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Manuale che propone una storia d’Europa che non prevede un’alternanza fra capitoli e
paragrafi generali e poi sull’Italia ma si calano le singole storie nazionali nel quadro più
ampio della storia europea, di tutta l’Europa, non incentrata solo su i paesi principali
anche se naturalmente ci saranno paesi che per l’importanza delle vicende che hanno
vissuto, per il carattere di guida che hanno avuto e dell’esemplarità delle vicende
saranno più centrali (Germania).
Seconda metà del Novecento è una “terra di nessuno”.
Duplice livello: res gestae (azioni compiute da uomini e donne nel passato) e la historia
rearum gestarum (il restoconto, la scrittura delle res gestae).
Relativamente alla seconda accezione parliamo di storiografia, cioè scrittura della storia.
Rapporto fra passato e presente
La storia studia il passato ma è molto importante comprendere che non ci interessa il
passato escluso dai rapporti con il presente, anzi. Si cercano conoscenze, chiavi di lettura
per operare non nel passato, dove non si può operare, ma nel presente.
SEGUIRE CON GRANDE ATTENZIONE L’ATTUALITA’ POLITICA, ECONOMICA E
CULTURALE.
Storia contemporanea: fase storica in cui ancora viviamo, in cui stiamo attualmente.
Ha inizio quando i problemi che sono attuali oggi assumono una loro fisionomia, cioè
quando emergono i problemi dell’oggi (Joffrey B.).
Periodizzazione: suddividere il passato in segmenti cronologici omogenei dotati ciascuno
di caratteristiche proprie che li distinguono degli altri.
Quando posso dire che c’è una cesura? Cioè quando posso dire che finisce un’epoca e
ne inizia un’altra? (rivoluzione francese).
La periodizzazione serve per organizzare il flusso del tempo dandogli un significato,
dando un senso al passato. Infatti la periodizzazione ha sempre una valenza
interpretativa.
Fine Settecento: rivoluzione americana, rivoluzione industriale e rivoluzione francese.
Con la rivoluzione francese entriamo nella grande stagione delle rivoluzioni borghesi,
segna il passaggio dalla monarchia di diritto divino alla democrazia, alla sovranità
popolare, inversione nella visione della politica e dei fondamenti stessi del potere.
Eric Hobsbawm: quattro libri su Otto e Novecento, di cui tre sull’Ottocento considerato
un secolo lungo perché lo fa iniziare nel 1789 e lo fa concludere con lo scoppio della
Prima Guerra Mondiale, e uno per il Novecento L’età degli estremi di cui il sottotitolo Il
secolo breve è diventato famoso, perché primo il libro esce nel 1994, quando il secolo
non era ancora finito, ma perché lo fa finire? Perché per lui il secolo inizia nel 1914
(cesura) e finisce nel 1991 con la fine dell’Unione Sovietica e si chiude la grande parabola
del comunismo sovietico iniziata con la rivoluzione russa nella Prima Guerra Mondiale.
Questo ci fa capire che non necessariamente i secoli durando cento anni perché sono
sistemi interpretativi per dare ordine e senso.
L’ascesa del socialismo fu importante anche perché ebbe degli effetti significativi
sull’evoluzione generale dei sistemi politici e dei paesi. Non è un caso che all’inizio del
Novecento, anche se in modo molto diverso, nei vari paesi furono introdotti
provvedimenti riguardanti i lavoratori (norme di carattere sociale, come assicurazioni,
regolamentazione dell’orario di lavoro, pensioni, diritto allo sciopero etc…) volti ad
alleviare le dure condizioni di lavoro. Tutto questo viene fatto ovviamente per effetto del
crescere del movimento lavorativo (dimensione di massa dell’inizio del Novecento).
Un aspetto importante da questo punto di vista è quello dell’allargamento della
cittadinanza politica che passa per un ampliamento del diritto di voto: nei primi due
decenni del Novecento il diritto di voto viene esteso a settori della popolazione che
prima ne erano privi e si va verso il suffragio universale maschile (molti paesi prima della
guerra mondiale). Le donne rimanevano quasi ovunque escluse dalla cittadinanza
politica: movimenti di donne (prima di tutto in UK e poi anche in USA) che rivendicano il
diritto di voto, definite “suffragette”. I primi paesi a riconoscere il diritto di voto alle
donne furono paesi nordici, scandinavi, ma la Gran Bretagna fu il primo dei “grandi”
paesi. Questo perché si tendeva a ricondurre la donna alla sfera privata, incapace di
prendere una decisione responsabile e informata e di partecipare alla vita cittadina
politica, e l’uomo alla sfera pubblica.
Nazionalizzazione delle masse
The nationalization of the masses di George L. Mosse, anni ‘70: (fotografia di una scena
di un corteo storico in costume).
I governi e le élite politiche si pongono come obiettivo di integrare le masse nella
nazione: la nazione non è un qualcosa che esiste in natura, è una comunità di persone
pensata come tale, c’è bisogno che le persone si pensino come nazione, sentano di
appartenere a una comunità umana (dipendente da varie fattori).
Strumenti che furono utilizzati per farlo:
• rafforzare le tradizioni e l’identificazione di un passato comune e unitario
(cerimonie, parate, feste etc...)
• identificazione per differenza (nemico)
• monumenti: per tramandare una certa idea di passato (Volkerschlactdenkmal,
Lipsia: inaugurazione di un monumento per celebrare i caduti, cripta, che
sconfissero le armate napoleoniche, inizio ‘900, costruito sulla vittoria di un
nemico)
• dimensione del coinvolgimento emotivo
• scuola (geografia nazionale, lingua nazionale, storia nazionale)
• esercito nazionale e leva obbligatoria (cittadini e contadini vengono messi
insieme, gli viene fatto passare un lungo tempo insieme e vengono educati non
solo alla disciplina militare ma anche a quella nazionale)
Forme di nazionalizzazione delle masse: forma che parte dalle istituzioni, dell’élite verso
la società, proiezione dell’alto verso il basso. Ma questa è solo una parte: esiste anche il
nazionalismo dal basso, ovvero che vengono da movimenti e associazioni nazionaliste
(lega pantedesca 1914, “lo spazio della nazione di estende fin dove arriva l’eco della voce
tedesca). Questo tipo di nazionalismo è espansionistico, ideologico e aggressivo anche
perché siamo all’apice della espansione europea nel mondo (1914 l’Africa e l’Asia sono
quasi completamente colonizzate dalle potenze europee).
Corsa coloniale: non solo i paesi che hanno una lunga tradizione di colonizzazione alle
spalle ma quasi ogni paese europeo (anche l’Italia che è un paese appena nato, 1861).
Pascoli (pro alla guerra in Libia) parla dell’Italia come la grande proletaria: tante bocche
da sfamare, tanta prole. Ci troviamo nell’età della grande migrazione verso le Americhe
e la retorica nazionalista che Pascoli sposa è quella appunto della grande proletaria che
si è mossa per andare a conquistare la Libia, per lavorare lì, perché appartiene agli
Italiani: nazionalismo imperialista, si pone in una posizione di superiorità per cui il popolo
italiano ha il dovere di andare a “civilizzare” una popolazione “incivile” (gerarchia dei
popoli), idea che l’Italia, martire e solo da poco risorta (unità), sia soffocata. Diritto –
dovere all’impero e alle colonie.
Ovviamente nelle colonie l’estensione della cittadinanza non vale, anzi, i colonizzati sono
“sudditi”, non “cittadini”.
Il villaggio senegalese all’Esposizione universale di Liegi, 1905: analogia con lo zoo,
questo genere di rappresentazioni era molto comune nelle esposizioni, definiti
comunemente “zoo umani”. Questo ci suggerisce una forte e grande disparità nel senso
di una linea divisoria fra chi guarda, che è civilizzato, e chi viene guardato, che è
indigeno, indietro su una scala evolutiva, inferiore.
Razzismo come componente cruciale e importante per comprendere il colonialismo
europeo, ci fa capire anche perché nelle colonie gli europei si sentono in diritto di tenere
certi tipi di comportamenti che nel loro paese non tengono (primi campi di sterminio
etc…).
Corsa all’imperialismo: produce contese (Lenin).
Area dei Balcani: zona in cui ci furono tantissime tensioni (focolaio balcanico). In questi
anni si combattono diverse guerre che sono il frutto di diverse rivalità e contese per il
controllo di quell’area. L’elemento fondamentale è quello della crisi dell’impero
ottomano, perché fino alla fine dell’Ottocento gli ottomani controllano una buona parte
dei Balcani ma che, vivendo una crisi profonda, lascia sviluppare nel territorio balcanico
dei sentimenti nazionalisti. In tutto ciò si innestano dei contrasti fra paesi europei,
specialmente fra l’Austria – Ungheria e la Russia, grande sostenitrice della Serbia. Queste
guerre (1912-1913) portano alla perdita da parte degli ottomani di quasi tutti i
possedimenti che avevano in Europa e in quegli spazi si creano le tensioni per la loro
conquista.
In Europa, alla vigilia della I Guerra Mondale, sono compresenti (si contrappongono) due
sistemi di alleanze: Triplice alleanza (Italia, impero austro-ungarico e Germania) e Triplice
Intesa (Russia, Gran Bretagna e Francia).
È uno scenario caratterizzato da: sistema delle alleanza, aspetto del nazionalismo
aggressivo, militarista ed espansionistico, aspetto del focolaio balcanico, l’idea che la
guerra sia una cosa positiva (per “smuovere le acque” e ritornare a una situazione più
autentica sociale e politica), dovrebbe essere una guerra che serve a conseguire gli
obiettivi nazionali e sopratutto una guerra veloce, breve, anche una minaccia (politici e
capi stato della prima guerra mondiale come sleepworkers, sonnambuli incoscienti di a
cosa stanno andando in contro).
Anni Trenta: anni di forte destabilizzazione in cui l’Europa visse una crisi, in primo luogo
economica, anche politica che scosse fino alle fondamenta gli equilibri e gli assetti
europei sfociando nel nuovo baratro della II Guerra Mondiale.
Grande Crisi del ‘29
Gli anni Venti si chiudono con la cosiddetta Grande Crisi economica: autunno del 1929 si
ha un crollo finanziario alla borsa di New York (Wall Street) dove di registra una
fortissima diminuzione dei titoli azionari. Questo evento che riguarda appunto la finanza
sia americana ma anche internazionale essendo gli USA la principale potenza economica
mondiale, produce degli effetti molto ampi e profondi perché non rimane confinato nella
sfera finanziaria della borsa ma si ripercuote sull’economia di molti altri paesi e
sull’economia internazionale.
La riduzione nella capacità d’acquisto genera una serie di situazioni concatenate che
portano a minore vendita, minore consumazione e minore occupazione (aumento di
disoccupazione).
Perché questa crisi economica americana riguarda anche l’Europa?
• sempre più stretta interconnessione economica al livello internazionale che si era
sviluppata nei decenni prima della Grande Guerra (fase di globalizzazione)
Il crollo della borsa di Wall Street è sicuramente una causa della crisi finanziaria ma non
nasce dal nulla, è il prodotto di una serie di squilibri nell’economia che erano nati in
quegli anni: sviluppo della produzione aveva oltrepassato le possibilità che i mercati
avevano di assorbirla, c’era stata una grossa crescita della produzione rispetto alla
capacità di acquisto (sovrapproduzione). Questo non toglie che l’evento dell’Ottobre del
‘29 gioca un ruolo decisivo.
