Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La catastrofe dell'Europa
-Con l'uscita di scena di Bismarck nel 1890, la Germania, rinnovata nel 1887 la Triplice alleanza
con Austria-Ungheria e Italia (il trattato era stato stipulato la prima volta nel 1882), si lanciò in un
«assalto al potere mondiale»;
-per reazione, Russia e Francia diedero vita, insieme all'Inghilterra, alla Triplice intesa (1904-
1907). A condurre la vecchia Europa verso la catastrofe, però, contribuirono anche altri fattori:
o il nazionalismo francese, ad esempio, che alimentava un sentimento di rivincita verso i
Tedeschi dopo la disfatta del 1870;
o l'espansionismo di Austria e Russia nei Balcani, dove l'impero turco agonizzava;
o la competizione in atto per il controllo del mercato mondiale.
o D insoddisfatta per esiguità proprio impero coloniale
Le vicende militari
-ll conflitto, nelle previsioni degli strateghi, sarebbe dovuto durare due, tre mesi al massimo.
I Tedeschi avevano elaborato il piano Schlieffen che prevedeva il rapido annientamento della
Francia attraverso l'invasione del neutrale Belgio e la successiva invasione della Russia.
Ma il piano fallì:
-4 agosto 1914 D invade B che resiste e F può organizzare la difesa, la prevista «guerra lampo»
si trasforma, dopo la prima battaglia della Marna (settembre 1914) nella quale francesi e inglesi
riescono a respingere i tedeschi, in un'estenuante guerra di trincea con il formarsi, lungo il fronte
occidentale, di 800 km di camminamenti scavati nel terreno, dalle Fiandre alla Svizzera. La guerra
di trincea fu imposta dall’adozione di nuove armi micidiali, come le mitragliatrici e i cannoni a tiro
rapido. Altre armi utilizzate per la prima volta, come i gas tossici (l’iprite) o i carri armati non si
rivelarono altrettanto decisive; assai più rilevanti, invece, furono i risultati ottenuti dall’aviazione,
sempre più impiegata, nel corso della guerra, come sostituto dell’artiglieria.
-Nel frattempo D ad est fronteggiano e vincono Russia ( Tannenberg e laghi Masuri, 23 agosto/13
sett ) che,a sua volta, vince A (a Leopoli e in Galizia 26 ag/11 sett)
- Turchia entra in guerra: Russia costretta a dividere forze e con sistema industriale inadatto a
supportare il conflitto, viene scofitta da A/De si ritira sino alla Beresina ( inizio 1915)
- sui mari: GB/D controllo mare del Nord, battaglia delle Fiandre (15 ott/15 nov) D sconfitto da
F/GB, GB impedisce a navi dei paesi neutrali di rifornire porti D. D reagisce con guerra sottomarina
per impedire rifornimenti, maggiormente USA a GB (affondamento transatlantico Lusitania GB.
-L'Italia entra in guerra, al comando del generale Cadorna, il 24 maggio del 1915 a fianco
dell'Intesa, costringendo l'Austria ad aprire un nuovo fronte lungo il Trentino e il fiume Isonzo.
Questo fatto produce col tempo un effetto di logoramento, che concorre a determinare la sconfitta
generale degli Austriaci. Nel corso di un anno l'IT sferra attacchi sull'Isonzo e sul Carso, respinge
la Strafexpedition austriaca (spedizione punitiva contro chi aveva tradito) attestata sull'altipiano di
Asiago, e conquista Gorizia (agosto 1916).
- Sul fronte occidentale situazione di stallo per tutto il 1915, per dare una svolta decisiva D
attacca piazzaforte di Verdun e le truppe F e GB sulla Somme , scontri lunghi, ma senza risultati.
