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Nel 1918 Wilson espresse i Quattordici Punti: il suo programma per la pace e un ordine mondiale
che impedisse nuovi conflitti, convinto che la guerra dipendesse dall’autoritarismo degli Imperi
Centrali, dalla diplomazia segreta e dall’oppressione delle minoranze nazionali; proponendo libero
commercio, riduzione degli armamenti, autodeterminazione dei popoli, rispetto delle minoranze e la
formazione di una Società delle Nazioni per gestire le controversie internazionali.
FRONTE INTERNO
Il fronte interno si costituì grazie a scuola ed esercito che trasmisero valori patriottici e
imperialisti. In più, l’accumularsi di tensioni internazionali rafforzarono il mito della violenza
come forma di liberazione sostenuto dai movimenti nazionalisti.
Questi processi cambiarono anche il movimento socialista, che passò dall’internazionalismo al
prevalere della solidarietà nazionale.
Inizialmente, chi contrario alla guerra era ritenuto “disfattista”, ma dal 1916-17-18 in poi il
malessere dei lavoratori e il malcontento per l’andamento della guerra si espressero in scioperi in
tutta Europa.
ITALIA IN GUERRA
Nel 1914, l’Italia si trovava in una fase di transizione dovuta alla crisi del sistema giolittiano dopo
la guerra di Libia e del suffragio universale maschile, che aveva diviso la classe dirigente
liberale, mentre gli esponenti economico-finanziari premevano per una politica espansionistica.
In Romagna e nelle Marche scoppiò la “settimana rossa”: espressione di sovversivismo, grande
rivolta popolare anarchica e antimilitarista contro le autorità, con scioperi duramente repressi.
EUROPA: RIVOLUZIONE
INTERNAZIONALE COMUNISTA
La guerra in Europa aumentò la conflittualità sociale stravolgendola con scioperi e tensioni
sociali, tant’è che si parla di biennio rosso (1919-20). Tuttavia, le insurrezioni acquisirono carattere
rivoluzionario solo laddove la stabilità istituzionale era stata minata dalla guerra.
Ad esempio, in Germania si diffusero “consigli” di operai e soldati come forma di
rappresentanza alternativa a quella parlamentare, rafforzando i socialdemocratici maggioritari.
Il kaiser abdicò e il nuovo cancelliere socialista maggioritario Ebert trasformò la Germania in
una Repubblica.
Nel 1919, su esempio sovietico, nacque un’insurrezione a Berlino proclamata dalla Lega Sparaco
\Partito Comunista, spietatamente repressa dal governo della SPD, con l’uccisione dei leader
comunisti dai “corpi franchi” (bande paramilitiari del ministro socialdemocratico Noske).
Mentre, all’elezioni per l’Assemblea Costituente l’SPD conquistò la maggioranza relativa
alleandosi con i partiti di centro: cattolico e democratico.
Soppressi i consigli popolari s’instaurò una repubblica parlamentare, senza alterare economia,
burocrazia ed esercito del Reich.
In Austria, la socialdemocrazia e i partiti borghesi gestirono il passaggio a repubblica.
Il paese si divise tra i socialdemocratici e il resto del paese, tra cui il rappresentante delle aree
agricole arretrate, il partito cristiano-sociale che vinse le elezioni del 1920.
In Ungheria scoppiò una rivoluzione: il governo liberali-socialdemocratici venne sconfitto dal
malessere popolare per la fame e la disoccupazione e, nel 1919, portò all’unione del partito
comunista e socialdemocratico nel governo comunista di Kun, che proclamò la repubblica
sovietica. Fu però aggredita da rumeni e cechi appoggiati dall’Intesa e s’instaurò la dittatura
controrivoluzionaria di Horty.
Nel 1919 i bolscevichi formarono una nuova organizzazione internazionale: il Comintern;
puntando sulla formazione di forti partiti comunisti, nel congresso del 1920 imposero agli aderenti
di separarsi dai socialisti riformisti: si aggravò la divisione socialista determinata dalla guerra.
Infine, nel 1921 si arrivò alla decisione del congresso del “fronte unico” di comunisti e socialisti.
Comunque, il partito comunista ebbe successo in Germania, Francia, Italia.
Tuttavia, la violenza squadrista aggravò la crisi del movimento socialista con ulteriori divisioni:
Nel 1921 al XVII Congresso del PSI a Livorno l’estrema sinistra uscì dal partito e costituì il
EUROPA: STABILIZZAZIONE
Dopo la guerra, le alternative in Europa erano:
• la rivoluzione, come nel caso della Russia bolscevica;
• la reazione, come nel caso dell’Italia fascista e delle dittature militari-populiste di
Ungheria, Polonia;
• la stabilizzazione, come nel caso di Francia e Inghilterra;
Altri paesi dell’Europa subirono le stesse sorti:
• in Jugoslavia a causa dei conflitti etnici;
• in Grecia dopo la sconfitta subita dalla Turchia si stabilì un regime militare;
• in Bulgaria, conflitti sociali e colpo di stato nazionalista rovesciarono il governo
riformatore di Stambolijski;
• in Romania il partito nazional-liberale falsificò le elezioni per restare al potere;
• Cecoslovacchia, l’unica eccezione di Stato liberaldemocratico di Masaryk;
• l’instabilità della repubblica del Portogallo, colpita dalla crisi finanziaria e dai colpi di
stato, divenne una dittatura militare nel 1926;
- in Spagna Miguel Primo de Rivera impostò una dittatura militare dopo il
golpe del 1923;
Gli unici regimi che sopravvivevano erano quelli di Francia e Inghilterra, seppur scossi da
agitazioni operaie: gli scioperi dei ferrovieri francesi e dei minatori inglesi.
• in Francia aumentava il consenso dei radicali mentre i sindacati non riuscivano ad
affermarsi politicamente, lasciando spazio al blocco nazionale di conservatori-liberali di
Clemenceau nel 1918-19;
• in Inghilterra segnarono vittorie i conservatori-liberali di Lloyd George;
MOVIMENTI ANTICOLONIALI
Durante la guerra, le potenze europee erano ricorse all’aiuto dei popoli coloniali, i quali non solo
non videro più la superiorità dell’occidente davanti al massacro, ma incontrarono le idee di
indipendenza e di libertà.
LA “GRANDE DEPRESSIONE”
ECONOMIA E SOCIETA’
TRA LE DUE GUERRE
LA SOCIETA’ DI MASSA
SVILUPPO ECONOMICO
Nel dopoguerra negli USA produzione e consumo s’intensificarono: la produzione in serie di beni
di consumo durevoli tenevano i prezzi bassi, alti i livelli di occupazione e i salari adeguati ne
rendevano possibile l’acquisto anche agli operai. Il consumo di massa risale alla produzione in
serie di oggetti standardizzati grazie alle catene di montaggio del fordismo introdotto da Ford nel
1913. Questo comportò la riduzione dei tempi di lavoro, aumento di produttività e abbattimento
dei prezzi. L’incremento produttivo negli USA fu favorito anche dalla guerra stessa, dove la
produzione continuò durante il conflitto.
Nel “capitalismo organizzato”, la crescita economica fu favorita dalle nuove fonti di energia,
elettricità e petrolio, e dallo sviluppo dei settori chimico\metalmeccanico.
Negli USA, aumentarono i trusts, le holdings e le corporations.
In Europa si creò un patto sociale tra poteri economici forti e politica: gli imprenditori imposero
l’organizzazione scientifica del lavoro, i salari aumentarono, le istituzioni sostennero pensioni e
assicurazioni sul lavoro (senza contare gli operai di piccole aziende e i disoccupati).
Fino ad allora, la ripresa economica fu condizionata a conflitti sociali e inflazione: una contenuta
svalutazione della moneta per ridurre il debito pubblico e favorire le esportazioni; ma provocò il
L’OCCIDENTE
ANNI ‘20
ROOSEVELT
NEW DEAL
Alla “grande depressione” Roosevelt rispose col “New Deal”: intervento statale; assistenza
sociale; ridimensionamento potere delle corporations; welfare state con assicurazioni contro
GRAN BRETAGNA
Grazie alla riforma elettorale del 1918 le donne +30 ottennero il diritto di voto, per la maggior
parte operaie, per cui il Partito Laburista aumentò consensi. Il rapporto tra Labour Party e Trade
Unions (sindacati) si consolidò e rimase moderato, mentre il Partito Comunista rimase irrilevante.
Tuttavia, un problema da risolvere restava la questione irlandese. La guerra aveva rimandato
l’Home Rule (autogoverno) concesso nel 1914 e nel 1919 il partito nazionalista Sinn Fein (noi
soli) proclamò l’indipendenza.
Nel 1921 venne riconosciuto lo Stato libero d’Irlanda con un proprio parlamento e poteri,
escludendo le contee protestanti dell’Ulster: questo lasciò lo stato in una situazione di tensione
interna e con Londra fino al 1949, con l’indipendenza.
Alle elezioni 1922-23 i laburisti avanzarono, ma restarono i tre blocchi (laburisti, conservatori,
liberali) e nel 1924 le divisioni tra liberali e conservatori videro la vittoria del primo governo
laburista inglese di MacDonald, sebbene crollò per mancanza di maggioranza parlamentare.
Le nuove elezioni videro la vittoria dei conservatori, guidati dal premier Baldwin e il ministro
Churchill, i quali tentarono di riportare supremazia internazionale alla sterlina e al paese (1925,
gold exchange standard), fallendo. Alle elezioni 1929 tornarono al governo i laburisti di
MacDonald.
Contemporaneamente, l’emergenza della disoccupazione mandò in rosso il bilancio dello stato che
cercava di erogare sussidi, nel 1931. Allora si iniziò a tagliare la spesa pubblica: sussidi, prelievi
straordinari; e si svalutò nuovamente la sterlina.
Successivamente, il crollo dei tassi di interesse bancari favorì la ripresa di investimenti ed
esportazioni: la produzione e l’occupazione tornò a salire.
Nel 1932 nacque la British Union of Fascists. Nel 1935 tornò il governo conservatore di Baldwin.
FRANCIA
Nel 1919 vinse il governo di centrodestra e avviò una politica deflazionistica di riduzione delle
spese e stabilità monetaria, contro gli scioperi per la disoccupazione, ma la moneta si disprezzò e i
prezzi salirono.
Alle elezioni del 1924 vinsero le sinistre di socialisti e radicali.
