’altra organizzazione IRO che gestì i
campi profughi con il fine di favorire il loro ritorno a casa e salvaguardando chi non voleva ritornare.
UNHCR
Aveva un mandato definito per pochi anni e mancarono anche le adesioni dei Paesi. Nacque così l’alto
commissariato delle nazioni unite (UNHCR) dei rifugiati che applicò le norme in materia di protezione e
asilo politico. Quest’ultimo significa inviolabilità e protezione. Oggi è un diritto individuale e soggettivo. La
nozione originale prevedeva l’accoglienza per persone perseguitate. Si affermò in Europa quando dovette
accogliere gli ugonotti che i protestanti francesi cacciati da Re Sole.
L’UNHCR si occupava dei rifugiati in Palestina dal ’49 perché dopo la nascita dello Stato di Israele, i Paesi
vicini iniziarono a ribellarsi causando conflitti tra palestinesi e rifugiati. La guerra portò molti profughi
(fugge dalla guerra; rifugiati cercano rifugio). Il primo banco di prova dell’UNHCR fu in Ungheria nel ’56.
L’effetto a catena mostra come la presenza di profughi nei Paesi limitrofi delle zone di guerra è
destabilizzante come nel Libano per la presenza della Palestina. In Libano ci fu una guerra civile e ancora
oggi c’è un’organizzazione Hezbollah, legata alla presenza di profughi palestinesi. Nel 1999 in Timor est
(Indonesia) ci fu un referendum per l’indipendenza ma questo portò un conflitto e intervenne l’UNHCR.
ASILO POLITICO
Il tema dell’asilo politico si porrà con intensità maggiore non solo a causa dei movimenti migratori ma
perché i confini iniziarono a chiudersi. I controlli iniziano ad essere introdotti nel ‘900 e un Paese come il
UK che era stata la patria di chi scappava per motivi politici e razziali, introduce una legge che impone il
controllo delle frontiere. Viene introdotta la nozione di stranieri indesiderabili.
L’importanza dell’asilo politico emerge anche a causa di coloro che emigrano per motivi religiosi e
appartenenza etnica o razza. Si pone il tema degli apolidi ovvero coloro che non hanno una cittadinanza e
non avevano nessuno che li proteggesse (ambasciata). Gli apolidi erano coloro che non si riconoscevano
russi dopo la rivoluzione, chi aveva combattuto per un altro Paese (armeni, non esisteva uno stato armeno).
La comunità degli Stati della società delle nazioni crearono con la convenzione di Ginevra tra gli Stati, si
prevedeva di dare agli apolidi un passaporto nansen. Il diritto alla cittadinanza non era universale ma solo ad
alcune categorie. Spettava agli Stati poi riconoscere il diritto. Nel 1938 in una cittadina francese, gli stati si
riunirono per decidere se estendere il passaporto nansen agli ebrei.
Le nazioni unite diedero vita anche a un comitato per dirigere la convenzione di Ginevra 1951 (definiti gli
articoli dell’accordo firmato da 144 Stati). Il rifugiato venne definito come colui che ha diritto a un permesso
di soggiorno per un motivo umanitario. Riguarda la categoria di timore fondato di una persecuzione
individuale per motivi legati alla propria appartenenza.
Non c’è bisogno quindi di essere perseguitato ma è necessario il timore e la sua situazione soggettiva. Il
diritto soggettivo e l’asilo politico comporta un trattamento più favorevole possibile, i minori che hanno il
diritto dell’asilo politico godono dell’istruzione del Paese stesso. Sono gli Stati a riconoscere questo diritto.
Secondo il principio del non respingimento non è possibile respingere i richiedenti asilo politico senza
conoscere la loro storia. La clausola temporale della convenzione stabilisce che tutto ciò che è accaduto
prima dell’entrata in vigore dell’UNHCR poteva essere oggetto di richiesta dell’asilo politico.
Queste clausole vennero superate, la prima perché ci furono altre guerre e crisi che hanno imposto alle
persone di fuggire e ci fu una nuova convenzione, la seconda fu superata dai singoli stati progressivamente.
Solo nel 1990 in Italia venne rimossa la clausola geografica (ammessi solo Europa orientale).
MIGRAZIONI IN EUROPA
Nel 1993 ci fu il Trattato di Maastricht (Paesi Bassi). Ci sono varie categorie di migranti che si spostano dal
proprio Paese: per motivi politici e economici. In Europa dopo il 1945 ci sono 11M di migranti anche se ne
erano molti di più. Il diritto d’asilo venne quindi definito in diritto soggettivo e non una concessione.
Tuttavia non era riconoscibile a tutti in quando bisognava riconoscere la propria storia, c’è quindi una
divisione tra richiedenti asilo e coloro che la ottengono.
Ci sono anche coloro la cui condizione è determinata dalle decolonizzazioni. Le Germania in quel periodo
era divisa in 2: democratica tedesca (Unione Sovietica) e repubblica federale tedesca. Berlino si trovava nella
parte Sovietica e fu divisa anche se collocata nella parte orientale. Fu l’epicentro perché provoca anche un
ulteriore fenomeno di migrazione, molti cercavano di andare in occidente. Negli anni ’30 la Germania si era
espansa, dopo la guerra però molti cercarono di tornare nel proprio Paese creando nuovi campi profughi. Ci
fu il resettlement grazie all’UNHCR che si occupava di ristabilire i migranti nelle varie parti del mondo.
Ci furono anche molti migranti criminali di guerra europei i quali emigrano perché vennero lasciati scappare
in quanto iniziarono i processi per i crimini di guerra. A favorire la fuga furono molto spesso le comunità
ecclesiastiche (Genova). Questo era legato al fatto che essi erano coloro che avevano un posto di comando
nella gerarchia militare e politica nei Paesi responsabili della guerra.
Dopo la seconda guerra mondiale in Europa ci furono migrazioni tra i vari Paesi. Furono soprattutto i
lavoratori e i cittadini dell’Europa meridionale, la principale fonte di attrazione è il processo di ricostruzione
post bellica. Le migrazioni si concentrano in Europa perché gli altri Stati hanno perso i loro fattori di
attrazione, questo avviene alla ricostruzione post bellica e quella che viene finanziata dagli USA con il piano
Marshall. Emigrarono soprattutto in Germania. Anche la nascita della comunità economica europea è legata
al piano Marshall. Esso è fondamentale perché impone agli europei di collaborare tra di loro.
