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Il capitale intellettuale
Si studiano i processi di GRU in virtù del fatto che gestire bene le risorse umane (ovvero gestire
adeguatamente il capitale umano) crea valore per l’organizzazione.
Il capitale umano
Il primo a parlare di capitale umano è stato Gary Becker che ne ha dato una definizione a livello
macroeconomico (capitale umano di un’intera nazione). Secondo il suo pensiero, il capitale umano
era, sostanzialmente, misurabile come il valore attuale di tutti i flussi di reddito futuri della nazione
(delle persone che lavorano nella nazione). Se si attualizzano tutti i flussi di reddito futuri della
popolazione che produce valore in una nazione, si trova qual è il valore del capitale umano di
quella nazione. Il focus è la popolazione di un paese e la sua capacità di produrre reddito e
generare valore.
La peculiarità della GRU (ulteriore elemento di complessità) è il fatto che si tratta di un processo
diffuso in tutta l’organizzazione; ciò significa che non si tratta di un processo presidiato solo da
alcuni soggetti che si occupano direttamente di GRU, ma è posto in capo ad ogni persona con
responsabilità su persone all’interno dell’azienda per fornire supporto a chi, all’interno dell’azienda,
se ne occupa in modo specialistico. A qualunque livello, il primo gestore delle risorse umane è il
capo diretto.
Il modello Norman permette di analizzare la DP come servizio strategico. Questo modello cerca
di identificare quali sono alcuni parametri e variabili con cui interpretare un qualunque servizio
strategico (non nasce per la DP). Le variabili sono:
1. Qual è l’obiettivo (task) che quel servizio si pone e vuole raggiungere?
2. Quali sono i suoi clienti? Secondo quali criteri segmenta i destinatari di quel servizio?
3. Quali strumenti e tecnologie utilizza? Quanto è sofisticato, in termini di uso di tecnologie e
strumenti avanzati ed evoluti?
4. Quali sono i risultati (output) attesi di quel servizio? Come se ne misura la performance?
5. Qual è la sua mission? Quali sono la cultura e i valori di riferimento?
Il modello di Ulrich è un altro modello di riferimento che può essere utilizzato per cercare di
mappare le attività svolte da una DRU (di che cosa si occupa, quali sono i suoi obiettivi e su quali
aspetti si focalizza). Questo modello parte dal fatto che una DRU si debba occupare di aspetti di
tipo operativo e strategico sia di breve che di lungo termine e di aspetti legati alla gestione dei
processi e delle persone. Per analizzare quello che fa un DRU, è necessario concentrarsi sui suoi
deliverables, ovvero i suoi risultati (il prodotto che genera). Questo prodotto può configurarsi
andando a coprire tutte le aree oppure concentrarsi solo su alcune di esse (es. ci potrebbe essere
una DRU totalmente equilibrata che si occupa sia di aspetti di lungo che di breve, sia di processi
che di persone, e un’altra DRU, viceversa, più squilibrata o più focalizzata soltanto su alcuni di
questi aspetti).
• Orientamento al breve termine e alle persone: significa andare ad utilizzare degli strumenti
per garantire un’adeguata motivazione del personale (garantire il commitment e le capacità del
personale). Attualmente, dev’essere presente un patrimonio di competenze adeguato per la
gestione di tutti i processi operativi dell’azienda. Significa andare operativamente ad
implementare delle politiche che analizzino il clima dell’organizzazione e che siano di supporto
alla motivazione (es. processi di incentivazione del personale, creazione di sistemi di carriera
motivanti). Il focus è completamente centrato sulle persone, sulla loro dimensione
motivazionale, sul clima organizzativo e sul possesso di capacità adeguate (formazione di breve
periodo). La DRU è un employee champion che lavora sulla valorizzazione del personale
attualmente disponibile.
I processi di DRU hanno la caratteristica di generare, in alcuni casi, dei costi significativi a fronte di
benefici molto modesti e viceversa (benefici significativi a fronte di costi molto modesti). I processi
amministrativi (es. paghe, contributi, adempimenti con il fisco) assorbono molte risorse
all’organizzazione (tempi, persone, verifiche, doppi controlli) a fronte di un valore aggiunto che è
molto modesto poiché non aiutano nella realizzazione della propria strategia. All’opposto, la DRU,
nel momento in cui si occupa della progettazione di processi di lungo termine (es. piani di welfare,
supporto alla strategia dell’organizzazione), deve preparare, assumere le persone giuste per
essere leader di mercato; è necessario preparare dei processi e avere una dotazione di capitale
umano adeguata per seguire la strategia. In questi casi, i costi sono modesti, ma si ottiene un
valore aggiunto molto alto. I processi che riguardano la gestione operativa sono intermedi tra i due.
Le organizzazioni si stanno sempre meno prendendo cura di una progettazione della carriera dei
loro dipendenti; il soggetto stesso pensa e progetta la propria carriera per arrivare alla posizione
desiderata (passaggio dall’eterogestione all’autogestione).
I processi di GRU si prestano ad essere digitalizzati ed informatizzati; sono processi che ben si
prestano ad essere resi efficienti tramite l’utilizzo di tecnologie (passaggio da una gestione
industriale ad una gestione digitale).
Interessa sempre meno quello che la DRU può fare; interessano gli obiettivi e i risultati che può
portare (passaggio da una gestione basta sui doables ad una gestione basata sui
deliverables).
La DRU sperimenta molto e si concentra sull’innovazione piuttosto che sullo standard (passaggio
da una gestione basata sulla tecnicalità ad una gestione basata sulla creatività).
Gli indicatori per misurare il capitale umano sono misure che non hanno un senso se prese
puntualmente, ma devono essere analizzate da un punto di vista dinamico. E’ necessario
confrontare come, nel tempo, questi indicatori si riconfigurano, che tipo di valori assumono e il loro
andamento. Non si parla solo di valutazioni di carattere monetario, ma si tratta di indicatori quali-
quantitativi che permettono di misurare singole funzioni e processi.
Il modello del ciclo del valore delle risorse umane cerca di mettere assieme i diversi processi di
GRU suddividendoli in quattro categorie (persone, relazioni, prestazione, valorizzazione). Questo
modello permette di capire di che cosa si devono occupare i diversi processi e in che modo
possono, effettivamente, generare valore.
Si parte dalle persone (capitale umano in sé) e dalle problematiche di stock (corretta dotazione
quantitativa e qualitativa). Il capitale umano si forma attraverso una serie di processi di
socializzazione, scolarizzazione e professionalizzazione e, a livello organizzativo, viene valorizzato
attraverso il mercato del lavoro. Ogni organizzazione ha diversi mercati del lavoro (es. Luxottica
cerca un operaio nel mercato locale, mentre cerca un direttore marketing dall’esterno a livello
globale). Esistono tanti mercati del lavoro a seconda delle diverse posizioni; il mercato del lavoro
va segmentato in funzione della popolazione. I percorsi di carriera possono essere verticali o
orizzontali.
Si possono avere delle aziende che sono molto attente alla dimensione di carattere contrattuale e
meno attente alla dimensione motivazionale (es. pubblica amministrazione) o che, viceversa,
curano meno la parte contrattuale, mirando alla motivazione, al paternalismo e al coinvolgimento
emotivo. Ci sono anche aziende equilibrate che mettono assieme tutte queste dimensioni.
