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Sessione III
1 1
INDICE
INTRODUZIONE pag. 4
volontario pag. 15
CONTROLLO pag. 23
TRAFFICATE pag. 25
CARATTERISTICHE DI
3 3
1.5 SESSO DEI TRAFFICANTI pag. 36
ECONOMICA pag. 50
DELL’EST pag. 54
TRAFFICATE CONSEGUENTE
6 I CLIENTI pag. 63
4 4
7 DISCRIMINAZIONE SESSUALE DELE DONNE
TRAFFICATE pag. 68
10 L’IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE
CONCLUSIONI pag. 89
BIBLIOGRAFIA pag. 92
5 5
INTRODUZIONE
6 6
Per comprendere meglio il fenomeno della tratta ho iniziato la
stesura dell’elaborato, portando gli aspetti tecnici ed i dati ad essi
connessi come i sistemi di reclutamento, le origini geografiche e le
percentuali di trafficanti e trafficate, il sesso e l’età degli stessi.
7 7
1) IL FENOMENO DELLA TRATTA AI FINI DI SFRUTTAMENTO
I dati che fornirò, insieme ai grafici, sono per questa parte dell'
elaborato, del progetto West ( Women East Smuggling Trafficking),
coordinato dalla Regione Emilia Romagna con i seguenti partner:
Regione Veneto, Provincia Autonoma di Trento, Regione
Lombardia, Comune di Perugia , Regione Marche, Caritas di Udine,
Associazione On The Road di Martinsicuro (Teramo), Associazione
Mountain Unlimited (Austria), Ministero Del Lavoro e degli Affari
Sociali dell’Albania.
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per una ricognizione precisa del fenomeno della tratta che si può
specificare come un mondo in movimento; e da lungo tempo.
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repressiva, come la prostituzione cinese, esercitata esclusivamente
al chiuso.
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comparse, neanche dei comprimari, anche se sicuramente lo
sfruttamento sarebbe stato molto più complicato senza il benestare
di nostri cittadini. Hanno svolto un ruolo penalmente rilevante e di
conseguenza sono stati condannati a varie pene.
1) Ada Trifirò Articolo scaricabile su internet www.terrelibere.org “Donne, migrazioni e tratta fra stereotipi e realtà”
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1.1.1 Scegliere di partire
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progetto di vita improntato ad una maggiore autonomia. Ciò che si
deve ritenere inaccettabile è che, di fronte alla complessità di tante
“vite vissute” nella migrazione e nella tratta, continui a prevalere
una lettura vittimizzante e carica di pregiudizi, dietro la quale
scompare la soggettività delle persone coinvolte, parlare “solo” o
“tanto” di violenza e coercizione o inganno non è servito a generare
una reale consapevolezza del fenomeno. E perché in tante vicende
tormentate si deve salvare almeno il “viaggio”: che spesso è un
desiderio e una scelta, che comporta lacerazioni e rinnovamento,
ricerca, perdita e conquiste.
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e nel pericolo; ad un volto dai lineamenti sfocati o ad un corpo
inquadrato di spalle che racconta in lacrime la sua storia ad una
telecamera. La vita di prima scompare; i bisogni e progetti presenti
non esistono. Il suo percorso sembra fatto solo di violenza e
subordinazione o, nella migliore delle ipotesi, di povertà e
abbandono. Le vite delle donne trafficate non sono semplici, né
scontate, né univoche. Sono fatte di successi o di fallimenti, di
scelte o solo di violenze e costrizione; sono improntate ad un
progetto di vita forte oppure scivolano via senza la chiara
focalizzazione di un obiettivo perseguibile. In ogni caso, deve
essere chiaro che ci troviamo di fronte a persone con dignità e
diritti di cittadinanza da tutelare.
Nel prezzo finale ci sono generalmente forti traumi, sia fisici sia
psichici.
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non hanno il permesso di soggiorno e vivono in un costante allarme
di rimpatrio, e l’accordo con sfruttatori bene inseriti nei circuiti della
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È costante il dato sui casi di inganno, più della metà delle ragazze
fino al 2000 affermano di essere arrivate nel nostro paese perché
convinte di venire a fare le cameriere, la professione più ricorrente
(71,31% del totale), la ballerina (15,57%), l’assistente agli anziani
(6,51 %) non mancano casi specifici di indossatrici, ma c’è anche
chi crede di poter aprire attività in proprio (4,1%). Dal 2001 in poi
si affiancano in maniera più evidente altre forme di reclutamento
che prevedono sempre alla base un inganno.
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venire a fare le prostitute. Anche nei casi di persuasione non
mancano coloro che vengono persuase per venire a fare le
prostitute, il 32,43 % del totale. Mentre il dato riguardante le
promesse di matrimonio rimane basso, ma costante dal 1996 al
2003. Negli anni quindi non solo aumenta il numero delle donne che
entrano in maniera volontaria in Italia, ma anche quello di coloro
che sanno quello che vengono a fare.
