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1918)
L’EUROPA ALLA VIGILIA DELLA GUERRA
LA GERMANIA E L’ANTAGONISMO CON FRANCIA E GRAN BRETAGNA
All’inizio del 900, le relazioni diplomatiche tra la Germania e Francia erano abbastanza tese.
La sconfitta nella guerra franco-prussiana (1870) aveva rappresentato per lo Stato francese un grave danno economico a causa
delle indennità di guerra e della perdita dell’Alsazia e della Lorena, ma anche un’umiliazione nazionale, e aveva favorito tra i
francesi un forte sentimento antitedesco e un desiderio di rivalsa (revanscismo).
Oltre alla rivalità tra Francia e Germania, si aggiunge quella tra Impero Tedesco e Gran Bretagna. Il Reich (impero germano)
rappresentava ormai una grande potenza industriale, inoltre l’imperatore Guglielmo II aveva scelto di abbandonare la politica
bismarckiana dell’equilibrio, ponendosi un nuovo obbiettivo, far primeggiare la Germania tra le potenze mondiali.
Con la Weltpolitik (Weltpolitik è un termine usato per descrivere le politiche militari adottate in Germania alla fine del XIX secolo in sostituzione della
precedente tendenza alla realpolitik dell'età bismarckiana) (politica mondiale), oltre a creare di un impero coloniale da cui trarre nuove
risorse per sostenere la crescita industriale, il Kaiser (imperatore germano) ambiva a contendere all’impero britannico la
supremazia sui mari.
Nell’ultimo decennio del 800 perciò la Germania aveva triplicato le spese militari e ingrandito considerevolmente la flotta.
Ciò aveva suscitato allarme nel governo britannico, deciso a conservare a ogni costo il proprio primato. Il risultato fu una corsa
agli armamenti che richiese agli entrambi paesi sforzi economici ingenti e che concretizzò nella costruzione di numerose navi
corazzate.
LA POLVERIERA BALCANICA
Una contesa fra gli stati era rappresentata dalla penisola balcanica, i cui confini erano stati ridisegnati in seguito alle guerre
balcaniche (1912-1913).
Nonostante la nascita di nuovi Stati indipendenti dall’impero ottomano, l’area era fortemente instabile perché si trovava al
centro degli interessi dell’Austria-Ungheria e Russia.
Austria-Ungheria, dopo la sconfitta contro la Germania di Bismarck nel 1866 e la perdita dei territori italiani, aveva scelto di
concentrare le proprie forze nell’aria balcanica.
La Russia invece, aveva sempre ambito a uno sbocco sul Mediterraneo, e per questo mirava a estendere la sua influenza sui
Balcani.
Anche l’Italia era parte in causa, in quanto guardava con interesse i territori del neonato stato albanese (1912). (nuovo motivo
di dissidio con il governo di Vienna)
Tutta l’area balcanica era caratterizzata da un forte pluralismo etnico, linguistico e religioso, un terreno di scontro ideale per i
nazionalismi, con una situazione particolare in Bosnia-Erzegovina, che nel 1908, dopo 30 anni di amministrazione austriaca, era
stata annessa unilateralmente all’Austria-Ungheria.
Una parte della popolazione Bosnia-Erzegovina era di sentimenti filo-serbi e di fede ortodossa e desiderava porre fine alla
dominazione asburgica per unirsi al Regno di Serbia, nella regione però cerano anche molti mussulmani, ancora legati
all’impero ottomano.
L’iniziativa dell’Austria aveva suscitato l’irritazione da parte delle altre potenze europee, tranne della Germania che sosteneva
la monarchia asburgica.
LA COMPETIZIONE COLONIALE
Gli scontri fra le potenze, non erano solo europeo, ma era anche sul fronte extraeuropeo della corsa alle colonie.
Nei primi anni del 900, gli Stati erano in competizione fra loro per il dominio dei territori asiatici e africani ed erano finti più di
una volta un passo dal conflitto, principalmente a causa dell’assenza di regole definite nella attribuzione delle rispettive zone di
influenza.
