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LA PRIMA GUERRA MONDIALE (1914-

1918)
L’EUROPA ALLA VIGILIA DELLA GUERRA
LA GERMANIA E L’ANTAGONISMO CON FRANCIA E GRAN BRETAGNA
All’inizio del 900, le relazioni diplomatiche tra la Germania e Francia erano abbastanza tese.
La sconfitta nella guerra franco-prussiana (1870) aveva rappresentato per lo Stato francese un grave danno economico a causa
delle indennità di guerra e della perdita dell’Alsazia e della Lorena, ma anche un’umiliazione nazionale, e aveva favorito tra i
francesi un forte sentimento antitedesco e un desiderio di rivalsa (revanscismo).

Oltre alla rivalità tra Francia e Germania, si aggiunge quella tra Impero Tedesco e Gran Bretagna. Il Reich (impero germano)
rappresentava ormai una grande potenza industriale, inoltre l’imperatore Guglielmo II aveva scelto di abbandonare la politica
bismarckiana dell’equilibrio, ponendosi un nuovo obbiettivo, far primeggiare la Germania tra le potenze mondiali.
Con la Weltpolitik (Weltpolitik è un termine usato per descrivere le politiche militari adottate in Germania alla fine del XIX secolo in sostituzione della
precedente tendenza alla realpolitik dell'età bismarckiana) (politica mondiale), oltre a creare di un impero coloniale da cui trarre nuove
risorse per sostenere la crescita industriale, il Kaiser (imperatore germano) ambiva a contendere all’impero britannico la
supremazia sui mari.

Nell’ultimo decennio del 800 perciò la Germania aveva triplicato le spese militari e ingrandito considerevolmente la flotta.
Ciò aveva suscitato allarme nel governo britannico, deciso a conservare a ogni costo il proprio primato. Il risultato fu una corsa
agli armamenti che richiese agli entrambi paesi sforzi economici ingenti e che concretizzò nella costruzione di numerose navi
corazzate.

LA POLVERIERA BALCANICA
Una contesa fra gli stati era rappresentata dalla penisola balcanica, i cui confini erano stati ridisegnati in seguito alle guerre
balcaniche (1912-1913).
Nonostante la nascita di nuovi Stati indipendenti dall’impero ottomano, l’area era fortemente instabile perché si trovava al
centro degli interessi dell’Austria-Ungheria e Russia.

Austria-Ungheria, dopo la sconfitta contro la Germania di Bismarck nel 1866 e la perdita dei territori italiani, aveva scelto di
concentrare le proprie forze nell’aria balcanica.

La Russia invece, aveva sempre ambito a uno sbocco sul Mediterraneo, e per questo mirava a estendere la sua influenza sui
Balcani.

Anche l’Italia era parte in causa, in quanto guardava con interesse i territori del neonato stato albanese (1912). (nuovo motivo
di dissidio con il governo di Vienna)

Tutta l’area balcanica era caratterizzata da un forte pluralismo etnico, linguistico e religioso, un terreno di scontro ideale per i
nazionalismi, con una situazione particolare in Bosnia-Erzegovina, che nel 1908, dopo 30 anni di amministrazione austriaca, era
stata annessa unilateralmente all’Austria-Ungheria.
Una parte della popolazione Bosnia-Erzegovina era di sentimenti filo-serbi e di fede ortodossa e desiderava porre fine alla
dominazione asburgica per unirsi al Regno di Serbia, nella regione però cerano anche molti mussulmani, ancora legati
all’impero ottomano.
L’iniziativa dell’Austria aveva suscitato l’irritazione da parte delle altre potenze europee, tranne della Germania che sosteneva
la monarchia asburgica.

LA COMPETIZIONE COLONIALE
Gli scontri fra le potenze, non erano solo europeo, ma era anche sul fronte extraeuropeo della corsa alle colonie.
Nei primi anni del 900, gli Stati erano in competizione fra loro per il dominio dei territori asiatici e africani ed erano finti più di
una volta un passo dal conflitto, principalmente a causa dell’assenza di regole definite nella attribuzione delle rispettive zone di
influenza.
Rivalità tra: Francia/Gran Bretagna, Londra/Russia (interessati alle stesse regioni dell’asia, India – Persia – Afghanistan)
Inoltre, le due crisi marocchine (1905 e 1911) aveva irrigidito ulteriormente i rapporti già molto tesi tra Francia e Russia.

L’EUROPA IN GUERRA
L’ATTENTATO A SARAJEVO E L’ULTIMATO ALLA SERBIA
Nell’Estate nel 1914, lo squilibrio delle potenze europee portò rapidamente a una guerra dalle proporzioni e dalla durata che
nessuno sul momento poteva prevedere.
La scintilla scoppiò nel 28 giugno 1914 a Sarajevo (Bosnia), quando l’arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell’imperatore
d’Austria e successore al trono, durante una visita ufficiale, fu assassinato insieme alla mogliere da Gavrilo Princip, uno
studente di 19 anni serbo-bosniaco membro dall’associazione nazionalista Mlada Bosna “Giovane Bosnia”.

Da quando la Serbia aveva raggiunto l’indipendenza (1878), esercitava una politica autonoma, ed era per questo sospettata
dagli austriaci di appoggiare organizzazioni terroristiche come quella a cui apparteneva Gavrilo Princip , che ambiva a unire
tutti i popoli slavi del sud in un unico Stato.
Per questo motivo il governo asburgico, colse l’occasione per eliminare in un colpo solo il principale ostacolo alla sua espansione
nei Balcani, e inviò al governo serbo un ultimatum, con condizioni talmente dure, che, se i serbi la avessero accettata, di fatto
avrebbe rinunciato alla propria indipendenza.

LO SCOPPIO DEL CONFLITTO E IL GIOCO DELLE ALLEANZE


L’ultimatum fu quindi respinto, ed esattamente un mese dopo, il 28 luglio 1914, l’Austria – Ungheria dichiarò guerra alla
Serbia.
I serbi sapevano che, se fosse scoppiato un conflitto, la Russia sarebbe scesa in campo al loro fianco, e ciò accade puntualmente
pochi giorni dopo, quando lo zar ordinò la mobilitazione dell’esercito (chiamate alle armi, un esercito viene detto mobilitato
quando passa dallo stato di pace alla guerra).
Da quel momento, le alleanze militari trascinano in guerra un paese dopo l’altro.
La Germania alleata all’impero austro-ungarico dichiarò guerra alla Russia e alla Francia (alleata dello zar aveva già mobilitato
le truppe).
La gran Bretagna, per qualche giorno cercò di tenersi fuori dal conflitto, ma quando i tedeschi invasero il Belgio (che aveva
dichiarato la propria neutralità e a cui i britannici avevano garantisco protezione) anche Londra dovette impugnare le armi.