Questo porta a una notevole riduzione dei prezzi, dell’occupazione e degli acquisti.
Di questa crisi soffrono quasi tutti i paesi più avanzati anche se non tutti nella stessa
misura: quelli maggiormente colpiti sono stati quelli che erano usciti peggio dalla Grande
Guerra, ovvero quelli che avevano perso.
Germania: il fenomeno della disoccupazione diventa di massa, tra i 6 e gli 8 milioni di
disoccupati fra gli anni Trenta.
Unione Sovietica: fuori dalle reti dell’economia internazionale e per questo non ne risentì,
non avendo un’economia capitalista ma socialista. Pochissimi paesi non furono toccati da
questa crisi.
Conseguenze sociali molto forti: ripercussioni sulla disoccupazione, per questo è anche
una crisi sociale oltre che economica e finanziaria.
Così l’Europa si ritrova a dover fare i conti con le prospettive e perde fiducia nel futuro.
Aspetto importante: come i paesi affrontano questa crisi con le politiche economiche che
mettono in campo.
Processo di deglobalizzazione dell’economia: si allentano o si interrompono quelle
relazioni economiche fra paesi e continenti.
In una prima fase ogni paese reagisce con politiche di stampo protezionistico limitando
le importazioni dall’estero per favorire lo sviluppo della produzione e commercio
nazionale. Questo ovviamente produce una forte contrazione del commercio
internazionale: diminuisce il commercio di beni e anche la circolazione di capitali.
Un altro aspetto rilevante della crisi è il crollo del sistema monetario internazionale, in
particolare la crisi del gold standard, cioè un sistema monetario internazionale che
legava il valore delle monete dei vari paesi al valore dell’oro per assicurare una stabilità
nei rapporti di cambio tra le varie monete. Questo serviva a favorire il commercio
internazionale, le transazioni, investimenti etc… portava una stabilità nei cambi fra le
monete. Il problema sta nel fatto che il gold standard non permette di svalutare la
moneta, presuppone che la quantità di moneta che un paese mette in circolazione
corrisponda alle riserve di oro che il paese possiede.
Così i paesi iniziano a lasciare il gold standard, anche il UK che era il paese cardine,
svalutando la sterlina, producendo un effetto domino, altri paesi a loro volta lasciano il
gold standard e svalutano le proprie monete creando un circolo vizioso aggravando
ulteriormente l’economia internazionale.
Il fatto fondamentale, che è appunto caratteristico del protezionismo, è che ogni paese
pensa a sé, pensa a proteggere sé stesso uscendo da ogni sistema internazionale.
In questo modo si disgrega ufficialmente il sistema economico internazionale in una serie
di aree economiche distinte e chiuse.
Le potenze coloniali tendono a costruire ciascuno il proprio blocco chiuso rafforzando i
rapporti economici all’interno del proprio blocco (potenza coloniale e colonie) isolandosi
dagli altri.
Livello delle politiche economiche interne
Due fasi:
• risposte di stampo tradizionale: ci si affida a una tradizionale fiducia nel mercato,
si pensa che i meccanismi del mercato porteranno da sé a un miglioramento della
situazione e a uno spontaneo riequilibrio del sistema, cioè attraverso il libero
mercato, ma sopratutto attraverso il pareggio del bilancio, inizialmente cercarono
anche di attenersi al gold standard.
Se la produzione cala, se i livelli d’occupazione calano, se i redditi diminuiscono
calano anche l’entrate dello Stato, che vengono dalla tassazione, e quindi devono
calare anche le spese pubbliche, e quindi anche la quantità di dipendenti statali il
che riporta al calo di occupazione, che porta in un circolo vizioso
• altre soluzioni (1932-1933), più innovative, visto che si era capito che le soluzioni
più tradizionali non risolvevano la situazione. Si mette in campo il ruolo dello
Stato, maggiore intervento pubblico nell’economia. Aumento della spesa
pubblica: in una situazione di crisi deve intervenire lo Stato nell’economia e per
intervenire deve spendere anche in deficit, se le entrate calano le uscite devono
aumentare, lo Stato deve indebitarsi, deve eventualmente stampare nuova
moneta cercando di rilanciare l’economia, la produzione. Deve cercare di
alimentare la ripresa, di favorire la ripresa, aumentare i posti di lavoro favorendo
l’occupazione etc… spesa pubblica come traino della ripresa.
John Maynard Keynes:
intervento molto lungimirante denunciando quelle che vedeva come conseguenze
economiche della pace, le condizioni punitive per la Germania avrebbero generato
conseguenze importanti di risentimento. È un economista britannico molto importante
per le teorie macroeconomiche: per sostenere l’economia soprattutto in un momento di
crisi deve intervenire lo Stato che deve sostenere la produzione, gli investimenti e
l’occupazione.
Nesso con il New Deal: nuova politica economica che viene adottata negli USA dal
presidente Roosvelt (1932), che rappresenta il modello economico più emblematico
riguardo appunto l’intervento pubblico nell’economia. Dal 1932-1933 in poi moltissimi
paesi (anche europei) seguirono la politica di Roosvelt con stampo keynesiano (si parla
anche di New Deal Europeo).
In realtà il carattere di novità di questo sistema economico è forte però bisogna esentare
l’esperienza della I Guerra Mondiale, dove lo Stato prende prepotentemente il controllo
dell’economia.
Crisi politica
Due grandi aspetti:
• crisi della democrazia: i sistemi democratici e la democrazia come modello
politico, che già entrava in crisi negli anni Venti, vive il suo periodo più buio, gran
parte dei paesi abbandonano il modello democratico. Questo perché la
democrazia sembra non offrire delle risposte efficace ai vari problemi dei vari
paesi, sembra presentare dei grandi limiti, legati alla frammentazione politica, alla
difficoltà di creare governi stabili in un quadro di forte ideologizzazione e
radicalizzazione della politica (invocazione di un governo forte, di coesione
politica)
Germania
Crisi della RUR.
Colpo di stato di estrema destra (nazisti ed Hitler). Hitler condannato a una pena
detentiva di cui ne sconterà solo una parte. Durante gli anni in carcere scrisse il Mein
Kampf (la mia battaglia), libro che esce negli anni Venti in cui Hitler illustra i suoi ideali, è
una sorta di autobiografia politica, tra cui due caratteri fondamentali:
• antisemitismo biologico (pilastro del programma nazista sia dalle origini)
• spazio vitale: visione di politica estera, dove Hitler reclamava il diritto d’estensione
della Germania, penalizzata al trattato e privata del naturale sbocco delle
necessità vitali del popolo tedesco rappresentato dai territori dell’Europa Orientale
che secondo lui spettavano ai tedeschi in quanto razza forte e superiore e quindi
avevano diritto ad appropriarsene
La crescita della crisi porta ad un aumento esponenziale dei consensi del partito nazista
che sembra dare una prospettiva di una grande Germania che doveva, secondo loro,
affrontare i nemici esterni ed interni e questo faceva molta presa sul popolo.
Questo porta Hitler a diventare cancelliere nel 1933 e nel giro di pochi mesi instaura un
regime dittatoriale concentrando in sé i pieni poteri, nel 1940 diventa capo dello Stato
(concentra in sé le due cariche politiche principali), mette fuori i due altri partiti, abolisce
la libertà d’espressione e di stampa. La figura a cui Hitler guarda come un esempio è
proprio Mussolini ma ci mette molto di meno (meno di un anno e mezzo), mentre i
fascisti ci mettono molto di più.
Nascita del Terzo Reich: terzo impero tedesco perché secondo Hitler e i suoi raccoglie il
primo (romano-germanico) e il secondo (guglielmesco crollato con la I guerra mondiale).
Presenta caratteri che ricordano il regime fascista italiano: regime in cui la popolazione
viene inquadrata iniziando dai giovani (Hitlerjugend), reclutare ragazzi e ragazze.
Propaganda ebbe un ruolo importante anche per il nazismo: mezzi di comunicazione di
massa, la massa è importantissima per Hitler.
Dachau: primo campo di concentramento: qui vengono rinchiusi gli “oppositori” costretti
al lavoro forzato, per reprimere le opposizioni.
Nell’ideologia nazista era fondamentale ches la comunità nazionale che fosse
espressione della superiorità razziale tedesca e quindi la comunità nazionale doveva
essere il più possibile organica, coesa e pura, depurata dagli elementi estranei.
I nazisti identificavano gli ebrei con i comunisti, come costruttori dell’Unione Sovietica
comunista. Raffigurazione che lega l’ebreo al comunismo e al capitalismo finanziario:
mette insieme gli opposti concentrandoli nella costruzione di un nemico assoluto.
Quello nazismo non è un anti-giudaismo o un semplice antisemitismo ma un
antisemitismo biologico: razza, popolo senza stato e costituiscono un agente patogeno
che va ad aggredire il corpo sano di una nazione e ne prosciuga la linfa vitale.
Ovviamente non solo gli ebrei erano considerati nemici: disabili come costo insostenibile,
malattie mentali, malati ereditari costituiscono una minaccia per la comunità di popolo
da neutralizzare. Inizialmente venivano rinchiusi così da non farli riprodurre, passando
poi alla sterilizzazione forzata arrivando a una campagna di eutanasia (azione t4).
Unione Sovietica
Negli anni Trenta (Stalin) si ha una grande innovazione sociale imposta dal governo
sovietico:
• collettivizzazione agricola: vengono creati i , cioè delle fattorie in cui i contadini
sono costretti a mettere insieme le terre, gli attrezzi, gli animali etc…, vengono
dotati di macchine. È una forma di modernizzazione dell’agricoltura imposta
• abbandono della NEP da parte di Stalin: imboccare la strada della
collettivizzazione agricola, non c’è più spazio per i contadini che si sono arricchiti
con la NEP (culachi), viene lanciata una linea di “deculachizzazione”
• programma di industrializzazione forzata, pianificata (piani quinquennali) del
paese gestita dallo Stato in tutto e per tutto
• modernizzazione e crescita dell’economia sovietica ottenuta però con metodi
spicci e brutali: ogni oppositore (anche sospettato) veniva rimosso nel senso che
veniva deportato nei capi di lavoro del Gulag: ideologia di rieducazione attraverso
il lavoro, coloro che si opponevano dovevano essere rieducati attraverso il lavoro
forzato (condizioni molto ostiche)
• forgiare una nuova società: società autenticamente socialista
Questo porta a un grande livello di mobilitazione operaia che porta a contribuire alla
costruzione di questo paese modernizzato socialista.
Storiografia e interpretazioni
Soprattutto negli anni Trenta abbiamo regimi politici dittatoriali che non solo si basano
sulla limitazione della libertà, sulla repressione, insomma su un tipo di controllo “in
negativo” ma sono anche sistemi politici che cercano l’adesione e il coinvolgimento della
società nel progetto politico che il governo impone alla società stessa.