Il piano fu anche il passaggio per riportare la Germania al centro dell’Europa (Francia non era d’accordo). Il
polo di attrazione adesso si trovava in Europa settentrionale. Ci sono quindi 2 fasi: ricostruzione e boom
economico (crescita economica sostenuta nella golden age fino a fine anni ‘70). Il trattato che porta alla
nascita della comunità economica europea si ha nel 1957 a Roma.
L’art. 48 stabilì la libera circolazione dei lavoratori. La CEE ha come obiettivo quello di creare uno spazio
economica di circolazione di merci, servizi, capitali e persone. Gli Stati quindi dovettero recepire quanto
stabilito e trasformarlo in legge. Questo è stato l’articolo può tardivamente compiuto, per quanto riguarda le
persone ci furono delle resistenze anche a livello politico. Si parla di persone però solo in riferimento ai
lavoratori. Sarà la giurisprudenza (corti), la corte di giustizia europea, a stabilire la non discriminazione.
I lavoratori di qualsiasi comunità avevano il diritto di stabilirsi in un altro Paese per trovare lavoro. Non
venne molto applicato perché la sensibilità del popolo è a favore della limitazione dei processi migratori
perché c’era sempre difficoltà a vivere con lavoratori stranieri (apartheid divisione tra etnie). Bisogna anche
tener conto che l’età della libera circolazione era finita con la belle epoque, i flussi erano più controllati
(politicizzazione). Nella prima fase i governi definivano i numeri degli arrivi e controllavano la qualità degli
ingressi in base alla provenienza geografica. Questo però portò al fenomeno delle migrazioni clandestine.
CLANDESTINITA’
Dal punto di vista del clandestino la clandestinità è un’opportunità in quando non ci sarebbero altri modi di
emigrare e poi perché non potevano essere riconosciuti ma era anche un rischio in quanto spesso morivano
nell’attraversare i vari Paesi. I datori di lavoro potevano pagare di meno i clandestini e quest’ultimi non
potevano contestare i problemi ai sindacati.
Le cause delle migrazioni sono varie e quindi con una legge è difficile fermarle. Aumentarono dopo la
seconda guerra mondiale in Europa quindi la volontà era limitarne l’afflusso per i Paesi che cercavano di
ricostruire l’economia e hanno intenzione di svilupparsi. A questi Paesi come Francia e Belgio mancava
manodopera da impiegare nel sistema economico.
Il grande paradosso quindi è che da un lato c’è il bisogno oggettivo di manodopera e dall’altro non hanno la
possibilità di aprire i confini non solo per la sicurezza e l’ordine pubblico ma anche perché c’è la
concorrenza tra i lavoratori e ci potrebbe essere un livellamento verso il basso dei lavoratori.
Uno dei fattori che attraeva era anche la lingua come i nordafricani che emigravano in Francia. Le autorità
francesi preferivano però gli italiani per la maggiore omogeneità e quindi non si poneva il problema
dell’integrazione. Il conflitto di interessi tra i lavoratori nazionali e quelli stranieri (internazionalismo degli
operai). La tendenza era quella a privilegiare l’immigrazione temporanea perché non potevano rinunciare
alla manodopera ma la conseguenza fu che quelli che non riuscivano ad emigrare lo facevano
clandestinamente (lavoratori coratini che emigrò a Grenoble con difficoltà nell’attraversare le alpi).
Nel 1973 questa fase finì per effetto di una guerra in medio-oriente, in Europa e occidente i prezzi del
petrolio si quadruplicano (shock petrolifero). Provocò la fine della golden age e la gente smise di emigrare
anche in Europa stessa. Il dopoguerra portò un dibattito in Italia tra chi era a favore di un’emigrazione verso
est e chi riteneva che andasse contenuta. Le politiche migratorie erano gestite da 2 ministeri: del lavoro e
degli esteri. Il secondo perché davanti alle limitazioni poste alla circolazione dei lavoratori, gli Stati
iniziarono a sottoscrivere accordi bilaterali.
L’organizzazione internazionale del lavoro stabilì le condizioni minime dei lavoratori. L’Italia segnò accordi
con Francia, Svizzera e Belgio (lavoratori-carbone). Il ministero del lavoro attraverso gli uffici di
collocamento, si occupava di gestire i lavori per i migranti. C’era anche l’ambiguità dei Paesi di destinazione
dei flussi migratori perché la clandestinità faceva comodo ai datori di lavoro quindi tra gli accordi di scambio
tra i Paesi, nei Paesi di arrivo c’era la tendenza a rallentare le procedure di reclutamento legale favorendo
l’espatrio clandestino. Quindi la clandestinità fu favorevole per alcuni cicli economici.
L’Italia aveva fissato l’obiettivo di avere 200mila partenze l’anno ma in realtà non venne mai raggiunto,
raggiunse solo 1/4 (non rientravano clandestini) per la pesantezza del regime burocratico, i Paesi esteri non
erano interessati a soddisfare gli accordi e non erano favorevoli a delle categorie come gli italiani
meridionali. Poi cambiarono idea perché essendo uscito dalla guerra sconfitto c’erano molte più persone.
C’erano molti disoccupati, più disoccupati c’erano e più c’era possibilità per i partiti comunisti e socialisti di
vincere le elezioni e andare al governo. Il meridione d’Italia aveva anche il problema dell’impossibilità di
emigrare al nord quindi emigravano all’estero, per evitare l’eccessiva urbanizzazione. In Italia per cambiare
residenza (iscrizione anagrafe comunale) c’era bisogno di dimostrare di avere un lavoro e altri ostacoli che lo
impedivano. Queste leggi iniziarono ad essere messi in discussione dal presidente dalla repubblica.
Il primo fu Einaudi il quale denunciò queste leggi sostenendo che aumentava il disprezzo delle popolazioni
nei confronti dello Stato. Negli anni ’60 questa legge venne superata ma le emigrazioni interne iniziano a
superare quelle esterne. L’art.35 cost. stabilisce la possibilità di espatriare. Venne riconosciuto il diritto ad
emigrare ma comunisti e socialisti non era d’accordo con l’atteggiamento del governo che tendeva a
massimizzare l’emigrazione (centristi).
Il meridionalismo sosteneva che il sud non era sviluppato non a causa dei meridionali ma a causa di qualcun
altro. Di Vittorio, uno dei suoi esponenti, sosteneva che l’emigrazione accentua la differenza tra nord e sud e
aumenta la situazione di impoverimento (Aldo Moro sottosegretario del governo De Gasperi, politico
democrazia cristiana rapito da brigate rosse).