Nel 1925 Poincaré formò un governo di unità nazionale senza i socialisti.
Nel 1928 svalutò il franco, le esportazioni aumentarono, la produzione e il reddito nazionale
crebbero, rimettendo in sesto il bilancio dello Stato.
Con la crisi del 1929 crollò la produzione e le esportazioni.
Nel 1930 fu varata l’assicurazione nazionale contro malattie, anzianità, infortuni, contenendo la
disoccupazione, ma con una ricaduta di redditi e salari.
Nel 1932 vinsero le opposizioni di sinistra. Tuttavia, i conflitti tra radicali e socialisti
comportarono instabilità politica.
Ispirandosi al nazismo di Hitler e al fascismo di Mussolini, nacquero leghe paramilitari contro la
repubblica. Nel 1934 scoppiarono scontri tra polizia e leghe di destra a Parigi.
Nel 1934 Il Partito Comunista di Thorez si alleò con i socialisti. Radicali, comunisti, socialisti si
unirono nel Fronte Popolare: per il rialzo dei salari e per una riduzione di ore lavorative, opere
pubbliche e fondi contro la disoccupazione, nazionalizzazione dell’industria e scioglimento delle
leghe di destra.
Alle elezioni 1936 si consolidò il governo del Fronte di Leon Blum che con un accordo
sindacati-imprenditori garantì aumenti salariali, 40h\sett lavorative e due settimane di ferie
retribuite.
L’industria bellica fu nazionalizzata, aumentato l’obbligo scolastico e soppressi i gruppi fascisti.
Nel 1936 l’aumento del costo del lavoro riportò l’inflazione e la svalutazione del franco, senza
risolvere il problema della disoccupazione. Nel 1937 il governo di Blum si dimise.
Iniziò il governo di Daladier, che firmò gli accordi di Monaco ponendo fine al Fronte Popolare,
revocando la settimana di 40 ore e con la militarizzazione dei servizi pubblici: la sconfitta delle
sinistre che aumentò la crisi.
GERMANIA
Repubblica di Weimar, regime federale; sia il presidente della repubblica Ebert, sia il capo di
governo Scheidemann erano del partito SPD. Le elezioni dell’assemblea costituente portarono al
governo di socialdemocratici e partiti di centro.
Un accordo tra imprenditori e sindacati riconobbe i diritti dei sindacati, istituì la giornata
lavorativa di 8h e un sussidio di disoccupazione.
FASCISMO
COSTRUZIONE DEL REGIME
Nel 1921 nacque il Partito Nazionale Fascista (PNF) e nel 1922 Mussolini compì la Marcia su
Roma, dopodiché, pur senza la maggioranza parlamentare, poté godere del consenso di liberali,
cattolici, della Corona, degli economici e dei ceti medi: convinti che avrebbe riportato l’ordine ed
eliminato le opposizioni di sinistra. Infatti, Mussolini iniziò cambiando le istituzioni liberali:
• Nel 1922 istituì il Gran Consiglio del Fascismo: organo consultivo composto da dirigenti
del PNF incaricato di elaborare la linea del governo;
• Nel 1929 con i Patti Lateranensi, firmati da Mussolini e Pio XI, il fascismo riuscì a
conciliarsi anche con la Chiesa; prevedevano:
✓ reciproco riconoscimento tra Regno d’Italia e Stato del Vaticano;
✓ religione cattolica come unica religione di stato;
✓ effetti civili del matrimonio religioso;
✓ insegnamento obbligatorio della dottrina cattolica nella scuola pubblica;
Tuttavia, dal 1931 l’operato cattolico fu ridimensionato a favore del regime.
Nel 1929 il consenso era ormai generale: al plebiscito del 1929 la lista unica ottenne il 98% dei
voti.
(
ECONOMIA E SOCIETA’
La politica economica fascista si divise in quattro fasi:
1. Prima fase (1922-1925), caratterizzata da una linea liberista ma anche da una forte
inflazione; in questa fase aumentò il rapporto importazioni/esportazioni. Ideata dal ministro
De Stefani, prevedeva: riduzioni salariali, pressione fiscale, diminuzione delle spese
statali e favoritismi industriali; abolì la nominatività dei titoli impedendone la tassazione e
le imposte sui sovraprofitti di guerra; abbassò le tariffe doganali per compensare col
commercio estero la riduzione del mercato interno, dovuta alla riduzione del potere
d’acquisto;
2. Seconda fase (1925-29), costituita da una politica economica protezionistica per
rafforzare la moneta e ridurre l’inflazione; venne attivato un programma di stanziamenti
per l’incremento della produzione cerealicola: fu lanciata una campagna propagandistica
per mobilitare il mondo rurale al fine di raggiungere l’autosufficienza nel settore agricolo
(“battaglia del grano”). L’Italia procedette alla rivalutazione della propria moneta e riuscì
a portare la lira a quota 90 con Volpi, nel 1926 (“battaglia della lira”);
3. Terza fase (1929-35), alla crisi del 1929 che colpì il mercato internazionale il regime reagì
con l’autarchia improntata all’autosufficienza: vennero incrementati i lavori pubblici
(infrastrutture e bonifiche, ideate da Serpieri, che portaroni alla nascita di nuove città
come Littoria, Sabaudia, Carbonia, Fertilia, al posto delle paludi pontine di terre incolte o
paludose, come quella dell'Agro Pontino) e la partecipazione dello Stato alle attività
finanziarie e industriali. Vennero istituiti l’IRI (istituto per la riconversione industriale) e
l’IMI (con la funzione di sostenere le imprese in crisi). L’assenza di materie prime mise
però in difficoltà l’Italia;
4. Quarta fase (1935-45), superata la crisi, lo Stato iniziò la campagna di Etiopia (1935-36)
che indirizzò l’economia verso la produzione bellica. La campagna di Etiopia fu intrapresa,
sia per il tentativo di acquisire materie prime, sia per fronteggiare l’eccedenza di
popolazione;
Successivamente, Mussolini creerà l’INFPS e INFAIL (oggi non hanno più la F), enti nazionali.
Una volta pareggiato il bilancio di Stato, la politica cambiò portando protezionismo e autarchia
(autosufficienza).
L’intervento statale significò riduzione dei salari e soccorso ai gruppi privati che portò allo
sviluppo di Fiat, Edison. Inoltre, il dirigismo fascista tentò di salvare i settori in difficoltà
prendendone la gestione.
Nel 1931 istituì l’Istituto mobiliare italiano (IMI) che concedeva finanziamenti e nel 1933
l’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI) per salvare le banche.
Nel 1936 una riforma rafforzò i poteri della Banca d’Italia sulle altre: il denaro dei risparmiatori
veniva rastrellato in cambio di titoli di stato e immesso nel circuito degli investimenti industriali.
Tuttavia, l’industria non riuscì a crescere perché i salari erano troppo bassi e il mercato interno
inesistente. La crescita che si verificò dal 1934-37 fu grazie al riarmo militare.
POLITICA ESTERA
La politica estera si basò su coerenza ideologica col regime e interessi strategici del paese: divisa
in base alle alleanze tattiche, prima Francia, poi Germania; alimentata dal risentimento della
“vittoria mutilata” della pace di Versailles (revisionismo). Mussolini cercò spesso legittimazione
internazionale, ad esempio partecipando alla conferenza di Locarno come garante, nel 1925.
Nel 1923 occupò Corfù, nel 1930 in Libia iniziò la deportazione in campi di concentramento.
NAZISMO
AVVENTO DI HITLER
Hitler espresse l’ideologia nazista nell’opera Mein Kampf (la mia lotta, 1925-26) basata sul
progetto di Stato razziale: il Volk germanico (popolo\nazione) doveva vivere nel Lebensraum
(spazio vitale) per preservare la sua purezza dalla contaminazione con altre razze che lo avrebbero
indebolito e fatto estinguere, ovvero la razza ebrea (popolo senza spazio, parassita) nemico del
herrenvolk (popolo di dominatori). Così, gli ebrei divennero il capro espiatorio della crisi.
Hitler collegava antisemitismo e antibolscevismo, per questo la sua politica estera mirò alla
conquista dello spazio vitale con una “spinta verso est”, contro la Russia.
Nel 1937, grazie alla politica sociale\assistenziale e ai prezzi di consumo bassi, i salari tornarono
a livelli che permettevano relativo benessere, questo perché lavoravano di più in cambio di
provvidenze nelle imprese: mense, colonie, aumento ferie.
La gestione statale del tempo libero si racchiuse nella Forza attraverso la gioia: turismo, attività
ricreative, intrattenimento, evasione soprattutto per gli impiegati.
In tutto ciò, il popolo tedesco rimase passivo e consenziente al regime. Sia per colpa delle
repressioni, sia per il grande appoggio di industrie, forze armate e chiesa che manteneva pace
sociale, sia la politica estera aggressiva che riscattava l’umiliazione subita.
IMPERIALISMO NAZISTA
La politica estera aggressiva fu alimentata e incoraggiata dallo spirito di rivalsa. Nel 1933, la
Germania uscì dalla Società delle Nazioni, decisa a non basarsi su accordi internazionali per la
revisione della Pace di Versailles, ma usare la forza e violarlo iniziando il riarmo militare.
Però Hitler intraprese accordi bilaterali con Polonia e Unione Sovietica.
Nel 1938 Hitler riuscì nell’annessione dell’Austria al Terzo Reich e dopo la conferenza di
Monaco gli venne permessa l’occupazione di Boemia e Moravia; infatti, seguendo una politica di
appeasement, Gran Bretagna e Francia, pensavano che la spinta imperialista nazista si sarebbe
esaurita concedendogli la conquista di quei territori.
RUSSIA SOVIETICA
NEP x SOCIALISMO
La Russia si riprese grazie alla nuova politica economica di Lenin: NEP (1921-1928) considerata
un passo verso l’industrializzazione, reintrodusse il commercio, il mercato e il profitto
individuale:
• revocò la requisizione dei generi alimentari;
• permise ai contadini di vendere i loro prodotti;
• permise ai contadini di assumere manodopera salariata (1925);
• permise ai contadini di affittare la terra;
• abolì il lavoro industriale obbligatorio;
Gli effetti furono che dal 1927 l’economia recuperò, emerse un ceto di commercianti\imprenditori, i
nepmen, e nelle campagne emerse la differenza tra contadini poveri (muzik) e imprenditori rurali,
kulaki.