Sono molto diversi (nazismo, fascismo, stalinismo) ma hanno anche delle cose in comuni:
• ruolo dell’ideologia molto forte, anche se diverse fra loro
• leader, capo che è una figura molto forte, carismatica, culto del leader
• istituzione di organizzazioni nelle quali vengono inquadrate le masse popolari
• obiettivo di sollecitare l’adesione politica della società, creare una nuova società,
trasformarla al livello di valori, di mentalità, di stili di vita, di visione del mondo
Alla luce di queste analogie si è fatto ricorso al concetto di totalitarismo: idea di
esercitare una presa sociale sulla società, penetrare anche nella sfera privata (cambiare
modo di pensare, di vivere).
Oltre la categoria di totalitarismo si è fatto ricorso a un’altra etichetta per non appiattire
le differenze ma lasciando al centro il carattere di coinvolgimento di masse, il rapporto
diretto fra dittatore e masse, che serve comunque a distinguere queste dittature da
quelle più tradizionali che si sviluppano negli stessi anni in Europa: dittatura di massa.
Guerra razziale: per chi la interpretava dal punto di vista ideologico era una guerra fra
razze.
Il Terzo Reich contemplava dei piani per ridisegnare l’Europa (centro-orientale) sotto il
profilo della composizione etnica.
Rimpatriare le persone di razza ariana che vivevano in Europa orientale, dovevano
essere riportati nel grande Reich. Inoltre i Tedeschi avrebbero dovuto colonizzare
l’Europa orientale e facendo questo avrebbero dovuto rimuovere gli “elementi” impuri
(ebrei, slavi etc…).
Polonia: nella parte occidentale annessa vengono sistemati i Tedeschi etnici (gli vengono
date terre, case, risorse) mentre i Polacchi vengono spostati verso Est (idea di spostare i
gruppi etnici per ridefinire la struttura demografica dei territori sulla base di un’idea che
è gerarchizzazione e per dare le migliori condizioni di vita ai tedeschi, così i meno
desiderati vengono spostati “il più lontano possibile”).
Politiche antisemite
Gli ebrei occupavano il gradino più basso nella visione gerarchica delle classi. In questi
anni di guerra, quindi, l’idea dei tedeschi è di collocarli in una riserva, concentrarli in una
determinata area, il più remota possibile.
In questa prima fase eliminare la minaccia significa allontanarli, spostarli il più lontano
possibile (progetto Madagascar).
Si inizia a concentrare questi ebrei in particolari zone delle città, in modo tale di averli
tutti sotto controllo, concentrati, chiamate ghetti. Queste operazioni anti - ebraiche sono
parte, essenziale, di un progetto molto più ampio.
Questo progetto entra in una nuova fase con l’attacco all’URSS perché:
• innanzi tutto i tedeschi invadono zone in cui ci sono tantissimi ebrei e quindi il
numero da gestire sale
• dopo pochi mesi l’avanzata tedesca viene bloccata e così devono abbandonare i
progetti di costituire una riserva ebraica in Siberia o comunque nei posti più
remoti della Russia
• gli ebrei sovietici sono dai nazisti considerati ancora peggiori (sono anche
bolscevichi, hanno saputo impossessarsi dello stato)
Per questa ragione la “soluzione finale” della questione ebraica cambia del tutto:
l’allontanamento diventa, attraverso una serie di passaggi, nel 1941 eliminazione,
annientamento.
Questo avviene inizialmente attraverso il metodo della fucilazione (venivano portati fuori
dai borghi o dai villaggi, gli facevano scavare le buche e poi li uccidevano), in questo
modo vennero uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei. Il massacro più noto avviene a
Kiev, in Ucraina in cui in una sola giornata vengono fucilati più di 30 mila ebrei.
Questo tipo di massacro però porta delle controindicazioni molto forti: servono molte
persone per andare a prendere gli ebrei, portarli fuori città, per ucciderli, controllare che
nessuno scappi etc…, prendeva molto tempo e poi primo sono molto visibili questi
massacri (si vede sparire la popolazione, si diffonde la voce, le fosse comuni etc…),
secondo le operazioni sono logoranti per chi le compie, cioè gli stessi operatori iniziano
dopo un po’ ad accusare degli evidenti sintomi di logoramento psicologico.
Così, per semplificare, si passa alla modalità che prevede la costruzione dei campi di
sterminio (maggior parte in Polonia): l’idea è che non si dovevano andare a cercare gli
ebrei in giro per i territori e ucciderli localmente ma concentrarli in dei campi di
sterminio, magari previo di uno sfruttamento, ma venivano portati per essere messi a
morte con il sistema delle camere a gas (distaccato, “pulito”, impersonale). Più tardi si
aggiungeranno i forni crematori.
I capi di sterminio sono delle fabbriche della morte: uccidere in maniera industriale.
Inoltre è uno sterminio anche burocratizzato: gestione amministrativa fatta da impiegati
che conduce le persone nelle camere a gas, fanno il loro lavoro.
Le persecuzioni razziali non riguardano solo gli ebrei, anche se sia ideologicamente sia
numericamente furono i più perseguitati (6 milioni di ebrei uccisi nella Shoa), non
bisogna scordarsi però degli altri, come i Sinti e i Rohm.
Dimensione europea dello sterminio: da un lato il progetto di estirpare la razza ebraica,
e le altre non ariane, dall’Europa, ma non è una storia europea solo sul versante delle
vittime ma anche su quella dei carnefici infatti furono tantissimi i non tedeschi che
collaborarono e furono anche delle organizzazioni non filo – naziste (repubblica sociale
italiana).
In che misura si è trattati di barbarie: se con questo termine intendiamo qualcosa che
non fa parte della nostra civiltà che viene dall’esterno rischiamo di avere una prospettiva
sbagliata perché in realtà lo sterminio non fu una ricaduta nelle barbarie (solo per il fatto
che fu ripugnante) ma fu un prodotto della civiltà europea, uno dei molti della modernità
occidentale, non fu una parentesi, fu una delle forme assunte dalla modernità otto –
novecentesca perché le sue componenti fanno parte della storia dell’Europa, più in
generale dell’Occidente, come il razzismo, antisemitismo, l’idea che ci siano delle razze
superiori che è normale che si impongano, la violenza e la repressione, il carattere
burocratico ed industriale, sono tutti elementi che sono nelle nostre radici culturali.
La guerra si conclude nel Maggio del 1945 con la sconfitta e il crollo dei regimi fascisti
(Terzo Reich, fascismo repubblicano) e con la morte dei loro capi (Hitler si suicida,
Mussolini viene identificato mentre cercava di scappare). La guerra si protrasse per pochi
mesi (Agosto 1945 bomba nucleare su Hiroshima e Nagasaki).
Negli anni Cinquanta abbiamo una forte egemonia moderata in tutta l’Europa
Occidentale: nell’UK si passa dai laburisti ai conservatori, in Germania o Italia si afferma il
governo dei partiti democristiani. Sono gli anni in cui non si vogliono fare esperimenti,
ne di destra ne di sinistra, gli equilibri politici si spostano al centro, quindi si ha una
stabilizzazione moderata della politica.
Fine dell’era Europea: l’Europa non è più il soggetto ma l’oggetto di contesa, non
determina più l’assetto internazionale, ora i primi attori sono extra-europei.
Firma internazionale nel 1945 della Carta dell’ONU (organizzazione delle nazioni unite) a
San Francisco, erede della società delle Nazioni che nasce con l’obiettivo di mantenere la
pace, di garantire un nuovo ordine internazionale, di favorire la risoluzione pacifica,
forme di cooperazione, una forma di dialogo fra le nazioni etc…
1944 conferenza di Bretton Woods: uno degli incontri proposti dagli USA in cui giocano
un ruolo molto importante dove si pongono le basi di un nuovo ordine economico
internazionale, si prendono una serie di accordi che riguardano il sistema monetario
internazionale prevedendo che il dollaro americano che è diventata ormai la moneta di
riferimento per gli scambi internazionali, fosse convertibile in oro secondo valori
prefissati e che le altre monete fossero agganciate al dollaro in un sistema di cambi fissi,
cioè che i cambi fra le varie monete fossero cambi fissi e che la garanzia di questo
sistema fosse la convertibilità dell’oro (Gold Standard non più incentrato sulla sterlina
britannica ma sul dollaro americano).
Inoltre vengono istituiti il fondo monetario internazionale, che doveva garantire appunto
questo sistema di cambi stabili con interventi monetari e una banca mondiale che
doveva fornire capitali per la ricostruzione e lo sviluppo ai paesi che ne facessero
richiesta.
Movimento indiano (Gandhi): uno dei più importanti movimenti del periodo, forti valori
tradizionali legati alle culture indiane, disobbedienza popolare, pacifista. Marcia del sale:
Gandhi e i suoi seguaci percorsero alcune centinaia di chilometri lungo la costa
raccogliendo del sale per protestare contro il monopolio britannico del sale,
disobbedendo in modo non violento, sfidando l’ordine imperiale. Gli obiettivi erano che
gli stessi Britannici si accorgessero dell’assurdità del loro dominio.
La vicenda indiana è cruciale perché l’India era il possedimento più prolifero e
strategicamente più importante nel quadro dell’impero britannico.
Tra gli anni 30 e 40 i Britannici decidono che non sono più in grado di tenere l’India: nel
1947 il governo inglese decide di dare l’indipendenza. L’India è divisa in due: unione
indiana e Pakistan perché si sviluppò un forte conflitto fra la componente maggioritaria
della popolazione (indù) e la minoranza (musulmana) concentrata in Pakistan.
Fu un processo molto complicato, si ebbe una “pulizia etnica” nel senso che gli indù
furono spinti verso l’India mentre i musulmani in Pakistan, con flussi di migranti con
esplosioni di violenza etnica da entrambe le parti (anche Gandhi fu vittima da un
estremista indù che considerava troppo “morbido” verso i musulmani).
Un altro possedimento coloniale importante era quello della penisola indocinese: i
Francesi qui non sono disposti a concedere l’indipendenza e quindi si impegnano in una
lunga guerra contro il Vietminh (movimento armato indipendentista) che si conclude nel
1954 che si conclude con la vittoria degli indipendentisti, la sconfitta della Francia che
deve concedere l’indipendenza al Vietnam (Hus e Cambogia).
Il Vietminh è guidato dai comunisti, sostenuto dai sovietici e poi anche dalla Cina
comunista e poi quest’area diventerà un fronte molto caldo per la Guerra Fredda.
Medio Oriente: diviso fra territori francesi e territori britannici. Diventano stati
indipendenti. Una vicenda particolarmente significativa che riguarda in particolare l’area
della Palestina è la nascita dello stato di Israele, fondato nella primavera del 48 fondato
dagli immigrati ebrei che da vari decenni si erano trasferiti in Palestina e che
naturalmente vi erano affluiti in numeri maggiori dopo la II Guerra Mondiali per ovvie
ragioni, sulla scia della Shoa. Gli ebrei considerano la Palestina come la terra dove il
popolo antico è nato, dove si è formata l’identità sociale, religiosa e politica del popolo
ebraico.