Rivalità tra: Francia/Gran Bretagna, Londra/Russia (interessati alle stesse regioni dell’asia, India – Persia – Afghanistan)
Inoltre, le due crisi marocchine (1905 e 1911) aveva irrigidito ulteriormente i rapporti già molto tesi tra Francia e Russia.
L’EUROPA IN GUERRA
L’ATTENTATO A SARAJEVO E L’ULTIMATO ALLA SERBIA
Nell’Estate nel 1914, lo squilibrio delle potenze europee portò rapidamente a una guerra dalle proporzioni e dalla durata che
nessuno sul momento poteva prevedere.
La scintilla scoppiò nel 28 giugno 1914 a Sarajevo (Bosnia), quando l’arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell’imperatore
d’Austria e successore al trono, durante una visita ufficiale, fu assassinato insieme alla mogliere da Gavrilo Princip, uno
studente di 19 anni serbo-bosniaco membro dall’associazione nazionalista Mlada Bosna “Giovane Bosnia”.
Da quando la Serbia aveva raggiunto l’indipendenza (1878), esercitava una politica autonoma, ed era per questo sospettata
dagli austriaci di appoggiare organizzazioni terroristiche come quella a cui apparteneva Gavrilo Princip , che ambiva a unire
tutti i popoli slavi del sud in un unico Stato.
Per questo motivo il governo asburgico, colse l’occasione per eliminare in un colpo solo il principale ostacolo alla sua espansione
nei Balcani, e inviò al governo serbo un ultimatum, con condizioni talmente dure, che, se i serbi la avessero accettata, di fatto
avrebbe rinunciato alla propria indipendenza.
Questo spiegò perché ci furono tanti volontari per il fronte, questi convincimenti inoltre indusse la maggior parte dei partiti
socialisti europei ad abbandonare le posizioni del pacifismo internazionalista ed ad appoggiare i rispettivi governi nella scelta
di entrare in guerra.
La Seconda Internazionale (organizzazione che riuniva i partiti socialisti e laburisti europei) si sarebbe sciolta proprio a causa
delle divisioni interne fra chi sosteneva le ragioni dei propri paesi e chi si opponeva alla guerra.
I pacifisti ribadirono le loro ragioni nei congressi di Zimmerwald (1915) e Kienthal (1916), dove cercarono inutilmente la
perduta unità di interni dei socialisti. (unità dei socialisti)
IL FRONTE OCCIDENTALE
Consapevole di non poter combattere contemporaneamente su due fronti, lo Stato maggiore tedesco aveva adottato un piano
per ottenere la rapida sconfitta dei francesi “Piano di Schlieffen”, che prevedeva di cogliere di sorpresa l’esercito francese con
una manovra di aggiramento delle linee attraverso il Belgio.
Ma le armate del Reich (impero tedesco) guidate dal generale Helmuth von Moltke furono fermate per due settimane
dall’esercito belga che, pur di arrestare l’attacco dei tedeschi, distrusse ogni tipo di struttura presente sul territorio.
Malgrado la forte resistenza dei Belgi, i tedeschi riuscirono ad avanzare, giungendo a pochi chilometri da Parigi e costringendo
le truppe francesi guidate da Joseph Joffre, a ripiegare.
La Francia poté evitare la capitolazione anche grazie al sostegno dei britannici, riuscendo ad avere la meglio nella Battaglia di
Marna e nella battaglia delle Fiandre.
Pertanto, i tedeschi dovettero indietreggiare fino alla linea tracciata dai fiumi Somme e Aisne.
Fallito così il piano di Schlieffen, quello tra Francia e Germania si trasformò da una guerra di movimento (avanzata di uno degli
eserciti) in una guerra di posizione (gli eserciti rimangono fermi).
Nel 1915 la guerra proseguì, senza che nessuno dei due avversarsi prevalesse sull’altro.
Sempre nei primi mesi del 1915 viene aperto un nuovo fronte in Medio Oriente (Gran Bretagna e Impero ottomano).
La Gran Bretagna decide di attaccare l’impero ottomano. Il conflitto si concentrò sulla penisola di Gallipoli, con anche truppe
indiane, australiane e neozelandesi, non ebbe successo, e le truppe ottomane (guidate da Mustafà Kemal), riuscirono a
fermare la marina britannica.
