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Alma Mater Studiorum – Università di bologna

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

Corso di laurea in culture e Diritti Umani

Elaborato di Tesi in Filosofia Morale

TRATTA DELLE DONNE DELL’EST EUROPA:

NUOVE FORME DI SCHIAVITU’

Candidata: Elisa Morsiani Relatore: Prof. Pier Cesare Bori

Sessione III

Anno accademico 2005/2006

1 1
INDICE

INTRODUZIONE pag. 4

1 IL FENOMENO DELLA TRATTA DELLE DONNE

AI FINI DI SFRUTTAMENTO SESSUALE NEI

SUOI ASPETTI TECNICI pag. 6

1.1 RECLUTAMENTO IL DELLE DONNE pag. 9

1.1.1 Scegliere di partire pag. 10

1.1.2 Il reclutamento volontario pag. 13

1.1.3 Le tecniche di reclutamento

volontario pag. 15

1.1.4 Il reclutamento forzato pag. 21

1.2 LA VIOLENZA COME FORMA DI

CONTROLLO pag. 23

1.3 ORIGINI ETNICHE DELLE DONNE

TRAFFICATE pag. 25

1.3.1 Provenienza geografica:

quale logica territoriale? pag. 29

1.4 NAZIONI E CITTA’ D’ORIGINE

CARATTERISTICHE DI

SFRUTTATORI E TRAFFICANTI pag. 33

3 3
1.5 SESSO DEI TRAFFICANTI pag. 36

1.6 ETA’ DEI TRAFFICANTI pag. 38

1.7 FUORIUSCITA DAL RACKET pag. 40

2 IL LATO OSCURO DELLA GLOBALIZAZIONE

ECONOMICA pag. 50

2.1 UNA DEFINIZIONE pag. 51

3 PERCHE’ TOLLERIAMO LA SCHIAVITU’ pag. 53

3.1 QUESTIONI E RILIEVI GIURIDICI SULLA

RIDUZIONE IN SCHIAVITU’ DELLE DONNE

DELL’EST pag. 54

4 AUMENTO DEL NUMERO DI DONNE

TRAFFICATE CONSEGUENTE

ALL’EMANCIPAZIONE FEMMINILE pag. 60

5 NECESSITA’ DI DISTINZIONE TRA TRATTA E

PROSTITUZIONE LIBERAMENTE ESERCITATA pag. 62

6 I CLIENTI pag. 63

4 4
7 DISCRIMINAZIONE SESSUALE DELE DONNE

TRAFFICATE pag. 68

8 UN’ANALISI DEL CONSENSO pag. 71

9 TRATTA DELLE DONNE DALL’EST EUROPA:

IL CASO KOSOVO. DONNE COME SVAGO

PER PERSONALE STRANIERO pag. 78

10 L’IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE

NELLA LOTTA ALLA TRATTA pag. 83

CONCLUSIONI pag. 89

BIBLIOGRAFIA pag. 92

5 5
INTRODUZIONE

Il fenomeno della tratta degli esseri umani esiste da lungo tempo,


attraversa le epoche storiche modificandosi.

Oggi ciò che lo contraddistingue dal passato, è l’aumento del


numero di esseri umani coinvolti, e non secondario, che la maggior
parte di persone trafficate sono donne e bambini che entreranno
nel mercato legale e non, dell’industria sessuale.

Siamo davanti ad un gravissimo arretramento nel cammino della


popolazione umana e si deve sentire impellente, il bisogno di un
impegno davvero concreto e reale per fermare questo abominio.

La soluzione di questi fatti deve diventare una priorità nell’agenda


dei governi e delle più importanti organizzazioni internazionali, non
esiste vero progresso fino a quando non ci saremo educati al
rispetto della Dignità dell’Altro, nel superamento degli squilibri
NORD-SUD del Mondo di cui la tratta e tutte le altre forme di
sfruttamento si alimentano.

Il nostro Mondo Occidentale, ricco e civile, pone le sue fondamenta


sulla sofferenza degli altri, la globalizzazione e le nuove tecnologie
hanno portato pericolosamente in evidenza questo fatto, quasi
come un avvertimento, e non siamo ancora in grado di prevedere di
che entità sarà il danno su scala mondiale se le potenze occidentali
e i Paesi in via di Sviluppo non riusciranno a realizzare ciò che oggi
rimane solo sulle numerose Carte e Trattati di Governi e
Organizzazioni Internazionali, cioè il rispetto dei Diritti Umani per
tutti e senza discriminazioni, dove un Uomo, una Donna, un
Bambino sono un valore solo per il fatto di esistere, perché come
tali dalla nascita tutti godiamo del Diritto alla Dignità Umana.

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Per comprendere meglio il fenomeno della tratta ho iniziato la
stesura dell’elaborato, portando gli aspetti tecnici ed i dati ad essi
connessi come i sistemi di reclutamento, le origini geografiche e le
percentuali di trafficanti e trafficate, il sesso e l’età degli stessi.

Dopo aver compreso il fenomeno nel suoi aspetti strutturali, ho


cercato poi di inserirlo in un contesto più globale definendolo in
relazione alla schiavitù, all’emancipazione femminile ed alla ancora
troppo pressante ed ormai inaccettabile discriminazione sessuale
che in questo ambito, come in altri più quotidiani e comuni, si
esplicita, attraverso un’analisi del consenso della prostituta e del
cliente che propongo, come possibile destinatario di iniziative di
recupero e sensibilizzazione al fenomeno della tratta.

Concludo l’elaborato con il capitolo sull’importanza dell’educazione


nella lotta alla tratta. Impossibile infatti arrivare ad un effettivo
rispetto dei Diritti Umani fino a quando questi non verranno
trasmessi alle componenti più giovani e non, delle nostre società
civili.

I Diritti Umani non devono più continuare ad essere un tema


“ghettizzato”, discusso tra esperti e tecnici, nei soli ambiti politici,
istituzionali, accademici, come fossero discorsi destinati alle sole
elitè, questi temi devono invece essere portati seriamente nelle
scuole e sui luoghi di lavoro, e veicolati in modo massiccio
attraverso i mass-media.

Diversamente a nulla saranno valsi i numerosi progressi civili,


sociali e politici storicamente determinati.

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1) IL FENOMENO DELLA TRATTA AI FINI DI SFRUTTAMENTO

SESSUALE NEI SUOI ASPETTI TECNICI

Cerchiamo di comprendere meglio il fenomeno attraverso i suoi


aspetti tecnici quali reclutamento, violenze, diverse forme di
controllo della “merce”, paesi di provenienza , età, sesso dei
protagonisti.

I dati che fornirò, insieme ai grafici, sono per questa parte dell'
elaborato, del progetto West ( Women East Smuggling Trafficking),
coordinato dalla Regione Emilia Romagna con i seguenti partner:
Regione Veneto, Provincia Autonoma di Trento, Regione
Lombardia, Comune di Perugia , Regione Marche, Caritas di Udine,
Associazione On The Road di Martinsicuro (Teramo), Associazione
Mountain Unlimited (Austria), Ministero Del Lavoro e degli Affari
Sociali dell’Albania.

Il periodo preso in considerazione sarà quello che va dal 1996 al


2003, le fonti sono di natura giudiziaria, nella fattispecie atti e
testimonianze.

Ho fatto questa scelta in quanto è molto difficile avere dei dati


omogenei a livello nazionale, il progetto West prende in
considerazione , all'interno della sua ricerca, un parte ampia del
territorio Italiano, ergendosi in questo senso, forse come uno dei
più ampi osservatori a livello multiregionale.

Nonostante i notevoli progressi degli studi e delle ricerche, si è


ancora molto lontani dall’avere una conoscenza approfondita del
fenomeno del traffico e della tratta degli esseri umani e si avverte
la mancanza di dati che possano consentire una stima attendibile

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per una ricognizione precisa del fenomeno della tratta che si può
specificare come un mondo in movimento; e da lungo tempo.

