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Prima Guerra Mondiale

Il primo decennio del Novecento fu caratterizzato da molte tensioni tra le grandi potenze, ovvero
Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia, impegnate nelle competizioni imperialistiche e in una
diffusione di sentimenti nazionalistici.

In questo clima di rivalità si inaspriva il conflitti e quindi veniva meno l’equilibrio creatosi in
Europa, incrinato anche a causa della corsa agli armamenti, che favorì una crescente
militarizzazione, con conseguente conversione della produzione industriale.

Uno dei primi motivi di rivalità tra Germania e Gran Bretagna fu la competizione accesa sul
primato della marina militare.

In germania, Guglielmo II diede vita ad un programma d potenziamento della flotta, in funzione


sia bellica che commerciale. Al piano tedesco la Gran Bretagna reagì ammodernando la Royal
Navy. L’antagonismo con la Gran Bretagna fu accentuato dalla politica economica della Germania
che adottò misure protezionistiche per favorire la produzione nazionale aumentando le tariffe
doganali sui prodotti esteri. Inoltre, la Germania ottenne dall’Impero turco la concessione per la
costruzione della ferrovia tra Istanbul e Baghdad.

La minaccia tedesca al primato navale e commerciale britannico ebbe effetti sul piano
internazionale, tanto da spingere la Gran Bretagna a formare un’alleanza con la Francia. Le due
potenze stipularono un accordo che comportava il superamento delle rivalità coloniali. L’accordo
anglo-francese suscitò l’opposizione della Germanica, che aveva interessi commerciali sulle colonie
di dominazione francese, generando due controversie, le crisi marocchine. Ma la Germania,
temendo un conflitto militare, fu costretta a riconoscere il dominio francese sul Marocco.

L’isolamento della Germania comportò un avvicinamento della Russia alla Gran Bretagna. Sulla
base dell’accordo ango-francese, venne rafforzata la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia,
Russia) a cui si oppose la Triplice Alleanza, formata da Germania, Impero austro-ungarico e Italia.
Ma la Triplice Alleanza risultava indebolita dalla presenza dell’Italia, che cercava appoggio ai paesi
dell’Intesa a causa dei suoi interessi coloniali in Libia e i suoi contrasti con l’Austria per la
questione di Trento e Trieste. Per alcuni anni questo sistema di alleanze basato su obblighi difensivi
reciproci, mantenne l’equilibrio europeo.

A complicare ulteriormente la situazione internazionale fu l’Impero Ottomano, all’interno del


quale scoppiò una rivoluzione guidata dal movimento dei Giovani Turchi, che nel 1909
rovesciarono il sovrano e lo sostituirono con Maometto V, al quale fu imposta la trasformazione del
paese in un regime costituzionale e parlamentare.

Approfittando della crisi dell’Impero Ottomano, la Bulgaria si proclamò indipendente e


contemporaneamente l’Impero austro-ungarico annunciò l’annessione della Bosnia Erzegovina,
suscitando le ire della Serbia, che ambiva ad estendersi sulle regioni balcaniche, nel Medio Oriente
e nell’area degli stretti turchi. Le tensioni emergenti nelle regioni balcaniche tra l’Austria-ungheria
e la Germania da un lato, Serbia e Russia dell’altro, minavano sempre più il precario equilibrio
europeo.

La prima guerra è una vera e propria aggressione all’Impero in disfacimento portata dalle tre
mini-potenze della Lega balcanica (Grecia, Serbia, Bulgaria), scese in campo per spalleggiare la
provocatoria dichiarazione di guerra del Montenegro (ottobre 1912). Il Trattato di Londra del
maggio 1913 pose fine, di fatto, a cinque secoli di presenza ottomana nei Balcani e creò il nuovo
principato di Albania, insorta contro la nuova politica di Istanbul verso le minoranze non turche. La
spartizione della Macedonia multi-etnica e della sua cosmopolita capitale Salonicco e il mancato
sbocco al mare della Serbia causeranno la seconda guerra balcanica, una guerra-lampo nell’estate
del 1913. Sarà la Bulgaria ad attaccare gli ex alleati, a cui si aggiunsero Romania e lo stesso Impero
ottomano, per incassare una sonora sconfitta: la Grecia acquisì Salonicco e Kavala, la Macedonia
meridionale e l’Epiro, oltre a annettersi Creta; la Romania annetté Silistra e Dobrugia; la Serbia
raddoppiò la propria superficie, inglobando il resto della Macedonia. La Bulgaria ne uscì sconfitta,
ma la Serbia si rafforzò.