David Ben-Gurion fa un discorso nel 1948, dichiarando la nascita dello stato di Israele,
facendo riferimento a Theodor Herzl: fondatore, nella fine dell’800, del sionismo secondo
la quale gli ebrei hanno diritto come tutti gli altri popoli di dare vita a un proprio stato
nazionale.
Verso gli Arabi, che vivevano in Palestina, fa appello perché mantenga la pace e
partecipi alla costruzione dello Stato. Da un lato, in questo momento, i paesi arabi
circostanti lo attaccano e scatenano la prima guerra arabo-israeliani, dopo una serie di
guerre che vengono vinte da Israele che amplia anche i suoi territori, dalle parole di Ben-
Gurion nasce un problema di fondo: si proclama la nascita di uno stato ebraico, cioè
degli ebrei, su un territorio in cui vivono anche palestinesi-arabi e da un lato con uguale
cittadinanza da ma dall’altro si tratta dello stato degli ebrei. Qui emergono aspetti
problematici che segneranno la storia del Medio Oriente e non solo fino ai giorni nostri.
Africa: quasi tutta colonizzata, una delle vicende più importanti è quella dell’Algeria.
L’Algeria viene conquistata dai Francesi nel 1830 nel senso che fa parte del territorio
francesi (non è una colonia), in cui ci sono molti Francesi. Per queste ragioni la
decolonizzazione dell’Algeria è molto complessa e traumatica per la Francia: anche in
Algeria si sviluppa un movimento armato indipendentista che per anni si scontra con le
forze francesi in una guerra (che i Francesi non riconoscono come guerra perché non
vogliono riconoscere la legittimità del nemico) violenta, sporca, fatta di massacri, torture,
deportazioni, eventi e scontri molto noti tra cui la celeberrima battaglia di Algeri. È una
vicenda che logora la società, oltre che il sistema politico, francese. Per risolvere una
guerra così tormentata viene richiamato De Gaulle che nel 1962 deciderà di risolvere
questa crisi nell’”unico modo possibile”: cessare il fuoco e con gli accordi di Évian,
concedendo l’indipendenza.
Riguardo sempre l’Africa del Nord bisogna menzionare ciò che avviene in Egitto: negli
anni Cinquanta abbiamo una rivoluzione che porta al comando un leader, Nasser, che
rovescia la monarchia e si afferma al nazionalista socialisteggiante, incarnando il
concetto di panarabismo (ideologia politica che si pone l’obiettivo di riunire tutte le
popolazioni arabe in un’unica federazione o unità politica), che non riuscirà a portare a
buon fine ma sarà comunque emblematico.
Nel 1956 canale di Suez (strategica e risorsa) viene nazionalizzato da Nasser, che era
gestito da una compagnia franco-britannica (Egitto già indipendente nel primo
dopoguerra), però i britannici mantenevano forti legami e controllo. Di fronte alla
nazionalizzazione con Israele attaccano l’Egitto, occupa il Sinai, i francesi e britannici
occupano il canale per “ristabilire l’ordine” e “riprendere in mano” la sitazione. Questa
azione viene sconfessata da USA e URSS che intervengono intimando a Francia e UK di
ritirare le proprie forze e abbandonare il terreno.
Quattro anni dopo molti stati africani giungono all’indipendenza (17), nel 1960.
Europa Orientale: negli anni Sessanta ritroviamo gli stessi fenomeni dell’Europa
Occidentale ma in modo diverso, ci sono elementi in comune ma delle specificità, in
paesi che seguono un regime politico ed economico ricalcato su quello dell’URSS. Ampi
settori erano stati nazionalizzati, abbiamo l’elemento della collettivizzazione delle terre e
quello di una modernizzazione delle attività agricole, la pianificazione della politca e lo
sviluppo dei centri abitati. Una grande differenza sta nella rivoluzione dei consumi: a Est
presenta dei caratteri ben diversi perché ai consumi privati vengono anteposti gli
obiettivi dello sviluppo industriale, della modernizzazione dell’apparato produttivo, delle
infrastrutture e dei paesi in generale. Quindi si presenta come una rivoluzione molto
meno appariscente, più moderata e contenuta.
Il modello sovietico degli anni Cinquanta/Sessanta è un modello meno rigido rispetto
agli anni di Stalin, quella di Krushov segna un allentamento, si tende a rinforzare i
modelli di consumazione in misura più consistente rispetto a prima e quindi questo vuol
dire maggiori consumi della popolazione, vuol dire miglioramento delle condizioni di
vita, inoltre Krushov lancia una specie di sfida all’Occidente capitalista di poter
provvedere al benessere del suo popolo anche senza quel tipo di economia.
In realtà le basi di questo sviluppo erano molto fragili: la produttività era minore rispetto
a quella dell’Occidente, la base tecnologica dell’Est era minore rispetto a quella
occidentale. Insomma, rispetto a quelle capitaliste, le economie socialiste, anche se
diminuendo il divario, mantenevano comunque elementi di debolezza che più tardi si
sarebbero manifestati in modo determinante.
Elemento dell’urbanesimo: migrazioni dalle campagne alle città, non solo verso i
maggiori centri abitati ma anche verso delle città nuove, che si sviluppano dal nulla o
quasi (piccoli centri abitati o agglomerati) per effetto dello sviluppo industriale come la
città di Togliatti, intitolata al segretario del PC italiano che era morto nel 1964.
Berlino
Viveva una situazione molto particolare perché la città si trovava nel mezzo della
Germania Est e però era divisa in due: una parte orientale (zona di occupazione
sovietica) e una occidentale (zona dei tre settori dell’occupazione, americano, britannico
e francese) e che quindi rappresentava un enclave occidentale all’interno del blocco
sovietico.
Nel 1961 (locandina): espressione da parte degli Occidentali di una preoccupazione. È
una situazione problematica per i leader della Germania Est che assistono a un flusso di
popolazione in corso degli anni che va crescendo (circa il 10% negli anni Cinquanta)
lascia la parte Est di Berlino per la parte Ovest e poi passa alla parte della Germania
Ovest. La maggior parte delle persone che se ne vanno sono giovani (forza lavoro),
persone molto istruite ma non è una perdita solo di risorse umane, è chiaro che vedere
la popolazione della parte del paese comunista abbandona il proprio paese per andare
verso la parte ovest è anche un indicatore, una sconfitta al livello generale.
Quindi Krushov cerca di indurre gli Occidentali a lasciare Berlino Ovest che non si
mostrano affatto disposti, Kennedy dichiara che è pronto anche a ricorrere alla resistenza
armata per non cedere Berlino Ovest. Così, la notte del 13 agosto del 1961, da parte delle
autorità della Germania Est viene costruito il muro di Berlino, cioè un muro (muro di
protezione antifascista) per una barriera che deve isolare Berlino Ovest. Essendo Berlino
Ovest un’isola nella Germania Est, si decide di isolare la parte Ovest.
Cuba nel 1959 si è affermato un governo rivoluzionario con a capo dei leader. Scaccia il
regime di Batista che governava l’isola e appunto instaura un governo (marxismo) che si
mette in rotta di collisione con gli stati Uniti, si mette in cattivi rapporti anche perché
espropria delle aziende americane che sfruttavano le risorse agricole dell’isola, si avvicina
all’URSS, stringe accordi con essi e questo è completamente ostico agli Americani.
Nel 1962 alcuni americani fanno delle foto a Cuba e rilevano delle basi missilistiche, da
dove si possono lanciare missili nucleari sul territorio statunitense. Da qui si apre una
grave crisi detta crisi dei missili: paura di questo periodo che se fosse scoppiato il
conflitto fra i due si sarebbe generata una guerra nucleare.
La crisi viene risolta con un accordo, risolte entrambe le crisi si entra in una nuova fase
della guerra fredda: epoca della distensione dove i rapporti fra USA e URSS si
distendono, c’è un riconoscimento specifico fra le due superpotenze, c’è un tacito
accordo per mantenere lo status quo tanto più in Europa, che già in precedenza si era
dimostrata un’area stabile e si riafferma tale dove i due blocchi si contrappongono ma
senza scontrarsi, convivendo. La conflittualità rimane anche se si sposta non tanto su un
minacciato scontro militare quanto più su una competizione più ampia che è una
competizione economica, tecnologica e di modello sociale (quale modello funziona
meglio, consente di ottenere miglioramenti sociali per la popolazione?). Forma di
competizione, non di guerra.
Un terreno particolare di questo antagonismo è quello della corsa allo spazio: primo
satellite artificiale lanciato nello spazio dai Russi nel 1957 chiamato Sputnik che dimostra
un grandissimo successo per i Sovietici (presente nella memoria così tanto che al giorno
d’oggi il primo vaccino per il covid su cui stanno lavorando lo chiamano Sputnik-5) a cui
si somma un altro successo clamoroso quando nel 1961 mandano Gagarin nello spazio,
vantando di aver mandato il primo uomo nello spazio. Nel 1969 gli Americani si
riscatteranno mandando il primo uomo sulla luna.
In questo quadro della distensione rientra anche l’Europa, ovviamente non riguarda solo
l’USA e l’URSS ma anche i paesi dell’Europa Occidentale e l’Europa Orientale.
Nel settore dell’economia civile, però, l’URSS rimane molto indietro, con squilibri forti, il
tenore di vita e i consumi rimangono molto più bassi dell’Occidente, i beni sono di
qualità inferiore e sono pochi. Insomma iniziano a manifestarsi una serie di problemi che
andranno ad aggravarsi negli anni successivi.
Nel 1964 il potere in URSS passa da Krushev a Breznev che propone una linea più
tranquilla, senza sperimentazioni, senza innovazioni, una tranquillità grigia, un regime
più autoritario rispetto a Krushov.
In Europa Orientale negli anni sessanta si avrà una rivoluzione moderata: anche dopo
l’uscita dal post 56 il potere concede un minimo di margine di autonomia in più alla
popolazione, sempre nel quadro di regimi autoritari, di dipendenza da Mosca etc…
Europa Occidentale gli anni Sessanta sono anni in cui si ha di nuovo uno spostamento
politico a sinistra, quindi tornano o vanno al potere, da soli o in coalizione, i partiti della
sinistra socialista o socialdemocratica. Prendono però un nuovo corso questi partiti fra
fine anni Cinquanta e inizio Sessanta: l’episodio più noto che racchiude questa
trasformazione è un importante congresso della SPD (partito socialdemocratico tedesco),
della Germania Ovest, nel 1959 detto congresso Bad Godesberg che invita a “stare al
passo coi tempi” e per fare questo abbandona l’obiettivo che ancora figurava nel suo
statuto, cioè del superamento del capitalismo e abbandona la base ideologica marxista
sposando un nuovo programma, pienamente riformista, democratico e che si propone
di riformare e non abbattere il capitalismo (non corrispondeva più ai bisogni del paese,
in cui stava avvenendo la rivoluzione dei consumi e il miglioramento del benessere). È
una visione ideologica, la SPD non era di certo riformista, ma si tratta di un programma
rivoluzionario.
Il Partito Socialista Italiano cambia linea dopo gli eventi del 1956 abbandonando la linea
filo-sovietica, si stacca dall’alleanza col PC e inizia un percorso di avvicinamento alla DC,
adottando una linea più moderata, più verso il centro.