Ben presto si definirono due schieramenti contrapposti:


Paesi dell’Intesa, chiamati anche Alleati:
- Russia
- Francia
- Gran Bretagna
- Giappone (fine agosto 1914 che ambiva a impossessarsi delle colonie tedesche in Estremo Oriente)
Imperi centrali
- Germania
- Austria – Ungheria
- Impero ottomano (che aveva firmato ancora prima dello scoppio della guerra, un trattato di alleanza con la Germania)
Fu così che il conflitto fra impero austro – ungarico e Serbia provocò lo scoppio di una guerra su scala mondiale.

L’ENTUSIASMO PER LA GUERRA


Le dichiarazioni di guerra vennero accolte con favore e persino con gioia dalla popolazione dei paesi combattenti.
I giorni di agosto successivi all’inizio del conflitto furono contraddistinti da:
- Dall’esaltazione del sentimento nazionale
Era stato per lungo tempo sostenuto dalle istituzioni scolastiche e statali.
Secondo l’ideologia imperialista diffusa in Europa, ogni nazione aveva una “missione storica” da compiere, ovvero ribadire la
superiorità della propria civiltà sulle altre nazioni, anche attraverso l’uso delle armi.
- L’entusiasmo per la guerra
Soprattutto fra i giovani della classe media (studenti), si è diffuso questo entusiasmo per la guerra, che si pensava avrebbe posto
fine ai controlli sociali e dato vita all’egualitarismo cameratesco fra i soldati, finalmente uniti per una causa comune.

Questo spiegò perché ci furono tanti volontari per il fronte, questi convincimenti inoltre indusse la maggior parte dei partiti
socialisti europei ad abbandonare le posizioni del pacifismo internazionalista ed ad appoggiare i rispettivi governi nella scelta
di entrare in guerra.

La Seconda Internazionale (organizzazione che riuniva i partiti socialisti e laburisti europei) si sarebbe sciolta proprio a causa
delle divisioni interne fra chi sosteneva le ragioni dei propri paesi e chi si opponeva alla guerra.
I pacifisti ribadirono le loro ragioni nei congressi di Zimmerwald (1915) e Kienthal (1916), dove cercarono inutilmente la
perduta unità di interni dei socialisti. (unità dei socialisti)

IL FRONTE OCCIDENTALE
Consapevole di non poter combattere contemporaneamente su due fronti, lo Stato maggiore tedesco aveva adottato un piano
per ottenere la rapida sconfitta dei francesi “Piano di Schlieffen”, che prevedeva di cogliere di sorpresa l’esercito francese con
una manovra di aggiramento delle linee attraverso il Belgio.
Ma le armate del Reich (impero tedesco) guidate dal generale Helmuth von Moltke furono fermate per due settimane
dall’esercito belga che, pur di arrestare l’attacco dei tedeschi, distrusse ogni tipo di struttura presente sul territorio.
Malgrado la forte resistenza dei Belgi, i tedeschi riuscirono ad avanzare, giungendo a pochi chilometri da Parigi e costringendo
le truppe francesi guidate da Joseph Joffre, a ripiegare.
La Francia poté evitare la capitolazione anche grazie al sostegno dei britannici, riuscendo ad avere la meglio nella Battaglia di
Marna e nella battaglia delle Fiandre.
Pertanto, i tedeschi dovettero indietreggiare fino alla linea tracciata dai fiumi Somme e Aisne.
Fallito così il piano di Schlieffen, quello tra Francia e Germania si trasformò da una guerra di movimento (avanzata di uno degli
eserciti) in una guerra di posizione (gli eserciti rimangono fermi).

IL FRONTE ORIENTALE E IL FRONTE MEDIO-ORIENTE


Sul fronte orientale, intanto i russi si scontrano contemporaneamente con gli austro – ungarici e la Germania.
Russia / Austria – Ungheria = Ottiene un importante successo nella battaglia di Leopoli, in seguito al quale occupa una parte
della Galizia.
Russia / Germania = Al contrario, qui la Russia ottiene un fallimento, e fu sconfitto sia a Langenberg e sia presso i laghi Masuri.

Nel 1915 la guerra proseguì, senza che nessuno dei due avversarsi prevalesse sull’altro.
Sempre nei primi mesi del 1915 viene aperto un nuovo fronte in Medio Oriente (Gran Bretagna e Impero ottomano).
La Gran Bretagna decide di attaccare l’impero ottomano. Il conflitto si concentrò sulla penisola di Gallipoli, con anche truppe
indiane, australiane e neozelandesi, non ebbe successo, e le truppe ottomane (guidate da Mustafà Kemal), riuscirono a
fermare la marina britannica.
Anche su questo fronte, il conflitto si trasformò dunque in una guerra di trincea.

FRONTE OCCIDENTALE -> GERMANIA – FRANCIA (attraverso Belgio)


FRONTE ORIENTALE -> RUSSIA – GERMANIA (non andata bene) / RUSSIA – AUSTRIA UNGHERIA (vittoria)
FRONTE MEDIO OCCIDENTALE 1915 -> GRAN BRETAGNA – IMPERO OTTOMANO (a Gallipoli)

UN CONFLITTO NUOVO

UNA GUERRA DI MASSA E DI TRINCEA


Presto divenne chiaro che la guerra non si sarebbe risolta in tempi brevi, nonostante le gravi perdite subite da entrambe le
parti, tutti i combattenti erano decisi di andare avanti, nella convinzione di avere la meglio sul nemico.
Gli Stati Europei fecero uso di tutte le risorse a loro disposizione, sia materiali che umane.
Già ad agosto del 1914 i soldati chiamati a combattere dai vari stati erano di 6 milioni.
Alla fine della guerra circa 60 milioni di uomini avevano preso parte al conflitto.
Per questo motivo, la Prima Guerra mondiale, è considerata la prima guerra di massa della storia.

