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Biennio Rosso
Dopo la rivoluzione Russa, tra il 1918 e il 1920, in tutta Europa il movimento
operaio insieme ai partiti socialisti ottennero importanti conquiste, aumento
dei salari, riduzione dell’orario di lavoro. Le lotte degli operai però non si
limitarono solo a rivendicare diritti sul lavoro ma sull’esempio delle vicende in
Russia diedero avvio alla nascita ovunque dei consigli operai, sul genere dei
SOVIET, e si proponevano come organi di governo della futura società
socialista. Specie in quei paesi che erano stati sconfitti, come Germania,
Austria e Ungheria dove le tensioni sociali erano più gravi ,si ebbero diversi
tentativi rivoluzionari ma che furono presto stroncati. Ciò che era stato
possibile in Russia non riuscì negli altri Paesi Europei, dove la borghesia si
era trasformata e anche il movimento degli operai era entrato a far parte delle
istituzioni di governo. In tutto il mondo nacquero partiti ricalcati sul modello
bolscevico ma nessuno di questi partiti riuscì a conquistare il consenso
maggioritario della classe operaia. Queste divisioni del movimento operaio in
Europa avrebbero favorito una controffensiva di quei partiti più conservatori.
Gli stessi bolscevichi avevano abbandonato la vecchia denominazione di
partito social-democratico e assunto quella di Partito Comunista.
L’Europa degli anni 20, superato il trauma della guerra, sembrava avviarsi
verso un nuovo periodo di prosperità. Grazie anche ai rapporti di distensione
tra i Paesi tutta l’economia dell’Occidente capitalistico aveva ripreso a
svilupparsi regolarmente. Gli Stati Uniti erano diventati il più importante
paese produttore sia nell’industria che nell’agricoltura e inoltre nelle attività
finanziarie rappresentavano i grandi creditori, per via degli ingenti prestiti
concessi agli alleati durante la guerra e agli sconfitti nel dopo guerra, come
alla Germania. Gli Stati Uniti erano il primo Paese esportatore di CAPITALI. I
miglioramenti nell’organizzazione del lavoro nelle fabbriche avevano
permesso un notevole aumento di produttività ma, allo stesso tempo, gli
sviluppi della tecnologia portavano anche a una minore richiesta di
manodopera e quindi più disoccupazione. Le prospettive ottimistiche sulla
crescita tuttavia contrastavano con il permanere di gravi problemi sociali,
come l’emarginazione di vaste fasce della popolazione con bassi redditi,
l’ostilità verso le minoranze etniche, aumento dei fenomeni razzisti (i
KuKluxKlan). Inoltre l’eccessiva produzione di beni di consumo da parte di
tutti i paesi occidentali portava a una sovraproduzione cronica rispetto
all’effettiva capacità di assorbimento dei mercati. Un altro problema era
rappresentato anche dalla politica isolazionista e di protezionismo avviata
dagli Stati Uniti che penalizzava fortemente le nazioni Europee. Questi vari
problemi finirono per esplodere nell’autunno del ’29 con il crollo della Borsa di
Wall Street. Una crisi catastrofica che finì per sconvolgere tutti i vari assetti
istituzionali, politici,culturali e sociali creando le premesse per l’affermarsi dei
regimi autoritari. L’eccessiva produzione dei beni di consumo finì per saturare
il mercato dovuto anche alla crisi del potere d’acquisto dei ceti rurali. Per
risolvere queste difficoltà l’industria americana aumentò le esportazioni,
specie verso l’Europa, ma questo meccanismo finì per incepparsi quando
molti capitali americani furono investiti nelle operazioni di Borsa, di Wall
Street a NewYork. Nell’ Ottobre del ’29 si verfica un improvviso aumento di
valore dei titoli di borsa (azioni= quote di capitale di un’impresa), gli
speculatori iniziarono a vendere in massa le proprie azioni per realizzare
subito i guadagni. Questa corsa alla VENDTA delle azioni provocò il crollo del
valore dei titoli con conseguenze disastrose su tutta la popolazione
americana e non solo. Infatti le banche americane finirono per interrompere
l’erogazione dei prestiti all’estero, la crisi divenne mondiale. I prezzi
crollarono bruscamente in tutti i settori ma soprattutto in quello agricolo dove
il calo fu del 50%. Si assistette alla chiusura di industrie e esercizi
commerciali con conseguente aumento della disoccupazione. Con la crisi
economica, la più grave dell’età contemporanea, anche le democrazie
subirono un grave contraccolpo.
La ripresa della crisi fu molto lenta , solo alla fine degli anni ’30 si vide un
vero e proprio rilancio produttivo. Negli Stati Uniti nel 1932 vinceva le elezioni
il democratici Franklin Delano Roosevelt che intendeva inaugurare un nuovo
modello politico, un ‘nuovo patto’ : New Deal, caratterizzato da un maggiore
intervento dello Stato nei processi economici. Iniziò a risanare il sistema
creditizio, aiuti statali, aumentò i sussidi di disoccupazione. Decise di
svalutare il dollaro per favorire le esportazioni all’estero, istituì un ente per lo
sfruttamento delle risorse idroelettriche per produrre energia a prezzi bassi.
Pose dei limiti alla sovrapproduzione nel settore agricolo, ciononostante nel’
34 vi fù un allontanamento di vaste masse di lavoratori dalle campagne.
Furono varate molte riforme sociali come la pensione di vecchiaia e
l’assistenza ai malati, più tutele per i lavoratori. La politica di Roosevelt fu
spesso osteggiata perché andava contro i principi del liberalismo in quanto
non lasciava libero corso alle leggi di mercato ma faceva intervenire lo Stato
per interrompere la crisi.
Nel 1936 un importante economista inglese, John Keynes criticò le teorie
economiche classiche secondo cui il mercato da solo trova un equilibrio tra
domanda e offerta. Egli teorizzava che lo Stato doveva sostenere la domanda
aumentando la spesa pubblica, invece di diminuirla, e aumentando la moneta
in circolazione per favorire l’aumento dei redditi e della produzione. Queste
teorie, attuate da Roosevelt negli Stat Uniti, vennero applicate in seguito in
tutti i Paesi occidentali ma dopo la II guerra mondiale.