Cambiano e si modificano nel tempo le modalità di sfruttamento,


che sono diventate negli anni meno rozze: alla strada si vanno
sostituendo appartamenti e locali privati. L’attività, ancora svolta
per le strade viene spostata in aree più periferiche, appartate, o su
percorsi extraurbani, in modo da risultare meno disturbante per i
residenti. Sul territorio, le donne vengono spostate più spesso e
rapidamente, in modo da ostacolare sia l’azione repressiva, sia
l’instaurazione di rapporti personali più approfonditi con i clienti e
con gli operatori delle associazioni impegnate nel settore. Nei
rapporti con le donne prostituite, entrano più spesso in gioco anche
in questo caso figure femminili, incaricate di simulare una gestione
più morbida e dialogica, ed anche questo è un aspetto che si è
modificato nel tempo; nella tratta delle donne dell’Est Europa, le
donne che sfruttano, reclutano, organizzano il viaggio sono infatti
una novità. Agli strumenti di controllo violenti si è in alcuni casi
sostituito il meccanismo del debito, che viene usato diffusamente
come strumento per ottenere sottomissione e obbedienza,
precedentemente si assisteva ad un uso della violenza molto più
massiccio ed in seguito vedremo le cause di questa inversione di
rotta da parte degli sfruttatori.
Nello stesso tempo, altri gruppi dell’est europeo sono entrati nel
business della prostituzione, e nuove organizzazioni si propongono
sulla scena, sovente riproponendo inizialmente le forme di
sfruttamento brutali che le bande più esperte cercano di superare o
di occultare. I rumeni sono oggi i principali protagonisti di questi
nuovi inserimenti nel settore, quanto meno nel Nord Italia. Altre reti
restano invece pressoché sconosciute e impenetrabili all’azione

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repressiva, come la prostituzione cinese, esercitata esclusivamente
al chiuso.

Cambiano inoltre le vie di ingresso e i percorsi che sono marittimi,


terrestri ed aerei; si trasformano le modalità di reclutamento; si
rinnovano con una certa celerità le etnie delle donne coinvolte; si
evolvono e si adattano ai tempi le forme di adescamento dei clienti.
Man mano che passano gli anni mutano coloro che portano le donne
in Italia: i reclutatori. Dapprima sono singoli o gruppi poco
organizzati, poi le cose prendono un’altra piega e si comincia ad
avvertire la presenza di strutture più complesse, composte in gran
parte da stranieri.

Agli stranieri con il passare del tempo si è andata aggiungendo una


significativa partecipazione di italiani in funzione gregaria,
subalterna, servente, subordinata; in generale i gruppi che
gestiscono lo sfruttamento stringono importanti contatti all’interno
della società in cui si svolge l’attività prostituzionale, esiste una
varia umanità di persone che rimangono nell’ombra, ed è qua che
troviamo nelle cronache giudiziarie gli italiani; il loro compito è
quello di fare da prestanome, di sposarsi per la regolamentazione
della sfruttata, assumere la persona falsamente da parte di
imprenditori o anche da privati, di procurare alloggi, di fare i
“tassisti” o di accompagnare le donne sui luoghi della prostituzione
per poi riaccompagnarle nelle loro abitazioni, non mancano i casi di
medici che hanno fatto abortire le donne sotto richiesta del
magnaccia, in segreto e in modo illegale. Raramente gli italiani
hanno ricoperto una funzione effettivamente dirigente, mai sono
stati i capi o i veri organizzatori del traffico anche se in qualche
sentenza l’attribuzione di responsabilità penale lo lascerebbe
intendere; è certo che gli italiani sono presenti in questa
prostituzione straniera, ma è indubbio che sono solo delle

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comparse, neanche dei comprimari, anche se sicuramente lo
sfruttamento sarebbe stato molto più complicato senza il benestare
di nostri cittadini. Hanno svolto un ruolo penalmente rilevante e di
conseguenza sono stati condannati a varie pene.

Troppe volte ci concentriamo solo sul ruolo dei trafficanti stranieri,


proprio perché sono immigrati e troppo poco si sente parlare nelle
cronache del ruolo e delle funzioni degli italiani. Il trafficante
diventa colui che prende su di sé la responsabilità del tutto; pare
che da solo riesca ad organizzare sbarchi e a controllare intere
rotte di spostamento. Quasi mai, invece, viene fatta luce su tutti gli
anelli della catena e soprattutto sui responsabili di “casa nostra”.
Sul “trafficante”, quasi sempre straniero, si proietta tutto il rifiuto
connesso con la percezione del fenomeno; diventa quasi una
vittima sacrificale su cui piove la condanna morale della società, che
in questa catarsi si auto-assolve.1

1.1 IL RECLUTAMENTO DELLE DONNE

Sul totale delle ragazze, l’11% ha dichiarato di essere giunte nel


nostro paese in maniera forzata, mentre ben l’88,69%
volontariamente.

Negli anni la proporzione per i casi di ingresso volontari è andata


crescendo rispetto ai forzati. Probabilmente anche a seguito del
lavoro di comunicazione e sensibilizzazione delle associazioni nei
paesi d'origine.

1) Ada Trifirò Articolo scaricabile su internet www.terrelibere.org “Donne, migrazioni e tratta fra stereotipi e realtà”

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1.1.1 Scegliere di partire

Per spiegare la scelta di prostituirsi all’estero, che per molti è


difficile da comprendere , o moralmente inaccettabile , occorre
conoscere le dure situazioni di partenza di molte donne e , al tempo
stesso, considerare che una maggiore tolleranza verso la
prostituzione si è sviluppata parallelamente a situazioni di bisogno e
di grave disagio socio-economico, soprattutto nelle aree in
transizione , in seguito all’espandersi della cultura di mercato.

In un paese come l’Albania che fino a qualche anno fa la


prostituzione era quasi sconosciuta e sicuramente un tabù, è ora
vissuta come un’opportunità da una parte della popolazione. Anche
nelle repubbliche Ex- Sovietiche le occasioni di lavoro all’estero nel
campo dell’intrattenimento sessuale possono essere presentate
come proposte attraenti.

Molte donne possono decidere di partire con l’idea di fare la


prostituta per un breve periodo: pensano o sperano di poter essere
fortunate, di conoscere uomini ricchi ed eleganti, ed avere la
possibilità di cambiare vita, oppure di doversi sacrificare per un
breve periodo , per poi tornare a casa con una solida posizione
economica, magari per comprarsi una casa e continuare il loro
progetto di vita, ricordiamo che se una donna guadagna bene,
anche con la prostituzione in strada che è quella che rende meno
delle altre forme, si arriva a guadagnare anche fino a 20000 euro
al mese, in Romania lo stipendio di un medico è di 300 euro circa.

Simili aspettative sono un motore di decisione importantissimo nella


decisione di partire, che rappresenta spesso una “strategia” di
trasformazione per sé e per la famiglia; a volte, una maniera per
sfuggire a un controllo sociale troppo limitante, e mettere in atto un

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progetto di vita improntato ad una maggiore autonomia. Ciò che si
deve ritenere inaccettabile è che, di fronte alla complessità di tante
“vite vissute” nella migrazione e nella tratta, continui a prevalere
una lettura vittimizzante e carica di pregiudizi, dietro la quale
scompare la soggettività delle persone coinvolte, parlare “solo” o
“tanto” di violenza e coercizione o inganno non è servito a generare
una reale consapevolezza del fenomeno. E perché in tante vicende
tormentate si deve salvare almeno il “viaggio”: che spesso è un
desiderio e una scelta, che comporta lacerazioni e rinnovamento,
ricerca, perdita e conquiste.

L’operazione simbolica che viene generalmente compiuta è quella di


“s-personificare” il soggetto che ne è coinvolto mentre si
“personifica” il fenomeno, a discapito dell’assunzione della sua
complessità. Accade così che il soggetto scompare, e scompare la
“decisione” e la “soggettività” del migrante, con tutta la sua dignità
e le motivazioni che la sua storia racchiude. Ciò che rimane, fatta
questa operazione di selezione, sono le cosidette “schiave”, “merce
umana”, “corpi in vendita”, e si potrebbe proseguire a lungo nella
citazione della terminologia utilizzata sia dai mass-media sia - a
volte - da studiosi e addetti ai lavori.