L’ INNAMORAMENTO
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amore dei propri uomini , le vittime finiscono con il vendersi sulle
strade.
18 1
vittime non possono tornare nel loro paese natale, e quelle che
cercano di farlo vengono uccise dagli uomini delle loro stesse
famiglie per averli disonorati.3
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patto sapeva di venire a fare la prostituta, tra le Ucraine tutte le
ragazze che hanno siglato un accordo sapevano che firmavano per
prostituirsi.
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forme di sottile violenza psicologica che costringono le ragazze a
venire nel nostro paese con l’arma della furbizia e del sentimento.
23 2
le modalità di ingresso forzato ha subito la sconvolgente esperienza
del sequestro
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E’ interessante notare come negli anni cambiano le modalità. Dal
2000 Il rapimento balza al 65,45%, segno evidente che questa
modalità di reclutamento è, ancora ai nostri giorni, una modalità
molto frequente. Al rapimento segue il ricatto che con il 10,91% ha
in questo periodo un balzo in avanti, mentre la compravendita da
parte di un membro della famiglia si attesta al 9,09%, segno di una
tendenza alla diminuzione. In aumento è anche il matrimonio
forzato che raggiunge quota 5,45%. La quota più rilevante delle
donne sequestrate tocca sicuramente alle albanesi. Esse, nel
periodo 1996-2003, raggiungono il 63,46% mentre nel periodo
2000-2003 raggiungono il 71,88% confermando come ancora in
questa aurora del nuovo millennio le donne albanesi sequestrate e
rapite siano in netto aumento nonostante la situazione politica e
sociale albanese dopo l’instabilità e le guerre del passato si sia
stabilizzata negli ultimi anni.
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Dalle percosse a vere e proprie torture (immersione in vasche
fredde o calde, utilizzo di bastoni o altri pesanti oggetti contundenti,
fino all’estremo degli aborti).
26 2
1.3 ORIGINI ETNICHE DELLE DONNE TRAFFICATE
27 2
L'UNICEF nel suo “ Primo Rapporto sulle condizioni delle donne
dopo il crollo del Comunismo” avverte però, che adesso queste
conquiste sono in pericolo. Le trasformazioni scaturite dalla
transizione stanno accentuando, anziché livellando, le disparità
esistenti. Le donne di questa regione devono fare i conti con una
disoccupazione più alta e un livello di reddito più basso rispetto agli
uomini, tagli nell'assistenza all'infanzia, crescita della violenza e
peggioramento del sistema sanitario. Dal Rapporto risulta che, con
il ripristino dell'autonomia nazionale e il risveglio delle tradizioni
culturali, riemergono i valori patriarcali pre-comunismo, rischiando
di soffocare la voce delle donne, piuttosto che dare loro più spazio.
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Il grafico riporta percentualmente le più numerose nazionalità delle
donne vittima della tratta. Come è evidente quelle in maggior
misura rappresentate, lungo tutto l’arco temporale considerato
(1996-2003), sono l’albanese e la rumena che, insieme, formano
quasi la metà dell’intero mercato della prostituzione (47,66%).
Oltre un terzo della donne, invece, proviene dall’Ucraina, dalla
Moldavia e dalla Russia. Seguono, infine, ma con percentuali molto
inferiori, le donne originarie della Serbia-Montenegro (2,69%),
29 2
dell’Ungheria (2,25%), della Repubblica Ceca (2,17%), della
Slovacchia (2,08%) e della Bulgaria (1,99%).
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sfruttatori a spostare le proprie attenzioni verso altre zone della
regione balcanica ed Est europea.
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fenomeno si è sviluppato e cresciuto in modo così esponenziale,
quanto aggressivo.
32 3
Insieme all’Albania è soprattutto la Romania ad essere
maggiormente colpita dal traffico delle donne a fini di sfruttamento
sessuale.
33 3
Come abbiamo accennato in premessa, 1/3 delle donne sfruttate
proviene dall’Ucraina e dalla Moldavia. I maggiori centri di
reclutamento dell’Ucraina sono Nicolaev e Harkov, quelli della
Moldavia Chisinau e Balti. Tranne Nicolaev, tutte e tre le città sono
poste nell’entroterra, Chisinau (735.000 ab.) è anche la capitale
della Moldavia. L’intero Stato moldavo, privo di sbocchi al mare,
confina ad Ovest con la Romania, ed a Sud, Est ed Ovest con
l’Ucraina e comincia a comparire nei documenti giudiziari solo dal
1998 (lo 0,74% delle presenze) fino ad arrivare, nel 2003, a
rappresentare, con il 19,12% delle presenze, la seconda etnia,
subito dopo le rumene, superando le ragazze albanesi.