La potenza di fuoco delle armi era tale, che l’unica possibilità per sopravvivere era trincerarsi in posizioni difensive scavate nel
terreno, mentre uscire alla scoperta, significava sfidare la morte.
Nasceva così una nuova forma di guerra: la guerra di trincea.

Vivere nelle trincee significava non solo combattere contro il nemico, ma anche con l’umidità, la sporcizia e le malattie.
I soldati passarono le giornate in compagnia di topo, pidocchi, rifiuti ed escrementi, e anche i cadaveri che erano lì vicino.
Queste precarie condizioni igienico – sanitarie facilitarono il diffondersi delle malattie e delle epidemie.

Su tutti i fronti, gli eserciti trascorsero anni nelle loro trincee, protette da reticolati di filo spinato, per poi essere falcidiati in
spaventose offensive, che nel migliore dei casi permetteva di conquistare pochi km di terreno ridotto a un deserto.
Per tutte queste ragioni l’esperienza della Prima guerra mondiale fu per i combattenti più spaventosa di tutte le guerre
precedenti.

L’INDUSTRIA E I NUOVI ARMAMENTI


La guerra ebbe l’effetto di accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie.
Infatti, il camion, il telefono, la radio, la motocicletta, l’automobile e l’aeroplano (inventati prima della guerra), a partire dal 1914
il loro impego al fronte li trasformò in strumenti bellici. Quattro anni più tardi, erano mezzi pienamente sviluppati e dopo la fine
della guerra continuarono a essere largamente presenti nella vita civile.

Le armi conobbero lo sviluppo più significativo:


- Il carro armato, impiegato dai britannici alla fine del conflitto
- Il sommergibile, utilizzato dai tedeschi, oltre contro le navi da guerra, anche per affondare le navi mercantili che
rifornivano di materie prime e viveri i paesi nemici
- La mitragliatrice
- L’artiglieria fu la principale causa di morte, in grado di superare persino le linee nemiche, ogni offensiva era infatti
preceduta da un bombardamento che poteva durare anche diversi giorni, condotto da migliaia di canoni a cui era
difficile sopravvivere
- Gas, l’arma più disumana sperimentata sui campi di battaglia (industria chimica), usato per la prima volta dai tedeschi
nella seconda battaglia di Ypres (1915), dove nuvole di gas spinte dal vento verso le linee nemiche o sprigionate da
speciali proiettili di artiglieria, soffocavano, ustionavano o accecavano le vittime. Tutti iniziarono a imitare quest’arma
chimica, e da allora la maschera antigas divenne un accessorio indispensabile a ogni soldato. Nel 1918 la Croce Rossa
aveva lanciato un appello contro l’uso di armi chimiche, e alla fine della guerra si arrivò a un primo accordo
internazionale per bandirle del tutto, ma il loro utilizzo prosegui anche nei seguenti conflitti.

IL “FRONTE INTERNO” E L’INTERVENTO STATALE


Oltre al fronte militare, all’interno dei singoli stati combattenti, si va a creare un “fronte interno”. Con quest’espressione si indica
il fatto che la guerra avrebbe dovuta essere combattuta e vinta non solo sul campo di battaglia, ma anche all’interno del paese.
In quale modo?
- Potenziando la produzione industriale
- Mantenendo alto il morale della popolazione civile
- Persuadendo con la propaganda ad accettare i sacrifici imposta dalla guerra
Durante gli anni del conflitto l’industria conobbe una grande crescita nei settori direttamente legati alla produzione di forniture
per gli eserciti (industria meccanica, siderurgica e chimica): la guerra insomma divenne una sorta di incubatrice per lo sviluppo
industriale.
In tutti i paesi combattenti divenne fondamentale incrementare e coordinare (aumentare e organizzare) la produzione per
poter disporre delle risorse necessarie a sostenere e a vincere la guerra. A tali scopi, furono creati organi di governo e speciali
ministeri con diversi compiti:
- controllare i prezzi delle materie prime
- controllare i livelli di produzione delle fabbriche
- finanziare la nascita di nuove industrie
- reclutare nuova forza lavoro (persone)
Questi interventi comportava agli stati un enorme sforzo organizzativo e finanziario.

LA MOBILITAZIONE DEI CIVILI


Per via degli uomini impiegati nell’esercito, andò a scarseggiare la manodopera nelle fabbriche e negli incarichi lavorativi, le
donne entrarono a lavorare nelle fabbriche.
Tutti i settori industriali avevano bisogno di personale femminile, ma in particolare quelli legati alla produzione bellica (per la
guerra), dunque l’industria dell’acciaio, del carbone e delle munizioni. Le lavoratrici svolsero ogni tipo di lavoro, compresi quelli
che richiedono molta forza fisica.
Oltre che nelle fabbriche, le donne sostituirono gli uomini in altre funzioni , come poliziotte, alla guida di tram e delle
ambulanze, medici e ingegneri (materie riservate agli uomini).
Ai civili lo stato chiede di servire la patria anche sottoscrivendo prestiti di guerra, cioè buoni del tesoro che avrebbero finanziato
la prosecuzione delle ostilità: dopo alcuni anni dall’inizio del conflitto, anche il razionamento dei beni primari e le requisizioni di
prodotti agricoli divennero una consuetudine. Tutte queste iniziative furono portate avanti attraverso propagande e metodi
polizieschi.