Nel 1922 con la Conferenza di Rapallo la Russia ruppe l’isolamento diplomatico, stipulando un
accordo commerciale con la Germania.
Sempre nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) con:
Nel 1924 la morte di Lenin aprì una lotta di successione nel gruppo dirigente bolscevico:
• La sinistra di Trockij puntava alla riapertura del ciclo rivoluzionario internazionale e alla
pressione sulle campagne per industrializzare il paese;
• La destra di Bucharin, voleva industrializzare liberalizzando i mercati,
tra questi anche Stalin;
Nel 1925, sconfitta la sinistra, il potere personale di Stalin crebbe con l’ampliamento del partito
e il pieno controllo che ne assunse (autoritarismo interno).
Nel 1927, al XV Congresso del Partito Comunista, Stalin espulse Trockij, Zinov’ev, Kamenev,
mandandoli al confino. La vittoria di Stalin significò la crisi della NEP: la produzione non
aumentò mentre la popolazione e la domanda aumentarono e venne approvata la collettivizzazione
delle terre.
Nel 1927-28 ci fu una crisi degli approvvigionamenti di grano, per cui ricominciarono le
requisizioni e Stalin usò i kulaki come capro espiatorio, nonostante il problema fossero i prezzi
bassi.
Stalin imponeva l’uso della forza per accelerare l’industrializzazione, mentre Bucharin, a favore
della NEP, si opponeva, perciò venne emarginato (1928-30).
Nel 1929 Stalin accelerò la collettivizzazione forzata dell’agricoltura tentando di creare aziende
cooperative, kolchoz, e soprattutto statali, sovchoz, per raggruppare i contadini ed eliminare i
kulaki, anche tramite deportazione e fucilazione.
Per sopperire alla mancanza di rifornimenti in città si passò alle requisizioni di grano, anche per
esportarlo in cambio di macchine industriali. Per questo iniziò una guerra sociale contro i
STALINISMO
Il partito-Stato ebbe un’involuzione autoritaria dal 1929, quando Stalin diventò un dittatore con
pieni poteri: rafforzò la fedeltà del partito tramite le “purghe”, rimodellò lo Stato tramite
repressione di massa, controlli sociali dell’onnipresente polizia politica GPU, violenza
anticontadina. Nelle fabbriche ricorse alla differenziazione salariale, premi e privilegi.
Il minatore Stachanov divenne simbolo di obbedienza e conformismo: strumenti di promozione
sociale (stachanovismo).
Il dissenso fu giudicato tradimento e così vennero accusati i “deviazionisti”. La debole cultura
venne sacrificata come mezzo di propaganda.
Nel 1934 il XVII Congresso del partito rimase restio sul carattere “superindustrialista” di Stalin
e acquistò consensi chi voleva rallentare.
Stalin reagì dando inizio al Grande Terrore: un controllo illimitato da parte della polizia politica
strettamente legata al dittatore, un’infinità di “purghe”, ovvero l’espulsione dal partito, la perdita
di lavoro, con le quali sparì gran parte della dirigenza stalinista.
Nel 1936 fu inscenato un processo-farsa contro Zinov’ev e Kamenev che infine vennero giustiziati
per l’omicidio di Kirov (non commesso), nel 1937-38, seguì l’esecuzione di Bucharin e nel 1940
Trockij venne assassinato in Messico da un sicario di Stalin.
Il potere di Stalin divenne illimitato, venne rivalutato il passato imperiale in chiave nazionalista
(Ivan il Terribile, Pietro il Grande) e vennero ripresi i valori conservatori dell’autorità, la gerarchia,
la famiglia e l’ordine.
Nel 1936 una costituzione legalizzò il terrore staliniano e nel 1938 venne giustiziato lo stesso capo
del Terrore Ezov.
Nel 1934 l’URSS uscì dall’isolamento per avviare una politica estera distensiva in accordo con
Germania nazista e Giappone e una cauta apertura con le democrazie.
Allora la politica dei partiti comunisti ebbe una svolta, venne abbandonato l’antagonismo con i
socialfascisti a favore di un’alleanza antifascista unita: la politica dei fronti popolari (come
quello delle Francia del 1934).
Sentendosi accerchiata e insicura, dopo l’invasione tedesca della Cecoslovacchia nel 1939, Stalin si
accordò con Hitler col patto Molotov-Ribbentrop: trattato di non aggressione, spartizione delle
sfere di influenza dei due paesi.
Fu quindi una scelta difensiva ma anche imperialista che screditò la politica unitaria dei comunisti
europei, disorientò i movimenti antifascisti e portò Francia e Gran Bretagna a diffidare
ulteriormente.
Nel 1943 Stalin sciolse il Comintern perché la rivoluzione non era più negli interessi dell’URSS.
CAPITOLO 8
ASIA, AFRICA, AMERICA LATINA
tra le due guerre
(1918-1940)
GIAPPONE
Il Giappone mise in discussione la centralità globale dell’Europa, grazie alla grande industria,
l’espansionismo estero e l’autoritarismo interno.
Durante la prima guerra mondiale, il Giappone aveva sviluppato l’industria pesante e aveva
sfruttato la popolazione principalmente agricola per esportazioni di prodotti finiti e importazioni
di materia prima.
L’espansione industriale favoriva i quattro maggiori gruppi privati legati allo Stato (zaibatsu).
Tuttavia, il problema restava il territorio privo di materie prime che subordinava lo sviluppo alle
importazioni, rendendolo dipendente delle politiche doganali degli altri stati.
Nel 1918 i contadini giapponesi scatenarono rivolte contro l’aumento dei prezzi del riso, mentre i
grandi gruppi industriali erano orientati verso scelte espansionistiche.
Il partito al potere, Seiyukai, legato allo zaibatsu Mitsui, varò una politica di sviluppo della flotta
militare che prese la maggior parte del bilancio statale, finché non divenne la terza potenza navale.
L’ideale dell’impero giapponese divenne il “panasiatismo” (dottrina Monroe, usa), volto ad
eliminare ogni influenza straniera e unificare il territorio sotto l’autorità giapponese.
Preoccupato dalla situazione, il presidente degli Stati Uniti Harding convocò la conferenza di
Washington (1921) con tutte le potenze marinare (Belgio, Cina, Francia, Giappone, Gran Bretagna,
Italia, Olanda, Portogallo, Stati Uniti) per stabilire un’intesa per la limitazione degli armamenti.
CINA
La repubblica cinese (1912) era ancora uno Stato debole diretto dai governatori militari delle
province, i “signori della guerra”; questi governavano le campagne, insieme ai latifondisti legati
alle élite straniere interessate all’esportazione delle risorse naturali e agricole, in contrapposizione
al “minifondo” della maggioranza dei contadini (piccoli appezzamenti da autoconsumo).
Nel 1919 studenti, impiegati e commercianti manifestarono a Pechino contro la subordinazione
agli interessi stranieri e su quella base nacque a Shangai il Partito comunista (1921), in
opposizione al partito al potere, il Guomindang (partito nazionalista), che pur di acquisire il
controllo nel 1923 promosse una collaborazione con i comunisti cinesi e con l’Unione Sovietica.
Nel 1926, il nuovo leader Chiang Kai-shek lanciò una “spedizione verso Nord” contro i signori
della guerra: conquistò Shangai e ruppe l’alleanza con i comunisti, uccidendoli.
Kai-shek, sostenuto dai grandi proprietari terrieri, dai ceti sociali medio-alti e dalle potenze
straniere antisovietiche e antigiapponesi, nel 1928 instaurò a Pechino un governo nazionalista.
Il Partito comunista si riorganizzò nelle campagne tra i contadini poveri, mentre dagli anni ’30
iniziarono a subire offensive da Kai-shek alle quali risposero con la tattica della guerriglia con
Mao Zedong (mobilità e logoramento, attacchi improvvisi e rapidi).
Nel 1934, l’Armata Rossa di Mao Zedong ruppe un accerchiamento e iniziò la “lunga marcia”,
fino ad arrivare nella regione dello Shangsi imbattuti grazie all’aiuto dei contadini.
Mao considerava il proletariato rurale il soggetto destinato alla battaglia sociale per la riforma
agraria e antimperialistica per liberarsi del dominio giapponese.
Quando il Giappone occupò la Manciuria, Kai-shek aspettò l’intervento degli Stati Uniti, mentre i
comunisti, d’accordo con le decisioni del Comintern, proposero di fermare la guerra civile per
affrontare il nemico straniero comune.
Questa linea patriottica vinse e nel 1936 Kai-shek iniziò a trattare con Enlai (capo comunista).
INDIA
Le campagne dell’India continuavano ad essere povere, sebbene gli inglesi avessero promosso le
ferrovie e l’irrigazione a favore della commercializzazione dell’agricoltura e dell’industria
tessile, poiché i profitti erano monopolio dell’élite di ricchi possidenti.
Comunque, il regime coloniale britannico prosperava grazie alla divisione religiosa tra hindu e
musulmani, a cui si appoggiavano in quanto minoranza e quindi più moderati sul problema
dell’indipendenza nazionale.
Il movimento anticoloniale indiano fu dominato da Gandhi (mahatma, grande anima), ricordato
soprattutto per aver introdotto la forma di lotta politica satyagraha (forza della verità) di resistenza
e disobbedienza pacifica, basata sul concetto di ahimsa (amore).
Nel 1919 guidò un hartal (giorno di astensione dal lavoro, digiuno e preghiera) contro una legge
del governo inglese che prevedeva l’arresto senza processo dei manifestanti politici.
Durante una manifestazione la polizia sparò sulla folla uccidendo dei civili, per cui alla fine il
governo inglese concesse all’India una nuova Costituzione (1919) che fissava una diarchia tra il
parlamento indigeno (censitario) e il governo di Londra.
Nel 1920, battendosi per l’indipendenza, i seguaci di Gandhi conquistarono la maggioranza del
Partito del Congresso (1885, élite indiana e inglesi).
Secondo Gandhi, l’indipendenza dell’India doveva essere una via di sviluppo alternativa a quella
occidentale, basata su:
• rifiuto della civiltà industriale;
• rilancio del khaddar (tessitura a mano);
• boicottaggio delle importazioni inglesi;
• economia di autoconsumo;
Tuttavia, si batté anche contro gli aspetti arcaici della tradizione religiosa indiana, come:
• la subordinazione della donna;
• il dogma dell’intoccabilità che segregava i cittadini più poveri, la casta dei paria;
In Egitto, nel 1922 venne concessa l’indipendenza da Londra e si affermò il partito democratico
nazionalista Wafd, di Sa’d Zaghlul.
