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I GUERRA MONDIALE

CASUS BELLI - ATTENTATO DI SARAJEVO


Il pretesto per lo scoppio della guerra avvenne il 28 giugno 1914.
Francesco Ferdinando, erede al trono degli Asburgo, e la moglie Sophia erano in visita a Sarajevo,
perché era il loro anniversario e Sophia voleva passarlo lontano da Vienna.
Visto l’insistere di voci sul pericolo di attentati, fu consigliato a Francesco di cancellare la visita
ufficiale a Sarajevo: il 28/06 ha infatti un valore fondamentale per il nazionalismo serbo (il
28/06/1389 l’ultimo sovrano serbo cadde sotto l’avanzata ottomana, perdendo l’indipendenza) e
forse la sua visita alla capitale in quella data sarebbe potuta essere vista come una provocazione.
Francesco però decise di continuare.
Gavrilo Princip, studente di 19 anni malato di tubercolosi, era in contatto con alcune società segrete
( mano nera, mlada bosna) che volevano la morte dell’arciduca.
Il primo tentativo fallisce: riuscirono a lanciare una granata contro l’automobile, però la bomba
rimbalzò sulla capote abbassata ed esplose su quella dietro.
L’autista, costretto a proseguire per un percorso improvvisato sul momento, sbagliò strada e fu
costretto a rallentare per tornare indietro, all’altezza del Ponte Latino.
Princip si trovava proprio lì, si avvicinò all’auto imperiale e sparò due volte da una distanza
ravvicinata, uccidendo entrambi i reali. Princip fu arrestato subito e venne portato nella fortezza di
Terezin (Boemia).

L’Austria-Ungheria, il 23 luglio, inviò un durissimo ultimatum alla Serbia: questi dovevano portare
avanti le indagini riguardo all’attentato, che sarebbero state guidate dalla polizia austriaca.
Questo per la Serbia era un’ingiustificata ingerenza, perciò accettò l’ ultimatum solo in parte.
Il governo austriaco giudicò la risposta insufficiente e, il 28 luglio ‘14, dichiarò guerra alla Serbia.
Questo suscitò una reazione a catena:
- 29 luglio: Russia ordinò la mobilitazione delle forze armate per schierarle lungo il confine
occidentale, compreso quello con la Germania.
- 31 luglio/ 1 agosto : Germania dichiara guerra alla Russia e subito dopo alla Francia, anch’essa
in mobilitazione.
- 2 agosto l’Italia si dichiara neutra, sfruttando il fatto che quella del ’82 fosse un’alleanza
difensiva.
- 4 agosto la Germania invade il neutrale regno del Belgio (piano schlieffen): di conseguenza la
Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania.

PREVISIONI
Si prevedeva una guerra lampo, viste anche le guerre precedenti (napoleoniche, indipendenza, etc),
ma non fu così perché la 1 Guerra Mondiale fu:
- una guerra di massa: la guerra arriva fino alle case (comunicazioni, leva di massa)
- Una guerra industriale: le fabbriche seguono il ritmo/modello dell’esercito, l’operaio fa parte della
macchina bellica
- Una guerra di posizione, con limitati spostamenti di fronte, combattuta nelle trincee (non più
guerra di conquista).

1914- 1915
Guerra di posizione, guerra di logoramento, guerra di trincea: queste sono alcune definizioni usate
per descrivere le caratteristiche del conflitto che non aveva precedenti nelle guerre del passato, sia
per le dimensioni delle forze in campo sia per le potenzialità distruttive degli strumenti bellici. Tutti i
piani di guerra erano basati sulla previsione di un conflitto di pochi mesi o addirittura di poche
settimane.