La lettura prevalente è pietistica, nonostante sia un dato accertato


che a migrare sono i più intraprendenti e i più forti. Quando una
famiglia matura una decisione migratoria, decide di puntare su chi
ha maggiori opportunità di farcela e su chi ha maggiori strumenti. E
le opportunità offerte dall'industria del sesso o dai lavori domestici
fanno sì che le offerte dei trafficanti si rivolgano in maniera
privilegiata a donne giovani. Ma quando la migrante finisce per
esercitare la prostituzione, la rappresentazione che si fissa
nell’immaginario collettivo delle società di destinazione assomiglia
alla sagoma di una donna in piedi sui marciapiedi, avvolta nel buio

13 1
e nel pericolo; ad un volto dai lineamenti sfocati o ad un corpo
inquadrato di spalle che racconta in lacrime la sua storia ad una
telecamera. La vita di prima scompare; i bisogni e progetti presenti
non esistono. Il suo percorso sembra fatto solo di violenza e
subordinazione o, nella migliore delle ipotesi, di povertà e
abbandono. Le vite delle donne trafficate non sono semplici, né
scontate, né univoche. Sono fatte di successi o di fallimenti, di
scelte o solo di violenze e costrizione; sono improntate ad un
progetto di vita forte oppure scivolano via senza la chiara
focalizzazione di un obiettivo perseguibile. In ogni caso, deve
essere chiaro che ci troviamo di fronte a persone con dignità e
diritti di cittadinanza da tutelare.

Qualunque sarà il percorso compiuto, tuttavia, il prezzo da pagare


per raggiungere le mete prefissate è molto più alto di quanto le
donne stesse si sarebbero aspettate. Nel prezzo iniziale c’è spesso
anche la rinuncia al ruolo di sostegno dato della famiglia di origine.
L’ inconfessabilità della scelta di prostituirsi in famiglia, infatti si
traduce spesso nella impossibilità di chiedere aiuto per superare
eventuali difficoltà , e priva in seguito le donne di risorse emotive
fondamentali, rendendole maggiormente vulnerabili di fronte a
possibili sfruttatori, e ai loro ricatti.

Nel prezzo finale ci sono generalmente forti traumi, sia fisici sia
psichici.

Per chi intende esercitare la prostituzione all’estero , l’instaurarsi di


rapporti con i “protettori” fondati sul costante prelievo dei guadagni
e sui ricatti , è quasi inevitabile. Innanzitutto per avere accesso ai
mercati che sono controllati da questi con la violenza fisica,
psicologica ed economica. In secondo luogo perché molte donne

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non hanno il permesso di soggiorno e vivono in un costante allarme
di rimpatrio, e l’accordo con sfruttatori bene inseriti nei circuiti della

mala di strada o nei locali riduce, almeno a livello psicologico, i


margini di incertezza. 2

1.1.2 Reclutamento volontario

Per volontario intendiamo tutti i casi di coloro che sono giunte in


Italia senza costrizioni “fisiche” tra queste abbiamo distinto: coloro
che credevano di venire a fare un’altra professione, cameriera,
ballerina, badante, convinte attraverso quello che abbiamo definito
inganno; quelle che hanno stretto un vero e proprio patto con il
trafficante per fare un’altra professione, aprire un’attività in
proprio,o consapevoli di venire a fare le prostitute; chi si è fatta
irretire dall’annuncio di un’offerta di lavoro sul giornale; le ragazze
che sono state persuase da altre donne o da chi ha insistito per
convincerle a venire a lavorare o a prostituirsi, in Italia, ma non
mancano anche i casi di promesse di matrimonio.

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È costante il dato sui casi di inganno, più della metà delle ragazze
fino al 2000 affermano di essere arrivate nel nostro paese perché
convinte di venire a fare le cameriere, la professione più ricorrente
(71,31% del totale), la ballerina (15,57%), l’assistente agli anziani
(6,51 %) non mancano casi specifici di indossatrici, ma c’è anche
chi crede di poter aprire attività in proprio (4,1%). Dal 2001 in poi
si affiancano in maniera più evidente altre forme di reclutamento
che prevedono sempre alla base un inganno.

Nel 2001 troviamo il 27,88% di casi di ingresso volontario


attraverso annunci sul giornale, anche in questo caso la professione
offerta è quella di cameriera (44,4%). Mentre nel 2002 le ragazze
che dichiarano di essere arrivate dopo aver stretto un patto con il
trafficante sono il 24,38%, tra queste il 97,14% sapeva di venire a
fare la prostituta. È da rilevare che sin dal 1999 tutti i casi di
reclutamento volontario in base ad un patto con il trafficante
consistono in un accordo in base al quale le donne già sanno di

2 ) Monzini Paola 2002 “Il mercato delle donne”

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venire a fare le prostitute. Anche nei casi di persuasione non
mancano coloro che vengono persuase per venire a fare le
prostitute, il 32,43 % del totale. Mentre il dato riguardante le
promesse di matrimonio rimane basso, ma costante dal 1996 al
2003. Negli anni quindi non solo aumenta il numero delle donne che
entrano in maniera volontaria in Italia, ma anche quello di coloro
che sanno quello che vengono a fare.

1.1.3 Le tecniche di reclutamento volontario

L’ INNAMORAMENTO

Nel corso degli anni si sono profondamente trasformate le forme di


reclutamento delle donne. Una tradizionale forma è appunto
l’innamoramento dove gli albanesi hanno fatto da maestri, anche se
oggi è una tecnica presente anche fra i romeni ed altre etnie.

Si può dire che nella fase iniziale le donne arrivavano in Italia


spesso non pienamente coscienti del lavoro che avrebbero fatto,
vittime di un drammatico inganno, tanto più atroce in quanto
spesso chi ingannava queste ragazze erano dei giovani che le
avevano fatte innamorare promettendo loro un matrimonio e una
vita felice all’estero, viste le difficoltà economiche di vivere nel loro
paese d’origine.

Una volta in Italia gli uomini che avevano promesso di sposarle, le


mettono sui marciapiedi, lasciano credere di avere improvvisi
problemi finanziari, e coccolano le loro vittime per far credere che la
salvezza passa attraverso la loro temporanea prostituzione: per

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amore dei propri uomini , le vittime finiscono con il vendersi sulle
strade.

Spesso lo stesso uomo possiede tre o quattro donne, che vivono in


appartamenti differenti, che sono già sul marciapiede e alle quali ha
fatto credere la stessa storia .

Le relazioni emotive che legano la donna o la ragazza a questi


uomini diventano lo strumento del loro sfruttamento. Sono fiducia e
amore mal riposti che talvolta rendono difficile persuadere le
vittime a denunciare il proprio sfruttatore alla polizia. La “cultura”
del sistema criminale dell’Est Europa, si basa principalmente nei
confronti delle donne, sulla predominanza dell’azione maschile sia
da un punto di vista emotivo che fisico, tanto che le stesse,
faticano comunque a riconoscere questi uomini come criminali.

Per quel che riguarda in particolare le donne albanesi, quelle cui si


riferisce di più questo metodo di reclutamento, si riscontra che sono
quelle maggiormente sottomesse al concetto di “onore della
famiglia” molto forte in Albania.

Infangare il nome della famiglia significa rischiare la morte.


Numerose vittime non hanno il diritto di dire alle proprie famiglie il
luogo dove vivono e la natura del loro lavoro. Infatti le loro famiglie
hanno accettato che andassero all’estero per sposarsi, mentre un
trafficante le ha vendute al mercato del sesso. E’ lo steso trafficante
che, tornato in Albania, racconta alle famiglie delle vittime che la
donna è scappata e che è coinvolta in attività dubbie: quando le
ragazze telefonano a casa, si rendono conto che il protettore ha
infangato la loro reputazione e quest’ultima è così disonorata. Così
le vittime prendono coscienza di essere state ingannate da chi
prometteva loro amore e matrimonio, che la loro reputazione è
rovinata e che sono state rinnegate dalla famiglia e dalla società. Le

18 1
vittime non possono tornare nel loro paese natale, e quelle che
cercano di farlo vengono uccise dagli uomini delle loro stesse
famiglie per averli disonorati.3

Quello che accadeva in Italia era un fatto sconosciuto in Albania,


almeno a livello di ampia conoscenza tra la popolazione.

Ancora non si aveva una piena consapevolezza di questo nuovo


mercato che coinvolgeva inizialmente soprattutto le donne
albanesi, le quali, da un mondo chiuso ed arretrato, venivano
catapultate in una realtà dove i valori e le convinzioni che erano
stati alla base della loro educazione e della loro esistenza
quotidiana si erano trasformati in carta straccia.

Con il passare degli anni la consapevolezza dei pericoli che le donne

potessero essere ingannate e portate sulla strada è aumentata.

Anche grazie a numerose attività di sensibilizzazione della comunità


su come stavano davvero le cose, determinando un affinamento
delle tecniche dei criminali meno orientate sulla violenza fisica e
più sulla coercizione psicologica, anche perché in questo modo è
molto più difficile che la ragazza denunci.