Nel 1923, alle elezioni a suffragio universale il Wafd ottenne la maggioranza, governando il paese
senza riuscire ad emanciparlo totalmente dalla Gran Bretagna (controllo dell’esercito, della politica
estera).
In Libia, nel 1923 ripartì la riconquista da parte delle truppe italiane, che si scontrarono con la
confraternita islamica della Senussiya, vinta dai fascisti nel 1931.
In Marocco, la tribù Kabili insorse contro i francesi; il capo Ab del-Krim fu sconfitto nel 1926.
In Algeria, il movimento anticoloniale riprese motivi religiosi con l’associazione degli ‘ulama
(dotti della legge islamica) del 1931.
Tuttavia, nelle élite urbane di questi paesi prevaleva il contatto con la civiltà europea (il partito
politico come strumento autonomo e laico).
Partiti anticoloniali con quest’idea, vicini alle sinistre europee, furono: il Partito Destur
(costituzione) in Tunisia, di Habib Bourghiba; il Partito popolare in Algeria, di Haj Messalj;
PROBLEMA EBRAICO
AMERICA LATINA
Durante la prima guerra mondiale, l’ingerenza degli Stati Uniti nell’America Centrale aumentò,
intensificando la politica di interventi militari in Nicaragua, Haiti, Repubblica Dominicana, Cuba,
per ragioni strategiche ed economiche: la debolezza dei regimi politici latinoamericani metteva a
rischio sicurezza militare e investimenti finanziari statunitensi.
Comunque, erano presenti anche investimenti europei che con la guerra vennero interrotti di colpo,
permettendo agli Usa di approfittarne.
Nel 1919 il Congresso approvò una legge che autorizzava le banche ad aprire filiali estere.
La rete bancaria costituì un rilancio degli investimenti diretti per la costruzione delle ferrovie,
impianti elettrici, sfruttamento di giacimenti minerari e petroliferi e piantagioni; allo stesso
tempo, governi e imprese latinoamericane iniziarono ad appoggiarsi a prestiti statunitensi.
Tra il 1914 e 1929 il flusso commerciale aumentò ma non era paritario: gli Usa scambiavano
prodotti finiti con materie prime, impedendo agli stati latinoamericani uno sviluppo industriale
autonomo e detenendo il monopolio di alcune risorse (zucchero, rame, banane).
Questa dipendenza sviluppò monocolture nelle economie di questi paesi, senza possibilità di
crescita produttiva se non su ordinazione nordamericana (Usa, 80% esportazioni).
La dipendenza dagli Usa, con la crisi del ’29, provocò il crollo di prezzi, esportazioni, profitti, la
rovina di contadini e minatori (disoccupazione).
La miseria li portò ad emigrare in massa nelle città in cerca di lavoro, si trattò di
un’urbanizzazione passiva senza prospettive di impiego: nacquero le favelas, sobborghi
poverissimi (Messico, Brasile, Argentina, Cile).
La crisi portò con sé anche la crisi politica: tra 1930-31 11 paesi ebbero un golpe (colpo di stato
violento organizzato dalle forze armate); infatti, l’estrema povertà della popolazione fece perdere
consenso popolare ai governi democratici, ad eccezione del Messico che essendo al confine con
Usa beneficiava di attenzioni strategiche.
Il Messico era stato modernizzato dal presidente Porfirio Diaz (18761911) ma aveva portato al
dominio della grande proprietà terriera, padrona degli ejidos (terre pubbliche di indios e meticci)
e sfruttatrice del lavoro dei peones (contadini poveri).
Nel 1911, la rivolta popolare dei peones rovesciò Diaz e seguì o capi militari contadini Pancho
Villa ed Emiliano Zapata, che nel 1914 decisero come nuovo presidente Venustiano Carranza.
Nel 1917 una nuova Costituzione introdusse:
Dal 1932-33 ci fu il governo repubblicano di Azana, che ebbe una ricaduta in seguito alla
questione della riforma agraria fallimentare; nel 1933 a Barcellona un gruppo anarchico iniziò uno
sciopero generale che si diffuse e alle elezioni vinsero le destre, dando inizio al bienio negro,
provocando scioperi e una svolta rivoluzionaria dei comunisti\socialisti.
Questo portò le sinistre a unirsi nel Fronte Popolare, che conquistò la maggioranza alle elezioni
del 1936, scatenando l’opposizione autoritaria dei cattolici di Robles e della Falange (1933),
partito estremista fondato dal figlio di de Rivera. Le forze armate si rivoltarono contro la legalità
comandate da Franco, dando inizio alla guerra civile.
Il 9 settembre gli Alleati a Salerno vennero contrastati dai tedeschi, per cui rimasero a combattere
sulla linea Gustav, lasciando l’Italia del Nord ai tedeschi.
Contemporaneamente, nacque il Comitato di liberazione nazionale (CLN) a cui aderirono il
partito democratico, liberale, socialista, democrazia cristiana, d’azione e comunista, i quali
avevano mantenuto un’organizzazione clandestina di Resistenza.
L’Italia meridionale restò quindi in mano agli alleati, interessati a garantire la continuità dello Stato.
Il CLN chiese l’allontanamento del re, ritenuto responsabile del fascismo.
A Marzo 1944 l’URSS riconobbe il governo Badoglio, dando il via alla svolta di Salerno: il
leader comunista Togliatti tornò in Italia, i partiti del CLN entrarono nel governo Badoglio per
estendere l’unione antifascista e 4 giugno 1944 la liberazione di Roma portò a un compromesso:
il figlio del re Umberto come luogotenente e il governo Bonomi.
Il 23 settembre 1943 a Salò i tedeschi liberarono Mussolini e lo posero a capo della Repubblica
sociale italiana (RSI), la Repubblica di Salò: collaborazionista della Germania nazista.
Nel frattempo, continuò la Resistenza partigiana organizzata dal CLN, guidata dai partiti che si
differenziarono in linee di appartenenza unite da un fine comune.
Il movimento partigiano dette vita a un’insurrezione nazionale nel 1944, insieme agli
angloamericani: 1 aprile 1945, vennero liberate Genova, Milano, Torino, già prima dell’arrivo
degli alleati.
Iniziò il 1 settembre 1939, quando la Germania invase la Polonia, scatenando l’entrata in guerra
contro Francia e Gran Bretagna.
Al contempo, l’Armata Rossa sovietica entrò in Polonia orientale, Ucraina, Bielorussia e
Finlandia: territori essenziali per difendere Leningrado (San Pietroburgo).
Sul fronte occidentale, ci furono mesi di drole de guerre: gli eserciti si fronteggiava senza
scontrarsi, le truppe tedesche in vantaggio numerico e di preparazione poiché il comandate francese
si era organizzato per una guerra di posizione lungo la linea Maginot, un sistema di fortificazioni
lungo la frontiera con Germania-Svizzera.
Il 10 maggio 1940 i tedeschi attaccarono Olanda e Belgio; mentre il 14 giugno 1940 Parigi fu
occupata dalle truppe naziste e la Francia venne divisa in due: al Nord il controllo tedesco, a Sud
l’amministrazione di Pétain con capitale Vichy dopo aver firmato l’armistizio.
Il 10 giugno 1940, a cose fatte, l’Italia entrò in guerra.
In Ottobre 1940, gli italiani invasero anche la Grecia, ma vennero respinti, costringendo Mussolini
a chiedere aiuto alla Germania che col suo intervento salvò la situazione. Hitler conquistò allora
l’Ungheria e la Grecia.
Nel 1941 in Africa settentrionale la spedizione di Rommel alla guida di tedeschi e italiani
respinse gli inglesi, questi però occuparono Iraq e liberarono Siria e Libano e la controffensiva
spinse gli italiani ad abbandonare l’Etiopia.
Al di fuori dei paesi neutrali (Spagna, Irlanda, Svezia, Svizzera, Turchia) il continente europeo era
sotto il controllo tedesco. Le cose cambiarono con il coinvolgimento dell’URSS e degli USA.
Il 22 giugno 1941 scattò la più colossale spedizione militare della storia, l’Operazione
Barbarossa: l’attacco all’URSS - cruciale per l’ideologia nazista dello spazio vitale a est - e
contro il comunismo; inoltre, sconfitta anche l’URSS, la Gran Bretagna avrebbe chiesto la pace.
L’operazione andò a favore della Germania che quindi diede la priorità all’agricoltura
dell’Ucraina, al carbone del Donetz e al petrolio del Caucaso.
Hitler occupò Kiev e la Crimea e successivamente ripartì verso Leningrado e Mosca.
La controffensiva sovietica nel rigido inverno dei grandi territori sovietici spinsero Hitler a
concludere il conflitto.
In Settembre 1940, Giappone conquistò l’Indocina e firmò un Patto tripartito con Germania e
Italia stabilendo l’aiuto reciproco.
Tuttavia, il Giappone si mantenne neutrale fino al 7 dicembre 1941 quando, senza dichiarazione,
attaccò Pearl Harbour, base militare statunitense nelle Hawaii, distruggendo gran parte della
flotta.
Successivamente, conquistò la Birmania, l’Indonesia e le Filippine, così anche il fronte nel
Pacifico era aperto.
In Aprile 1941 firmò un trattato di non aggressione con l’URSS.
Con l’attacco di Pearl Harbour gli USA posero fine all’isolazionismo. In Marzo 1941, Roosevelt
era riuscito a far approvare il Lend-Lease Act che autorizzava forniture belliche ai paesi amici.
In Luglio 1941, Roosevelt pose l’embargo su petrolio\acciaio per il Giappone e confiscarono i loro
beni\conti negli USA.
In Agosto 1941, Roosevelt e Churchill firmarono la Carta Atlantica, poi sottoscritta da tutti i
nemici della Germania: si definivano progetti\principi per il nuovo ordine in un comune rifiuto
delle guerre e nel rispetto dell’autodeterminazione dei popoli, oltre alla libera circolazione delle
merci.
I bombardamenti delle varie nazioni in guerra non distinsero tra obiettivi militari e civili, con il fine
di fiaccare la morale delle popolazioni. Esempio lampante, l’uso della bomba atomica in agosto
1945.
In Ottobre 1942, le armate italo-tedesche a El Alamein in Egitto vennero sconfitte dagli inglesi di
Montgomery.