I primi ad emigrare furono i prigionieri di guerra i quali erano abituati a vivere da casa e ritornati in Italia
trovarono difficile integrarsi. Andarono in Paesi con maggiori tassi di interesse economico e dove era
necessaria manodopera soprattutto nelle industrie estrattive (accordo di Italia-Bruxelles uomo-carbone). In
Belgio, a Marcinelle, nel ‘56 uno dei pozzi estrattivi della minerà si incendiò e morirono minatori quasi tutti
italiani. Questo mise in luce le condizioni dei lavoratori e delle comunità e si aprì una fase in cui il governo
italiano smise di esportare italiani e si prestò maggiore attenzioni alle loro condizioni.
DECOLONIZZAZIONE
Nella decolonizzazione oltre a ritirarsi i profili politici degli Stati, si ritirarono le popolazioni che avevano
servito le espansioni di questi imperi. Oltre a comportare la nascita di nuovi Stati, ci fu un restringimento di
alcuni Stati (Spagna, Olanda, Francia, GB). La contrazione porta anche allo spostamento della popolazione,
tra i primi ci furono gli alti funzionari e poi collaborazionisti con l’autorità (non erano d’accordo).
Altra categoria sono coloro che vivono a ridosso dei confini. Altro aspetto da tener conto è che la fine del
dominio coloniale non cancellò le catene migratorie (indiani verso UK, nordafricani vero Francia) per motivi
culturali ed economici. In India si erano formati 2 partiti ognuno dei quali sosteneva che bisogna avere uno
Stato omogeneo, l’India venne divisa in Pakistan, Bangladesh e India. Creò nuovi Stati riprendendo il
principio dell’autodeterminazione dei popoli, ogni popolo può ha diritto di eleggere, nominare ed essere
rappresentato dal proprio governo, questo segnò la fine del colonialismo/imperialismo.
La decolonizzazione comportò:
 migrazione di ritorno da parte di coloro che lavoravano per lo Stato coloniale che quando smette di
esistere, ritornano nel Paese di origine (madre patria) tra cui funzionari e burocrati;
 le popolazioni locali sono costrette a emigrare, i collaborazionisti che avevano collaborato col regime di
occupazione, i quali non erano d’accordo con l’idea di non essere governati da una potenza occidentale;
 alla base della volontà di diventare indipendenti c’era lo sviluppo economico, quindi rimanendo una
colonia questo non era possibile tuttavia c’era un problema di sviluppo e sottosviluppo perché molti Paesi
non erano in grado di essere indipendenti (nonostante l’odio tra francesi e algerini);
 nei continenti extraeuropei viene applicato lo stesso modello di quando scomparvero gli imperi quindi il
modello di Stato-nazione (confini Stato e nazione coincidono).
Inizialmente la parte dell’India era colonia britannica. Fu l’emigrazione degli indiani che portò la
consapevolezza del processo di autodeterminazione, ci fu una circolazione delle idee dei processi migratori
soprattutto dei giovani che emigravano per studiare (Gandhi). Queste popolazioni avevano combattuto le
guerre ritenevano che era insostenibile essere ancora una colonia.
Vollero dividere la colonia e nacquero 2 movimenti: il primo volle tenere gli Stati tutti uniti, il secondo volle
creare Stati nazionali non solo per l’appartenenza ma anche quella religiosa. Il problema fu quindi definire i
confini e la GB favorì la divisione. Si affermano vari principati i quali dovevano decidere se essere in
Pakistan o India. L’unione indiana raccoglie gli induisti mentre il Pakistan i musulmani.
Ci fu però il problema delle zone miste, tra cui il Cashmire diviso tra entrambe la maggior parte erano
musulmani ma erano in India, ci furono molti spostamenti perché i popoli vollero stare con i propri
connazionali. Il Pakistan era diviso in orientale e occidentale ma la divisione era di centinaia di km. Alla fine
degli anni ’60 accadde un’alluvione e rese evidente come le autorità pakistane non potevano garantire al
Pakistan orientare la sua gestione quindi fece una guerra di secessione. Nacque così il Bangladesh.
Ci furono però molti conflitti però tra Pakistan e India e l’indipendenza in realtà generò nuove guerre. Esse
sono anche delle potenze nucleari. I conflitti sono anche eredità di imperialismo e colonialismo dove i
confini internazionali tra Pakistan e Afghanistan non furono decisi dai Paesi ma ereditati al tempo della
colonizzazione britannica. C’è una linea chiamata linea durand che divide l’appartenenza etnica.
Non c’erano colonie standardizzate, non esisteva un modello, ogni colonia aveva le proprie caratteristiche
che determinano poi la decolonizzazione. Un Paese come l’India era non solo una colonia di sfruttamento ma
anche di popolamento, le prime sono usate dalla madre patria per le materie prime e perché essendo abitate
da esseri viventi sono dei consumatori e offrono mercati di sbocco. Nelle seconde lo Stato non le considerava
solo come un posto dove attingere risorse ma anche posto in cui c’è un popolamento.
Quest’ultime sono più difficili da smantellare perché si crea il processo che i sociologi chiamano
radicamento quindi difficilmente si allontanavano dal posto in cui vivevano considerando il territorio come
proprio. Il caso più complesso fu quello dell’Algeria. In Algeria i francesi avevano iniziato a trasferirsi
perché era una delle colonie più antiche.
ALGERIA
L’Algeria ì non era solo una colonia ma era una provincia della repubblica francese e, soprattutto i francesi
che vivono in Algeria, avevano un’opinione diversa rispetto a quelli che vivevano in Francia. Qui si pone
l’esigenza di diventare indipendenti tuttavia ci sono 2 forze: l’élite che hanno studiato anche fuori e le masse
come i soldati che hanno combattuto per l’Europa contro le dittature.
I francesi vennero sconfitti in Algeria che si opponevano all’indipendenza. Sarà visibile anche la dimensione
di chi anche dopo l’emigrazione e l’Algeria indipendente, gli algerini continueranno ad andare in Francia
perché il mancato sviluppo dell’Algeria portò al neocolonialismo (colonialismo nuovo ma non cambia il suo
significato e chi si trova in Paesi sottosviluppati si trasferisce in quelli più sviluppati).
Per diventare indipendente in Algeria era necessaria la presenza di Charles de Gaulle dopo la crisi della
repubblica francese causata dal processo di decolonizzazione. Egli fu l’unico ad avere l’autorità di portare i
francesi al di fuori dell’Algeria. Non rinunciò però all’Algeria, nonostante l’indipendenza, perché con gli
accordi di eviàn si era garantito il controllo della produzione di idrocarburi.
C’era anche la conseguenza della guerra fredda ovvero USA e Unione Sovietica nel processo di
decolonizzazione iniziassero una competizione a chi si mostrasse più aperto alla decolonizzazione e vicina ai
Paesi in via di sviluppo. Le ex potenze coloniali europee persero e dovettero subire la decolonizzazione.