DIRITTO INTERNAZIONALE
Durante la Prima Guerra mondiale furono infrante alcune norme del diritto internazionale condivise, almeno in via ufficiale, da
tempo.
Fra queste norme c’era ad esempio il rispetto della distinzione tra paesi combattenti e paesi neutrali, per questo motivo
quando la Germania attacca il Belgio (che aveva espresso la sua neutralità) fu accolta con grande scandalo dall’opinione
pubblica e contribuì a etichettare la Germania come il principale responsabile della guerra.
Altre violazioni riguardano i prigionieri di guerra, cioè i combattenti catturati dal nemico durante le azioni militarie e che
secondo la Convenzione dell’Aja (1907), un documento firmato da 44 stati, dovevano essere trattati con umanità, spesso però
questa norma rimane solo sulla carta: ammassati nei campi di detenzione dietro barriere di filo spinato, in condizioni igieniche
precarie e con poco spazio a disposizione, i soldati prigionieri non ricevevano neanche il pasto che gli sarebbe spettato e che
secondo il diritto bellico doveva essere equivalente a quello ricevuto dall’esercito che gli aveva catturati.
Anche le distinzioni tra militari e civili fu totalmente ignorata, soprattutto la violenza contro le donne. Si verificarono perciò
numerosi casi di stupro, di impiccagione e di fucilazione dei civili interni.
I civili caddero vittima della guerra anche sui mari.
Il caso più celebre fu quello del transatlantico britannico Lusitania, che il 7 maggio 1915 venne colpito da un sommergibile
tedesco. A bordo della nave si trovavano sia armi sia passeggeri civili, e il suo affondamento provocò la morte di più di mille
persone.

L’ITALIA ENTRA IN GUERRA (1915)

DALL’INIZIALE NEUTRALITÀ AL DIBATTITO SULL’INTERVENTO


Allo scoppio della guerra, il governo italiano era guidato da Antonio Salandra. Egli, nonostante l’Italia fosse legata all’Austria
– Ungheria e alla Germania dalla Triplice Alleanza, aveva inizialmente mantenuto il paese neutrale.
La scelta fu resa possibile, in quanto la triplice alleanza era un accordo militare difensivo e gli austro-ungarici non erano stati
attaccati, inoltre Vienna aveva deciso di dichiarare guerra alla Serbia senza consultare gli Italiani. Per questi motivi, Salandra
poté sostenere che l’Italia non aveva alcun obbligo nei confronti dell’alleanza.
La presa di posizione di Salandra trovò l’appoggio della maggioranza degli italiani.
La situazione però, si complicò quando alcune forze politiche insieme a una parte consistente dell’opinione pubblica, iniziarono
a fare pressione affinché l’Italia intervenisse nel conflitto, anche se non a sostegno dell’Austria-Ungheria, bensì delle potenze
dell’Intesa.
Iniziò così un dibattito tra intervenisti, favorevoli alla guerra contro il nemico austriaco, e neutralisti, convinti dell’inopportunità
dell’intervento italiano.

DUE FRONTI ETEROGENI


Lo schiarimento interventista era molto eterogeneo dal punto di vista politico:
- nazionalisti
desideravano di vedere l’Italia affermarsi come grande potenza imperialistica, non condannavano l’imperialismo di Austria-
Ungheria e Germania, ma giudicavano gli interessi austro-ungarici in contrasto con quelli italiani.
- Forze pubbliche democratiche
Secondo loro una guerra contro l’Austria-Ungheria avrebbe consentito all’Italia di conquistare le terre irredenti (Trento e
Trieste) e una vittoria, avrebbe significato la caduta di due imperi autoritari come la Germania e l’austria-ungheria e di
conseguenza la liberazione dei popoli che si trovavano sotto il giogo della loro oppressione.
- Liberati di orientamento conservatore
Favorevoli erano: Salandra, il ministro degli esteri, Sidney Sonnino sostenuti da quasi tutti gli organi della stampa.

Lo schiarimento neutralista, anche esso si caratterizzò per una notevole eterogeneità:


- Liberali giolittiani
I quali ritenevano che l’Italia fosse del tutto impreparata a una guerra e pensavano che mantenere una posizione neutrale
avrebbe assicurato l’opportunità di ottenere almeno una parte delle terre irredenti.
- Mondo cattolico
Il cui orientamento pacifista diffuso tra i credenti, venne ribadito da papa Benedetto XV, in cui dichiarò nel 1917 che la guerra in
corso fosse “l’inutile strage”
- Socialisti italiani
Che, a differenza di come avvenne per gli altri stati europei, mantennero il loro impegno pacifista.
L’unica eccezione di rilievo fu quella del direttore del giornale socialista “AVANTI!”, Benito Mussolini, in quanto sempre
contrario alla guerra, nel mese di ottobre cambiò radicalmente e repentinamente linea politica in favore della guerra, tanto
che perse l’incarico di direttore del giornale e fu cacciato dal partito.
Mussolini fondò subito un nuovo giornale, “IL POPOLO D’ITALIA”, continuando la propaganda interventista.

L’ITALIA IN GUERRA
All’interno del parlamento, i neutralisti erano inizialmente in posizione maggioritaria, e se a decidere fosse stata la Camera,
l’Italia sarebbe rimasta fuori dal conflitto.
Anche dopo le dimissioni, Giolitti era padrone dell’assemblea e orientava con le sue scelte la maggioranza dei deputati.
Tuttavia, il fronte interventista dimostrò un’inaspettata capacità di mobilitazione delle masse, attraverso manifesti di piazza.
Anche la posizione di Giolitti a favore della neutralità andò a vantaggio degli interventisti, in quanto si trasfrmò in un conflitto
tra un’Italia vecchia e un’Italia nuova.
Sullo sfondo di questi contrasti, il governo si mosse, portando avanti trattative con le potenze dell’intesa e con gli imperi
centrali, per raggiungere in fine un patto segreto con Francia, Russia e Gran Bretagna. Firmato il 26 aprile 1915 e noto come
patto di Londra, l’accordo prevedeva l’intervento dell’Italia, che in caso di vittoria, avrebbe ottenuto il Trentino, l’Alto Adige,
Trieste, Dalmazia settentrionale e alcuni territori albanesi.
Il patto di Londra fu sottoscritto all’insaputa del Parlamento e dell’opinione pubblica, ma il governo doveva comunque ottenere
il consenso del Parlamento per entrare in guerra.
Perciò nel mese di maggio cercò di orientare il paese a favore della guerra, anche attraverso manifestazioni organizzate dagli
interventisti, come lo scrittore Gabriele d’Annunzio, che lo stesso poeta definì quelle giornate di maggio come “radiose
giornate di maggio”.
Determinate però fu, quando Salandra presentò le dimissioni per il mancato sostegno del Parlamento all’intervento militare , e
Vittore Emanuele III le respinse e approvò in questo modo la linea interventista del governo. Temendo di contraddire la
corona e di aprire una grave crisi politica, il Parlamento si piegò e il 20 maggio, con sola eccezione dei socialisti, approvò
l’entrata in guerra con 407 voti favorevoli e 74 contrari.
La dichiarazione di guerra avvenne la sera del 23 maggio e le operazioni militari ebbero inizio la mattina del 24 maggio 1915.
UN SANGUINOSO BIENNIO DI STALLO 1915-1916

