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Storia contemporanea

Manuale che propone una storia d’Europa che non prevede un’alternanza fra capitoli e
paragrafi generali e poi sull’Italia ma si calano le singole storie nazionali nel quadro più
ampio della storia europea, di tutta l’Europa, non incentrata solo su i paesi principali
anche se naturalmente ci saranno paesi che per l’importanza delle vicende che hanno
vissuto, per il carattere di guida che hanno avuto e dell’esemplarità delle vicende
saranno più centrali (Germania).
Seconda metà del Novecento è una “terra di nessuno”.

Duplice livello: res gestae (azioni compiute da uomini e donne nel passato) e la historia
rearum gestarum (il restoconto, la scrittura delle res gestae).
Relativamente alla seconda accezione parliamo di storiografia, cioè scrittura della storia.
Rapporto fra passato e presente
La storia studia il passato ma è molto importante comprendere che non ci interessa il
passato escluso dai rapporti con il presente, anzi. Si cercano conoscenze, chiavi di lettura
per operare non nel passato, dove non si può operare, ma nel presente.
SEGUIRE CON GRANDE ATTENZIONE L’ATTUALITA’ POLITICA, ECONOMICA E
CULTURALE.
Storia contemporanea: fase storica in cui ancora viviamo, in cui stiamo attualmente.
Ha inizio quando i problemi che sono attuali oggi assumono una loro fisionomia, cioè
quando emergono i problemi dell’oggi (Joffrey B.).
Periodizzazione: suddividere il passato in segmenti cronologici omogenei dotati ciascuno
di caratteristiche proprie che li distinguono degli altri.
Quando posso dire che c’è una cesura? Cioè quando posso dire che finisce un’epoca e
ne inizia un’altra? (rivoluzione francese).
La periodizzazione serve per organizzare il flusso del tempo dandogli un significato,
dando un senso al passato. Infatti la periodizzazione ha sempre una valenza
interpretativa.
Fine Settecento: rivoluzione americana, rivoluzione industriale e rivoluzione francese.
Con la rivoluzione francese entriamo nella grande stagione delle rivoluzioni borghesi,
segna il passaggio dalla monarchia di diritto divino alla democrazia, alla sovranità
popolare, inversione nella visione della politica e dei fondamenti stessi del potere.
Eric Hobsbawm: quattro libri su Otto e Novecento, di cui tre sull’Ottocento considerato
un secolo lungo perché lo fa iniziare nel 1789 e lo fa concludere con lo scoppio della
Prima Guerra Mondiale, e uno per il Novecento L’età degli estremi di cui il sottotitolo Il
secolo breve è diventato famoso, perché primo il libro esce nel 1994, quando il secolo
non era ancora finito, ma perché lo fa finire? Perché per lui il secolo inizia nel 1914
(cesura) e finisce nel 1991 con la fine dell’Unione Sovietica e si chiude la grande parabola
del comunismo sovietico iniziata con la rivoluzione russa nella Prima Guerra Mondiale.
Questo ci fa capire che non necessariamente i secoli durando cento anni perché sono
sistemi interpretativi per dare ordine e senso.

Periodizzazione del Novecento di Hobsbawm: tripartizione in età della catastrofe (1918-


1945) caratterizzato dalle due Grandi Guerre, età dell’oro caratterizzato da un forte
sviluppo economico, sociale, miglioramento delle condizioni di vita etc… e età della frana
(metà anni 70-1991) crisi economica, rimessa in discussione dell’ottimismo e della
speranza, tra cui anche economica, dell’età dell’oro.
Anche nel manuale il Novecento è tripartito con delle differenze: non è un secolo breve,
visto che continua anche dopo il Duemila e poi la tripartizione è diversa (la II Guerra
Mondiale non è la conclusione della prima fase ma inizio della seconda, il passaggio alla
terza fase è leggermente retrodatato, intorno al 1970).
Atlante: quadripartizione.
Condizioni con le quali l’Europa entra nel 1900: aveva vissuto nel corso dell’Ottocento,
più intensamente nella parte finale, uno sviluppo economico importante (aumento della
produzione, Seconda Rivoluzione Industriale e conseguente forte diffusione
dell’industrializzazione etc…) e inoltre si andava ingrandendo il divario fra l’Europa
(primato economico) e il resto del mondo.
Tabella: all’inizio del Novecento un quarto della popolazione mondiale è costituito da
Europei. È un continente popoloso, che si trova al centro di un mondo che si sta facendo
sempre più globale e interconnesso, nel quale l’Europa diffonde modelli economici,
tecnologie, merci e prodotti, idee e valori. L’Europa è letteralmente al centro del mondo
all’inizio del Novecento.
Esposizioni universali (Exposition de Paris 1900). Convergenza verso Parigi, visitatori da
tutto il mondo, per celebrare la modernità e il progresso, definiti in francese Belle
Epoque. Forse appariva più bella di quella che era in realtà, non mancavano gli squilibri,
le disuguaglianze, disparità di sviluppo e contraddizioni rilevanti. Viene chiamata belle
epoque perché il periodo che segue è la I Guerra Mondiale.
Fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento ci sono degli eventi che contraddicono
l’immagine dell’Europa come predominio indiscusso: sconfitta coloniale nel 1896 con la
battaglia di Adua da parte dell’Etiopia in quanto un esercito moderno viene sconfitto da
una forza “primitiva”, Russia sconfitta dal Giappone. Questi eventi fanno scattare dei
campanelli d’allarme in quanto paesi europei perdono in guerra contro altri paesi
(guerra uno dei più grandi indicatori di potenza, predominio e onore).
Germania: protagonista della Seconda Rivoluzione Industriale, diventa una grande
potenza in pochi decenni. Nel giro di poco tempo si estende anche agli altri paesi
(buona parte del resto d’Europa, come la Francia, l’Italia che vede però lo sviluppo
economico concentrato, in parte la Russia), perde terreno in termini relativi il Regno
Unito. Poi ci sono dei paesi che rimangono arretrati: Penisola Iberica e Paesi Balcanici.
Si affacciano nuove forme di distribuzione commerciale, cambia il rapporto con il
consumo (grandi magazzini, Francia, in cui l’esperienza e l’acquisto cambia
completamente rispetto alle botteghe e ai negozi tradizionali, templi del consumo in cui
le merci sono tante, accessibili e con prezzi fissi).
Inoltre ci sono dei grandi cambiamenti al livello produttivo in quanto inizia ad affermarsi
il modello Fordista: fordismo che nasce in America come casa automobilistica e poi si
espande anche in Europa con l’idea di fare automobili per tutti in modo seriale a basso
prezzo, fondata da Henri Ford che inserisce il sistema di montaggio riformando il sistema
produttivo, parcellizzazione del lavoro, specificità del lavoro, grande fabbrica, alti salari
(anche gli operai devono comprare le automobili), consumazione di massa.
Da qui arriviamo al taylorismo: studio scientifico del lavoro degli operai per rendere il
lavoro efficiente al massimo (lavorare il minimo per produrre il massimo).
Organizzazione scientifica del lavoro che rende la massima prestazione produttiva.
Naturalmente questo non resta senza conseguenze per il lavoro.
Altro elemento caratterizzante l’Europa all’entrata del Novecento è l’urbanizzazione:
sempre più persone vanno a vivere nelle città (compresenza di tradizionale e moderno,
elettricità, edifici in costruzione quindi città che cresce in particolare in altezza, ambiente
borghese, assenza di natura, smog cioè smoke (fumo) and fog (nebbia), persone
anonime, alienazione).
Condizioni di vita molto dure per i ceti poveri nelle città, lavoratori e alienazione.
Società di massa: lavoro nelle fabbriche, aggregazione sociale come esperienza
quotidiana, politica.
La politica del Novecento diventa una politica di massa: sviluppo dei sindacati operai e
dei partiti e movimenti socialisti. Primo partito socialista europeo: social-democratico
tedesco (SPD) Sigfrido che pulisce la spada dopo aver ucciso il drago dell’oppressione
degli operai, del conservatorismo, sfondo significativo in quanto c’è un sole che sorge,
sol dell’avvenire, nuova era di liberazione per i lavoratori e per tutta l’umanità governato
dal socialismo e guidato dall’SPD. Partito di massa: carattere popolare, organizzazione
molto articolata con le sezioni locali, con i circoli, presenti e con rapporti con i sindacati,
che mediano gli interessi dei sindacati dandogli espressione politica, hanno moltissimi
iscritti e militanti. Introducono un nuovo modo di fare politica.
Socialismo fino ‘800 inizio ‘900: solidaritat der arbeit (solidarietà dei lavoratori),
rappresenta la solidarietà internazionale dei lavoratori, libertà, fraternità e uguaglianza
(angelo). Socialismo internazionalista: vuole unificare i lavoratori di tutto il mondo, che
hanno tutti gli stessi diritti e oppressioni e che si devono coalizzare per abbattere
l’oppressore. 1889 viene istituito il giorno della celebrazione internazionale dei lavoratori
(1° maggio).
Questo tipo di socialismo inizia a incrinarsi: il socialismo lavora al livello nazionale,
l’internazionalismo viene sempre più affiancato da una dimensione nazionale che diventa
sempre più importante.

L’ascesa del socialismo fu importante anche perché ebbe degli effetti significativi
sull’evoluzione generale dei sistemi politici e dei paesi. Non è un caso che all’inizio del
Novecento, anche se in modo molto diverso, nei vari paesi furono introdotti
provvedimenti riguardanti i lavoratori (norme di carattere sociale, come assicurazioni,
regolamentazione dell’orario di lavoro, pensioni, diritto allo sciopero etc…) volti ad
alleviare le dure condizioni di lavoro. Tutto questo viene fatto ovviamente per effetto del
crescere del movimento lavorativo (dimensione di massa dell’inizio del Novecento).
Un aspetto importante da questo punto di vista è quello dell’allargamento della
cittadinanza politica che passa per un ampliamento del diritto di voto: nei primi due
decenni del Novecento il diritto di voto viene esteso a settori della popolazione che
prima ne erano privi e si va verso il suffragio universale maschile (molti paesi prima della
guerra mondiale). Le donne rimanevano quasi ovunque escluse dalla cittadinanza
politica: movimenti di donne (prima di tutto in UK e poi anche in USA) che rivendicano il
diritto di voto, definite “suffragette”. I primi paesi a riconoscere il diritto di voto alle
donne furono paesi nordici, scandinavi, ma la Gran Bretagna fu il primo dei “grandi”
paesi. Questo perché si tendeva a ricondurre la donna alla sfera privata, incapace di
prendere una decisione responsabile e informata e di partecipare alla vita cittadina
politica, e l’uomo alla sfera pubblica.
Nazionalizzazione delle masse
The nationalization of the masses di George L. Mosse, anni ‘70: (fotografia di una scena
di un corteo storico in costume).
I governi e le élite politiche si pongono come obiettivo di integrare le masse nella
nazione: la nazione non è un qualcosa che esiste in natura, è una comunità di persone
pensata come tale, c’è bisogno che le persone si pensino come nazione, sentano di
appartenere a una comunità umana (dipendente da varie fattori).
Strumenti che furono utilizzati per farlo:
• rafforzare le tradizioni e l’identificazione di un passato comune e unitario
(cerimonie, parate, feste etc...)
• identificazione per differenza (nemico)
• monumenti: per tramandare una certa idea di passato (Volkerschlactdenkmal,
Lipsia: inaugurazione di un monumento per celebrare i caduti, cripta, che
sconfissero le armate napoleoniche, inizio ‘900, costruito sulla vittoria di un
nemico)
• dimensione del coinvolgimento emotivo
• scuola (geografia nazionale, lingua nazionale, storia nazionale)
• esercito nazionale e leva obbligatoria (cittadini e contadini vengono messi
insieme, gli viene fatto passare un lungo tempo insieme e vengono educati non
solo alla disciplina militare ma anche a quella nazionale)
Forme di nazionalizzazione delle masse: forma che parte dalle istituzioni, dell’élite verso
la società, proiezione dell’alto verso il basso. Ma questa è solo una parte: esiste anche il
nazionalismo dal basso, ovvero che vengono da movimenti e associazioni nazionaliste
(lega pantedesca 1914, “lo spazio della nazione di estende fin dove arriva l’eco della voce
tedesca). Questo tipo di nazionalismo è espansionistico, ideologico e aggressivo anche
perché siamo all’apice della espansione europea nel mondo (1914 l’Africa e l’Asia sono
quasi completamente colonizzate dalle potenze europee).
Corsa coloniale: non solo i paesi che hanno una lunga tradizione di colonizzazione alle
spalle ma quasi ogni paese europeo (anche l’Italia che è un paese appena nato, 1861).
Pascoli (pro alla guerra in Libia) parla dell’Italia come la grande proletaria: tante bocche
da sfamare, tanta prole. Ci troviamo nell’età della grande migrazione verso le Americhe
e la retorica nazionalista che Pascoli sposa è quella appunto della grande proletaria che
si è mossa per andare a conquistare la Libia, per lavorare lì, perché appartiene agli
Italiani: nazionalismo imperialista, si pone in una posizione di superiorità per cui il popolo
italiano ha il dovere di andare a “civilizzare” una popolazione “incivile” (gerarchia dei
popoli), idea che l’Italia, martire e solo da poco risorta (unità), sia soffocata. Diritto –
dovere all’impero e alle colonie.
Ovviamente nelle colonie l’estensione della cittadinanza non vale, anzi, i colonizzati sono
“sudditi”, non “cittadini”.
Il villaggio senegalese all’Esposizione universale di Liegi, 1905: analogia con lo zoo,
questo genere di rappresentazioni era molto comune nelle esposizioni, definiti
comunemente “zoo umani”. Questo ci suggerisce una forte e grande disparità nel senso
di una linea divisoria fra chi guarda, che è civilizzato, e chi viene guardato, che è
indigeno, indietro su una scala evolutiva, inferiore.
Razzismo come componente cruciale e importante per comprendere il colonialismo
europeo, ci fa capire anche perché nelle colonie gli europei si sentono in diritto di tenere
certi tipi di comportamenti che nel loro paese non tengono (primi campi di sterminio
etc…).
Corsa all’imperialismo: produce contese (Lenin).
Area dei Balcani: zona in cui ci furono tantissime tensioni (focolaio balcanico). In questi
anni si combattono diverse guerre che sono il frutto di diverse rivalità e contese per il
controllo di quell’area. L’elemento fondamentale è quello della crisi dell’impero
ottomano, perché fino alla fine dell’Ottocento gli ottomani controllano una buona parte
dei Balcani ma che, vivendo una crisi profonda, lascia sviluppare nel territorio balcanico
dei sentimenti nazionalisti. In tutto ciò si innestano dei contrasti fra paesi europei,
specialmente fra l’Austria – Ungheria e la Russia, grande sostenitrice della Serbia. Queste
guerre (1912-1913) portano alla perdita da parte degli ottomani di quasi tutti i
possedimenti che avevano in Europa e in quegli spazi si creano le tensioni per la loro
conquista.
In Europa, alla vigilia della I Guerra Mondale, sono compresenti (si contrappongono) due
sistemi di alleanze: Triplice alleanza (Italia, impero austro-ungarico e Germania) e Triplice
Intesa (Russia, Gran Bretagna e Francia).
È uno scenario caratterizzato da: sistema delle alleanza, aspetto del nazionalismo
aggressivo, militarista ed espansionistico, aspetto del focolaio balcanico, l’idea che la
guerra sia una cosa positiva (per “smuovere le acque” e ritornare a una situazione più
autentica sociale e politica), dovrebbe essere una guerra che serve a conseguire gli
obiettivi nazionali e sopratutto una guerra veloce, breve, anche una minaccia (politici e
capi stato della prima guerra mondiale come sleepworkers, sonnambuli incoscienti di a
cosa stanno andando in contro).

5-12 luglio 1914: assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, attentato a Sarajevo


(Balcani) che fu la scintilla che fece scoppiare la Grande Guerra. Non fu così importante
di per sé se non fosse inserito in un contesto di tensioni che caratterizzavano quel
periodo.
Tensioni accumulate nei Balcani sono sia tensioni locali sia tensioni che chiamano in
causa le potenze europee e chiamano in causa anche il sistema delle alleanze.
La Grande Guerra, nel momento in cui scoppia, viene accolta da porzioni rilevanti delle
società europee come una grande prova per la propria nazione, che deve mostrarsi
coesa e forte (sorta di “unione sacra”). Questo clima coinvolge in buona parte anche i
movimenti socialisti e rivoluzionari che facevano dell’internazionalismo la propria
bandiera ma per una buona parte dei socialisti europei la guerra, e con lei il
nazionalismo, segna prevalere sull’internazionalismo, che viene momentaneamente
accantonato.
È una guerra che vede protagonista soprattutto la Germania, che combatte su due
fronti: occidentale (Francia e Gran Bretagna) e orientale (Russi). È una guerra che,
mescolando vari aspetti, si presenta come una guerra nuova.
Tecnologia: nuovi materiali, nuove macchine, nuove invenzioni. L’arma che più incide è
la mitragliatrice (frutto della seconda rivoluzione industriale, molti proiettili in una
quantità di tempo molto ridotta). Mitragliatrice come “regina delle trincee”. Armi
chimiche. Blindati.
Guerra di posizione: trincee (soprattutto sul fronte occidentale), falciare direttamente chi
attacca.
Guerra marina e anche sottomarina: sommergibili. Presenza del mare.
Maggio del 1915 il Lousitania viene affondato dai Tedeschi (siluri), un transatlantico
inglese di civili, aiuti e riferimenti che gli USA inviavano al Regno Unito. Affiorirsi della
differenza fra civili e militari: la popolazione civile diventa bersaglio della guerra.
Guerra aerea: molto ancora agli inizi, qualche bombardamento ma non di certo sulla
scala che raggiungeranno in seguito.
1917 intervengono gli USA, spostano gli equilibri a favore dell’Intesa, inizia ad andare
male ai paesi dell’Alleanza, che iniziano avere dei problemi politici: la Triplice Intesa inizia
a vincere grazie alla maggioranza di risorse “umane” (più uomini) ma anche economiche.
È forse la prima e vera guerra di massa, eserciti di milioni di persone, frutto della leva
obbligatoria di massa e del processo di massificazione e nazionalizzazione.
Quasi 10 milioni di vittime, decine di milioni di feriti (gravi o rimasti invalidi), e fra l’ultimo
anno di guerra e il primo del dopo guerra il numero di decessi sale anche a causa di una
epidemia, cioè la Febbre Spagnola (annunciata da loro perché non coinvolto nella
guerra e quindi non dovevano non risultare deboli, mentre gli altri paesi si, vittime della
censura di guerre). Questa febbre fa una quantità di morti mostruosa (circa 50 milioni di
morti). Nesso fra Febbre Spagnola ed epidemia: la condizione di guerra non aiuta,
diffusione di virus molto “facile” nelle trincee, condizioni igieniche bassissime, debolezza
fisica e soprattutto mancanza di risorse sanitarie, che erano impegnate nella guerra.
Memoria eroica, sacralizzata della guerra come grande prova della nazione attraverso
commemorazione, monumenti etc… sovrastò la memoria pubblica della Febbre
Spagnola, di cui i morti non furono mai celebrati.
Guerra dalla dimensione fortemente ideologica: i paesi affrontarono la guerra pensando
di star combattendo uno scontro di civiltà, ogni paese pensava di incarnare la “vera
civiltà” e di sconfiggere quei paesi che tanto civili non erano e che anzi minacciavano la
loro civiltà. Guerra di valori: “noi” incarniamo i veri valori positivi, “voi”, nemici, incarnate
quelli negativi. Questo spiega anche il carattere radicale della guerra: se un nemico
portatore di una incultura, o comunque di una cultura minore, può minacciare la mia
cultura, quello andrò a perdere non sarà un pezzo di terreno o beni materiali, ma valori
e ideologie che caratterizzano la mia cultura.
La cosiddetta “terra di nessuno” era quella striscia di terreno (circa 100m) che divideva le
due schiere nemiche di trincee in cui nessuno si avventurava perché si rischiava di essere
fucilato, ucciso. L’esperienza dei soldati in trincea fu molto traumatica perché si sentivano
alla mercé di una forza più grande li loro, l’uso della tecnologia, il gas era molto più
grande di loro, periodi lunghissimi, in trincea, in cui non succedeva nulla e in cui la noia
regnava alternati a momenti colmi di cose (bombe, sparatorie etc…). Il modo per
superare questa condizione fu per i soldati fu il cameratismo, lo spirito di gruppo, farsi
forza assieme e allo stesso tempo fu la ricerca di comprendere questo sistema di
dinamiche che non capivano attraverso la creazione di miti, false notizie, regredendo
culturalmente, credendo a qualsiasi cosa. Infatti gran parte ebbero degli effetti post-
bellici di nevrosi, disturbi psichici. Nonostante ciò continuarono a combattere in nome di
un cosiddetto “patriottismo difensivo”, resistere perché i “bruti” avrebbero distrutto la
propria nazione e civiltà. I borghesi invece in nome della nazione, di quella nazione alla
quale erano stati educati in tempo di pace.
Oltre il fronte di guerra bisogna guardare anche al cosiddetto fronte interno: civili. Tutta
la società viene, direttamente o indirettamente, chiamata a combattere la guerra
(bombardamento, targhe di deportazioni e massacri, violenze).
Sterminio degli Armeni: area del Caucaso (tra Turchia e Russia), regione di confine. La
Turchia considerava l’Armenia una possibile “quinta colonna” per sostenere la Russia in
guerra e così li fecero deportare, con delle marce forzate, attraverso la Mesopotamia, in
Siria (circa 1 milione di morti). Si discute ancora sul fatto che sia o no un genocidio (la
Turchia non riconosce l’esistenza del genocidio), presa di responsabilità (intenzionalità o
meno) come problema sostanziale.
Anche per questo si può parlare di una guerra totale. Tutti i sistemi economici vengono
inclusi.
Lo Stato assume dei ruoli nuovi o comunque li amplia, perché deve “badare” sia al fronte
interno sia a quello esterno.
Dimensione globale: quasi tutto il mondo ne prese parte, magari solo territorialmente,
anche se la maggior parte venne combattuta in Europa.
Le colonie ebbero un gran peso (alleati): i colonizzati combattevano, la forza lavoro, le
risorse economiche etc…
Fu globale anche sotto il profilo economico: si parla spesso di una prima globalizzazione
dell’economia verso la fine dell’Ottocento (commerci e scambi internazionali...). Questa
strada verso la globalizzazione la guerra la blocca completamente (blocca i commerci
internazionali, cambiano i protagonisti).
Novità data dalla Grande Guerra: rapporti tra USA e Europa. Gli USA aiutarono
finanziando lo sforzo bellico dell’Intesa (oltre ai rifornimenti), inoltre il suo intervento nel
‘17 determina la vittoria dell’Intesa. Quando entra in guerra lo fa con un messaggio
ideologico forte compendiato nei 14 punti di Wilson (presidente) che rappresentano
come gli USA prevedono la pace (dopoguerra): riforndazione della diplomazia
internazionale, l’autodeterminazione dei popoli e per mantenere la pace, la creazione di
un nuovo tipo di organizzazione internazionale (società delle nazioni). Con l’entrata in
guerra e i 14 punti gli USA si assumevano una nuova resposabilità verso l’Europa e verso
il mondo.

