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Prima guerra mondiale

28 Giugno 1914 = Francesco Ferdinando d’Asburgo fu ucciso insieme alla moglie a Sarajevo (capitale Bosnia).
L’attentatore = Gavrilo Princip (origine serba) che agiva nella “Mano nera” - società segreta che era finanziata dal
governo serbo e rivendicava l’indipendenza dei popoli slavi. Il Regno di Serbia era anche divenuto il principale punto di
riferimento del movimento irredentista.
Per l’impero Austro-ungarico l’assassinio era l’occasione adatta per eliminare la Serbia dallo scenario europeo; tanto che
fu mandato un ultimatum a Belgrado grazie al quale si condannava l’atto e si proclamava l’impegno nel procedere
severamente nei confronti dei responsabili. I serbi avrebbero inoltre dovuto accettare la presenza di funzionari
austro-ungarici nel loro territorio - questa era una richiesta inaccettabile che ovviamente venne respinta e il 28 luglio
1914 l’Impero austro-ungarico dichiarò guerra alla Serbia. Secondo un effetto domino anche tutte le altre potenze
europee si unirono poi nel conflitto.
(Non è un caso che sia iniziato tutto nei Balcani: scenario di conflitto tra Austria e Russia)
Iniziò tutto con la Russia che decise di mobilitare le sue truppe a favore della Serbia.
La Germania non ci mise molto a fare la sua mossa in quanto dichiarò guerra alla Russia e alla Francia.
Quando le truppe tedesche invasero il Lussemburgo e il Belgio si sollevò un moto di indignazione e la Gran Bretagna
dichiarò guerra alla germania. L’Austro-Ungheria si posizionò contro la Russia unendosi al Giappone.
L’idea di un conflitto venne profondamente accettata dai larghi strati della popolazione e in più aveva creato un’ ondata di
frenesia e esultanza che spinse migliaia di persone a riconoscersi in un sentimento patriottico indirizzato verso la difesa
degli interessi nazionali.

I movimenti socialisti che prima contrapponevano al pacifismo lo spirito nazionalista considerando la guerra come uno
strumento politico determinato dagli interessi della borghesia. Ma con lo scoppio della guerra cambiò tutto e si pose fine
anche al sodalizio tra borghesia e proletariato in quanto borghesia e proletariato di una nazione si ponevano contro
borghesia e proletariato di un’altra nazione, stringendosi insieme per far fronte alla guerra. In molti paesi nacquero questi
governi di “unità nazionale”.
Lo spirito di solidarietà e fratellanza portò molti giovani a rendersi VOLONTARI per andare al fronte, mossi dal desiderio
di rompere la routine quotidiana per creare una nuova società. Per quanto riguarda gli operai e i contadini, essi
vedevano infatti l’andare in guerra come un obbligo o una necessità.

La maggior parte delle potenze europee erano già pronte allo scontro che sarebbe avvenuto nel cuore dell’Europa, in
particolare la Germania. Tutte le potenze europee prevedevano che la guerra si sarebbe conclusa nel giro di qualche
settimana = “guerra di movimento”.
- La strategia tedesca prevedeva prendere di sorpresa la Francia partendo dal Belgio e Lussemburgo per poi
arrivare a Parigi, una volta concluso muoversi contro l’esercito russo.
- Il piano francese, invece, consisteva nel posizionare diverse truppe al confine con la Lorena e rafforzare
l’alleanza con la Russia.
- La Russia aveva pianificato di lanciare un'offensiva al confine con l’Austria-Ungheria, mentre il resto
dell’esercito si concentrava sulla Prussia.

L’armata tedesca trovò in Belgio un’inaspettata resistenza che rallentò di qualche settimana l’entrata a Parigi. Quando
riuscirono finalmente ad entrare in Francia, l’esercito era ormai indebolito e le potenze anglo-francesi riuscirono a
sconfiggere i tedeschi nella battaglia della Marna ponendo fine alle speranze tedesche di concludere in fretta la guerra.
Infatti la cosiddetta “guerra di movimento” si trasformò in una “guerra di posizione” dove assunsero particolare
importanza simbolica le trincee; lo spazio tra una trincea e un’altra fu denominato “terra di nessuno” ed era ricoperta da
cecchini che sparavano non appena un gruppo di soldati si muoveva o usciva dalla trincea per guadagnare dei metri di
terreno.
Sul fronte orientale i tedeschi riuscirono a fermare l’avanzata russa nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri.