Anche attualmente, quando si sente parlare dalle ragazze del loro


“fidanzato” il più delle volte si tratta appunto del loro “magnaccia”
ma pare che ci sia maggiore consapevolezza della donna sul loro
“rapporto”, che può cambiare, facendo passare la donna di mano
in mano, sempre però con la stesa caratteristica: si prende tutto o
in parte il guadagno della prostituta.

3 ) Monzini Paola 2002 “Il mercato delle donne”


19 1
LE INGANNATE

Da qualsiasi nazionalità provengano il numero delle ragazze che


arrivano in maniera volontaria supera sempre la metà dei casi
considerati. L’inganno (rispetto alla professione che avrebbero
esercitato) è la forma più utilizzata.

La professione che il maggior numero di ragazze crede di venire a


fare è la cameriera, un’illusione che rimane costante negli anni.

Non mancano altre attività promesse, specifiche di alcune


nazionalità: il 30, 43% del totale delle ucraine crede di venire a fare
la ballerina, sale a 37% per quello che riguarda le donne russe e al
66% dei casi riguardanti l’Ungheria; il 21,43% delle ragazze
moldave crede invece di venire a fare assistenza agli anziani, come
l’8,82% delle rumene.

Per l’Albania il numero dei casi di inganno scende in concomitanza


con il diminuire delle ragazze che arrivano negli anni, dal 52,94%
del 1998, in cui la percentuale delle donne albanesi censite che
entrano nel nostro paese è pari al 33%, al 31,71% del 2002 in cui
costituiscono il 19,87% del totale. Quasi a poter ipotizzare che ci
sia stata una maggiore informazione da parte delle ragazze
albanesi, che credendo meno all’opportunità di una sistemazione
sicura in Italia, non si fanno ingannare e non vengono, magari
supportate anche dal racconto delle esperienze di chi le ha
precedute.

Lo stesso accade per la Romania, mentre nel 1998 troviamo una


percentuale del 90% di inganni, nel 2003 scende al 37,38%
superata come forma di reclutamento da altre solo che nel caso
rumeno il calo avviene proprio negli anni in cui il paese è primo
nella classifica degli ingressi.
20 2
Questo potrebbe significare una maggiore presa di coscienza delle
ragazze rumene che vengono nel nostro paese non solo perché
illuse di trovare un lavoro, ma anche attraverso altre modalità che
prevedono una maggiore consapevolezza come il patto con il
trafficante.

PATTO CON IL TRAFFICANTE

Un dato rilevante riguarda la voce “patto con il trafficante” ( la


donna aveva consapevolezza della professione che avrebbe
esercitato ma una volta in Italia i termini del contratto non saranno
rispettati) legata soprattutto a determinate nazionalità . Mentre per

l’Albania costituisce solo la terza modalità di reclutamento con una


percentuale del 15%, a testimonianza della scarsa possibilità di
azione lasciata alle donne albanesi. Per l’Ucraina ben 90 ragazze su
91 hanno dichiarato di essere venute in Italia volontariamente, per
la Romania il 25%, per l’Ungheria addirittura il 55%.

Negli anni aumenta le percentuale nei singoli stati: per l’Ungheria


nel 2000 rappresenta il 71,43%, ma più interessante è il caso che
accomuna Romania ed Ucraina per entrambi è il 2003 l’anno in cui
è la prima forma di reclutamento. Per l’Ucraina riguarda il 58, 33
%, mentre per la Romania, nell’anno in cui è il primo paese
esportatore di donne in Italia la percentuale sale a 48, 89%.

Il patto testimonia una maggiore consapevolezza delle donne che lo


siglano con i trafficanti, la conclusione è ancora più evidente se si
va a vedere quale è la professione che prevede il patto.

Prendendo come anno di riferimento il 2003 per i paesi già citati, si


vede che per la Romania, il 31,8% di coloro che hanno siglato il

21 2
patto sapeva di venire a fare la prostituta, tra le Ucraine tutte le
ragazze che hanno siglato un accordo sapevano che firmavano per
prostituirsi.

ANNUNCIO SUL GIORNALE

Si evolvono le forme di reclutamento verso una maggiore forma di


coscienza delle ragazze, anche se rimangono forme più subdole di
inganno, come gli annunci sul giornale. È una forma di
reclutamento che subisce fasi alterne negli anni, ma si sta
imponendo soprattutto a partire dagli ultimi anni per alcune
nazionalità in particolare. Così per quanto costituisca il 14,93% del

totale, dal 2000 al 2003 è la forma di inganno che porta il 31,25%


delle ragazze moldave, nel 2003 è la seconda forma di
reclutamento da questo paese. Nel 2002 riguarda anche il 28,57%
dei casi delle ragazze rumene. È un metodo che nel 2001 fa
arrivare pure il 24% delle ragazze albanesi. La forma di lavoro
maggiormente pubblicizzata rimane sempre quella della cameriera,
anche se il 45% del totale delle ragazze moldave viene convinta da
annunci che pubblicizzano attività di assistenza agli anziani, mentre
il 27% di loro dichiara di aver risposto ad annunci che offrivano la
possibilità di fare la prostituta.

LA SOTTILE ARMA DELLA PERSUASIONE

A fronte di una diminuzione delle forme di costrizione fisica ed ad


un aumento della consapevolezza delle ragazze, si trovano ancora

22 2
forme di sottile violenza psicologica che costringono le ragazze a
venire nel nostro paese con l’arma della furbizia e del sentimento.

Una di queste è la persuasione. Riguarda principalmente i casi


registrati in nazioni dalle quali arrivano poche ragazze, ma in modo
costante negli anni.

In particolare dalla Slovacchia, 35,71% delle dichiarazioni fatte dal


1996 al 2003 riguarda ragazze persuase a venire in Italia, il 37,5%
dei casi della Ex Jugoslavia, cifra che sale per le donne provenienti
dalla Serbia Montenegro, il 50% dei casi e dalla Bosnia, il 60%.

1.1.4 Tecniche di reclutamento forzato

Rapimenti, sequestri di persona

Per quello che riguarda gli ingressi forzati, abbiamo diviso le


dichiarazioni che riguardavano veri e propri casi di rapimento;
reclutamenti forzati attraverso minacce a sé o ai famigliari; i casi di
ricatto, ma anche quelli relativi a esperienze di compravendita e di
matrimoni forzati Le donne – quasi tutte le donne, con poche
eccezioni, comprese quelle che arrivano al seguito del proprio
innamorato o, come si vedrà più avanti, perché decise a fare le
prostitute – hanno sempre un impatto violento o un’esperienza, più
o meno prolungata, di violenza. Alcune di loro, prima di essere
immesse nel girone infernale della prostituzione, sono state rapite,
sequestrate, violentate e portate a viva forza in Italia.

L’ingresso forzato di una donna portata contro la propria volontà in


Italia ed obbligata a prostituirsi coinvolge un certo numero di
donne. La stragrande maggioranza delle ragazze di cui si conoscono

23 2
le modalità di ingresso forzato ha subito la sconvolgente esperienza
del sequestro

Come si vede, il 57,5% delle ragazze sono arrivate in Italia dopo


aver subito un sequestro di persona e un rapimento. Il rapimento è
seguito dalle minacce, il 17,5%, e dalla compravendita effettuata
da un familiare, l’11,25%. Poi viene il ricatto, l’8,75%, il
matrimonio forzato, 3,75%, e la falsa adozione, l’1,25%.

24 2
E’ interessante notare come negli anni cambiano le modalità. Dal
2000 Il rapimento balza al 65,45%, segno evidente che questa
modalità di reclutamento è, ancora ai nostri giorni, una modalità
molto frequente. Al rapimento segue il ricatto che con il 10,91% ha
in questo periodo un balzo in avanti, mentre la compravendita da
parte di un membro della famiglia si attesta al 9,09%, segno di una
tendenza alla diminuzione. In aumento è anche il matrimonio
forzato che raggiunge quota 5,45%. La quota più rilevante delle
donne sequestrate tocca sicuramente alle albanesi. Esse, nel
periodo 1996-2003, raggiungono il 63,46% mentre nel periodo
2000-2003 raggiungono il 71,88% confermando come ancora in
questa aurora del nuovo millennio le donne albanesi sequestrate e
rapite siano in netto aumento nonostante la situazione politica e
sociale albanese dopo l’instabilità e le guerre del passato si sia
stabilizzata negli ultimi anni.