Una volta costruita la relazione, dev’essere garantita la prestazione delle persone. C’è una serie
di processi che sono volti a fare in modo che il livello di prestazione venga erogato in modo
adeguato (problema di flusso di prestazioni). E’ necessario costruire una serie di processi di GRU
che vadano a governare l’erogazione della prestazione e confrontino la prestazione effettivamente
erogata dal soggetto con le aspettative dell’organizzazione (performance management).
Una volta garantita l’erogazione della prestazione, si arriva alla valorizzazione. La prestazione,
una volta erogata, dev’essere valorizzata, attraverso sistemi di ricompensa incentivanti che
contribuiscano a trattenere e motivare le persone all’interno dell’organizzazione. Ci sono processi
di GRU centrati sulla definizione di politiche di compensation e sistemi di incentivazione che
contribuiscano a valorizzare la prestazione che è stata erogata.
L’organico teorico in T0 è l’organigramma con tutte le posizioni così come dovrebbero essere
riempite in quel momento; è possibile che l’organico effettivo non sia corrispondente a quello
teorico (es. qualcuno potrebbe essersi dimesso o essere andato in pensione). Partendo
dall’organico teorico in T0, è necessario cercare di capire quali sono le implicazioni della strategia
e delle varie scelte dell’organizzazione per il periodo Tn, relativamente a scelte di indirizzi
strategici, priorità, volumi di attività e livelli di servizi, revisioni organizzative, scelte di make or buy,
investimenti in tecnologie; in questo modo, viene definito l’organico teorico in Tn. A questo punto, si
confronta la situazione teorica con quella effettiva. Successivamente, si esegue una proiezione
inerziale in Tn dell’organico effettivo in T0, ovvero si pensa a come sarebbe l’attuale
organizzazione in Tn se non si modificassero le logiche in corso (es. non ci sono nuove
assunzioni, licenziamenti, promozioni a meno che non siano già state previste). La proiezione
inerziale dell’organico in Tn va confrontata con l’organico teorico in Tn. Da tale confronto,
potrebbero emergere delle decisioni da prendere (es. decisioni di assunzioni, uscita, sviluppo di
alcune persone per prepararle a posizioni nuove). In conclusione, è necessario mettere in pratica
le politiche del personale che permettano di far coincidere l’organico inerziale in Tn con quello
teorico in Tn, in modo tale da renderlo effettivo.
Per riuscire a realizzare un piano del personale è necessario conoscere la strategia e disporre di
un sistema informativo del personale che dia una serie di informazioni su come l’organizzazione si
muove rispetto al suo organico.
Le tavole di rimpiazzo sono uno strumento che illustra, per ogni posizione, chi potrebbe
rimpiazzare la posizione nel caso diventasse vacante.
Il sistema informativo può contenere anche una serie di informazioni legate ad aspetti anagrafici
piuttosto che rispetto ad aspetti legati a specifici comportamenti organizzativi (configurazioni
demografiche). La configurazione demografica di un’organizzazione può essere a:
• piramide: all’interno dell’organizzazione, è presente una forte componente di soggetti giovani
per cui andranno attivate politiche di formazione perché ci sono tante persone giovani con poca
Inizialmente, ci si chiede chi si vuole inserire e, per far questo, è necessario definire il profilo
ricercato. Per cercare un profilo sono necessari la job description che descrive le attività, le
responsabilità e gli obiettivi di quella mansione (dimensione oggettiva) e la definizione del profilo
che contiene l’indicazione delle esperienze pregresse, del background formativo, delle conoscenze
e della fascia d’età richiesti (dimensione soggettiva).
La prima fase del processo è il reclutamento tramite il quale viene attivato il mercato del lavoro
(interno o esterno) per ricercare quella posizione (imput: job description e profilo; output: raccolta
di candidature).
Nel processo di selezione si valutano, comparativamente, le diverse candidature al fine di
determinare la candidatura migliore o di ordinare le candidature rispetto ad un criterio di preferenza
(imput: le candidature; output: identificazione delle candidature migliori).
Una volta scelta la persona migliore e, dopo aver creato con questa la relazione contrattuale-
giuridica, inizia la fase di inserimento vero e proprio. Si parte dalla candidatura migliore e la si
prepara per ricoprire la posizione (inserimento come forma di formazione). In questa fase, viene
spiegato come funziona l’organizzazione, quali sono le indicazioni per lavorare al suo interno, di
che cosa ci si deve occupare e quali sono i suoi obiettivi.
Il reclutamento
E’ la fase in cui si esprime la domanda di lavoro e si attiva l’offerta del fattore lavoro. La scelta
tipica che sta alla base è quella legata al fatto di utilizzare il mercato interno del lavoro piuttosto
che quello esterno.
I vantaggi del mercato interno sono quelli di valorizzare le professionalità che si hanno già in casa,
di aumentare la motivazione del personale, di avere maggiori conoscenze sulle caratteristiche
delle persone che operano al proprio interno, oltre ad un rafforzamento della cultura e delle
consuetudini e ad una valorizzazione degli investimenti formativi già compiuti. Gli svantaggi sono
legati all’obsolescenza professionale, alla mancata creazione di “porti d’entrata”, ai costi
amministrativi di gestione della mobilità e per le attività di programmazione del personale.
Tipicamente, gli strumenti e le modalità per reclutare dal mercato interno comportano costi bassi e
sono: passaparola, contatti personali, autocandidature, segnalazioni (es. da parte del capo), job
posting.
Per quanto riguarda il mercato esterno, i vantaggi e gli svantaggi sono, sostanzialmente,
simmetrici per cui ci sono maggiori costi (es. raccolta e diffusione di informazioni, amministrazione
dei flussi in entrata e uscita, formazione e inserimento), ma, dall’altro lato, entrano conoscenze e
competenze nuove, viene ibridata la cultura dell’organizzazione ed entrano novità. Gli strumenti
La selezione
Una volta raccolte le candidature, si sceglie quella che risulta essere la migliore. Tra gli strumenti
utilizzati ci sono: colloqui individuali o di gruppo, interviste, test di abilità o di personalità,
assessment center, Behavioral Event Interview.
Anche la selezione può essere valutata in termini di efficienza (costo di selezione per assunto, falsi
positivi e falsi negativi) ed efficacia (assunti rispetto ai candidati proposti alla line, il turnover dei
nuovi assunti dev’essere il più basso possibile).
L’inserimento
Il processo d’inserimento si trova a valle rispetto alla selezione. L’output della selezione è la
persona che viene scelta e identificata tra le diverse candidature che il reclutamento (a monte) ha
fornito. Nel momento in cui si decide che la persona scelta dovrà entrare a far parte
dell’organizzazione, inizia il processo di inserimento. Il processo di inserimento è volto a preparare
il soggetto selezionato a lavorare all’interno dell’organizzazione, fornendogli tutte le informazioni
utili per operare efficacemente all’interno dell’organizzazione. Questo processo si traduce in un
processo di conoscenza delle regole di funzionamento dell’organizzazione, della sua storia, delle
sue caratteristiche e peculiarità, dei suoi prodotti, dei suoi processi, dei suoi mercati. Questa fase
serve a predisporre il soggetto selezionato a ricoprire il proprio incarico; è una fase di formazione
della persona. In questa fase, vengono trasmesse anche le aspettative nei confronti di quel
soggetto e i valori dell’organizzazione. Le modalità di inserimento possono prevedere momenti di
vero e proprio accoglimento (momento informativo) e l’assegnazione dei primi compiti ed obiettivi.