COLONIE ITALIANE
Negli anni ’50 nasce un ente pubblico: l’ENI. Mattei si accorse che in Italia mancavano le materie prime che
non permettevano l’indipendenza perché venivano acquistate. Inizia a fare accordi con Paesi come l’Iran e,
durante la guerra civile algerina, dà le armi agli algerini contro la Francia avendo l’accesso alle risorse. Nel
‘62 l’aereo su cui viaggiava cadde. Era contro il neocolonialismo perché in Italia servivano risorse.
L’Italia dopo il trattato di pace perde varie colonie in Africa come Eritrea, Libia e Somalia. Anche se tentò di
salvaguardare dei Paesi. Così come si erano espansi i confini e le popolazioni di altre potenze e che dopo
ritornarono dopo la guerra come la Germania, anche gli italiani che erano nelle colonie ritornarono per
timore di subire le conseguenze del fascismo.
I confini dell’Italia si restringono su quello orientale (Slovenia/Iugoslavia). (foibe cavità carsiche ci finirono
gli italiani perseguitati). Ci fu la pulizia etnica in cui le persone tendono ad uscire da quella parte che non era
più dell’Italia. Gli italiani quindi si trovarono nei campi profughi. Le potenze europee iniziano ad avere
campi profughi dei propri connazionali.
La Libia era stata una delle prime colonie italiane fino a dopo la seconda guerra mondiale. La maggior parte
tornò ma una parte rimase quando però il nuovo leader della Libia Gheddafi creò la giornata dell’odio in cui
gli italiani vennero mandati via. L’Europa divenne un Paese non da dove si emigrava ma immigrava. L’Italia
è stata l’ultima a diventare una potenza europea (Francia la principale).
In queste potenze però c’erano ancora gli ex sudditi che continuano ad emigrare nella loro madre patria. Nel
periodo in cui era sempre meno tollerabile la circolazione, torna ad essere presente il tema non solo della
convivenza tra lavoratori nazionali e della comunità europea ma anche quello tra lavoratori nazionali e
coloro che continuano ad emigrare ponendo problemi di ordine pubblico e di carattere sociale.
GB E FRANCIA NEI CONFRONTI DEGLI EX SUDDITI
Dopo la seconda guerra mondiale ci fu il riconoscimento dei soldati che avevano combattuto e che non erano
britannici ma del Commonwealth (benessere comune). Ci fu il problema della decolonizzazione e la GB creò
il Commonwealth formato da vari Stati. Questo riconoscimento comportò l’avere gli stessi diritti sia per i
cittadini della GB che del Commonwealth.
Tuttavia questo non eliminava il problema dei flussi migratori che si cercava di limitare. Iniziarono ad essere
posti i primi strumenti di carattere amministrativo. C’era una selezione all’ingresso in cui si chiedeva un
conto corrente. La GB dovette adottare nel ’62 l’Immigration act perché si crearono degli scontri con le
popolazioni locali. Il primo evento fu a Nottingham e Notting Hill.
Questa legge permise la necessità di limitare l’afflusso degli immigrati. Il partito laburista sosteneva che
bisognava limitare mentre quello conservatore era a favore dell’apertura nei confronti degli ex sudditi. I
sindacati si opponevano alle migrazioni per permetteva l’ingresso di 3 categorie: chi ha già un contratto; le
professioni ricercate e chi avevano combattuto per il Commonwealth. Tra il ’60 e ’61 arrivarono 200mila
persone l’anno nel UK. Più che ridurre i flussi cambiarono solo origine, iniziarono ad essere asiatici al
contrario di giamaicani ad esempio. Non si riuscì quindi a cancellarli.
In Francia ci furono gli stessi problemi del UK, dopo la seconda guerra mondiale aumentarono i flussi. Ci
furono problemi a Marsiglia che era multietnica essendo portuale. Si poneva anche qui il problema di come
limitare i migranti. A differenza del UK però non c’erano responsabilità nei confronti degli ex sudditi.
LA CORTINA DI FERRO
Churchill durante la seconda guerra mondiale era il capo del governo britannico. In una conferenza di
un’università sostenne che l’Europa è divisa da una cortina di ferro da Stettino a Trieste. In Europa con la
caduta del muro di Berlino (per evitare le migrazioni). La parte orientale era a sua volta divisa. Gli
occidentali volevano rendere migliore la parte occidentale per scardinare l’Unione Sovietica.
Molti infatti cercarono di emigrare ad est anche se si trattava solo di un apparente benessere. I responsabili
della politica sovietica decisero di costruire un muro nel ’63. Vennero divise anche le famiglie in quando
rimasero bloccati e non c’era libera circolazione. Nell’89 ci fu la caduta del muro che venne scatenato dalla
decisione del governo dell’Ungheria.
L’Ungheria aprì il confine con l’Austria rendendo la divisione della Germania inutile perché si riusciva a
passare indirettamente. Papa Giovanni Paolo II pose fine all’Unione sovietica perché era polacco. Dopo la
fine del comunismo, regimi socialisti e la fine dell’Unione Sovietica, gli abitanti dell’Europa orientale
vogliono raggiungere l’occidente ma si creò l’invasione e problemi dei flussi migratori.
Questo divenne un problema perché nell’85 ci fu un accordo a Schengen con un trattato. Venne stabilita
l’eliminazione dei controlli alle frontiere, aderirono 22 Paesi su 27 dell’UE con l’eccezione di Irlanda,
Romania, Bulgaria, Croazia e Cipro. Uno degli aspetti era la libera circolazione dei lavoratori quindi questo
accordo rafforza questo diritto che diventerà parte integrante dell’UE non solo della CEE.
Con la pressione dell’Europa dell’est, si pone il problema per la Germania della libera circolazione, in
quanto volevano controllare gli arrivi. Il problema era il controllo comune delle frontiere esterne
dell’Europa. Dopo la fine del blocco sovietico, nel ’92 con i trattati di Maastricht nasce l’UE e la
cittadinanza europea. Questo determinerà anche la nascita della politica estera con l’idea di un unico confine.
Nacquero problematiche di migrazione non solo da parte da coloro che erano sotto il regime sovietico per
poter avere una vita migliore, ma tornarono anche i problemi della seconda guerra mondiale come quello dei
confini. Dopo il socialismo, il nazionalismo ritorna quindi in Europa ritorna la conflittualità. Molti regimi
dell’Africa si erano avvicinati al socialismo e con la sua fine non avevano più un punto di riferimento.