L’Albania continua ad avere una sua indubbia peculiarità.

E’ l’Albania il paese in cui viene utilizzata maggiormente la modalità


di entrata forzata per introdurre le ragazze in Italia.

1.2 LA VIOLENZA COME FORMA DI CONTROLLO

Può venire considerata la madre di tutte le forme di controllo, la


peggiore, ma la più efficace: è la violenza che viene esercitata sulle
ragazze per ridurle nella totale dipendenza fisica e psicologica dal
padrone.

25 2
Dalle percosse a vere e proprie torture (immersione in vasche
fredde o calde, utilizzo di bastoni o altri pesanti oggetti contundenti,
fino all’estremo degli aborti).

La violenza sessuale commessa da un singolo o da un gruppo è


utilizzata molto spesso come forma di iniziazione delle ragazze per
privarle totalmente della propria dignità e tenerle in uno stato di
terrore che permette in questo modo di controllarle molto più
facilmente, ed è sempre con questo fine che viene poi esercitata
quando le stesse donne, il 30,7%, tentano di rendersi più autonome
dallo sfruttatore. È la forma più umiliante con cui gli sfruttatori
ribadiscono lo stato di schiavitù delle proprie vittime.

26 2
1.3 ORIGINI ETNICHE DELLE DONNE TRAFFICATE

Dal punto di vista geopolitico l’Europa dell’Est è una macro-regione,


composta da una serie di giovani Stati ed ancora fragili democrazie
nate, a volte in modo violento, dopo il disfacimento dell’impero
sovietico e di alcuni stati dell’area balcanica.

Il fenomeno della tratta evidenzia il fallimento del comunismo nella

promozione di una reale cultura dell'uguaglianza di genere, anche


se risulta evidente che il sistema ha prodotto alcune positive
eredità per le donne. Un forte investimento nei servizi sociali di
base ha portato le donne ad avere un alto grado di istruzione e
buoni livelli di assistenza sanitaria; le donne avevano ottime
prospettive di lavoro, un livello alto di assistenza all'infanzia,
possibilità di guadagnare e di curare i familiari. Anche dieci anni
dopo l'inizio del processo di transizione, in termini di sviluppo
umano, la differenza tra uomini e donne è minore rispetto a molti
altri paesi con livelli simili di reddito.

27 2
L'UNICEF nel suo “ Primo Rapporto sulle condizioni delle donne
dopo il crollo del Comunismo” avverte però, che adesso queste
conquiste sono in pericolo. Le trasformazioni scaturite dalla
transizione stanno accentuando, anziché livellando, le disparità
esistenti. Le donne di questa regione devono fare i conti con una
disoccupazione più alta e un livello di reddito più basso rispetto agli
uomini, tagli nell'assistenza all'infanzia, crescita della violenza e
peggioramento del sistema sanitario. Dal Rapporto risulta che, con
il ripristino dell'autonomia nazionale e il risveglio delle tradizioni
culturali, riemergono i valori patriarcali pre-comunismo, rischiando
di soffocare la voce delle donne, piuttosto che dare loro più spazio.

Nel periodo del comunismo, la violenza contro le donne, incluse le


violenze domestiche, era piuttosto comune, anche se tenuta
nascosta. Oggi è addirittura in aumento. La crisi economica del
periodo della transizione ha spinto molte donne a dipendere
economicamente in misura maggiore dai propri partner e ad avere
una limitazione nelle prospettive di lavoro.

Il cambiamento economico e sociale della transizione ha anche


portato a una rapida crescita del numero di donne coinvolte
nell'industria del sesso. Il traffico di donne costrette a prostituirsi, è
cresciuto nell'Europa centrale e orientale e nell'ex Jugoslavia, il
fenomeno però, non riguarda tutto il vasto territorio che si estende
dall’Adriatico alla catena montuosa degli Urali, ma, in modo
fisiologico, solo alcune particolari nazioni. Nei primi anni novanta,
infatti, il fenomeno sembrava interessare esclusivamente giovani
donne albanesi e, solo dopo il 1995, si è esteso verso altre regioni.
Il risultato è stato un riversarsi, sulle strade italiane, di giovani
donne di origine rumena, ucraina e moldava e di altre nazionalità
dell’area balcanica e russa.

28 2
Il grafico riporta percentualmente le più numerose nazionalità delle
donne vittima della tratta. Come è evidente quelle in maggior
misura rappresentate, lungo tutto l’arco temporale considerato
(1996-2003), sono l’albanese e la rumena che, insieme, formano
quasi la metà dell’intero mercato della prostituzione (47,66%).
Oltre un terzo della donne, invece, proviene dall’Ucraina, dalla
Moldavia e dalla Russia. Seguono, infine, ma con percentuali molto
inferiori, le donne originarie della Serbia-Montenegro (2,69%),

29 2
dell’Ungheria (2,25%), della Repubblica Ceca (2,17%), della
Slovacchia (2,08%) e della Bulgaria (1,99%).

Disarticolando questi stessi dati in periodi diversi emerge una forte


dinamicità del fattore etnico, con profondi e sintomatici mutamenti.
Prendendo in considerazione l’ultima metà degli anni novanta
(1996-1999) troviamo, infatti, che ben il 40% delle donne che si
prostituiscono sulle strade italiane sono albanesi, seguono le
ucraine (16,25%) e le rumene (15,42%). In percentuale minore
troviamo ragazze ceche (5%), moldave (4,58%), russe (2,5%) e
slovacche (2,08%),“resistono”, consentiteci il termine, le italiane
con un 5% di presenze.

Nel triennio successivo (2000-2003) assistiamo, invece, ad una


vera e propria rivoluzione. Prima di tutto la percentuale di donne
autoctone che, dal 5% di presenze, scendono a meno dell’1%
(0,66%). Anche le donne albanesi risultano pressoché dimezzate
passando dal 40% al 21,88%.

Seguono le moldave con il 17,51% (+12,93), le ucraine, che


rappresentano il 14,66% delle donne (-1,59) e le russe che,
sostanzialmente, raddoppiano la propria presenza (5,14%).

È un’evidente evoluzione che, probabilmente, rappresenta il


risultato di una serie di politiche sociali e di informazione messe in
atto nel nostro Paese, quando il fenomeno della prostituzione di
giovani donne di origine albanese ha assunto quei connotati così
macroscopici da non poter essere ignorata né per motivi umanitari
e sociali, né per motivi di ordine pubblico. Le politiche di
collaborazione per stroncare il fenomeno tra l’Italia e l’Albania,
avviati proprio alla metà degli anni novanta ed intensificati sul finire
del decennio, hanno, da una parte, prodotto una presa di coscienza
delle donne albanesi e, dall’altra, costretto i trafficanti e gli

30 3
sfruttatori a spostare le proprie attenzioni verso altre zone della
regione balcanica ed Est europea.

1.3.1 Provenienza geografica: quale logica territoriale?

Questa marcata “etnicizzazione” induce, altresì, ad una serie di


riflessioni di natura geopolitica e sociale. È interessante, infatti,
comprendere i motivi per cui un particolare fenomeno si sviluppa
solo in alcune nazioni ed, anche all’interno delle stesse, colpisce
solo determinate località. Per comprendere meglio questo aspetto è
necessario, però, inserire un ulteriore dato che riguarda i paesi di
origine delle donne.

In Albania, per esempio, nel 2000, la popolazione urbanizzata era


solo il 41%, il Pil pro capite era di 1.650 dollari e si contavano un
televisore ogni 11 abitanti, una radio ogni 65 abitanti, un telefono
ogni 25 abitanti, 54 giornali ogni 1000 abitanti. La mortalità
infantile, infine, raggiungeva il 40‰.1 Nello stesso periodo in Italia

il Pil pro capite era di 21.400 dollari e venivano conteggiati un


televisore ogni 2 abitanti, una radio ogni abitante, un telefono ogni
2 abitanti e 104 quotidiani ogni 1000 ab. La mortalità infantile era
del 5‰. Gli indici economici, sociali e sanitari riportati danno un
quadro abbastanza esauriente delle condizioni del Paese.