L’inserimento può prevedere l’assegnazione di un mentore (individuo all’interno dell’organizzazione
che ha l’obiettivo di accompagnare il soggetto nel suo processo di inserimento, soprattutto
fornendogli informazioni di carattere tecnico e preparandolo allo svolgimento dell’attività) oppure di
un coach (soggetto che fornisce un supporto sullo svolgimento della mansione, segnalando gli
errori compiuti e spiegando come correggerli, incontra periodicamente il nuovo entrato per fare il
punto degli obiettivi raggiunti e sui comportamenti più adeguati). Nel periodo di inserimento, per
alcune tipologie contrattuali è previsto il periodo di prova. Il periodo di inserimento, oltre che un
momento di accompagnamento del neoinserito all’interno dell’organizzazione, è anche un
momento per comprendere reciprocamente, dal lato dell’azienda, se quella è la persona giusta
all’interno dell’organizzazione o, dal lato del neoinserito, se quell’organizzazione è costruita in
modo coerente con le proprie aspettative (momento di verifica del processo di selezione). Quello
che viene valutato, prevalentemente, nel soggetto che viene inserito è la capacità di adattarsi
all’organizzazione, di riuscire a fare squadra con i colleghi, di ascoltare le richieste e le aspettative
del capo, di contribuire ai risultati del team, di gestire il conflitto, di dare la propria disponibilità a
richieste che possono sorgere nell’immediatezza e in modo non prevedibile.
Anche per i processi di uscita valgono i concetti della selezione. L’outplacement è quel processo in
cui si accompagnano i soggetti in uscita. Tipicamente, per processi che richiedono una certa
responsabilità, in situazioni di discontinuità aziendale (es. si decide di uscire da un certo business),
può capitare la necessità di dover accompagnare all’uscita dei responsabili. A questo fine, molto
spesso, si fa ricorso a società di outplacement che si occupano di una gestione “morbida” del
processo di uscita, aiutando il soggetto destinato ad uscire dall’organizzazione a ricollocarsi
altrove, segnalando opportunità di lavoro alternativo, fornendo formazione per ulteriori attività
professionali e, se richiesto, fornendo un supporto psicologico.
Economia e Gestione delle Aziende 13
I drivers che portano ad avere diverse forme (configurazioni) organizzative, nel momento in cui si
svolgono processi a livello internazionale, sono:
• spinta verso la standardizzazione globale: convenienza a svolgere delle operazioni standard
in tutti i paesi in cui si è presenti (si è presenti in diversi paesi con un prodotto uguale). Questo
tipo di spinta si presenta quando tra i fattori di internazionalizzazione ci sono delle forti economie
di scala (alti volumi e prodotti standard);
• spinta verso la reattività nazionale: offerta di prodotti e servizi diversi e specifici per ogni
paese, in modo da soddisfare le esigenze specifiche di quel tipo di clientela. Questa forza deriva
Introduction to IHRM
La disciplina dell’IHRM comprende, al proprio interno, almeno un paio di filoni:
• comparative HRM (GRU secondo un approccio comparativo): riguarda, sostanzialmente, il fatto
di andare a confrontare le particolarità della GRU di diversi paesi (es. come si gestiscono le
risorse umane in Cina, India…). Si identificano le peculiarità di carattere culturale locali e si
studia il loro impatto sulla gestione dei processi;
• gestione dei processi nelle multinazionali: si tratta di analizzare come le aziende di tipo
multinazionale utilizzano i differenti processi di GRU su diverse popolazioni. All’interno di questo
filone, si trova la gestione degli espatriati. Questo filone riguarda, in generale, le multinazionali
(aziende che adottano un approccio tale da andare a creare degli investimenti all’estero).
Gestire le risorse umane a livello internazionale significa prendere i diversi processi di GRU
(processi di pianificazione e programmazione del personale, di staffing e acquisizione del
personale, di performance management, di formazione e sviluppo, di retribuzione e di relazioni
industriali del personale) e proiettarli su altre due dimensioni:
• dove vengono svolti questi processi di GRU? Possono essere svolti nell’home country (paese
dove l’azienda ha la sua sede principale), nell’host country (paese dove sono presenti delle
unità organizzative come filiali, sussidiarie, impianti e stabilimenti dell’azienda), in other
countries (es. il processo di selezione di un marketing manager di Luxottica coinvolge tutto il
mondo, indipendentemente dal fatto che in certi paesi sia presente un’investimento diretto, una
sussidiaria o un filiale);
• nei confronti di chi vengono svolti questi processi di GRU? I parent-country nationals (PCNs)
sono i soggetti che hanno lo stessa nazionalità del paese dov’è presente la casa madre
dell’azienda; sono le persone che conoscono meglio la casa madre e, quindi, la cultura
organizzativa, le caratteristiche principali dell’organizzazione e hanno una famigliarità con
l’azienda. Gli host-country nationals (HCNs) sono i soggetti che hanno la stessa nazionalità
del paese dove è presente la filiale o sussidiaria all’estero; conoscono molto bene il loro paese,
la regolamentazione, il mercato e le caratteristiche tipiche della struttura organizzativa estera,
ma la conoscenza della casa madre e della cultura organizzativa di fondo sono piuttosto carenti.
I third-country nationals (TCNs) sono soggetti la cui nazionalità non è né quella del paese
dov’è presente la casa madre né dove sono presenti sussidiarie; sono soggetti che, in realtà,
non conoscono bene né il luogo dov’è stata fondata l’azienda né quella dei diversi paesi dove
sono presenti delle sussidiarie, ma, per certe attività, potrebbero rappresentare le persone più
adatte (es. portano con sé una serie di conoscenze e competenze specifiche per un certo tipo di
incarico).
Nell’ambito di alcuni incarichi internazionali di una certa durata, lo spostamento di questi soggetti,
al di fuori dei loro confini nazionali, crea la presenza di espatriati o rimpatriati (nel caso in cui
fossero chiamati presso casa madre).
Le differenze della GRU a livello internazionale rispetto alla GRU a livello nazionale sono:
1. più attività da svolgere: tra queste vi sono la cura della relocation, la gestione del trasloco e
dell’alloggio nel paese di destinazione, un aiuto a gestire gli elementi del patrimonio in Italia
(es. vendere l’auto, la casa) e gli aspetti di carattere amministrativo e fiscale (es. gestire la
fiscalità e la dimensione legata agli adempimenti previdenziali, tributari del paese di
destinazione);
2. la DRU deve avere una prospettiva più ampia e considerare ed anticipare problemi che
potrebbero sorgere;
3. la DRU deve entrare nella vita personale del collaboratore: la DRU deve gestire l’educazione
dei figli, aiutare il partner a trovare un lavoro, gestire i problemi di adattamento culturale della
persona e del partner;
4. il tipo di coinvolgimento e l’impatto di queste attività può variare nel tempo: per certi versi, c’è
anche la dimensione del tempo. In alcuni casi, la rilevanza dei soggetti che svolgono incarichi
internazionali potrebbe essere critica per la gestione del progetto, ma, nel tempo, questa
rilevanza potrebbe variare assieme al tipo di risorse che si decidono di allocare per il progetto e
al tipo di importanza che viene data all’incarico. Nel momento in cui si deve creare una nuova
struttura all’estero, il ruolo del PCN sarà un ruolo importante e critico, ma, quando l’attività sarà
avviata, si può decidere di interrompere l’incarico, di affidarla ad un HCN;
5. elementi di rischio: rischio di fallimento dell’incarico per mancato raggiungimento degli obiettivi
o per incapacità di adattamento all’estero. Ci sono anche rischi di carattere personale, legati ad
elementi di pericolo della location;
6. gestione dell’impatto di una serie di stakeholders esterni che prima non venivano considerati
(es. governi locali, autorità politiche, comunità di riferimento nei luoghi dove si vanno a creare
delle nuove realtà o ad acquisire realtà già esistenti): impatto in termini occupazionali, sociali,
ecologici. E’ necessario andare a considerare tutta questa serie di portatori di interessi e
dell’impatto che possono portare sul business specifico e sui risultati dell’incarico stesso.
