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FASI DELL’EMIGRAZIONE ITALIANA

CARATTERI GENERALI

Emigrazione italiana, fenomeno che ha interessato ampi strati di


popolazione in cerca di migliori condizioni di vita.
Immediatamente dopo l’Unità d’Italia il fenomeno ha riguardato il
Settentrione, per poi estendersi, dopo il 1880, anche al Mezzogiorno. Un
fenomeno che ha interessato anche migrazioni interne al Paese, cioè
comprese tra i confini geografici della nazione.

Si è trattato di un fenomeno avvenuto su ampia scala manifestatosi in fasi


diverse della nostra storia:
- Primo periodo (o fase), compreso tra il 1861 ed il 1922, conosciuto
come Grande Emigrazione. Ha avuto inizio dopo l’Unità d’Italia ed è
terminato negli anni Venti del Novecento con l’ascesa del fascismo.

- Secondo periodo (o fase), di forte emigrazione all’estero, tra la fine


della seconda guerra mondiale e gli anni Settanta (quello relativo a
Rocco ed i suoi fratelli). Conosciuto come Migrazione Europea e che
comprende anche l’emigrazione dal Sud verso Roma e le città del Nord
Italia (verso il cosiddetto triangolo industriale).

- Terzo periodo (o fase), favorito dalla crisi economica mondiale del


2007 seguita dalla grande recessione cominciata nel 2008. Ha visto
una terza ondata emigratoria destinata all'espatrio, conosciuta
come Nuova Emigrazione.
Fenomeno dalla consistenza numerica inferiore rispetto ai due
precedenti e che ha interessato principalmente i giovani.

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Durante il primo periodo, e cioè durante gli ultimi tre decenni
dell’Ottocento e i primi due del Novecento, è preponderante l’emigrazione
verso le Americhe:
- A causa delle difficoltà economiche dell’Italia del primo dopoguerra, solo
nel 1920 oltre mezzo milione di italiani partono per l’America e gli Stati
Uniti.
- Mentre tra il 1881 e il 1920 circa un milione e ottocentomila italiani
emigrano in Argentina (dapprima dall’Italia settentrionale, poi, più
massicciamente da quella meridionale).

A partire dalla fine del l’Ottocento vi fu anche una consistente


emigrazione verso l’Africa, che riguardò principalmente Egitto, Tunisia e
Marocco, ma che nella prima parte del Novecento, dagli anni Dieci agli anni
Trenta compresi interessò pure le colonie italiane della Libia, dell’Eritrea e
della Somalia italiana.

Negli anni compresi tra la seconda metà degli anni Quaranta fino ai
Settanta del Novecento, si verifica un nuovo flusso di spostamenti dal
nostro Mezzogiorno che vede milioni di persone, spinte dalla mancanza di
prospettive, lasciare i luoghi d’origine per trasferirsi (oltre due milioni) nelle
città del triangolo industriale; oppure (circa sei milioni) nei paesi dell’Europa
centro-settentrionale.

Si tratta della cosiddetta Emigrazione europea che ha come destinazione


soprattutto le nazioni europee in crescita economica. A partire dagli anni
quaranta il flusso emigratorio italiano si dirige principalmente in Svizzera e in
Belgio, mentre dal decennio successivo, tra le mete predilette, si aggiungono
Francia e Germania.

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Paesi considerati, al momento della partenza, come una meta
temporanea. A partire dagli anni Settanta del Novecento, si assiste al
ritorno in patria di molti emigrati italiani.

Come conseguenza della massiccia emigrazione dalla penisola,


nascono pregiudizi etnici nei confronti degli italiani: discriminazioni che
nel primo periodo hanno riguardato gli emigrati italiani nei paesi del Nord
America (Stati Uniti e Canada).

Tra gli altri episodi di discriminazione etnica, il processo agli anarchici


italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti avvenuto nel 1927 a Boston.

Mentre nel secondo periodo le manifestazioni di ostilità o di


discriminazione hanno riguardato gli emigrati meridionali nelle città del
Nord Italia e, soprattutto, in quelle dell’Europa centro-settentrionale.

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