34 3
1.4 NAZIONI E CITTA’ D’ORIGINE CARATTERISTICHE DI
SFRUTTATORI E TRAFFICANTI
35 3
straniera maggiormente rappresentata è quella albanese con il
46,48% di presenze, seguono i rumeni con l’11,22%, i serbo-
montenegrini con il 5,23%, gli Ucraini, con il 3,19%, i bosniaci, i
moldavi ed i croati sono insieme il 4,19%. Significativa la presenza
tra gli sfruttatori del 23% di italiani.
36 3
Stesso trend progressivamente discendente è quello che
caratterizza i trafficanti-sfruttatori provenienti dai paesi della ex
Yugoslavia, i quali passano dal 13,43% del periodo 1996-1999
all’8,40% del periodo 2003-2003, evidenziando anche in questo
caso una diminuzione di 5,03 punti percentuali.
L’andamento dei dati illustrati non può non tener tenendo conto
delle vicende storiche che hanno caratterizzato nella seconda metà
degli anni novanta i paesi della regione balcanica. Nel 1997 in
Albania si assiste al crollo delle cosiddette società piramidali:
migliaia di cittadini schipetari vedono bruciati in pochi giorni i
risparmi della loro vita e nel paese scoppia una grande rivolta. Molti
albanesi decidono di fuggire a bordo di gommoni e altre
imbarcazioni per raggiungere l’Italia, nazione geograficamente a
loro più vicina. Nasce in questo modo un mercato dell’ingresso
clandestino sul quale inevitabilmente si innesta anche un’altro tipo
di mercato illecito e criminale: la tratta di giovani donne. Stessa
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dinamica ha caratterizzato un altro paese balcanico, il Kosovo,
dilaniato da una cruenta guerra civile alla fine degli anni novanta.
38 3
In questo caso, come si è avuto modo di constatare dallo studio
degli atti giudiziari, le trafficanti-sfruttatrici ucraine sono sia donne
che in precedenza hanno avuto esperienze prostituzionali sia donne
che, percependo la possibilità di realizzare ingenti guadagni, hanno
deciso di dedicarsi al reclutamento di persone e alla fornitura di
determinati servizi a tutte quelle ragazze che sono disposte a
lasciare l’Ucraina per venire in Italia a svolgere un lavoro o ad
esercitare il meretricio. Nel primo caso, le trafficanti-sfruttatrici
sono state protagoniste di un passaggio che da sfruttate le ha
trasformate in sfruttatrici, e le funzioni che esse svolgono non si
limitano soltanto al reclutamento delle vittime ma anche, per un
certo periodo, al loro sfruttamento.
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quale, solitamente, si assiste alla compravendita delle ragazze
reclutate.
Si può rilevare che il picco più alto, pari al 30,17%, si rintraccia per
la fascia di età compresa tra i 26-30 anni, a dimostrazione che i
trafficanti-sfruttatori non solo sono principalmente maschi, come
sopra accennato, ma sono altresì giovani.
40 4
I rumeni, che nella fascia d’età compresa tra i 26-30 anni sono
molto vicini agli albanesi, con il 22,50% delle presenze
costituiscono la maggioranza dei trafficanti-sfruttatori aventi un’età
adulta compresa tra i 36-40 anni. Essi dunque, a differenza degli
albanesi, sono uomini maturi piuttosto che giovani ragazzi ed è
probabile che, a fianco dei delinquenti di professione, per alcuni di
loro l’attività di trafficante-sfruttatore sia divenuta una alternativa
occupazionale successiva alla crisi politica, sociale ed economica
che ha attraversato il loro paese, come altri dell’ex Unione
Sovietica, nel corso degli anni novanta.
Sia gli albanesi che i rumeni non sono più presenti dopo i 55 anni di
età, contrariamente agli italiani che, a partire dalla fascia d’età 41-
45 anni primeggiano costantemente la classifica, restando gli unici
a partire dai 56 anni, sino all’età di 76 anni per molti di questi
nostri connazionali, il mercato della prostituzione fornisce un
reddito aggiuntivo, la possibilità di poter incrementare le proprie
entrate personali. Tuttavia, sembra opportuno evidenziare come gli
atti giudiziari più recenti mettano in luce un dato: l’inasprimento
delle attuali leggi vigenti in materia di prostituzione, di
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di riduzione in
schiavitù non hanno avuto una funzione di deterrenza per gli
italiani. In alcuni casi, anche se limitati, i nostri connazionali non si
sono limitati soltanto ad offrire ai criminali di nazionalità straniera
servizi legati ai trasporti o agli alloggi, ma sono divenuti
compartecipi della gestione delle donne sfruttate, in particolare nel
settore dei locali da intrattenimento.
41 4
1.7 FUORIUSCITA DAL RACKET
42 4
ambivalente (difficile fidarsi di una persona in divisa visto che
sfruttatore di solito convince la vittima che saranno proprio loro ad
arrestarla ed a rimpatriarla con la forza) sono proprio queste
personalità che, dopo aver dimostrato un’attenta capacità d’ascolto
e di rassicurazione, riescono a convincere la donna a denunciare.