- fronte orientale: A e D vincono R ,che deve lasciare gran parte della Polonia, e sconfiggono
definitivamente Serbia. - Turchia (entra in guerra con A e D) fronteggia lo sbarco dell'Intesa a
Gallipoli (anche qui la conquista si trasforma in guerra di posizione). Il governo ottomano, di
impronta fortemente nazionalista, dà inizio al genocidio armeno (accusati di aiuto alla Russia per
sottrarsi al dominio turco). 1916 ripresa della Russia che sfonda linee A e arriva sino ai Carpazi
intervento D evita la capitolazione a A e fa arretrare Russia. Romania entra a fianco Intesa (28
agosto) e viene subito sconfitta.
L' anno cruciale fu il 1917. La decisione tedesca di scatenare, mediante i sommergibili, la
«guerra sottomarina» a oltranza (febbraio) provocò l'intervento degli Stati Uniti (4 aprile), che,
divenuti la più grande potenza economica del mondo, non potevano tollerare che fosse ostacolata
la «libertà dei mari», ovvero il diritto di commerciare liberamente con l'Europa. Inoltre i prestiti fatti
all'Intesa sarebbero stati difficilmente esigibili in caso di sconfitta e, non per ultimo, l'aiuto alle
democrazie EU contro monarchie autoritarie. E’ l’intervento decisivo dopo tre anni di guerra,
quando iniziava a manifestarsi lo scontento dell’opinione pubblica e dei soldati: scioperi,
manifestazioni e diserzioni. Intervento del papa, Benedetto XV, per fermare “l’inutile strage”,
l’Intesa invece sfrutta l’intervento USA per accentuare il carattere ideologico della guerra.
-Viceversa, il ritiro della Russia, determinato dal tracollo dello zarismo e dalla rivoluzione
bolscevica (pace senza annessioni e senza indennità: lasciate province baltiche, Finlandia, P e
UK.), consentì agli austro-tedeschi di spostare truppe sul fronte italiano, che fu sfondato a
Caporetto, sull'Isonzo ( 24 ottobre 1917): ritirata disastrosa per 150 km. Paradossalmente la
disfatta si rivela “positiva” per le sorti del conflitto:
- generale Diaz, più attento alle esigenze delle truppe, sostituisce Cadorna
- le parti politiche si accordano: governo di coalizione nazionale sostenuto anche dai socialisti
- opera sistematica di propaganda: giornale di trincea e Servizio P per sollevare morale truppe
I, sostenuta da contingenti F e GB e dall’arruolamento dei ragazzi del ’99 resiste sul nuovo fronte
del Piave ( giugno 1918), lancia una controffensiva che porta alla vittoria finale sull'Austria (Vittorio
Veneto, ottobre 1918).
Inizio 1918 situazione ancora di equilibrio, la pace con Russia (3 marzo) libera il fronte D che può
attaccare l’Intesa che arretra sula linea della Marna; F, GB e USA contrattaccano: Amiens, prima
vera sconfitta della Germania (8-11 agosto). Segue un governo di coalizione per trattative pace
con Intesa che però vuole capitolazione D. Anche gli alleati cadono: Bulgaria e Turchia si
arrendono.
Il 4 novembre l'Austria firma l'armistizio con l'Intesa; a Kiel i marinai si ammutinano e con operai
formano consigli rivoluzionari, moti e sollevazioni in tutta D, Kaiser fugge in O, proclamazione della
repubblica. 11 novembre 1918 (resa della Germania) cessarono tutte le ostilità sul fronte
occidentale.
La guerra delle donne La guerra ha un fronte interno e le donne non possono più limitarsi ad
essere custodi della famiglia; ora, hanno un nuovo ruolo patriottico: lavorare in fabbrica per
sostituire gli uomini. La donna non è più solo moglie, madre, figlia: è una lavoratrice salariata e
viene impiegata anche in settori che fino a quel momento le erano preclusi, come l’industria
pesante.