L’ITALIA
Al tempo l’Italia era sotto il governo di Salandra (conservatore) che aveva scelto in un primo momento la neutralità.
All’origine di questa decisione vi erano la debolezza dell’apparato militare e le diffidenze riguardo all’alleanza
Italo-austriaca.
Si accese un grande dibattito tra interventisti e neutralisti (dunque chi esaltava l’idea di entrare in guerra a fianco
dell’Intesa e chi rimaneva neutrale a riguardo).

NEUTRALITÀ
Tra i sostenitori troviamo il Partito socialista: opposizione all’entrata in guerra (decisione che rifletteva il pensiero di
operai e contadini). All’interno del PSI si distinse Benito Mussolini che, se inizialmente si vedeva contrario alla guerra,
iniziò a schierarsi a favore provocando la propria espulsione dal Partito.
Anche lo schieramento cattolico si vedeva neutrale e così la maggioranza parlamentare (ancora giolittiana). Giolitti era
estremamente contro la guerra perché riteneva che l’Italia non avesse nessun obbligo ad entrare e avrebbe potuto
guadagnare maggiormente agendo per via diplomatica.

INTERVENTISMO
Innanzitutto troviamo i nazionalisti e la sinistra democratica perché la guerra avrebbe permesso di ricongiungere
Trieste e Trento alla madrepatria.
Anche il Re Vittorio Emanuele III e i liberali di destra (Salandra e Sonnino) erano a favore dell’entrata in guerra
rispettivamente per accrescere l’Italia come potenza internazionale e per effettuare una svolta conservatrice.
——
Tra la fine del 1914 e l’inizio del 1915 Roma cominciava a subire pressioni da entrambe gli schieramenti bellici e si iniziò a
vedere l’Italia come un ago della bilancia che avrebbe potuto modificare le sorti del conflitto.
Il 26 Aprile 1915 stipulò con le potenze dell’Intesa “Il Patto di Londra” con cui l’Italia si impegnava ad entrare in guerra a
fianco dell’Intesa e prevedeva che in caso di vittoria, l’Italia avrebbe ottenuto Trentino, l’Alto Adige e la Venezia Giulia, il
Dodecaneso, la Dalmazia e sarebbe stato riconosciuto il protettorato sull’Albania. Questo trattato fu stipulato
segretamente all'insaputa del Parlamento e dell’opinione pubblica. Era dunque divenuto essenziale per il Governo
indirizzare questi 2 verso l’entrata in guerra, Venne fatta dunque una grande propaganda mossa anche da diversi
intellettuali italiani (tra cui troviamo D’Annunzio).

In questo clima, una Camera disordinata e sottoposta a pressioni finì per votare il conferimento al governo di poteri
straordinari in caso di guerra. Il 23 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-ungarico.

L’italia non avrebbe comunque potuto resistere ancora per molto in un clima di neutralità in quanto le mancavano le
materie prime, ma anche il petrolio e il carbone e dipendeva, per esse, dai paesi che al momento erano in guerra. Dunque
la soluzione più vantaggiosa era proprio quella di schierarsi con la Francia e la Gran Bretagna che erano in grado di
rifornire l’Italia.

Il giorno dopo l’entrata in guerra, il 24 maggio l’esercito italiano varcò la frontiera dell’Isonzo. Nel corso dell’intero
conflitto vennero chiamati al fronte più di 5 milioni di italiani (molti contadini) e si parla di nazionalizzazione delle masse
per indicare come queste moltitudini di uomini si siano ritrovate in una stessa situazione e abbiano imparato a
conoscersi.