Al di là dei singoli percorsi quello che va sottolineato è che appunto siamo in una fase in
cui la sinistra torna a governare su una linea più moderata e pragmatica. L’età dell’oro
sta portando una grande crescita ma anche un grande squilibrio e per contrastare
queste disuguaglianza appaiono necessari dei provvedimenti. Insomma si consente a
In Italia così negli anni Sessanta si apre la stagione del centro-sinistra, con Aldo Moro
(Democrazia Cristiana) che presenta l’apertura del partito a un’alleanza con il PSI dando
vita al centro-sinistra.
Grosse koalition nasce nel 1966, finita l’era Adenauer, (governo di oggi) incentrato
sull’alleanza fra partito cristiano democratico (CDU) e socialdemocratici (SPD).
Nel Regno Unito vanno al governo i laburisti.
In Francia sono gli anni in cui va al governo Charles De Gaulle (Algeria) che aveva fatto
varare una nuova costituzione instaurando una quinta repubblica, eletto presidente della
repubblica, regime semi-presidenziale e governerà per tutto il decennio.
Negli anni Sessanta c’è un elemento comune a tutta l’Europa Occidentale (in parte anche
quella Orientale) cioè quello dell’ampliamento e del rafforzamento dei sistemi di welfare,
cioè sistemi di tutela sociale. Il modello dello Stato Sociale è un modello propriamente
europeo e non vede solo la sinistra a favore di queste politiche, ma anche le forze più
moderate e conservatrici essere favorevoli a rafforzare la tutela del popolo da parte dello
Stato. Si inizia a parlare di un vero e proprio modello sociale europeo: rilevante
intervento pubblico in economia ed estesi welfare state. Anche l’Europa Orientale può
rientrare perché appunto l’istruzione è pubblica, la sanità è pubblica etc…
Questo conferisce all’Europa un primato, dopo aver perso gli altri in termini politici ed
economici, che è quello di avere i livelli di protezione sociale più alti al livello planetario e
quindi di garantire la maggiore uguaglianza e di protezione in termini sociali rispetto agli
altri paesi.
Violenza sulle donne. Aumento della violenza maschile sulle donne legato alla
limitazione nel movimento (covid).
Storicità del tema.
Anni Settanta: guardare in particolare al passaggio fra i 60 e i 70 dove possiamo
collocare una cesura all’interno del Novecento europeo e non solo.
1968: moti del 68 come contestazione giovanile, studentesco che mise in discussione gli
assetti consolidati dell’Europa del tempo.
In primo luogo studentesco cui radici affondano nell’ambiente universitario che sta
vivendo delle trasformazioni profonde, che sta cambiando, sta crescendo, sta
diventando di massa in cui il numero degli iscritti cresce molto e rapidamente, che va
perdendo quel carattere di élite.
Un enorme numero di paesi in Europa ma anche fuori di essa in pochi mesi vengono
travolti da questi moti, una sorta di rivolta globale che presenta delle specificità ma
anche elementi di fondo:
• antiautoritarismo che ha radici nello stesso mondo universitario, si mettono in
discussione la didattica, il rapporto fra i “baroni” e gli studenti, nuovi contenuti e
modalità della trasmissione/acquisizione del sapere. Allo stesso tempo metteva
sotto critica il carattere gerarchico di altre istituzioni come la famiglia.
Presa di parola a partire da sé, dalla propria posizione specifica (visione
studentesca basata su un nuovo modo di intendere la politica)
• antimperialismo: carattere internazionale e internazionalista per
l’autodeterminazione dei popoli e contro l’imperialismo occidentale, si abbina con
le bandiere, con immagini di leader (Che Guevara), terzomondismo, un afflato di
solidarietà internazionalista nei confronti di lotte di liberazione nel terzo mondo
(guerra in Vietnam)
Le forme della mobilitazione furono l’assembleazionismo, l’azione diretta e
partecipazione diretta: idea che la politica non si fa più con i “vecchi strumenti” che
erano le rappresentazioni studentesche, il parlamentarismo ma attraverso la
partecipazione diretta, senza deleghe, con occupazioni.
In Europa il cuore del Sessantotto fu Parigi: “maggio francese”, lotta armata contro la
polizia, idea della ricerca di un’unità fra studenti e operai, estendere la mobilitazione
dall’università alle fabbriche e più in generale al mondo del lavoro, ci sono scioperi molto
duri tanto che addirittura il potere di De Gaulle sembrò, per alcune settimane, sul punto
di crollare. In realtà De Gaulle, dopo un’esitazione iniziale, seppe riprendere in mano la
situazione, convocò nuove elezioni che vinse con grande margine dimostrando che oltre
e dietro ai manifestanti c’era “un’altra Francia” che non sposava gli ideali dei sessantottini
che desiderava il ristabilimento dell’ordine e il suo mantenimento.
Quindi il maggio francese incendiò la Francia ma si spense molto rapidamente.
In Italia fu diverso, interessa molto Roma infatti fu molto localizzato, insieme a molte altre
città. Sicuro ebbe un’intensità minore ma una durata maggiore (lungo sessantotto). 1
Marzo battaglia di Valle Giulia: sgombero di studenti che tentava di occupare la facoltà
di Architettura a Sapienza, scontro molto violento con la polizia.
Anche in Italia c’è la ricerca di un collegamento con il mondo di fabbrica, “Vietnam in
fabbrica”. Da questo punto di vista al Sessantotto studentesco segue un 1969 “operaio”,
durante il quale abbiamo una esplosione della conflittualità delle fabbriche (Fiat Mirafiori
a Torino) in cui la mobilitazione operaia ripropone parole d’ordine, modalità d’azione
simili a quelle del movimento studentesco (rifiuto della delega, non ci si affida più
soltanto ai sindacati ma si costituiscono assemblee, i consigli di fabbrica, dirette, si lotta
contro l’autoritarismo dei padroni e ci si impegna in vertenze che presentano appunto
caratteri innovativi. Questi movimenti, chiamati lotte dell’autunno caldo, porteranno nel
1960 all’approvazione della legge Statuto dei lavoratori.
Alcuni anni fa si è molto parlato dell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
(Jobs act proposta dal governo Renzi nel 2014/2015) che andava ad abolire delle parti
che vietava i licenziamenti senza giusta causa e che prevedeva il loro reintegro.
Europa Orientale
Caratteri in part analoghi ma anche diversi in ragione delle differenze di contesto:
contesto di paesi satelliti dell’URSS, democrazie popolari etc…
insomma i movimenti del Sessantotto sono la richiesta di una maggiore libertà, la
richiesta di una vita politica più libera. Manifestazioni studentesche e occupazioni
universitarie ci sono in vari paesi.
Mobilitazione popolare a cui corrisponde un progetto riformatore che vede protagonista
il nuovo segretario del Partito Comunista Dubchek, colui che si mise appunto alla guida
di un esperimento di riforma, di liberalizzazione e di autodeterminazione per la
Cecoslovacchia che conosciamo come la primavera di Praga.
Duchek voleva appunto raccogliere la richiesta di democratizzazione e liberalizazzione
dando vista a un “socialismo dal volto umano” che prevedeva il pluralismo politico, una
liberalizzazione economica.
Questo spaventò molto sia i sovietici sia i leader moderni del blocco sovietico e questo
determinò una reazione militare da parte di Mosca che inviò le truppe a occupare Praga
nell’estate del 1968. Dubchek venne prelevato e sostituito e si avviò un percorso di
normalizzazione, si pose fine a queste politiche di apertura e democratizzazione.
All’ora a guidare l’URSS c’era Breznev e questa fu la prima mossa della dottrina Breznev:
i paesi dell’Europa Orientale erano liberi di determinare il loro corso politico ma con limiti
precisi di non mettere in discussione i principi del socialismo e l’interesse comune del
blocco sovietico e per chi oltrepassasse questo limiti gli altri paesi avrebbero dovuto
intervenire.
Questo intervento fu molto criticato dagli altri paesi, che prendono nettamente le
distanze da Breznev e dall’intervento, che mise in luce tutti i limiti del cosiddetto
“socialismo reale” mostrando che se si cercava di socializzare il sistema si andava contro
la repressione sovietica e quindi si comprese che non era possibile.
Estate del 1971 Nixon (presidente USA) tiene una conferenza stampa fondamentale in cui
annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro che era il pilastro del
sistema di Bretton-Woods del 1944. Gli USA erano in difficoltà soprattutto per la guerra
in vietnam, guerra che non riuscivano a vincere e in più pagavano il prezzo di una serie
di riforme interne che erano state fatte soprattutto negli anni Sessanta. Quindi si trovano
in difficoltà economica, per affrontarla la banca sociale stampa nuova moneta ma questo
ovviamente manda un segnale di minore affidabilità del dollaro statunitense agli occhi
della finanza internazionale e delle banche centrali delle banche europee che iniziano a
chiedere maggiormente di convertire in oro le riserve in dollari che possedevano. A un
certo punto gli USA non sono più in grado di reggere queste richieste e di mantenere
quel ruolo da garanti del sistema internazionale che avevano assunto nel 44 e decidono
di sganciarsi e così facendo fanno saltare un pilastro del sistema di Bretton-Woods. Da
questo momento in poi di passa a un sistema internazionali non più fissi ma mobili, che
iniziano ad oscillare. È la fine dell’ordine economico post – bellico perché gli USA
svalutando il dollaro, gli altri paesi svalutano le loro monete e si inizia ad avere un
processo competitivo in cui ciascun paese, per difendere i propri interessi commerciali ed
economici, pensa a sé.
Inoltre, sempre nella prima metà degli anni Settanta, prima nel 73 e poi di nuovo nel 79
aumenta molto il prezzo del petrolio: shock petroliferi causato dai paesi produttori, in
particolare dai paesi Arabi, che per una serie di fattori come le guerre, decidono di
alzare il prezzo del petrolio. Questo colpisce molto i paesi che non erano produttori di
petrolio, come l’Italia, quelli che importavano il petrolio si trovano a pagarlo molto di più
(4 volte circa). Questo determina tutta una serie di risposte politiche di vario genere, si
limita la circolazione dei veicoli a motore, si introducono le “domeniche senza auto” o
quelle a piedi o in bici, carrozze e cavalli. Insomma queste vicende determinano una crisi
economica che segna la fine dell’età dell’oro. Non c’è più una crescita economica e
continua come negli anni Cinquanta e Sessanta e si ha un fenomeno di ristagno
economico alla quale si accompagna un forte aumento dell’inflazione. Si parla infatti
negli anni Settanta di stagflazione: inflazione più stagnazione (di solito l’inflazione era un
fenomeno che di solito di accompagnava a una crescita economica).
Questo vede una profonda trasformazione nei modelli produttivi: si passa da un modello
fordista a uno post-fordista, la produzione industriale inizia a spostarsi in altre aree del
pianeta, in estremo oriente come la Corea del Sud, la Thailandia, Singapore etc… col
fenomeno chiamato de-industrializzazione che non vuol dire che sparisce
l’industrializzazione ma che si sposta.