Se la donna può dedicarsi a mansioni tradizionalmente considerate maschili lo si deve anche al
progresso tecnologico, ai macchinari sempre più avanzati che rendono meno necessaria la forza
muscolare. Peraltro, non è soltanto la mancanza di manodopera maschile a favorire l’ingresso in
fabbrica delle donne. Lo stato di guerra, infatti, ha prodotto la sospensione di quelle garanzie
sindacali che tutelano in modo specifico le donne e riguardano, ad esempio, la durata dell’orario di
lavoro. Senza più quelle limitazioni, gli industriali trovano conveniente assumere operaie, che
percepiscono, tra l’altro, salari più bassi.
Peraltro, le nuove responsabilità, il tempo trascorso fuori dalle mura domestiche, il contatto con
l’ambiente della fabbrica, stimolano anche la loro crescita politica e sindacale. Le donne si
rivelano, così, assai meno docili di quanto ci si aspettasse, addirittura meno propense dei loro
compagni maschi ad accettare la disciplina da caserma che la guerra impone alle fabbriche. Sono
anche meno ricattabili dei maschi, perché non temono di essere mandate al fronte in caso di
ribellione. Così, molte manifestazioni operaie di quegli anni, volte a ottenere pane e sussidi, sono
guidate proprio dalle donne.
Il fenomeno del lavoro femminile negli anni della guerra assume proporzioni notevoli e i numeri lo
dimostrano. In Inghilterra, sono circa 800.000 le donne che entrano in fabbrica e nei servizi
pubblici. In Italia, tra il 1916 e il 1917 le donne impiegate in fabbrica passano da 80.000 a 140.000.
Siamo di fronte a una vera svolta nella storia dell’emancipazione femminile.
1° trattato di Versailles (28 giugno 1919); riguardava la Germania, a cui vengono attribuite la
responsabilità della guerra e l’onere della ricostruzione, e comprendeva durissime clausole
territoriali, militari ed economiche.
Tra le clausole territoriali c’erano:
o la restituzione dell’Alsazia e della Lorena alla Francia;
o l’evacuazione del Belgio;
o rinuncia all’intero impero coloniale
o la cessione alla neonata Polonia, tra gli altri territori, di una striscia che consentiva
l’accesso al Baltico spaccando la Germania (corridoio di Danzica, dal nome della città
tedesca proclamata “città libera”);
5° trattato di Sèvres
- riordino dei possedimenti turchi; nascono nuovi stati: Siria, Palestina, Transgiordania e
Mesopotamia (futuro Iraq), non del tutto indipendenti, ma assegnati come mandati a F (Siria) e GB
Le conseguenze economiche
Furono anzitutto le distruzioni causate dalle operazioni militari (abbattimenti di case e ponti,
interruzioni di linee ferroviarie ecc.). Il paese maggiormente colpito fu la Francia, sul cui territorio si
erano svolte le più feroci battaglie (La Marna, Verdun).
I commerci faticavano a riprendersi; l’agricoltura dovette fare i conti con i campi devastati o
abbandonati. L’industria era in difficoltà: quella bellica, che si era ovviamente sviluppata in tempo
di guerra, doveva ora cambiare produzione (riconversione); altre industrie erano distrutte o ferme
per mancanza di materie prime. I prezzi salivano, erodendo salari e risparmi (inflazione). Cresceva
ovunque la disoccupazione.
Sul piano finanziario, gli stati erano indeboliti. Per quattro anni, l’economia di guerra aveva
assorbito ingenti quantità di risorse costringendo i governi a ricorrere massicciamente al prestito.
Scoppiata la pace, quelle risorse inghiottite dalla guerra diventarono debiti che pesavano sul
bilancio pubblico. I governi aumentano le tasse ed emettono nuova carta moneta aggravando
l’inflazione. Pesava anche il debito estero, come quello che i Paesi alleati avevano contratto con gli
Stati Uniti. Un ulteriore onere per gli stati era rappresentato dalle indennità o pensioni da versare
agli ex combattenti o alle vittime della guerra.