Le difficili condizioni di vita e l’illusione di poterle migliorare, per sé


e per i propri familiari, sono state, come è ormai accertato,le
principali leve che hanno spinto migliaia di giovani donne ad
intraprendere clandestinamente un viaggio così difficile e dagli esiti
tanto incerti, anche perché proprio in Albania, e non in altri Paesi
dell’area che hanno condizioni economiche e sociali similari, tale

31 3
fenomeno si è sviluppato e cresciuto in modo così esponenziale,
quanto aggressivo.

32 3
Insieme all’Albania è soprattutto la Romania ad essere
maggiormente colpita dal traffico delle donne a fini di sfruttamento
sessuale.

Sono soprattutto due le città a detenere questo triste record: Galati


che rappresenta uno dei maggiori centri di reclutamento (il 57% del
totale delle donne rumene), e Bucarest, la Capitale di cui sono
originarie circa il 22% delle donne rumene. Anche per la Romania,
esattamente come per l’Albania, si notano sostanziali differenze nel
corso del tempo. Le donne rumene non compaiono nel mercato
della prostituzione almeno fino al 1997, per poi giungere, nel corso
del solo 1998, all’11% delle presenze. Di queste il 67% provengono
dalla città di Galati. Nel corso degli anni successivi (1999-2003) si
aggiungono altre località come Bucarest, Costanza,Traila, Bailesti,
Iacsi, Focsani, Timisoara fino a portare le rumene, nell’ultimo
triennio, ad essere la maggiore nazionalità rappresentata nel
mercato del sesso.

Se guardiamo agli indici macroeconomici e sociali del Paese ci


accorgiamo, anche in questo caso, di trovarci in una zona in forte
difficoltà, anche se la situazione è sicuramente migliore di quella
albanese. Solo il 56% della popolazione rumena è urbanizzata su un
territorio per i 2/3 montuoso. Il Pil pro capite è di 3.900 dollari e la
mortalità infantile del 19‰.

Sono essenzialmente due le caratteristiche che saltano all’occhio


delle città rumene: o sono poste nei pressi del confine con altri
Paesi (Iasi, Focsani e Galati) o nell’entroterra montuoso, come
Brasov che si trova proprio al centro della catena montuosa delle
Alpi Transilvaniche.

33 3
Come abbiamo accennato in premessa, 1/3 delle donne sfruttate
proviene dall’Ucraina e dalla Moldavia. I maggiori centri di
reclutamento dell’Ucraina sono Nicolaev e Harkov, quelli della
Moldavia Chisinau e Balti. Tranne Nicolaev, tutte e tre le città sono
poste nell’entroterra, Chisinau (735.000 ab.) è anche la capitale
della Moldavia. L’intero Stato moldavo, privo di sbocchi al mare,
confina ad Ovest con la Romania, ed a Sud, Est ed Ovest con
l’Ucraina e comincia a comparire nei documenti giudiziari solo dal
1998 (lo 0,74% delle presenze) fino ad arrivare, nel 2003, a
rappresentare, con il 19,12% delle presenze, la seconda etnia,
subito dopo le rumene, superando le ragazze albanesi.

Infine, per tentare di comprendere meglio se esiste una logica


“territoriale”, oltre che economica, nella scelta del reclutamento di
donne nate e vissute in determinate zone abbiamo preso in
considerazione la posizione geografica delle città di nascita per tutti
i casi analizzati. È risultato che l’85% delle città sono poste
nell’entroterra, delle rimanenti 15% che hanno uno sbocco al mare,
nei 2/3 dei casi si affacciano sull’Adriatico. Nel 31% dei casi sono
città di confine, mentre il 34% sono capitali di Stato. Solo il 23%
delle città analizzate supera il milione di abitanti ed un altro 23% ha
una popolazione superiore ai 500.000 abitanti, il 54%, invece, ha
una popolazione inferiore ai 500.000 abitanti.

Questi ultimi dati dimostrano come i trafficanti privilegino ricercare


le proprie vittime in medie, ma soprattutto, piccole città, poste in
luoghi isolati e, spesso, montuosi. Significativo che un numero
consistente di queste cittadine siano molto vicine al confine. Questa
dislocazione, con molta probabilità, favorisce l’uscita illegale delle
donne e, contemporaneamente, la collaborazione tra bande
criminali di etnie diverse.

34 3
1.4 NAZIONI E CITTA’ D’ORIGINE CARATTERISTICHE DI
SFRUTTATORI E TRAFFICANTI

Anche gli sfruttatori e i trafficanti provengono, nella maggioranza


dei casi dalle stesse regioni delle vittime, anzi, il più delle volte,
vittima e carnefice condividono il luogo d’origine e la giovane età.

Le nazionalità delle vittime e degli sfruttatori siano più o meno


identiche. In questa similitudine, però, vi è una sostanziale
differenza in termini quantitativi e, mentre, le nazioni e le città di
origine delle vittime sono diverse, quelle dei trafficanti e degli
sfruttatori si concentrano, soprattutto nei primi anni, su un’unica
regione, l’Albania, successivamente saranno anche i romeni e i
cittadini appartenenti alle aree dell’Ex Jugoslavia a “distinguersi” nel
traffico di esseri umani.

Le organizzazioni criminali, sviluppatisi all’interno di questo


contesto sociale e culturale, sono basate su gruppi di pochi uomini,
uniti da forti legami familiari. Il controllo del territorio è
strettissimo: il gruppo criminale vive nella stessa cittadina, nello
stesso quartiere e, in alcuni casi, nella stessa strada delle proprie
vittime. Di queste conosce le abitudini, le condizioni economiche e
la famiglia. Mentre, in qualsiasi altra situazione, la presenza di una
“rete” d’accoglienza rappresenta un punto di forza per lo straniero,
per le donne sfruttate il gruppo o lo sfruttatore diventa l’unico
punto di riferimento in un contesto deviato e violento e in una terra
estranea, di cui non si conoscono la lingua, i costumi e le leggi.
Paradossalmente il gruppo etnico, in questo specifico contesto,
invece di essere un punto di riferimento e confronto, si trasforma in
una gabbia, da cui è difficile districarsi.

Analizzando la serie di nazionalità del grafico successivo troviamo


che, lungo tutto il periodo preso in considerazione, la nazionalità

35 3
straniera maggiormente rappresentata è quella albanese con il
46,48% di presenze, seguono i rumeni con l’11,22%, i serbo-
montenegrini con il 5,23%, gli Ucraini, con il 3,19%, i bosniaci, i
moldavi ed i croati sono insieme il 4,19%. Significativa la presenza
tra gli sfruttatori del 23% di italiani.

Suddividendo in tre al 2003 fasce temporali il periodo che va dal


1996 al 2003 come illustrato dal grafico 2 , è possibile notare come
i trafficanti-sfruttatori albanesi primeggino costantemente la
classifica anche se, tra il primo

arco temporale (1996-1999) e l’ultimo (2003-2003) si registra un


calo percentuale del 14,99%.

36 3
Stesso trend progressivamente discendente è quello che
caratterizza i trafficanti-sfruttatori provenienti dai paesi della ex
Yugoslavia, i quali passano dal 13,43% del periodo 1996-1999
all’8,40% del periodo 2003-2003, evidenziando anche in questo
caso una diminuzione di 5,03 punti percentuali.

L’andamento dei dati illustrati non può non tener tenendo conto
delle vicende storiche che hanno caratterizzato nella seconda metà
degli anni novanta i paesi della regione balcanica. Nel 1997 in
Albania si assiste al crollo delle cosiddette società piramidali:
migliaia di cittadini schipetari vedono bruciati in pochi giorni i
risparmi della loro vita e nel paese scoppia una grande rivolta. Molti
albanesi decidono di fuggire a bordo di gommoni e altre
imbarcazioni per raggiungere l’Italia, nazione geograficamente a
loro più vicina. Nasce in questo modo un mercato dell’ingresso
clandestino sul quale inevitabilmente si innesta anche un’altro tipo
di mercato illecito e criminale: la tratta di giovani donne. Stessa

37 3
dinamica ha caratterizzato un altro paese balcanico, il Kosovo,
dilaniato da una cruenta guerra civile alla fine degli anni novanta.