Rivoluzione russa: due fasi


Caduta dello zar Nicola II.
Soviet: assemblee (consigli) formate da operai, contadini, soldati sui luoghi di lavoro, a
livello locale, attraverso le quali questi soggetti si autogovernavano, si esprimeva un
potere dal basso. Così si crea un dualismo di poteri: governo (liberal-democratico) e
soviet (prevalentemente socialista).
Lenin: leader dei bolscevichi (partito più radicale). Nell’aprile del 1917 fa ritorno in Russia
dall’estero (causa delle scarse possibilità politiche che c’erano) e stila le Tesi d’Aprile, cioè
il programma dei bolscevichi. Secondo lui i soviet sono l’unica forma di governo
rivoluzionario (non il governo liberal-democratico), l’organo di autogoverno del
proletariato, non bisogna costituire una repubblica parlamentare (democrazia
rappresentativa) bensì una repubblica dei soviet, cioè una forma di democrazia diretta,
autogoverno, rappresentanti revocabili.
Uscire dalla guerra, migliorare le condizioni degli operai, restituire le terre
Rivoluzione d’Ottobre: i bolscevichi si “prendono il potere” con l’attacco a Pietroburgo e
la presa del palazzo d’Inverno (sede del parlamento). La situazione cambia radicalmente
perché ciò che aveva detto Lenin viene fatto: la Russia esce dalla guerra, restituisce le
terre ai cittadini, istituisce forme di controllo operaio sulle industrie, che vengono
nazionalizzate (nazionalizzazione delle industrie).
Dopo che era caduto lo zar, a Novembre, erano state indotte le elezioni per l’assemblea
costituente (si ricorre alla costituente quando si pone una situazione politica nuova e si
deve creare una costituzione), vinte dai socialisti-rivoluzionari e i bolscevichi, avendo
perso, la sciolgono sulla base del principio che il potere dell’assemblea costituente è
subordinato a quello dei soviet, essendo comunque una forzatura autoritaria che avrà
delle conseguenti azioni basate su questa autoritaria.
Per la prima volta un partito di orientamento socialista rivoluzionario prende il potere e
lo mantiene, costruendo uno Stato di tipo socialista.
Creazione di uno stato federale: unione di repubbliche socialiste sovietiche (URSS), di cui
la prima è la Russia, cui si uniscono l’Ucraina, la Bielorussia, la Georgia, paesi asiatici etc…
I bolscevichi avevano l’obiettivo di creare un’alternativa al sistema capitalista e al governo
liberal-democratico, non pensano di aver compiuto il loro dovere rivoluzionario una
volta preso il potere in Russia: espansione a una rivoluzione mondiale.
1918, Novembre, fine della guerra.
Europa del primo dopoguerra: si sviluppano una serie di dinamiche che affondano le
loro radici nella I Guerra Mondiale.
Importanza che assumono le contrapposizioni politico-ideologiche: politica fortemente
conflittuale (rivoluzione russa che si propone come modello alternativo e vuole
esportarlo, quindi chi sposerà questa prospettiva e chi si schiererà contro), sia nazionale.
sia internazionale (guerra civile europea), caratterizzato da violenza politica
Stabilire una pace: 1919/1920 conferenza di Parigi, bisogna ridisegnare l’Europa, decidere
cosa fare con la Germania (trattato molto duro). Il concetto è che la Germania deve
essere punita.
- i quattro imperi centrali crollano
- nascita di nuovi stati nazionali
- creazione di un cordone sanitario (estonia, lettonia, lituania etc…) per impedire
l’espansione della rivoluzione russa in occidente, che rimane tendenzialmente simile (è la
zona centro-orientale che viene completamente stravolta
- bisognava assicurarsi, inoltre, che una situazione come quella della I Guerra Mondiale
non si presentasse più, così viene istituite Società delle Nazioni per garantire il rispetto
dei trattati: idea di un organismo internazionale in cui ci si confrontava, si trattava, ci si
aggiornava etc… è una cosa completamente nuova e innovativa. Alla Società delle
Nazioni non partecipano gli stati sconfitti, la Russia e gli Stati Uniti che smentiscono la
politica di Wilson, scelgliendo la via dell’isolazionismo, creando un gran problema per la
Società delle Nazioni (chiave di volta).
Non mancarono le critiche da osservatori più attenti, anche riguardanti le punizioni
molto dure verso la Germania, Keyns pone l’attenzione sulla sua possibile rivendicazione.
- brutalizzazione della politica: violenza politica che discende direttamente dalla guerra
(abitudine alla guerra).
- radicalizzazione della politica: scontri ideologici (rivoluzionari e contro-rivoluzionari)
alla base di molti conflitti interni ed esterni.
- scontri e conflitti abbondanti (indipendenza dell’Irlanda dal Regno Unito)
Guerra civile russa: fra bolscevichi (rivoluzionari) e contro-rivoluzionari (volevano il
governo), cioè lo scontro fra i rossi (armata rossa) e i bianchi (contro-rivoluzionari).
1919 in Germania i comunisti tentano l’insurrezione che però viene violentemente
repressa dal governo (social – democratico) che si affida a delle squadre para-militari di
orientamento nazionalista (Freikorps) per reprimerli. In Germania però si consolida la
repubblica di Weimar.
Anche in Austria, Ungheria etc… vengono sconfitte le forze rivoluzionarie.
Biennio Rosso (1919-1920) in Italia: occupazione delle fabbriche da parte di comunisti
(falce e martello, quindi non solo vogliono migliorare le loro condizioni ma vogliono
“fare come in Russia”, cioè pensano sia l’inizio di una rivoluzione, infatti sono armati,
pensano che le armi siano il mezzo per difendere la rivoluzione). La rivoluzione fallì,
dopo una serie di azioni. Nell’ambito delle forze contro-rivoluzionarie emersero i fasci
italiani di combattimento fondato da Mussolini, che si presenta come un anti – partito,
una forza politica ibrida con un programma al tempo stesso nazionalista (anti –
socialista) e rivoluzionario (di sinistra), che nasce con il proponimento di valorizzare la
guerra. Da qui nasce l’adozione da parte delle squadre fasciste della violenza contro i
nemici, cioè i socialisti.
1919 creazione di una Internazionale Comunista (terza internazionale): per “diffondere” la
rivoluzione proletaria con i 21 punti. È una rete internazionale di partiti comunisti che
devono rompere con le forze riformista, devono adottare una linea rivoluzionaria,
devono sostenere la Russia sovietica e devono attuare la rivoluzione nei singoli paesi.

Radicalizzazione e brutalizzazione della politica nel primo dopoguerra.


Gli anni Venti da un lato saranno caratterizzati da questi lascivi, da questi problemi e
questioni ma dall’altro si inizierà a percorrere una strada, per l’Europa, che sembrava
condurla verso una stabilizzazione (contrasti).
Germania nel Dopoguerra
Esce sconfitta, le viene attribuita la responsabilità, anche formale, della guerra, viene
fortemente penalizzata (pace punitiva) con clausole territoriali, militari ed economiche,
che costringevano la Germania a rimborsare i danni di guerra: riparazioni erano un
fardello insostenibile per la Germania che inoltre accusava anche i danni di guerra.
Le forze conservatrici e le forze nazionaliste si appellano al vecchio ordine imperiale,
circola molto nella Germania di Weimar la leggenda della pugnalata alla schiena
(ricostruzione degli eventi degli ultimi anni della Grande Guerra secondo la quale la
Germania avrebbe potuto continuare a combattere ma era stata tradita da una parte dei
politici e delle forze sociali (repubblica, forze progressiste) che non volevano continuare
la guerra e avevano portato alla sconfitta).
Nell’area politica (molto vasta, che riuniva insieme la vecchia destra e la nuova destra)
che si riconosce in questa leggenda della pugnalata alla schiena inizia ad emergere una
forza politica: Nsdap (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartel, Monaco di Baviera,
1925), partito nazionalsocialista (partito nazista), che non si riconoscono nella repubblica
appunto, con Adolph Hitler come leader.
Programma a quattro punti principali:
riunione di tutti i tedeschi in una grande Germania (programma pangermanista),
parità di diritto del popolo tedesco di fronte alle altre nazioni,
abolizione delle imposizioni dal trattato di Versailles,
può essere cittadino solo chi è connazionale e può essere connazionale solo chi è di
sangue tedesco (quindi nessun ebreo può essere considerato connazionale). Con questa
formulazione l’ebraismo non viene considerato una religione, ma più come un’etnia,
come una razza. La base per definire chi è ebreo e chi non lo è, in questo programma, è
il sangue, ha un criterio di natura biologica, antisemitismo biologico.
1923 anno significativo: occupazione da parte dell’esercito francese del porto di Duisburg
nella regione della Rurh (zona industriale, ricca e florida) perché la Germania stava
ritardando a pagare i debiti di guerra, per prendersi “da sé le riparazioni. Si innesca una
crisi molto profonda che peggiora ulteriormente la situazione economica della Germania
e fa in particolare crollare il valore del marco, crescita fortissima dell’inflazione (perdita di
valore d’acquisto molto forte). In quest’anno i nazisti tentano un colpo di stato a Monaco
di Baviera che fallisce (repressione, Hitler in carcere).
Da questa crisi la Germania inizia ad uscire grazie a degli eventi: accordo siglato nel
1924, molto importante con le potenze vincitrici (Americani) che prende il nome di piano
Daws, con il quale si rateizzavano le riparazione, si aveva più tempo per pagarle e la
finanza americana prestava i soldi alla Germania per metterla in grado di pagare le
riparazioni e di rimettersi sulla strada della ripresa e alla metà degli anni Venti la
Germania (in realtà tutta l’Europa) si avvia a una stabilizzazione (anche grazie al
contributo finanziario americano) che sembra l’inizio della definitiva uscita delle difficoltà
della guerra e del dopoguerra (condizioni di vita migliorano, economia in ripresa,
consumi ripresi etc…).
1925: conferenza internazionale di Locarno che segna un momento di distensione
internazionale, viene firmato un accordo con un peso politico notevole che vede la
Germania riconoscere i confini con la Francia e il Belgio (sul versante Occidentale)
tracciati a Versailles.
Presenza alla conferenza per l’Italia di Benito Mussolini.
1926: ingresso della Germania nella Società delle Nazioni. Prospettiva di una convivenza
pacifica.
Questo periodo vede la convivenza in Europa di regimi più democratici e liberali
(Weimar) e più totalitari (Fascismo), che aumentano di numero durante gli anni.
Gli aiuti da parte degli Americani sono sia finanziari ma anche di tipo produttivo (modelli
produttivi come Fordismo e Taylorismo, modelli di consumo etc…).
Gli anni seguenti invece mostrano un’inversione di tendenza, che si vedono anche dai
rapporti fra i vari Stati.
Italia e Fascismo
Quello che nasce come un piccolo movimento nel 1919 nell’arco di pochissimi anni (1922)
sale al potere, Benito Mussolini nominato presidente del consiglio, in circostanze
particolari legate all’evento della Marcia su Roma (28-29-30-31 Ottobre 1922) con la
squadra delle camice nere (paramilitari) che intervengono su Roma, con grande
pressione sulle istituzioni che porta alla nomina di Mussolini come presidente dal Re (non
è una presa violenta del potere, perché Mussolini era già stato nominato presidente
prima del 30 ottobre, visto che le porte di Roma vengono aperte ufficialmente solo il 31,
se le istituzioni non avessero voluto le camice nere non sarebbero riuscite a “prendere il
potere”).
Nell’arco di pochi anni Mussolini mette fine allo Stato liberale e instaura una dittatura.
L’omicidio Matteotti causa una breve crisi: il fascismo sembra vacillare ma il Re non
interviene e i sostenitori continuano a seguirlo e sostenerlo e quindi continua per la sua
strada, mentre gli oppositori sollevano una grande questione morale.

Approvazione delle Leggi Fascistissime 1925: si mettevano fuorilegge tutti i partiti, si


eliminava la libertà di stampa, si istituiva un tribunale speciale per giudicare chiunque si
opponesse ai governo etc… con queste leggi l’Italia si trasforma in uno Stato dittatoriale
monopartitico.
1927: discorso per l’ascensione di Mussolini in cui parla dei provvedimenti presi, di coloro
che erano stati mandati al confino, dichiara che l’opposizione non è necessaria per un
regime politico, dice che è superflua in un regime totalitario, dice che l’opposizione è in
noi (opposizione non come categoria politica ma come categoria esistenziale).
Il fascismo riempie tutto il quadro politico e quindi non c’è spazio per diverse visioni
politiche e sopratutto per chi voglia contrapporsi.
Il partito fascista così tende a sovrapporsi con lo Stato. 1928 il Gran consiglio del fascismo
diventa un organo statale. È un partito di massa che dispone di tutta una serie di
disposizioni collaterali (lavoratori, donne, tempo libero, dopo lavoro), crea soprattutto
strutture per inquadrare i giovani (bambini anche molto piccoli), in uniforme, si insegna
sin da piccoli ad essere fascisti. Opera di fascistizzazione degli italiani (sin da bambini
come strumento di indottrinamento ideologico e premilitare), Balilla e Figli della Lupa.
Istituto Nazionale Luce (1937): propaganda politica e costruzione del personaggio mitico
di Mussolini. È un regime dittatoriale che vuole coinvolgere la popolazione, che vuole
educarla e indottrinarla. Non per nulla il fascismo viene definito dagli oppositori e poi si
autodefinisce totalitario: vuole fare degli Italiani dei perfetti fascisti e per fare ciò usa
strumenti anche moderni come il cinema.
Anche nel resto dell’Europa si instaureranno dei regimi autoritari ma non come il
fascismo, non così innovativo, non con un partito unico che vuole inglobale nelle proprie
organizzazione gli altri partiti, non vogliono mobilitare la società e trasformarla, basta
che non ci sia una resistenza organizzata (repressa). Sono comunque forze di destra che
sfidano la democrazia e o la rovesciano o la sostituiscono.
Russia
La prospettiva era quella di una rivoluzione che si sarebbe estesa, che avrebbe
conquistato anche gli altri paesi in prospettiva di una rivoluzione mondiale. Ora questa
cosa non avviene e la Russia rimane l’unico stato socialista, affronterà una lunga guerra
civile da cui ne esce molto provata.
Negli anni Venti nasce la NEP: nuove forme di produzione, soprattutto nell’agricoltura
(es non tutti i contadini devono consegnare tutti i prodotti etc…). Nasce un nuovo ceto
nep che fa affari con questa nuova politica. Mette un po’ in difficoltà i membri del partito
perché l’arricchimento dei nep men (rinascente borghesia nelle campagne) etc… vanno
contro l’ideale di collettivizzazione marxista.
1922 viene costituita l’URSS (enorme stato federale plurinazionale).
L’ispirazione sovietica del potere si perde via via che il potere si concentra sempre di più
nel partito socialista e soprattutto nella sua direzione, diventa sempre di più un sistema
centralizzato e autoritario.
Quindi l’URSS rimane l’unico stato socialista. Lenin nel 1924 muore, c’è una lunga e aspra
discussione per la successione che vedrà imporsi la figura di Stalin che imporrà un alinea
di estremo realismo che prende in mano la situazione riguardo il fatto di fare i conti sul
fatto che l’URSS fosse l’unico paese socialista, con l’obiettivo di difendere il socialismo
dagli altri paesi (che va contro l’ideale iniziale marxista), visione del socialismo in un solo
paese, patriottica in un certo senso, che vede come oppositore la fascia di Trockij.