Il casus belli che fece esplodere il conflitto fu l’assassinio Francesco Ferdinando, erede al trono
di Austria-Ungheria, insieme a sua moglie a Sarajevo, dove si trovava in visita ufficiale.
L’attentatore, Gavrilo Princip, era uno studente appartenente ad un gruppo irredentista bosniaco.
Per il governo austro-ungarico, la responsabilità era in gran parte della Serbia, un giovane stato in
rapida crescita, nonché un punto di riferimento per il nazionalismo slavo (e dunque anti-austriaco)
nei Balcani. Con l’appoggio tedesco, il 23 luglio l’Austria impose un ultimatum alla Serbia,
chiedendo che l’’inchiesta sull’attentato fosse condotta da rappresentanti austriaci. In nome della
propria sovranità nazionale, la Serbia rifiutò. Il 28 luglio l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla
Serbia. È l'inizio della Prima Guerra Mondiale.

La presenza dell’Austria attivò una complicata serie di alleanze su scala globale: la Russia
mobilitò immediatamente le proprie truppe in sostegno alla Serbia per due ragioni: la comune fede
ortodossa, l’interesse ad avere un ruolo guida nei Balcani; la Germania, alleata dell’Austria, chiese
alla Russia di ritirarsi e alla Francia di rimanere neutrale: entrambe le potenze rifiutarono . La
Germania dichiarò guerra ad entrambe all’inizio di agosto. Il 4 invade il Belgio, che si rifiutava di
far passare i soldati tedeschi; la Gran Bretagna scese in campo in appoggio a Francia e Belgio;
l’Italia, formalmente alleata di Austria e Germania, si dichiarò per il momento neutrale; il Giappone
dichiarò guerra alla Germania il 23 agosto, perché una minacciosa flotta tedesca si trovava in
estremo oriente; a novembre, l’Impero Ottomano dichiarò guerra alla Russia.

Il piano tedesco di offensiva del Belgio (piano Schlieffen) prevedeva una campagna veloce ed
efficace, ma si infranse contro le difese anglo-francesi sulla Marna, nel settembre del 1914. Presto i
due schieramenti si ritrovarono bloccati in un’infinita linea di trincee e fortificazioni. Gli sviluppi
furono analoghi sul fronte orientale per i Russi e per gli Inglesi: già alla fine dell’anno la Prima
Guerra Mondiale era una guerra di posizione.

All’inizio della guerra, l’Italia dichiarò la propria neutralità, appoggiata dalla maggioranza
parlamentare dei liberali giolittiani. Il paese, perciò, si trovò diviso tra neutralisti e interventisti,
dove prevalse la linea interventista, appoggiata da Salandra e dal re. Le varie trattative sfociarono
nella firma segreta del patto di Londra con le potenze dell’Intesa. Il 23 maggio l’Italia dichiarò
guerra all’Impero austro-ungarico.