Anche su questo fronte, il conflitto si trasformò dunque in una guerra di trincea.
UN CONFLITTO NUOVO
La potenza di fuoco delle armi era tale, che l’unica possibilità per sopravvivere era trincerarsi in posizioni difensive scavate nel
terreno, mentre uscire alla scoperta, significava sfidare la morte.
Nasceva così una nuova forma di guerra: la guerra di trincea.
Vivere nelle trincee significava non solo combattere contro il nemico, ma anche con l’umidità, la sporcizia e le malattie.
I soldati passarono le giornate in compagnia di topo, pidocchi, rifiuti ed escrementi, e anche i cadaveri che erano lì vicino.
Queste precarie condizioni igienico – sanitarie facilitarono il diffondersi delle malattie e delle epidemie.
Su tutti i fronti, gli eserciti trascorsero anni nelle loro trincee, protette da reticolati di filo spinato, per poi essere falcidiati in
spaventose offensive, che nel migliore dei casi permetteva di conquistare pochi km di terreno ridotto a un deserto.
Per tutte queste ragioni l’esperienza della Prima guerra mondiale fu per i combattenti più spaventosa di tutte le guerre
precedenti.
DIRITTO INTERNAZIONALE
Durante la Prima Guerra mondiale furono infrante alcune norme del diritto internazionale condivise, almeno in via ufficiale, da
tempo.
Fra queste norme c’era ad esempio il rispetto della distinzione tra paesi combattenti e paesi neutrali, per questo motivo
quando la Germania attacca il Belgio (che aveva espresso la sua neutralità) fu accolta con grande scandalo dall’opinione
pubblica e contribuì a etichettare la Germania come il principale responsabile della guerra.
Altre violazioni riguardano i prigionieri di guerra, cioè i combattenti catturati dal nemico durante le azioni militarie e che
secondo la Convenzione dell’Aja (1907), un documento firmato da 44 stati, dovevano essere trattati con umanità, spesso però
questa norma rimane solo sulla carta: ammassati nei campi di detenzione dietro barriere di filo spinato, in condizioni igieniche
precarie e con poco spazio a disposizione, i soldati prigionieri non ricevevano neanche il pasto che gli sarebbe spettato e che
secondo il diritto bellico doveva essere equivalente a quello ricevuto dall’esercito che gli aveva catturati.
Anche le distinzioni tra militari e civili fu totalmente ignorata, soprattutto la violenza contro le donne. Si verificarono perciò
numerosi casi di stupro, di impiccagione e di fucilazione dei civili interni.
I civili caddero vittima della guerra anche sui mari.
Il caso più celebre fu quello del transatlantico britannico Lusitania, che il 7 maggio 1915 venne colpito da un sommergibile
tedesco. A bordo della nave si trovavano sia armi sia passeggeri civili, e il suo affondamento provocò la morte di più di mille
persone.
L’ITALIA IN GUERRA
All’interno del parlamento, i neutralisti erano inizialmente in posizione maggioritaria, e se a decidere fosse stata la Camera,
l’Italia sarebbe rimasta fuori dal conflitto.
Anche dopo le dimissioni, Giolitti era padrone dell’assemblea e orientava con le sue scelte la maggioranza dei deputati.
Tuttavia, il fronte interventista dimostrò un’inaspettata capacità di mobilitazione delle masse, attraverso manifesti di piazza.
Anche la posizione di Giolitti a favore della neutralità andò a vantaggio degli interventisti, in quanto si trasfrmò in un conflitto
tra un’Italia vecchia e un’Italia nuova.
Sullo sfondo di questi contrasti, il governo si mosse, portando avanti trattative con le potenze dell’intesa e con gli imperi
centrali, per raggiungere in fine un patto segreto con Francia, Russia e Gran Bretagna. Firmato il 26 aprile 1915 e noto come
patto di Londra, l’accordo prevedeva l’intervento dell’Italia, che in caso di vittoria, avrebbe ottenuto il Trentino, l’Alto Adige,
Trieste, Dalmazia settentrionale e alcuni territori albanesi.