Vantaggi TCNs:
• possiedono delle particolari competenze;
• potrebbero essere vantaggiosi in termini di costo;
• potrebbero conoscere la cultura e le modalità di funzionamento del paese di destinazione (es.
se il TCNs proviene da un paese limitrofo).
Svantaggi TCNs:
• è necessario prestare attenzione al paese di provenienza;
• in alcuni casi potrebbero non essere accettati dal governo locale (es. per problemi legati alla
storia, usanze, tradizioni e politica);
• potrebbero non voler tornare indietro al termine dell’incarico.
Per riuscire a valutare l’efficacia di un incarico internazionale si utilizzano degli indicatori. Tra
questi indicatori vi è il ROI dell’incarico internazionale come rapporto tra i costi e i benefici. I
costi sono gli investimenti dedicati all’incarico internazionale e sono facilmente valutabili (es. costi
diretti, costi di gestione e costi legati all’adattamento e alla preparazione della persona). Dal punto
di vista dei ritorni, alcuni sono quantificabili, mentre altri no.
Gli incarichi internazionali possono fallire. Per fallimento dell’incarico si possono intendere sia il
rientro anticipato (il caso più grave) che la sotto-performance (quando la performance attesa
non si viene a realizzare). E’ difficile valutare la dimensione di questo fenomeno perché ci sono
studi e statistiche che presentano dei risultati con un range molto elevato. Il fallimento dell’incarico
porta con sé dei costi molto significativi sia diretti (legati all’interruzione dell’incarico, al rimpatrio
del soggetto, al suo reinserimento nell’organizzazione, alla sua sostituzione con l’inizio di un nuovo
incarico internazionale) che indiretti (es. demotivazione del manager che ha fallito l’incarico).
Per fattori moderatori s’intendono delle variabili che intervengono in un rapporto causa-effetto. Il
soggetto adotta un suo comportamento organizzativo (input) per ottenere un certo risultato
(output); nel mezzo, ci sono i fattori moderatori che cambiano l’andamento della relazione a
seconda dell’impatto.
I fattori che moderano la performance di un incarico internazionale sono:
• capacità/incapacità di adattamento alla cultura straniera: si tratta di adattamento nel duplice
senso sia personale che complessivo del nucleo famigliare, nel caso fosse trasferito anche
quest’ultimo. L’andamento del processo di adattamento segue delle fasi:
1. fase pre-partenza: il soggetto è molto
contento ed eccitato per l’esperienza che
sta per andare a condurre oppure prova un
grado di ansia per l’incertezza che si troverà
ad affrontare;
2. fase del turista (fase della “luna di miele”):
“tutto è bello tutto, nuovo, piacevole e
divertente”;
3. fase dello shock culturale: cominciano ad
arrivare i problemi perché si cominciano a
Le competenze richieste e necessarie per ricoprire in modo efficace un incarico all’estero e per
adattarsi bene in un contesto internazionale (intercultural competencies) sono:
• perception management: legate alla percezione del contesto o degli altri come la capacità di
sospendere il giudizio in una situazione nuova, apertura verso l’esterno e curiosità, tolleranza
verso l’ambiguità, gestire l’incertezza in situazioni nuove e complesse dove non esiste un modo
corretto per interpretare le cose, cosmopolitismo, tendenza cognitiva ad includere ed accettare
le cose sulla base delle loro comunanze anziché dividerle in gruppi e categorie;
• relationship management: interesse verso le relazioni con gli altri, grado in cui un soggetto
dimostra interesse e consapevolezza dell’ambiente sociale, grado in cui un soggetto ha il
desiderio e la disponibilità di iniziare e mantenere relazioni con persone di altre culture,
sensibilità emotiva delle emozioni e sentimenti altrui e consapevolezza di sé, modo in cui ci si
presenta agli altri per creare un’impressione favorevole;
Economia e Gestione delle Aziende 28
L’azienda, in particolare la DRU, può attivare una serie di family-friendly policies per gestire il
processo di adattamento del nucleo famigliare. Si tratta di politiche che permettono di gestire le
cosiddette dual careers (carriera sia dell’espatriato che del partner). Queste politiche si
sostanziano in:
• inter-company networking: cercare di trovare un lavoro al partner tramite la propria rete di
relazioni nel contesto di destinazione (es. fornitori, clienti, comunità locale);
• job-hunting assistance: offrire al partner una serie di servizi per favorire la ricerca di lavoro nel
luogo di destinazione (es. viene affidato a selezionatori o società che svolgono attività di
reclutamento, selezione e inserimento del personale);
• intra-company employment: cercare un lavoro al partner all’interno della stessa
organizzazione;
• on-assignment career support: supporto di tipo indiretto nella creazione di una rete di contatti
che metta il partner nelle condizioni di cercare autonomamente un’opportunità professionale (es.
iscrizione del partner ad associazioni, conferenze, incontri, corsi di formazione).
Tra gli elementi che compongono il processo di formazione pre-partenza vi è la formazione legata
alla consapevolezza culturale il cui obiettivo è quello di comprendere gli usi, i costumi e le
peculiarità di una cultura diversa dove si andrà ad operare. Si tratta di un’attività che molte
organizzazioni propongono ai propri incaricati, ma non sempre è obbligatoria e viene lasciata alla
singola iniziativa del dipendente di parteciparvi oppure no.
Information-giving approach
Nel caso di incarichi di durata mensile o inferiore, la formazione avrà una durata inferiore ad una
settimana. La formazione offerta al soggetto è rivolta a dare consapevolezza, fornendo delle
informazioni sintetiche sul paese, sugli aspetti di carattere culturale e su comportamenti attesi; a
tale scopo possono essere utilizzati film, video e libri. Per quanto riguarda la lingua, talvolta viene
proposto un mini corso di formazione per la “sopravvivenza minima”, mentre per il resto possono
essere richiesti degli interpreti, qualora sia necessario operare in una lingua diversa dall’inglese.
Affective approach
Se l’incarico comincia ad avere una certa durata (2-12 mesi), il grado di interazione è più elevato e
si richiede un percorso formativo più significativo che può durare anche un mese. La formazione,
in questo caso, non è tanto conoscitiva, ma entra anche su aspetti rivolti a far comprendere e
assimilare la cultura del paese di destinazione. Possono essere utilizzati:
• role-playing: simulazioni di comportamento in cui si richiede al soggetto di interpretare un ruolo
(es. viene simulata una negoziazione per vedere i comportamenti adottati dal soggetto e per
correggerlo rispetto ad eventuali comportamenti disfunzionali);
Economia e Gestione delle Aziende 30
Immersion approach
Per gli incarichi di durata superiore all’anno il processo di formazione ha una durata,
abbondantemente, più consistente (1-2 mesi). La formazione non riguarda più solamente le
conoscenze, ma interviene sui comportamenti veri e propri del soggetto, tramite un approccio di
tipo immersivo. Gli strumenti utilizzati sono:
• attività di valutazione del soggetto;
• esperimenti sul campo;
• simulazioni;
• formazione sulla sensibilità interculturale e sulla comprensione di aspetti informali non verbali;
• formazione linguistica più accurata ed approfondita.