IL FRONTE ITALO-AUSTRIACO
L’entrata in guerra dell’Italia, costrinse l’Austria Ungheria a spostare una parte delle proprie truppe dal fronte orientale a quello
meridionale.
L’Italia aveva un numeroso esercito, ma non sufficientemente equipaggiato: mancavano i canoni e le mitragliatrici in quanto
l’industria non era abbastanza sviluppata per produrre velocemente le quantità di armi necessarie.
Il comandante dell’esercito italiano Luigi Cadorna, fra il 1915 e il 1917 lanciò ben 11 offensive sul fiume Isonzo (intendo di
conquistare Trieste e poi Vienna), ma questa serie di attacchi non conseguì alcun successo, causando solo migliaia di morti e di
feriti. Solo le 4 offensive del 1915 costarono la vita a 26.000 soldati italiani.
Nel 1916 gli austriaci organizzarono la “Straf-expedition” (spedizione punitiva) contro l’ex alleato traditore, a cui tuttavia gli
italiani riuscirono a opporre resistenza sull’altopiano di Asiago.
La linea del fronte si attestò così sul Fiume Isonzo, sul carso e sulle creste delle dolomiti.

IL FRONTE OCCIDENTALE
Nel 1916 i tedeschi attaccano Verdun sul fronte occidentale. La battaglia si rilevò lunghissima (da febbraio a settembre), senza
il risultata che speravano i tedeschi, in quanto i francesi riuscirono a resistere e a neutralizzare l’offensiva.
I britannici organizzarono un nuovo attacco, lungo il fiume Somme, durata 4 mesi, senza alcun risultato decisivo per la guerra.
Le due battaglie ebbero un rilievo notevole per via delle forze impiegate e per l’altissimo numero di morti: la sola battaglia di
Verdun costò la vita di 600.000 vittime (tra morti, feriti e dispersi)

Battaglia di Verdun -> Francia/Germania, 600.000 vittime


Battaglia sul fiume Somme -> Gran Bretagna/Germania, 4 mesi

IL FRONTE ORIENTALE E L’ALLARGAMENTO DEL CONFLITTO


Fronte nord-orientale -> Battaglia di Gorlice-Tarnòw, Tedeschi-Austria Ungheria / Russia -> da quel momento contrisse la
Russia sulla difensiva
Fronte sud-orientale, la Russia guadagna terreno nel 1916, che consentì loro di avanzare fino ai moneti dei Carpazi, si trattò
però di un successo momentaneo.

Coinvolgimento di altri stati:


- 1915 Bulgaria -> Imperi Centrali
- 1916 Portogallo -> Forze dell’Intesa
- 1916 Romania -> Forze dell’Intesa (venne però sconfitta rapidamente dalla germania e austria-ungheria)
- Lisbona (a causa dei continui siluramenti di mercantili portoghesi da parte della marina tedesca, che stava minando il
commercio marittimo del paese)

LA GUERRA SUI MARI


Dall’inizio del conflitto, Gran Bretagna e Germania si erano misurate militarmente anche attraverso le loro flotte (sulle rotte
atlantiche).
Nonostante i grandi investimenti economici dei tedeschi, la Gran Bretagna riesce a riaffermare la propria supremazia sui mari,
imponendo alla Germania un blocco navale molto efficace, che impediva agli Imperi centrali di ricevere approvvigionamenti
dalle colonie e dai paesi neutrali.
Proprio nel tentativo di cambiare questo rapporto di forza, nel maggio del 1916 la flotta tedesca attaccò quella britannica nello
stretto di Skagerrak (al largo delle coste danesi), ma la Germania prese definitivamente atto dell’impossibilità di rompere il
blocco navale avversario e abbondò l’idea di uno scontro aperto.
Però, intensificò la guerra sottomarina, dal 1917 i sommergibili tedeschi presero ad affondare tutte le navi, senza distinzioni
tra navi da quella, mercantili o imbarcazioni per il trasporto di passeggeri.

LA SVOLTA NEL CONFLITTO E LA SCONFITTA DEGLI IMPERI CENTRALI (1917-1918)

IL LOGORAMENTO DEGLI ESERCITI


Dopo quasi tre anni dall’inizio del conflitto, era evidente che nessuno fosse preparato al nuovo tipo di guerra, combattuto
principalmente sulla difensiva: ai vertici sembrava impossibile che un attacco ben organizzato potesse fallire, perciò
continuavano a lanciare gigantesche offensive, impiegando migliaia di cannoni e pagando un altissimo costo umano . Le perdite
apparentemente non rappresentavano un problema, a patto che il nemico ne subisse di altrettanto consistenti: l’importante
era logorare l’avversario fino a farlo crollare.
La volontà però dei soldati, stanchi dagli anni di trincea, cominciava a vacillare.
Le condizioni in cui i soldati erano costretti a vivere e a morire provocarono ribellioni e ammutinamenti in molti eserciti.
La rivolta più clamorosa fu quella dei soldati russi, che nel 1917 chiesero e ottennero di porre fine al conflitto.
Ma anche nell’esercito francese interi reparti rifiutavano di partecipare agli attacchi. La paura che queste rivolte dessero via a
una rivoluzione spinse i comandi a soffocarle nel terrore, ordinando fucilazioni fra i soldati.
Nell’esercito italiano, Cadorna, riteneva i soldati colpevoli di “codardia” di fronte al nemico austriaco, e mise in atto una pratica
particolare detta “DECIMAZIONE”, ovvero l’esecuzione di un soldato estratto a sorte ogni dieci.