Soprattutto i paesi dell’Est Europa soffrono questo passaggio, sono paesi con sistemi
economici più rigidi, meno versatili, meno capaci di seguirle lo sviluppo
dell’automazione, meno capaci di adottare il nuovo modello post-fordista.
Ovviamente tutto ciò comportò un numero di occupazioni, rivolte, occupazioni di
fabbrica etc…
Negli anni Settanta, in un contesto economico che sta cambiando, si rafforzano quei
sentimenti di ostilità nei confronti della forza lavoro immigrata: nel momento in cui non
c’è più lavoro, non c’è più necessità di importare braccia da un lato cresce il rifiuto e
l’ostilità da parte dei lavoratori dall’altro i paesi iniziano a mettere dei limiti, tramite
legislazione, sul numero di possibili immigrati per lavoro.
Inoltre assistiamo a una crisi dei partiti politici tradizionali che faticano ad esprimere e
rappresentare gli interessi di una società che inizia a cambiare in un modo molto
profondo e rilevante.
Quindi sono anni di crisi economica, di forte conflittualità e dove le forme di
partecipazione e mobilitazione politica di trasformeranno, risulteranno forme nuove
anche in una linea di continuità con il Sessantotto, cioè con le sue nuove forme di
movimento giovanile.
Anni Settanta.
Politica: il Sessantotto inaugura una stagione di mobilitazione sociale, un decennio di
protagonismo sociale, nel quale nascono e si sviluppano molti movimenti sociali che
contraddistinguono il decennio Settanta. Questo avviene in un quadro di ridefinizione
della politica, nell’allargamento della concezione stessa della politica, di cosa abbia
rilevanza politica e quali siano le forme della partecipazione politica.
Tutto ciò è tributario dei movimenti del Sessantotto.
Movimenti sociali: anni in cui c’è una vera e propria fioritura dei movimenti, alcuni di essi
sono particolarmente rilevanti, segnano non solo quell’epoca ma presentano un
interesse che va oltre gli anno Settanta perché sono incentrati, che mettono a tema
alcuni grandi questioni della società contemporanea. Due in particolare:
• Movimento femminista: il neo-femminismo (si parla di neo-femminismo per
distinguerlo dai precedenti movimenti a cavallo fra Otto e Novecento). Ci porta a
un nuovo protagonismo, espresso in forme nuove ma anche con contenuti nuovi,
da parte delle donne.
Manifesto italiano del 1970: manifesto di rivolta femminile, Carla Lonzi insieme ad
altre due esponenti (Arcardi e Banotti).b tempo imponente che poneva in modo
radicale i temi del neo-femminismo.
Tema dell’identità: manifesto che pone al centro di una rivolta femminile l’identità
della donna.
Inoltre declina in una nuova accezione il tema dell’uguaglianza.
Rifiuta tutte le dottrine del passato, anche il socialismo e il marxismo perché frutto
di una visione patriarcale.
Nodo importante: rapporto fra privato e pubblico, importante si tratta di temi
importanti pubblici come la politica, la guerra, la lotta di classe ma anche della
sfera privata, la famiglia, il matrimonio, il lavoro domestico, il lavoro di cura.
Questo considerare la politicità del privato, la ripartizione del lavoro domestico, di
cura, i rapporti inter-familiari come politica. Il personale è politico perché in questa
sfera si manifestano relazioni di potere, in modo specifico fra uomini e donne.
Forme di partecipazione e militanza femminile.
Comunichiamo solo con donne allusione alla pratica del separatismo: fare politica
in forme nuove, solo fra donne, a partire dall’autocoscienza (gruppi piccoli,
composti da pochi donne che si riunivano per discutere delle questioni legate al
proprio privato), ciò che non veniva considerato politico prima. Fare la lotta con
donne.
Rispetto al primo femminismo, quello dell’emancipazione che issava l’uguaglianza
come propria bandiera, che voleva dire uguali condizioni di lavoro, di
retribuzione, di diritti, di voto, qui siamo su un piano diverso perché si dice che
l’uguaglianza è un tentativo ideologico per appiattire la donna, non è più un
femminismo dell’uguaglianza ma della differenza: questo non vuol dire che i diritti
delle donne debbano essere di più ma che quello dell’uguaglianza non
rappresenta tutto il problema perché c’è una differenza di fondo perché le donne
vivono delle condizioni di repressione da parte dell’uomo. Non ha più l’obiettivo
dell’uguaglianza con l’uomo ma della liberazione dal controllo dell’uomo.
Nel 1978 in Italia viene approvata dal parlamento una legge importante (ancora
leggente), la legge 194 sulla tutela sociale della maternità e dell’interruzione non
naturale della gravidanza, conosciuta come legge sull’aborto. Mobilitazione
sull’aborto delle donne nel 1977, che riguarda il corpo delle donne e la loro
autonomia sulle proprie scelte riproduttive, quindi una specificità. È un ambito in
cui quella differenza emerge, protagonismo diretto delle donne che vogliono
esprimere la loro prospettiva su un tema molto rilevante per la loro soggettività,
per la loro condizione personale, per la loro differenza appunto. Possiamo parlare
di differenza nell’uguaglianza.
• Movimento ambientalista: nel 1972 viene pubblicato The limits of growth (I limiti
dello sviluppo), studio sulla situazione e sui prospetti futuri dell’umanità. È un
rapporto che prende in esame diversi fattori dello sviluppo fondamentalmente
guardando al rapporto fra la popolazione (mondiale) e risorse (alimentari, materie
prime, qualità ambientale). Questi scienziati, attraverso delle elaborazioni
mettendo insieme una grande quantità di dati, fanno emergere dei limiti allo
sviluppo: mettono in guardia alla risorse non infinite e poi si parla anche di
inquinamento, lo sviluppo produce rifiuti che si accumulano nel mondo (fiumi,
mari, aria, suolo).
Ha un grande impatto. Questi furono i temi che mossero grandi mobilitazioni,
movimenti come quelli contro il nucleare (si contestava sia la pericolosità sia il
problema delle scorie, di dove smaltirle).
Questo porterà anche alla nascita di partiti politici, come il partito dei Grunen
tedesco, che richiedeva per esempio un nuovo modello di sviluppo che garantisse
la sostenibilità ambientale delle attività economiche e sociali. Quindi
ambientalismo come nuova forma politica.
Sono anche anni segnati da conflittualità e violenza politica: uso della violenza da parte
dei movimenti sociali e dei gruppi politici che nascono sulla scia del Sessantotto, intesa
da alcuni come violenza di piazza, come “anti-fascismo militante”, ma oltre a questo
abbiamo anche una dimensione specifica dell’uso della violenza specifica che è quella
del terrorismo.
I terrorismi, di diversa matrice in primo luogo di matrice politico-ideologica, che sono da
un lato un terrorismo di destra e da un lato un terrorismo di sinistra che sferrano un
attacco alle istituzioni democratiche dei paesi europei.
Da questo punto di vista l’Italia torna protagonista, come nel 1969, a piazza Fontana a
Milano, viene messa una bomba da esponenti del neo-fascismo, un terrorismo neo-
fascista, che inaugura la strategia della tensione, ovvero una strategia volta a incutere
paura, insicurezza, un senso di precarietà e instabilità che favorisse una svolta politica
autoritaria. Anche a Brescia e a Bologna si ebbero degli attentati di matrice neo-fascista.
Dall’altra abbiamo un terrorismo di sinistra con le brigate rosse: idea di “colpirne un per
educarne cento” ma anche di “dare il potere al popolo”, siamo nell’ambito dell’azione
esemplare che dovrebbe sollevare le masse.
Azione più famosa delle BR è il sequestro (per due mesi) e poi uccisione di Aldo Moro.
Rapporti interni all’Europa divisa: Willy Brandt (cancelliere tedesco) artefice della
ostpolitik, cioè una politica intrapresa dalla Germania ovest fr ala fine degli anni Sessanta
e l’inizio dei Settanta di riconciliazione con i paesi del blocco sovietico. Fra Germania Est
e Ovest non c’erano rapporti, il governo della Germania Ovest non riconosceva questa
divisione, pensando di essere l’unica espressione della Germania credendo che la
Germania dovesse essere unificata. In questi anni Brandt cambia orientamento e segue
la linea di un avvicinamento col blocco sovietico e in particolare con la Germania
orientale perché si rende conto che l’obiettivo di riunificazione delle due Germanie è
ormai fattibile solo a lungo termine e pensa che intanto è meglio normalizzare o proprio
creare rapporti con i paesi dell’Est, inclusa la Germania Est, tecnica del cambiamento
tramite il riavvicinamento.
Due anni dopo si arriverà a un trattato fra repubblica federale e repubblica democratica
che rappresenta appunto il culmine di questa ostpolitik.
Così la Germania ovest si imponeva come nuovo protagonista degli anni Settanta, della
distensione intra-europea che deve essere collocata nel quadro della distensione
globale.
Nel 1972 accordo SALT: accordo per la limitazione delle armi nucleari, firmato da URSS e
USA.
Conferenza di Helsinki per la sicurezza e cooperazione in Europa fra il 73 e il 75, ed è
molto importante perché si firmano accordi con i quali tutti si impegnano a rispettare le
frontiere, le sovranità degli altri paesi e quindi a non fare la guerra, a creare forme di
cooperazione sia economico, energetico ma anche culturale, a garantire il rispetto dei
diritti umani che è un aspetto che è voluto dai paesi dell’Europa Occidentale ed è un
elemento importante perché l’URSS e il blocco sovietico non sono totalmente d’accordo
ma si impegnano lo stesso (non possono rifiutarsi) e sarà un tema su cui batteranno
molti gli esponenti del dissenso politico nei paesi dell’Est Europa che appunto riferendosi
a questi diritti denunciano il contesto in cui vivono.
È il contesto in cui dobbiamo collocare il cosiddetto compromesso storico.
Euro-comunismo: tipo di comunismo nuovo, diverso da quello sovietico che riconosce i
valori della democrazia e del liberalismo e che si propone come modello diverso rispetto
a quello del socialismo reale (non avrà grande sviluppo).
Nel 1979 firma di un secondo trattato SALT, dove però il contesto è diverso anche
perché l’epoca della distensione è diversa.
Anni Ottanta
Si propone il problema della sostenibilità economica del Welfare State: in una situazione
di ristagno della crescita, i costi dello Stato Sociale, dei suoi servizi e prestazioni
diventano più pesanti, vengono avvertiti come costi che sono cresciuti troppo. Si pone in
termini nuovi il problema delle risorse per finanziare e sostenere il Welfare State questo
perché il ristagno economico significa minori entrate fiscali e quindi minor denaro
pubblico, inoltre negli anni Settanta si è vista una maggiore disoccupazione, questo
voleva dire maggiori sussidi. Con altri fattori, come il calo della natalità e il conseguente
invecchiamento dell’età della popolazione, contribuiscono.
Quindi si cerca di limitare spese non indispensabili, di limitare i costi. Queste saranno
preoccupazioni e politiche che segneranno tutti gli anni Ottanta e in parte anche quelli
seguenti.