In Novembre 1942, gli angloamericani sbarcarono in Algeria e Marocco.
Nel 1942, USA bombardarono Tokyo e la flotta giapponese nella battaglia delle isole Midway,
guerra di logoramento. In Febbraio 1943, gli USA vinsero a Guadalcanal.
In Febbraio 1943, l’armata tedesca di von Paulus si arrese a Stalingrado contro gli ordini di
Hitler, iniziando una lunghissima ritirata.
Nell’inverno del 1942-43, i tedeschi subirono sconfitte in Russia, Pacifico, Africa.
In Novembre 1943, si tenne la Conferenza di Teheran tra Roosevelt, Churchill e Stalin dove si
prefigurarono le future sfere d’influenza delle tre potenze e mettendo l’Italia sotto il controllo
degli Alleati. Fu deciso di aprire un nuovo fronte in Europa, ma gli USA per mantenere il consenso
interno decisero di attaccare solo in situazioni di superiorità.
Il 6 giugno 1944, il colossale Sbarco in Normandia portò alla capitolazione delle truppe
tedesche: gli Alleati liberarono Parigi, e De Gaulle costituì un governo.
Il 6 agosto 1945, Truman mandò la prima bomba atomica su Hiroshima, il 9 agosto 1945, la
seconda bomba atomica su Nagasaki.
Il 14 agosto 1945, ci fu la resa incondizionata del Giappone.
In Giugno 1941, con l’attacco all’URSS venne introdotto il “Piano generale per l’Est”: la
programmazione della deportazione in Siberia delle razze inferiori.
Gli ebrei erano già stati reclusi nei ghetti, ma con l’aumento delle conquiste aumentarono di
numero: iniziarono le fucilazioni di massa.
In Settembre 1941, il decreto “notte e nebbia” dispose la deportazione dei prigionieri di guerra
nei Lager.
In Ottobre 1941 vennero aperti in Polonia i nuovi campi di concentramento: Auschwitz,
Birkenau, Triblinka.
In Gennaio 1942, i capi di SS, polizia, ministeri, partito nazista e il governo polacco presero la
“soluzione finale” del problema ebraico: rastrellamenti degli ebrei da deportare nei campi di
concentramento, dove prima avrebbe agito la selezione naturale e poi i più forti sarebbero stati
sterminati.
Lo sterminio degli ebrei è stato erroneamente chiamato “olocausto” (antichi riti sacrificali alle
divinità), mentre gli ebrei lo definiscono shoah “distruzione”.
2. 1945, Conferenza di Yalta: il controllo dei paesi sconfitti venne affidato agli eserciti che li
avevano conquistati, per cui, l’Europa orientale andò all’URSS e per la Germania si decise
di dividerla provvisoriamente in quattro zone e che avrebbe dovuto pagare pesanti
riparazioni; fu creato un Consiglio di controllo per la denazificazione e la riconversione
economica tedesca;
3. 1945, Conferenza di Potsdam: dove Truman preannunciò di voler usare la bomba atomica
sul Giappone;
Nel 1949 l’URSS sperimentò la prima bomba atomica, mettendosi al pari degli USA e
proseguendo la propria industria degli armamenti.
Successivamente alla dottrina Truman, venne elaborato il Piano Marshall: il piano di aiuti
economici per ricostruire l’Europa (European Recovery Program, 1947).
Gli USA temevano che in Europa, finita la dominanza inglese e visti gli altri deboli governi, potesse
imporsi la minaccia comunista in assenza di un blocco politico\economico statunitense come
garanzia.
Analogamente, quando venne esposto il piano alla Conferenza di Parigi (1947), il ministro russo
Molotov respinse gli aiuti economici statunitensi per paura di non riuscire a tenere insieme gli stati
conquistati davanti alle offerte americane.
Per cui, si può dire che il piano Marshall costituì la nascita del blocco occidentale, rafforzato poi
dal Patto Atlantico (1949) e dall’organizzazione militare NATO (North Atlantic Treaty
Organization, 1949).
Allo stesso modo, il blocco comunista orientale si riunì nel Cominform (1947): ufficio
d’informazione comunista tra URSS, Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Bulgaria,
Jugoslavia, Italia, Francia.
Nella notte tra 23-24 giugno 1948, Berlino venne separata dal resto della Germania, posta sotto il
controllo sovietico con: l’interruzione delle vie di comunicazione, l’esclusione della parte
occidentale dai rifornimenti energetici e alimentari.
Al che, gli USA organizzarono un ponte aereo per scaricare rifornimenti sulla Berlino occidentale,
interrompendo la fornitura di merci con la Germania orientale.
Nel 1950 le truppe nordcoreane armate dai sovietici invasero il sud della penisola.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU condannò allora la Corea del Nord per l’aggressione e approvò
un piano di intervento militare: venne allestito un contingente comandato da MacArthur
(composto prevalentemente da statunitensi) e in pochi mesi vennero riconquistati i territori presi
dai nordcoreani. Il contingente occupò poi la capitale del Nord e si diresse verso il confine cinese.
La Cina, temendo un attacco americano, inviò allora numerosi rinforzi in soccorso alle truppe
nordcoreane e così la controffensiva comunista ribaltò il conflitto.
Il generale MacArthur giunse a invocare l’impiego della bomba atomica sulla Cina, ma Truman
optò per aprire le trattative con i nordcoreani.
Nel 1953 venne così firmato l’armistizio che ripristinava la divisione originaria.
La guerra di Corea si concluse con oltre 4 milioni di vittime e dimostrò la quantità e la potenza
degli armamenti delle due potenze.
Infatti nel 1952 gli Usa sperimentarono la bomba a idrogeno e l’anno dopo anche i sovietici
annunciarono di essere in possesso dal medesimo ordigno.
Così a metà degli anni ‘50 si innescò una frenetica corsa al riarmo nucleare che impiegò enormi
investimenti e causò sull’intero pianeta “l’equilibrio del terrore”.
Nel 1962, il comando militare di Saigon intensificò l’attività militare del Vietnam del Sud
contro i Vietcong, mentre la politica religiosa di Diem contro i buddisti portò all’arresto e alla
protesta non violenta dei monaci che si diedero fuoco pubblicamente: per questo un altro golpe
militare appoggiato dagli americani uccise Diem.
Comunque, i Vietcong continuarono ad aspirare alla riunificazione per via militare.
Francia e ONU tornarono a negoziare per ratificare la supremazia del Vietnam del Nord ma
questo portò gli Stati Uniti a intervenire per non perdere l’ultima base nel Sud-est asiatico: nel
1964 attaccarono nel Golfo del Tonchino iniziando la Guerra del Vietnam.
Il Nord del paese venne attaccato da bombardamenti aerei, i soldati americani aumentarono.
Nel 1968, durante il Tet (capodanno buddista) l’offensiva nordvietnamite comportò numerose
perdite ma fu decisiva per il ritiro degli Stati Uniti, che annunciarono la fine dei bombardamenti
e l’avvio dei negoziati di pace.
Il nuovo presidente Nixon completò il ritiro delle truppe nel 1973, ma la guerra civile vietnamita
continuò fino alla conquista di Saigon dei nordvietnamiti e l’unificazione del paese nel 1975.
AFRICA SUBSAHARIANA
Nigeria secessione della regione petrolifera del Biafra appoggiata dagli Stati Uniti
guerra civile 1966-70 blocco imposto al Biafra dalle truppe governative carestia emergenza
umanitaria il medico francese Bernard Kouchner fonda Medici senza frontiere.
Africa neocolonialismo informale: governi e compagnie private occidentali che sfruttavano le
risorse, lasciando il governo alle élite africane corrompendo con forza o denaro presenza di basi
militari, diritti sui giacimenti di materie prime, piantagioni, prodotti da esportazione la
dipendenza dai capitali internazionali impedì lo sviluppo economico dei paesi africani!
L’indipendenza del Sudafrica (1961) non fu proprio una decolonizzazione perché fu proclamata
dalle minoranze bianche per preservare il loro dominio: nel 1948 vinsero le elezioni gli afrikaner
del partito nazionalista, che inaugurò il regime dell’apartheid degli anni ’50: la segregazione
razziale dei neri nelle townships, homelands.
Nacquero movimenti di opposizione dei neri che vennero repressi, in particolare l’African
national congress (ANC) messo fuorilegge nel 1960, mentre il leader Nelson Mandela venne
arrestato nel 1964, fino al 1990.
AMERICA LATINA – POPULISMO, GUERRIGLIA, DITTATURE
I paesi dell’America Latina erano indipendenti da oltre un secolo, ma il problema restava lo
scambio ineguale con le economie occidentali che li rendevano paesi esportatori di materie
prime e importatori di prodotti finiti, impedendone lo sviluppo autonomo.
Negli anni ’40, la risposta erano stati i regimi populisti, con:
• sviluppo industriale sostenuto dallo stato;
• barriere doganali protezionistiche;
Ottenendo grandi consensi nel proletariato urbano e nel movimento sindacale, grazie ai
miglioramenti salariali e allo sviluppo dei diritti sociali, però accanto a limitazioni della libertà
in sistemi corporativi che non ostacolarono le grandi aristocrazie fondiarie a discapito dei contadini.
Principale regime populista fu quello in Argentina di Peròn una dittatura personale iniziata nel
1946, fondata sul Partido laborista, espressione dei sindacati, finita nel 1955 con un golpe
militare a causa della crisi economica e della conflittualità sociale, che aveva portato
all’indebitamento estero.
Punto di svolta nel continente, fu la rivoluzione cubana.
Nel 1952, il golpe militare del generale Batista aveva finito la presidenza populista di San Martìn,
basato sulla nazionalizzazione dell’industria zuccheriera.
Però, il nuovo regime strinse un patto di assistenza militare con gli Stati Uniti e tornò ad essere
subordinato agli interessi americani, per cui nacque un movimento di guerriglia guidato da
Fidel Castro, appoggiato dalle masse rurali grazie al programma di:
• riforma agraria;
• istruzione;
• lotta alla disoccupazione e all’imperialismo;
Nel 1959, i castristi vinsero il dittatore.
CAP 13
L’OCCIDENTE
GOLDEN AGE
Dopo la guerra, si aprì il nuovo ciclo di globalizzazione (nuovi rapporti internazionali,
ridimensionamento Europa, sistema bipolare della guerra fredda, decolonizzazione) fino agli anni
2000, che si divide in due fasi a causa di un momento di svolta (
shock petrolifero, 1973).