LA PROTESTA SUL FRONTE INTERNO


Anche sul fronte interno, la protesta contro la guerra divenne sempre più accesa. La notizia delle continue perdite, oltre il lutto
di milioni di famiglie, scuoteva il morale delle persone: le condizioni di vita degli operai e delle operaie, costretti a lavorare
nelle fabbriche con orari pesantissimi per produrre armi e manutenzioni, erano ormai insostenibili.
In paesi come la Russia, Germania, Austria-Ungheria (fronte orientale), che dopo l’inizio della guerra non potevano più
commerciare con il resto del mondo per via del loro isolamento geografico o dal blocco navale , iniziarono a scarseggiare le
risorse, comprese quelle alimentari, i prezzi salivano e il cibo era razionato (limitato)
Nel 1917, in tutta l’Europa si verificarono scioperi e manifestazioni, repressi duramente dalla polizia e dall’esercito, dato che i
governi giudicavano tali proteste come atto di tradimento nei confronti della nazione.

La rivolta più violenta, in Italia, scoppiò a Torino il 11 agosto 1917 e vede la partecipazione degli operai e di tante donne, che
saccheggiarono negozi e caserme in cerca di cibo e di armi.
Anche fra i partiti socialisti europei cresceva l’ostilità alla guerra: in particolare i socialisti rivoluzionari invitavano i soldati a
manifestare insieme agli operai per far cadere i governi borghesi al potere, responsabili della carneficina.

GLI STATI UNITI ENTRANO IN GUERRA


Il 1917 fu un anno di svolta anche perché il 6 aprile 1917, gli Stati Uniti entrarono in guerra contro la Germania.
Il presidente Woodrow Wilson e il Congresso decisero l’intervento a causa dei continui attacchi alle navi mercantili americane
che commerciavano con la Gran Bretagna da parte dei sommergibili tedeschi.
Queste aggressioni venivano considerate criminali, l’America traeva molti vantaggi economici dalla fornitura di armi e di altri
beni ai paesi dell’Intesa, e non poteva rischiare che questi traffici venissero interrotti.
Alle forze d’Intesa si unirono anche:
- Grecia (voleva strappare territori alla Bulgaria e all’Impero Ottomano)
- Brasile

LE CONSEGUENZE DALL’USCITA DELLA RUSSIA DALLA GUERRA


L’evento più significativo del 1917 fu però l’uscita della Russia dalla guerra a causa di due rivoluzioni:
- Nel mese di febbraio, che determinò la caduta dell’impero zarista e la sua trasformazione in una repubblica liberale
- Nel mese di ottobre, che portò al potere i bolscevichi di Lenin, il quale mantenne la promessa di smobilitare l’esercito
e giungere a una rapida pace

L’uscita di scena della Russia, diedero alla Germania e all’Austria-Ungheria la possibilità di impiegare le proprie forze su altri
fronti, come l’offensiva sul fronte italiano.
Il 24 ottobre 1917, la battaglia di Caporetto fu un disastro per gli italiani, circa 300.000 soldati caddero prigionieri, permettendo
al nemico di avanzare e occupare il Friuli e il Veneto.

Le svolte nel conflitto


6 aprile 1917 -> Gli Stati Uniti entrarono in guerra
Ottobre 1917 -> La Russia esce dal conflitto
24 ottobre 1917 -> Battaglia di Caporetto

IL PIAVE E VITTORIO VENETO


Nell’estate del 1918, l’impero austro-ungarico concentrarono tutte le loro forze sul fronte italiano per un attacco decisivo.
Speravano, vista la battaglia di Caporetto, che l’Italia non avrebbe resistivo e avrebbe chiesto l’Armistizio, come era già
accaduto con la Russia.
Dopo la disfatta, Cadorna viene sostituito da Armando Diaz, dai metodi più moderni e umani. Inoltre, grazie a uno sforzo
industriale, l’esercito italiano poteva ora contare su pezzi di artiglieria superiori a quelli nemici.
Perciò il nuovo attacco sul fiume Piave, fu stroncato, e addirittura gli italiani passarono al contrattacco.
L’offensiva scatta a novembre, e passò alla storia come Battaglia di Vittorio Veneto (nome di un paese austro-ungarico liberato
dagli italiani).
La resistenza austriaca fu breve, e inoltre i stati interni del impero austro-ungarico, avevano capito che una sconfitto avrebbe
portato loro l’indipendenza.
Gli italiani catturarono mezzo milione di prigionieri, preso Trento e Trieste, e continuarono l’avanzata prendendo anche
popolazioni di lingua non italiana.
Il 4 novembre 1918 il comando austriaco firmò l’armistizio.
LA SCONFITTA DELLA GERMANIA
I tedeschi, nella primavera del 1918 tentarono una serie di attacchi a ovest. Le offensive presero il nome dal loro ideatore, il
generale Erich Ludendorff, e inizialmente ebbero successo, ma venero alla fine contenuti dalla resistenza degli Alleati.
L’ultimo di questi attacchi, il 15 luglio e chiamato dai tedeschi “Friedensturm” assalto per la pace, nella speranza che la vittoria
avrebbe consentito di negoziare una pace onorevole, si risolse in un disastro.
Gli Alleati (rafforzati dall’esercito americano), passarono al contrattacco, sconfitta la Germania nella battaglia di Amiens 8-12
agosto, che si ritira dalla Francia, lasciando tanti prigionieri.
In Germania anche la popolazione civile era ormai ridotta alla fame, e dopo la disfatta Amiens, diede vita auna rivolta, a cui si
unirono tanti soldati.
Il 9 novembre 1918 l’imperatore Guglielmo II dovette fuggire in Olanda e il nuovo governo, dopo aver approvato la
costituzione di una repubblica, firmò l’armistizio il 11 novembre 1918.

Date armistizi
4 novembre 1918 Austria-Ungheria verso l’Italia
11 novembre 1918 Germania

I TRATTATI DI PACE 1918-1923


Trattato di Brest-Litovsk (Russia – Imperi centrali) 3 marzo 1918
Per i russi si trattò di una pace onerosa, che li vide perdere ampi territori, tra cui l’ucraina (tornerà poi sotto il controllo
dell’Unione bolscevica), la Polonia, Paesi baltici e la Finlandia.
Nel complesso le perdite territoriale russe sono di 800.000 km”2, a cui si aggiunge l’obbligo di pagare alla Germania e
all’Austria-Ungheria un’indennità di 6 miliardi di marchi.