E ciò che avviene nel 75,32% dei casi analizzati a cui bisogna
aggiungere un 11% di casi di fuga volontaria. Quest’ultimo
elemento è quello che nel corso del tempo si mostra più variabile,
passando da un insignificante 3,57% di casi nel primo triennio
(1996-1999) ad un più consistente 13,43% del triennio successivo
(2000-2003). Nel solo ultimo anno i casi di fuga hanno
rappresentato il 12,66% di quelli analizzati.
43 4
A questo proposito riporto la testimonianza di un’agente di Polizia
Municipale che ha esperienza diretta del fenomeno in esame,
attraverso il suo lavoro quotidiano.
44 4
Principalmente quando viene chiamata dai cittadini che sono
disturbati dall’avere le prostitute sotto casa, e quando avvengono
eventi delittuosi, come scontri tra bande rivali, risse.
46 4
So che lo applicano Carabinieri e Polizia di stato, a noi non è mai
successo.
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oggetti che possano usare anche contro se stesse, per atti di
autolesionismo, vengono poi sottoposte a rilievi foto-dattiloscopici,
quindi vengono fotografate e si prendono le loro impronte digitali, si
mandano poi questi dati all’AFIS che è il centro di elaborazione dati
interforze, in cui riescono a dirci se esistono precedenti e se è gia
stata /o fermato/a schedata/o, cercando di ricostruire la storia
della persona se esistono già informazioni seguite a controlli.
48 4
I controlli dei documenti avvegono sulla strada?
49 4
Come mai secondo lei?
50 5
Secondo lei che è a contatto quotidianamente con questa realtà,
cosa si potrebbe fare per rendere la vita più difficile ai criminali che
si arricchiscono alle spalle di queste donne, in alcuni casi ragazzine?
51 5
2) IL LATO OSCURO DELLA GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA
Nel corso degli anni Novanta, nel solo Sud-Est asiatico, la tratta ha
fatto un numero di vittime pari a tre volte quello dell’intera storia
della tratta degli schiavi africani , che nell’arco di 400 anni avrebbe
contato circa 11,5 milioni di vittime mentre , in un decennio, nel
solo Sud-Est asiatico la tratta sessuale ha fatto 33 milioni di
vittime, da poco più di un decennio, un discorso analogo vale anche
per i paesi dell’ ex Unione Sovietica, dell’Europa Centro- orientale e
dei Balcani.
52 5
si parlò di circa due milioni di persone oggetto di tratta ogni anno, e
di 700.000 donne vendute ogni anno ad organizzazioni criminali.
53 5
x Il consenso di una vittima della tratta di persone allo sfruttamento
di cui al primo punto del presente articolo è irrilevante nei casi in
cui qualsivoglia dei mezzi di cui al primo punto è stato utilizzato;
54 5
sofferenze, ricatti e pressioni ma è importante sottolineare la
specificità del reato di tratta di esseri umani poiché costituisce una
forma moderna di schiavitù, e non può essere quindi
strumentalizzato nell'ambito dell'adozione di politiche migratorie
restrittive né essere ridotto allo sfruttamento della prostituzione .
55 5
Schiavitù significa, lo stato o la condizione di una persona su cui
vengono esercitati, in tutto o in parte, i poteri connessi col diritto di
proprietà, e “schiavo” significa una persona in tale condizione o
stato.
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riduce una persona in schiavitù, o in una condizione analoga alla
schiavitù”.
57 5
riconosca la schiavitù, o altra condizione analoga, come condizione
di diritto”. Anche le “condizioni analoghe” erano intese
esclusivamente quali condizioni di diritto. Nel 1981 la Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 96, ha dichiarato la
incostituzionalità del reato di plagio per l’indeterminatezza della
fattispecie. L’eccessiva genericità di quest’ultima si poneva in
aperto contrasto con il principio di tassatività della fattispecie
penale. Con la declaratoria di incostituzionalità del reato di plagio, si
apriva un nuovo panorama giuridico. Si veniva a creare una lacuna
dell’ordinamento, giacchè, una volta eliminata la figura delittuosa
nella quale venivano fatte rientrare le situazioni di fatto della
riduzione in schiavitù, le stesse risultavano prive di sanzione
penale. E, tuttavia, la Corte con la medesima pronuncia e,
successivamente, la Cassazione con sentenza a Sezioni Unite del 20
novembre dello stesso anno ponevano le basi per la necessaria
evoluzione giurisprudenziale.
58 5
minacce. Reati che, nei casi concreti, si pongono al limite con la
riduzione in schiavitù.