I tedeschi puntarono su una strategia offensiva, già sperimentata con successo nella campagna del
1870 contro la Francia. Anche questa volta, ottennero una serie di successi attestandosi, ai primi di
settembre, lungo il corso della Marna, a poche decine di chilometri da Parigi. Nel frattempo, sul
fronte orientale, i russi erano sconfitti nelle grandi battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri. La
minaccia russa si rivelò tuttavia più seria del previsto e indusse i comandi tedeschi a distogliere una
parte delle loro forze dal fronte occidentale. Il 6 settembre, i francesi riuscirono a lanciare un
improvviso contrattacco e, dopo una settimana di furiosi combattimenti, i tedeschi furono costretti a
ritirarsi.
Con l'arresto dell'offensiva sul Marna, il piano tedesco era sostanzialmente fallito. Gli eserciti si
erano ormai attestati in trincee improvvisate su un fronte lungo 750 km, che andava dal Mare del
Nord al confine svizzero. Cominciava così, sul fronte occidentale, una guerra di tipo nuovo, che
vedeva due schieramenti praticamente immobili. In una guerra di questo genere, l'iniziale
superiorità militare degli Imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) passava in secondo piano.
Diventava invece essenziale il ruolo della Gran Bretagna, che poteva contare sulle risorse del suo
impero coloniale e sulla sua superiorità navale, e quello della Russia, grazie al enorme potenziale
umano.
- Nell’agosto 1914 il Giappone dichiarava guerra alla Germania per impadronirsi dei possedimenti
tedeschi nel Pacifico.
- Nel novembre dello stesso anno la Turchia interveniva a favore degli Imperi centrali.
- Nel maggio 1915 l'Italia entrava in guerra contro l’Austria-Ungheria.
A fianco della Germania e dell'Austria sarebbe poi intervenuta la Bulgaria, mentre nel campo
opposto si sarebbero schierati il Portogallo, la Romania e la Grecia. Risulterà poi decisivo l’intervento
degli Stati Uniti (aprile 1917), che si schierò con la triplice intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia),
portandosi dietro anche Cina, Brasile e altre repubbliche latino-americane.
= la guerra coinvolge per la prima volta tutti e cinque i continenti.

ITALIA
Alla vigilia dell’attacco di Sarajevo, l’Italia non era pronta alla guerra perché stava attraversando dei
dissidi, la cosiddetta ‘settimana rossa’ (scioperi, manifestazioni,ecc)

Le elezioni del 1913 deludono Giolitti, che decide di ritirarsi e il governo passa a un liberale di
destra, Antonio Salandra, che insieme a Sidney Sonnino affronta la questione della guerra.
Nell’agosto 1914, il governo, presieduto da Antonio Salandra, aveva dichiarato la neutralità
dell’Italia, giustificandosi considerando il carattere difensivo della Triplice alleanza (stipulata nel
1882 da Germania, Austria e Italia).
Poi una volta scartata l’ipotesi di entrare in guerra con l’Austro-Ungheria, cominciò a farsi strada
l’ipotesi di una guerra contro l’Austria.
L’Italia entra in guerra nel maggio del 1915, schierandosi con l’intesa e contro l’impero austro-
ungarico.
Ma cosa succede tra l’agosto 1914 e il maggio 1915? C’è un dibattito tra neutralisti e interventisti.

NEUTRALISTI: Giolittiani, Cattolici, Socialisti (+ De Gasperi e Croce)


INTERVENTISTI: Irredentisti, Liberali di destra, Nazionalisti, Sindacalisti/ Socialisti rivoluzionari,
Futuristi, Industriali, Intellettuali + Mussolini

I primi interventisti furono gli irredentisti (Cesare Battisti, Bonomi, Leonida Bissolati): sono eredi di
Mazzini e Garibaldi, vedono nell’Austria il nemico e vogliono Trento e Trieste (guerra:ideali della
Francia Rivoluzionaria)
- Irredentisti democratici: vedono la guerra come una 4° guerra d’Indipendenza per l’unità
nazionale. Cesare Battisti inizialmente cercò di mediare tra Vienna e Italia (voleva far avere le
città all’Italia in modo pacifico), ma vedendo che non riusciva decise di utilizzare le armi. Venne
poi catturato dagli Austriaci e ucciso (venne anche fotografato durante l’esecuzione: ciò fa capire
la crescente brutalità della guerra).
Pian piano anche gli intellettuali iniziano a farsi sentire, c’è l’idea della morte bella.
Il ‘Corriere della Sera’ traghetta l’opinione dei borghesi verso la guerra (universitari/giovani:
emulare i modelli antichi + idea del “ITALIA COSI’ COM’E’ NON CI PIACE”, Amendola).
- Liberali di destra (Salandra e Sonnino): guerra offriva l’occasione adatta per bloccare il centro-
sinistra. Ritengono che in tempo di guerra non c’è tempo per il dibattito parlamentare.
- Sindacalisti e socialisti rivoluzionari (Sorel e Mussolini): Sorel ritiene che la violenza sia il mezzo
necessario per il cambiamento (vitalismo: vita come slancio vitale: elan vital). Benito Mussolini,
direttore del “Avanti” (giornale dei socialisti), passa dal socialismo pacifista a interventista,
fondando poi un nuovo quotidiano “Il popolo d’ Italia”.
Per quanto riguarda i neutralisti:
- Giolitti e Giolittiani: Secondo Giolitti entrare in guerra era un errore perché l’Italia non era pronta
né dal punto di vista economico né militare e inoltre perché, in ogni caso, alla fine del conflitto
l’Austria si sarebbe dissolta e Trento e Trieste sarebbero diventate italiane
- Socialisti massimalisti: estero + messaggio di Marx + 20 maggio: Turati (discorso)
In realtà fin dall’autunno ’14, Salandra e Sonnino allacciarono contatti segreti con Francia, Gran
Bretagna e Russia, per definire le condizioni in caso di un intervento italiano. Nonostante ciò,
continuarono anche a trattare con gli imperi centrali per avere qualche compenso territoriale in
cambio della neutralità. Infine decisero di accettare le proposte dell’Intesa, firmano, il 26 aprile
1915, il patto di Londra ( Italia avrebbe ottenuto il Trentino, il Sud Tirolo, la Venezia Giulia, l’Istria
eccetto Fiume e una parte della Dalmazia).
(Nel paese, dal punto di visto numerico, la maggioranza neutralista era schiacciante, ma la volontà
del re, del governo e della grande industria prevaricarono quella del popolo).