La prima conseguenza della guerra fu infatti lo smantellamento di 4 granfi imperi:


- quello russo era già crollato nel 1917 (rivoluzione e guerra civile)
- impero austro – ungarico, che scompare per sempre
- Germania che dovette rinunciare a molti territori e fu trasformata in repubblica
- impero ottomano, si dissolse definitamente

I quattordici punti e la Società delle Nazioni


Un problema, a cui già nel gennaio del 1918 Wilson espose il suo punto di vista in un documento articolato in quattordici punti,
su come intervenire sul continente europeo per evitare nuovi conflitti.
I quattordici punti sono basati su due principi:
 la libertà di commercio tra le nazioni (eliminazione dei dazi e delle barriere doganali, per mantenere la pace anche sul
piano economico)
 diritto di autodeterminazione dei popoli (implicava la libertà di ogni nazionalità di scegliere come governarsi e che
delegittimava l’idea del dominio di alcuni popoli su altri).
Se applicato, quest’ultimo principio avrebbe dovuto garantire la tutela di tutte le minoranze etniche, religiose o linguistiche, ma
non fu quasi mai applicato questo principio.
Ad ogni modo, i “quattordici principi”, se realizzati fino in fondo, avrebbero modificato radicalmente la geografia politica
militare.
(eliminare tutte le guerre)
Per rendere possibile tutto ciò, è la costituzione di un’organizzazione internazionale, La Società delle Nazioni: questa avrebbe
dovuto riunire tutti i paesi del mondo e grazie a negoziati diplomatici trasparenti, avrebbe reso possibile frenare le controversie
degli stati senza ricorrere all’uso delle armi.
La Società delle Nazioni viene effettivamente realizzata nel 1919, ma non riuscì mai ad assolvere il compito per cui era stata
creata. Il primo motivo era perché era priva di un esercito militare, e quindi non era in grado di imporre la sua autorità se non
tramite punizioni economiche, dette sanzioni. Un altro motivo fu l’indecisione iniziale di escludere o meno la Russia e la
Germania e anche dal nuovo ordinamento politico americano: infatti gli stati uniti non solo non entrarono a far pace
dell’organizzazione, ma dopo la fine del mandato di Wilson nel 1921, il nuovo presidente Warren Harding, tornò una linea
politica isolazionista (senza alleanze).

La conferenza di Parigi
I rappresentanti dei paesi vincitori si riuniscono a Parigi il 18 gennaio 1919 per negoziare il nuovo assetto dell’Europa:
- Stati Uniti, presidente Wilson
- Francia, presidente Georges Clemenceau
- Gran Bretagna, presidente David Lloyd George
- Italia, presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, che ebbe un ruolo di secondo piano e non riuscì ad ottenere
le compensazioni territoriali richieste
Con i 14 punti, Wilson, avrebbe voluto un trattato di pace “senza vincitori”, non troppo oneroso per i paesi sconfitti, ma le
potenze vincitrici riuscirono a imporre una pace punitiva, nella volontà di far pagare alla Germania e ai suoi alleati il costo della
guerra.
Il trattato di Versailles (Germania – Paesi Alleati) 28 giugno 1919
Per la Germania il tratto comportò la perdita di territori come: la restituzione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena, concedere
alla Polonia un corridoio territoriale fino a Danzica, le colonie africane alla Francia e alla Gran Bretagna, mentre quelle asiatiche
vennero cedute al Giappone. Oltre a questo, ai tedeschi venne proibito di possedere una flotta o un’aviazione militare, si
concesse loro di mantenere un esercito ridotto al solo scopo di reprime un’eventuale rivoluzione, e infine fu obbligata a
pagare una somma come riparazione per i danni provocati durante la guerra e a riconoscere di essere stata responsabile dello
scoppio del conflitto.

Il trattato di Saint-German (Austria – Trianon – Ungheria / Paesi Alleati) 10 settembre 1919


Questo trattato regolò i rapporti dell’Austria con quelli della Ungheria. Ci furono la costituzione di due Stati indipendenti,
quello Austriaco e quello Ungherese, e la Cecoslovacchia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1929 Regno di Iugoslavia), con
all’interno popolazioni di nazionalità diverse.
Il trentino, l’alto Adige e triste vennero assegnati all’Italia.

Trattato di Neuilly (Bulgaria / Paesi Alleati) 28 novembre 1919


La Bulgaria dovette cedere alla Grecia la Tracia, alla Romania la Dobrugia e al Regno dei serbi, croati e sloveni una parte della
macedonia
L’Ungheria perse anche la Transilvania, che passò alla Romania.

Trattato di Sèvres (e l’accordo Sykes-Picot) Impero Ottomano 10 agosto 1920


Dove avviene lo smembramento dell’Impero Ottomano, ridotta in una sola penisola Anatolica.
In base a un accordo segreto stipulato durante la guerra tra diplomatici inglesi e francesi (accordo di Sykes – Picot 1916), il
Medio Oriente finì sotto il loro controllo.
Francia:
- Siria
- Libano
- Cipro
Gran Bretagna:
- Iraq
- Palestina
- Transgiordania
Il trattato prevedeva inoltre la nascita di un Nuovo stato autonomo armeno e la cessione alla Grecia della Tracia occidentale.
Ampie regioni (dell’attuale) Turchia sarebbero divenute zone d’influenza (supremazia) economica italiana e francese , e gli
estremi dei Dardanelli e del Bosforo sarebbero stati demilitarizzati. Queste e altre clausole, non solo estremamente punitive, ma
anche di carattere imperialista, portarono l’opposizione dei nazionalisti turchi, e diedero vita a un governo d’opposizione con
sede a Ankara (generale Mustafà Kemal). Esso riuscì nel 1922 a sconfiggere i greci.