59 5
In una sentenza del 2000 del Tribunale di Macerata nonostante si
accerti una “situazione di totale limitazione della libertà personale”,
la riduzione in schiavitù o la tratta non vengono neanche
contestate. In particolare è scritto che la ragazza fu “condotta a
Milano ed affidata ad un altro uomo insieme al quale abitò per circa
tre mesi, nel corso dei quali alla ragazza fu sempre impedito di
uscire di casa. Durante la permanenza a Milano, la stessa ebbe
modo di conoscere l’attuale imputato, il quale si era recato presso
l’abitazione ove l’uomo sconosciuto teneva la [ragazza] allo scopo
di “acquistare” quest’ultima, cosa che poi effettivamente si
verificò”. La ragazza fu costretta a prostituirsi. “L’imputato teneva
la [vittima] segregata in casa durante il giorno, impedendole di
uscire e di avere contatti con chicchessia, così che la ragazza usciva
solo per prostituirsi. Inoltre, sempre al fine di controllarla,
[l’imputato] consegnò alla [persona offesa] un telefono cellulare,
così da poterla chiamare durante lo svolgimento dell’attività di
prostituzione. La parte civile ha anche riferito di aver subito in due
o tre occasioni violenze sessuali, perpetrate [dall’imputato]. In
particolare [l’imputato] picchiò [la p.o.] la prima volta, dal
momento che la stessa si rifiutava di avere rapporto sessuali con
lui. Le volte successive non vi fu bisogno di violenza fisica, dal
momento che la [p.o.], sapendo a cosa sarebbe andata incontro se
si fosse opposta, aveva lasciato fare l’imputato..”.
60 6
La Corte d’Assise di Padova nel 2003 contesta l’art. 600 ma,
nonostante notevoli elementi, la Corte non ritiene raggiunta la
prova piena (in realtà non ritiene sufficiente la condotta
dell’imputato ad integrare una riduzione in schiavitù) e quindi
assolve l’imputato dall’accusa di riduzione in schiavitù e condanna
solo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nonché
favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.6
61 6
punisce lo sfruttamento, il favoreggiamento e l’adescamento, il
secondo articolo applicato e il 12 T.U 286/98, il cui ambito di
applicazione concerne i diritti doveri dello straniero, quindi i reati
connessi all’immigrazione.
62 6
Ed è proprio qua che entra in gioco la risposta degli uomini italiani
all’emancipazione delle donne connazionali. E’ risaputo che, se da
un lato la domanda di sesso a pagamento c’è sempre stata, in
questi anni si ha sicuramente assistito ad una grande impennata
della stessa, e dall’altro lato ad una progressiva e repentina
diminuzione dell’offerta della prostituzione di donne italiane, tale
aumento di domanda non può essere solo riscontrato nell’ampliarsi
dell’offerta delle donne straniere e nell’abbassamento dei prezzi
delle prestazioni, ma anche e principalmente nell’ incapacità degli
uomini italiani di relazionarsi in modo paritario, con donne sempre
più libere e consapevoli.
Qualcosa di analogo a ciò che avviene alla luce del giorno e nella
sfera domestica per il ricorso a collaboratrici familiari e assistenti
domiciliari immigrate, sembra avvenire nel buio e per le strade con
l’acquisto di rapporti sessuali a pagamento. Anche in questo caso,
la ricca domanda occidentale sembra aver bisogno di reperire
altrove prestazioni che celano rapporti sociali non più proponibili nei
confronti delle donne autoctone.
63 6
5) NECESSITA’ DI DISTINZIONE TRA TRATTA E
7) Ada Trifirò Articolo scaricabile su internet www.terrelibere.org “Donne, migrazioni e tratta fra stereotipi e realtà”
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le cattive” ma sulla libertà della donna di poter godere di tutto ciò
che guadagna senza dover pagare né marciapiedi né percentuali.
6) I CLIENTI
8 A cura di On The Road “Prostituzione e Tratta”. Il mondo delle Sex Worker. Pia Covre
65 6
ciò che costituisce la famigerata “domanda”, da intendersi tale in
termini di mercato del lavoro.
66 6
L’approccio ai clienti non è dunque facile e dovrebbe tener conto di
una serie di considerazioni:
67 6
• la scelta di utilizzare il prezioso know how e la facilità di contatto
che caratterizza il servizio dell’unità mobile che opera nel contesto
della prostituzione, con l’adozione di un approccio duplice: da una
parte la diffusione del leaflet alle persone che si prostituiscono
chiedendo loro di farsi tramite con il cliente (ottenendo in tal modo
una duplice sensibilizzazione ed inoltre l’attivazione di un dialogo
tra prostituta e cliente su temi solitamente rimossi) da numerose
testimonianze di prostitute si è riscontrato che un numero cospicuo
di clienti non disdegna di intrattenersi a parlare con la prostituta;
dall’altra parte non escludendo un rapporto diretto tra unità mobile
e cliente
68 6
E’ stato detto che la prostituzione è un ambito specifico in cui il
maschio, insicuro delle proprie capacità di relazionarsi con il sesso
opposto trova rifugio attraverso il ricorso al commercio sessuale,
che può essere interpretato come una riaffermazione nei confronti
della donna che soltanto pagando può avere. Il ricorso al sesso
commerciale appare come una fuga da rapporti, che per i clienti
sono troppo complessi, rapporti che includono pienezza della vita,
responsabilità, compromessi, tutti aspetti che non sono in grado di
affrontare.