La golden age portò con sé uno sviluppo economico, una crescita eccezionale che riguardò il
mondo intero, ma in particolare i paesi capitalisti, aggravando lo sviluppo diseguale fra Nord e Sud.
USA – KENNEDY
NIXON
La campagna elettorale del 1960, primo dibattito televisivo, portò alla presidenza del giovane
democratico John Fitzgerald Kennedy (1961-63), favorevole al cambiamento, contro Nixon.
FRANCIA
La Francia era uscita divisa dalla guerra: le forze collaborazioniste contro la resistenza
antinazista, tra cui il generale De Gaulle della destra moderata.
Nel 1945 le elezioni per l’Assemblea costituente vennero vinte dal Partito comunista, socialista e
Movimento repubblicano popolare, che elessero De Gaulle come presidente della
Quarta repubblica (1946), caratterizzata da una nuova Costituzione.
Tuttavia, De Gaulle si dimise perché il suo programma presidenziale non vene accettato dal suo
stesso partito (
ASSEMBLEA COSTITUENTE
Il 2 giugno 1946 il referendum istituzionale vide la vittoria della Repubblica, mentre le elezioni
per l’Assemblea costituente che avrebbe redatto la Costituzione affermarono la Democrazia
cristiana, il Partito socialista di unità proletaria e il Partito comunista.
CENTRISMO
La sconfitta della sinistra fu resa evidente dall’attentato a Togliatti il 14 luglio 1948.
I lavoratori scioperarono e sembrò iniziare una guerra civile, ma i dirigenti comunisti e socialisti
calmarono il paese; conseguenza immediata fu la scissione della CGIL in:
• Libera CGIL, corrente cattolica appoggiata dagli Usa, anticomunista;
Confederazione italiana dei sindacati dei lavoratori CISL (1950);
• Unione italiana del lavoro (UIL, 1950), socialdemocratica, repubblicana;
Sul piano economico proseguì la politica liberista di Einaudi, con interventi di sostegno
all’industria: piano Sinigaglia per la siderurgia e sovvenzioni che rafforzarono la produzione,
MIRACOLO ECONOMICO
Tra il 1951-61, il processo di industrializzazione portò all’aumento dell’industria, dei servizi,
però senza riuscire a compensare la perdita di lavoro nell’agricoltura e concentrandosi nel triangolo
industriale Torino-Milano-Genova, poi Veneto ed Emilia: nel 1950-73 la disoccupazione italiana
fu la più alta di tutta Europa.
Con la guerra di Corea l’aumento dei prezzi colpì tutto l’Occidente, quindi anche l’Italia, entrata nel
contesto internazionale e nel processo di industrializzazione grazie alla liberalizzazione degli
scambi, affermandosi in particolare nel consumo durevole (auto, elettrodomestici, tv), nel settore
chimico, infrastrutture ed edilizia, godendo delle esportazioni, che portarono al “boom”, alla
crescita di produzione e consumi.
Dopodiché, la trasformazione dei comportamenti degli italiani, che presero a modello lo stile di vita
dell’americano medio tramite la televisione (1954), con la quale l’italiano divenne la lingua
ufficiale e si avviò un processo di secolarizzazione, per cui si ridimensionò il peso della religione,
sempre più influenzati dal cinema, dalla pubblicità; nacquero nuovi status symbol, i giovani
divennero target di mercato specifici, così come la donna, che acquistò crescente autonomia.
Il miracolo economico aumentò il divario tra Nord e Sud, ma anche il reddito pro capite.
Tuttavia, dal 1963 la crescita del “boom” economico iniziò a rallentare e calarono gli investimenti,
tutto ciò a causa della politica: le riforme di centro-sinistra vennero subordinate ad interessi privati.
CAP 15
IL MONDO COMUNISTA
RESTAURAZIONE BREZNEVIANA
Il nuovo governo era un compromesso tra i poteri forti (partito, esercito, sindacato) che ambivano
ad uno sviluppo più tranquillo; vennero separate le cariche di governo e di partito e si tornò alla
collegialità per prendere le decisioni, tuttavia emerse la supremazia di Breznev, che pose fine
all’età del disgelo ricominciando la repressione poliziesca che costrinse gli intellettuali alla
clandestinità.
Chiusura culturale accompagnò l’apertura economica del “piccolo benessere brezneviano”:
• investimenti nei beni di consumo;
• autonomia alle direzioni aziendali per aumenti salariali;
• costruzione di alloggi;
• 1969, diritto di pensione ai contadini dei kolchoz;
• collaborazione commerciale con gli Usa (1963) e con Italia (Fiat, 1966);
La stabilizzazione costituì il nuovo patto sociale che garantiva ai cittadini casa, lavoro, sanità,
scuola, sebbene la preminenza restò alle spese militari e perciò si ridussero gli investimenti:
aumentò la pace sociale ma al contempo calò la produttività.
Garante del patto sociale era la nomenklatura: la burocrazia di Stato e di partito, detenente il
potere e la responsabilità nella pianificazione economica, oltre che privilegiata nella
retribuzione. Questa “nuova classe”, caratterizzata da assenza di controlli e trasparenza, diffuse
corruzione e nepotismo, perdendo autorità e portando allo sviluppo della “seconda economia”:
il mercato nero, fornitore di valuta straniera e prodotti non reperibili a causa di prezzi o divieti
dello Stato, alimentando la criminalità organizzata.
Nel 1970 l’economia sovietica entrò in crisi a causa di cattivi raccolti, esaurimento delle risorse,
crescita demografica, dipendenza dalle importazioni, crisi di approvvigionamento, inflazione e
mercato nero, oltre che mancanze tecnologiche che impedivano una veloce estrazione di petrolio.
Nel 1957 venne lanciata la politica dei “cento fiori” nel tentativo di liberalizzare la vita culturale,
nel confronto di diverse scuole di pensiero, tuttavia divenne una campagna contro la destra.
Nel 1958-63 venne rilanciata l’iniziativa statale nell’economia con il “Grande Balzo in avanti”,
con l’obiettivo di raddoppiare la produzione annuale; per cui le cooperative rurali vennero
sostituite con la comuni del popolo: aziende agrarie dirette da un organo di governo elettivo e
autonomo che controllava la produzione e la squadra di lavoranti nel villaggio.
Spesso gestivano anche scuole, ospedali e la difesa militare; mentre il lavorante era retribuito in
base ai punti della squadra.
Tuttavia, questa forzatura volontaristica fu disastrosa: per Mao doveva rappresentare la
rivoluzione attraverso i contadini, invece la moderna industria pesante non raggiunse gli obiettivi
decisi e i contadini non lavorarono più i campi, facendo crollare la produzione agricola e
provocando cattivi raccolti, siccità e inondazioni (40 milioni di morti).
Oltre al disastro economico, la Cina si distaccò dall’Urss per colpa della sua politica di disgelo.
Negli anni ’60, Mao cercò di trovare una via alternativa al socialismo totalitario sovietico e riprese
la lotta all’imperialismo delle superpotenze, promuovendo il ruolo delle masse; in realtà era una
CAP 16
LA SVOLTA
CESURA EPOCALE
La golden age (1945-73) incrementò l’interdipendenza e la globalizzazione del mondo; la guerra
fredda semplificò gli equilibri politici nella logica bipolare coinvolgendo anche i paesi periferici,
soprattutto in seguito al processo di decolonizzazione; per cui, aumentarono gli scambi
internazionali, lo sviluppo dell’industria e lo sfruttamento di risorse, finché verso la fine degli
anni ’60 questo processo entrò in crisi, così come la centralità di Stati Uniti e Unione Sovietica.
Il dollaro statunitense entrò in crisi, tornò il protezionismo e aumentarono gli stati-nazione.
Si diffusero teorie “della dipendenza” sulla necessità di un metodo di sviluppo per i paesi del
“Terzo mondo” diverso da quello occidentale, in quanto la stessa arretratezza di questi paesi era
prodotto del capitalismo; in Occidente, la nuova generazione di giovani si ribellò contro le
ingiustizie, l’autoritarismo; emerse l’evidenza dei limiti della crescita economica, l’esaurirsi di
risorse naturali; nel 1968 il primo allarme sulla crescita demografica; nel 1970 primo Earth Day.
La svolta del 1968-73 diede vita a trasformazioni che posero fine all’equilibrio bipolare e alla
contestazione giovanile del ’68, le superpotenze reagirono in modo diverso:
CAP 17
ETA’ DI TRANSIZIONE
MONDO INSTABILE
Il ’68 e lo shock petrolifero del 1973 determinarono instabilità a livello mondiale.
Stati Uniti e Gran Bretagna optarono per politiche economiche neoliberiste di lotta
all’inflazione tramite contenimento della spesa pubblica, dei prezzi e dei salari; mentre la
liberalizzazione dei mercati favorì piccoli paesi asiatici come Corea del Sud, Taiwan, Singapore,
Hong Kong, specializzati nell’esportazione di prodotti finiti a basso costo.
Inoltre, gli Stati Uniti si rivelarono colpevoli del diretto coinvolgimento della CIA nel golpe di
Pinochet in Cile dopo un’inchiesta del 1976, oltre che della dittatura brasiliana e argentina.
Nel 1976 la presidenza andò al democratico Jimmy Carter, favorevole ad una riforma nei
rapporti internazionali basata su principi di libertà e rispetto dei diritti umani, per cui
ridimensionò i servizi segreti americani, l’appoggio ai regimi sudamericani e criticò l’Urss per la
sua repressione.
NEOLIBERISMO
Nel 1976 morì Mao e Deng Xiaoping divenne la guida del Partito comunista cinese; nel 1978
avviò la politica delle “quattro modernizzazioni”, agricoltura, industria, scienza, difesa:
• nelle campagne venne applicato il sistema della responsabilità familiare che liberalizzò il
commercio privato;
• sulla costa orientale nacquero “zone economiche speciali” per la sperimentazione di forme
di cooperazione con i mercati internazionali e gli investimenti esteri;
• la “politica del figlio unico” fissò quote locali obbligatorie per il contenimento delle
nascite;
• all’industria di stato venne lasciata autonomia e responsabilità nel reinvestimento di
profitti;
Tutto ciò dimostrò la consapevolezza del fallimento dei modelli comunisti di politiche economiche.