Gli steps successivi del pre-departure training sono:
• visita preliminare al paese di destinazione: prima che l’incaricato dia il proprio consenso per
l’incarico, gli si potrebbe dare l’opportunità, anche assieme alla famiglia, di vedere ed entrare
nella vita del luogo di destinazione. In questa fase, il soggetto può ancora rifiutare l’incarico.
Solitamente, questa modalità non viene offerta dall’azienda per luoghi non particolarmente
attraenti ed ospitali;
• formazione linguistica;
• assistenza pratica: assistenza e formazione su aspetti fortemente operativi della vita nel paese
di destinazione (es. come gestire la situazione sanitaria, pagamenti delle utenze);
• formazione per il ruolo di formatore: si prepara il soggetto ad essere in grado di formare i
colleghi e i collaboratori che troverà nel paese di destinazione. In molti casi, il soggetto dovrà
andare a sviluppare un team, trasferire delle conoscenze presenti in casa madre, non solo di
tipo tecnico inerenti al prodotto, ma anche conoscenze legate alla cultura dell’organizzazione
per cercare di uniformarla.
Le 3P sono tre dimensioni diverse che hanno finalità differenti nella valutazione del personale.
In questa valutazione, non sono considerate le caratteristiche specifiche delle persone che
andranno a ricoprire quella posizione.
La dimensione inerente ai risultati viene valutata attraverso l’MBO. Si tratta di uno strumento
estremamente diffuso all’interno delle organizzazioni rivolto a valutare risultati individuali. Il piano di
MBO è riferito ad un ruolo specifico.
Aumento del numero di + 20% retribuzione Il numero di clienti è Dipende dagli accordi
clienti (+ 50 unità) variabile (+ 2.000) aumentato di 25 unità iniziali
Retribuzione variabile = 10.000
Negli accordi iniziali, si potrebbe stabilire che il raggiungimento parziale di obiettivo porti alla
riparametrazione del corrispettivo premio oppure che l’erogazione del premio avvenga solo in
presenza del raggiungimento dell’obiettivo.
Il piano di MBO viene tipicamente rivolto a figure di carattere manageriale, ma viene sempre più
frequentemente esteso verso livelli più operativi (tranne il livello minimo operativo e totalmente
esecutivo). Il piano deve contenere più obiettivi diversi e rappresenta un esercizio di equilibrio
(nell’esempio del piano del direttore marketing, se ci fosse stato solamente l’obiettivo di aumento
della quota di mercato, senza considerare il margine di contribuzione, il direttore avrebbe
sicuramente abbassato i prezzi). E’ necessario pensare a tutti i possibili comportamenti
disfunzionali derivanti dal fatto che viene posto un certo tipo di obiettivo.
(obiettivi condivisi dal collaboratore: gli obiettivi vengono comunicati al collaboratore che li
acquisisce e li fa propri; non c’è un processo di negoziazione degli obiettivi)
L’obiettivo per essere motivante dev’essere sfidante; non dev’essere né impossibile né troppo
facile.
Coerenza ed equità nelle ricompense sono due concetti diversi. Coerenza significa che devono
essere premiati maggiormente gli obiettivi più difficili (coerenza complessiva tra la ripartizione delle
componenti del premi e la loro difficoltà). L’equità fa riferimento all’insieme di soggetti; è
fondamentale che il piano di MBO di un soggetto sia equo rispetto a quello di un altro soggetto per
evitare delle situazioni di iniquità che potrebbero rendere demotivante il raggiungimento del piano.
Tipicamente, il soggetto coinvolto nella valutazione delle prestazioni (nel senso di comportamenti)
è il capo diretto (linea gerarchica) che valuta i suoi collaboratori e compila una scheda per ognuno
di loro. Sempre più frequentemente, a questa singola valutazione ne vengono aggiunte delle altre:
• autovalutazione: il collaboratore compila una scheda identica a quella che compila il capo e gli
viene chiesto di dare una valutazione sincera ed onesta sulle proprie capacità e su quanto
ritiene di aver attivato quei comportamenti. In questo modo, nel momento del colloquio di
feedback, è possibile incrociare le due prospettive. E’ un modo per far riflettere il collaboratore
sugli stessi parametri oggetto di valutazione, fornendogli il medesimo strumento per poter
confrontare direttamente le prospettive del capo e del collaboratore;
• colleghi (180°) o anche collaboratori (360°): hanno delle prospettive ulteriori sullo stesso
soggetto che il capo diretto non riesce ad avere (es. possono dire se il soggetto è in grado di
lavorare in team, se è un bravo capo e ha capacità di leadership). E’ necessario proteggere le
valutazioni dei colleghi piuttosto che dei subordinati. La DRU raccoglie tutte le valutazioni da
parte dei colleghi, eliminano la più alta (collusiva) e la più bassa (punitiva) e calcola la media
delle restanti. Lo stesso procedimento viene ripetuto per i collaboratori;
• fornitori;
• clienti interni/esterni.
Le fasi della valutazione delle prestazioni sono:
1. definizione degli obiettivi e dei comportamenti attesi;
2. verifica intermedia;
3. valutazione finale.
In tutti questi processi, è sempre presente l’intervento e l’assistenza della DRU che verifica che
tutto avvenga secondo quanto stabilito (calendario, regole definite, manuale della valutazione che
viene redatto, normalmente, dall’azienda, seguendo una procedura che sia standard e uniforme).
Performance Management
Nel caso di un’azienda multinazionale, il processo e le decisioni della gestione della performance
sono i medesimi, però, ci sono una serie di problematiche ed elementi critici che, in qualche modo,
devono essere tenuti in considerazione.
Da un lato, vi sono più tipi di obiettivi. Gli obiettivi non sono solo globali dell’organizzazione nel suo
complesso, ma anche locali e questi ultimi andranno ad impattare sulla definizione degli oggetti di
valutazione o sui livelli di performance attesa.
Identicamente, il processo potrà prevedere una componente svolta a livello locale e una a livello
remoto (es. la valutazione da parte di alcuni soggetti che sono collocati all’estero potrà essere
condotta dal loro capo in patria).
Le problematiche e le decisioni da prendere riguardano, sostanzialmente, gli stessi aspetti:
• criteri di valutazione: possono essere impliciti o espliciti e possono andare a valutare la persona,
le attività e i risultati;
• scopo: la finalità può essere di sviluppo o di retribuzione;
• tempi;
• ruoli.
Le implicazioni potranno essere sia di carattere individuale su processi di carriera, sviluppo e
formazione proposta che di carattere organizzativo (il fatto di riuscire ad avere una mappatura
complessiva delle prestazioni dell’organizzazione all’interno del proprio sistema di controllo e
pianificazione).
Ci sono delle altre implicazioni più incentrate sulle persone. Le variabili principali che impattano
sulla performance del soggetto che viene collocato all’estero sono:
• pacchetto retributivo: può essere più o meno motivante;
• task svolto: potrebbe essere un task con un elevato livello di responsabilità (es. un
collaboratore potrebbe essere inviato per andare a capo di una sussidiaria, come replicatore di
una struttura, per risolvere dei problemi specifici);
• livello di supporto del quartier generale: il modo in cui il quartier generale ha effettivamente
dato assistenza al processo di espatrio (es. si potrebbe dare una maggiore attenzione agli
aspetti di formazione di carattere interculturale piuttosto che con finalità più rivolte al breve
termine). Il tipo di supporto e di investimento del quartier generale inevitabilmente impatta sulla
performance;
• ambiente: grado di accoglienza dell’ambiente di destinazione (es. il fatto che il soggetto venga
percepito come un supporto di valore piuttosto che come un controllore);
• aggiustamento culturale.