1915-1916
Non fu però l’intervento italiano a decidere le sorti del conflitto. Le forze austriache si schierarono
lungo le posizioni difensive + favorevoli, lungo il corso dell’Isonzo e sulle alture del Carso. Contro
queste linee, le truppe italiane comandate da Luigi Cadorna sferrarono, nel corso del ’15, 4 offensive
(battaglie dell’Isonzo), senza successo. Nel giugno ’16 gli austriaci lanciarono un’improvvisa
spedizione punitiva (strafexpedition) contro l’Italia (ritenuta colpevole di tradimento), tentando di
penetrare dal Trentino nella pianura veneta per spezzare lo schieramento nemico. L’offensiva fu
faticosamente arrestata, ma il governo Salandra fu costretto alle dimissioni e fu sostituito da un
governo di coalizione nazionale presieduto da Paolo Bosselli (conservatore). Nel corso dello stesso
anno furono combattute altre battaglie sull’Isonzo, senza risultati decisivi.

All’inizio del 1916 i tedeschi sferrarono un attacco contro la piazzaforte francese di Verdum, per
logorare le forze nemiche. La battaglia durò 4 mesi e risultò molto costosa per entrambi i fronti
( 600 mila perdite: carneficina + tremenda cui l’umanità avesse mai assistito in uno spazio
geografico così ristretto). La situazione peggiorò quando gli inglesi tentarono una controffensiva sul
fiume Somme ( quasi 1 mln di perdite).

Nell’estate ’15 una grande offensiva tedesca costrinse i russi ad abbandonare buona parte della
Polonia. In autunno gli Austriaci attaccarono la Serbia, che fu invasa e eliminata dal conflitto.
Nel frattempo fallisce il tentativo degli anglo-francesi di portare la guerra sul territorio turco (alleato
degli imperi centrali): fra primavera e estate del ’15 una spedizione navale britannica attaccò lo
stretto di Dardanelli e riuscì a far sbarcare un contingente sulle coste turche, fu però un fallimento
(contrastata con efficacia).
Nonostante tutto, gli imperi centrali subivano ancora il blocco navale attuato dagli inglesi nel Mare
del Nord (invano, nel maggio ’16 la flotta tedesca aveva attaccato quella tedesca in prossimità della
penisola dello Jutland).

1917
Nei primi mesi del ’17 ci furono due novità che cambiarono il corso della guerra:
- marzo: sciopero generale degli operai di Pietrogrado, una manifestazione politica contro il regime
zarista. Lo zar abdicò il 15 marzo e pochi giorni dopo venne arrestato (intera famiglia reale)
- 6 aprile ‘17: USA dichiarano guerra alla Germania, che aveva ripreso la guerra sottomarina
indiscriminata (sospesa a casa delle proteste americane). L’intervento degli USA è decisivo sia sul
piano militare che in quello economico.
In questo anno era delicata anche la posizione dell’Impero austro-ungarico, dove le nazioni oppresse
iniziavano ad avere aspirazioni indipendentiste (polacchi, cechi, slavi del sud): Carlo I, consapevole
del pericolo di disgregazione dell’impero, avviò tra il febbraio e aprile del ’17 dei negoziati segreti in
vista di una pace separata, però furono respinte dall’intesa.
In agosto papa Bonifacio XV invitò i governi a porre fine a questa inutile strage e a prendere in
considerazione l’ipotesi di una pace senza annessioni, ma non fu ascoltato.