69 6
un legame affettivo , sentimentale o amichevole il loro percorso di
uscita insieme al lavoro degli operatori è sicuramente facilitato.10
10) A cura di Mirta Da Pra Pocchiesa e Leopoldo Grosso 2001 “Prostitute, Prostituite, Clienti. Che fare?”
70 7
Nel caso della tratta, questo trasferimento di responsabilità ha tutta
l’aria di una discriminazione sessuale massiccia, se si tiene conto
che la maggior parte delle vittime della tratta è composto da donne
e ragazze. Le vittime sono condannate e perseguite al posto di chi
richiede il servizio sessuale ( i clienti) e dei responsabili del
crimine.
71 7
possibili , completamente assoggettate a diverse forme di violenza,
sia nel quotidiano esercizio della prostituzione, sia nei trasferimenti
da un paese all’altro.
72 7
creare un’agenda statale che , oltre a prevedere uguaglianza fra i
sessi deve integrare strategia di lotta alla tratta.11
73 7
esseri umani e persone coinvolte. In proposito il passaggio da
interpretazioni monolitiche delle donne come vittime, sostenute in
particolare da correnti di pensiero femministe e da molte
organizzazioni non governative, ad una visione più complessa del
fenomeno, in cui entra in gioco la constatazione che la maggioranza
delle donne entra nell’industria del sesso volontariamente e che il
legame con la tratta non è così stretto come si credeva.
Le ricerche sul campo svolte in Italia tendono però quasi sempre a
confermare l’idea della diffusione di gravi fenomeni di coercizione e
sfruttamento, anche se è cresciuta la consapevolezza delle diversità
dei casi e dei complessi intrecci tra scelte individuali e dominazione
organizzata.
Sia che sappiano cosa vengono a fare, sia che ne siano all’oscuro,
nessuna immagina, però, le condizioni in cui sarà costretta a vivere
e a prostituirsi: con qualsiasi condizione atmosferica, per
moltissime ore al giorno, almeno sei giorni su sette, senza
interruzione sia che sia mestruata, sia che sia incinta (salvo il
tempo per l’interruzione di gravidanza).
74 7
scelte soggettive consapevoli e libere. È dunque sempre necessario
domandarsi come sia stato costruito il consenso, e quali vincoli lo
sostengano.
Lo squilibrio tra le possibilità d’ingresso nei paesi avanzati e
l’aspirazione a partire genera un grande mercato per coloro che
sono pronti a soddisfare la speranza di imprimere una svolta alla
propria vita emigrando. Questo drammatico scompenso tra
domanda e offerta di migrazione genera il primo e fondamentale
anello del traffico di essere umani, rappresentato dal debito
contratto, che comporta gravi forme di soggezione ai creditori.
75 7
comunicare con operatori, volontari, a volte persino con i clienti,
altre fonti di notizie sulle loro condizioni, i loro diritti, le opportunità
a cui avrebbero accesso se uscissero dalla prostituzione e si
ribellassero allo sfruttamento.13
Gli sfruttatori hanno buon gioco nel drammatizzare le conseguenze
delle attività repressive della polizia e della giustizia italiana, così
come nell’ingigantire le loro capacità di ritorsione nei confronti di
chi tenta di sottrarsi al destino di prostituta. Pertanto la possibilità
di autodeterminazione e di scelta da parte delle donne prostituite è
in realtà drammaticamente vincolata da un set di opportunità
informative molto ridotto, assai dipendente e manipolato dalle reti
che le tengono sotto controllo, le hanno fatte entrare in Italia
oppure le hanno acquistate per prostituirle.
Analizzare da vicino il fenomeno della prostituzione immigrata,
come vedremo, mostra dunque quanto sia intricata l’area grigia che
si situa tra l’assoluta costrizione e il libero consenso e quali
sfaccettature possa assumere il condizionamento della volontà di
altre persone a fini di sfruttamento.