FINE DELLE MIGRAZIONI IN EUROPA
L’Europa a partire dal ’73 smette di essere un polo di attrazione così come i singoli Stati, sia gli europei del
sud sia degli altri Stati. Questo perché smette con il suo sviluppo economico e del suo benessere. Gli anni 70
infatti vennero chiamati anni di piombo. Questa per l’Europa fu la più grave crisi migratoria che abbia mai
dovuto affrontare. Le migrazioni sono caratterizzate dallo stock: misura le persone che in un determinato
momento si trovano fuori dal confine dei Paesi in cui risiedono.
La Germania assumerà la dimensione di “piattaforma rotante” ovvero un luogo dove le persone emigrano per
andare in altri posti sia perché si trova al centro dell’Europa e sia perché dal ’90 si assiste al fenomeno della
riunificazione tedesca. Prima dell’89 escono dall’Europa 100.000 mentre nei 18 mesi successivi si parla di
1.5M. Gli europei orientali, liberati dal vincolo di molti Paesi, iniziano ad emigrare verso l’occidente o
seguendo le catene migratorie che i cittadini avevano sviluppato al tempo dell’esodo (USA).
I polacchi emigrarono soprattutto in Germania per effetto di accordi con la Germania liberale e continuarono
dopo la fine del socialismo. A determinare questo fu la crisi economica che peggiorò dopo la fine del
socialismo. Essi cercavano la piena occupazione e si tendeva a massimizzare i profitti (privatizzazione).
Oltre alla spinta economica c’è quella psicologica quindi emigravano per sviluppare le proprie capacità. Nel
2004 la Polonia e altri Paesi entrano nell’UE arrivando a 25. Questo però creò problemi di carattere
migratorio infatti ci fu l’invasione dei lavoratori (a un salario inferiore e vissuto sotto regime sovietico).
Altro caso è quello della Romania. Il dittatore era Ceausescu il quale venne ucciso in diretta tv il giorno di
natale. La Romania è caratterizzata da minoranze etniche e quindi erano abituati alla diversità. I primi ad
andarsene sono coloro che appartengono alle minoranze (ungheresi). In Italia e Spagna ci sono soprattutto
giovani e donne. Molte donne però iniziarono anche a prostituirsi.
Le conseguenze di tutti questi flussi dal punto di vista delle partenze produce scompensi dei Paesi di partenza
ad esempio emigrando i giovani, vengono svuotati di una fascia demografica che fa perdere forza lavoro. Si
creò un fenomeno di scambio, la forte migrazione genera immigrazione. In Romania quindi emigrarono
maggiormente asiatici dove emigrarono molti dalla Romania. URSS era quella che destava maggiore
preoccupazione in quanto più popolata e con maggiori etnie. Si pensava che con la fine dell’Unione sovietica
ci fosse un’invasione che non avvenne, ma ci furono migrazioni interne.
IUGOSLAVIA
L’ex Iugoslavia. Era un Paese da cui la gente già emigrava per via di accordi con la Germania federale e poi
perché caratterizzata da una componente giovanile (boom demografico). Emigrano anche a causa della
guerra civile la quale scoppiò per problemi di appartenenza etnica quindi di identità. L’identità etnica e
religiosa si sommano. A giustificare la guerra c’è l’eredità storica dei territori, c’era l’idea di creare un
confine ma non c’era omogeneità territoriale in quanto era multiculturale.
La Iugoslavia smette di esistere con la fine dell’Unione Sovietica perché si ritiene che l’ideologia che era
sembrata l’alternativa agli Stati occidentali non esiste più (socialismo). I primi a chiedere la secessione
(separazione) furono Slovenia e Croazia per motivi di carattere politico e geoeconomico. Erano le più
sviluppate e furono sostenuti dagli Stati cattolici (Germania e Città del Vaticano). I serbi nella Iugoslavia si
consideravano gli artefici dell’unione e ritenevano che il loro ruolo era passato in secondo piano.
Quindi all’idea delle secessioni reagirono soprattutto contro i croati. Per la Croazia infatti fu difficile
determinarne i confini. I serbi che erano nelle zone di confine si ribellarono. Iniziò la guerra e la pulizia
etnica (togliere dal proprio territorio le minoranze) per creare il fatto compiuto ovvero creare la pulizia nei
territori per poter essere rivendicati (croati contro musulmani, serbi contro musulmani e croati contro serbi).
GUERRA DEL KOSOVO
La seconda fase dura fino al ’95 con gli accordi di Dayton e la terza riguarda il Kosovo. Era a maggioranza
albanese ed è il luogo dove è nata la chiesa ortodossa. Era impossibile la convivenza tra kosovari, albanesi e
serbi quindi ci fu una guerra la quale si conclude nel ’99. Interviene la NATO (patto atlantico per contrastare
Unione Sovietica) per convincere il governo della Iugoslavia a smettere di perseguitare i kosovari.
La prima conseguenza fu l’avviarsi di un processo migratorio delle nazionalità. C’era anche la migrazione
interna come i croati a causa della pulizia etnica. Gli iugoslavi essendo nemici dell’Unione Sovietica,
vennero fatti accordi ad esempio con la Germania per avere permessi di soggiorno (necessitava
manodopera). In particolar modo emigrarono in Europa, l’Italia fu il secondo Paese ad avere immigrati
iugoslavi. L’Italia a ridosso delle guerre riscopre l’emergenza migratoria (contrabbando sigarette).
GLOBALIZZAZIONE
Cristoforo Colombo secondo alcuni fu il primo a introdurre il tema della globalizzazione. Rafforza l’idea che
non bisogna considerare solo l’Europa ma permette di capire come ci possa essere interconnessione tra i vari
continenti e non considerare solo la propria entità autonoma. Con le nuove tecnologie, la distanza è ridotta e
aumenta la concezione dell’appartenenza ad un unico globo.
La globalizzazione può essere considerata sotto diversi punti di vista come quello economico: dopo la guerra
fredda, i Paesi socialisti sono attratti dalla divisione del lavoro internazionale con un unico sistema
economico, si realizza con la fine dei sistemi socialisti i quali commerciavano tra di loro. In realtà prima del
cambiamento del regime in Unione Sovietica la globalizzazione già esisteva. Si tratta della Cina che è la
principale centrale manifatturiera del mondo. Infatti iniziava a muoversi verso l’economia di mercato.