1915-1916
Le truppe italiane furono schierate su 2 fronti: in Trentino e Venezia-Giulia. Il comandante Cadorna puntava molto sul
secondo fronte e diede l'ordine di abbattere le forze nemiche poste sul fiume Isonzo attraverso attacchi frontali da cui ne
conseguì, oltre alle migliaia di morti, la conquista di Gorizia - agosto 1916.
Venne lanciata la cosiddetta “Strafexpedition” = spedizione punitiva in riferimento al tradimento da parte dell’Italia
prima nella Triplice Alleanza. Questa spedizione si concluse con lo sfondamento delle linee italiane, anche se l’armata
italiana riuscì poi a fermare l’avanzata austriaca.

Il governo di Salandra fu sostituito con il governo di “concentrazione nazionale” guidato da Boselli, il 27 agosto 1916
dichiarò guerra alla Germania, inserendosi completamente nel conflitto mondiale. Cadorna era convinto che solo con la
massima severità si potesse mantenere la displina nell’esercito, così obbligò i soldati a estreme misure di coercizione e
alla decimazione.

Fronte occidentale - I tentativi di mettere fine alla guerra risultarono vani. A fine febbraio 1916 le truppe tedesche
attaccarono la fortezza di Verdun, ma i francesi riuscirono a resistere.
Dall’altra parte gli anglo-francesi tentarono di sfondare il fronte tedesco attaccando il fiume Somme senza ottenere
risultato. I due scontri si svilupparono in carneficine.

Fronte orientale - Le vittorie austro-tedesche proseguirono anche sul fronte balcanico; in più dal novembre 1914
poterono contare anche sull’Impero ottomano.
Le forze anglo-francesi intrapresero una spedizione attraverso i Dardanelli, e le truppe inglesi, asutraliane e
neozelandesi entrarono a Gallipoli, ma l’operazione fallì miseramente e costrinse gli inglesi a ritirarsi.
Intanto il conflitto si era espanso anche alla Bulgaria (Imperi centrali) e il Portogallo e la Romania (Triplice Intesa).

L’intervento dell’Impero ottomano rese ancora più difficile la situazione della minoranza armena. Un’ondata di
nazionalismo pervase il paese e portò ad identificare il popolo armeno come un “nemico interno”. Così iniziò una
deportazione di massa e lo sterminio degli armeni. Nonostante il genocidio fu molto documentato, al termine della
guerra la questione armena fu messa nel dimenticatoio, venne ripresa solo recentemente.

Gli Inglesi si approfittarono della debolezza dell’esercito arabo e delle tendenze nazionaliste che stavano pervadendo il
paese. Il governo britannico decise di colpire l’Impero ottomano incitando gli arabi a una rivolta contro il medio oriente
promettendo loro, la costituzione di uno Stato arabo indipendente. La promessa, ovviamente, non fu poi mantenuta.

Quello che giocava a favore dell’Intesa fu la potenza navale inglese. Il riarmo navale tedesco non costituì un grande
problema nel corso della guerra. L’unica grande battaglia marina avvenne nella penisola dello Jutland il 31 Maggio 1916.
Entrambe le flotte persero molto, e seppur le perdite tedesche furono minori di quelle inglese, allo stesso tempo furono
tanto pesanti da far ritirare permanentemente il generale tedesco che si giurò di non sfidare più la marina inglese. La
flotta inglese assicrò quindi, un vantaggio cruciale all’Intesa e strinse in un blocco navale gli imperi centrali.
A questo blocco, la Germania rispose per via sottomarina con i sommergibili U-boot. Nel Maggio del 1916 attaccò la nave
“Lusitania” portando alla morte di molti civili, tra cui anche diversi americani. L’attacco portò Wilson (presidente degli
USA al tempo) a valutare l’entrata in guerra. La promessa, fatta dalla Germania, di porre fine agli attacchi marini, durò
poco perchè guerra sottomarina ricominciò e avvisò che sarebbero state affondate tutte le navi, di tutti i paesi (anche
neutrali). Questa fu una scelta disperata e non strategica, che portò successivamente gli Stati Uniti ad entrare
definitivamente in guerra.