Il patto di Londra fu sottoscritto all’insaputa del Parlamento e dell’opinione pubblica, ma il governo doveva comunque ottenere
il consenso del Parlamento per entrare in guerra.
Perciò nel mese di maggio cercò di orientare il paese a favore della guerra, anche attraverso manifestazioni organizzate dagli
interventisti, come lo scrittore Gabriele d’Annunzio, che lo stesso poeta definì quelle giornate di maggio come “radiose
giornate di maggio”.
Determinate però fu, quando Salandra presentò le dimissioni per il mancato sostegno del Parlamento all’intervento militare , e
Vittore Emanuele III le respinse e approvò in questo modo la linea interventista del governo. Temendo di contraddire la
corona e di aprire una grave crisi politica, il Parlamento si piegò e il 20 maggio, con sola eccezione dei socialisti, approvò
l’entrata in guerra con 407 voti favorevoli e 74 contrari.
La dichiarazione di guerra avvenne la sera del 23 maggio e le operazioni militari ebbero inizio la mattina del 24 maggio 1915.
UN SANGUINOSO BIENNIO DI STALLO 1915-1916
IL FRONTE ITALO-AUSTRIACO
L’entrata in guerra dell’Italia, costrinse l’Austria Ungheria a spostare una parte delle proprie truppe dal fronte orientale a quello
meridionale.
L’Italia aveva un numeroso esercito, ma non sufficientemente equipaggiato: mancavano i canoni e le mitragliatrici in quanto
l’industria non era abbastanza sviluppata per produrre velocemente le quantità di armi necessarie.
Il comandante dell’esercito italiano Luigi Cadorna, fra il 1915 e il 1917 lanciò ben 11 offensive sul fiume Isonzo (intendo di
conquistare Trieste e poi Vienna), ma questa serie di attacchi non conseguì alcun successo, causando solo migliaia di morti e di
feriti. Solo le 4 offensive del 1915 costarono la vita a 26.000 soldati italiani.
Nel 1916 gli austriaci organizzarono la “Straf-expedition” (spedizione punitiva) contro l’ex alleato traditore, a cui tuttavia gli
italiani riuscirono a opporre resistenza sull’altopiano di Asiago.
La linea del fronte si attestò così sul Fiume Isonzo, sul carso e sulle creste delle dolomiti.
IL FRONTE OCCIDENTALE
Nel 1916 i tedeschi attaccano Verdun sul fronte occidentale. La battaglia si rilevò lunghissima (da febbraio a settembre), senza
il risultata che speravano i tedeschi, in quanto i francesi riuscirono a resistere e a neutralizzare l’offensiva.
I britannici organizzarono un nuovo attacco, lungo il fiume Somme, durata 4 mesi, senza alcun risultato decisivo per la guerra.
Le due battaglie ebbero un rilievo notevole per via delle forze impiegate e per l’altissimo numero di morti: la sola battaglia di
Verdun costò la vita di 600.000 vittime (tra morti, feriti e dispersi)
La rivolta più violenta, in Italia, scoppiò a Torino il 11 agosto 1917 e vede la partecipazione degli operai e di tante donne, che
saccheggiarono negozi e caserme in cerca di cibo e di armi.
Anche fra i partiti socialisti europei cresceva l’ostilità alla guerra: in particolare i socialisti rivoluzionari invitavano i soldati a
manifestare insieme agli operai per far cadere i governi borghesi al potere, responsabili della carneficina.
L’uscita di scena della Russia, diedero alla Germania e all’Austria-Ungheria la possibilità di impiegare le proprie forze su altri
fronti, come l’offensiva sul fronte italiano.
Il 24 ottobre 1917, la battaglia di Caporetto fu un disastro per gli italiani, circa 300.000 soldati caddero prigionieri, permettendo
al nemico di avanzare e occupare il Friuli e il Veneto.