La globalizzazione ha anche una dimensione sociale, culturale e politica. Sotto l’aspetto sociologico la
globalizzazione comporta il “villaggio globale” di McLuhan. Questo perché vivendo in parti diverse del
mondo le persone si sentono simili e pensano allo stesso modo (visione preindustriale). La globalizzazione
ha avuto un ambivalente effetto sui flussi migratori. Da una parte c’è l’attrazione non solo dalle opportunità
lavorative ma anche dallo stile di vita. Altro processo che tende invece a trattenere le migrazioni è la
delocalizzazione. Le aziende dall’occidente si spostano quindi si delocalizzano.
ASIA
L’Asia è il continente che nella seconda metà del 20° secolo con la decolonizzazione ha registrato maggiori
flussi migratori. Dal punto di vista degli stock c’erano 215M di emigrati e 1/4 erano in Asia. C’era la
privatizzazione della gestione dei flussi da parte delle ONG. Il secondo carattere è quello temporaneo, ad
esempio per lavorare ma non trasferendosi. Per effetto della grande quantità di persone verso l’Asia, per
alcuni Paesi hanno un ruolo importante le rimesse ch permettevano di aumentare la ricchezza di un Paese.
L’Asia per la decolonizzazione ha ereditato molti conflitti e il grande flusso era difficile da controllare.
Non erano controllate dallo Stato e molto spesso si trattata di clandestini. Il subcontinente indiano emigrò in
America e anche in medio-oriente soprattutto le monarchie del golfo grazie al petrolio (stipendi più alti).
Durante una festa religiosa ebraica gli arabi attaccarono Israele, la guerra venne persa dagli arabi i quali
iniziarono ad avere un uso politico dell’arma del petrolio usato per la repressione (costava 4 volte, shock
esogeno cioè viene da fuori dell’economia).
Si parla di stuckflazione, l’economia smetteva di crescere e di essere attrattiva. Chi possedeva il petrolio però
ne traeva vantaggio per il costo elevato (monarchie golfo persico). Negli anni ’70 diventano ricchi e
utilizzano i petroldollari nei settori degli idrocarburi, attraevano così flussi essendo un fattore di attrazione.
Ci sono Paesi in cui gli stranieri sono maggiori dei cittadini in quanto la cittadinanza non poteva essere
acquisita facilmente, in questo modo molti stranieri non hanno accesso a dei diritti.
Dal Bangladesh iniziarono ad emigrare a causa della loro condizione e per l’elevato tasso di natalità che
portava maggiore povertà. Una parte emigra in Asia stessa ma anche in Europa. La migrazione avveniva a
tappe: Cina, Egitto, Libia e Italia. Ogni tappa prevedeva che loro si fermassero per procurarsi il denaro per
poter continuare il viaggio. La Cina divenne un polo di attrazione ma partirono anche molte persone
(piattaforma rotante). Per molto tempo la dittatura in Cina ha limitato le migrazioni.
A partire dagli anni ’80 inizia ad esserci sviluppo in Cina soprattutto sulla costa dove si sviluppò la
produzione. Lo Stato è controllato da un partito ma è capitalista in quando organizza l’economia dall’alto. Le
aziende vennero collocate sulla costa permettendo una migrazione interna. Dalla Cina emigrarono anche
molte persone ma sempre in Asia.
I cinesi decisero di emigrare a causa della dittatura quindi per motivi politici ma anche economici. Le
comunità cinesi all’estero sono considerate la “testa di ponte” della politica cinese. Grazie alla via della seta i
cinesi crearono una via commerciale e si riflette anche per le esportazioni all’estero. Si pensò che dietro
queste esportazioni c’erano anche le organizzazioni criminali per il traffico di stupefacenti in Europa.
In Giappone l’immigrazione è stata per molto tempo limitata. È un’isola quindi poteva essere raggiunta solo
via mare, solo grazie un ammiraglio della flotta americana (commodoro) Perry bombardò i porti del
Giappone perché non era concesso entrare tranne solo in alcuni porti grazie a delle convenzioni (missionari
cristiani). Erano sviluppati per i prodotti di alta tecnologia.
Vennero poi aperti i confini in maniera progressiva: prima i discendenti giapponesi, ai coreani in quanto era
stato uno dei primi Paesi conquistato dal Giappone e poi ai cinesi perché si creò un’interdipendenza
economica tra Cina e Giappone. Il Giappone era composto prevalentemente da uomini quindi per problemi
demografici erano necessarie più donne in particolare nelle Filippine.
AFRICA
Il tratto caratteristico dell’Africa è il confine. Gli Stati infatti sono divisi da una linea e non sono riconosciuti
generando conflitti. La popolazione inoltre è numerosa e con una componente giovanile prevalente. L’Africa
settentrionale. Le emigrazioni avvengono per motivi politici, economici, l’ambiente e condizioni climatiche.
Coloro che erano in Africa settentrionale furono i primi per la vicinanza geografica e per i legami
postcoloniali. In Italia emigrarono in Sicilia dalla Tunisia. Arrivano in Italia per lavori stagionali e meno
qualificati. Con l’effetto di sostituzione, sostituendosi con coloro che erano già emigrati.
L’Africa divenne oggetto di competizione tra le 2 potenze della guerra fredda. Dopo di essa in Somalia
scoppia una guerra civile, capirono che fu possibile emigrare in Europa e quindi iniziarono a spostarsi. Paesi
come Libia e Egitto sono considerati come Paesi di transito perché venne esclusa l’Algeria in quanto c’era
stata una guerra civile.
I Paesi di frontiera diventarono di attrazione soprattutto la Libia perché era di transito e potevano aumentare
la loro ricchezza usando l’introito petrolio per industrializzarsi (fino al 2011 con Gheddafi). Dal 2001
divenne anche alleato dell’occidente perché dopo l’attentato del 2001 Gheddafi si arrende. La Libia di
Gheddafi divenne il Paese di detenzione per coloro che cercavano di emigrare nel continente europeo.
Nel 2008 Gheddafi era arrivato a Roma per firmare l’accordo il quale stabiliva che Gheddafi trattenesse i
migranti nei centri di detenzione limitando il terrorismo. Si trattava di esternalizzare i confini non violando il
diritto internazionale (non respingimento). Oltre alla Libia un Paese di transito fu Gibilterra, lo stretto
collegava il mar mediterraneo con l’oceano atlantico. Per limitare le migrazioni c’erano le enclave (territorio
di uno Stato diverso da quello a cui appartiene) della Spagna in Marocco mentre l’Italia necessitava della
Libia per controllare.
Per quanto riguarda l’Africa orientale, la Somalia e l’Eritrea sono Paesi molto esposti alle carestie, assenza di
un governo in grado di trovare soluzione alle crisi umanitarie. I cittadini quindi dovettero affrontare non solo
la crisi orientale ma anche ad esempio lo tsunami che ci fu nel 2004. Vivendo di agricoltura, le condizioni
peggiorarono anche dal punto di vista delle migrazioni.