Anni Trenta: anni di forte destabilizzazione in cui l’Europa visse una crisi, in primo luogo
economica, anche politica che scosse fino alle fondamenta gli equilibri e gli assetti
europei sfociando nel nuovo baratro della II Guerra Mondiale.
Grande Crisi del ‘29
Gli anni Venti si chiudono con la cosiddetta Grande Crisi economica: autunno del 1929 si
ha un crollo finanziario alla borsa di New York (Wall Street) dove di registra una
fortissima diminuzione dei titoli azionari. Questo evento che riguarda appunto la finanza
sia americana ma anche internazionale essendo gli USA la principale potenza economica
mondiale, produce degli effetti molto ampi e profondi perché non rimane confinato nella
sfera finanziaria della borsa ma si ripercuote sull’economia di molti altri paesi e
sull’economia internazionale.
La riduzione nella capacità d’acquisto genera una serie di situazioni concatenate che
portano a minore vendita, minore consumazione e minore occupazione (aumento di
disoccupazione).
Perché questa crisi economica americana riguarda anche l’Europa?
• sempre più stretta interconnessione economica al livello internazionale che si era
sviluppata nei decenni prima della Grande Guerra (fase di globalizzazione)
Il crollo della borsa di Wall Street è sicuramente una causa della crisi finanziaria ma non
nasce dal nulla, è il prodotto di una serie di squilibri nell’economia che erano nati in
quegli anni: sviluppo della produzione aveva oltrepassato le possibilità che i mercati
avevano di assorbirla, c’era stata una grossa crescita della produzione rispetto alla
capacità di acquisto (sovrapproduzione). Questo non toglie che l’evento dell’Ottobre del
‘29 gioca un ruolo decisivo.
Questo porta a una notevole riduzione dei prezzi, dell’occupazione e degli acquisti.
Di questa crisi soffrono quasi tutti i paesi più avanzati anche se non tutti nella stessa
misura: quelli maggiormente colpiti sono stati quelli che erano usciti peggio dalla Grande
Guerra, ovvero quelli che avevano perso.
Germania: il fenomeno della disoccupazione diventa di massa, tra i 6 e gli 8 milioni di
disoccupati fra gli anni Trenta.
Unione Sovietica: fuori dalle reti dell’economia internazionale e per questo non ne risentì,
non avendo un’economia capitalista ma socialista. Pochissimi paesi non furono toccati da
questa crisi.
Conseguenze sociali molto forti: ripercussioni sulla disoccupazione, per questo è anche
una crisi sociale oltre che economica e finanziaria.
Così l’Europa si ritrova a dover fare i conti con le prospettive e perde fiducia nel futuro.
Aspetto importante: come i paesi affrontano questa crisi con le politiche economiche che
mettono in campo.
Processo di deglobalizzazione dell’economia: si allentano o si interrompono quelle
relazioni economiche fra paesi e continenti.
In una prima fase ogni paese reagisce con politiche di stampo protezionistico limitando
le importazioni dall’estero per favorire lo sviluppo della produzione e commercio
nazionale. Questo ovviamente produce una forte contrazione del commercio
internazionale: diminuisce il commercio di beni e anche la circolazione di capitali.
Un altro aspetto rilevante della crisi è il crollo del sistema monetario internazionale, in
particolare la crisi del gold standard, cioè un sistema monetario internazionale che
legava il valore delle monete dei vari paesi al valore dell’oro per assicurare una stabilità
nei rapporti di cambio tra le varie monete. Questo serviva a favorire il commercio
internazionale, le transazioni, investimenti etc… portava una stabilità nei cambi fra le
monete. Il problema sta nel fatto che il gold standard non permette di svalutare la
moneta, presuppone che la quantità di moneta che un paese mette in circolazione
corrisponda alle riserve di oro che il paese possiede.
Così i paesi iniziano a lasciare il gold standard, anche il UK che era il paese cardine,
svalutando la sterlina, producendo un effetto domino, altri paesi a loro volta lasciano il
gold standard e svalutano le proprie monete creando un circolo vizioso aggravando
ulteriormente l’economia internazionale.
Il fatto fondamentale, che è appunto caratteristico del protezionismo, è che ogni paese
pensa a sé, pensa a proteggere sé stesso uscendo da ogni sistema internazionale.
In questo modo si disgrega ufficialmente il sistema economico internazionale in una serie
di aree economiche distinte e chiuse.
Le potenze coloniali tendono a costruire ciascuno il proprio blocco chiuso rafforzando i
rapporti economici all’interno del proprio blocco (potenza coloniale e colonie) isolandosi
dagli altri.
Livello delle politiche economiche interne
Due fasi:
• risposte di stampo tradizionale: ci si affida a una tradizionale fiducia nel mercato,
si pensa che i meccanismi del mercato porteranno da sé a un miglioramento della
situazione e a uno spontaneo riequilibrio del sistema, cioè attraverso il libero
mercato, ma sopratutto attraverso il pareggio del bilancio, inizialmente cercarono
anche di attenersi al gold standard.
Se la produzione cala, se i livelli d’occupazione calano, se i redditi diminuiscono
calano anche l’entrate dello Stato, che vengono dalla tassazione, e quindi devono
calare anche le spese pubbliche, e quindi anche la quantità di dipendenti statali il
che riporta al calo di occupazione, che porta in un circolo vizioso
• altre soluzioni (1932-1933), più innovative, visto che si era capito che le soluzioni
più tradizionali non risolvevano la situazione. Si mette in campo il ruolo dello
Stato, maggiore intervento pubblico nell’economia. Aumento della spesa
pubblica: in una situazione di crisi deve intervenire lo Stato nell’economia e per
intervenire deve spendere anche in deficit, se le entrate calano le uscite devono
aumentare, lo Stato deve indebitarsi, deve eventualmente stampare nuova
moneta cercando di rilanciare l’economia, la produzione. Deve cercare di
alimentare la ripresa, di favorire la ripresa, aumentare i posti di lavoro favorendo
l’occupazione etc… spesa pubblica come traino della ripresa.
John Maynard Keynes:
intervento molto lungimirante denunciando quelle che vedeva come conseguenze
economiche della pace, le condizioni punitive per la Germania avrebbero generato
conseguenze importanti di risentimento. È un economista britannico molto importante
per le teorie macroeconomiche: per sostenere l’economia soprattutto in un momento di
crisi deve intervenire lo Stato che deve sostenere la produzione, gli investimenti e
l’occupazione.
Nesso con il New Deal: nuova politica economica che viene adottata negli USA dal
presidente Roosvelt (1932), che rappresenta il modello economico più emblematico
riguardo appunto l’intervento pubblico nell’economia. Dal 1932-1933 in poi moltissimi
paesi (anche europei) seguirono la politica di Roosvelt con stampo keynesiano (si parla
anche di New Deal Europeo).
In realtà il carattere di novità di questo sistema economico è forte però bisogna esentare
l’esperienza della I Guerra Mondiale, dove lo Stato prende prepotentemente il controllo
dell’economia.

Crisi politica
Due grandi aspetti:
• crisi della democrazia: i sistemi democratici e la democrazia come modello
politico, che già entrava in crisi negli anni Venti, vive il suo periodo più buio, gran
parte dei paesi abbandonano il modello democratico. Questo perché la
democrazia sembra non offrire delle risposte efficace ai vari problemi dei vari
paesi, sembra presentare dei grandi limiti, legati alla frammentazione politica, alla
difficoltà di creare governi stabili in un quadro di forte ideologizzazione e
radicalizzazione della politica (invocazione di un governo forte, di coesione
politica)

Germania
Crisi della RUR.
Colpo di stato di estrema destra (nazisti ed Hitler). Hitler condannato a una pena
detentiva di cui ne sconterà solo una parte. Durante gli anni in carcere scrisse il Mein
Kampf (la mia battaglia), libro che esce negli anni Venti in cui Hitler illustra i suoi ideali, è
una sorta di autobiografia politica, tra cui due caratteri fondamentali:
• antisemitismo biologico (pilastro del programma nazista sia dalle origini)
• spazio vitale: visione di politica estera, dove Hitler reclamava il diritto d’estensione
della Germania, penalizzata al trattato e privata del naturale sbocco delle
necessità vitali del popolo tedesco rappresentato dai territori dell’Europa Orientale
che secondo lui spettavano ai tedeschi in quanto razza forte e superiore e quindi
avevano diritto ad appropriarsene
La crescita della crisi porta ad un aumento esponenziale dei consensi del partito nazista
che sembra dare una prospettiva di una grande Germania che doveva, secondo loro,
affrontare i nemici esterni ed interni e questo faceva molta presa sul popolo.
Questo porta Hitler a diventare cancelliere nel 1933 e nel giro di pochi mesi instaura un
regime dittatoriale concentrando in sé i pieni poteri, nel 1940 diventa capo dello Stato
(concentra in sé le due cariche politiche principali), mette fuori i due altri partiti, abolisce
la libertà d’espressione e di stampa. La figura a cui Hitler guarda come un esempio è
proprio Mussolini ma ci mette molto di meno (meno di un anno e mezzo), mentre i
fascisti ci mettono molto di più.
Nascita del Terzo Reich: terzo impero tedesco perché secondo Hitler e i suoi raccoglie il
primo (romano-germanico) e il secondo (guglielmesco crollato con la I guerra mondiale).
Presenta caratteri che ricordano il regime fascista italiano: regime in cui la popolazione
viene inquadrata iniziando dai giovani (Hitlerjugend), reclutare ragazzi e ragazze.
Propaganda ebbe un ruolo importante anche per il nazismo: mezzi di comunicazione di
massa, la massa è importantissima per Hitler.
Dachau: primo campo di concentramento: qui vengono rinchiusi gli “oppositori” costretti
al lavoro forzato, per reprimere le opposizioni.
Nell’ideologia nazista era fondamentale ches la comunità nazionale che fosse
espressione della superiorità razziale tedesca e quindi la comunità nazionale doveva
essere il più possibile organica, coesa e pura, depurata dagli elementi estranei.
I nazisti identificavano gli ebrei con i comunisti, come costruttori dell’Unione Sovietica
comunista. Raffigurazione che lega l’ebreo al comunismo e al capitalismo finanziario:
mette insieme gli opposti concentrandoli nella costruzione di un nemico assoluto.
Quello nazismo non è un anti-giudaismo o un semplice antisemitismo ma un
antisemitismo biologico: razza, popolo senza stato e costituiscono un agente patogeno
che va ad aggredire il corpo sano di una nazione e ne prosciuga la linfa vitale.
Ovviamente non solo gli ebrei erano considerati nemici: disabili come costo insostenibile,
malattie mentali, malati ereditari costituiscono una minaccia per la comunità di popolo
da neutralizzare. Inizialmente venivano rinchiusi così da non farli riprodurre, passando
poi alla sterilizzazione forzata arrivando a una campagna di eutanasia (azione t4).

Razzismo nel fascismo


Mentre il nazismo stesso aveva un’ideologia di fondo che comprendeva il razzismo, fino
alla metà degli anni Trenta nel fascismo ha avuto un peso minore, nella secondo metà
anche il fascismo adotta politiche di discriminazione razziale. Nel 1938 il fascismo ha
ormai adottato politiche razziste sia nelle colonie, introduce una legislazione antisemita
che discrimina gli ebrei italiani in modo simile a come aveva fatto la Germania.
Al di fuori della Germania e dell’Italia nessuna forza politica filo-fascista riesce ad andare
al potere, riescono invece politiche anti-democratiche di stampo nazionalista con uno
stampo più tradizionale. Questi regimi autoritari, di destra, nazionalisti e militaristi sono
diversi dal fascismo italiano e dal terzo reich: sono dittature più tradizionali, non
prevedono il partito unico di massa, non prevedono associazioni collaterali, non hanno
un’ideologia forte che voglia proporre una trasformazione integrale della società, non si
propongono di coinvolgere e mobilitare la società ma si accontentano di controllarla per
far si che non ci siano opposizioni organizzate.

L’ascesa di Hitler suona un grande campanello d’allarme per la sinistra europea,


spingendo Stalin e l’URSS a un cambio di linea, alla ricerca di intese fra i comunisti e le
altre forze della sinistra: stringono alleanze con le forze di sinistra europee e di sinistra
borghese, alleanza anti-fascista, cioè per resistere all’avanzata del fascismo le sinistre si
devono mettere tutte assieme, stiamo parlando del fronte popolare.

Unione Sovietica
Negli anni Trenta (Stalin) si ha una grande innovazione sociale imposta dal governo
sovietico:
• collettivizzazione agricola: vengono creati i , cioè delle fattorie in cui i contadini
sono costretti a mettere insieme le terre, gli attrezzi, gli animali etc…, vengono
dotati di macchine. È una forma di modernizzazione dell’agricoltura imposta
• abbandono della NEP da parte di Stalin: imboccare la strada della
collettivizzazione agricola, non c’è più spazio per i contadini che si sono arricchiti
con la NEP (culachi), viene lanciata una linea di “deculachizzazione”
• programma di industrializzazione forzata, pianificata (piani quinquennali) del
paese gestita dallo Stato in tutto e per tutto
• modernizzazione e crescita dell’economia sovietica ottenuta però con metodi
spicci e brutali: ogni oppositore (anche sospettato) veniva rimosso nel senso che
veniva deportato nei capi di lavoro del Gulag: ideologia di rieducazione attraverso
il lavoro, coloro che si opponevano dovevano essere rieducati attraverso il lavoro
forzato (condizioni molto ostiche)
• forgiare una nuova società: società autenticamente socialista
Questo porta a un grande livello di mobilitazione operaia che porta a contribuire alla
costruzione di questo paese modernizzato socialista.

Storiografia e interpretazioni
Soprattutto negli anni Trenta abbiamo regimi politici dittatoriali che non solo si basano
sulla limitazione della libertà, sulla repressione, insomma su un tipo di controllo “in
negativo” ma sono anche sistemi politici che cercano l’adesione e il coinvolgimento della
società nel progetto politico che il governo impone alla società stessa.
Sono molto diversi (nazismo, fascismo, stalinismo) ma hanno anche delle cose in comuni:
• ruolo dell’ideologia molto forte, anche se diverse fra loro
• leader, capo che è una figura molto forte, carismatica, culto del leader
• istituzione di organizzazioni nelle quali vengono inquadrate le masse popolari
• obiettivo di sollecitare l’adesione politica della società, creare una nuova società,
trasformarla al livello di valori, di mentalità, di stili di vita, di visione del mondo
Alla luce di queste analogie si è fatto ricorso al concetto di totalitarismo: idea di
esercitare una presa sociale sulla società, penetrare anche nella sfera privata (cambiare
modo di pensare, di vivere).
Oltre la categoria di totalitarismo si è fatto ricorso a un’altra etichetta per non appiattire
le differenze ma lasciando al centro il carattere di coinvolgimento di masse, il rapporto
diretto fra dittatore e masse, che serve comunque a distinguere queste dittature da
quelle più tradizionali che si sviluppano negli stessi anni in Europa: dittatura di massa.

Crisi dell’assetto internazionale: negli anni Trenta si va manifestando una serie di


elementi di destabilizzazione del quadro definito a Versailles.
Protezionismo economico (blocchi chiusi) e indebolimento dei legami internazionali.
Ovviamente questo atteggiamento non rimane chiuso nell’ambito economico, dove c’è
debolezza dei legami economici internazionali, dove ci sono dittature e nazionalismo la
stabilità generale internazionale non può che indebolirsi sempre di più.

Italia: ruolo destabilizzante con la colonizzazione dell’Etiopia (metà anni Trenta),


attaccandola e conquistandola e così andando contro alla Società delle Nazioni (“posto
al sole” che secondo Mussolini spettava all’Italia e che la Francia e la Germania non
volevano riconoscerle, di conseguenza quindi presenta la guerra d’Etiopia come una
reazione a questa ingiustizia, si presenta come vendicatore di Arla).
1936: Mussolini dopo la vittoria proclama l’Impero, il fascismo ha riportato l’Impero a
Roma.
Al seguito di questi sviluppi l’Italia si avvicina sempre di più alla Germania, anche
riguardo la politica estera.
1936: Asse Roma-Berlino.
1939: patto d’acciaio (alleanza militare).
Ma la Germania rappresenta comunque la fonte di più grande destabilizzazione
nell’assetto generale.
Si annette nel 38 l’Austria e dopo anche i Sudeti (inizia ad espandersi).
Politica di appeasement secondo la quale bisognasse fare delle concessioni a Hitler
accontentandone le richieste più ragionevoli, per evitare lo scoppio della guerra. Inoltre
si temeva che un’eventuale guerra contro i fascismo avrebbe indebolito entrambi e ne
avrebbe beneficiato l’URSS (comunista) che avrebbe indebolito tutto il sistema
capitalistico (anti – comunismo).

Guerra civile spagnola


Guerra che nasce per dinamiche interne al paese ma che al tempo stesso presenta dei
nessi con le vicende internazionali degli anni Trenta: ruolo della guerra civile spagnola in
Europa.
1936 sale al governo una coalizione di fronte popolare, c’è una grande mobilitazione
sociale, le masse interpretano questa cosa come l’inizio di una rivoluzione che
spaventano molto i conservatori, il che porta a un colpo di Stato da parte dei nazionalisti,
con a capo Francisco Franco.
1936-1939: guerra civile dei ribelli (nazionalista) e repubblicani (fronte popolare).
A fianco dei nazionalisti si schierano l’Italia e la Germania (mandano militari e armi).
A fianco dei repubblicani brigate internazionali (brigate di volontari che vanno in Spagna
per combattere al fianco dei repubblicani i nazionalisti) e poi dall’Unione Sovietica.
Carlo Rosselli.: dimensione internazionale dell’antifascismo, per liberare l’Italia di parte
dalla Spagna.
In fronte repubblicano fu sconfitto sia per le sue divisioni interne sia per i grandi aiuti da
Germania e Italia.
Però l’asse centrale del conflitto politico europeo è fascismo contro antifascismo.
Inoltre la guerra civile spagnola mette in luce in altro elemento importante: la città di
Guernica fu oggetto di uno dei primi bombardamenti a tappeto, compiuto dai tedeschi,
che sono bombardamenti che non vanno a colpire l’esercito ma i civili (città). Si
affievolisce ulteriormente la differenza fra combattenti e civili.

Seconda Guerra Mondiale


Guerra lunga, devastante (oltre 40 milioni di morti solo in Europa, di cui più di 2/3 sono
vittime civili), combattuta con livelli di forme di esercizio della violenza altissimi, è un
nodo fondamentale del Novecento, perché è una guerra che viene scatenata dai regimi
fascismi e che si conclude con la sconfitta di questi regimi stessi.
La spinta all’inizio della guerra è la ricerca dello spazio vitale della Germania, la sua
espansione (Bohemia e Moravia nel 1939).
I Britannici e i Francesi capiscono che Hitler non si sarebbe fermato con qualche
concessione, che il suo obiettivo vero era “la crociata anti-bolscevica e la conquista dello
spazio vitale”, cioè l’espansione in est Europa e quindi andava bloccato (fine della politica
di appeasement).
Patto Molotov-Rimbrettov (ministri degli esteri) nel 1939: patto di non aggressione tra
Germania e URSS.
Questo patto però includeva delle clausole segrete nelle quali si divideva l’Europa nord-
orientale, a partire dalla Polonia, in sfere d’influenza fra Stalin e Hitler (parte orientale a
URSS e parte occidentale a Germania).
Hitler invade la Polonia, si impossessa della parte occidentale e Stalin di quella orientale
(rimane il patto) e Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania (1939).

Inizialmente la guerra volge a favore della Germania che si impossessa rapidamente


della Polonia, della Danimarca e della Norvegia. Poi volge le sue attenzioni verso ovest:
attacca la Francia e ne ha facilmente ragione: giugno 1940 sconfitta francese (strana
disfatta della Francia), in questi giorni mentre la Francia capitola si produce una divisione
nella classe dirigente francese, ovvero mentre il governo viene attribuito a un maresciallo
(Petèn), che firma l’armistizio con i tedeschi, che sarà colui che governerà la parte
meridionale, non occupata, ma collaborando con i tedeschi.
La Gran Bretagna invece ha Charles De Goule che manda un messaggio completamente
diverso dicendo che la guerra non era ancora perduta, che i tedeschi hanno avuto una
vittoria grazie alla loro superiorità tecnologica ma il conflitto non era ancora finito, lancia
un appello alla resistenza alla Francia dicendole che non è sola e che può fare
affidamento sull’aiuto e supporto degli USA.
L’Italia, invece, entra in guerra più tardi (prima non era pronta) perché sembra che il
“destino” della guerra sia già segnato e sfruttare l’opportunità di una vincita. Ma la
guerra italiana andrà molto diversamente da come Mussolini e il fascismo credevano. La
Guerra Mondiale è la “prova del nove” per il regime: il progetto totalitario del fascismo
era volto al fare dell’Italia una grande potenza e a fare degli Italiani dei guerrieri pronti a
conquistare sul campo di battaglia ciò che all’Italia spettava, quindi la guerra per il
regime è il momento in cui si misura l’esistenza e la possibilità di questo progetto del
regime.
Sui campi di battaglia l’Italia perde dai primi mesi di guerra (entra nel giugno del 1940).
Contro la Germania resta a combattere solo il UK che però può avvalersi dell’aiuto degli
USA, che gli forniscono prestiti, materiale bellico, risorse economiche etc…
Questa è la situazione che si ha in Europa nella primavera del 1941.
Asse diventa Roma – Berlino – Tokyo.
Il Maggio, e soprattutto il Giugno del 1941 è importante perché Hitler, che si prefiggeva
di chiudere la guerra ad ovest per riaprire la partita a est (spazio vitale), deve fare i conti
con il fatto che il Regno Unito non cede, resiste e deve predere una decisione
importante, cioè quella di aprire lo scontro ad est pur non avendo chiuso con il Regno
Unito: giugno del 1941 Hitler sferra l’attacco contro l’URSS (infrange il patto) aprendo la
guerra più importante (quella per lo spazio vitale e per sconfiggere il comunismo).
Da qui si apre una nuova fase della II Guerra Mondiale: nel dicembre del 1941 entra in
guerra l’USA a seguito dell’attacco di Pearl Harbour.
La II Guerra Mondiale, a differenza della I, è veramente mondiale, non solo per la sua
importanza, ma anche per la partecipazione e l’estensione.
Un altro elemento di svolta: alleanza fra Unione Sovietica, USA e Regno Unito come
alleanza antifascista, lo scontro dal 1941 in poi diventa una guerra fra antifascismo e
fascismo, fra le Nazioni Unite (gli Alleati) e l’Asse (scontro che aveva anticipato la guerra
civile spagnola).
Inizialmente l’URSS si trova molto impreparata: nel luglio del 1941 Stalin di fronte alle
armate tedesche, che erano penetrate nel territorio sovietico, rivolge un appello molto
importante al suo popolo che incita a compattarsi contro l’invasore che si era introdotto
nel proprio paese, discorso in cui Stalin fa ricorso al precedente napoleonico (Napoleone
viene respinto quando provò nel 1812 a conquistare i territori sovietici), mettendo in luce
il concetto di come “di fronte a questa invasione la patria è in pericolo come con
Napoleone e come in passato il popolo sovietico è riuscito a sconfiggerlo lo farà anche
ora con Hitler”. Guerra patriottica: nel patrimonio ideologico dell’URSS c’era
l’internazionalismo ma in momento di difficoltà Stalin fa appello alla grande guerra
patriottica mobilitando tutto il popolo sovietico, non solo i russi.
Infatti l’Urss riesce a resistere e a contrattaccare.
Massima incarnazione della guerra totale:
• salta del tutto la distinzione tra militari e civili
• ideologica
• crudele e brutale: guerra di annientamento (non semplice sconfitta),
contraddistinguendo soprattutto il fronte orientale (tedesco) perché su questo
fronte si combatte senza alcuna regola, il nemico andava eliminato, non sconfitto
perché la posta in gioco è quella della sopravvivenza del proprio popolo e questo
giustifica tutto
• bombardamenti dei centri abitati: l’aviazione (arma aerea) viene rivolta in maniera
intenzionale contro i centri abitati e le popolazioni, contro le strutture ma anche
contro la popolazione perché l’idea che colpendo le città si colpiscono le
infrastrutture, le industrie mettendo fuori gioco la comunicazione, l’economia, la
forza del nemico e si colpiscono anche le persone, terrorizzandole per spingerle
alla demoralizzazione, a non sostenere più lo sforzo bellico ma a volere che
finiscano: obiettivo di portare il nemico alla resa
Fra le campagne di bombardamento più note abbiamo quelle tedesche verso gli inglesi
fra il 40 e il 41. i tedeschi coniarono un eologismo: “coventrizzare” (da Coventry), cioè
radere al suolo. Anche gli Alleati bombardarono città dell’Asse.
Gli alleati fra il 42 e il 43 riprendono a vincere.
Battaglia a Stalingrando.
Battaglia di El Alamain nell’ottobre del 43: sconfitta per le forze italo – tedesche
nell’Africa meridionale. Ormai i padroni del Nord Africa possono aprire un secondo
fronte in Europa in Italia, a partire dalla Sicilia nell’estate del 1943 poiché l’Italia era vista
come il punto debole dell’Asse. Le continue sconfitte dell’Italia provarono che il progetto
di un ventennio del regime fascista era fallimentare: tutto il consenso che aveva
accumulato dopo la conquista dell’Etiopia comincia sempre di più a diminuire.
Sbarco in Sicilia: 310 luglio 1943. bombardamento San Lorenzo: 19 luglio 1943.
Nella notte fra il 24 e il 25 luglio Il Gran Consiglio del Fascismo decidono di mandare via
Mussolini, ridare il potere al Re (anche quello militare) che il giorno dopo revoca il suo
ruolo, e il suo posto viene dato al maresciallo Badoglio.
Il Fascismo cade, quindi, il 25 luglio del 1943.
L’8 settembre del 1943 viene annunciato l’armistizio firmato da Badoglio con gli anglo –
americani.
Italia divisa in due: I tedeschi a questo punto occupano la parte centro – settentrionale
dell’Italia mentre di quella meridionale avevano preso possesso gli Alleati, anche dal
punto di vista istituzionale, visto che il re e la sua corte scappano al sud, nel centro –
nord nasce un “secondo organismo statuale” cioè la Repubblica Sociale Italiana fondata
(o fatta fondare) da Mussolini nel settembre del 1943 dopo che era stato liberato dai
tedeschi.
Terzo fronte: giugno 1944 a Normandia.
Nel corso della Guerra la Germania, l’Italia e i suoi alleati per una certa fase occupano
quasi tutta l’Europa continentale. Hitler voleva costituire quello che lui chiamava il nuovo
ordine europeo: controlalta dai tedeschi, strutturata da una rigida gerarchia razziale,
secondo gli ordini dei tedeschi. Questo si traduceva in una serie di caratteristiche nelle
occupazioni, estremamente dure, in cui tutte le razioni, le scorte etc.. erano al servizio
dei tedeschi e con una sottomissione politica totale.
Come reagirono gli occupati:
• coloro che decisero di collaborare: distinzione fra collaborazione (modello di
Petén, cioè anziano maresciallo conservatore e tradizionalista che vede il suo
paese occupato e decide di “provare” a collaborare per provare ad avere dei suoi
spazi, con possibilità di accomodamento e rivoluzione nazionale) e
collaborazionismo (modello di adesione ideologica, sposare i criteri del nuovo
ordine hitleriano, battersi per questa causa, come quello dell’Italia centro –
meridionale)
• coloro che decisero di opporsi: molte forme di resistenza (quella armata e
organizzata politicamente, come la Brigata Garibaldi (comunista) e Brigata
Matteotti (socialista)). Tre tipi di guerre (non tutti combattono tutte, ma almeno
una):
- guerra patriottica: di liberazione nazionale dai tedeschi
- guerra ideologica: contro il fascismo, quindi anche contro altri Italiani (in un
certo senso civile)
- guerra di classe: per una rivoluzione sociale (comunista)
I rapporti fra le bande armate della resistenza e gli Alleati sono molto difficili e articolati
in quanto certamente combattono lo stesso nemico ma con due prospettive diverse
(combattono la stessa guerra ma anche guerre molto diverse).
Nel nuovo ordine europeo che vogliono imporre i nazisti ovviamente non c’è spazio per
nessuna forma di resistenza (sia civile che armata), non c’è posto per chi nasconde
qualcuno, per chi la pensa diversamente etc… e gli occupanti scateneranno una
lunghissima serie di stragi contro i partigiani (fosse ardeatine) ma anche senza una
“risposta” ad attentati partigiani, perché l’idea è quella di terrorizzare la popolazione così
che a nessuno venisse neanche in mente di supportare la resistenza.