77 7
Analizzare la dimensione culturale che caratterizza il fenomeno
della prostituzione da tratta, significa indagare il tipo di legame
culturale e relazionale che caratterizza i differenti rapporti di
dipendenza tra le giovani donne prostitute e le rispettive
organizzazioni criminali, ricordiamo che spesso vittime e i criminali
hanno la stesa provenienza geografica. Questo “legame”, è attivato
attraverso l’uso e la condivisione delle conoscenze, dei propri
stereotipi e delle proprie credenze. In misura più concentrata
quindi, tale dinamica relazionale, avviene in una struttura ben
definita come quella della prostituzione criminale, dove sono
individuati e distribuiti tra le parti: ruoli, norme e poteri. Questi
aspetti, giocano un forte ruolo nel generare e mantenere consenso,
infatti, sono proprio le modalità collusive con le quali si
compongono le differenti relazioni tra i diversi attori, come
prostitute, mandanti, trafficanti, organizzatori e clienti, ad orientare
e a “muovere” il sistema prostituzione. Questo sistema relazionale
tra le donne e l’ambiente nel quale sono inserite, assume forme e
caratteristiche differenti a seconda se il contesto criminale è gestito
da bande dell’Est Europa o da bande nigeriane. 14
14 Dott.sa Lucia Rosaria Giordano Psicologa “Analisi culturale del fenomeno prostituzione da tratta” Articolo Internet .
78 7
A parziale soluzione del problema è stata discussa ed approvata,
nella “convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale”
(Palermo 12 dicembre 2000) una disposizione di valutazione della
prova, in cui si stabilisce che il consenso allo sfruttamento
successivamente dalla vittima è irrilevante, qualora risultino posti in
essere quei mezzi fraudolenti o forzosi utilizzati per ottenere la
tratta della persona.
Certo una tale soluzione non può che essere parziale, essendo
chiaro che le modalità di criminalizzazione delle condotte come
descritte vanno poi trasferite da ciascuno Stato all'interno dei propri
parametri e schemi legali di criminalizzazione ed alle proprie regole
processuali, che non solo disciplinano l'acquisizione e la valutazione
della prova, ma sono atte a garantire il diritto di difesa degli
imputati.
15 Internet APPROFONDIMENTO “La tratta internazionale e il traffico di migranti. Strumenti internazionali: Convenzione
contro la criminalità organizzata transnazionale e protocolli supplementari “ Smuggling of Migrants” e “Trafficking in
Human beings” aperti alla firma degli stati aderenti alle Nazioni Unite (Palermo, 12 Dicembre 2002). La cooperazione
internazionale nella lotta alla tratta di persone e al traffico di migranti.
79 7
9) TRATTA DELLE DONNE DELL’EST EUROPA: IL CASO
STRANIERO
80 8
uno stretto e inquietante legame che corre tra presenza militare e
prostituzione o tra guerra e tratta delle donne a scopo di
sfruttamento sessuale. Ed è un legame presente in varie epoche
storiche ed in varie parti del mondo e che annovera tra i suoi
protagonisti non soltanto spietati soldati (come quelli dell’esercito
imperiale giapponese), combattenti appartenenti alle file della
guerriglia o del paramilitarismo (come accade nella tormentata
Colombia) ma anche soldati delle cosiddette “forze di pace”, o
rappresentanti delle organizzazioni internazionali.
81 8
Con pesanti responsabilità del personale Onu e Kfor. Questo
sarebbe diventato oggi il Kosovo post `99 - recentemente colpito
da nuova violenza etnica - secondo un rapporto diffuso ieri da
Amnesty International dal titolo «So does that mean I have
rights?». Dal 1999 ad oggi, quello che era un piccolo affare locale si
è trasformato in una vera e propria industria su vasta scala, gestita
dalle gang criminalli locali, spesso in collaborazione con le forze di
polizia, e favorita dal precario status istituzionale e legislativo della
regione, che alimenta traffici di ogni tipo. Ma i primi responsabili di
questa escalation sarebbero proprio le migliaia di operatori
internazionali e peacekeepers presenti in Kosovo, che hanno
contribuito in questi anni a foraggiare ampiamente alcuni settori
dell'economia a scapito di altri. E, nel caso della prostituzione, a
farli prosperare.
Immediatamente dopo l'arrivo delle truppe Nato-Kfor (erano 49.000
nel 1999), nuclei di prostituzione si svilupparono intorno alle basi
militari, che costituivano la maggioranza della clientela. Le donne
erano spesso reclutate nell'Europa dell'Est , in particolare Moldavia,
Romania, Ucraina, Bulgaria, con l'inganno o la promessa di un
lavoro, poi vendute a diversi padroni per somme dai 50 ai 3500
euro, infine private del passaporto prima di arrivare a destinazione
e dunque ridotte in schiavitù. Una volta arrivate in Kosovo, queste
venivano sottoposte a ogni tipo di maltrattamento, fino alle vere e
proprie violenze o torture. Impossibile per queste donne ‘senza
identità’ ribellarsi ai propri aguzzini, impossibile ancor oggi persino
appellarsi alle forze di polizia, che spesso finiscono per avallare gli
abusi con la scusa dell’illegalità delle “trafficate”. Le quali, se
arrestate, subiscono un trattamento al di sotto di qualsiasi standard
di diritti.