Le nuove armi e le conseguenze della guerra sul piano sociale, politico ed economico
La prima guerra mondiale si differenzia dai conflitti precedenti per l’utilizzo di nuove armi o mezzi di spostamento. Uso
intenso della mitragliatrice automatica (utile nelle trincee); uso di armi chimiche (prima volta nella battaglia di Ypres),
per far fronte ai gas sottili si iniziò ad utilizzare le maschere antigas. Oltre ai sottomarini, un’innovazione fu portata dai
carri armati (però particolarmente lenti) e dagli aeroplani (non completamente sviluppati). I mezzi motorizzati (treni e
autocarri) resero più facili e veloci gli spostamenti dei soldati. Come mezzi di comunicazione troviamo il telefono e il
telegrafo, ma anche i piccioni viaggiatori.

Le nuovi armi caratterizzarono la prima guerra mondiale con estrema violenza, dentro e fuori i campi di battaglia. La
popolazione civile venne coinvolta pesantemente e subì diverse violenze, a partire dai neonati e bambini, ma anche lo
stupro delle donne fu un aspetto peculiare della guerra.
Di fronte al numero di morti e l’estrema violenza, diminuì il sentimento di entusiasmo. Alla propaganda, dunque, fu
affidato il compito di tenere alto il coinvolgimento emotivo della popolazione avvalendosi di tecniche pubblicitarie molto
efficaci (rappresentavano la guerra priva di atrocità e terrore che invece vivevano i soldati al fronte). Andarono vane,
invece, le manifestazioni pacifiste promosse da partiti socialisti.

In tutti i paesi in guerra, il governo si preoccupò di mobilitare ogni risorsa disponibile in funzione della guerra.
L’obiettivo era garantire l'approvvigionamento di materie prime per la produzione bellica e i viveri per l’esercito e la
popolazione.
Gli stabilimenti dei vari paesi vennero sottoposti a militarizzazione e i diversi governi diedero vita a speciali organismi
ministeriali che si occupavano della guerra:
In Germania - Ufficio di materie prime di guerra: funzionamento e potenziamento dell’industria pesante
In Gran Bretagna - nuovo Ministero per le munizioni e l’industria bellica
In Francia o USA - nascita di nuove industrie, finalizzate a costruzioni belliche
In Italia - Ministero delle armi e munizioni ; Comitato centrale di mobilitazione industriale - gestire imprese belliche

Il rifornimento e distribuzione di viveri vennero sottoposti a vigilanza statale e quando il sistema divenne sempre meno
efficace di creò un “mercato nero” dove avveniva la distribuzione clandestina dei beni sottratti al razionamento.
I settori che si svilupparono di più furono quelli dell’industria mineraria, metallurgica e siderurgica, ma anche chimica o
automobilistica. In Italia progredì molto l’industria chimica.
Nel settore industriale, per velocizzare l’attività produttiva, fu impiegato il lavoro di minori e donne. L’ingresso delle
donne per sostituire gli uomini al fronte fu un atto simbolico che portò sulla via dell’ emancipazione femminile
rafforzando la posizione delle donne.

La guerra sconvolse anche il sistema finanziario mondiale. I paesi bellici si trovarono in una situazione di finanziamento
in deficit di bilancio. Il finanziamento avveniva principalmente grazie ai prestiti che riuscirono a coprire la maggior parte
delle spese belliche; quando il sistema venne sospeso, le banche cominciarono ad emettere moneta creando una forte
inflazione.

Russia
All’inizio del 1917, la Russia stava vivendo una situazione catastrofica. La mancanza di cibo, assistenza medica e
munizioni aggravò l’esasperazione dei soldati aumentando la fila di coloro che non volevano partire per il fronte: si
scatenò un senso di ribellione. La situazione tesa portò, grazie alla manifestazione per il carovita (rialzo dei prezzi dei
prodotti di prima necessità) a Pietroburgo, a uno sciopero generale che degenerò in un sommovimento radicale contro la
guerra e l’autorità dello zar. Si creò un governo provvisorio di orientamento liberale, si crearono i primi soviet e lo zar
Nicola II abdicò e fu arrestato.

