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ROCCO E I SUOI FRATELLI.

IL CINEMA DELL’EMIGRAZIONE

Rocco e i suoi fratelli è un film drammatico del 1960


diretto da Luchino Visconti (Milano 1906 - Roma 1976)
considerato uno dei padri del neorealismo.

Autore, tra gli altri, di
Ossessione (1943)
La terra trema (1948), ispirato ai Malavoglia di Giovanni Verga
Bellissima (1951)
Il Gattopardo (1963), dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Morte a Venezia (1971), dal romanzo di Thomas Mann La morte a Venezia

Film ispirato ai racconti de Il ponte della Ghisolfa (1958) di Giovanni Testori

Strutturato in capitoli, Il film di Visconti descrive l’emigrazione


meridionale durante i primissimi anni del boom economico.

Attraverso una saga familiare il regista affronta la questione meridionale,


mettendone in luce diversi aspetti:

- l’aspirazione ad un mondo migliore di chi si trovava ad emigrare,


- la marginalità della condizione sociale,
- il desiderio di integrazione,
- l’ostilità di alcuni ambienti e il pregiudizio verso i “terroni”,
- la speranza di un possibile ritorno nella terra natale,
- la seduttiva modernità e opulenza di una metropoli come Milano.

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Il film è uno dei primi lavori nella storia del cinema italiano ad affrontare la
questione dei rapporti tra culture diverse all’interno del mondo industriale allora
emergente.

Epoca di grandi mutamenti socio-economici: l’economia cresce,


l’emigrazione aumenta, il senso di collettività cede il posto all’individualismo.

La struttura ideologica, progressista e di sinistra, che sorregge il film lo


rende oggetto di ostracismo da parte della classe dirigente democristiana, la
quale mal tollerava la denuncia dell’indigenza e il sottosviluppo in cui versava
parte della popolazione italiana, in particolare quella del Meridione.

Negli anni compresi tra il 1955 ed il 1975, la grande migrazione dal


nostro Mezzogiorno vede milioni di persone che, spinte dalla mancanza di
prospettive lasciare i luoghi d’origine per trasferirsi (oltre due milioni) a
Milano, a Torino, a Genova, a Roma; oppure (circa sei milioni) in Svizzera,
Germania, Francia e Belgio.

Sono gli anni di un rapido sviluppo economico durante i quali nelle


metropoli del Nord Italia si attiva la richiesta di ulteriore manodopera a
buon mercato da parte delle imprese edili per la costruzione dei nuovi grandi
condomini e dei nuovi quartieri popolari nelle periferie.

Se le città del triangolo industriale del Nord, vedono la proliferazione di


grandi industrie siderurgiche, meccaniche e chimiche, a Roma si concentrano
i ministeri e gli apparati dello stato.

Si assiste a trasformazione radicale della società italiana.

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L’emigrazione della popolazione italiana, non solo quella meridionale, va
inquadrata come fenomeno su larga scala manifestatosi in fasi diverse della
nostra storia:

- primo periodo compreso tra il 1870 ed il 1922,


- secondo periodo tra il 1955 ed il 1975 (quello relativo a Rocco ed i
suoi fratelli );
- terzo periodo dopo la crisi mondiale del 2007, seguita dalla
recessione economica cominciata nel 2008.

Tra il 1870 e il 2000 hanno lasciato la nostra penisola circa 20 milioni di


italiani, senza più tornarvi.

Altri film sul tema, dedicati in particolare alla seconda ondata emigratoria:
- Emigrantes (1949) di e con Aldo Fabrizi, che narra la drammatica vicenda
di una famiglia emigrata in Argentina in cerca di fortuna;
- I magliari (1959) di Francesco Rosi, che racconta la vicenda di un giovane
immigrato in Germania introdotto nel mondo della malavita;
- Pane e cioccolata (1973) di Franco Brusati, che ha per tema l’emigrazione
italiana in Svizzera;
- Così ridevano (1998) di Gianni Amelio sulla ricerca di riscatto sociale di
due fratelli siciliani emigrati a Torino alla fine degli anni Cinquanta.

Dedicato al primo periodo dell’emigrazione italiana è Nuovo Mondo (2006)


di Emanuele Crialese, sulla scelta di una famiglia siciliana di partire per gli
Stati Uniti, agli inizi del Novecento, in cerca di migliori condizioni di vita.

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