Anche per l’Italia il 1917 fu l’anno più difficile della guerra. Fra maggio e settembre Cadorna ordinò
una nuova serie di offensive sull’Isonzo, con risultati modesti e costi umani ancora più pesanti. Gli
austro-tedeschi decisero di profittare della disponibilità di truppe provenienti dal fronte russo per
infliggere un colpo decisivo all’Italia.
Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca rinforzata da 7 divisioni tedesche attaccò le linee italiane
sull’alto Isonzo e le sfondò nei pressi di Caporetto. La manovra fu così efficace e inattesa che le
truppe italiane dovettero abbandonare immediatamente le posizioni che tenevano sin dall’inizio della
guerra. Dopo 2 settimane l’esercito, orami quasi dimezzato, si attesta sulla nuova linea difensiva del
Piave.
Cadorna diede la colpa della disfatta ai soldatini accusandoli di essersi arresi senza combattere, ma
in realtà la rottura del fronte era stata determinata dagli errori dei comandi. Cadorna fu sostituito da
Armando Diaz, che si mostrò più attento alle condizioni materiali e morali dei soldati, garantendo
loro vitto + abbondante e licenze + frequenti.
Questa disfatta però ebbe ripercussioni positive sul corso della guerra italiana: la ritirata sul Piave
consentì un notevole accorciamento del fronte e la guerra divenne difensiva, contro un nemico che
occupava una parte di territorio nazionale (diventano più comprensibili gli scopi del conflitto)=
patriottismo.
Fu costituito un nuovo governo di coalizione nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando e le
forze politiche erano più concordi.
Inoltre, dal 1918, fu svolta un’opera sistematica di propaganda (+ collaborazione di intellettuali di
prestigio).

1918
Gli Stati dell’Intesa accentuarono, nella fase finale della guerra, il carattere ideologico dello scontro,
presentandolo come una crociata della democrazia contro l’autoritarismo.
Questa concezione della guerra era sostenuta dal presidente americano Woodrow Wilson, che nel
gennaio 1918 precisò le linee ispiratrici della sua politica in un programma di pace in 14 punti.
Oltre a formulare una serie di proposte concrete riguardo al nuovo assetto politico nel rispetto dei
principi di nazionalità e autodeterminazione, proponeva l’abolizione della diplomazia segreta, il
ripristino della libertà di navigazione, la soppressione delle barriere doganali e la riduzione degli
armamenti.
Nell’ultimo punto invece propone l’istituzione di un nuovo organismo internazionale, la Società delle
Nazioni, per assicurare il rispetto delle norme di convivenza tra i popoli.

Nel 1918, i 2 schieramenti erano ancora in una situazione di sostanziale equilibrio. A giugno
l’esercito tedesco era ancora sul Marna (fronte francese) e Parigi era sotto il tiro dei cannoni a lunga
gittata. Nello stesso mese gli austriaci tentarono di sferrare il colpo decisivo sul fronte italiano
attaccando sul Piave e nella zona del Monte Grappa, ma furono respinti dopo una settimana. A fine
luglio le forze dell’intesa, ormai superiori di uomini e di mezzi grazie agli USA, passarono al
contrattacco. Fra l’8 e l’11 agosto 1918, nella grande battaglia di Amiens, i tedeschi subirono la
prima grande sconfitta sul fronte occidentale.
Alla fine di ottobre ci fu la disgregazione dell’impero austro-ungarico. Ceccoslovacchi e slavi del Sud
proclamarono l’indipendenza, mentre i soldati abbandonavano sempre più il fronte. Quando il 24
ottobre gli italiani lanciarono un offensiva sul Piave, l’impero era in crisi. Dopo la vittoria italiana
nella battaglia di Vittorio Veneto, il 3 novembre ,gli austriaci firmarono a Villa Giusti (Padova)
l’armistizio con l’Italia (entra in vigore il gg dopo).

Nel frattempo la situazione precipitava anche in Germania.