Guerra razziale: per chi la interpretava dal punto di vista ideologico era una guerra fra
razze.
Il Terzo Reich contemplava dei piani per ridisegnare l’Europa (centro-orientale) sotto il
profilo della composizione etnica.
Rimpatriare le persone di razza ariana che vivevano in Europa orientale, dovevano
essere riportati nel grande Reich. Inoltre i Tedeschi avrebbero dovuto colonizzare
l’Europa orientale e facendo questo avrebbero dovuto rimuovere gli “elementi” impuri
(ebrei, slavi etc…).
Polonia: nella parte occidentale annessa vengono sistemati i Tedeschi etnici (gli vengono
date terre, case, risorse) mentre i Polacchi vengono spostati verso Est (idea di spostare i
gruppi etnici per ridefinire la struttura demografica dei territori sulla base di un’idea che
è gerarchizzazione e per dare le migliori condizioni di vita ai tedeschi, così i meno
desiderati vengono spostati “il più lontano possibile”).
Politiche antisemite
Gli ebrei occupavano il gradino più basso nella visione gerarchica delle classi. In questi
anni di guerra, quindi, l’idea dei tedeschi è di collocarli in una riserva, concentrarli in una
determinata area, il più remota possibile.
In questa prima fase eliminare la minaccia significa allontanarli, spostarli il più lontano
possibile (progetto Madagascar).
Si inizia a concentrare questi ebrei in particolari zone delle città, in modo tale di averli
tutti sotto controllo, concentrati, chiamate ghetti. Queste operazioni anti - ebraiche sono
parte, essenziale, di un progetto molto più ampio.
Questo progetto entra in una nuova fase con l’attacco all’URSS perché:
• innanzi tutto i tedeschi invadono zone in cui ci sono tantissimi ebrei e quindi il
numero da gestire sale
• dopo pochi mesi l’avanzata tedesca viene bloccata e così devono abbandonare i
progetti di costituire una riserva ebraica in Siberia o comunque nei posti più
remoti della Russia
• gli ebrei sovietici sono dai nazisti considerati ancora peggiori (sono anche
bolscevichi, hanno saputo impossessarsi dello stato)
Per questa ragione la “soluzione finale” della questione ebraica cambia del tutto:
l’allontanamento diventa, attraverso una serie di passaggi, nel 1941 eliminazione,
annientamento.
Questo avviene inizialmente attraverso il metodo della fucilazione (venivano portati fuori
dai borghi o dai villaggi, gli facevano scavare le buche e poi li uccidevano), in questo
modo vennero uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei. Il massacro più noto avviene a
Kiev, in Ucraina in cui in una sola giornata vengono fucilati più di 30 mila ebrei.
Questo tipo di massacro però porta delle controindicazioni molto forti: servono molte
persone per andare a prendere gli ebrei, portarli fuori città, per ucciderli, controllare che
nessuno scappi etc…, prendeva molto tempo e poi primo sono molto visibili questi
massacri (si vede sparire la popolazione, si diffonde la voce, le fosse comuni etc…),
secondo le operazioni sono logoranti per chi le compie, cioè gli stessi operatori iniziano
dopo un po’ ad accusare degli evidenti sintomi di logoramento psicologico.
Così, per semplificare, si passa alla modalità che prevede la costruzione dei campi di
sterminio (maggior parte in Polonia): l’idea è che non si dovevano andare a cercare gli
ebrei in giro per i territori e ucciderli localmente ma concentrarli in dei campi di
sterminio, magari previo di uno sfruttamento, ma venivano portati per essere messi a
morte con il sistema delle camere a gas (distaccato, “pulito”, impersonale). Più tardi si
aggiungeranno i forni crematori.
I capi di sterminio sono delle fabbriche della morte: uccidere in maniera industriale.
Inoltre è uno sterminio anche burocratizzato: gestione amministrativa fatta da impiegati
che conduce le persone nelle camere a gas, fanno il loro lavoro.
Le persecuzioni razziali non riguardano solo gli ebrei, anche se sia ideologicamente sia
numericamente furono i più perseguitati (6 milioni di ebrei uccisi nella Shoa), non
bisogna scordarsi però degli altri, come i Sinti e i Rohm.
Dimensione europea dello sterminio: da un lato il progetto di estirpare la razza ebraica,
e le altre non ariane, dall’Europa, ma non è una storia europea solo sul versante delle
vittime ma anche su quella dei carnefici infatti furono tantissimi i non tedeschi che
collaborarono e furono anche delle organizzazioni non filo – naziste (repubblica sociale
italiana).
In che misura si è trattati di barbarie: se con questo termine intendiamo qualcosa che
non fa parte della nostra civiltà che viene dall’esterno rischiamo di avere una prospettiva
sbagliata perché in realtà lo sterminio non fu una ricaduta nelle barbarie (solo per il fatto
che fu ripugnante) ma fu un prodotto della civiltà europea, uno dei molti della modernità
occidentale, non fu una parentesi, fu una delle forme assunte dalla modernità otto –
novecentesca perché le sue componenti fanno parte della storia dell’Europa, più in
generale dell’Occidente, come il razzismo, antisemitismo, l’idea che ci siano delle razze
superiori che è normale che si impongano, la violenza e la repressione, il carattere
burocratico ed industriale, sono tutti elementi che sono nelle nostre radici culturali.
La guerra si conclude nel Maggio del 1945 con la sconfitta e il crollo dei regimi fascisti
(Terzo Reich, fascismo repubblicano) e con la morte dei loro capi (Hitler si suicida,
Mussolini viene identificato mentre cercava di scappare). La guerra si protrasse per pochi
mesi (Agosto 1945 bomba nucleare su Hiroshima e Nagasaki).

Secondo Dopoguerra europeo.


Sconfitta del fascismo. Verranno ridisegnati gli equilibri europei, saranno diversi rispetto
al anteguerra dove il centro non è più occupato dalle grandi potenze europee ma si
compie un processo per effetto del quale gli attori principali sono ormai altri: gli Stati
Uniti d’America e l’Unione Sovietica.
Il sistema delle relazioni internazionali doveva essere ripensato, si elaborano nuove
funzioni, si creano nuovi strumenti con l’obiettivo fondamentale di mantenere la pace.
In effetti per l’Europa il periodo del dopoguerra saranno decenni di sostanziale stabilità,
a differenza del primo dopoguerra.
Innanzi tutto la guerra è stata distruttiva sotto vari punti di vista: l’Europa che esce dalla
guerra è un’Europa che risente di un’eredità di problemi. È un’Europa in ginocchio nella
quale bisogna fare i conti con la disoccupazione, crisi produttiva, crisi sociale, inflazione
etc…
Inoltre naturalmente non è che con la fine della guerra finisce tutto ciò che essa aveva
comportato, essa si lascia dietro una lunga striscia di conflittualità, vendette, rese dei
conti etc…
Dal punto di vista delle modifiche territoriali in realtà c’è una concentrazione di esse nella
porzione orientale dell’Europa: la Germania viene divisa in due (prima in quattro),
all’URSS vengono assegnati dei territori verso ovest (paesi baltici e parte di Polonia), la
Polonia, prima vittima del conflitto perdendo dei territori ad est a favore dell’URSS, viene
compensata acquisendo dei territori verso ovest. Quindi c’è un’espansione verso ovest
da parte di questi paesi a sfavore della Germania.
In particolare nell’Europa Orientale ci sono molti conti da regolare: si verifica un
fenomeno che acquisisce dimensioni macroscopiche, cioè quello degli esodi di
popolazione, fughe o spostamenti forzati di popolazioni che devono rifugiarsi altrove.
Il più rilevante è l’esodo delle popolazioni tedesche.
Gestione dei profughi costituisce un problema grande: gli ebrei che erano fuggiti
volevano rientrare nel loro paese d’origine e non furono accolti bene al loro ritorno (non
credevano potessero tornare). Alla fine questi ebrei scelgono una soluzione extra-
europea: lasciano l’Europa alla volta o dell’America o della Palestina, dove viene fondato
uno stato ebraico, cioè quello di Israele.
Omogeneizzazione etnica-culturale dell’Europa centro-orientale: territori che
lungamente avevano visto coesistere gruppi etnico-culturali diversi e che quindi
presentavano una forte diversità e anche ricchezza si presentano nel dopoguerra molto
più omogenee. È un esito paradossale perché va sostanzialmente nella via ideologica
immaginata dai nazisti.
Antagonismo bipolare strutturato attorno al conflitto fra le due superpotenze USA e
URSS.
La guerra fredda inizialmente ha in palio le sorti d’Europa: è intorno ad essa e alle sue
sorti che sorge il conflitto fra Stati Uniti e URSS, con la conferenza di Yalta nel febbraio
del 1945, dove si decide anche la sorte della Germania. La Germania viene divisa in
quattro e ogni zona assegnata a una potenza vincitrice: una sovietica, una americana,
una britannica e una francese.
Ciascuna delle due superpotenze aveva una sua visione del mondo post-bellisco, aveva
precisi interessi che voleva difendere e precise istanze che voleva affermare nel
dopoguerra: da un lato i Sovietici dal punto di vista ideologico vedeva i rapporti con
l’Occidente (quindi con gli USA) come intrinsecamente conflittuali, che sarebbero
inevitabilmente sfociati in una guerra (fra capitalismo e comunismo non poteva esserci
altro) e sulla base di questo hanno una necessità di difesa, di creare una fascia
dall’Europa centrale amica, dalla quale non potesse arrivare una qualsiasi tipo di
minaccia, nel 1949 si dotano dell’arma atomica.
Gli Americani hanno un’altra visione e si convincono che i Sovietici volessero espandere
la loro aera di influenza, esportare il comunismo, egemonizzare porzioni del mondo e
che questo pericolo dovesse essere arginato, scongiurato da parte appunto degli USA.
Tutto ciò si traduce in una contrapposizione frontale: la guerra fredda. Nel 1946 si inizia a
parlare di una cortina di ferro: Churchill tiene un famoso discorso dove parla appunto di
questa cortina che è calata sul continente e divide la parte orientale da quella
occidentale.
Governo Greco, che stava fronteggiando una rivoluzione comunista, riceve appoggio da
Truman (USA). È importante che questo aiuto siano gli USA a fornirlo, non è più la GB il
paese ad aiutare la Grecia, non è più in condizione di farlo, lo fanno gli USA e aiutano
anche la Turchia e Truman dice dobbiamo farlo perché è nel nostro interesse (sta a gli
USA, secondo lui, aiutare coloro che devono “salvarsi” dal comunismo e dai Sovietici).
Per contenere la minaccia sovietica il governo statunitense elabora la dottrina del
containment: se le difficoltà economiche spingono le masse ad abbracciare il
comunismo, rischiano di avvantaggiare direttamente o non l’Unione Sovietica gli Stati
Uniti devono fare in modo che queste condizioni potenzialmente favorevoli al
comunismo non si vengano a creare. È quindi fondamentale rimette in piedi l’economia
dell’Europa, dare fiducia e ridare buone speranze di vita, del futuro.
European Recovery Program, Piano Marshall: nel giugno del 1947 Marshall presenta
appunto questo piano per risollevare l’economia europea, per mantenere la pace
servivano condizioni di stabilità.
Idea di una gestione coordinata della Germania da parte delle quattro potenze non si
realizza: quindi gli Occidentali maturano la decisione di creare uno stato tedesco
unificando le loro zone. Questa proposta suscita anche timore riguardo la possibilità
della Germania di ricreare degli squilibri, soprattutto da parte della Francia, quindi per
evitare questa possibilità viene garantita la sicurezza dell’Europa occidentale da parte
dell’USA con la stipula del Patto Atlantico fra appunto USA e i paesi dell’Europa
occidentale nel 1949 con la formazione di un dispositivo militare integrato chiamato
NATO. Questo patto militare serviva a rassicurare gli Europei riguardo non solo nei
riguardi di un possibile ripresentarsi della minaccia tedesca ma soprattutto nei confronti
della più possibile minaccia sovietica.
Quindi Germania divisa in due: BRD e DDR, Germania come cuore della divisione
Europea.
Rinnovamento politico dopo la guerra: la Seconda Guerra Mondiale lascia anche una
forte spinta al cambiamento: ampio consenso riguardo il fatto che non fosse sufficiente
tornare alla politica dell’anteguerra ma che servissero profondi cambianti per evitare di
ripetere errori del passato.
Rinascita della democrazia in paesi (come l’Italia, nel giugno del 1946 diventa una
repubblica, anche Francia e Germania Ovest) che avevano vissuto dei totalitarismo negli
anni precedenti: diritti umani e diritti sociali, accettazione che la sovranità nazionale
possa essere limitata per il mantenimento della pace. Un aspetto molto significativo del
rinnovamento politico del dopoguerra è l’estensione del diritto di voto anche alle donne
a quasi tutta l’Europa (in Italia per prima appunto nel 1946), dal punto di vista civile c’era
parità ma in altri ambiti ancora rimaneva molto lontana (come il lavoro). Ovviamente
erano le forze di sinistra che pilotavano queste riforme.
Molto spesso però le sinistre erano in coalizione con partiti di orientamento molto
diverso, soprattutto partiti di centro, moderati che raccolgono un vasto consenso nelle
diverse caste sociali, i democratico-cristiani come in Italia (democristiani con De Gaspari).
Altrove invece la sinistra governa da sola come in Regno Unito, dove vince il partito
laborista che propone un vasto programma di riforme come nazionalizzazione di campi
economici importanti e soprattutto il Welfare State (in Italia lo traduciamo in Stato
Sociale), cioè un modello di Stato che si fa carico di tutta una serie di servizi pubblici che
devono garantire il benessere della popolazione (sanità con il National Health Service
(NHS)), deve garantire la sicurezza sociale ai cittadini, indipendentemente dal reddito,
dalla classe di appartenenza o qualsiasi altro criterio.
Dall’altra parte della cortina di ferro che succede: i Sovietici hanno l’esercito presente sui
territori, volendo appunto creare una fascia di sicurezza che per Stalin si traduce nel
creare un blocco di stati satelliti che adottino un sistema economico e politico di stampo
sovietico, quindi non solo alleati o “amici” ma anche paesi da sovietizzare. In effetti in
paesi dell’Europa Orientale i partiti comunisti di impossesseranno del potere (Polonia con
Bierut). Qui i partiti comunisti di alleano con altri partiti di sinistra sulla linea chiamata
della democrazia popolare: democratizzazione attraverso un’alleanza delle più grandi
forse democratiche popolari. Nel giro di pochissimi anni i partiti si impossesseranno del
potere cancellando ogni traccia di reale democrazia, instaurando regimi autoritari,
eliminando libertà politiche, il pluralismo e introducendo il modello sovietico,
strettamente legati a Mosca.
Si continua a parlare di democrazia popolare ma diciamo la formula non risponde più
alla realtà: tutto sono meno che sistemi democratici.
Un’eccezione significativa nel quadro dell’Europa orientale riguarda la Iugoslavia con il
maresciallo Tito, capo della resistenza iugoslava alle forze comuniste che durante la II
Grande Guerra fu molto forte perché si liberò da sola dai tedeschi. Questo ha dato una
grande legittimazione a Tito che appunto governa la Iugoslavia del dopoguerra che è un
paese comunista ma è un paese che a differenza degli altri stati dell’Europa orientale
mantiene un’indipendenza rispetto a Mosca: Tito non si sottomette all’autorità di Stalin
ma mantiene una forte autonomia e indipendenza e per questo entra in conflitto con
Stalin stesso che non tollera l’esercizio di autonomia, vuole che rispondano al ruolo
guida dell’URSS e quindi ci sarà una rottura tra la Iugoslavia e l’URSS nel 1948.
L’Europa del Dopoguerra è quindi divisa in due lungo le linee della guerra fredda:
Europa Occidentale nell’influenza americana, Europa Orientale sotto la sfera d’influenza
sovietica.