Dall’autunno del 1914, la situazione sul fronte occidentale la situazione era rimasta ferma. Per
modificare questa situazione, la Germania tentò uno sfondamento delle linee difensive nemiche
nelle battaglie di Verdun e della Somme, che nonostante le perdite, modificarono gli equilibri delle
battaglie. Gli inglesi, con la loro lotta, bloccavano i porti tedeschi per impedire i rifornimenti. Una
sola battaglia navale fu combattuta nel 1916 tra la flotta inglese e quella tedesca. Alla fine della
battaglia la flotta tedesca rientrò nei porti di partenza. Entrambi i contendenti si dichiararono
vincitori, ma il controllo dei mari continuò a rimanere nelle mani degli Inglesi. I tedeschi furono
pesantemente danneggiati dal blocco navale inglese. Dopo la battaglia dello Jutland i tedeschi
combatterono la guerra sui mari solo con i sottomarini e con le navi corsare. Vittime di questi
sottomarini furono le navi di rifornimenti provenienti dagli USA e destinati all'Inghilterra.

Nel frattempo, sul fronte orientale i russi si impegnarono in un attacco esteso guidato dal
generale Brusilov. Sul fronte balcanico, i turchi attuarono il genocidio delle minoranze armene.
Intanto, le truppe italiane, riuscirono a contrastare la Strafexpedition, arrestando l’avanzata austriaca
lungo l’Isonzo.

Il conflitto coinvolgeva ormai le principali potenze europee e moltissimi paesi del mondo,
dunque si trattava di una guerra totale, perché comportava la mobilitazione generale della società,
uomini in primis, ma anche donne e bambini. Tutti insomma erano chiamati ad affrontare lo sforzo
bellico, anche se in termini di perdite umane fu uno sforzo distruttivo. Tutti i paesi, grazie alla
propaganda scoprirono che il fronte interno era indebolito dalle durissime condizioni di vita.

Nel 1917 l'orrendo macello era ormai sotto gli occhi di tutti e non si vedevano sbocchi. La
popolazione europea era stanca per la fame e le sofferenze, inoltre aveva visto le migliaia di
profughi tornato a casa orrendamente mutilati. Mancavano i contadini nei campi e gli operai nelle
fabbriche, le donne, i vecchi e i bambini dovevano occuparsi di tutto. Non c'era una famiglia che
non lamentasse qualche vittima della guerra. Mancavano quasi del tutto lo zucchero, il burro, la
carne. Il pane, la pasta, la verdura vennero razionati. Al malcontento dei familiari dei soldati si
univa il morale bassissimo di questi ultimi che trascorrevano il tempo nell'attesa di sanguinosi
assalti di cui non si scorgeva lo scopo visto che non ottenevano alcun risultato. Numerosi furono gli
episodi di diserzione, di automutilazione e di ammutinamento, molti giovani richiamati si
rendevano colpevoli di renitenza alla leva. Numerosi furono i processi e le fucilazioni di militari.

In Russia, nella primavera del 17 scoppiarono diverse rivolte che costrinsero lo Zar Nicola II
all'abdicazione. L'esercito stanco e sfiduciato si sfaldava, i soldati a milioni tornavano a casa. Il
partito bolscevico di Lenin prendeva il potere e Lenin firmava l'armistizio di Brest-Litovsk
(dicembre 1917) e poi il trattato di pace con la Germania. La Russia usciva così dal conflitto
perdendo Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia.

Il ritiro della Russia sembrava aver dato un duro colpo alle speranze di vittoria del fronte anglo-
francese-italiano. Germania e Austria riversarono contro il fronte francese e quello italiano le truppe
rese libere dal disimpegno della Russia. A questo punto avviene l'ingresso decisivo nel conflitto
degli Stati Uniti d'America. Gli Americani erano rimasti molto colpiti dagli affondamenti delle navi
civili operate dai tedeschi e in particolare dall'affondamento del transatlantico Lusitania che aveva
provocato la morte di 124 cittadini americani. Nel mese di aprile del 1917 il governo USA dichiarò
guerra alla Germania: questo comportò l'arrivo in Europa non solo di truppe fresche, ma di viveri,
materiali, prestiti.