All'epoca furono identificati diciotto bordelli destinati esplicitamente
82 8
ai militari Nato, in tutti e quattro i settori in cui era allora suddivisa
la regione. Coinvolti gli statunitensi di Gnjilane/Gjilan (dove si trova
Camp Bondsteel); i tedeschi di stanza a Prizren; gli italiani di
Pejë/Pec; e i francesi di Mitrovica, che avrebbero gestito
direttamente alcuni bordelli. Ai militari si aggiunse poi il personale
Unmik e quello delle 250 Ong presenti allora in Kosovo.
Inizialmente, la comunità internazionale costituiva l'80% della
clientela dei trafficanti sessuali: oggi la percentuale è scesa al 20-
30%, facendo largo sempre più agli utenti locali. In molti casi
membri di Kfor e di Unmik erano direttamente coinvolti nella tratta,
come avvertì l'Osce a soli tre mesi dalla fine dei bombardamenti.
Già nel novembre 2000 una massiccia operazione di polizia aveva
indotto alla chiusura una rete di bordelli nella zona di Kosovo Polje,
gestita in collaborazione da serbi e albanesi. Nel 2001 fu stilata
persino una lista dei locali off limits per il personale internazionale,
ma nel luglio 2003 si contarono circa 200 locali di vario tipo -
frequentati quasi esclusivamente da personale straniero - dove si
esercitava il mercato del sesso: bar, ristoranti, club come il Miami
Beach di Pristina, dove le ballerine venivano costrette a prostituirsi
sotto pesanti minacce e violenze.
Oggi nella piccola provincia serba del Kosovo arrivano migliaia di
donne straniere (provenienti in maggioranza di Moldavia, Romania,
Bulgaria e Ucraina), perlopiù condotte qui attraverso Serbia o
Macedonia, per poi essere istradate verso Olanda, Inghilterra,
Italia, via Albania o Bosnia. E purtroppo alle donne dell'Est si sono
aggiunte in tempi più recenti giovanissimi adolescenti kosovare
sfruttate dal mercato interno della prostituzione, e protagoniste di
abusi d'ogni tipo. Vittime di una società fortemente maschilista, che
condanna le vittime della prostituzione alla vergogna e a divenire
delle ‘intoccabili’ una volta uscite dall’incubo.
83 8
Ora il rapporto di Amnesty mette alla sbarra direttamente il
personale Onu e i militari della Kfor, chiedendo un immediato
intervento dell'Unione Europea. Sia il personale Unmik che quello
della Kfor però, è protetto dall'immunità totale accordatagli dalla
risoluzione Onu 1244/99, e non può essere perseguito salvo diretta
indicazione del Segretario generale dell'Onu o dei rispettivi
comandanti nazionali della Nato. Per quanto se ne sa, fino ad oggi
quasi nessuno è stato perseguito per crimini connessi alla
prostituzione commessi in Kosovo, fatta eccezione per una decina di
poliziotti sollevati poi dal proprio incarico e rimpatriati. Secondo
Unmik, le uniche azioni legali fino ad oggi intraprese a riguardo
contro propri membri risalgono al periodo compreso tra gennaio
2002 e luglio 2003, quando furono messi sotto accusa “fra 22 e 27
soldati della K-for”. Ma non è noto quale sia stato il giudizio finale a
loro carico.
Cosa si può fare, nella situazione di forte instabilità normativa
vissuta ancor oggi dal Kosovo? Nel 2000 l'Unmik, preoccupato per
la rapida escalation del fenomeno, ha formato una speciale unità
(TPIU) per combattere il traffico e la prostituzione. Nel 2001 è
arrivata finalmente anche una prima regolamentazione che
dichiarava punibili i responsabili della tratta, e che prevedeva per la
prima volta anche la protezione e l'assistenza delle vittime del
traffico. Ma finora è rimasta inattiva.18
18 Disponibile sul web KOSOVO, LA TRATTA DELLE SCHIAVE 7/5/2004 “Migliaia di donne dell’Est comprate e
costrette a prostituirsi. Amnesty denuncia il coinvolgimento impunito dei militari UE” Lucia Sgueglia.
84 8
10) L’ IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE NELLA LOTTA ALLA
TRATTA
85 8
sì che gli uomini diventino partecipanti attivi nella campagna contro
lo sfruttamento sessuale.
86 8
hanno coinvolto ragazzi e giovani sia dei licei che degli istituti
tecnici, pubblici e privati.
87 8
abbastanza denaro, puoi acquistare donne e usarle, perché esiste
una categoria di donne destinate a questo scopo”.
88 8
veri problemi>>. Non rimettere in discussione la realtà della
prostituzione, la cultura che la rende possibile e che ne fa una
conseguenza logica ed inevitabile; non rimettere in discussione il
ruolo dei clienti, ovvero di una sessualità legata al potere, non è
forse chiudere gli occhi davanti ai veri problemi?
89 8
momento dell’arresto, senza mettersi troppo a vedere cosa c’è
‘dietro’ tutto questo.
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