A ottobre si era formato un nuovo governo di coalizione democratica (socialdemocratici e centro
cattolico). Poi a novembre i marinai di Kiel, dov’era concentrato il grosso della flotta tedesca, si
ammutinarono e diedero vita (insieme a operai) a consigli rivoluzionari (partecipano anche i
socialdemocratici). Il 9 novembre, Guglielmo II fu costretto a fuggire in Olanda e Friedrich Ebert,
un socialdemocratico, fu proclamato capo del governo = viene proclamata la Repubblica.
L’11 novembre i delegati del governo provvisorio tedesco firmano l’armistizio a Rethondes, in
Francia.
La guerra si conclude così con un tragico bilancio di perdite umane (8 mln e mezzo di morti e + di
20 min di feriti) e con un drastico ridimensionamento del peso politico del vecchio continente sulla
scena internazionale.
Il 18 gennaio 1919, nella reggia di Versailles, presso Parigi, si aprirono i lavori della conferenza
della pace. Vi parteciparono i rappresentanti di 32 paesi dei 5 continenti, mentre rimasero esclusi i
paesi sconfitti, chiamati solo a ratificare le decisioni che li riguardavano. Tutte le materie più
importanti vennero in realtà riservate ai "quattro grandi", ovvero ai capi di governo delle principali
potenze vincitrici: l'americano Wilson, il francese Clemenceau, l'inglese Lloyd George e l'italiano
Orlando, (quest’ultimo però spesso tagliato fuori nei momenti decisivi). I leader delle potenze
vincitrici avevano il compito di ridisegnare la carta politica del vecchio continente, sconvolta dal
crollo contemporaneo di quattro imperi (russo, austroungarico, tedesco e turco). Il nuovo equilibrio
non poteva non tener conto dei princìpi di democrazia e di giustizia internazionale enunciati nei
«quattordici punti» di Wilson. In pratica, però, la realizzazione di quel programma si rivelò
problematica: i princìpi wilsoniani non sempre erano compatibili con l'esigenza di punire in qualche
modo gli sconfitti e di premiare i vincitori, o quanto meno di garantirli, anche sul piano territoriale.
Il contrasto risultò evidente soprattutto quando furono discusse le condizioni da imporre alla
Germania.
Il trattato, che venne firmato a Versailles il 28 giugno 1919, fu in realtà un'imposizione (Diktat),
ovvero un "dettato", come allora fu definito - subìta sotto la minaccia dell'occupazione militare e del
blocco economico.
Dal punto di vista territoriale era previsto, oltre alla restituzione alla Francia dell'Alsazia-Lorena,
annessa nel 1871, il passaggio alla ricostituita Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in parte
da tedeschi: l'Alta Slesia, la Posnania, più una striscia della Pomerania, che interrompeva la
continuità territoriale fra Prussia occidentale e Prussia orientale, per consentire alla Polonia di
affacciarsi sul Baltico e accedere al porto di Danzica, che viene trasformata in «città libera». La
Germania venne privata anche delle sue colonie in Africa e in Oceania, spartite tra Francia, Gran
Bretagna e Giappone.

Ma la parte più pesante del Diktat era costituita dalle clausole economiche e militari. La Germania
dovette impegnarsi a rifondere ai vincitori, a titolo di riparazione, i danni subìti in conseguenza del
conflitto. Fu inoltre costretta ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da guerra, a
ridurre la consistenza del proprio esercito entro il limite di 100 mila uomini e a lasciare
«smilitarizzata» (priva cioè di reparti armati e di fortificazioni) l'intera valle del Reno, che sarebbe
stata presidiata per quindici anni da truppe inglesi, francesi e belghe. Erano condizioni umilianti, tali
da ferire profondamente l'orgoglio nazionale tedesco.

Un problema completamente diverso era costituito dal riconoscimento delle nuove realtà nazionali
emerse dalla dissoluzione dell'Impero asburgico. La nuova Repubblica di Austria si trovò ridotta
entro un territorio di appena 85 mila km² (più o meno quello che occupa attualmente). Un
trattamento severo toccò anche all'Ungheria che, costituitasi in repubblica nel novembre '18, perse
non solo le regioni slave (Slovacchia, Croazia) fin allora dipendenti da Budapest, ma anche alcuni
territori abitati in prevalenza da popolazioni magiare.
A trarre vantaggio dal crollo dell'Impero asburgico, oltre all'Italia, furono soprattutto i popoli slavi. I
polacchi della Galizia si unirono alla nuova Polonia, formata da territori già appartenenti agli imperi
russo e tedesco. I cechi e gli slovacchi confluirono nella Repubblica di Cecoslovacchia, uno Stato
federale che comprendeva anche una minoranza di tre milioni di tedeschi (i sudeti). Gli slavi del Sud
(Croazia, Slovenia, Bosnia) şi unirono alla Serbia e al Montenegro diedero vita alla Jugoslavia.
Il nuovo assetto balcanico era completato dall'ingrandimento della Romania, dal ridimensionamento
della Bulgaria e dalla quasi completa estromissione dall'Europa dell'Impero ottomano che, privato
dei suoi territori arabi, si trasformava di fatto in uno Stato nazionale turco, conservando la sola
penisola dell’Anatolia.
Inoltre gli Stati non riconobbero la Repubblica Socialista in Russia, ma turno riconosciute e protette
le nuove repubbliche indipendenti che si erano formate (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania).

Ad assicurare il rispetto dei trattati avrebbe provvedere la Società delle Nazioni (gli Usa si
rifiutarono)
Stati Uniti: isolazionismo

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