Trattato di Losana e la nascita della Turchia 1923


I successi di Kemal gli permise di rivedere il trattato di Sèvres: nuovo accordo firmato a Losanna nel 1923, sancì:
 Riconoscimento della Turchia (nata dalle ceneri dell’impero ottomano)
 Gli viene confermata la sovranità sulla penisola anatolica
 Scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia, in osservazione del principio dello Stato etnico (es 300.000 musulmani
vanno dalla Grecia in Turchia)
 Kemal fu sopranominato “Ataturk”, cioè, padre dei turchi e avvio un processo che avrebbe portato la Turchia a
trasformarsi in uno stato laico sul modello di quelli europei
 Viene abolita la poligamia e vietato l’uso del velo islamico
 Viene introdotto l’istruzione elementare obbligatoria
 Furono adottati l’alfabeto laico (al posto di quello arabo)
 Il calendario gregoriano

IL PRINCIPIO DELL’UNIFORMITÀ ETNICO – RELIGIOSA E LE SUE CONSEGUENZE


Lo scambio di popolazioni fra turchi e greci, sdoganò l’idea dei quattordici principi di Wilson, ossia l’autodeterminazione dei
popoli.
In seguito alla Prima guerra mondiale, ci furono tanti spostamenti di popoli in tutta l’Europa, sia volontari che spostamenti
forzati, con deportazioni di massa di intere popolazioni.
Un evento molto importante fu quello della deportazione della popolazione cristiana degli armeni che in seguito assunse le
proporzioni di un vero e proprio genocidio (distruggere un gruppo nazionale, religioso ecc.)

IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI


La persecuzione della popolazione armena risaliva in realtà a prima della guerra, e più precisamente all’ascesa dei Giovani Turchi
alla guida del paese nel 1908.
Il movimento dei Giovani Turchi era nato con l’ambizione di superare le divisioni fra le diverse nazionalità.
La loro azione di governo fu però ispirata a un marcato nazionalismo (il turco fu definita la lingua ufficiale dell’impero e le
richieste della minoranza, come degli armeni, furono respinte).
Gli armeni avevano aspirato da tempo all’indipendenza e potevano contare sul sostegno di una grande potenza cristiana
come la Russia.
Allo scoppio della guerra, l’Impero ottomano, aveva paura che gli armeni tradissero l’impero per passare dalla parte del
nemico, e quindi il governo iniziò la “questione armena”. Inizialmente furono uccisi tutti i soldati armeni arruolati nell’esercito e
tutti gli intellettuali armeni. Successivamente una legge stabilità che tutte le comunità armene dovessero essere deportate in
Siria e Mesopotamia. Ci fu un’operazione di un vero e proprio sterminio, su un totale di circa 1.800.000 armeni ne morirono
almeno 1.200.000.

Nel 1973 l’ONU definì quello armeno come il primo genocidio del XX secolo, ma ancora oggi il governo turco rifiuta di
riconoscere questa definizione, mettendo persino in dubbio il fatto che sia avvenuto e punendo con la reclusione chiunque osi
parlare di genocidio.

DOPO LA GUERRA E OLTRE I TRATATTI

UN’ECONOMIA DA RICOSTRUIRE
Con la fine della guerra, i soldati vennero smobilitati e tornarono a casa con il problema di reinserirsi nella vita civile. Molti
erano feriti, mutuati, ciechi, e pertanto poterò solo contare su modeste pensioni di guerra, si trovavano nella difficoltà di non
sapere come sostenersi. Tuttavia, anche chi tornò incolume dovette fare fronte a una durissima crisi economica.

Durante gli anni di guerra, la produzione industriale era principalmente bellica. Pertanto, quando la domanda di beni bellici
cessò, non fu facile per le industrie convertire in tempi rapidi la propria produzione in altri beni necessari alla popolazione.
Si verificò perciò una generalizzata fase di recessione, che colpì anche i paesi vincitori come la Francia, Gran Bretagna e l’Italia, e
determinò l’aumento del tasso di disoccupazione,
Durante la guerra, inoltre gli stati aveva provveduto a calmierare (abbassare) i prezzi dei beni di prima necessità, ma con la pace
questi provvedimenti furono abbandonati, portando l’aumento dell’inflazione.
L’aumento dei prezzi colpì soprattutto i contadini e i ceti medi.
Chi coltivava la terra e non era partito per la guerra, veniva costretto a vendere i propri prodotti alle cifre imposte dallo stato, e
per questo molti contadini scelsero di abbandonare le campagne per cercare fortuna in città, confidando nei salari migliori
offerti dall’industria.
I ceti medi invece, a differenza degli operai che attraverso proteste e scioperi riuscirono a negoziare i loro stipendi, videro ridursi
il potere d’acquisto dei loro salari, inadeguati all’inflazione crescente.

LA SPAGNOLA
Il virus che colpì il mondo tra il 1918 e il 1920 viene notò come influenza spagnola, per via del fatto che in spagna (siccome
rimase neutrale nella Prima guerra mondiale) la stampa non era sottoposta alla censura, e diede ampio risalto all’epidemia.
Questo contribuì a diffondere la falsa notizia che il fenomeno epidemico avesse avuto origine in spagna.
L’influenza spagnola era un’epidemia influenzale di origine virale estremamente aggressiva: chi veniva colpito andava incontro
a bronchiti, broncopolmoniti e altre patologie respiratorie i cui esiti erano spesso gravi.
Il risultato fu che la “spagnola” raggiunse ogni angolo del mondo, portando alla morte 50 milioni di persone, e tenendo conto
che all’epoca la popolazione era solo di poco più di un miliardo di persone, e che i morti causati dalla grande guerra erano 13
milioni.

IL NUOVO RUOLO SOCIALE FEMMINILE


Fra le conseguenze sociali positive, ci furono l’emancipazione femminile.
- Ricoprirono ruoli che fino a quel momento appartenevo solo agli uomini
- Svolsero anche mansioni più specializzate, come l’assistenza medica ai feriti.
In tutti i paesi furono infatti istituite associazioni volontarie di soccorso formate principalmente da donne aristocratiche e
borghesi, che operavano insieme nella Croce Rossa
- Comparivano anche medici di sesso femminile
- Alcune donne iniziano a svolgere lo spionaggio
- Uscirono dalle mura domestiche e operare in una cerchia sociale più vasta
L’immagine tradizionale femminile entrò in crisi e non fu più possibile rappresentare le donne solo come madri ecc., e il ruolo
dominante dell’uomo inizia a scendere.
L’aver raggiunto una piena indipendenza economica e aver acquisito la consapevolezza delle proprie capacità , indusse
numerose donne a rifiutare di obbedire passivamente alle regole della società maschilista e a lottare per una maggiore
considerazione e autonomia.
Anche il movimento per il suffragio femminile ne uscì rafforzato, in alcuni paesi dopo il dopo guerra fu concesso il diritto di voto
alle donne.

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