Nelson Mandela fu colui che pose fine al regime dell’apartheid che si basava sulla separazione razziale.
Mandela fu in carcere per molti anni a causa di questo, nel ’90 venne liberato. Dopo aver vinto le elezioni,
nel ’95 creò un sentimento di unione nazionale.
AMERICA LATINA
L’America venne scoperta nel 1492. Molti europei emigrarono in America Latina e con gli anni ’80
iniziarono processi consistenti di migrazioni per la globalizzazione. Emigrarono negli USA tramite il
Messico oppure con le barche (boat people) soprattutto dai Paesi caraibici. Anche dalla Florida in cui c’era a
quel tempo il comunismo. Quindi sono le dittature a causare maggiormente (motivi politici).
Emigrarono anche per motivi economici perché alcune zone non sviluppate e con cambiamenti economici
(desertificazione). Il Messico per motivi geografici ed economici (più lavoro) divenne uno dei poli di
attrazione e di transito (Libia per l’Europa). Nel 2000 ci sono 2 fenomeni che si intrecciano tra di loro: la
crisi economica e l’11 settembre.
Questa fu una data decisiva per gli USA in quanto non erano stati mai attaccati prima (se non Pearl Harbor) e
quindi il tema principale era quello della sicurezza. Dopo questa data gli USA decisero di imporre dei vincoli
quindi molti decisero di emigrare in Europa. Uno dei tratti caratterizzanti delle migrazioni dell’America
Latina è che si assiste ad un rapido ricongiungimento familiare, è difficile che emigrano da soli.
Portandosi anche le famiglie c’è la maggiore presenza di giovani in Europa dai primi anni 2000 e
l’affermazione della comunità latino americana. Essi hanno riprodotto quindi gli schemi presenti del loro
Paese di origine ad esempio le baby gang. Molti trafficanti iniziarono a introdurre in Europa la cocaina
(guerra del Vietnam) prodotta in America Latina soprattutto in Colombia (Escobar).
IMMIGRAZIONI DEL MEDITERRANEO
Le primavere arabe vengono intese come tentativo da parte delle popolazioni orientali (da nord Africa a
grande medio-oriente) chiamato mondo arabo. La lingua araba venne associata poi col tempo all’espansione
della religione islamica. Le primavere arabe hanno aperto alle migrazioni che divennero difficili da
controllare (prigioni a cielo aperto di Gheddafi vennero aperte).
L’Europa quindi pone attenzione al tema della tutela dei diritti umani, principi dell’UE e il tema della
sicurezza (securizzazione dopo 11 settembre). Si parla della fortezza europea per la globalizzazione:
 fine della guerra fredda si scopre la mobilità;
 la tecnologia aumenta la percezione delle migrazioni;
 con il libero mercato viene colpito lo stato sociale colpendo gli Stati non sviluppati;
 la crisi economica e ambientale incide sulla sicurezza dei Paesi.
I presupposti che determinano le primavere arabe sono il boom demografico dagli anni ’90 e per le
popolazioni giovani a partire dagli anni 2010. I giovani furono efficaci anche grazie agli strumenti
(information comunication technologies). I Paesi erano caratterizzati dalla presenza al capo delle istituzioni
di una persona non democraticamente selezionata (dittatore).
Altro presupposto è che non solo ci deve essere l’insoddisfazione rispetto a chi ha l’autorità ma essa viene
meno perché c’è una condizione economica sfavorevole. Quindi crisi e dittatura sono gli elementi
caratterizzanti delle primavere arabi. I giovani con le ICT riuscirono a creare rivolte infatti non erano
gestibili (Cina vietati). Aumentò anche il costo della vita agli inizi degli anni 2000 (costo del pane).
Un venditore ambulante si diede fuoco e questo gesto diede inizio a delle rivolte. Venne sfidato il regime e
nel 2011 Ben Ali si dimette e portarono la diffusione delle primavere arabe dalla Tunisia in Libia, Egitto e
Siria. In Egitto il presidente Mubarak fu costretto ad abdicare creando instabilità. Ci furono 2 forze: militari e
fratelli musulmani, un’organizzazione politica.
I fratelli musulmani erano contro la monarchia (repubblicani). Nel golfo persico il fatto che essi volessero
guidare l’Egitto destava preoccupazioni. I Paesi del golfo finanziarono il colpo di Stato nel 2013, fino ad
oggi ci sono i soldati guidati da Al Sisi. Torna quindi ad essere una dittatura e fu un Paese che rimase integro
e stabile quindi diventò una delle porte di ingresso a fortezza europea.
Al contrario dell’Egitto, in Siria e Libia non solo c’è stata la fine delle dittature ma hanno perso la sovranità e
la capacità di controllo del territorio. In Libia era al potere Gheddafi e, come tanti Paesi creati da
colonizzatori, ha i confini che non combaciano con la composizione etnica (Tripolitania, Cirenaica e il Ciad).
Con la fine della dittatura emersero poteri locali e Gheddafi perde il proprio potere per la crisi economica.
Dal 2008 l’occidente ha assistito a una crisi economica colpendo la Libia (produttore di petrolio). In alcuni
posti le tribù hanno un ruolo importante (nomadi del deserto beduini): il regime di Gheddafi finì anche
perché venne a mancare la fiducia delle tribù. 3° fattore è il contesto internazionale: Gheddafi aveva stretto
rapporti con l’Italia (Berlusconi), il tentativo del governo francese con il sostegno degli angloamericani volle
affermare il ruolo della Francia come potenza mediterranea sostituendo l’Italia alla Libia.
Intervenne la NATO a favore della rivoluzione causando una guerra civile non diminuendo le problematiche.
In Tripolitania nasce un governo alleato dell’Italia riconosciuto dalle nazioni unite mentre in Cirenaica c’è un
governo ribelle sostenuto dal soldato Haftar che sostiene un’altra fazione. Oggi quindi la Libia è divisa e chi
è al potere oltre a gestire un grande patrimonio di idrocarburi, gestisce anche i traffici umani. Questo perché
la Libia, essendo un Paese di transito e la caduta del regime, ha accelerato i flussi migratori.
Da una parte viene meno il controllo sulle linee di passaggio e dall’altra viene meno l’attrazione per la Libia.
Dal 2014 nella regione desertica del Feezan operano le tribù che avranno la decisione di controllare i traffici
di migranti che attraverso la Libia vogliono raggiungere l’Europa.