C’è il rischio che si presenti una distorsione tra alcuni tipi di aspettative. In generale,
un’organizzazione ha delle aspettative nei confronti del suo collaboratore (ruolo emesso). Il
collaboratore recepisce le aspettative (ruolo ricevuto). Sulla base del ruolo ricevuto, il collaboratore
avrà un ruolo agito. In questo processo lineare, si possono creare delle distorsioni e dei problemi di
comunicazione. Il primo problema comunicazione è tra ruolo emesso e ruolo ricevuto, mentre il
secondo è tra ruolo ricevuto e ciò che il collaboratore decide di fare. Questo è un problema di
carattere generale, legato a qualunque genere di rapporto interpersonale. In un contesto di
azienda multinazionale, questo problema è aggravato dalla presenza di due tipi di distanza (fisica
e psicologica).
Nel caso del PCN, il soggetto che viene mandato all’estero è caratterizzato da una distanza sia
fisica (dal paese di provenienza) che psicologica (rispetto al paese di destinazione). Non è
presente una distanza psicologica dal paese di origine, per cui il PCN interpreta correttamente la
cultura e le aspettative dell’organizzazione, però si trova in un contesto dove questo passaggio
non è così immediato per via di una distanza psicologica in loco.
L’HCN si trova in una situazione, sostanzialmente, opposta per cui non è caratterizzato tanto da
una distanza fisica rispetto al proprio paese quanto rispetto alla casa madre. Il tipo di distanza
psicologica è esattamente l’opposto di quella del PCN; il tipo di aspettative e il modo in cui
verranno interpretate sarà potenzialmente diverso rispetto al PCN.
Economia e Gestione delle Aziende 37
I criteri di base che devono essere rispettati in ogni scelta di carattere retributivo sono:
• legittimità: non è possibile stabilire discrezionalmente un livello retributivo piuttosto che una
decisione di un pacchetto retributivo. E’ necessario capire che cosa prevedono i contratti (es.
contratto collettivo di lavoro) e rispettare quanto previsto dalla normativa;
• economicità: la retribuzione deve essere condotta secondo un criterio di efficienza (deve
considerare le risorse impiegate e i risultati ottenuti). Deve consentire di valorizzare in modo
corretto il contributo offerto dagli individui;
• competitività verso l’esterno: la retribuzione deve attirare. Possono essere utilizzate indagini
retributive che forniscono un parametro di riferimento. Le indagini retributive sono delle ricerche
realizzate, tipicamente, da società di consulenza che raccolgono informazioni relativamente ai
livelli retributivi che vengono offerti a diverse posizioni per diverse aziende. Le decisioni prese
per rendere competitiva verso l’esterno la propria retribuzione riguardano la leva del livello
retributivo;
• equa internamente: equa tra le persone che lavorano all’interno della stessa organizzazione.
Le scelte di carattere retributivo devono essere percepite come eque. Non ci devono essere
delle iniquità tali per cui i soggetti con maggiore responsabilità guadagnano di meno o soggetti
con meno compiti che guadagnano di più. Per rendere equa la retribuzione si utilizza la
valutazione delle 3P. In questo caso, la leva su cui si andrà a lavorare è la leva della struttura
retributiva.
• sollecitare e riconoscere dei contributi: la retribuzione deve motivare ad agire. In questo
caso, si parla degli strumenti di variabilità retributiva o di incentivazione. La leva che si andrà a
muovere è la leva della dinamica.
Il problema della retribuzione è rappresentato dalla presenza della cosiddetta forbice retributiva
come distanza tra la retribuzione netta e il costo del lavoro. Il lavoratore decide il livello di sforzo da
erogare sulla base della retribuzione netta che percepisce. Tra la retribuzione netta e la
retribuzione lorda ci sono gli oneri fiscali e i contributi previdenziali che sono a carico del
lavoratore. In realtà, l’azienda valuta il contributo del lavoratore sulla base del proprio costo del
lavoro. Alla retribuzione lorda va sommata una componente di oneri fiscali e di contributi
previdenziali a carico dell’azienda. Il lavoratore valuta il proprio impegno e decide quanto erogare,
in termini di impegno, rispetto alla propria retribuzione netta; l’azienda, invece, valuta l’efficienza
della propria struttura retributiva, valutando l’adeguatezza del lavoratore rispetto a quanto le costa
(parametro del costo del lavoro). Una significativa distanza tra il costo del lavoro e la retribuzione
netta rappresenta un problema perché rappresentano due criteri di valutazione da parte del
lavoratore e dell’azienda significativamente diversi. La forbice retributiva viene anche definita
cuneo fiscale. Per cuneo fiscale s’intende la rappresentazione percentuale della forbice retributiva
e che è costituito dall’insieme di oneri fiscali e previdenziali a capo del lavoratore e dell’azienda
rispetto al costo del lavoro.
2. struttura retributiva: riguarda le fasce di retribuzione per le diverse posizioni o per i diversi
livelli di inquadramento. Ci sono dei soggetti che, pur ricoprendo la stessa posizione, hanno dei
livelli diversi di retribuzione (es. diverse anzianità di lavoro, esperienza, competenze).
All’interno di ogni posizione o gruppo di posizioni analoghe, ci saranno dei minimi e dei
massimi che andranno a costituire le fasce retributive che costituiscono la struttura retributiva.
Lo struttura retributiva permette di andare a verificare la dimensione dell’equità interna che
dev’essere garantita.
3. dinamica retributiva: si riferisce al tempo. Ci si aspetta che nel tempo ci sia un andamento
della retribuzione crescente. Si utilizzano gli strumenti che permettono di definire delle
variazioni di tipo salariale che possono essere temporanee o permanenti a seconda del tipo di
variazione salariale a cui si sta facendo riferimento.
International compensation
La retribuzione ha sempre la finalità di attirare, trattenere e motivare. Le componenti di un
pacchetto retributivo per un incarico internazionale sono:
• paga base: tipicamente, rappresenta il parametro di riferimento anche per le altri componenti
rispetto alle quali viene parametrata;
• foreing service inducement (trattamento economico aggiuntivo di sede estera) e hardship
premium (indennità di disagio): la prima è quella componente retributiva che va a compensare
le difficoltà oggettive derivanti dal fatto di lavorare all’estero, mentre la seconda si riferisce a
specifiche situazioni ambientali della località di destinazione (es. una località di destinazione
disagiata rispetto alla località di partenza). Queste due componenti, messe assieme, valgono da
0 a circa il 40% della paga base. Non è obbligatorio che ci siano oppure potrebbe esserci solo
una delle due;
• allowances (indennità): anche queste indennità potrebbero esserci, come non esserci e sono:
- cost of living allowance (indennità di costo della vita): attivata sulla base di indici che
misurano un diverso costo della vita del paese di destinazione. Nel momento in cui nel paese
di destinazione c’è un costo della vita più elevato, si inserisce nel pacchetto anche questo tipo
di indennità in percentuale sulla parte di reddito spendibile. Nella pratica, si prende il 50% del
base salary (reddito spendibile) e lo si riparametra sulla base di un indice di costo della vita
del paese di destinazione;
- housing allowance (indennità di abitazione): può essere resa in termini monetari o fisici (in
natura, tramite l’abitazione stessa);
- home leave allowance: indennità volta a rimborsare all’espatriato i viaggi di rientro periodici
finalizzati a mantenere le relazioni personali (es. riunirsi al nucleo famigliare, rivedere gli
amici);
- education allowance: componente di indennità che serve a coprire il costo degli studi dei figli
che sono stati riallocati;
- relocation allowance (indennità di trasferimento): serve a coprire i costi derivanti dal
trasloco, dalla prima sistemazione del soggetto;
- spouse allowance: quest’indennità fa riferimento al partner dell’espatriato, in termini di
compensazione dell’eventuale reddito perso dovuto al fatto che quel partner si sia dovuto
licenziare o abbia dovuto interrompere la sua attività professionale precedente.