Il governo provvisorio segnalò che avrebbe continuato la guerra a fianco dell’Intesa, ma nella notte tra il 24 e 25 ottobre
1917 un gruppo di bolscevichi rivoluzionari assaltò il Palazzo d’Inverno rovesciando il governo.
Prese posto Lenin che con il suo governo rivoluzionario segnò un trattato per una pace sospesa con il quale uscì dalla
guerra: il trattato di Brest-Litovsk firmato il 3 marzo 1918. Con il trattato la Russia era costretta a dare l’indipendenza
all’Ucraina e a cedere parte del suo territorio importante per la quantità di persone e le risorse presenti.

Anche in altri paesi nacquero diversi moti di protesta e ribellione. In Italia, ad esempio, a Torino una manifestazione per
reclamare la distribuzione del pane divenne una sommossa.
Le autorità reagirono impotenti di fronte alla stanchezza, malcontento generale e sfiducia e lo stesso papa Benedetto
XV lanciò un appello in favore di pace chiedendo di fermare l’inutile strage che pervadeva l’Europa.

Disfatta di caporetto
Nella notte tra il 23 e 24 ottobre 1917 il fronte italiano nei pressi di Caporetto si trovò sorpreso, dall’armata
austriaco-tedesca che, essendo i divisi in piccoli gruppi lungo tutto il fronte colse gli italiani impreparati e per questi
ultimi fu una vera e propria disfatta. Furono arrestati più di 300.000 soldati e interi reggimenti si sfaldarono. Il risultato
di questa strage fu l’annessione del Friuli e metà del Veneto all’esercito austriaco.

Le conseguenze psicologiche furono quasi peggiori di quelle militari. Boselli diede le dimissioni e il governo passò in
mano ad Orlando, il capitano Cadorna venne sostituito da Diaz.
Al posto di “misure di coercizione” di Cadorna, Diaz preferì “misure di persuasione” con le quali puntava a rianimare il
morale dei soldati. Essi poterono finalmente riposare, godere di miglior vitto; venne potenziato anche il servizio di
propaganda interna con il quale troupe di giornalisti, pedagogisti e artisti spiegavano ai soldati le motivazioni
patriottiche della guerra. Inoltre Diaz abbandonò la politica offensiva di Cadorna.

Venne mobilitata l'industria e si accelerarono i ritmi della produzione. In questo clima l’esercito italiano riuscì a
riorganizzare la linea del fronte sul Piave e Monte Grappa per resistere, poi, alle truppe austriache-tedesche.
———
Gli Stati Uniti in qualche modo partecipavano già al conflitto inviando armi alla Francia e alla Gran Bretagna, si era
sempre ritenuta neutrale, anche se Wilson aveva una certa simpatia per le potenze dell’Intesa, in particolare la Gran
Bretagna con cui teneva dei rapporti commerciali e finanziari. Quando all’inizio del 1917 la Germania riprese la sua guerra
sottomarina affondando tre navi statunitensi, Wilson decise di entrare ufficialmente nel conflitto dichiarando guerra alla
Germania il 6 Aprile 1917. Dal punto di vista formale, gli Stati Uniti si definivano “associati” all’Intesa (non alleati).

L’epilogo della guerra


Il 1917 si chiuse con l’iniziativa degli Imperi centrali. Lo scontro tra le truppe austro-tedesche e quelle italiane ebbe un
esito sorprendentemente positivo per i tedeschi. Anche se per gli altri comandi tedeschi, se la situazione poteva
sembrare favorevole ora, a medio termine la situazione non sarebbe stata positiva.
La Russia era ormai fuori dal conflitto, ma la sua uscita sarà poi bilanciata dall’arrivo degli americani.

La Germania sferrò 5 grandi offensive sul fronte occidentale tra marzo e luglio 1918 contro l’Intesa, arrivando a
minacciare nuovamente Parigi. Le truppe alleate si fecero forza a vicenda e riuscirono a respingere tutti gli attacchi. Nella
battaglia di Amiens (agosto 1918) la Germania subì la sconfitta peggiore di tutto il conflitto.