Dopo la fase di picco del primo triennio, è molto probabile che la


diminuzione del numero di trafficanti-sfruttatori provenienti dalla
regione balcanica, in particolare dall’Albania, sia da rintracciarsi in
una serie di motivi, tra cui: la diminuzione della domanda di
emigrazione presente in quell’area, in seguito allo stabilizzarsi della
situazione socio-politico-economica, la stipulazione di accordi per
contrastare i flussi migratori illegali tra l’Italia e l’Albania, l’efficacia
di alcune campagne informative attuate da organizzazioni
internazionali per informare le giovani donne sui pericoli di essere
reclutate e sfruttate nel mercato della prostituzione, la cessazione
dell’attività criminale da parte di alcuni uomini che, una volta
raggiunto un certo capitale, non sono stati più disposti ad
assumersi certi rischi ed hanno lasciato il campo libero all’agire di
organizzazioni criminali molto più strutturate.

1.5 SESSO DEI TRAFFICANTI

Un dato di particolare interesse lo si ricava dal grafico n. 3, in cui


viene visualizzato il sesso delle principali nazionalità dei trafficanti-
sfruttatori.

La tratta, come si vede, è un mercato criminale gestito


prevalentemente da persone di sesso maschile.

Soltanto nel caso delle donne rumene si registra un significativo


25% di loro presenza. Una eccezione da notare è costituita dal caso
ucraino, nel quale le donne, rispetto agli uomini, primeggiano con il
79,31% delle presenze.

38 3
In questo caso, come si è avuto modo di constatare dallo studio
degli atti giudiziari, le trafficanti-sfruttatrici ucraine sono sia donne
che in precedenza hanno avuto esperienze prostituzionali sia donne
che, percependo la possibilità di realizzare ingenti guadagni, hanno
deciso di dedicarsi al reclutamento di persone e alla fornitura di
determinati servizi a tutte quelle ragazze che sono disposte a
lasciare l’Ucraina per venire in Italia a svolgere un lavoro o ad
esercitare il meretricio. Nel primo caso, le trafficanti-sfruttatrici
sono state protagoniste di un passaggio che da sfruttate le ha
trasformate in sfruttatrici, e le funzioni che esse svolgono non si
limitano soltanto al reclutamento delle vittime ma anche, per un
certo periodo, al loro sfruttamento.

Nel secondo caso, invece, le trafficanti-sfruttatrici assumono un


ruolo di mediazione e sono rappresentate da donne che risiedono in
patria e si occupano del reclutamento delle vittime e, in genere, del
loro accompagnamento nel primo tratto del viaggio, al termine del

39 3
quale, solitamente, si assiste alla compravendita delle ragazze
reclutate.

1.6 ETA’ DEI TRAFFICANTI

Si può rilevare che il picco più alto, pari al 30,17%, si rintraccia per
la fascia di età compresa tra i 26-30 anni, a dimostrazione che i
trafficanti-sfruttatori non solo sono principalmente maschi, come
sopra accennato, ma sono altresì giovani.

Gli albanesi primeggiano la classifica nelle prime tre fasce d’età,


vale a dire quelle in cui sono raggruppate le persone più giovani,
rispettivamente con il 9,66% nella fascia 21-25, con il 35,86% nella
fascia 26-30, con il 32,45% nella fascia 31-35. In questo caso si
deve tenere presente che la maggioranza della popolazione del
paese delle aquile è composta da persone giovani. Spesso la
sfruttata e il trafficante sono coetanei.

40 4
I rumeni, che nella fascia d’età compresa tra i 26-30 anni sono
molto vicini agli albanesi, con il 22,50% delle presenze
costituiscono la maggioranza dei trafficanti-sfruttatori aventi un’età
adulta compresa tra i 36-40 anni. Essi dunque, a differenza degli
albanesi, sono uomini maturi piuttosto che giovani ragazzi ed è
probabile che, a fianco dei delinquenti di professione, per alcuni di
loro l’attività di trafficante-sfruttatore sia divenuta una alternativa
occupazionale successiva alla crisi politica, sociale ed economica
che ha attraversato il loro paese, come altri dell’ex Unione
Sovietica, nel corso degli anni novanta.

Sia gli albanesi che i rumeni non sono più presenti dopo i 55 anni di
età, contrariamente agli italiani che, a partire dalla fascia d’età 41-
45 anni primeggiano costantemente la classifica, restando gli unici
a partire dai 56 anni, sino all’età di 76 anni per molti di questi
nostri connazionali, il mercato della prostituzione fornisce un
reddito aggiuntivo, la possibilità di poter incrementare le proprie
entrate personali. Tuttavia, sembra opportuno evidenziare come gli
atti giudiziari più recenti mettano in luce un dato: l’inasprimento
delle attuali leggi vigenti in materia di prostituzione, di
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di riduzione in
schiavitù non hanno avuto una funzione di deterrenza per gli
italiani. In alcuni casi, anche se limitati, i nostri connazionali non si
sono limitati soltanto ad offrire ai criminali di nazionalità straniera
servizi legati ai trasporti o agli alloggi, ma sono divenuti
compartecipi della gestione delle donne sfruttate, in particolare nel
settore dei locali da intrattenimento.

41 4
1.7 FUORIUSCITA DAL RACKET

Poter fuoriuscire dalla rete di sfruttamento in cui migliaia di donne


si trovano imprigionate non è facile, né indolore. Sono rari i casi di
una piena ed immediata consapevolezza della propria condizione di
sfruttate ed uno stato d’animo sicuramente molto provato rendono
difficile il percorso d’autocoscienza e, conseguentemente, di
ribellione.

Per comprendere il fenomeno non bisogna dimenticare due


elementi importanti:

• alla base della condizione di sfruttamento della vittima vi è un


“contratto”, naturalmente ingannevole e disatteso, tra la donna e lo
sfruttatore. Solo quando l’inganno viene smascherato – e, spesso,
questo non avviene nell’immediato – si trova il coraggio della
ribellione che si esplicita nella fuga;

• le donne non conoscono la regolamentazione del fenomeno della


prostituzione nel nostro Paese (Legge Merlin), né, tanto meno, l’art.
18 T. U. 286/98 (L. 40/98), che permetterebbe loro la fuoriuscita
dal racket ed il reinserimento nella comunità.

Se a queste due pre-condizioni aggiungiamo che, in alcuni casi, la


donna vive in una condizione di dipendenza affettiva con lo
sfruttatore, i tempi di elaborazione della propria condizione si
allungano ulteriormente.

Nella stragrande maggioranza dei casi analizzati gli episodi di fuga e


di denuncia dello sfruttatore avvengono in gran parte in seguito
all’intervento delle forze dell’ordine, in casi più rari per l’aiuto di un
cliente o delle unità di strada. Stranamente, anche se la figura del
poliziotto e del carabiniere sono vissute dalla donna in modo

42 4
ambivalente (difficile fidarsi di una persona in divisa visto che
sfruttatore di solito convince la vittima che saranno proprio loro ad
arrestarla ed a rimpatriarla con la forza) sono proprio queste
personalità che, dopo aver dimostrato un’attenta capacità d’ascolto
e di rassicurazione, riescono a convincere la donna a denunciare.

E ciò che avviene nel 75,32% dei casi analizzati a cui bisogna
aggiungere un 11% di casi di fuga volontaria. Quest’ultimo
elemento è quello che nel corso del tempo si mostra più variabile,
passando da un insignificante 3,57% di casi nel primo triennio
(1996-1999) ad un più consistente 13,43% del triennio successivo
(2000-2003). Nel solo ultimo anno i casi di fuga hanno
rappresentato il 12,66% di quelli analizzati.

Un altro segno della sempre maggiore consapevolezza della donna


e di un certo allentamento nel controllo da parte dello sfruttatore
nei confronti della stessa.

43 4
A questo proposito riporto la testimonianza di un’agente di Polizia
Municipale che ha esperienza diretta del fenomeno in esame,
attraverso il suo lavoro quotidiano.

L’intervista che ho svolto, ha l’obbiettivo di far conoscere l’azione


delle nostre forze dell’ordine e i sistemi messi in atto per
contrastare il fenomeno della tratta.

Alessandro fa parte del reparto specializzato contro il degrado della


Polizia Municipale, un reparto, con finalità di antidegrado e di lotta
alla microcriminalità, che agisce nelle zone più degradate delle
città; le mansioni sono le stesse del Corpo della Polizia di Stato e
dell’Arma dei Carabinieri, con il limite però territoriale, essendo il
corpo di Polizia Municipale di amministrazione comunale.

Come vi rapportate rispetto alla tratta?