In Siria inizia una rivoluzione in quanto attraversato da una guerra civile e dall’impossibilità di controllare il
territorio. Al potere c’era il dittatore Assad figlio di un altro dittatore. Come in Libia, la repressione del
dittatore aumentò le proteste. Nasce una coalizione anti-Assad sostenuta dalle potenze europee e USA. La
Siria, essendo vicina all’Iraq, i terroristi decisero di costruire un proprio Stato tra questi 2 e questo comportò
l’intervento di potenze a sostegno di Assad (Iran e Russia).
Assad riuscì a mantenere il proprio potere, la guerra si è protratta per anni fino a poco tempo fa fino ad un
accordo con la Russia e Iran ma non potenze occidentali. In Siria essendoci un vuoto di potere, divenne la
seconda rotta delle migrazioni verso la fortezza europea. La Siria ospitava già campi profughi di palestinesi,
libanesi, iracheni e produsse ancora più profughi cercando di emigrare in Turchia. C’era però il problema del
Kurdistan (curdi) che è tra Turchia, Siria, Iran e Iraq.
Il leader della Turchia Erdogan fece accordi con l’Europa. Si parla di tratta balcanica perché, attraverso la
Turchia, i paesi balcanici cercano di arrivare in Europa. Le primavera arava fu la più grande crisi a livello
migratorio che l’Europa ha sperimentato dopo il ’92 dopo la fine dei regimi socialisti.
CONSEGUENZE PRIMAVERE ARABE
Dopo le primavere arabe e l’enorme flusso di migrazioni, tra 2014 e 2015 la crisi raggiunge l’apice e
l’Europa che aveva constatato come la globalizzazione e crisi ambientali avevano aumentato le migrazioni e,
con le primavere arabe, c’è stato un nuovo movimento politico che determina nuove migrazioni. Le
primavere arabe determinarono il crollo del potere in Siria e finisce la Libia di Gheddafi.
L’Europa quindi divenne sotto assedio delle migrazioni, reagì come una fortezza sotto assedio. Era
necessario adottare una politica comune in materia di migrazioni (fatta solo per i controlli) con strumenti di
integrazioni. L’Europa di fronte a questa crisi si è concentrata su un sistema di visti, di informazione
(impronte digitali), di espulsioni (se non c’è permesso di soggiorno). Uno strumento importante fu l’agenzia
Frontex dell’UE che si occupa di monitorare le frontiere nel mediterraneo. Nel 2011 arriva anche in Italia.
Per molti Frontex si spinge oltre le acque territoriali per rilevare le imbarcazioni al contrario delle ONG che
cerca invece di aiutare le persone che arrivano. Frontex però aumentò la clandestinità e precarietà verso
l’Europa e di conseguenza la letalità. Si assiste quindi a un processo di esternalizzazione dei confini, per
legittimare il respingimento anche creando centri di smistamento nei Paesi di arrivo.
Col processo di Rabat (Marocco) ci fu un accordo tra l’UE e 27 Paesi ai confini con cui era implicita la
volontà dell’Europa di fare accordi bilaterali con i confini (Italia-Libia 2008, 2012, 2013 e 2017 Berlusconi,
Monti, Letta e Gentiloni). Ci furono anche accordi col Sudan per far si che non partano flussi diretti alla
Libia quindi l’Europa e poi per riportare nel proprio Paese i sudanesi che erano illegalmente in Europa.
Coloro che clandestinamente arrivano in Italia devono essere ascoltati (Convenzione di Ginevra) anche se
arrivano illegalmente per la Convenzione di Dublino quindi deve prendere in carica la richiesta di asilo
politico. L’Europa nella politica di gestione dei flussi non si è comportata come un soggetto politico con
interessi comuni e da qui derivano le polemiche sulla Convenzione di Dublino.
Alcuni Paesi rifiutano anche le politiche di diffusione dei migranti nei vari Paesi infatti per la maggior parte
arrivano dal Mediterraneo. Essi sono Polonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Estonia (baltici) e mettono in
discussione l’approccio solidaristico per problemi statistici in quanto in passato hanno già gestito pressioni
demografiche. Altro problema che la fortezza europea ha dovuto gestire è quello della Turchia.
Tuttavia la Turchia oggi per gli europei rappresenta uno dei Paesi di transito e con cui ha fatto degli accordi.
Il fine è quello di rispettare quello che è stabilito dalla Convenzione di Ginevra e i diritti umani
salvaguardando la sicurezza ma questo non può avvenire con un approccio parziale da governi che cercano
solo il consenso elettorale ma ci vorrebbe un approccio globale.
DEMOGRAFIA
La popolazione europea è destinata per il 2050 a decrescere quindi si assiste a un fenomeno di
invecchiamento della popolazione. Questo comporta l’indice di dipendenza delle popolazioni anziane quindi
anche se la vita per loro si allunga comunque non sono autosufficienti. Guardando allo stock dei migranti
residenti nel 2020, il Paese in cui ci sono maggiormente migranti sono gli USA che è il principale polo di
attrazione soprattutto per l’America latina.
Gli USA sono seguiti da Germania, l’Arabia Saudita e la Russia. In Europa c’è solo il 30% delle persone che
migrano. Anche gli USA hanno iniziato a limitare i flussi con il Messico tramite un muro di 700km. Queste
politiche antimigratorie smentiscono le esigenze delle economie occidentali che hanno bisogno di flussi. Il
sistema pensionistico infatti non si reggerebbe con coloro che lavorano versando i contributi.
MIGRAZIONE IN RUSSIA
Uno dei fattori che determina le catene migratorie è la lingua e fu uno dei motivi che spinse gli asiatici a
emigrare in Russia. Altro fattore è l’economia basata sugli idrocarburi che permetteva di avere stipendi più
elevati. C’è poi il problema che le migrazioni sono interne ed è per questo che molti andarono in Russia.
La guerra tra Russia e Ucraina è una delle conseguenze della fine dell’Unione Sovietica. Ha inciso sui flussi
migratori in Europa Orientale, uno dei temi di fondo è la presenza di un confine che separa le comunità che
avevano una loro omogeneità. Il presupposto è avere quindi degli Stati etnicamente omogenei. Qualcuno
definisce questo processo come ucrainizzazione o russificazione che ha creato nel 2014 delle tensioni. Quello
che ha scatenato molte contestazioni era quello di proibire l’uso del russo.
Questa appartenenza linguistica mostra anche un’appartenenza elettorale, coloro che parlavano russo
votarono il partito filorusso mentre gli altri votarono quello della resistenza ucraina. Tutte le popolazioni al
confine dal 2014 decisero di emigrare in Russia aumentando notevolmente il numero di immigrati.

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