Date armistizi
4 novembre 1918 Austria-Ungheria verso l’Italia
11 novembre 1918 Germania
La conferenza di Parigi
I rappresentanti dei paesi vincitori si riuniscono a Parigi il 18 gennaio 1919 per negoziare il nuovo assetto dell’Europa:
- Stati Uniti, presidente Wilson
- Francia, presidente Georges Clemenceau
- Gran Bretagna, presidente David Lloyd George
- Italia, presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, che ebbe un ruolo di secondo piano e non riuscì ad ottenere
le compensazioni territoriali richieste
Con i 14 punti, Wilson, avrebbe voluto un trattato di pace “senza vincitori”, non troppo oneroso per i paesi sconfitti, ma le
potenze vincitrici riuscirono a imporre una pace punitiva, nella volontà di far pagare alla Germania e ai suoi alleati il costo della
guerra.
Il trattato di Versailles (Germania – Paesi Alleati) 28 giugno 1919
Per la Germania il tratto comportò la perdita di territori come: la restituzione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena, concedere
alla Polonia un corridoio territoriale fino a Danzica, le colonie africane alla Francia e alla Gran Bretagna, mentre quelle asiatiche
vennero cedute al Giappone. Oltre a questo, ai tedeschi venne proibito di possedere una flotta o un’aviazione militare, si
concesse loro di mantenere un esercito ridotto al solo scopo di reprime un’eventuale rivoluzione, e infine fu obbligata a
pagare una somma come riparazione per i danni provocati durante la guerra e a riconoscere di essere stata responsabile dello
scoppio del conflitto.
Nel 1973 l’ONU definì quello armeno come il primo genocidio del XX secolo, ma ancora oggi il governo turco rifiuta di
riconoscere questa definizione, mettendo persino in dubbio il fatto che sia avvenuto e punendo con la reclusione chiunque osi
parlare di genocidio.
UN’ECONOMIA DA RICOSTRUIRE
Con la fine della guerra, i soldati vennero smobilitati e tornarono a casa con il problema di reinserirsi nella vita civile. Molti
erano feriti, mutuati, ciechi, e pertanto poterò solo contare su modeste pensioni di guerra, si trovavano nella difficoltà di non
sapere come sostenersi. Tuttavia, anche chi tornò incolume dovette fare fronte a una durissima crisi economica.
Durante gli anni di guerra, la produzione industriale era principalmente bellica. Pertanto, quando la domanda di beni bellici
cessò, non fu facile per le industrie convertire in tempi rapidi la propria produzione in altri beni necessari alla popolazione.
Si verificò perciò una generalizzata fase di recessione, che colpì anche i paesi vincitori come la Francia, Gran Bretagna e l’Italia, e
determinò l’aumento del tasso di disoccupazione,
Durante la guerra, inoltre gli stati aveva provveduto a calmierare (abbassare) i prezzi dei beni di prima necessità, ma con la pace
questi provvedimenti furono abbandonati, portando l’aumento dell’inflazione.
L’aumento dei prezzi colpì soprattutto i contadini e i ceti medi.
Chi coltivava la terra e non era partito per la guerra, veniva costretto a vendere i propri prodotti alle cifre imposte dallo stato, e
per questo molti contadini scelsero di abbandonare le campagne per cercare fortuna in città, confidando nei salari migliori
offerti dall’industria.
I ceti medi invece, a differenza degli operai che attraverso proteste e scioperi riuscirono a negoziare i loro stipendi, videro ridursi
il potere d’acquisto dei loro salari, inadeguati all’inflazione crescente.
LA SPAGNOLA
Il virus che colpì il mondo tra il 1918 e il 1920 viene notò come influenza spagnola, per via del fatto che in spagna (siccome
rimase neutrale nella Prima guerra mondiale) la stampa non era sottoposta alla censura, e diede ampio risalto all’epidemia.
Questo contribuì a diffondere la falsa notizia che il fenomeno epidemico avesse avuto origine in spagna.
L’influenza spagnola era un’epidemia influenzale di origine virale estremamente aggressiva: chi veniva colpito andava incontro
a bronchiti, broncopolmoniti e altre patologie respiratorie i cui esiti erano spesso gravi.
Il risultato fu che la “spagnola” raggiunse ogni angolo del mondo, portando alla morte 50 milioni di persone, e tenendo conto
che all’epoca la popolazione era solo di poco più di un miliardo di persone, e che i morti causati dalla grande guerra erano 13
milioni.