Però, insomma, da metà degli anni Settanta il Welfare State diventa da modello
indiscusso a problema da risolvere. Nei vari paesi è ovviamente diverso ma presentano
tutti lo stesso paradigma: messa in discussione di quel modello statale che aveva
prevalso nella Golden Age.
Dal punto di vista politico anche cambiarono i temi, il modo di trattarli: si iniziò a
denunciare uno stato con un sistema assistenzialista che appunto eccedeva nel
rispondere ai bisogni dei cittadini, che andava oltre i loro bisogni. Questo perché
secondo alcuni il Welfare State e in generale le politiche sociali erano di ostacolo allo
sviluppo dell’economia. Secondo alcune letture di economisti, studiosi e osservatori il
Welfare costituiva un ostacolo che impedisce di realizzare il pieno sviluppo economico,
un peso, un vincolo al progresso economico. Si diffonde fra la seconda metà degli anni
Settanta e l’inizio degli anni Ottanta le dottrine neo-liberiste che riprendono il liberismo
classico ottocentesco e lo ripropongono in una nuova versione a partire proprio da
un’idea di necessario ridimensionamento del Welfare State, secondo le loro lettura
bisogna tornare a un mercato che, se non intralciato da regolamentazioni pubbliche e se
non aggravato da eccessive spese pubbliche, soprattutto sociale, può essere un mercato
libero è capace di garantire la crescita economica attraverso lo sfruttamento ottimale
delle risorse possibili. Queste dottrine influenzeranno le politiche negli anni Ottanta. Per
favorire questa crescita economica i neo-liberisti pensano che bisogna limitare la spesa
pubblica, soprattutto la spesa sociale non produttiva, anche perché secondo loro è
necessario ridurre le tasse i modo che siano incentivati i consumi e gli investimenti, che
siano più risparmi per consumare e più profitti e capitali per investire, perché è proprio
attraverso l’espansione dei risparmi e degli investimenti che si può rilanciare la crescita
dell’economia.
Due importanti leader politici del neo-liberismo che salgono al governo fra la fine degli
anni Settanta e l’inizio degli Ottanta che mantengono il potere per tutto il decennio o
quasi: Margaret Thatcher (UK) e Ronald Reagan (USA).
Quindi gli anni Ottanta, soprattutto nei paesi Anglo-sassoni, sono segnati dall’egemonia
delle politiche neo-liberiste.
1979: elezioni politiche in UK e il partito conservatore (Thatcher) propone una campagna
politica che per la prima volta è affidata a un’agenzia pubblicitaria con il tentativo di
screditare “incolpando” il governo laburista di non aver incrementato i posti di lavoro
“labour isn’t working”, “Britain’s better off with the conservatives”.
L’esito di queste elezioni nella primavera nel 79 è la vittoria del partito conservatore:
Thatcher propone di superare le difficoltà dell’UK con idee di stampo neo-liberiste, meno
stato più mercato e accompagna il suo programma con un’enfasi sui valori e incapacità
che sono sottesi ai modelli economici: secondo Thatcher il modello Welfare è un
modello assistenzialista.
Thatcherismo.
Questo porta a programmi di privatizzazione delle imprese pubbliche (banche, trasporti
etc…), a una riduzione delle spese del Welfare State, nella sanità, nell’istruzione pubblica,
una liberalizzazione dei mercati finanziari e scontri molto duri, con caratteri quasi “epici”
con i sindacati.
La UK uscì dal decennio Thatcheriano con una grande ripresa economica ma pagando
prezzi sociali elevati, con un maggiore disoccupazione, una grande diseguaglianza
sociale e un mancato conseguimento di uno degli obiettivi, cioè quello di tagliare la
spesa pubblica, i tagli furono piccoli anche perché appunto l’aumento della
disoccupazione aumento le spese per i sussidi.
Nel resto dell’Europa negli anni Ottanta nessun altro paese segui l’UK con questo
programma, alcuni paesi seguirono alcune di queste politiche ma non tutte, come quella
della privatizzazione (Italiana). Anche perché se l’UK andava verso destra, gli altri paesi
vedevano un avvento della sinistra al governo.
Questo fu un periodo nel quale si registrò una rilevante evoluzione nella base
“ideologica”, programmatica dei partiti socialisti o socialdemocratici che si rinnovarono al
livello politico-programmatico, si allontanarono ancora di più dal modello sovietico e dal
marxismo. Differenza sostanziale con la destra: non viene rinnegato e neanche lasciato il
modello del Welfare State, che si proponeva di rinnovare, adeguare ai nuovi bisogni, ma
non eliminandolo.
Francia: caso molto significativo. Gli anni settanta e Ottanta sono segnati all’interno della
sinistra, in particolare del partito socialista, dalla figura di Francois Mitterrand che si
propone un presidente giovane per una Francia moderna come candidato unico della
sinistra. Viene sconfitto in realtà da Charles De Gaulle nel 1965, ma ci riproverà all’inizio
degli anni Ottanta in un contesto diverso, di un rinnovamento politico programmatico-
ideologico e nel 1981 Mitterrand ci riprova con una campagna di comunicazione politica
molto innovativa: da un lato lo sfondo che sceglie, rispetto al 65 con l’industria, è un
borgo, un paesino, un’immagine di una Francia rurale, tradizionale, rassicurante, in cui
viene mostrata in particolare una chiesa, lo slogan è “la forza tranquilla”, uno slogan che
vuole rassicurare gli elettori che Mitterrand è un candidato di sinistra ma tutt’altro che
rivoluzionario, tranquillo. Queste elezioni vedono Mitterrand vincere e rimanere
presidente per due mandati, fino a metà degli anni Novanta. In realtà la sua fu una
presidenza molto movimentata: all’inizio, nei primi due anni, si ebbe un governo delle
sinistre unite, c’era anche il partito comunista e vennero varate delle riforme sociali molto
innovative (sul lavoro, sulla nazionalizzazione), dall’82 in poi alcuni segnali d’allarme
indussero Mitterrand e i socialisti ad adottare un orientamento molto più moderato
passando maggior attenzione al contenimento della spesa pubblica, a non alzare le
tasse anzi possibilmente a ridurle etc…
Anche in Spagna, Italia e altri paesi si ha la sinistra al governo.
Gli anni Ottanta sono anche anni di una rivoluzione informatica in cui l’Europa è
coinvolta ma di cui non è guida, protagonista. In particolare lo stato della California
(Silicon Valley), più in generale oltreoceano. Sono protagonisti gli elaboratori elettronici,
le informazioni stesse: si afferma il settore delle tecnologie e dell’informazione come un
settore cruciale che si impone nelle attività economiche, nella produzione, nel lavoro e
via via nelle attività quotidiane. Il computer entra prepotentemente nella vita delle
società di tutto il mondo. Si apre quindi l’epoca dei personal computer (PC). Con
l’introduzione della rete internet che rivoluzionerà la socialità, il lavoro e tutto il resto in
tutto il mondo. Cambierà anche l’economia, si tratterà anche di new-economy ma
bisogna ribadire che l’Europa viene investita da questa rivoluzione ma non ne è
promotrice.
Impatti:
• Attività produttive: l’automazione crescente dei processi produttivi, i robot capaci
di eseguire con maggiore precisione e velocità determina un impatto nel mondo
lavorativo con un conseguente aumento della disoccupazione: una parte diventa
un lavoro più impegnativo e sofisticato, dall’altro però diminuisce il numero di
persone necessarie.
• Attività finanziarie: con l’avvento delle comunicazione telematiche i capitali
possono essere spostati istantaneamente da qualsiasi centro finanziario ad un
altro e si crea una vera rete finanziaria internazionale, i mercati diventano sempre
più globali determinando anche l’accumularsi di cospicue fortune ma esponendo
anche spesso a rischi di volatilità che non mancheranno.
Nel 1983 il PC viene scelto come personaggio dell’anno dalla rivista time perché era
entrato già nell’uso.
Processo di integrazione europea, erano nata negli anni 50 la CECA, la CEE ad opera dei
sei stati (Lussemburgo ,Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio e Norvegia). Nel 1973
abbiamo un primo allargamento della comunità con l’Irlanda, Danimarca e, al terzo
tentativo, il Regno Unito. Abbiamo quindi una “Europa dei nove” ma già due anni dopo
nell’UK si tiene un referendum sull’adesione alla comunità economica europea: posizioni
e argomentazioni a favore e contro il mercato comuni e l’integrazione (rischioso e
pericoloso o vantaggioso). Questo referendum vede una vittoria netta per i “sì” che verrà
però poi revocata nel 2020 con la Brexit.
Negli anni Settanta i paesi dell’CEE fanno i conti con la crisi del sistema monetario di
Bretton-Woods, e quindi una crisi della instabilità dei cambi e la creazione di un nuovo
ordine di cambi internazionale. Alla fine degli anni Settanta i paesi della CEE varano un
programma SME (sistema monetario europeo): creato nel 1979 per far fronte appunto
alla instabilità dei cambi e al tentativo di agganciare la valuta delle monete europee alla
moneta forte (marco tedesco). Successivamente abbiamo un secondo allargamento nel
1981 con la Grecia e poco dopo, nel 1982 con la Spagna e il Portogallo, quindi con
l’Europa mediterranea. Sono paesi usciti che avevano da poco vissuto una transizione da
dittatura a democrazia (metà anni Settanta). Sono ingressi importanti non solo perché
ora la CEE arriva a 12 membri ma anche perché sono paesi poco sviluppati, che da un
lato diventano i maggiori beneficiari delle politiche sociali e di aiuti dei fondi dello
sviluppo che la CEE prevede e dall’altro sono paesi con economie con un forte peso
dell’agricoltura che modificano anche un po’ gli assetti.
Polonia: paese che occupò una posizione particolare nel blocco sovietico per molte
ragioni e che in questa fase, quella degli anni Ottanta manifestò in modo
particolarmente marcato alcuni elementi di crisi e di cambiamento che segnarono il
destino del blocco sovietico.
I nuovi scenari economici apertasi con la crisi degli anni Settanta viene messo in luce
come le economie sovietiche, del blocco orientale avessero faticato molto ad adeguarsi
a intraprendere questa strada di ristrutturazione con nuove modalità organizzative e
come complessivamente fossero rimaste indietro. Quindi negli anni Settanta si vede
crescere il divario fra le economie capitaliste che riescono in qualche maniera a
riconfigurarsi e queste altre economie, che manifestano crescenti difficoltà nell’economia
e nella produzione che si ripercuotono anche sui consumi.
Fra i problemi maggiori per la Polonia vi è un problema legato a ripetuti aumenti dei
prezzi dei generi alimentari, di generi di consumi primari e indispensabili che suscitano
un profondo mal contento che si manifesta in proteste, rimostranze nei confronti del
regime per le condizioni di vita che vanno peggiorando.
Sulla scia di questo malcontento si sviluppano i movimenti di opposizione: forme nuove
di opposizione che si sviluppano in maniera organizzata contro questi regime.
Nel 1978 inoltre viene eletto Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II) papa, che era il primo papa
polacco, e che diventa un attore importante nella chiave di un sostegno morale ma non
solo di grande importanza alle opposizioni polacche.
Bisogna tener conto che la Polonia è un paese anti-russo, fortemente cattolico, insomma
molto particolare.