Venne mantenuto il regime monopartitico, ma la Cina si aprì all’economia di mercato e al profitto
individuale, che portò molti contadini ad uscire dalla povertà.
Nel 1979, in Gran Bretagna per la prima volta una donna divenne Primo ministro (1979-90):
Margaret Thatcher, la “lady di ferro”, leader dei conservatori inglesi.
Contraria all’invadenza e alla preminenza dello Stato sui cittadini, quindi anche alla forma di
welfare state, si dimostrò favorevole al rilancio dell’economia capitalistica basata sulla ricerca del
profitto da parte degli individui: questo le garantì il consenso dei conservatori ma anche di piccola
e media borghesia urbana, intenzionata ad aumentare il proprio profitto; mentre si opposero le
centrali sindacali, sconfitte tra il 1979-85 con delle trattative.
La Thatcher impose una politica di deregulation: eliminò i vincoli dello Stato nel mercato,
eliminando le restrizioni in economia per poter favorire le operazioni del mercato stesso, e
privatizzò la maggior parte delle industrie dello Stato, aumentando le disparità retributive.
Al contempo, animò il sentimento nazionale del paese quando nel 1982 ci fu la guerra delle isole
Falkland: quando la dittatura militare argentina occupò le isole, a cui rispose un corpo di
spedizione navale che ripristinò la sovranità inglese.
RIARMO
Nel 1981 a Ginevra iniziarono i negoziati Usa-Urss per gli euromissili, ma le trattative vennero
rallentate a causa della fase di transizione al Cremlino in seguito alla morte di Breznev nel 1982,
i cui successori furono Andropov e Cerneko, e delle divisioni nel gruppo dirigenti; mentre nel
1984 Reagan venne eletto presidente col secondo mandato.
Nell’Urss diminuì la crescita economica e le spese militari iniziarono a pesare, si trattava delle
condizioni di tutto l’Est europeo.
Ad esempio, in Polonia nel 1976 vennero alzati i prezzi, per cui nacque un’organizzazione operaia,
il Solidarnosc, a carattere solidaristico; mentre nel 1978 venne eletto papa il polacco Karol
Woytila, Giovanni Paolo II; infine, nel 1981 l’ala riformatrice di Jaruzelski optò per il colpo di
stato.
Nel 1986 la rottura di un reattore nucleare di Chernobyl, in Ucraina, causò l’evacuazione e la
contaminazione di massa: fu la massima espressione dell’arretratezza tecnologica dell’Urss, che
poteva competere sol sul piano militare.
La situazione di crisi portò alla vittoria delle elezioni di Partito il giovane riformatore Mikhail
Gorbacev nel 1985.
Dal 1983-88 le spese militari statunitensi aumentarono: Reagan cercava di indebolire l’Urss
facendogli saltare i bilanci; in più, attuò un bluff con il piano Strategic Defense Initiative (SDI) nel
1983, ribattezzato “guerre stellari”, secondo cui un sistema di armi satellitari proteggeva gli Usa.
Infine, durate i negoziati di Ginevra Reagan annunciò l’ “opzione zero”, ovvero l’annullamento
dell’istallazione dei missili: fece riemergere diffidenze in Europa e dimostrò la sua autosufficienza.
“MIRACOLO ASIATICO”
Negli anni ’80 nacquero nuovi poli di sviluppo dell’economia mondiale, a partire dal Giappone,:
questo capitalismo venne chiamato “toyotismo”:
• piena occupazione e valori comunitari (attaccamento alla nazione e all’azienda);
• qualità totale per soddisfare il cliente;
• metodo just in time di controllo e programmazione, coordinamento dei lavoratori in pool;
• presenza competitiva nei mercati esteri, esportazioni e protezione del mercato interno;
Il Giappone trascinò con sé piccoli paesi asiatici come Hong Kong, Singapore, Taiwan e Corea del
Sud: le tigri asiatiche, Newly Industrializing Countries (NICS), forti di produzione industriale
destinata alle esportazioni mondiali, basso costo della forza lavoro ma altamente qualificata;
riforme agrarie contro l’ineguaglianza; ruolo attivo dello Stato che promosse un sistema di
istruzione capace di formare molti laureati; protezione dell’industria nazionale; repressione delle
conflittualità e delle libertà sindacali.
L’ascesa dei NICS contraddiceva l’idea che capitalismo e democrazia fossero legati: infatti, in
questi paesi vi erano limitazioni di diritti e libertà, così divennero un nuovo modello di capitalismo.
Ad esempio in Cina il dinamismo economico accompagnò la politica autoritaria.
CASO ITALIANO
Dal 1969-87 il terrorismo politico sconvolse l’Italia a causa di difficoltà sociali ed economiche,
stagflazione, inflazione, conflittualità sindacale e instabilità governativa.
Il compromesso storico non dava risultati, dal 1975-80 le spese per l’assistenza sociale erano
aumentate e per affrontare il deficit di bilancio si ricorse all’espansione del debito pubblico
tramite Buoni ordinari del tesoro (BOT) molto convenienti.
La disoccupazione continuava a salire e nel 1977 ci furono nuove agitazioni universitarie.
Consapevoli della necessità di cambiamento, nel 1978 alle elezioni vinse il governo del
democristiano Giulio Andreotti, con l’astensione dei comunisti.
Nelle stesse ore Aldo Moro venne rapito e ucciso dalle Brigate rosse, al termine di una vicenda
che dimostrò divisioni tra vertici dello Stato e servizi segreti.
Così nacque il governo di “solidarietà nazionale”, con l’obiettivo di stroncare il terrorismo.
Chiamati “anni di piombo” ebbero una svolta solo nel 1980, adottando decreti che premiavano con
riduzione di pena i collaboratori di giustizia usciti dai gruppi terroristici: i “pentiti”; sotto la
guida del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’azione dello Stato riacquisì efficacia.
Per quanto riguarda la collaborazione tra DC e PCI, già nel 1980 Berlinguer dichiarò esaurita la
fase della solidarietà nazionale e la necessità di un governo onesto e capace.
La mancanza di alternanza di governo bloccava il sistema dei partiti, impediva il ricambio di
politici alla gestione del potere, sempre nelle mani di gruppi inamovibili e incontrollabili: questo
Per quanto riguarda l’economia, in seguito alla perdita di competitività e dei posti di lavoro, il
lavoro operaio si trasferì all’industria leggera, soprattutto in nuovi poli industriali in Veneto,
Emilia, Toscana e Marche: quella che venne definita la “terza Italia” e responsabile della crescita
del PIL.
Tuttavia, negli anni ’80 la situazione apparve stabile e gli italiani non avvertirono il peggioramento:
i titoli di stato erano vantaggiosi, il servizio sanitario scadente ma gratuito, le pensioni basse ma
garantite, il lavoro autonomo e con facile possibilità di evasione fiscale.
I risultati elettorali rispecchiavano l’illusoria stabilità: il PSI in ascesa, DC e PCI in declino.
Allora, il cambiamento arrivò dall’esterno: col crollo dei regimi comunisti e della guerra
fredda, quando i partiti politici di massa dovettero rifondarsi su nuove basi, il ceto di governo
corrotto e inefficiente perse l’inamovibilità e finì l’alternanza di governo.
Per cui, seguirono crisi e trasformazione del sistema politico italiano: emerse un nuovo partito
regionale, la Lega Nord, che acquistò consensi grazie al programma autonomista; nel 1991 il
Partito comunista si scisse in Partito democratico della sinistra e Rifondazione comunista.
La magistratura iniziò le indagini sul finanziamento dei partiti, la corruzione e il clientelismo,
avviando una “decapitazione” giudiziaria di un intero ceto politico: da Craxi – che scappò in
Tunisia – per concussione, ad Andreotti per collusione con la mafia (assolto nel 1999).
Un movimento trasversale di politici e intellettuali promosse un referendum per modificare il
sistema elettorale proporzionale in senso maggioritario, così da ridurre il numero di partiti e
inaugurare una democrazia bipolare fondata sull’alternanza: nel 1993 venne approvato.
COMUNISMO IN CINA
Nel 1976 morì il primo ministro Zhou Enlai e Mao Zedong, per cui iniziò una lotta di
successione che vide la sconfitta di Deng Xiaoping a favore di una figura scelta da Mao ed emersa
durante la rivoluzione culturale: Hua Guofeng, che iniziò una politica di compromesso.
Tuttavia, continuò la lotta per la successione, finché non venne sconfitta la “banda dei quattro”: la
parte più radicale della rivoluzione culturale, guidata dalla moglie di Mao. Jiang Qing e dirigenti
contro la modernizzazione; infatti, nel 1978 Deng Xiaoping divenne Primo ministro su richiesta
popolare.
Deng Xiaoping aveva l’appoggio dei militari e dei maoisti moderati favorevoli a una parziale
liberalizzazione economica accompagnata al saldo controllo politico.
Propose di restaurare l’autorità centrale sui “quattro principi” della dittatura proletaria:
socialismo, centralità del Partito, marxismo-leninismo-maoismo, politica economica.
Perciò, nel 1978 lanciò la politica delle “quattro modernizzazioni”, industriale, agricola,
scientifica, militare:
• introdusse esami selettivi di ammissione nelle università;
• eliminò i comitati rivoluzionari;
• gli stipendi vennero diversificate in base a meritò\qualifiche;
• la rete delle istituzioni amministrative dei servizi pubblici venne separata da quella
economica;
• ripristinò la proprietà privata che vincolava i contadini alla terra con un “contratto di
responsabilità” secondo il quale dovevano allo Stato un prezzo fisso di determinati prodotti
agricoli, mentre il resto poteva essere venduto;
CAP 19
MONDO POSTBIPOLARE
NUOVI NAZIONALISMI
La fine della guerra fredda determinò il problema di un nuovo ordine mondiale; infatti, la logica
bipolare aveva semplificato i rapporti internazionali e ogni instabilità veniva gestita dalle due
superpotenze, su principio di responsabilità globale.
Adesso, erano numerosi gli stati con obiettivi di natura regionale e nazionalista, così come i punti
di tensione, non più controllabili da Usa, Urss o Onu. Instabilità, frammentazione politica e
nazionalismo caratterizzavano il nuovo mondo multipolare.
Le ex repubbliche sovietiche restarono indecise tra imitazione del capitalismo e statalismo.
L’Urss era crollata a causa della mancata liberalizzazione economico-politica del regime, ma
soprattutto a causa della frammentazione nazionalistica al suo interno.