In Italia, dopo la disfatta di Caporetto alla resistenza nazionale parteciparono anche coloro che dapprima non condivisero
la guerra. Sull'altopiano di Asiago, Monte Grappa e sul Piave venne organizzato l’esercito italiano dove i cosiddetti
“ragazzi del 99” aiutati dalle forze anglo-francesi riuscirono ad opporre molta resistenza.
Il 24 ottobre 1918 le truppe italiane sfondarono le linee del Piave. Qualche giorno dopo ottennero Vittorio Veneto,
Trieste. Il 3 novembre i rappresentanti firmò un armistizio che entrò in vigore il 4 novembre e il “proclama della vittoria”
si espanse.
Ormai gli Imperi centrali erano al collasso e l’11 novembre la Germania fu costretta a firmare la resa con l’armistizio di
Compiègne l’11 novembre 1918 ponendo fine al conflitto.

In seguito al conflitto i paesi si trovarono coinvolti in un lutto generale. Le vittime del massacro furono circa 9 milioni e
mezzo a cui si devono aggiungere anche i morti di fame e di malattie (da notare l’epidemia “spagnola” che scoppiò in
quegli anni e provocò milioni di morti). Si parla di generazione perduta segnata dalla quantità di persi in battaglia, ma
anche dallo stato d’animo dei reduci di guerra che facevano ormai fatica a integrarsi nella società civile.

DOPOGUERRA

I 14 punti di Wilson e la Società delle Nazioni


Le potenze vincitrici si trovarono a decidere nei riguardi di uno scenario europeo già profondamente segnato dalla
disgregazione delle grandi compagini sovranazionali. All’Europa postbellica stavano emergendo gli Stati Uniti, usciti
indenni dal conflitto, come grande potenza internazionale.
Quando gli Stati Uniti entrano in guerra il presidente americano Wilson aveva esposto un programma articolato in 14
punti in cui enunciava i motivi ideali per i quali l’America era intervenuta nel conflitto e i principi attorno a cui costruire
una pace giusta e duratura.
Wilson proponeva un sistema di relazione fondato sulla cooperazione internazionale, l’emancipazione delle nazionalità
oppresse e il riconoscimento dei diritti inviolabili. Auspicava a una diplomazia aperta in cui gli accordi non più segreti.
Il 14 punto prevedeva l’istituzione di una Società delle Nazioni con il compito di risolvere pacificamente le controversie
internazionali.

Il 28 aprile 1919 entrò in vigore lo statuto costitutivo della Società delle Nazioni. La Società delle Nazioni, con sede a
Ginevra, si componeva di un’assemblea (alla quale partecipavano tutti i paesi aderenti) e un Consiglio (9 membri).
Il compito = garantire l’indipendenza e la sovranità a tutti gli stati membri; in caso di contrasti internazionali si sarebbe
ricorso alla mediazione e all'arbitrato (risoluzione pacifica grazie a un mediatore o arbitro). Ogni decisione era assunta
all’unanimità. Erano esclusi la Germania, la Russia e gli stessi Stati Uniti. La decisione di non aderire rifletteva il nuovo
indirizzo politico improntato all’isolazionismo.

Il trattato di Parigi
La conferenza di pace di Parigi nella reggia di Versailles (18 Gennaio 1919) vide la partecipazione di 32 nazioni
escludendo i paesi vinti che avrebbero dovuto limitarsi a sottoscrivere quanto deciso. Nelle trattative assunsero un ruolo
importante i cosiddetti 3 grandi = gli Stati Uniti, Francia e la Gran Bretagna con i loro presidenti o ministri.
All’Italia venne assunta una posizione di secondo piano.
L’aspirazione di Wilson di tradurre in pratica i 14 punti si scontrò subito con l’opposizione di Francia e Gran Bretagna.