Una delle proteste legata al scoppia nel 1980: in quest’anno si ha un importante ciclo di
scioperi nella città di Danzica soprattutto che vedono la nascita di Solidarność
(solidarietà) che è un sindacato autonomo, indipendente dal regime che promuove e
organizza queste lotte e scioperi nei cantieri di Danzica, ha un orientamento cattolico e
raccoglie vasti consensi e adesioni. La costituzione di questo sindacato è un momento
molto importante: viene dapprima riconosciuto dal potere polacco che si trova costretto
a trattare con Walesa e altri rappresentanti, dopodiché verrà sostanzialmente bandito nel
1981 a seguito di un colpo di Stato militare guidato dal generale Jaruzelskij che impone
un’ulteriore torsione autoritaria al paese, decreta la legge marziale e scioglie il regime
Solidarność. Questo è un campanello d’allarme forte.
Nel 1982 scompare Bresniev, gli succede una sorta di interregno per un paio di anni di
leader che durano molto poco e nel 1985 si ha una grande svolta con l’avvento alla
segreteria del partito comunista di Gorbachev: figura nuova, che si presenta con una
carica innovativa, con un profilo di innovatore del partito che vuole appunto riformare il
sistema sovietico, vuole introdurre degli elementi di cambiamento, non stravolgendolo
ma con cambiamenti si rende conto essere necessari per svecchiare il sistema e
adeguarlo alle nuove sfide del tardo ventesimo secolo. Quattro parola d’ordine nel suo
manifesto: CCCP (unione delle repubbliche socialiste sovietiche)
• ristrutturazione (perestrojka): parola chiave più importante perché sostiene che
questa fase sia un ulteriore stadio della rivoluzione sovietica avviata dai
bolscevichi, da Lenin con la rivoluzione del 17
• democrazia :moderata democratizzazione del sistema sovietico
• trasparenza :rimanda a una trasparenza nella comunicazione pubblica, degli
organi dirigenti e che pone quindi l’obiettivo di un’informazione più libera e di un
allentamento o eliminazione della censura
• accelerazione :idea che l’URSS deve accelerare sullo sviluppo economico, deve
migliorare nettamente le proprie performance economiche
Gorbachev ha ben chiari i limiti e i problemi del sistema.
Dal punto di vista economico: un sistema rigido che aveva mancato la modernizzazione,
che non riusciva a competere con le economie capitaliste, quindi idea che fosse
necessaria una forte e profonda modernizzazione del sistema economico. Qui
Gorbachev cercò di introdurre alcuni elementi di liberalizzazione, non produssero grandi
risultati ma dal punto di vista programmatico si.
Dal punto di vista del mondo della comunicazione ci furono grandi risultati: la censura fu
alleggerita, si poterono pubblicare e leggere libri che prima erano vietati, all’intellettuale
veniva concesso di esprimere anche opinioni critiche, insomma si ampliarono gli spazi di
un dibattito pubblico libero.
Dal punto di vista della politica estera: va tenuto ben presente il contesto, le difficoltà con
cui Gorbachev doveva fare i conti, si trovava in una posizione nel quadro
dell’antagonismo degli USA che era di debolezza, da un lato faticava sempre più a
reggere i costi per la competizione sugli armamenti che portava a destinare a questo
scopo risorse ingenti cui il paese non disponeva più. Inoltre una guerra, quella in
Afganistan, la stava logorando. Qui Gorbachev ha un approccio riformista perché, invece
che sulla competizione militare, punta al dialogo, a una nuova forma di comunicazione
con l’Occidente con l’ottica di garantire una nuova sicurezza. Negli USA c’era Reagar,
con il quale si incontra nel 1985, discutono di progetti e programmi con prospettive di
disarmo, con un clima molto cordiale, disteso. Frutti concreti non ci saranno ma si
pongono le basi per gli accordi negli anni seguenti.
Inoltre Gorbachev fa un’altra cosa molto importante, cioè afferma come orientamento,
principio generale e universale nei rapporti fra li stati quello della libertà di scelta: ciascun
popolo avesse diritto all’autodeterminazione e questo era di grande importanza nel
quadro dei rapporti interni al blocco sovietico.
L’obiettivo di Gorbachev era quello di modernizzare con l’ottica di un nuovo stadio della
rivoluzione bolscevica ma finisce per porre le basi e avviare una fase con altri esiti,
ovvero il crollo del comunismo e la scomparso della stessa Unione Sovietica, esiti che
Gorbachev non voleva assolutamente conseguire. E questo accade fra il 1989 e il 1991.
Il 1989 fu un anno decisivo nella storia sia europea sia mondiale: crollò il comunismo in
tutti i paesi o comunque si avviarono transizioni politiche in tutti i paesi dell’Europa
orientale. In parte i processi che si misero in moto nei singoli paesi sulla base di vicende
pregresse, problemi, situazioni nazionali e in parta anche per effetto di fattori
internazionali o transnazionali, tra cui il ruolo importante delle politiche di Gorbachev. Ci
fu anche una sorta di “effetto domino”: la caduta o l’indebolimento del comunismo in un
paese si rifletteva su quelli vicini etc…
Fra i vari fattori comuni, oltre le politiche dell’URSS e oltre alla crisi economica e sociale,
troviamo altri elementi comuni i quali: rapporti con l’Ovest e soprattutto il confronto con
l’Ovest, con l’Occidente capitalistico che soprattutto agli occhi delle generazioni più
giovani era un confronto che diventava sempre più impetuoso, desiderio di uno stile di
vita diverso “all’occidentale”.
La Polonia anche nell’89 ebbe un’importanza notevole perché fu il primo paese in cui
cadde il regime comunista. Fra l’88 e l’89 si ebbe un altro giro di proteste, scioperi e
manifestazioni il governo alla fine dovette scendere a patti, varare molte riforme ma
sopratutto riconoscere Solidarnosc consentendogli di riemergere dalla clandestinità.
Molto importante fra gli esponenti è la figura di Mazowiecki: da qui a un paio di mesi in
Polonia si tengono le primi elezioni libere del blocco sovietico alle quali Solidarnosc
partecipa, vince e si arriva a un nuovo governo di coalizione governato appunto da
Mazowiecki. Qui abbiamo ancora una prima volta: governo guidato da una persona non
del partito comunista, anzi dell’opposizione.
Altri sviluppi importanti li troviamo nella Germania Est: si (ri)apre una questione nel 1989
cioè quella dell’esodo dei cittadini Tedeschi orientali verso l’Occidente. Questo fa
sviluppare movimenti di piazza, periodici (lunedì), i cittadini scendono in piazza per
chiedere libertà e democrazia, richiesta di riforme nel senso di una democratizzazione
del sistema. A questo punto i dirigenti della Germania Est decidono di consentire con
maggiore facilità la possibilità di espatriare.
Il 9 novembre fa una conferenza stampa un portavoce del governo che in un momento
di confusione si trova un po’ spiazzato quando dai giornalisti arriva la domanda su
modalità e tempistiche di questa liberalizzazione degli espatri e quindi a queste
domande in maniera un po’ confusa e contraddittoria dice “da subito”. Quello che
succede nelle ore seguenti è molto noto: migliaia di persone per strada si riversano sui
varchi di frontiera (su entrambi), le guardie sono colte alla sprovvista e alla fine fanno
passare questa marea umana. Sempre nelle ore seguenti, il 9 novembre 1989, abbiamo
la caduta del muro di Berlino: non separa più, anzi si più passare da una parte all’altra e
oltre a salirci sopra, festeggiare, incontrarsi iniziano anche a distruggere fisicamente il
muro. Con la caduta del muro di Berlino abbiamo non solo la fine di una città divisa e di
una Germania divisa, ma di una Europa divisa.
Fu una rivoluzione pacifica quasi ovunque, tranne in Romania, con i caratteri di una
transizione quasi concordata.
Qui si pone la questione della riunificazione delle due Germanie in una. Helmut Kohl:
importante leader della Germania ovest, cancelliere dal 1982 che gestisce con grande
abilità questo processo, riesce a superare tanti ostacoli perché non era affatto pacifica la
riunione delle due Germanie, sia per la Germania stessa ma anche per i paesi vicini,
alcuni erano molto restii a pensare che la Germania potesse ridiventare una, che poteva
risultare destabilizzante per gli equilibri europei, si potevano ripresentare dei problemi
per una grande Germania in una Europa non più divisa etc… insomma c’era molta
resistenza nei confronti di questo scenario della riunificazione e Kohl fu molto abile a
rassicurare i partner europei a partire dalla Francia garantendo che la riunificazione
tedesca non avrebbe posto problemi e pose come garanzia un rafforzamento
dell’integrazione europea, ovvero, Kohl si impegno a “costruire la casa tedesca sotto un
tetto europeo”. Nel 1990 si poté festeggiare la riunificazione tedesca: la Germania tornò
ad essere un paese unito.
1992 Trattato di Maastricht: nascita dell’Unione Europea (UE), non più solo
un’integrazione economica ma anche di tipo politico con un programma di integrazione
monetaria che porterà dieci anni dopo all’adozione di una moneta unica (Euro) la cui
entrata in circolazione all’inizio del 2002 viene a rappresentare la fase conclusiva di
questo percorso di integrazione monetaria che prevede che i paesi che vi partecipano si
impegnino a rispettare tutta una serie di criteri, i cosiddetti parametri di convergenza,
che riguardano il valore dell’inflazione, il rapporto fra il deficit e il PIL e il rapporto fra il
peso pubblico e il PIL.
Nel 1992 si era già compiuta la parabola storica dell’Unione Sovietica, che si era dissolta
per effetto delle spinte nazionaliste delle repubbliche che la compongono, manifestate
prima nei paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e poi altrove spingendo queste
repubbliche a staccarsi e a proclamarsi indipendenti dall’URSS, da Mosca. Gorbachev
prova a respingere queste spinte nazionaliste, a volta anche con la forza (Lituania) ma
senza riuscire a contenere questo effetto di sgretolamento. Questo perché non riguardò
solo i paesi periferici ma anche nel cuore della Russia abbiamo una crisi del potere
federale e un rafforzamento delle istituzioni nazionali: qui gioca un ruolo importante
Boris El’cin, eletto presidente della repubblica russa nel quadro delle vicende di questi
anni. Le forze più conservatrici (PC) tentano un colpo di Stato che fallisce per la reazione
popolare con El’cin che si impone come la nuova figura centrale.
Il 25 Novembre 1991 Gorbachev annuncia le sue dimissioni: giorni prima era stato firmato
un accordo fra El’cin e altre repubbliche ex-sovietiche con il qualche istituiscono un
organismo che chiamano CSI (comunità egli stati indipendenti). Quindi al posto
dell’URSS decidono di istituire una nuova comunità, che non avrà grandi sviluppi ma di
fatto dichiarano la morte dell’URSS. Nasce la Russia come la conosciamo noi.
Si apre una nuova epoca: che per i paesi dell’Europa Orientale e la stessa Russia sarà
segnata da una difficile transizione che dal punto di vista economico e sociale sarà
traumatica, un profondo cambiamento per alcuni paesi che negli anni seguenti
entreranno nell’UE.