Quest’indennità potrebbe essere erogata in termini di supporto alla ricerca di lavoro;
• benefits.
Il base salary si calcola secondo uno dei seguenti approcci:
1. going rate approach: la retribuzione base dell’espatriato si basa sui livelli salariali pagati nel
paese di destinazione per quel tipo di posizione. Si utilizzano delle indagini retributive, dove
emerge quanto vengono pagati i locali piuttosto che gli altri espatriati già presenti in loco della
stessa nazionalità o di altre nazionalità. La logica è quella di utilizzare queste indagini
retributive per stabilire la retribuzione sulla base di un parametro che è costituito dal paese di
destinazione. Nel caso di paesi con un basso costo della vita, è necessario prevedere degli
incrementi ed integrazioni per andare a compensare la situazione per il paese con un basso
costo della vita. Il vantaggio è quello di favorire l’integrazione della persona dovuta ad una
maggiore equità con i locali, maggiore semplicità nella comunicazione all’espatriato, forte
identificazione con il paese di destinazione, sostanziale equità tra diverse nazionalità (espatriati
di nazionalità diverse che vanno nello stesso paese). L’utilizzo di questo approccio rende
alcune località più attrattive rispetto ad altre (es. se l’espatriato, una volta terminato l’incarico,
viene inviato in un altro paese, potrebbe trovarsi a dover sopportare una differenza
significativa). Potrebbero esserci variazioni tra espatriati della stessa nazionalità in diversi
paesi ed eventuali problemi di rientro;
2. balance sheet approach: il pacchetto retributivo viene basato sull’home country
dell’espatriato. Quando si utilizza quest’approccio, si prende come riferimento la retribuzione
per la posizione equivalente a quella che l’espatriato andrà a ricoprire all’estero che verrebbe
corrisposta nel paese di partenza. E’ possibile definire delle eventuali indennità per correggere
Economia e Gestione delle Aziende 43
Una volta definito il pacchetto, seguendo una delle logiche descritte, è necessario considerare la
dimensione della cosiddetta neutralizzazione fiscale. Nel paese di destinazione, le regole di
imposizione fiscale potrebbero rendere diversamente conveniente un pacchetto, per cui è
necessario neutralizzare gli effetti della variabile fiscale per definire un pacchetto retributivo che
venga percepito come equo per il soggetto destinatario dell’incarico. La logica sottostante alle
politiche di neutralizzazione fiscale è che la tassazione non deve rappresentare uno svantaggio o
un problema per l’espatriato. L’azienda deve tenere l’espatriato indenne dalle regole di tassazione
e contribuzione del paese di destinazione. A tal fine, può essere utilizzata una delle seguenti
politiche di neutralizzazione fiscale:
1. tax equalization: il principio è che la tassazione nel paese di destinazione non deve generare
né danni, ma neppure vantaggi per l’espatriato. L’espatriato sostiene un onere fiscale che è
esattamente uguale a quello che avrebbe sostenuto in patria se avesse continuato a lavorare
con quella mansione nel paese di origine. L’azienda, operativamente, trattiene dallo stipendio
del dipendente l’ammontare di imposte pari a quello che dovrebbe versare e paga le tasse al
posto del dipendente (siano esse maggiori o minori);
2. tax protection: in questo caso, il lavoratore non dovrà sopportare alcun danno dalla diversa
imposizione fiscale, ma potrà, eventualmente, avere dei benefici, qualora questa sia inferiore.
Operativamente, il dipendente verserà le tasse all’estero fino all’importo massimo che avrebbe
pagato in patria. L’eventuale differenza ulteriore viene pagata dall’azienda;
3. gross-net-gross (lordo-netto-lordo) l’azienda, sostanzialmente, parte dal lordo del paese di
origine e calcola la retribuzione annua netta che il soggetto avrebbe percepito.
Successivamente, la retribuzione annua netta del paese di origine viene “lordizzata” rispetto al
paese di destinazione, ovvero viene calcolato il lordo corrispondente nel paese di destinazione
(es. se nel paese di origine la retribuzione annua lorda è pari a 150, è presente una tassazione
complessiva del 50% e la retribuzione annua netta è pari a 75, allora, nel paese di
destinazione, con una percentuale di tassazione e di contribuzione complessiva pari al 25%, la
retribuzione lorda è pari a 100);
4. net guaranteed (netto garantito): si concorda con il collaboratore solamente il netto garantito.
La fase del rientro è una fase dell’incarico stesso proprio perché deve essere pensata e,
potenzialmente, pianificata fin dall’inizio. Se il soggetto che ha condotto l’incarico, quando rientra,
si ritrova ad essere estraneo all’organizzazione, questo non avrà un impatto solo sull’individuo in
sé e sulla sua motivazione, ma anche sugli altri dipendenti dell’azienda che cominceranno a
percepire i percorsi di carriera internazionale come un problema da doversi risolvere da soli
piuttosto che un’opportunità. L’importanza della fase di rientro richiede, innanzitutto, che venga
considerato come una vera fase di tutto il processo, caratterizzata da alcune componenti. In realtà,
nel momento in cui si pianifica il rientro, è necessario svolgere delle attività legate al processo di
rientro ancora prima di iniziare l’incarico. Tutto questo è finalizzato a cercare di favorire non solo il
processo di reintegrazione dell’espatriato all’interno dell’organizzazione, ma anche a limitare gli
effetti del cosiddetto shock culturale inverso. Lo shock culturale inverso è quel tipo di shock
culturale che si verifica quando il soggetto rientra: essendosi abituati ed adattati ad una realtà che
era diversa, nel momento in cui si rientra nella situazione originaria, si viene a creare un identico
problema di adattamento che comporta anche la gestione degli aspetti operativi.
Le attività che devono essere svolte per condurre in modo corretto un processo di rientro sono:
• attività prima della partenza:
1. identificazione dello sponsor (mentore) che ha il ruolo fondamentale di tenere collegato il
soggetto con l’organizzazione nel suo complesso (es. aggiornamento riguardo a novità e a
quello che sta avvenendo nel quartier generale). Lo sponsor dovrebbe essere
responsabilizzato a svolgere questa funzione;
2. definizione dei protocolli di comunicazione: si stabilisce con che frequenza e con che
modalità il collaboratore deve rimanere in contatto con la casa madre. Si tratta di aspetti
operativi che devono essere regolati;
3. definizione del tipo di contatti via web piuttosto che con altri mezzi con cui mantenere un
legame;
Per evitare questa serie di problemi e che l’intero investimento venga disperso, la risposta
dell’azienda deve andare nella direzione della definizione della disponibilità di staff e della
disponibilità nei confronti della gestione della carriera. Innanzitutto, è necessario effettuare una
programmazione degli slot organizzativi che possono essere, successivamente, occupati da quel
Economia e Gestione delle Aziende 47
Gli studi di McClelland degli anni ’60 sono l’origine indiscussa degli studi sulle competenze
individuali. McClelland condusse uno studio sui diplomatici statunitensi all’estero e scoprì che non
c’era una correlazione tra il punteggio che questi soggetti avevano ottenuto nei test di ammissione
per la carriera diplomatica (test psico-attitudinali e di intelligenza) e la loro performance sul campo;
non era vero che i più bravi erano quelli che avevano ottenuto i punteggi più alti nei test di
selezione. McClelland scoprì che la reale performance sul campo è correlata ad un altro insieme di
caratteristiche. Queste caratteristiche sono legate alla sensibilità individuale dei soggetti e ad
una loro migliore capacità di relazione con gli altri (atteggiamento positivo verso gli altri,
apertura alle altre culture, capacità di riconoscere le relazioni di potere).