Per i paesi vinti, la Germania soprattutto, a tutti questi oneri si aggiungevano le riparazioni imposte
dai trattati.
Le conseguenze sociali
Anche la società dovette fare i conti con le conseguenze del conflitto. Decine di milioni di soldati
tornarono a casa umanamente segnati dall’esperienza in trincea, mal adattandosi al ritorno alla
normalità. Inoltre, per molti di loro la guerra era divenuta un “abito mentale” e la violenza il più
efficace strumento per la soluzione dei problemi: non stupisce quindi che provassero un’istintiva
ostilità nei confronti dei partiti, dei politici (imbelli per definizione), delle istituzioni parlamentari
(inconcludenti). La parte più decisa e organizzata degli ex combattenti si avviava a diventare, in
diversi paesi, una forza politica determinante.
La guerra e la crisi economica avevano aggravato le disparità sociali. C’erano i nuovi ricchi, che
avevano lucrato sulla guerra (produttori e mercanti di armi, commercianti, speculatori); e c’era la
gente impoverita dalla guerra e dalla crisi economica: operai, contadini, piccoli borghesi a reddito
fisso, piccoli risparmiatori. Per questo, gli anni del dopoguerra furono caratterizzati in tutta
Europa, anche se in diverso grado a seconda dei paesi, da agitazioni, scioperi, tentativi
rivoluzionari.
Il lutto e la memoria
La prima guerra mondiale fu anche la prima esperienza della morte di massa, un fenomeno
che caratterizzerà l’intero Novecento. Per elaborare il lutto di quegli eventi, le classi dirigenti
europee procedettero alla creazione di un grande apparato simbolico, avente lo scopo di nutrire il
sentimento nazionale e di trasmettere alle generazioni future il ricordo degli “eroi della patria”. E’ a
questi luoghi e a questi monumenti che si deve in buona misura la costruzione del mito della
Grande Guerra.
A narrare la guerra sono anzitutto, tra marmi e bronzi, le lapidi e, soprattutto, i monumenti ai
caduti:ne sorgono ovunque, nelle piazze, nei parchi di paesi e città e presentano spesso, oltre ai
nomi dei concittadini morti, iscrizioni solenni e spesso retoriche. Fra le varie tipologie di monumenti
ce n’è una di particolare interesse, perché rappresenta una straordinaria invenzione del
Dopoguerra: il Milite Ignoto (il monumento al soldato di cui non si conosce il nome o il luogo di
sepoltura).
In Italia, il più celebre di questi monumenti è a Roma, all’Altare della Patria, sotto la statua della
Dea Roma. Nel 1921, la bara che contiene la salma scelta fra quelle di undici sconosciuti caduti al
fronte, viene trasportata in treno dal Friuli alla Capitale su un vagone scoperto, ricevendo
l’omaggio delle folle nelle varie stazioni.
Ci sono poi i cimiteri di guerra, dove ogni anno si svolgono celebrazioni ufficiali. Il più importante
sacrario militare italiano è il complesso monumentale di Redipuglia (dallo sloveno "sredij polije" =
terra di mezzo), presso Gorizia, dove si trova l’imponente Scalinata che custodisce le salme di
100.000 soldati italiani, di cui soltanto 40.000 identificati.
Un’altra straordinaria “invenzione” della cultura patriottica del Dopoguerra sono i Parchi della
Rimembranza. Si tratta di veri e propri cimiteri senza tombe, luoghi silenziosi consacrati al ricordo
dei caduti. L’obiettivo di questi parchi è sottrarre all’oblio i nomi dei caduti in guerra. Così, ogni
soldato morto viene ad avere il suo albero, con il nome sul tronco. Uno dei più vasti, quello del
Colle della Maddalena sulla collina torinese, presenta oltre 6000 piante, scelte a suo tempo da
specialisti di botanica e giardinaggio, recanti i nomi di altrettanti caduti della città.