In Unione Sovietica nel dopoguerra continuiamo ad avere la guida di Stalin. Rapporto di


devozione, quasi filiale fra Stalin e il popolo che li contraddistingue, Stalin come padre
del socialismo. Nel dopoguerra infatti il culto di Stalin raggiunge l’apice, ovviamente
Stalin è stato colui che ha portato l’URSS al trionfo durante la guerra.
La guerra è stata devastante per l’URSS. Si ritorna a rispostare tutta la forza dell’URSS
come grande potenza, soprattutto militare e questo fa sì che i consumi privati, l’apparato
produttivo siano tralasciate a favore dello sviluppo dell’industria pesante.
Nel 1953 Stalin muore, esce di scena e lascia un enorme vuoto nella società sovietica,
produce un disorientamento, anche gioia ed esultanza in coloro che erano state vittime.
Si apre una lotta per la successione dalla quale esce la figura di Chruscev con il quale si
afferma un clima parzialmente nuovo cioè il clima detto del disgelo: allentamento delle
costrizioni, delle repressioni, del controllo, qualche riforma moderata e comunque un
generale rilassamento del clima sociale ed economico. Dal punto di vista internazionale
anche: i suoi messaggi non sono più di una contrapposizione frontale con gli USA, di
una ostilità ma inizia a parlare di una possibile coesistenza pacifica.
Patto di Varsavia 1955: risposta sovietica al Patto Atlantico, cioè un’alleanza militare fra
l’URSS e i paesi satelliti, soprattutto come risposta all’annessione, nel 55, della Germania
ovest nella NATO.
1956 è un anno cruciale: a febbraio, col ventesimo congresso del partito comunista
sovietico, Chruscev presenta appunto il suo piano di “coesistenza pacifica” con
l’Occidente, sostiene che esistano diverse vie per il socialismo, ogni paese deve trovare la
propria strada nazionale per instaurare il socialismo, dimostrandosi molto ottimista.
Rapporto Krusciov: si opera una netta rottura con il periodo precedente e soprattutto
con lo Stalinismo (discorso a porte chiuse, segreto), in questo discorso sostanzialmente
Krusciov demolisce la figura di Stalin. Lo fa per salvare il sistema: di fronte alle evidenti
degenerazioni del potere sovietico si attribuisce tutta la colpa a Stalin, alla sua crudeltà,
alle sue manie, al suo abuso di potere etc… condannandolo per assolvere invece il
sistema socialista.
Impatto che questo rapporto ebbe all’estero: in Europa orientale ebbe un grande
impatto perché molti politici considerarono il ventesimo congresso e lo stesso rapporto
come un’apertura da parte della suona leadership sovietica nei confronti delle vie
nazionali al socialismo e quindi confidavano in una maggior indipendenza da Mosca.
Due paesi:
Polonia: si avvia un nuovo corso politico, grandi proteste popolari, grandi manifestazioni
di piazza contro l’ingerenza di Mosca, a favore di una vera indipendenza e una vera
democrazia nel proprio paese. Questo porta al ritorno al potere di Gomulka, ideologo
della democrazia popolare nel dopoguerra, stato poi rimosso ed arrestato quando ci fu
la stretta tra il 47 e il 48 e la trasformazione in un regime autoritario. Nel 1956 appunto
per “placare” gli animi si decide di richiamare Gomulka alla guida del paese (ala più
liberale del partito comunista) che cerca di addolcire il sistema.
Ungheria: proteste ancora più forti, che assumono un carattere di insurrezione. Dopo un
primo tentativo di placare, richiamando un leader più aperto cioè Nagy. Ma Nagy, a
differenza di Gomulka, si spinge ben oltre: annuncia la fine del monopartitismo, la
democratizzazione del paese e che l’Ungheria avrebbe adottato una posizione di
neutralità al livello internazionale e cioè l’uscita dal Patto di Varsavia e di fronte a questi
sviluppi i sovietici reagiscono con l’invasione militare, rimozione di Nagy e sostituzione
con una leadership di stampo filo-sovietica. L’intervento sovietico viene appoggiato
anche dai partiti comunisti sovietici occidentali, anche da quello italiano, e sostengono
che quella ungherese fosse una controrivoluzione.
Però ci fu un distacco dalla linea sovietica soprattutto da parte degli intellettuali: 201
firmano una frattura. Sostengono che quello Ungherese non è un movimento
controrivoluzionario ma è una manifestazione di rabbia, malessere, e condizioni
economiche pessime, insomma è un modo di trovare il proprio socialismo nazionale.
1956: lacerazioni emergono all’interno del comunismo internazionale.
Al tempo stesso il fatto che nessuno in Occidente, al di là delle denunce muova un dito
per aiutare gli Ungheresi indica un elemento altrettanto importante: stabilizzazione
dell’Europa divisa, cioè l’Europa divisa in due blocchi di dimostra per l’Europa dell’est un
caro prezzo da pagare ma per l’Europa dell’ovest invece no, porta a una forma di
stabilità conveniente.
Film di Kubrik: Dr. Strangelove: incubo più diffuso al tempo, cioè, lo scoppio di una
guerra atomica per errore. Lo scenario della guerra nucleare contribuisce alla
stabilizzazione: nessuno attacca l’altro perché poteva significare distruzione reciproca.

Negli anni Cinquanta abbiamo una forte egemonia moderata in tutta l’Europa
Occidentale: nell’UK si passa dai laburisti ai conservatori, in Germania o Italia si afferma il
governo dei partiti democristiani. Sono gli anni in cui non si vogliono fare esperimenti,
ne di destra ne di sinistra, gli equilibri politici si spostano al centro, quindi si ha una
stabilizzazione moderata della politica.
Fine dell’era Europea: l’Europa non è più il soggetto ma l’oggetto di contesa, non
determina più l’assetto internazionale, ora i primi attori sono extra-europei.
Firma internazionale nel 1945 della Carta dell’ONU (organizzazione delle nazioni unite) a
San Francisco, erede della società delle Nazioni che nasce con l’obiettivo di mantenere la
pace, di garantire un nuovo ordine internazionale, di favorire la risoluzione pacifica,
forme di cooperazione, una forma di dialogo fra le nazioni etc…
1944 conferenza di Bretton Woods: uno degli incontri proposti dagli USA in cui giocano
un ruolo molto importante dove si pongono le basi di un nuovo ordine economico
internazionale, si prendono una serie di accordi che riguardano il sistema monetario
internazionale prevedendo che il dollaro americano che è diventata ormai la moneta di
riferimento per gli scambi internazionali, fosse convertibile in oro secondo valori
prefissati e che le altre monete fossero agganciate al dollaro in un sistema di cambi fissi,
cioè che i cambi fra le varie monete fossero cambi fissi e che la garanzia di questo
sistema fosse la convertibilità dell’oro (Gold Standard non più incentrato sulla sterlina
britannica ma sul dollaro americano).
Inoltre vengono istituiti il fondo monetario internazionale, che doveva garantire appunto
questo sistema di cambi stabili con interventi monetari e una banca mondiale che
doveva fornire capitali per la ricostruzione e lo sviluppo ai paesi che ne facessero
richiesta.

Processo di decolonizzazione: scomparsa dei grandi imperi coloniali che le potenze


imperiali europee ancora detenevano subito dopo la II Guerra Mondiale con l’accesso
all’indipendenza politica e la nascita di stati indipendenti.
Le vicende belliche mettono in crisi questi grandi imperi coloniali, per alcuni è una fine
definitiva, come per l’Italia. Incapacità di mantenere queste colonie, sono aiuti ma anche
spese e soprattutto durante la guerra, quindi sembrano diventare un problema serio
mentre i benefici sembrano compensare sempre meno quei costi.
Motivi:
• movimenti indipendentisti, lotte per l’indipendenza dei popoli colonizzati.
• costo crescente per il mantenimento di questi imperi che vengono percepiti
sempre un più un peso e in alcuni casi sempre meno una risorsa
• quadro internazionale: potenze europee in crisi, le due superpotenze sono
antimperialiste al livello generale, che non vedono di buon occhio questi imperi
coloniali e sono favorevoli a un loro smantellamento, sia per ragioni ideologiche
sia per quelle geopolitiche. Inoltre viene istituito l’ONU che fra i principi che
afferma c’è quello dell’autodeterminazione dei popoli, darsi da sé un indirizzo
politico, ad autogovernarsi e quindi a non essere sottoposti al dominio politico

Movimento indiano (Gandhi): uno dei più importanti movimenti del periodo, forti valori
tradizionali legati alle culture indiane, disobbedienza popolare, pacifista. Marcia del sale:
Gandhi e i suoi seguaci percorsero alcune centinaia di chilometri lungo la costa
raccogliendo del sale per protestare contro il monopolio britannico del sale,
disobbedendo in modo non violento, sfidando l’ordine imperiale. Gli obiettivi erano che
gli stessi Britannici si accorgessero dell’assurdità del loro dominio.
La vicenda indiana è cruciale perché l’India era il possedimento più prolifero e
strategicamente più importante nel quadro dell’impero britannico.
Tra gli anni 30 e 40 i Britannici decidono che non sono più in grado di tenere l’India: nel
1947 il governo inglese decide di dare l’indipendenza. L’India è divisa in due: unione
indiana e Pakistan perché si sviluppò un forte conflitto fra la componente maggioritaria
della popolazione (indù) e la minoranza (musulmana) concentrata in Pakistan.
Fu un processo molto complicato, si ebbe una “pulizia etnica” nel senso che gli indù
furono spinti verso l’India mentre i musulmani in Pakistan, con flussi di migranti con
esplosioni di violenza etnica da entrambe le parti (anche Gandhi fu vittima da un
estremista indù che considerava troppo “morbido” verso i musulmani).
Un altro possedimento coloniale importante era quello della penisola indocinese: i
Francesi qui non sono disposti a concedere l’indipendenza e quindi si impegnano in una
lunga guerra contro il Vietminh (movimento armato indipendentista) che si conclude nel
1954 che si conclude con la vittoria degli indipendentisti, la sconfitta della Francia che
deve concedere l’indipendenza al Vietnam (Hus e Cambogia).
Il Vietminh è guidato dai comunisti, sostenuto dai sovietici e poi anche dalla Cina
comunista e poi quest’area diventerà un fronte molto caldo per la Guerra Fredda.
Medio Oriente: diviso fra territori francesi e territori britannici. Diventano stati
indipendenti. Una vicenda particolarmente significativa che riguarda in particolare l’area
della Palestina è la nascita dello stato di Israele, fondato nella primavera del 48 fondato
dagli immigrati ebrei che da vari decenni si erano trasferiti in Palestina e che
naturalmente vi erano affluiti in numeri maggiori dopo la II Guerra Mondiali per ovvie
ragioni, sulla scia della Shoa. Gli ebrei considerano la Palestina come la terra dove il
popolo antico è nato, dove si è formata l’identità sociale, religiosa e politica del popolo
ebraico.
David Ben-Gurion fa un discorso nel 1948, dichiarando la nascita dello stato di Israele,
facendo riferimento a Theodor Herzl: fondatore, nella fine dell’800, del sionismo secondo
la quale gli ebrei hanno diritto come tutti gli altri popoli di dare vita a un proprio stato
nazionale.
Verso gli Arabi, che vivevano in Palestina, fa appello perché mantenga la pace e
partecipi alla costruzione dello Stato. Da un lato, in questo momento, i paesi arabi
circostanti lo attaccano e scatenano la prima guerra arabo-israeliani, dopo una serie di
guerre che vengono vinte da Israele che amplia anche i suoi territori, dalle parole di Ben-
Gurion nasce un problema di fondo: si proclama la nascita di uno stato ebraico, cioè
degli ebrei, su un territorio in cui vivono anche palestinesi-arabi e da un lato con uguale
cittadinanza da ma dall’altro si tratta dello stato degli ebrei. Qui emergono aspetti
problematici che segneranno la storia del Medio Oriente e non solo fino ai giorni nostri.
Africa: quasi tutta colonizzata, una delle vicende più importanti è quella dell’Algeria.
L’Algeria viene conquistata dai Francesi nel 1830 nel senso che fa parte del territorio
francesi (non è una colonia), in cui ci sono molti Francesi. Per queste ragioni la
decolonizzazione dell’Algeria è molto complessa e traumatica per la Francia: anche in
Algeria si sviluppa un movimento armato indipendentista che per anni si scontra con le
forze francesi in una guerra (che i Francesi non riconoscono come guerra perché non
vogliono riconoscere la legittimità del nemico) violenta, sporca, fatta di massacri, torture,
deportazioni, eventi e scontri molto noti tra cui la celeberrima battaglia di Algeri. È una
vicenda che logora la società, oltre che il sistema politico, francese. Per risolvere una
guerra così tormentata viene richiamato De Gaulle che nel 1962 deciderà di risolvere
questa crisi nell’”unico modo possibile”: cessare il fuoco e con gli accordi di Évian,
concedendo l’indipendenza.
Riguardo sempre l’Africa del Nord bisogna menzionare ciò che avviene in Egitto: negli
anni Cinquanta abbiamo una rivoluzione che porta al comando un leader, Nasser, che
rovescia la monarchia e si afferma al nazionalista socialisteggiante, incarnando il
concetto di panarabismo (ideologia politica che si pone l’obiettivo di riunire tutte le
popolazioni arabe in un’unica federazione o unità politica), che non riuscirà a portare a
buon fine ma sarà comunque emblematico.
Nel 1956 canale di Suez (strategica e risorsa) viene nazionalizzato da Nasser, che era
gestito da una compagnia franco-britannica (Egitto già indipendente nel primo
dopoguerra), però i britannici mantenevano forti legami e controllo. Di fronte alla
nazionalizzazione con Israele attaccano l’Egitto, occupa il Sinai, i francesi e britannici
occupano il canale per “ristabilire l’ordine” e “riprendere in mano” la sitazione. Questa
azione viene sconfessata da USA e URSS che intervengono intimando a Francia e UK di
ritirare le proprie forze e abbandonare il terreno.
Quattro anni dopo molti stati africani giungono all’indipendenza (17), nel 1960.

La decolonizzazione avviene in modi diverse, è più difficile ovviamente laddove le


potenze coloniali resistono alla volontà di indipendenza dei colonizzati, che avveniva
soprattutto dove si avevano colonie d’insediamento (Algeria francese), è più tranquilla
quando è il frutto di una scelta delle potenze coloniali di ritrarsi, di trovare un accordo
con i movimenti indipendentisti anche perché le colonie spesso non presentano più
quegli interessi economici e strategici che potessero giustificarne il mantenimento.
La decolonizzazione cambia il mondo: aumenta di molto in pochi anni il numero degli
Stati indipendenti nel mondo. Non solo ma si costituisce una nuova tipologia di Stati,
cioè Stati neo-indipendenti, che l’indipendenza l’hanno conquista recentemente. Questi
Stati vanno a costituire un terzo mondo, cioè un insieme di paesi che non appartengono
né al primo mondo (occidente capitalistico), né al secondo mondo (stati socialisti legati
all’URSS). Molti di questi vanno a costituire anche il cuore del movimento “politico” dei
paesi non allineati (né con il blocco sovietico né con quello occidentale della Guerra
Fredda).
1955 in Indonesia Conferenza afro-asiatica di Bandung che costituisce l’atto di nascita dei
paesi non allineati (Nasser Egitto, Tito Iugoslavia e Nehru India): si afferma il principio
dell’autodeterminazione dei popoli, a favore della pace e della collaborazione
internazionale legando la pace mondiale al garantire a tutti i popoli il diritto di
autodeterminazione appunto.
Il mondo entra in una nuova era, un’era extra-europea, anche nell’ambito geografico
(cartina di Peters con proiezione cartografica che altera la rappresentazione grafica delle
terre emerse, i rapporti fra i continenti).
Commonwealth: grande sistema che raccoglie le colonie britanniche diventate
indipendenti che sono rapporti anche economici e militari.
Neo-colonialismo: nuove forme di colonialismo, di controllo, che le ex-potenze coloniali
esercitano sugli ex-possedimenti.
Migrazioni: non solo perché con la decolonizzazione molti degli ex-coloni europei, o chi
aveva parenti o discendenze europee, tornano in Europa ma poi abbiamo un enorme
numero di persone originarie delle ex-colonie che migrano in Europa, nei paesi da cui
appunto dipendevano fino a poco tempo prima. Naturalmente questi movimenti di
popolazioni dalle colonie alla “madrepatria” esistevano già prima, non sono una novità
assoluta della decolonizzazione, ma con essa aumentano molto. Questo rappresenta
una novità perché in questi anni si inverte la tendenza secolare che vedeva l’Europa
come una terra principalmente di emigrazione, il numero di coloro che si trasferiscono in
Europa supera il numero di coloro che si trasferiscono dall’Europa ad altrove.
Questo porta a una diversificazione, un arricchimento socio-culturale, che sarà portatore
di atteggiamenti xenofobi (paura dello straniero). Uno straniero che veniva ancora visto
spesso con gli occhiali dell’imperialismo, il modo in cui guardavano questi immigrati era
molto influenzato dalle concezioni stratificate dell’epoca coloniale.
Si trattava di popolazioni “con un livello di civiltà più basso” rispetto a quello proprio,
sguardo post-coloniale che affondava le radici nell’epoca imperialista.
Un altro aspetto da considerare è quello che riguarda l’impatto della decolonizzazione
sull’identità nazionale dei paesi: lo sfaldamento dell’impero impone il fare i conti con il
ridimensionamento del proprio paese, ma in generale dell’Europa, al livello mondiale e
quindi mette in discussione l’identità stessa di questi paesi non più come la testa di un
impero coloniale ma come altro.
Inoltre la decolonizzazione ha un impatto importante nel conferire maggiore rilevanza
alla dimensione dell’Europa e dei rapporti dei vari paesi europei: con essa si ha un
parziale restringimento dell’orizzonte, la perdita di questi possedimenti rende più
rilevante il processo, che si svolge negli anni Cinquanta, di integrazione europea, rendere
le classi dirigenti più interessate ed attente alla integrazione europea, una serie di
progetti e realizzazioni nel campo della cooperazione e dell’unione fra i diversi paesi
dell’Europa. Questo anche non è un tema nuovo, ha una sua storia alle spalle, già negli
anni fra le due guerre si erano avuti progetti per l’unione europea.
Idea che sia necessaria una federazione fra i paesi europei per mantenere la pace anche
durante la guerra, ruolo importante giocarono i federalisti italiani con Alfiero Spinelli,
oppositore del fascismo, arrestato e mandato al confino, era comunista, poi si allontanò
dal partito e negli anni di guerra era confinato nell’isola di Ventotene dove scrisse, nel
1941 con Ernesto Rossi, un testo importante per la storia del federalismo europeo: il
manifesto di Ventotene, per un’Europa libera e unita , con un programma per un’Europa
libera dal nazifascismo, dall’asse. Muovono da una critica radicale allo Stato-nazione che
con la sua sovranità assoluta ha portato a una conflittualità perenne, alla guerra
inevitabilmente, ma non solo, anche all’involuzione autoritaria degli Stati stessi, insomma
ai regimi fascisti. Il federalismo europeo si afferma quindi nell’ambito della resistenza
antinazista e antifascista, federazione europea per scongiurare il totalitarismo, per
scongiurare la guerra e per mantenere e rafforzare la democrazia.
Poi Spinelli e Rossi fonderanno nel 1944 il movimento federalista europeo che sarà attivo
nella resistenza.
Quindi c’è appunto questo sviluppo del federalismo, dei movimenti europeisti (non tutti
federalisti). Però l’Europa del dopoguerra risulta completamente diversa da come
l’avevano sognata i federalisti, è un’Europa divisa dalla cortina di ferro.
Questi sviluppi inducono i federalisti europei a sposare la linea cosiddetta “sposare
l’Occidente”: processo di integrazione nell’Europa occidentale temporaneamente, per
poi, in altre condizioni, espandersi a livello continentale. Tra l’altro gli Statunitensi erano
molto favorevoli a questo tipo di integrazione economica, tanto è vero perché gli USA
istituiscono l’OECE (organizzazione europea per la cooperazione economica) attraverso
la quale i paesi europei avrebbero dovuto cooperare, i quali furono abbastanza restii a
seguire gli americani e infatti non ebbe grande successo.
Congresso d’Europa nel 1948: porteranno alla nascita, nel 1949, del consiglio d’Europa,
formato da dieci stati europei che però non ha grandi sviluppi perché gli stati sono
molto prudenti, poco disposti a cedere potere, quote di sovranità allo stato federale o
comunque alle istituzioni europee che si dovrebbero andare a creare. L’unico sviluppo
importante è la costituzione di una convenzione europea dei diritti dell’uomo, adottata
nel 1950, per la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che prevede anche di
istituire la CEDU (corte europea dei diritti dell’uomo), che serviva a tutelare i diritti anche
negli stati aderenti.
Inoltre il ministro degli esteri francese Shuman, nel 1950 in una conferenza stampa, la
dichiarazione Shuman, propone di mettere in comune due settori economici
fondamentali (del carbone e dell’acciaio), fra Francia e Germania Ovest, di creare
un’unione doganale per i prodotti di questi settori dando vita a un’organizzazione aperta
anche agli altri stati europei che volessero partecipare. È una proposta molto realistica:
non si può secondo lui creare un’Europa unita così dal nulla, bisogna iniziare da settori
concreti, partendo da paesi in passato conflittuali, mettendo anche altri paesi, sarà
impossibile far scoppiare una guerra fra essi perché il carbone e l’acciaio, oltre ad essere
importanti per l’economia generale, sono indispensabili per la guerra. Linea funzionalista,
iniziamo a mettere in comune alcuni settori economici e piano piano espandiamoli ad
altri settori etc. Dicendo questo Shuman sottolinea che questa potrebbe essere la prima
tappa per una federazione europea (unione anche politica), linea funzionalista ma con
uno sfondo più ampio. Ovviamente i Francesi vorrebbero che la Germania avesse delle
penalità, ma ha visto che la Germania ovest ha iniziato a riprendersi, gli USA hanno
bisogno che la parte ovest della Germania sia forte economicamente per contrastare
l’URSS e quindi i Francesi di fronte a questo dicono se proprio deve risollevarsi è meglio
che lo faccia in una prospettiva europea.
CECA (comunità europea del carbone e dell’acciaio) come primo passo dell’integrazione
europea che si realizza non per iniziativa dei movimenti federalisti, né degli USA ma per
iniziativa del governo francese, a cui aderiscono altri paesi (Olanda, Italia, Germania
Ovest e Belgio), soprattutto su un piano economico.
Negli stessi anni si affaccia anche il progetto di fare qualcosa di simile, cioè di avviare
un’integrazione, anche sul terreno della difesa con la CED (comitato europeo della
difesa), nel 1950, proposto sempre dai Francesi, appunto per la difesa militare, nella
quale si affaccia anche su proposta di De Gasperi, la proposta di istituire una comunità
politica, che vuol dire riproporre l’idea dell’unione politica, che vuol dire che si riaffaccia
la prospettiva federalista. Si temeva con la CED un ritorno del nazismo (riarmamento
della Germania, anche se in una cornice europea), soprattutto da parte delle sinistre.
Quindi si sviluppa un’opposizione verso la CED che fa si che nel 1954 il progetto fallisce
perché alla assamblea nazionale francese il contratto non viene ratificato e negli anni
seguenti l’integrazione europea viene rilanciata di nuovo sul terreno dell’economia, in
particolare con la firma nel 1957 dei trattati di Roma, i rappresentanti della CECA
firmeranno due trattati:
• istituzione della CEEA o euratom (comunità europea per l’energia atomica), quindi
idea sempre dell’integrazione limitata a un solo settore (integrazione verticale)
• istituzione della CEE (comunità economica europea), che prevede di dare vita a un
mercato comune fra i sei paesi in cui i beni e i prodotti possano circolare
liberamente ma anche i capitali e le persone (integrazione orizzontale)
Sempre nel 1957 viene creato il MEC: comitato comune per il mercato europeo.