La Francia chiedeva l’annientamento della Germania come grande potenza. Il trattato di Versailles attribuì alla Germania
l’intera colpa delle perdite e danni causati dal conflitto, tanto che dovette pagare un’indennità esorbitante che aveva
l’obiettivo di mettere in ginocchio l’economia tedesca; la Germania poté solamente controfirmare queste condizioni,
senza discutere il 28 giugno 1919.
Le condizioni di questo trattato prevedevano la cessione di tutte le colonie tedesche e il ritorno dell’Alsazia e la Lorena
alla Francia; in più la Dalmazia venne ceduta alla Polonia dove si formò il cosiddetto « corridoio di Danzica » che
separava la Prussia orientale dal resto della Germania.
In più venne ridotta la flotta militare e venne abolita la leva militare obbligatoria, fu decisa anche la smilitarizzazione.

L’impero zarista aveva cessato di esistere, ma con il trattato di Parigi l’Ucraina tornò a far parte dell’Impero, mentre la
Polonia, Finlandia e province baltiche diventarono repubbliche indipendenti.

Oltre all’impero russo, anche quello austro-ungarico e ottomano avevano cessato di esistere. Sulle loro rovine il principio
di autodeterminazione dei popoli venne rispettato dando origine ad altri stati indipendenti.
I nuovi confini vennero definiti da 4 trattati diversi:
- Saint-Germain (austria) = Repubblica d’Austria venne ridotta rispetto all’Impero asburgico
- Neuilly e Trianon = bulgaria e Ungheria
- Sèvres = L’impero ottomano: regione arabe spartite tra Francia e Gran Bretagna; la Società delle Nazioni aveva
introdotto i « mandati » come forma di tutela temporanea affidata alle singole potenze con lo scopo di avviare
l’indipendenza ai territori ex ottomani.

All’Italia spettò meno di quanto previsto. Nella lista dei territori rivendicati vi erano la Dalmazia e Fiume, ma non le
spettó nulla. Ottenne solamente la città di Zara.

Conseguenze economiche della guerra


La prima guerra mondiale aveva modificato il contesto economico e sociale di tutti i paesi coinvolti. Mentre gli impianti
industriali furono portati al massimo sviluppo, la domanda continuava a decrescere portando a una breve ma dura crisi
economica.
Milioni di soldati, tornati dal fronte, chiedevano posti di lavoro, dando inizio a un aumento della disoccupazione che
divenne una caratteristica strutturale della società. Crebbe anche l’inflazione dovuta alla svalutazione della moneta.
Di fronte ai continui licenziamenti e l’aumento del costo della vita nacquero diverse rivendicazioni economiche e
politiche. I nuclei degli operai miravano all’auto gestione degli impianti e nelle fabbriche si assistette alla nascita di
nuovi organismi di rappresentanza concepiti come strumenti di democrazia operaia. La situazione sembrava una
premessa a moti rivoluzionari che avrebbero portato al potere la classe operaia.

I ceti medi furono la fascia maggiormente colpita dalle conseguenze della guerra. Infatti stava vivendo una situazione di
retrocessione economica e la crescente frustrazione che andava oltre la difficoltà materiale, ma determinava una
variabile politica decisiva. Mentre in Francia e Gran Bretagna i governi riuscirono a bloccare i fermenti della piccola
borghesia, in altri paesi come l’Italia o la Germania si creò una situazione favorevole all’avanzata di movimenti politici
che promettevano di bloccare l’ascesa operaia costruendo uno Stato forte, autoritario e indipendente.

In campo agricolo, le campagne furono sconvolte da scioperi e occupazioni delle terre e gli scambi commerciali furono
interrotti. Questo rese il processo per tornare alla situazione dell’anteguerra molto lento.
Dopo il conflitto, i paesi come gli Stati Uniti, Argentina e il Canada divennero grandi potenze agricole.
—————
Sul piano internazionale, la Grande guerra segnò la fine del primato economico dell’Europa occidentale, spostando
l’attenzione sugli Stati Uniti con una posizione preminente nel sistema mondiale, dovuto a un’organizzazione e
tecnologie innovative ed efficaci.
L’Europa si trovava in una situazione di debito generale, sia nei confronti degli Stati Uniti, ma anche per i contratti
stipulati con i propri cittadini riguardo al finanziamento in deficit di bilancio effettuato durante la guerra.
Sul bilancio pubblico pesava la spesa pubblica sempre più onerosa.