L'esercito italiano era logorato dopo 12 inutili assalti sul fiume Isonzo. Il comando Austriaco
scaglia contro gli Italiani le truppe che tornavano dal fronte orientale. L'attacco sfondò lo
schieramento italiano a Caporetto tra il 24 e il 30 ottobre 1917. Tutto il fronte italiano dovette
ritirarsi per evitare che parte delle truppe rimanessero accerchiate o isolate. Tale ritirata, non
essendo stata programmata, si trasformò in una disfatta. Furono perse intere divisioni e una quantità
ingente di materiali. Migliaia furono i profughi civili costretti ad abbandonare le loro case. Per
fortuna, tutto sembrava perduto, il paese seppe reagire con fermezza. Il generale Armando Diaz
sostituì il generale Cadorna, a Roma fu costituito un governo di solidarietà nazionale presieduto da
Vittorio Emanuele Orlando. L'intero parlamento appoggiò questo governo, l'esercito fu
riorganizzato rapidamente, l'avanzata austriaca fu bloccata sul Piave, sull'altipiano Asiago e sul
Monte Grappa. Ormai per l'Austria e la Germania non c'erano più speranze.

Dal punto di vista esclusivamente militare le cose per Austria e Germania non andavano male: le
truppe austriache erano avanzate fino al Piave, la Russia si era ritirata con gravi perdete territoriali,
il fronte occidentale era fermo. Ma era dal punto di vista delle risorse che Austria e Germania non
ce la facevano più: le campagne erano state abbandonate, le materie prime mancavano, il
razionamento alimentare aveva colpito anche le truppe. Senza viveri e rifornimenti Austriaci e
Tedeschi furono costretti alla resa.

Nella primavera del 1918 gli imperi centrali fecero un ultimo, disperato tentativo di rovesciare il
destino della guerra. In Francia l'esercito tedesco riuscì a raggiungere nuovamente la Marna, ma
furono respinti definitivamente dalle truppe francesi e americane oltre che da cannoni, carri armati,
aerei. L'esercito Italiano respinse gli attacchi austriaci e ottenne la vittoria decisiva a Vittorio
Veneto. Proseguirono verso Trento e Trieste dove entrarono il 3 novembre. Il 4 Novembre fu
firmato l'armistizio con l'Austria. L'11 Novembre la Germania chiese la pace. L'imperatore tedesco
e quello austriaco furono costretti ad abdicare da violente rivolte popolari

Nella conferenza generale per la pace di Parigi il programma di Wilson venne meno e prevalsero
volontà punitiva e disegni egemonici.

I delegati delle potenze vincitrici si ritrovarono il 28 giugno 1919 nella città francese di Versailles
per ristabilire i nuovi assetti di un'Europa straziata da una guerra devastante. Già nel 1918 il
presidente americano Wilson propose nel suo discorso i famosi 14 punti, volti a definire una pace
giusta e duratura e a creare un organismo garante dell'integrità territoriale. In realtà la conferenza di
Versailles, anziché mirare a creare una situazione di armonia, si caratterizzò per il suo intento
punitivo nei confronti delle nazioni vinte che, senza essere neppure invitate, furono costrette a
subire condizioni umilianti dalle potenze alleate, animate da un profondo desiderio di vendetta.

La Germania con quel trattato venne considerata l'unica responsabile della guerra e perciò le furono
imposte dagli Stati europei vincitori - Francia e Gran Bretagna soprattutto, ma anche Italia - delle
condizioni di pace durissime. Lo scopo era quello di vedere la nazione tedesca distrutta moralmente,
oltre che politicamente ed economicamente.
Per la situazione determinatasi dopo il conflitto, la Germania cambiò completamente il proprio
ordinamento politico. Infatti da monarchia parlamentare divenne una repubblica socialdemocratica
e federale, divisa in 17 Länder autonomi.

Il trattato fu imposto alla Germania con la minaccia dell'occupazione militare e del blocco
economico. Si trattò di un vero e proprio diktat, cioè di un ordine senza nessuna possibilità di
discussione.