Trasformazioni economiche e sociali degli anni Cinquanta e Sessanta, definito come


un’età dell’oro da Hobsune golden age, caratterizzata da una forte crescita economica,
un miglioramento considerevole delle condizioni di vita, un innalzamento dei redditi e
cambiamenti radicali.
Jean Fourastie scrisse Les trente glorieuses: rivoluzione invisibile nella vita quotidiana,
nelle condizioni di vita, nei consumi dei Francesi.
Innanzi tutto le dinamiche economiche segnano una forte crescita dell’economia
europea e non solo, PIL (misura della ricchezza di un paese, valore dell’insieme dei beni,
servizi etc… di un paese) cresce in modo esponenziale dal 1950 al 1973.
I paesi più floridi, di cui si parla di miracolo economico, sono l’Italia, la Germania
soprattutto.
Fattori della crescita:
• aiuti americani
• fattori demografici: crescita della popolazione, forza lavoro a basso costo,
aumento della produttività grazie alla diffusione del fordismo
• l’energia costa poco, la principale fonte energetica è diventato il petrolio, che
costa poco
• si sviluppa il commercio internazionale, ne aumenta il volume anche grazie alle
cose viste, come il progresso di integrazione europea
• politiche economiche che gli stati adattano per sostenere questa crescita, con
programmi cdi costruzione delle infrastrutture, per favorire l’occupazione etc…

Tabella che mostra la distribuzione dell’occupazione: assistiamo a un grande declino del


settore primario (agricoltura), parallelamente cresce soprattutto il secondario (industria) e
anche il terziario (servizi). Il 1958 per l’Italia è un anno particolarmente rilevante perché
per la prima volta il secondario batte il primario e si tratta di un sorpasso definitivo, col
58 l’Italia è definitivamente un’economia industriale, concentrata su industria e servizi.
Quindi, più generalmente, in questo periodo anche i paesi più “arretrati” diventano
industriali.
Un aspetto fondamentale è quello delle migrazioni lavorative: sono sia movimenti interni
all’Europa (portoghese che si trasferisce in Germania) ma anche da fuori verso l’Europa e
viceversa e quindi la combinazione di questi fattori è che l’Europa va acquisendo il
profilo di una terra più di immigrazione che di emigrazione (più stranieri che entrano).
Movimenti che vengono dal Sud Europa (Portogallo, Grecia, Turchia, Spagna, Italia)
verso il centro-Nord perché i paesi dell’Europa meridionale sono più arretrati o che
comunque avevano al suo interno delle aree più arretrate (mezzogiorno italiano). Ci si
sposta sulla base di interesse reciproco: da una parte per le economie di questi paesi che
attraggono c’è l’interesse ad avere più manodopera per mandare avanti le industrie,
miniere etc, dall’altra parte c’è sia un’interesse a trovare lavoro ma anche a favorire le
occupazioni dove c’è più posto per diminuire la disoccupazione dove posto non ce n’è.
Ovviamente questi immigrati vanno a svolgere i lavori più duri, più nocivi e pericolosi
(Belgio, Marsinelle, muoiono oltre 260 minatori rimasti in trappola, e su questi oltre la
metà erano italiani).
Si sviluppano atteggiamenti di chiusura, rigetto, ostilità o vera a propria xenofobia verso i
lavoratori immigrati.
Migrazioni interne: a un determinato paese, in Italia specialmente dal Sud e dalle isole
verso il Nord ovest, triangolo Torino – Milano – Genova.
La maggior parte dei lavoratori che si trovavano ad emigrare verso nord erano dei
clandestini perché per avere la residenza bisognava avere un lavoro ma per lavorare
serviva la residenza.
Si manifesta un grande problema sociale che è quello della casa, dell’alloggio: condizioni
abitative sono per molti tutt’altro che ottimali, sono difficili o addirittura precarie. Sono
ancora diffusi i fenomeni di coabitazione di più nuclei, alloggi sovraffollati, e un modo di
vivere precario (nelle grotte, negli scantinati o nelle baracche, vere e proprie baraccopoli
che si sviluppano ai margini delle città o negli interstizi fra un quartiere e l’altro, come il
famoso Borghetto Prenestino a Roma). Per fronteggiare questo problema si mettono in
atto politiche pubbliche per favorire la costruzione di case, vengono vararti grandi piani
di edilizia popolare, costruiti complessi e quartieri di case per accogliere i nuovi abitanti
nelle città (grand ensemble come La Courneuve parigina). Verranno concepiti più avanti
come quartieri popolari.
Si diffondono soprattutto i beni di consumo durevoli come gli elettrodomestici (beni
simbolo di questa fase, come la televisione), come le utilitarie (automobili accessibili a
tutti), processo definito di democratizzazione del lusso o del comfort, cioè anche beni e
servizi che in precedenza si potevano permettere solo i più ricchi diventano accessibili
anche a le classi più povere.
Consumi di massa, molti di questi prodotti vengono dagli Stati Uniti (coca cola, jeans,
nuove forme di distribuzione commerciale come i supermercati che si diffondono anche
se in maniera diversa. Si è molto iscusso sul poter parlare di americanizzazione
dell’Europa in quegli anni: molti lanciarono gridi di allarme sul fatot che si stava
diffondendo un’omogeneizzazione dei consumi, dei prodotti, dei modelli. In realtà però
non ci fu una vera a propria trasposizione meccanica, i modelli, prodotti, oggetti italiani
veniva rielaborati.
Rilevanza politica dei consumi: questa diffusione e rivoluzione dei consumi ebbe anche
un’importanza in termini politici: furono un elemento importante nel consolidamento del
consenso nei confronti della democrazia del tempo, cioè ci fu una forma di democrazia
dei consumi, nel senso che tutti potevano accedere ai consumi e questo generava
consenso. Questo non vuol dire che mancava la critica, chiamata al consumismo: critica
alla società consumista, un consumismo livellatore che privava di libertà i consumatori
(one-dimensional man).
Protagonisti furono i giovani che svilupparono una propria cultura di consumo, una
cultura di massa propriamente giovanile che contribuì a far emergere i giovani come
gruppo sociale autonomo, rispetto alle altre generazioni, una cultura fatta di propri
elementi. Tra i consumi culturali molto importanti erano quelli musicali: soprattutto dalla
swinging London, ma anche da altre, comunque dalla Gran Bretagna, emergono
preferenze musicali che vengono ascoltati da tutti i paesi, che attraversano i limiti
nazionali, che consolidano la cultura giovanile (abbigliamento, acconciature, gusti, mode,
musica etc…).
Al tempo stesso non bisogna pensare che in questa società questi processi di
cambiamento stravolgano completamente i modelli tradizionali: tempo liberato dalla
fatica del bucato a mano è un tempo che potrà dedicare ad altre faccende domestiche e
familiari, nelle trasformazioni questi anni non tutto cambia e c’è un intreccio di elementi
di cambiamento ma anche di conservazione e adattamento di strutture e modeli
tradizionali nell’ambito della famiglia e dei ruoli di genere. La famiglia di riferimento è
quella nucleare eterosessuale ed è una famiglia nella quale si presume, si naturalizza, un
modello in cui c’è una partizione molto precisa dei ruoli.
Riguardo alla condizione delle donne negli anni Sessanta nell’avvento della società dei
consumi e della democratizzazione (Betty Friedan nel 1963 pubblica The Feminine
Mystique, libro in cui parla di questa mistica della femminilità, cioè una dimensione di
valori che vengono imposti alle donne americane, casalinghe di classe media, borghese
o piccolo borghese e che producono in loro l’insorgere di quel che Betty Friedan chiama
il “problema inespresso”). Riconoscimento di questo disagio mai espresso prima (vissuto
ma molte nel proprio intimo che non aveva uno spazio di espressione pubblica) delle
donne come problema sociale.

Europa Orientale: negli anni Sessanta ritroviamo gli stessi fenomeni dell’Europa
Occidentale ma in modo diverso, ci sono elementi in comune ma delle specificità, in
paesi che seguono un regime politico ed economico ricalcato su quello dell’URSS. Ampi
settori erano stati nazionalizzati, abbiamo l’elemento della collettivizzazione delle terre e
quello di una modernizzazione delle attività agricole, la pianificazione della politca e lo
sviluppo dei centri abitati. Una grande differenza sta nella rivoluzione dei consumi: a Est
presenta dei caratteri ben diversi perché ai consumi privati vengono anteposti gli
obiettivi dello sviluppo industriale, della modernizzazione dell’apparato produttivo, delle
infrastrutture e dei paesi in generale. Quindi si presenta come una rivoluzione molto
meno appariscente, più moderata e contenuta.
Il modello sovietico degli anni Cinquanta/Sessanta è un modello meno rigido rispetto
agli anni di Stalin, quella di Krushov segna un allentamento, si tende a rinforzare i
modelli di consumazione in misura più consistente rispetto a prima e quindi questo vuol
dire maggiori consumi della popolazione, vuol dire miglioramento delle condizioni di
vita, inoltre Krushov lancia una specie di sfida all’Occidente capitalista di poter
provvedere al benessere del suo popolo anche senza quel tipo di economia.
In realtà le basi di questo sviluppo erano molto fragili: la produttività era minore rispetto
a quella dell’Occidente, la base tecnologica dell’Est era minore rispetto a quella
occidentale. Insomma, rispetto a quelle capitaliste, le economie socialiste, anche se
diminuendo il divario, mantenevano comunque elementi di debolezza che più tardi si
sarebbero manifestati in modo determinante.
Elemento dell’urbanesimo: migrazioni dalle campagne alle città, non solo verso i
maggiori centri abitati ma anche verso delle città nuove, che si sviluppano dal nulla o
quasi (piccoli centri abitati o agglomerati) per effetto dello sviluppo industriale come la
città di Togliatti, intitolata al segretario del PC italiano che era morto nel 1964.

Berlino
Viveva una situazione molto particolare perché la città si trovava nel mezzo della
Germania Est e però era divisa in due: una parte orientale (zona di occupazione
sovietica) e una occidentale (zona dei tre settori dell’occupazione, americano, britannico
e francese) e che quindi rappresentava un enclave occidentale all’interno del blocco
sovietico.
Nel 1961 (locandina): espressione da parte degli Occidentali di una preoccupazione. È
una situazione problematica per i leader della Germania Est che assistono a un flusso di
popolazione in corso degli anni che va crescendo (circa il 10% negli anni Cinquanta)
lascia la parte Est di Berlino per la parte Ovest e poi passa alla parte della Germania
Ovest. La maggior parte delle persone che se ne vanno sono giovani (forza lavoro),
persone molto istruite ma non è una perdita solo di risorse umane, è chiaro che vedere
la popolazione della parte del paese comunista abbandona il proprio paese per andare
verso la parte ovest è anche un indicatore, una sconfitta al livello generale.
Quindi Krushov cerca di indurre gli Occidentali a lasciare Berlino Ovest che non si
mostrano affatto disposti, Kennedy dichiara che è pronto anche a ricorrere alla resistenza
armata per non cedere Berlino Ovest. Così, la notte del 13 agosto del 1961, da parte delle
autorità della Germania Est viene costruito il muro di Berlino, cioè un muro (muro di
protezione antifascista) per una barriera che deve isolare Berlino Ovest. Essendo Berlino
Ovest un’isola nella Germania Est, si decide di isolare la parte Ovest.

Cuba nel 1959 si è affermato un governo rivoluzionario con a capo dei leader. Scaccia il
regime di Batista che governava l’isola e appunto instaura un governo (marxismo) che si
mette in rotta di collisione con gli stati Uniti, si mette in cattivi rapporti anche perché
espropria delle aziende americane che sfruttavano le risorse agricole dell’isola, si avvicina
all’URSS, stringe accordi con essi e questo è completamente ostico agli Americani.
Nel 1962 alcuni americani fanno delle foto a Cuba e rilevano delle basi missilistiche, da
dove si possono lanciare missili nucleari sul territorio statunitense. Da qui si apre una
grave crisi detta crisi dei missili: paura di questo periodo che se fosse scoppiato il
conflitto fra i due si sarebbe generata una guerra nucleare.
La crisi viene risolta con un accordo, risolte entrambe le crisi si entra in una nuova fase
della guerra fredda: epoca della distensione dove i rapporti fra USA e URSS si
distendono, c’è un riconoscimento specifico fra le due superpotenze, c’è un tacito
accordo per mantenere lo status quo tanto più in Europa, che già in precedenza si era
dimostrata un’area stabile e si riafferma tale dove i due blocchi si contrappongono ma
senza scontrarsi, convivendo. La conflittualità rimane anche se si sposta non tanto su un
minacciato scontro militare quanto più su una competizione più ampia che è una
competizione economica, tecnologica e di modello sociale (quale modello funziona
meglio, consente di ottenere miglioramenti sociali per la popolazione?). Forma di
competizione, non di guerra.
Un terreno particolare di questo antagonismo è quello della corsa allo spazio: primo
satellite artificiale lanciato nello spazio dai Russi nel 1957 chiamato Sputnik che dimostra
un grandissimo successo per i Sovietici (presente nella memoria così tanto che al giorno
d’oggi il primo vaccino per il covid su cui stanno lavorando lo chiamano Sputnik-5) a cui
si somma un altro successo clamoroso quando nel 1961 mandano Gagarin nello spazio,
vantando di aver mandato il primo uomo nello spazio. Nel 1969 gli Americani si
riscatteranno mandando il primo uomo sulla luna.
In questo quadro della distensione rientra anche l’Europa, ovviamente non riguarda solo
l’USA e l’URSS ma anche i paesi dell’Europa Occidentale e l’Europa Orientale.
Nel settore dell’economia civile, però, l’URSS rimane molto indietro, con squilibri forti, il
tenore di vita e i consumi rimangono molto più bassi dell’Occidente, i beni sono di
qualità inferiore e sono pochi. Insomma iniziano a manifestarsi una serie di problemi che
andranno ad aggravarsi negli anni successivi.
Nel 1964 il potere in URSS passa da Krushev a Breznev che propone una linea più
tranquilla, senza sperimentazioni, senza innovazioni, una tranquillità grigia, un regime
più autoritario rispetto a Krushov.
In Europa Orientale negli anni sessanta si avrà una rivoluzione moderata: anche dopo
l’uscita dal post 56 il potere concede un minimo di margine di autonomia in più alla
popolazione, sempre nel quadro di regimi autoritari, di dipendenza da Mosca etc…
Europa Occidentale gli anni Sessanta sono anni in cui si ha di nuovo uno spostamento
politico a sinistra, quindi tornano o vanno al potere, da soli o in coalizione, i partiti della
sinistra socialista o socialdemocratica. Prendono però un nuovo corso questi partiti fra
fine anni Cinquanta e inizio Sessanta: l’episodio più noto che racchiude questa
trasformazione è un importante congresso della SPD (partito socialdemocratico tedesco),
della Germania Ovest, nel 1959 detto congresso Bad Godesberg che invita a “stare al
passo coi tempi” e per fare questo abbandona l’obiettivo che ancora figurava nel suo
statuto, cioè del superamento del capitalismo e abbandona la base ideologica marxista
sposando un nuovo programma, pienamente riformista, democratico e che si propone
di riformare e non abbattere il capitalismo (non corrispondeva più ai bisogni del paese,
in cui stava avvenendo la rivoluzione dei consumi e il miglioramento del benessere). È
una visione ideologica, la SPD non era di certo riformista, ma si tratta di un programma
rivoluzionario.
Il Partito Socialista Italiano cambia linea dopo gli eventi del 1956 abbandonando la linea
filo-sovietica, si stacca dall’alleanza col PC e inizia un percorso di avvicinamento alla DC,
adottando una linea più moderata, più verso il centro.
Al di là dei singoli percorsi quello che va sottolineato è che appunto siamo in una fase in
cui la sinistra torna a governare su una linea più moderata e pragmatica. L’età dell’oro
sta portando una grande crescita ma anche un grande squilibrio e per contrastare
queste disuguaglianza appaiono necessari dei provvedimenti. Insomma si consente a
In Italia così negli anni Sessanta si apre la stagione del centro-sinistra, con Aldo Moro
(Democrazia Cristiana) che presenta l’apertura del partito a un’alleanza con il PSI dando
vita al centro-sinistra.
Grosse koalition nasce nel 1966, finita l’era Adenauer, (governo di oggi) incentrato
sull’alleanza fra partito cristiano democratico (CDU) e socialdemocratici (SPD).
Nel Regno Unito vanno al governo i laburisti.
In Francia sono gli anni in cui va al governo Charles De Gaulle (Algeria) che aveva fatto
varare una nuova costituzione instaurando una quinta repubblica, eletto presidente della
repubblica, regime semi-presidenziale e governerà per tutto il decennio.
Negli anni Sessanta c’è un elemento comune a tutta l’Europa Occidentale (in parte anche
quella Orientale) cioè quello dell’ampliamento e del rafforzamento dei sistemi di welfare,
cioè sistemi di tutela sociale. Il modello dello Stato Sociale è un modello propriamente
europeo e non vede solo la sinistra a favore di queste politiche, ma anche le forze più
moderate e conservatrici essere favorevoli a rafforzare la tutela del popolo da parte dello
Stato. Si inizia a parlare di un vero e proprio modello sociale europeo: rilevante
intervento pubblico in economia ed estesi welfare state. Anche l’Europa Orientale può
rientrare perché appunto l’istruzione è pubblica, la sanità è pubblica etc…
Questo conferisce all’Europa un primato, dopo aver perso gli altri in termini politici ed
economici, che è quello di avere i livelli di protezione sociale più alti al livello planetario e
quindi di garantire la maggiore uguaglianza e di protezione in termini sociali rispetto agli
altri paesi.

Integrazione Europea anni Sessanta: il trattato della CEE prevedeva anche la


realizzazione di politiche comuni in alcuni settori. Uno di questi è l’agricoltura: nel 1962
viene lanciata la PAC (politica agricola comune). La PAC rispondeva soprattutto alle
esigenze della Francia che aveva un grande settore agricolo grazie al quale appunto era
la maggiore beneficiaria. Era volta a proteggere i grandi produttori.
Il secondo aspetto è quello dei primi tentativi di allargare la comunità, in particolare negli
anni Sessanta chiedono di entrare nella comunità economica europea il Regno Unito,
Danimarca e Norvegia. Questa richiesta viene respinta più volte anche per la netta
ostilità della Francia: De Gaulle non vuole che i Britannici entrino nella CEE per una serie
di ragioni (rapporto stretto che l’UK ha con l’USA, l’ingresso del UK avrebbe messo in
discussione la leadership francese). Sia nel 1963 sia nel 1967 De Gaulle mette il veto alla
richiesta dell’UK di entrare.