Nel 1992 la Federazione Russa era divisa da conflitti armati interni: la delegittimazione di
governi a favore di nuovi soggetti politico-militari che in assenza di cultura politica e civile si
appellavano a tradizione etnica o religiosa, da qui il nazionalismo.
In Russia, il governo di El’cin ebbe un’involuzione autoritaria, tanto che nel 1993 sciolse
l’autorità del parlamento e intorno a lui si consolidò il potere e il clientelismo tra clan rivali della
criminalità organizzata, incrementando corruzione e inefficienza dell’apparato statale, oltre che
povertà e diseguaglianze sociali.
Perciò, alle elezioni del 2000 vinse l’ex dirigente dei servizi segreti Vladimir Putin, nazionalista
e intenzionato a restaurare la potenza sovietica, perciò represse i moti indipendentistici (
Cecenia) e promosse le spese militari.
NUOVE GUERRE
La guerra del Golfo restituì autorità all’Onu, ma all’ombra dell’egemonia militare statunitense.
Nonostante il successo statunitense, alle elezioni del 1992 vinse il democratico Bill Clinton, sia
per l’emergenza della situazione economica, sia per la disoccupazione che aveva colpito anche tra
i “colletti bianchi”.
Clinton propose l’estensione delle assicurazioni sociosanitarie e il controllo sulla vendita delle
armi, ma il Congresso oppose resistenza a favore dei repubblicani.
Comunque, nel 1996 Clinton venne rieletto grazie a una mossa economica favorevole contro la
disoccupazione; tuttavia, restavano le contraddizioni della società statunitense: l’ineguaglianza
sociale, le tasse diminuite per imprese e redditi individuali alti e non per quelli medio-bassi, la
differenza economica nella differenza razziale, il numero degli omicidi e della popolazione
carceraria, a maggioranza nera o latinoamericana.
La preminenza militare non sembrava sufficiente a reggere il ruolo egemonico, in una situazione
di instabilità delle relazioni internazionali, ad esempio nella ex Jugoslavia.
Nel 1991 l’Indipendenza di Slovenia e Croazia venne riconosciuta dalla Comunità europea sul
principio di autodeterminazione dei popoli, mentre la repubblica serba di Slobodan Milosevic
(leader comunista) aspirava alla creazione di una grande Serbia capace di governare i Balcani;
tuttavia, nemmeno la reazione armata riuscì ad impedire l’indipendenza di Slovenia e Croazia.
Nel 1992 fu la Bosnia-Erzegovina ad uscire dalla Federazione jugoslava, ma senza l’appoggio
della comunità europea: ne scaturì una guerra che uccise molti civili.
Nel 1995 a Srebenica, in Bosnia, le truppe serbe uccisero 700 profughi inermi davanti agli occhi
di un contingente di pace dell’Onu; mentre dal 1992-1995 Sarajevo venne tenuta sotto assedio.
FONDAMENTALISMI RELIGIOSI
Le contraddizioni nella politica estera degli Stati Uniti emersero ancor di più negli anni ’90,
quando in Medio Oriente prevalse l’involuzione.
La pace che si era stabilita con gli accordi di Oslo (
1993, OLP e Israele) era stata indebolita dal persistente stato di inferiorità dell’ANP,
dall’esclusione dalle risorse naturali come l’acqua, dalla dipendenza dall’economia israeliana e
dalla continua colonizzazione degli israeliani nei territori palestinesi di Cisgiordania e
Gerusalemme Est; tutto ciò indebolì le componenti moderate e laiche di Arafat, garanti della pace.
Perciò nacque il movimento islamista palestinese Hamas (Movimento islamico di resistenza), che
si opponeva all’OLP e negava il diritto di Israele.
A ciò risposero le forze reazionarie e integraliste israeliane: nel 1995 un estremista di destra
uccise il premier israeliano Rabin, favorendo uno spostamento a destra dell’elettorato.
Nel 1996 alle elezioni vinse il governo di Likud, per cui il processo di pace rimase fermo mentre
l’Hamas continuava con gli attentati terroristici.
Nel 1999 alle elezioni vinse il governo laburista di Ehud Barak, favorevole alla pace.
Nel 2000 si tenne l’incontro tra Arafat, Barak e Clinton a Camp David, ma sia il premier
palestinese che quello arabo erano indeboliti dalle rispettive opposizioni dell’opinione pubblica,
per cui non si raggiunse un vero accordo.
Verso la fine del 2000 l’Hamas ricominciò gli attentati iniziando la seconda intifada nei territori
palestinesi, mentre a Israele tornava a governare la destra, di Ariel Sharon.
La pace sembrava definitivamente interrotta.
A questo punto emersero due nuovi soggetti religiosi e politici: i coloni israeliani e il
fondamentalismo islamico.
11 SETTEMBRE 2001
L’11 settembre 2001 un attacco terroristico senza precedenti dirottò alcuni aerei di linea
statunitensi contro due luoghi simbolo del potere americano: le torri gemelle del World Trade
Center a New York e il Pentagono a Washington, uccidendo più di 3000 civili.
Si trattava di terrorismo suicida capace di colpire i punti nevralgici della società occidentale.
Gli Usa interpretarono l’attacco come una dichiarazione di guerra e i servizi segreti statunitensi
individuarono Al Qaeda, l’organizzazione clandestina di Osama Bin Laden, come responsabile.
Nel 2000 George W. Bush venne eletto presidente dopo il padre e proclamò la guerra al terrore,
difatti iniziando la guerra in Afghanistan.
Organizzò un’ampia coalizione diplomatica (paesi arabi moderati, Cina, Russia, Europa,
Giappone, Pakistan) e l’offensiva militare attaccò l’Afghanistan, considerato sostenitore del
terrorismo, e fu diretta dalle truppe statunitensi e britanniche.
Due mesi di bombardamenti fecero cadere il regime dei talebani e tornarono i mujahidin, tuttavia
senza riuscire a catturare bin Laden o a smantellare la rete terroristica.
Nel 2003, Bush decise di terminare ciò che aveva iniziato il padre in Iraq: all’Assemblea delle
Nazioni Unite il segretario di stato Colin Powell sostenne che Saddam Hussein era collaboratore
di bin Laden e in possesso di armi chimiche di “distruzione di massa”; tutto ciò non era vero,
Saddam Hussein invitò pure a fare delle ispezioni internazionali, si trattava solo di un pretesto per
una guerra convenzionale contro l’Iraq di Saddam che non venne sostenuta né dall’Onu né dagli
alleati della NATO. Usa e Gran Bretagna conquistarono Bagdad e imposero un governo sciita,
mentre Saddam Hussein venne arrestato a condannato a morte nel 2006.
Tuttavia, negli anni seguenti la vecchia direzione di Hussein e la maggioranza sunnita opposero una
resistenza terroristica.
Inoltre, i media occidentali denunciarono le torture dei soldati statunitensi sui prigionieri, nel
carcere iracheno di Abu Ghraib e nella base militare di Guantanamo.
terrorismo in Europa
conflitto generazionale dei figli che rimproverano i padri di aver abbandonato la propria fede e
aver tradito le radici religiose per un’integrazione in una società occidentale che comunque li
lascia poveri ed emarginati.
EUROPA DELL’EURO
Nel 1992 i paesi dell’Unione Europea sottoscrissero il trattato di Maastricht: un piano di
integrazione monetaria europea che prevedeva la creazione della moneta unica entro il 1999; le
economie europee arrivarono faticando al 2002, quando venne introdotto l’euro e adottato da tutti i
paesi europei tranne la Gran Bretagna.
Tuttavia, era ancora lontana l’autonomia militare e in politica estera: gli Usa restavano preminenti.
L’unificazione europea si presenta come:
1. formazione intergovernativa, con ruolo privilegiato alle periodiche riunioni dei capi di
stato;
2. istituzione sovraordinata ai governi nazionali, con indipendente capacità di scelta,
espressa nel parlamento eletto a suffragio universale dal 1979 e nella Commissione
europea, un esecutivo di cui sono stati presidenti leader politici di diversi paesi dal 1985; ad
essi si aggiungono altri organismi come la Corte di giustizia, la Banca centrale, la corte dei
conti, il Comitato economico e sociale, il Comitato delle regioni e la Banca di investimento;
Nel 2005 venne proposta la Costituzione europea, ma l’idea venne bocciata; mentre nel 2007 il
trattato di Lisbona conferì maggiore peso al presidente della Commissione europea eletto dal
parlamento per due anni e mezzo di mandato.
Il più importante paese fuori dalla moneta unica era la Gran Bretagna, questo perché la crisi
economica e la svalutazione della sterlina nel 1992, oltre al problema della disoccupazione e del
terrorismo irlandese, avevano rafforzato le correnti contrarie all’integrazione comunitaria.
Nel 1997, alle elezioni vinse il New Labour di Tony Blair che propose la lotta alla criminalità e
cercò di risolvere la questione di Scozia e Irlanda.
In Scozia la maggioranza si oppose alla secessione dal Regno Unito, mentre in Irlanda del Nord
nel 2005 un accordo con l’IRA stabilì la consegna delle armi e l’abbandono della lotta violenta.
L’Italia con un referendum nel 1993 passò al sistema politico bipolare.
Nel 2011 la Banca centrale europea inviò una lettera al premier Berlusconi vincolando l’acquisto
dei titoli di stato del debito pubblico italiano al varo di urgenti riforme:
• liberalizzazione delle professioni;
• privatizzazione di entri, servizi, beni pubblici;
• flessibilità per assunzioni e pensionamenti;
Berlusconi venne accusato per frode fiscale e si dimise, mentre nel iniziò il governo tecnico di
Mario Monti (2011-13) per applicare le riforme: privatizzazione e aumento dell’età pensionabile.
Nel 2014 emerse il nuovo leader del Partito democratico Matteo Renzi come premier, ma la
coalizione era ancora fragile e si stava distinguendo un nuovo soggetto politico, il Movimento
Cinque Stelle, basato su un programma ecologista, lotta alla corruzione e messa in discussione dei
vincoli europei.
In molti paesi europei iniziarono a diffondersi partiti e movimenti a favore di maggiore e piena
sovranità degli stati nazionali e iniziarono a chiudersi i fronti ai flussi migratori.
La reazione nazionalista alla globalizzazione segnò l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione
europea con un referendum nel 2016.