Nel 1914 ebbero luogo la battaglia di Coronel (Cile), nella quale venne inflitta
ai Britannici una dura sconfitta, e quella delle Falkland, in cui furono
annientate le unità tedesche.
Nella guerra sul mare i Tedeschi si avvalsero di una nuova arma, quella del
sottomarino (Unterseeboote, da cui U-Boot), che fece la prima comparsa il 22
settembre 1914, all’altezza di Hook of Holland, dove tre incrociatori corazzati
britannici furono affondati in pochi minuti. La guerra sottomarina si rivelò più
fruttuosa di quella di corsa, ma dopo l’affondamento del piroscafo statunitense
Lusitania, per evitare complicazioni con gli USA la Germania la sospese sulle
coste occidentali delle isole britanniche e nella Manica, mantenendola solo nel
Mediterraneo. Nel 1916 si svolse la battaglia dello Jütland, la sola grande
battaglia navale del conflitto. La marina tedesca inflisse alla Grand Fleet più
danni di quelli ricevuti, ma l’effetto strategico della battaglia fu a favore della
Gran Bretagna, perché la flotta tedesca non si arrischiò più in mare aperto. La
guerra contro il traffico sul mare sarà ripresa in grande dalla Germania il 31
gennaio 1917, ma per opera dei soli sommergibili, impiegati per la prima volta
senza restrizioni.
I fronti minori: Nel settore balcanico il solo avvenimento importante sul piano
strategico fu l’entrata in guerra della Grecia a fianco delle forze dell’Intesa il 27
giugno. In Mesopotamia, gli Inglesi occuparono Baghdad. In Palestina il
generale E. Allenby, travolta la linea turca di Bersabea, prese Gaza, Giaffa e
Gerusalemme. L’avanzata di Allenby sulla Palestina era stata appoggiata
efficacemente dall’azione di guerriglia condotta nella regione da Lawrence,
animatore della rivolta araba contro l’Impero ottomano.
Per assestare un nuovo colpo ai Francesi, nella parte opposta a quella dove
era dislocato il grosso degli Alleati, Ludendorff scelse la posizione dello
Chemin-des-Dames, naturalmente forte, ma debolmente occupata.
L’offensiva, iniziata il 27 maggio nel tratto compreso fra Soissons e Reims,
riuscì in pieno, anche per l’impiego di iprite, e il 1° giugno i Tedeschi
giungevano sulla Marna minacciando la stessa capitale francese: Foch fermò,
tuttavia, l’avanzata concentrando la riserva lungo le principali direttrici d’urto
del nemico. Sebbene la situazione strategica non fosse sostanzialmente
migliorata per la Germania, i tre successi di primavera avevano scosso
l’opinione pubblica, specie in Francia, che li considerava presagi di vittoria
definitiva. Mentre si compivano i preparativi per il quarto attacco, gli Austriaci
scatenarono l’offensiva sul fronte italiano.
Prima che l’offensiva generale sul fronte occidentale avesse inizio, sul fronte
dei Balcani il 15 settembre fu sferrata l’offensiva che costrinse i Bulgari a
chiedere l’armistizio, firmato il 29. In conseguenza di questo evento tutto il
fianco meridionale dell’Impero austro-ungarico era aperto all’invasione
dell’armata d’oriente. In una situazione generale così favorevole Foch iniziò
l’offensiva, preceduta da attacchi preparatori che determinarono la crisi morale
dell’esercito nemico (più reparti si ammutinarono, molti si impegnarono
debolmente): tra il 26 e il 29 settembre le armate alleate (forze ingenti
statunitensi e britanniche erano ormai in Francia), eseguirono offensive
concentriche dal Mare del Nord alla Mosa; il 10 ottobre la linea di fortificazione
Hindenburg era spezzata e superata ovunque. Tra ottobre e novembre gli
Alleati respinsero progressivamente le forze tedesche da tutto il fronte
occidentale.
L’offensiva finale italiana: L’attacco scatenato sul fronte italo-austriaco dalle
forze italiane il 24 ottobre incontrò resistenza sui monti a causa del terreno e,
fino al 28, anche in pianura, per la piena del Piave, che paralizzò l’azione.
Attraversato il fiume grazie a una brillante manovra del generale Caviglia, il 29
stesso fu liberata Vittorio Veneto. Il comando austriaco iniziò immediatamente
trattative per la resa incondizionata, mentre le forze italiane raggiungevano
Trento e, via mare, Trieste.
Sul terreno della strategia militare la Prima guerra segnò una svolta epocale a
motivo, in primo luogo, della diffusione delle armi automatiche che resero
estremamente dispendioso in termini di vite umane il tradizionale attacco di
fanteria o di cavalleria alle postazioni nemiche; ciò determinò l’evoluzione
dalla guerra di movimento alla guerra di posizione o di logoramento: luogo
privilegiato dell’aspetto militare del conflitto fu dunque la trincea. Sul piano
delle innovazioni tecnologiche nacque in questo periodo uno dei protagonisti
dei futuri conflitti, il carro armato, adottato dai Britannici nel 1916. Tra le altre
novità relative agli armamenti vi furono i gas asfissianti (che imposero
l’obbligo della maschera antigas), l’aeroplano (sebbene armato di
mitragliatrice, fu usato prevalentemente a scopo ricognitivo), il sottomarino.
L’esigenza di coordinare e muovere enormi contingenti su un fronte molto
ampio diede luogo allo sviluppo delle telecomunicazioni e al massiccio
impiego dei mezzi motorizzati.
Il disagio del dopoguerra, connesso al venir meno del controllo sociale e alle
difficili riconversioni delle economie di guerra, investì nuovamente le società
europee nel loro insieme. Oltre alle rivendicazioni del movimento operaio (che
assunsero ampiezza e radicalità inedite), vanno considerati i movimenti degli
ex combattenti, i partiti e i movimenti contadini (soprattutto in Europa
orientale), i movimenti delle donne (che avevano diffusamente sostituito alla
produzione gli uomini mobilitati), le nuove formazioni politiche. In vari paesi
(tra i quali l’Italia, dove l’esplosione dei movimenti di massa segnò la fine del
regime liberale e fu all’origine del fascismo), l’insieme di queste tensioni causò
scompensi politici e istituzionali.
L’Europa nel suo complesso uscì dal conflitto indebolita dalle vittime (circa 8
milioni di morti e 20 milioni di feriti), dalle distruzioni, dai debiti. Sulla scena
mondiale, gli Stati Uniti per la prima volta erano usciti dall’isolazionismo (per
rientrarvi con la sconfitta del partito di Wilson nel 1920) coinvolgendosi nelle
vicende politiche europee, mentre la Russia sovietica rispondeva al tentativo
di soffocamento durante la guerra civile con la fondazione dell’Internazionale
comunista (1919).
I trattati di pace non superarono le rivalità nazionali che erano state all’origine
della guerra, creando le premesse per ulteriori conflitti; in particolare, la
dissoluzione dell’Austria-Ungheria e le condizioni di resa imposte alla
Germania riversarono le tensioni nazionali su molti dei nuovi Stati. Densi di
tensioni si presentavano anche i rapporti tra le potenze vincitrici e la
Germania, cui furono imposte condizioni politiche, economiche e militari
talmente aspre da rivelarsi presto irrealistiche.