Violenza sulle donne. Aumento della violenza maschile sulle donne legato alla
limitazione nel movimento (covid).
Storicità del tema.
Anni Settanta: guardare in particolare al passaggio fra i 60 e i 70 dove possiamo
collocare una cesura all’interno del Novecento europeo e non solo.
1968: moti del 68 come contestazione giovanile, studentesco che mise in discussione gli
assetti consolidati dell’Europa del tempo.
In primo luogo studentesco cui radici affondano nell’ambiente universitario che sta
vivendo delle trasformazioni profonde, che sta cambiando, sta crescendo, sta
diventando di massa in cui il numero degli iscritti cresce molto e rapidamente, che va
perdendo quel carattere di élite.
Un enorme numero di paesi in Europa ma anche fuori di essa in pochi mesi vengono
travolti da questi moti, una sorta di rivolta globale che presenta delle specificità ma
anche elementi di fondo:
• antiautoritarismo che ha radici nello stesso mondo universitario, si mettono in
discussione la didattica, il rapporto fra i “baroni” e gli studenti, nuovi contenuti e
modalità della trasmissione/acquisizione del sapere. Allo stesso tempo metteva
sotto critica il carattere gerarchico di altre istituzioni come la famiglia.
Presa di parola a partire da sé, dalla propria posizione specifica (visione
studentesca basata su un nuovo modo di intendere la politica)
• antimperialismo: carattere internazionale e internazionalista per
l’autodeterminazione dei popoli e contro l’imperialismo occidentale, si abbina con
le bandiere, con immagini di leader (Che Guevara), terzomondismo, un afflato di
solidarietà internazionalista nei confronti di lotte di liberazione nel terzo mondo
(guerra in Vietnam)
Le forme della mobilitazione furono l’assembleazionismo, l’azione diretta e
partecipazione diretta: idea che la politica non si fa più con i “vecchi strumenti” che
erano le rappresentazioni studentesche, il parlamentarismo ma attraverso la
partecipazione diretta, senza deleghe, con occupazioni.
In Europa il cuore del Sessantotto fu Parigi: “maggio francese”, lotta armata contro la
polizia, idea della ricerca di un’unità fra studenti e operai, estendere la mobilitazione
dall’università alle fabbriche e più in generale al mondo del lavoro, ci sono scioperi molto
duri tanto che addirittura il potere di De Gaulle sembrò, per alcune settimane, sul punto
di crollare. In realtà De Gaulle, dopo un’esitazione iniziale, seppe riprendere in mano la
situazione, convocò nuove elezioni che vinse con grande margine dimostrando che oltre
e dietro ai manifestanti c’era “un’altra Francia” che non sposava gli ideali dei sessantottini
che desiderava il ristabilimento dell’ordine e il suo mantenimento.
Quindi il maggio francese incendiò la Francia ma si spense molto rapidamente.
In Italia fu diverso, interessa molto Roma infatti fu molto localizzato, insieme a molte altre
città. Sicuro ebbe un’intensità minore ma una durata maggiore (lungo sessantotto). 1
Marzo battaglia di Valle Giulia: sgombero di studenti che tentava di occupare la facoltà
di Architettura a Sapienza, scontro molto violento con la polizia.
Anche in Italia c’è la ricerca di un collegamento con il mondo di fabbrica, “Vietnam in
fabbrica”. Da questo punto di vista al Sessantotto studentesco segue un 1969 “operaio”,
durante il quale abbiamo una esplosione della conflittualità delle fabbriche (Fiat Mirafiori
a Torino) in cui la mobilitazione operaia ripropone parole d’ordine, modalità d’azione
simili a quelle del movimento studentesco (rifiuto della delega, non ci si affida più
soltanto ai sindacati ma si costituiscono assemblee, i consigli di fabbrica, dirette, si lotta
contro l’autoritarismo dei padroni e ci si impegna in vertenze che presentano appunto
caratteri innovativi. Questi movimenti, chiamati lotte dell’autunno caldo, porteranno nel
1960 all’approvazione della legge Statuto dei lavoratori.
Alcuni anni fa si è molto parlato dell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
(Jobs act proposta dal governo Renzi nel 2014/2015) che andava ad abolire delle parti
che vietava i licenziamenti senza giusta causa e che prevedeva il loro reintegro.

Europa Orientale
Caratteri in part analoghi ma anche diversi in ragione delle differenze di contesto:
contesto di paesi satelliti dell’URSS, democrazie popolari etc…
insomma i movimenti del Sessantotto sono la richiesta di una maggiore libertà, la
richiesta di una vita politica più libera. Manifestazioni studentesche e occupazioni
universitarie ci sono in vari paesi.
Mobilitazione popolare a cui corrisponde un progetto riformatore che vede protagonista
il nuovo segretario del Partito Comunista Dubchek, colui che si mise appunto alla guida
di un esperimento di riforma, di liberalizzazione e di autodeterminazione per la
Cecoslovacchia che conosciamo come la primavera di Praga.
Duchek voleva appunto raccogliere la richiesta di democratizzazione e liberalizazzione
dando vista a un “socialismo dal volto umano” che prevedeva il pluralismo politico, una
liberalizzazione economica.
Questo spaventò molto sia i sovietici sia i leader moderni del blocco sovietico e questo
determinò una reazione militare da parte di Mosca che inviò le truppe a occupare Praga
nell’estate del 1968. Dubchek venne prelevato e sostituito e si avviò un percorso di
normalizzazione, si pose fine a queste politiche di apertura e democratizzazione.
All’ora a guidare l’URSS c’era Breznev e questa fu la prima mossa della dottrina Breznev:
i paesi dell’Europa Orientale erano liberi di determinare il loro corso politico ma con limiti
precisi di non mettere in discussione i principi del socialismo e l’interesse comune del
blocco sovietico e per chi oltrepassasse questo limiti gli altri paesi avrebbero dovuto
intervenire.
Questo intervento fu molto criticato dagli altri paesi, che prendono nettamente le
distanze da Breznev e dall’intervento, che mise in luce tutti i limiti del cosiddetto
“socialismo reale” mostrando che se si cercava di socializzare il sistema si andava contro
la repressione sovietica e quindi si comprese che non era possibile.

Estate del 1971 Nixon (presidente USA) tiene una conferenza stampa fondamentale in cui
annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro che era il pilastro del
sistema di Bretton-Woods del 1944. Gli USA erano in difficoltà soprattutto per la guerra
in vietnam, guerra che non riuscivano a vincere e in più pagavano il prezzo di una serie
di riforme interne che erano state fatte soprattutto negli anni Sessanta. Quindi si trovano
in difficoltà economica, per affrontarla la banca sociale stampa nuova moneta ma questo
ovviamente manda un segnale di minore affidabilità del dollaro statunitense agli occhi
della finanza internazionale e delle banche centrali delle banche europee che iniziano a
chiedere maggiormente di convertire in oro le riserve in dollari che possedevano. A un
certo punto gli USA non sono più in grado di reggere queste richieste e di mantenere
quel ruolo da garanti del sistema internazionale che avevano assunto nel 44 e decidono
di sganciarsi e così facendo fanno saltare un pilastro del sistema di Bretton-Woods. Da
questo momento in poi di passa a un sistema internazionali non più fissi ma mobili, che
iniziano ad oscillare. È la fine dell’ordine economico post – bellico perché gli USA
svalutando il dollaro, gli altri paesi svalutano le loro monete e si inizia ad avere un
processo competitivo in cui ciascun paese, per difendere i propri interessi commerciali ed
economici, pensa a sé.

Inoltre, sempre nella prima metà degli anni Settanta, prima nel 73 e poi di nuovo nel 79
aumenta molto il prezzo del petrolio: shock petroliferi causato dai paesi produttori, in
particolare dai paesi Arabi, che per una serie di fattori come le guerre, decidono di
alzare il prezzo del petrolio. Questo colpisce molto i paesi che non erano produttori di
petrolio, come l’Italia, quelli che importavano il petrolio si trovano a pagarlo molto di più
(4 volte circa). Questo determina tutta una serie di risposte politiche di vario genere, si
limita la circolazione dei veicoli a motore, si introducono le “domeniche senza auto” o
quelle a piedi o in bici, carrozze e cavalli. Insomma queste vicende determinano una crisi
economica che segna la fine dell’età dell’oro. Non c’è più una crescita economica e
continua come negli anni Cinquanta e Sessanta e si ha un fenomeno di ristagno
economico alla quale si accompagna un forte aumento dell’inflazione. Si parla infatti
negli anni Settanta di stagflazione: inflazione più stagnazione (di solito l’inflazione era un
fenomeno che di solito di accompagnava a una crescita economica).

Questo vede una profonda trasformazione nei modelli produttivi: si passa da un modello
fordista a uno post-fordista, la produzione industriale inizia a spostarsi in altre aree del
pianeta, in estremo oriente come la Corea del Sud, la Thailandia, Singapore etc… col
fenomeno chiamato de-industrializzazione che non vuol dire che sparisce
l’industrializzazione ma che si sposta.
Soprattutto i paesi dell’Est Europa soffrono questo passaggio, sono paesi con sistemi
economici più rigidi, meno versatili, meno capaci di seguirle lo sviluppo
dell’automazione, meno capaci di adottare il nuovo modello post-fordista.
Ovviamente tutto ciò comportò un numero di occupazioni, rivolte, occupazioni di
fabbrica etc…
Negli anni Settanta, in un contesto economico che sta cambiando, si rafforzano quei
sentimenti di ostilità nei confronti della forza lavoro immigrata: nel momento in cui non
c’è più lavoro, non c’è più necessità di importare braccia da un lato cresce il rifiuto e
l’ostilità da parte dei lavoratori dall’altro i paesi iniziano a mettere dei limiti, tramite
legislazione, sul numero di possibili immigrati per lavoro.
Inoltre assistiamo a una crisi dei partiti politici tradizionali che faticano ad esprimere e
rappresentare gli interessi di una società che inizia a cambiare in un modo molto
profondo e rilevante.
Quindi sono anni di crisi economica, di forte conflittualità e dove le forme di
partecipazione e mobilitazione politica di trasformeranno, risulteranno forme nuove
anche in una linea di continuità con il Sessantotto, cioè con le sue nuove forme di
movimento giovanile.
Anni Settanta.
Politica: il Sessantotto inaugura una stagione di mobilitazione sociale, un decennio di
protagonismo sociale, nel quale nascono e si sviluppano molti movimenti sociali che
contraddistinguono il decennio Settanta. Questo avviene in un quadro di ridefinizione
della politica, nell’allargamento della concezione stessa della politica, di cosa abbia
rilevanza politica e quali siano le forme della partecipazione politica.
Tutto ciò è tributario dei movimenti del Sessantotto.
Movimenti sociali: anni in cui c’è una vera e propria fioritura dei movimenti, alcuni di essi
sono particolarmente rilevanti, segnano non solo quell’epoca ma presentano un
interesse che va oltre gli anno Settanta perché sono incentrati, che mettono a tema
alcuni grandi questioni della società contemporanea. Due in particolare:
• Movimento femminista: il neo-femminismo (si parla di neo-femminismo per
distinguerlo dai precedenti movimenti a cavallo fra Otto e Novecento). Ci porta a
un nuovo protagonismo, espresso in forme nuove ma anche con contenuti nuovi,
da parte delle donne.
Manifesto italiano del 1970: manifesto di rivolta femminile, Carla Lonzi insieme ad
altre due esponenti (Arcardi e Banotti).b tempo imponente che poneva in modo
radicale i temi del neo-femminismo.
Tema dell’identità: manifesto che pone al centro di una rivolta femminile l’identità
della donna.
Inoltre declina in una nuova accezione il tema dell’uguaglianza.
Rifiuta tutte le dottrine del passato, anche il socialismo e il marxismo perché frutto
di una visione patriarcale.
Nodo importante: rapporto fra privato e pubblico, importante si tratta di temi
importanti pubblici come la politica, la guerra, la lotta di classe ma anche della
sfera privata, la famiglia, il matrimonio, il lavoro domestico, il lavoro di cura.
Questo considerare la politicità del privato, la ripartizione del lavoro domestico, di
cura, i rapporti inter-familiari come politica. Il personale è politico perché in questa
sfera si manifestano relazioni di potere, in modo specifico fra uomini e donne.
Forme di partecipazione e militanza femminile.
Comunichiamo solo con donne allusione alla pratica del separatismo: fare politica
in forme nuove, solo fra donne, a partire dall’autocoscienza (gruppi piccoli,
composti da pochi donne che si riunivano per discutere delle questioni legate al
proprio privato), ciò che non veniva considerato politico prima. Fare la lotta con
donne.
Rispetto al primo femminismo, quello dell’emancipazione che issava l’uguaglianza
come propria bandiera, che voleva dire uguali condizioni di lavoro, di
retribuzione, di diritti, di voto, qui siamo su un piano diverso perché si dice che
l’uguaglianza è un tentativo ideologico per appiattire la donna, non è più un
femminismo dell’uguaglianza ma della differenza: questo non vuol dire che i diritti
delle donne debbano essere di più ma che quello dell’uguaglianza non
rappresenta tutto il problema perché c’è una differenza di fondo perché le donne
vivono delle condizioni di repressione da parte dell’uomo. Non ha più l’obiettivo
dell’uguaglianza con l’uomo ma della liberazione dal controllo dell’uomo.
Nel 1978 in Italia viene approvata dal parlamento una legge importante (ancora
leggente), la legge 194 sulla tutela sociale della maternità e dell’interruzione non
naturale della gravidanza, conosciuta come legge sull’aborto. Mobilitazione
sull’aborto delle donne nel 1977, che riguarda il corpo delle donne e la loro
autonomia sulle proprie scelte riproduttive, quindi una specificità. È un ambito in
cui quella differenza emerge, protagonismo diretto delle donne che vogliono
esprimere la loro prospettiva su un tema molto rilevante per la loro soggettività,
per la loro condizione personale, per la loro differenza appunto. Possiamo parlare
di differenza nell’uguaglianza.
• Movimento ambientalista: nel 1972 viene pubblicato The limits of growth (I limiti
dello sviluppo), studio sulla situazione e sui prospetti futuri dell’umanità. È un
rapporto che prende in esame diversi fattori dello sviluppo fondamentalmente
guardando al rapporto fra la popolazione (mondiale) e risorse (alimentari, materie
prime, qualità ambientale). Questi scienziati, attraverso delle elaborazioni
mettendo insieme una grande quantità di dati, fanno emergere dei limiti allo
sviluppo: mettono in guardia alla risorse non infinite e poi si parla anche di
inquinamento, lo sviluppo produce rifiuti che si accumulano nel mondo (fiumi,
mari, aria, suolo).
Ha un grande impatto. Questi furono i temi che mossero grandi mobilitazioni,
movimenti come quelli contro il nucleare (si contestava sia la pericolosità sia il
problema delle scorie, di dove smaltirle).
Questo porterà anche alla nascita di partiti politici, come il partito dei Grunen
tedesco, che richiedeva per esempio un nuovo modello di sviluppo che garantisse
la sostenibilità ambientale delle attività economiche e sociali. Quindi
ambientalismo come nuova forma politica.
Sono anche anni segnati da conflittualità e violenza politica: uso della violenza da parte
dei movimenti sociali e dei gruppi politici che nascono sulla scia del Sessantotto, intesa
da alcuni come violenza di piazza, come “anti-fascismo militante”, ma oltre a questo
abbiamo anche una dimensione specifica dell’uso della violenza specifica che è quella
del terrorismo.
I terrorismi, di diversa matrice in primo luogo di matrice politico-ideologica, che sono da
un lato un terrorismo di destra e da un lato un terrorismo di sinistra che sferrano un
attacco alle istituzioni democratiche dei paesi europei.
Da questo punto di vista l’Italia torna protagonista, come nel 1969, a piazza Fontana a
Milano, viene messa una bomba da esponenti del neo-fascismo, un terrorismo neo-
fascista, che inaugura la strategia della tensione, ovvero una strategia volta a incutere
paura, insicurezza, un senso di precarietà e instabilità che favorisse una svolta politica
autoritaria. Anche a Brescia e a Bologna si ebbero degli attentati di matrice neo-fascista.
Dall’altra abbiamo un terrorismo di sinistra con le brigate rosse: idea di “colpirne un per
educarne cento” ma anche di “dare il potere al popolo”, siamo nell’ambito dell’azione
esemplare che dovrebbe sollevare le masse.
Azione più famosa delle BR è il sequestro (per due mesi) e poi uccisione di Aldo Moro.

Rapporti interni all’Europa divisa: Willy Brandt (cancelliere tedesco) artefice della
ostpolitik, cioè una politica intrapresa dalla Germania ovest fr ala fine degli anni Sessanta
e l’inizio dei Settanta di riconciliazione con i paesi del blocco sovietico. Fra Germania Est
e Ovest non c’erano rapporti, il governo della Germania Ovest non riconosceva questa
divisione, pensando di essere l’unica espressione della Germania credendo che la
Germania dovesse essere unificata. In questi anni Brandt cambia orientamento e segue
la linea di un avvicinamento col blocco sovietico e in particolare con la Germania
orientale perché si rende conto che l’obiettivo di riunificazione delle due Germanie è
ormai fattibile solo a lungo termine e pensa che intanto è meglio normalizzare o proprio
creare rapporti con i paesi dell’Est, inclusa la Germania Est, tecnica del cambiamento
tramite il riavvicinamento.
Due anni dopo si arriverà a un trattato fra repubblica federale e repubblica democratica
che rappresenta appunto il culmine di questa ostpolitik.
Così la Germania ovest si imponeva come nuovo protagonista degli anni Settanta, della
distensione intra-europea che deve essere collocata nel quadro della distensione
globale.
Nel 1972 accordo SALT: accordo per la limitazione delle armi nucleari, firmato da URSS e
USA.
Conferenza di Helsinki per la sicurezza e cooperazione in Europa fra il 73 e il 75, ed è
molto importante perché si firmano accordi con i quali tutti si impegnano a rispettare le
frontiere, le sovranità degli altri paesi e quindi a non fare la guerra, a creare forme di
cooperazione sia economico, energetico ma anche culturale, a garantire il rispetto dei
diritti umani che è un aspetto che è voluto dai paesi dell’Europa Occidentale ed è un
elemento importante perché l’URSS e il blocco sovietico non sono totalmente d’accordo
ma si impegnano lo stesso (non possono rifiutarsi) e sarà un tema su cui batteranno
molti gli esponenti del dissenso politico nei paesi dell’Est Europa che appunto riferendosi
a questi diritti denunciano il contesto in cui vivono.
È il contesto in cui dobbiamo collocare il cosiddetto compromesso storico.
Euro-comunismo: tipo di comunismo nuovo, diverso da quello sovietico che riconosce i
valori della democrazia e del liberalismo e che si propone come modello diverso rispetto
a quello del socialismo reale (non avrà grande sviluppo).
Nel 1979 firma di un secondo trattato SALT, dove però il contesto è diverso anche
perché l’epoca della distensione è diversa.