Durante la guerra le varie banche avevano iniziato ad emettere moneta creando una forte inflazione. Dopo la
conclusione del conflitto i paesi sconfitti e vincitori presero strade diverse:
- paesi sconfitti = svalutazione della moneta con l’intento di alleggerire il debito pubblico. In Germania la
situazione di inflazione si trasformò iperinflazione che rese praticamente nullo il valore del marco tedesco
- paesi vincitori = cercarono di stabilizzare i prezzi riagganciando la propria moneta all’oro. Il sistema del Gold
Standard venne trasformato in un Gold exchange standard rendendo la sterlina una valuta internazionale. Il
nuovo sistema poneva la Borsa di New York come centro finanziario del mondo.

Riguardo al protezionismo doganale, il punto di Wilson sul rimuovere le barriere doganali e ripristinare la libertà
commerciale non fu rispettato; ad esempio vediamo come gli Stati Uniti attuassero una politica isolazionista e un
regime protezionistico.
Vennero effettuate anche diverse limitazioni alla libertà di circolazione per le persone. Infatti se prima gli Stati Uniti
aprivano le porte agli immigrati, nel 1921 venne introdotto il sistema delle quote di immigrazione che restringeva il
numero di immigrati ammessi.

Situazione Francia e Gran Bretagna


La Grande guerra mise in luce le debolezze e contraddizioni delle democrazie europee. In particolare in Francia e Gran
Bretagna ci furono dei mutamenti dell’assetto democratico:
Francia
Dovette far fronte a una costosa ricostruzione per cui non aveva risorse sufficienti. Lo stato dell’economia era aggravato
dall’inflazione. L’affluenza di denaro dall’estero era dunque necessario. In questo contesto i governi erano accomunati
da un moderatismo.
Le figure principali furono: socialista-repubblicano Briand ; destra repubblicana Poincaré.
Il governo Poincaré fece temere una deriva autoritaria. Per neutralizzare la situazione i radicali della SFIO si unirono
nella “Cartello delle sinistre”. Riuscirono ad ottenere la maggioranza il nuovo governo fu presieduto da Herriot . Tuttavia
nel 1926 Poincaré ritornò al governo stabilizzando l’industria.

Gran Bretagna
Il partito laburista si rafforzò e nel 1924 per la prima volta il governo fu affidato ad un laburista Macdonald. Il suo
governo ebbe vita breve, poiché ripresero il sopravvento i conservatori.
In questi anni il sistema politico prese la fisionomia odierna secondo un indirizzo riformista del Labour mantenendo
lontana la classe operaia da rivoluzioni.
Venne riaperta anche la questione irlandese; dopo una guerriglia durata anni, l’Irlanda venne riconosciuta come Stato
indipendente nel 1921 nella forma di dominion (unite al Regno secondo una fedeltà alla Corona), inoltre venne suddivisa in
Irlanda del Sud e Irlanda del Nord.
Il primato inglese era messo in discussione dalle richieste di autonomia dei dominion e dall’affermarsi degli Stati Uniti
come potenza mondiale. Con la conferenza di Washington (1922) venne stabilita la parità navale inglese e americana.
Furono poste le basi per la British Commonwealth all’interno della quale la Gran Bretagna e i dominions erano
autonome e a pari status e gli scambi commerciali facilitati. La struttura di questo organismo fu definita “Statuto di
Westminster”.

Dopo la vittoria della guerra, le due maggiori potenze coloniali europee (Francia e Gran Bretagna) ampliarono i loro
domini; era però un’egemonia non priva di debolezze.
La fragilità del sistema era data:
- dalla debolezza economica che rendeva impossibile far fronte all’impegno militare
- dalle rivendicazioni al diritto d’indipendenza dalle popolazioni autoctone
In Asia e in Africa maturò una presa di coscienza collettiva con la riscoperta delle proprie radici culturali e diede impulso
al nazizonalismo.

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