Identificare le competenze specifiche dei best performers significa condurre il cosiddetto processo
di competency modeling. Il modello delle competenze è l’elenco delle competenze che i soggetti
che erogano delle prestazioni più elevate possiedono significativamente di più rispetto agli altri.
Questo elenco è utile per orientare i processi di selezione, di formazione e gestione della
performance. Le fasi che devono essere seguite per realizzare un processo di competency
modeling che porti alla definizione delle competenze dei best performers sono:
1. scelta dei ruoli da analizzare;
2. definizione di un parametro di performance: si scelgono uno o più criteri rispetto ai quali è
possibile stabilire se un soggetto è best, average o poor performer (es. fatturato generato,
numero di reclami, contenzioso);
3. definizione dei sottocampioni: i soggetti vengono suddivisi in best, average, poor performers
sulla base del criterio di performance stabilito precedentemente;
4. valutazione delle competenze dei sottocampioni: si analizzano le competenze dei best, degli
average e dei poor performers;
5. confronto delle competenze possedute dai diversi gruppi in modo tale da trovare quelle
specifiche che contraddistinguono i best performers;
6. identificazione del modello di competenze: si trova un elenco di competenze possedute
significativamente di più dai best performers rispetto agli altri;
7. validazione del modello: conducendo una nuova analisi su un altro campione di soggetti
comparabili della stessa organizzazione, si dovrebbero trovare gli stessi risultati.
Ci sono alcuni studi che hanno cercato di identificare dei modelli di competenze generali che
valgano per tutte le organizzazioni.
In sintesi, il metodo delle competenze cerca di trasmettere le caratteristiche dei soggetti migliori al
resto dell’organizzazione. Anziché lavorare e andare ad investire sui best performers, è necessario
migliorare gli average e i poor performers.
Spencer & Spencer distinguono più livelli di osservabilità e sviluppabilità delle competenze. Le
competenze ai livelli più alti sono facilmente osservabili e sviluppabili a costi minori e in tempi più
rapidi (conoscenze e skills come “saper fare”). Gli altri tre livelli rilevanti sono:
• immagine di sé: percezione che ha l’individuo delle proprie caratteristiche;
• tratti: caratteristiche individuali più difficili da modificare e legate ad un carattere personale;
• motivazioni: ciò che spinge un soggetto ad agire e lo induce ad attivarsi.
Nel momento della selezione, si osservano più facilmente i primi due.
Non esiste un modello delle competenze generale perché è specifico per ogni ruolo all’interno
della propria azienda. Il modello delle competenze di un certo ruolo della propria organizzazione
sarà diverso da quello di un altro ruolo o dello stesso ruolo all’interno di un’organizzazione diversa.
Le competenze distintive sono quelle che differenziano chi eroga una prestazione superiore;
sono quelle competenze che contraddistinguono i best performers.
Le competenze di soglia sono quelle competenze che sono solamente necessarie per accedere
ad una professione, ma non sono quelle a fare la differenza; sono le competenze che possiedono
gli average performers.
Il focus del modello delle competenze è sulle competenze che fanno la differenza tra prestazioni
eccellenti e medie (competenze distintive). La differenza è più evidente in situazioni critiche; il
reale possesso di una competenza in un individuo non si nota in una situazione standard, bensì in
una situazione critica e al di fuori dalla norma.
Il modello è centrato sul comportamento attivato e sulla competenza ad esso associata, non sulla
prestazione risultato del comportamento.
Classificare le competenze
Le competenze tecnico-specialistiche sono le competenze tipiche di un certo job; sono
necessarie per realizzare un certo specifico job e per accedere a quella professione. Sono
tipicamente competenze di soglia e variano al variare del job.
Le competenze trasversali possono essere attivate in una molteplicità di job diversi. I modelli di
Boyatzis, Spencer & Spencer e Goleman si riferiscono a questo tipo di competenze.
Modello di Boyatzis
Boyatzis identifica ventidue competenze e le raggruppa in tre clusters (competenze realizzative,
interpersonali/relazionali e cognitive). All’interno di ognuna di queste competenze, vengono
descritti i cosiddetti indicatori comportamentali, ovvero i comportamenti che possono essere attivati
dal soggetto che possiede quelle competenze. Se il soggetto è in grado di attivare tutti i
comportamenti di una competenza nelle varie situazioni, allora quell’individuo possiede quella
competenza in modo più completo.
Modello di Goleman
Le competenze vengono distinte sulla base di una logica fondata su competenze legate alla
consapevolezza (al capire) e al gestire (al fare). Queste competenze vengono incrociate con la
dimensione se stessi piuttosto che altri.
Consapevolezza Gestire
L’assessment center è una sessione di valutazione costituita da più prove diverse che vengono
somministrate in una o due giornate ad un gruppo di candidati. La validità più elevata di questo
strumento è dovuta all’additività dei diversi strumenti che permette di cogliere le caratteristiche di
un individuo sotto diversi punti di vista.
Questo strumento penalizza chi possiede livelli di competenza superiori ai requisiti e alle
aspettative per quella mansione perché, nel caso in cui quell’individuo fosse preso, dopo un breve
periodo, desidererà cambiare lavoro perché la mansione gli genererebbe demotivazione.
Da questi quattro modelli di riferimento nasce il modello del self-directed learning. Secondo
questo modello, i soggetti partono dalla differenza tra sé reale e sé ideale e, da questa differenza,
noteranno delle coerenze o congruenze e delle discrepanze. Le congruenze rappresentano i punti
di forza, mentre le discrepanze rappresentano i punti di debolezza. Definendo i punti di forza e di
debolezza, i soggetti definiscono dei piani di azione che derivano da alcuni obiettivi di
apprendimento e sviluppo. I piani di azione richiedono un’azione concreta e una sperimentazione
dei nuovi comportamenti che, inizialmente, è meglio se avvengono in contesti protetti dove se si
sbaglia non succede niente. Alla base di questo modello, si viene a creare un circolo per cui, dopo
aver messo in pratica i nuovi comportamenti, è possibile osservare se il gap tra sé reale e sé
ideale è stato colmato. In generale, il processo di formazione basato secondo l’approccio delle
competenze richiede che si identifichi prima di tutto il modello e che poi si vadano ad identificare i
fabbisogni formativi effettivi. Come per la selezione, anche in questo caso è necessario partire dal
modello delle competenze. E’ necessario fare un’analisi dei fabbisogni che prenda come
riferimento un modello delle competenze e che non sia generale. Se si vanno a sviluppare le
competenze del modello delle competenze, si ottiene un beneficio in termini di spostamento della
curva di performance.