Anni Ottanta
Si propone il problema della sostenibilità economica del Welfare State: in una situazione
di ristagno della crescita, i costi dello Stato Sociale, dei suoi servizi e prestazioni
diventano più pesanti, vengono avvertiti come costi che sono cresciuti troppo. Si pone in
termini nuovi il problema delle risorse per finanziare e sostenere il Welfare State questo
perché il ristagno economico significa minori entrate fiscali e quindi minor denaro
pubblico, inoltre negli anni Settanta si è vista una maggiore disoccupazione, questo
voleva dire maggiori sussidi. Con altri fattori, come il calo della natalità e il conseguente
invecchiamento dell’età della popolazione, contribuiscono.
Quindi si cerca di limitare spese non indispensabili, di limitare i costi. Queste saranno
preoccupazioni e politiche che segneranno tutti gli anni Ottanta e in parte anche quelli
seguenti.
Però, insomma, da metà degli anni Settanta il Welfare State diventa da modello
indiscusso a problema da risolvere. Nei vari paesi è ovviamente diverso ma presentano
tutti lo stesso paradigma: messa in discussione di quel modello statale che aveva
prevalso nella Golden Age.
Dal punto di vista politico anche cambiarono i temi, il modo di trattarli: si iniziò a
denunciare uno stato con un sistema assistenzialista che appunto eccedeva nel
rispondere ai bisogni dei cittadini, che andava oltre i loro bisogni. Questo perché
secondo alcuni il Welfare State e in generale le politiche sociali erano di ostacolo allo
sviluppo dell’economia. Secondo alcune letture di economisti, studiosi e osservatori il
Welfare costituiva un ostacolo che impedisce di realizzare il pieno sviluppo economico,
un peso, un vincolo al progresso economico. Si diffonde fra la seconda metà degli anni
Settanta e l’inizio degli anni Ottanta le dottrine neo-liberiste che riprendono il liberismo
classico ottocentesco e lo ripropongono in una nuova versione a partire proprio da
un’idea di necessario ridimensionamento del Welfare State, secondo le loro lettura
bisogna tornare a un mercato che, se non intralciato da regolamentazioni pubbliche e se
non aggravato da eccessive spese pubbliche, soprattutto sociale, può essere un mercato
libero è capace di garantire la crescita economica attraverso lo sfruttamento ottimale
delle risorse possibili. Queste dottrine influenzeranno le politiche negli anni Ottanta. Per
favorire questa crescita economica i neo-liberisti pensano che bisogna limitare la spesa
pubblica, soprattutto la spesa sociale non produttiva, anche perché secondo loro è
necessario ridurre le tasse i modo che siano incentivati i consumi e gli investimenti, che
siano più risparmi per consumare e più profitti e capitali per investire, perché è proprio
attraverso l’espansione dei risparmi e degli investimenti che si può rilanciare la crescita
dell’economia.
Due importanti leader politici del neo-liberismo che salgono al governo fra la fine degli
anni Settanta e l’inizio degli Ottanta che mantengono il potere per tutto il decennio o
quasi: Margaret Thatcher (UK) e Ronald Reagan (USA).
Quindi gli anni Ottanta, soprattutto nei paesi Anglo-sassoni, sono segnati dall’egemonia
delle politiche neo-liberiste.
1979: elezioni politiche in UK e il partito conservatore (Thatcher) propone una campagna
politica che per la prima volta è affidata a un’agenzia pubblicitaria con il tentativo di
screditare “incolpando” il governo laburista di non aver incrementato i posti di lavoro
“labour isn’t working”, “Britain’s better off with the conservatives”.
L’esito di queste elezioni nella primavera nel 79 è la vittoria del partito conservatore:
Thatcher propone di superare le difficoltà dell’UK con idee di stampo neo-liberiste, meno
stato più mercato e accompagna il suo programma con un’enfasi sui valori e incapacità
che sono sottesi ai modelli economici: secondo Thatcher il modello Welfare è un
modello assistenzialista.
Thatcherismo.
Questo porta a programmi di privatizzazione delle imprese pubbliche (banche, trasporti
etc…), a una riduzione delle spese del Welfare State, nella sanità, nell’istruzione pubblica,
una liberalizzazione dei mercati finanziari e scontri molto duri, con caratteri quasi “epici”
con i sindacati.
La UK uscì dal decennio Thatcheriano con una grande ripresa economica ma pagando
prezzi sociali elevati, con un maggiore disoccupazione, una grande diseguaglianza
sociale e un mancato conseguimento di uno degli obiettivi, cioè quello di tagliare la
spesa pubblica, i tagli furono piccoli anche perché appunto l’aumento della
disoccupazione aumento le spese per i sussidi.
Nel resto dell’Europa negli anni Ottanta nessun altro paese segui l’UK con questo
programma, alcuni paesi seguirono alcune di queste politiche ma non tutte, come quella
della privatizzazione (Italiana). Anche perché se l’UK andava verso destra, gli altri paesi
vedevano un avvento della sinistra al governo.
Questo fu un periodo nel quale si registrò una rilevante evoluzione nella base
“ideologica”, programmatica dei partiti socialisti o socialdemocratici che si rinnovarono al
livello politico-programmatico, si allontanarono ancora di più dal modello sovietico e dal
marxismo. Differenza sostanziale con la destra: non viene rinnegato e neanche lasciato il
modello del Welfare State, che si proponeva di rinnovare, adeguare ai nuovi bisogni, ma
non eliminandolo.
Francia: caso molto significativo. Gli anni settanta e Ottanta sono segnati all’interno della
sinistra, in particolare del partito socialista, dalla figura di Francois Mitterrand che si
propone un presidente giovane per una Francia moderna come candidato unico della
sinistra. Viene sconfitto in realtà da Charles De Gaulle nel 1965, ma ci riproverà all’inizio
degli anni Ottanta in un contesto diverso, di un rinnovamento politico programmatico-
ideologico e nel 1981 Mitterrand ci riprova con una campagna di comunicazione politica
molto innovativa: da un lato lo sfondo che sceglie, rispetto al 65 con l’industria, è un
borgo, un paesino, un’immagine di una Francia rurale, tradizionale, rassicurante, in cui
viene mostrata in particolare una chiesa, lo slogan è “la forza tranquilla”, uno slogan che
vuole rassicurare gli elettori che Mitterrand è un candidato di sinistra ma tutt’altro che
rivoluzionario, tranquillo. Queste elezioni vedono Mitterrand vincere e rimanere
presidente per due mandati, fino a metà degli anni Novanta. In realtà la sua fu una
presidenza molto movimentata: all’inizio, nei primi due anni, si ebbe un governo delle
sinistre unite, c’era anche il partito comunista e vennero varate delle riforme sociali molto
innovative (sul lavoro, sulla nazionalizzazione), dall’82 in poi alcuni segnali d’allarme
indussero Mitterrand e i socialisti ad adottare un orientamento molto più moderato
passando maggior attenzione al contenimento della spesa pubblica, a non alzare le
tasse anzi possibilmente a ridurle etc…
Anche in Spagna, Italia e altri paesi si ha la sinistra al governo.

Gli anni Ottanta sono anche anni di una rivoluzione informatica in cui l’Europa è
coinvolta ma di cui non è guida, protagonista. In particolare lo stato della California
(Silicon Valley), più in generale oltreoceano. Sono protagonisti gli elaboratori elettronici,
le informazioni stesse: si afferma il settore delle tecnologie e dell’informazione come un
settore cruciale che si impone nelle attività economiche, nella produzione, nel lavoro e
via via nelle attività quotidiane. Il computer entra prepotentemente nella vita delle
società di tutto il mondo. Si apre quindi l’epoca dei personal computer (PC). Con
l’introduzione della rete internet che rivoluzionerà la socialità, il lavoro e tutto il resto in
tutto il mondo. Cambierà anche l’economia, si tratterà anche di new-economy ma
bisogna ribadire che l’Europa viene investita da questa rivoluzione ma non ne è
promotrice.
Impatti:
• Attività produttive: l’automazione crescente dei processi produttivi, i robot capaci
di eseguire con maggiore precisione e velocità determina un impatto nel mondo
lavorativo con un conseguente aumento della disoccupazione: una parte diventa
un lavoro più impegnativo e sofisticato, dall’altro però diminuisce il numero di
persone necessarie.
• Attività finanziarie: con l’avvento delle comunicazione telematiche i capitali
possono essere spostati istantaneamente da qualsiasi centro finanziario ad un
altro e si crea una vera rete finanziaria internazionale, i mercati diventano sempre
più globali determinando anche l’accumularsi di cospicue fortune ma esponendo
anche spesso a rischi di volatilità che non mancheranno.
Nel 1983 il PC viene scelto come personaggio dell’anno dalla rivista time perché era
entrato già nell’uso.

Processo di integrazione europea, erano nata negli anni 50 la CECA, la CEE ad opera dei
sei stati (Lussemburgo ,Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio e Norvegia). Nel 1973
abbiamo un primo allargamento della comunità con l’Irlanda, Danimarca e, al terzo
tentativo, il Regno Unito. Abbiamo quindi una “Europa dei nove” ma già due anni dopo
nell’UK si tiene un referendum sull’adesione alla comunità economica europea: posizioni
e argomentazioni a favore e contro il mercato comuni e l’integrazione (rischioso e
pericoloso o vantaggioso). Questo referendum vede una vittoria netta per i “sì” che verrà
però poi revocata nel 2020 con la Brexit.
Negli anni Settanta i paesi dell’CEE fanno i conti con la crisi del sistema monetario di
Bretton-Woods, e quindi una crisi della instabilità dei cambi e la creazione di un nuovo
ordine di cambi internazionale. Alla fine degli anni Settanta i paesi della CEE varano un
programma SME (sistema monetario europeo): creato nel 1979 per far fronte appunto
alla instabilità dei cambi e al tentativo di agganciare la valuta delle monete europee alla
moneta forte (marco tedesco). Successivamente abbiamo un secondo allargamento nel
1981 con la Grecia e poco dopo, nel 1982 con la Spagna e il Portogallo, quindi con
l’Europa mediterranea. Sono paesi usciti che avevano da poco vissuto una transizione da
dittatura a democrazia (metà anni Settanta). Sono ingressi importanti non solo perché
ora la CEE arriva a 12 membri ma anche perché sono paesi poco sviluppati, che da un
lato diventano i maggiori beneficiari delle politiche sociali e di aiuti dei fondi dello
sviluppo che la CEE prevede e dall’altro sono paesi con economie con un forte peso
dell’agricoltura che modificano anche un po’ gli assetti.

Polonia: paese che occupò una posizione particolare nel blocco sovietico per molte
ragioni e che in questa fase, quella degli anni Ottanta manifestò in modo
particolarmente marcato alcuni elementi di crisi e di cambiamento che segnarono il
destino del blocco sovietico.
I nuovi scenari economici apertasi con la crisi degli anni Settanta viene messo in luce
come le economie sovietiche, del blocco orientale avessero faticato molto ad adeguarsi
a intraprendere questa strada di ristrutturazione con nuove modalità organizzative e
come complessivamente fossero rimaste indietro. Quindi negli anni Settanta si vede
crescere il divario fra le economie capitaliste che riescono in qualche maniera a
riconfigurarsi e queste altre economie, che manifestano crescenti difficoltà nell’economia
e nella produzione che si ripercuotono anche sui consumi.
Fra i problemi maggiori per la Polonia vi è un problema legato a ripetuti aumenti dei
prezzi dei generi alimentari, di generi di consumi primari e indispensabili che suscitano
un profondo mal contento che si manifesta in proteste, rimostranze nei confronti del
regime per le condizioni di vita che vanno peggiorando.
Sulla scia di questo malcontento si sviluppano i movimenti di opposizione: forme nuove
di opposizione che si sviluppano in maniera organizzata contro questi regime.
Nel 1978 inoltre viene eletto Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II) papa, che era il primo papa
polacco, e che diventa un attore importante nella chiave di un sostegno morale ma non
solo di grande importanza alle opposizioni polacche.
Bisogna tener conto che la Polonia è un paese anti-russo, fortemente cattolico, insomma
molto particolare.
Una delle proteste legata al scoppia nel 1980: in quest’anno si ha un importante ciclo di
scioperi nella città di Danzica soprattutto che vedono la nascita di Solidarność
(solidarietà) che è un sindacato autonomo, indipendente dal regime che promuove e
organizza queste lotte e scioperi nei cantieri di Danzica, ha un orientamento cattolico e
raccoglie vasti consensi e adesioni. La costituzione di questo sindacato è un momento
molto importante: viene dapprima riconosciuto dal potere polacco che si trova costretto
a trattare con Walesa e altri rappresentanti, dopodiché verrà sostanzialmente bandito nel
1981 a seguito di un colpo di Stato militare guidato dal generale Jaruzelskij che impone
un’ulteriore torsione autoritaria al paese, decreta la legge marziale e scioglie il regime
Solidarność. Questo è un campanello d’allarme forte.
Nel 1982 scompare Bresniev, gli succede una sorta di interregno per un paio di anni di
leader che durano molto poco e nel 1985 si ha una grande svolta con l’avvento alla
segreteria del partito comunista di Gorbachev: figura nuova, che si presenta con una
carica innovativa, con un profilo di innovatore del partito che vuole appunto riformare il
sistema sovietico, vuole introdurre degli elementi di cambiamento, non stravolgendolo
ma con cambiamenti si rende conto essere necessari per svecchiare il sistema e
adeguarlo alle nuove sfide del tardo ventesimo secolo. Quattro parola d’ordine nel suo
manifesto: CCCP (unione delle repubbliche socialiste sovietiche)
• ristrutturazione (perestrojka): parola chiave più importante perché sostiene che
questa fase sia un ulteriore stadio della rivoluzione sovietica avviata dai
bolscevichi, da Lenin con la rivoluzione del 17
• democrazia :moderata democratizzazione del sistema sovietico
• trasparenza :rimanda a una trasparenza nella comunicazione pubblica, degli
organi dirigenti e che pone quindi l’obiettivo di un’informazione più libera e di un
allentamento o eliminazione della censura
• accelerazione :idea che l’URSS deve accelerare sullo sviluppo economico, deve
migliorare nettamente le proprie performance economiche
Gorbachev ha ben chiari i limiti e i problemi del sistema.
Dal punto di vista economico: un sistema rigido che aveva mancato la modernizzazione,
che non riusciva a competere con le economie capitaliste, quindi idea che fosse
necessaria una forte e profonda modernizzazione del sistema economico. Qui
Gorbachev cercò di introdurre alcuni elementi di liberalizzazione, non produssero grandi
risultati ma dal punto di vista programmatico si.
Dal punto di vista del mondo della comunicazione ci furono grandi risultati: la censura fu
alleggerita, si poterono pubblicare e leggere libri che prima erano vietati, all’intellettuale
veniva concesso di esprimere anche opinioni critiche, insomma si ampliarono gli spazi di
un dibattito pubblico libero.
Dal punto di vista della politica estera: va tenuto ben presente il contesto, le difficoltà con
cui Gorbachev doveva fare i conti, si trovava in una posizione nel quadro
dell’antagonismo degli USA che era di debolezza, da un lato faticava sempre più a
reggere i costi per la competizione sugli armamenti che portava a destinare a questo
scopo risorse ingenti cui il paese non disponeva più. Inoltre una guerra, quella in
Afganistan, la stava logorando. Qui Gorbachev ha un approccio riformista perché, invece
che sulla competizione militare, punta al dialogo, a una nuova forma di comunicazione
con l’Occidente con l’ottica di garantire una nuova sicurezza. Negli USA c’era Reagar,
con il quale si incontra nel 1985, discutono di progetti e programmi con prospettive di
disarmo, con un clima molto cordiale, disteso. Frutti concreti non ci saranno ma si
pongono le basi per gli accordi negli anni seguenti.
Inoltre Gorbachev fa un’altra cosa molto importante, cioè afferma come orientamento,
principio generale e universale nei rapporti fra li stati quello della libertà di scelta: ciascun
popolo avesse diritto all’autodeterminazione e questo era di grande importanza nel
quadro dei rapporti interni al blocco sovietico.
L’obiettivo di Gorbachev era quello di modernizzare con l’ottica di un nuovo stadio della
rivoluzione bolscevica ma finisce per porre le basi e avviare una fase con altri esiti,
ovvero il crollo del comunismo e la scomparso della stessa Unione Sovietica, esiti che
Gorbachev non voleva assolutamente conseguire. E questo accade fra il 1989 e il 1991.
Il 1989 fu un anno decisivo nella storia sia europea sia mondiale: crollò il comunismo in
tutti i paesi o comunque si avviarono transizioni politiche in tutti i paesi dell’Europa
orientale. In parte i processi che si misero in moto nei singoli paesi sulla base di vicende
pregresse, problemi, situazioni nazionali e in parta anche per effetto di fattori
internazionali o transnazionali, tra cui il ruolo importante delle politiche di Gorbachev. Ci
fu anche una sorta di “effetto domino”: la caduta o l’indebolimento del comunismo in un
paese si rifletteva su quelli vicini etc…
Fra i vari fattori comuni, oltre le politiche dell’URSS e oltre alla crisi economica e sociale,
troviamo altri elementi comuni i quali: rapporti con l’Ovest e soprattutto il confronto con
l’Ovest, con l’Occidente capitalistico che soprattutto agli occhi delle generazioni più
giovani era un confronto che diventava sempre più impetuoso, desiderio di uno stile di
vita diverso “all’occidentale”.
La Polonia anche nell’89 ebbe un’importanza notevole perché fu il primo paese in cui
cadde il regime comunista. Fra l’88 e l’89 si ebbe un altro giro di proteste, scioperi e
manifestazioni il governo alla fine dovette scendere a patti, varare molte riforme ma
sopratutto riconoscere Solidarnosc consentendogli di riemergere dalla clandestinità.
Molto importante fra gli esponenti è la figura di Mazowiecki: da qui a un paio di mesi in
Polonia si tengono le primi elezioni libere del blocco sovietico alle quali Solidarnosc
partecipa, vince e si arriva a un nuovo governo di coalizione governato appunto da
Mazowiecki. Qui abbiamo ancora una prima volta: governo guidato da una persona non
del partito comunista, anzi dell’opposizione.
Altri sviluppi importanti li troviamo nella Germania Est: si (ri)apre una questione nel 1989
cioè quella dell’esodo dei cittadini Tedeschi orientali verso l’Occidente. Questo fa
sviluppare movimenti di piazza, periodici (lunedì), i cittadini scendono in piazza per
chiedere libertà e democrazia, richiesta di riforme nel senso di una democratizzazione
del sistema. A questo punto i dirigenti della Germania Est decidono di consentire con
maggiore facilità la possibilità di espatriare.
Il 9 novembre fa una conferenza stampa un portavoce del governo che in un momento
di confusione si trova un po’ spiazzato quando dai giornalisti arriva la domanda su
modalità e tempistiche di questa liberalizzazione degli espatri e quindi a queste
domande in maniera un po’ confusa e contraddittoria dice “da subito”. Quello che
succede nelle ore seguenti è molto noto: migliaia di persone per strada si riversano sui
varchi di frontiera (su entrambi), le guardie sono colte alla sprovvista e alla fine fanno
passare questa marea umana. Sempre nelle ore seguenti, il 9 novembre 1989, abbiamo
la caduta del muro di Berlino: non separa più, anzi si più passare da una parte all’altra e
oltre a salirci sopra, festeggiare, incontrarsi iniziano anche a distruggere fisicamente il
muro. Con la caduta del muro di Berlino abbiamo non solo la fine di una città divisa e di
una Germania divisa, ma di una Europa divisa.
Fu una rivoluzione pacifica quasi ovunque, tranne in Romania, con i caratteri di una
transizione quasi concordata.
Qui si pone la questione della riunificazione delle due Germanie in una. Helmut Kohl:
importante leader della Germania ovest, cancelliere dal 1982 che gestisce con grande
abilità questo processo, riesce a superare tanti ostacoli perché non era affatto pacifica la
riunione delle due Germanie, sia per la Germania stessa ma anche per i paesi vicini,
alcuni erano molto restii a pensare che la Germania potesse ridiventare una, che poteva
risultare destabilizzante per gli equilibri europei, si potevano ripresentare dei problemi
per una grande Germania in una Europa non più divisa etc… insomma c’era molta
resistenza nei confronti di questo scenario della riunificazione e Kohl fu molto abile a
rassicurare i partner europei a partire dalla Francia garantendo che la riunificazione
tedesca non avrebbe posto problemi e pose come garanzia un rafforzamento
dell’integrazione europea, ovvero, Kohl si impegno a “costruire la casa tedesca sotto un
tetto europeo”. Nel 1990 si poté festeggiare la riunificazione tedesca: la Germania tornò
ad essere un paese unito.
1992 Trattato di Maastricht: nascita dell’Unione Europea (UE), non più solo
un’integrazione economica ma anche di tipo politico con un programma di integrazione
monetaria che porterà dieci anni dopo all’adozione di una moneta unica (Euro) la cui
entrata in circolazione all’inizio del 2002 viene a rappresentare la fase conclusiva di
questo percorso di integrazione monetaria che prevede che i paesi che vi partecipano si
impegnino a rispettare tutta una serie di criteri, i cosiddetti parametri di convergenza,
che riguardano il valore dell’inflazione, il rapporto fra il deficit e il PIL e il rapporto fra il
peso pubblico e il PIL.

Nel 1992 si era già compiuta la parabola storica dell’Unione Sovietica, che si era dissolta
per effetto delle spinte nazionaliste delle repubbliche che la compongono, manifestate
prima nei paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e poi altrove spingendo queste
repubbliche a staccarsi e a proclamarsi indipendenti dall’URSS, da Mosca. Gorbachev
prova a respingere queste spinte nazionaliste, a volta anche con la forza (Lituania) ma
senza riuscire a contenere questo effetto di sgretolamento. Questo perché non riguardò
solo i paesi periferici ma anche nel cuore della Russia abbiamo una crisi del potere
federale e un rafforzamento delle istituzioni nazionali: qui gioca un ruolo importante
Boris El’cin, eletto presidente della repubblica russa nel quadro delle vicende di questi
anni. Le forze più conservatrici (PC) tentano un colpo di Stato che fallisce per la reazione
popolare con El’cin che si impone come la nuova figura centrale.
Il 25 Novembre 1991 Gorbachev annuncia le sue dimissioni: giorni prima era stato firmato
un accordo fra El’cin e altre repubbliche ex-sovietiche con il qualche istituiscono un
organismo che chiamano CSI (comunità egli stati indipendenti). Quindi al posto
dell’URSS decidono di istituire una nuova comunità, che non avrà grandi sviluppi ma di
fatto dichiarano la morte dell’URSS. Nasce la Russia come la conosciamo noi.
Si apre una nuova epoca: che per i paesi dell’Europa Orientale e la stessa Russia sarà
segnata da una difficile transizione che dal punto di vista economico e sociale sarà
traumatica, un profondo cambiamento per alcuni paesi che negli anni seguenti
entreranno nell’UE.

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