Il trattato fu firmato a Versailles, proprio dove, circa 40 anni prima, era stato proclamato l'impero
tedesco. Era evidente che la Francia voleva prendersi una rivincita per la sconfitta del 1870 quando,
durante la guerra franco-prussiana, si vide privata delle regioni dell'Alsazia e della Lorena.

La Germania fu condannata a pagare un risarcimento danni di 132 miliardi di marchi d'oro, una
cifra enorme, incompatibile con la situazione dell'economia tedesca. Ciò significava chiaramente
che non si mirava ad una giusta riparazione dei danni di guerra, ma alla distruzione della Germania
stessa. La richiesta, infatti, fu giudicata eccessiva dalla Gran Bretagna e dall'Italia, che tuttavia
dovettero piegarsi alla volontà francese.

La Francia ottenne anche di sfruttare per 15 anni le ricche miniere della Saar dove, nel 1935, si
sceglierà con un plebiscito di ricongiungersi alla Germania.

La Germania fu obbligata a mantenere una marina militare e un esercito ridotti (l'esercito non
doveva infatti superare le 100.000 unità) e quindi fu costretta ad abolire l'obbligo del servizio di
leva.

Tutta la valle del Reno (la Renania) dovette essere smilitarizzata, cioè non occupata da reparti
armati dell'esercito tedesco.

Per garantire un accesso al mare alla Polonia, la Germania fu obbligata a cedere una striscia del suo
territorio e la città di Danzica. In questo modo però essa risultava divisa in due: la Prussia orientale
veniva infatti separata dal resto del paese.

In alcuni dei territori ceduti dalla Germania (soprattutto la Cecoslovacchia e la Polonia) vivevano
delle comunità di Tedeschi. Così delle minoranze tedesche si trovarono ad essere governate da uno
stato diverso dal loro.

Alle clausole delle di pace con la Germanica, seguirono quelle con l’Austria, il trattato di Saint-
Germain-en-Laye.
Il trattato, che venne firmato il 10 settembre 1919 a Saint-Germain-en-Laye, fa parte dei pre accordi
parigini che sancirono formalmente la conclusione della prima guerra mondiale. Venne stabilito un
plebiscito in Carinzia per decidere se Klagenfurt e la regione circostante dovesse appartenere
all'Austria o al Regno Serbo-Croato-Sloveno; le parti del Tirolo comprendenti Cortina d'Ampezzo e
le odierne Province Autonome di Bolzano e di Trento furono annesse al Regno d'Italia; viene
ribadita la proibizione dell'Anschluss al Reich. venne stabilito l'importo dei danni che l'Austria
avrebbe dovuto risarcire;si proibì la leva obbligatoria e si autorizzò la formazione di un esercito
professionista di 30.000 uomini; le fabbriche di armi dovevano essere distrutte o riconvertite. In
ogni caso doveva cessare la produzione di armi; gli armamenti dovevano essere distrutti.

Infine, durante la Conferenza di pace a Versailles fu costituita la Società delle Nazioni (1919). La
sua attività iniziò con la ratifica del Trattato di pace con la Germania, nel quale il suo statuto era
stato incorporato. Essa, con sede a Ginevra, si componeva di un'Assemblea degli Stati membri, di
un Consiglio e di un Segretariato permanente. Del Consiglio facevano parte 5 membri permanenti
(Usa, Inghilterra, Francia, Italia e Giappone) e 4 temporanei eletti dall'assemblea ogni tre anni.
Nonostante la Società delle nazioni sia nata per esplicita proposta del presidente americano Wilson
(era l'ultimo dei suoi 14 punti), gli Stati Uniti non vi aderirono per il loro tradizionale
isolazionismo. La Germania e l'Urss ottennero solo più tardi un seggio permanente in consiglio, i
cui membri elettivi salirono fino a 11. Gli Stati aderenti si impegnavano a rispettare l'integrità
territoriale e l'indipendenza politica degli altri membri e a non ricorrere alla guerra, prevedendo
sanzioni economiche contro chi trasgredisse le regole.

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