E’ un fenomeno che non è sentito dai comuni, e dall’opinione


pubblica, non è considerata una violazione dei diritti umani, in
quanto la prostituta viene considerata come persona che si è
“cercata” la propria condizione, non vi sono particolari iniziative da
parte dei comuni, se non, solo quelle di “facciata”, in base a delle
ondate medianiche, anche perché come sappiamo in Italia la
prostituzione non è reato, vengono puniti solo i reati connessi al
fenomeno, come ad esempio il favoreggiamento e lo sfruttamento
della prostituzione, ed i reati connessi alla posizione di
immigrazione clandestina.

Quando si “muove” la Polizia Municipale?

44 4
Principalmente quando viene chiamata dai cittadini che sono
disturbati dall’avere le prostitute sotto casa, e quando avvengono
eventi delittuosi, come scontri tra bande rivali, risse.

La cittadinanza non si cura della condizione o meno della sfruttata,


ma la ritengono solo un fattore di disturbo, per lo sporco
(preservativi), il via vai di clienti, sembra quasi che se non fosse
per questo tipo di problemi, i cittadini riuscirebbero a convivere
tranquillamente, ed ad accettare che una ragazzina si prostituisce
sul portone di casa. Non si è riusciti a trasmettere al cittadino il
problema che c’è alle spalle della prostituzione, se non nei casi in
cui i mass media e gli organi di stampa si concentrano sul
fenomeno, vedi il caso delle telecamere a Roma che sulla scia
dell’onda mediatica si è pensato di risolvere il problema così, fermo
restando che l’attenzione si è poi spostata sull’eventuale violazione
della privacy del cittadino (cliente), allontanandosi ancora una volta
dal vero problema, ovvero le organizzazioni criminali che stanno
dietro alla tratta; vi è un interesse molto debole da parte degli
organi di competenza verso ciò che esiste dietro alla prostituzione
in Italia oggi, e questo mancato interesse crea poi problemi effettivi
nel nostro modo di intervenire.

E’ un discorso di interesse politico che realmente non c’è, esiste


solo a parole.

Immagino a questo punto che non ci sia una formazione specifica


della Polizia Municipale su come trattare il fenomeno.

Sono entrato nella Polizia Municipale nel 1999, ed è stato fatto un


solo corso, una sorta di aggiornamento . Noi siamo in seicento, e i
corsi durano una vita, immaginati a gruppi di venti trenta persone…
45 4
Da quel che ne so io gli altri corpi di Polizia nemmeno ne fanno di
questi corsi. Si sta iniziando adesso a fare qualcosa, ma all’interno
di corsi, appunto, di aggiornamento generale, a 360° sul disagio in
generale in cui si sono fatti cenni a questo problema, secondo me
però sempre con un approccio, troppo teorico, all’italiana insomma,
le persone che ci formano non hanno esperienza di strada, parlano
di una teoria che poi difficilmente si può applicare alle reali
condizioni di lavoro.

Si può parlare a questo proposito di un avvicinamento alle


problematiche della strada con un approccio più pedagogico delle
forze dell’ordine?

Un agente di polizia non si può comportare da assistente sociale,


noi applichiamo codice penale e di procedura civile e non abbiamo
discrezionalità. L’assistente sociale può vedere la cosa da altre
sfaccettature, l’assistente sociale può dire ciò che vuole, in mezzo
alla strada alla fine ci siamo noi. A me è capitato di fermare uno
sfruttatore che stava dando dei calci nella pancia ad una ragazza in
strada, l’ho arrestato e la ragazza non ha denunciato, e io non ho
potuto fare niente, l’assistente sociale può dire che bisogna fare e
dire, ma questa, si scoprì poi, che aveva due bambini e temeva
delle ritorsioni; non è facile come sembra, per capire bisogna starci
fisicamente in strada, non si può fare solo della teoria. Abbiamo
milioni di assistenti sociali in Italia che non hanno mai fatto un
giorno di strada.

Vi è mai capitato di applicare l’articolo 18?

46 4
So che lo applicano Carabinieri e Polizia di stato, a noi non è mai
successo.

Quando e perché si decide di fare una retata, se è di vostra


competenza.

Considera che le forze dell’ordine in Italia hanno un accavallamento


di ruoli e di competenze, tutti facciamo tutto e il contrario di tutto e
non ci diciamo niente tra di noi, questa è la situazione in Italia,
dove ci sono sette organi di Polizia, l’Italia da questo punto di vista
è una mosca bianca in Europa.

Anche noi possiamo essere chiamati a partecipare alle retate, che


vengono fatte a volte proprio per le lamentele della cittadinanza o a
seguito di eventi delittuosi collegati alla prostituzione, come risse
tra criminali che si fronteggiano per i territori che le ragazze
andranno ad occupare, per mancati accordi di compravendita delle
ragazze, creando conseguentemente problemi di ordine pubblico.

Quali sono le fasi della retata?

Un numero ingente di mezzi e di personale di Polizia blocca in


strade e luoghi già pianificati già pattugliate sere prima, le
prostitute e le carica sui mezzi di servizio, può capitare che
riusciamo a prelevare anche protettori nel caso in cui stiano
controllando a vista la loro “merce”; quindi tutte le persone
vengono caricate e portate presso gli uffici della questura, a cui
viene richiesto uno sforzo notevole essendo spesso tutti straniere,
quindi saranno perquisite per accertarsi che non abbiamo armi o

47 4
oggetti che possano usare anche contro se stesse, per atti di
autolesionismo, vengono poi sottoposte a rilievi foto-dattiloscopici,
quindi vengono fotografate e si prendono le loro impronte digitali, si
mandano poi questi dati all’AFIS che è il centro di elaborazione dati
interforze, in cui riescono a dirci se esistono precedenti e se è gia
stata /o fermato/a schedata/o, cercando di ricostruire la storia
della persona se esistono già informazioni seguite a controlli.

Si controllano poi i documenti per accertarsi se possono stare o


meno sul territorio nazionale. Se non sono in regola con i
documenti sono rimpatriate, diversamente chi è in regola viene
rilasciata perché prostituirsi in Italia non è reato.

Solitamente in che percentuale sono le persone in regola con il


permesso di soggiorno?

La regolarità dei documenti è assolutamente variabile, a volte


troviamo documenti in regola e a volte no. E’ però interessante e
drammatico riscontrare che sta cambiano una tendenza: i criminali
hanno iniziato ad introdurre nella prostituzione di strada sempre più
spesso giovani ragazze minorenni, in quanto noi sulle persone
minorenni non possiamo intervenire più di tanto, mentre la persona
adulta può essere arrestata e rimpatriate, le minorenni, a seguito
dei controlli, anche se vengono trovate non in regola con i
documenti ed i permessi di soggiorno non si possono rimpatriare in
modo coatto, ma vengono introdotte nelle comunità di recupero
che regolarmente lasciano in quanto non sono delle prigioni, e
puntualmente tornano a prostituirsi.

48 4
I controlli dei documenti avvegono sulla strada?

No, chi è presente in quel momento nel territorio stabilito


precedentemente dalle forze di Polizia si porta in questura, dove
appunto avvengono i controlli.

Con che frequenza si fanno i controlli?

E’ assolutamente variabile, negli ultimi sei mesi ne sono state fatte


circa sette in città, ma sono un numero superiore alla media.

Capita che le prostitute vi chiedano aiuto?

Sebbene a seguito della retata, una volta in questura avrebbero la


possibilità di parlare, questo non accade praticamente mai.

Sperano solo di essere rilasciate senza conseguenze, e il prima


possibile. E’ molto più facile che si aprano se vengono in contatto
con le unità di strada delle associazioni che si occupano di tratta
che con le forze dell’ordine. Solo nei casi in cui sono state ultra
maltrattate allora chiedono aiuto, purtroppo i trafficati sono
diventati oggi più furbi ed hanno capito che conveniva usare metodi
più “persuasivi” per fare in modo che la donna non si rivolgesse alle
forze dell’ordine o alle associazioni, ma che continuasse a
prostituirsi. Nonostante si vedono passare davanti una media di
quaranta mezzi di Polizia ogni turno che dura sei ore, non esiste
che ci chiedano aiuto, basterebbe che facessero un cenno, ma
questo secondo la mia esperienza non è mai avvenuto.

49 4
Come mai secondo lei?

Intanto che le ragazze credono di venire qua a fare le cameriere è


ormai solo una favola, molte sanno quello che vengono a fare.

Cosa ne pensa di questa scelta?

E’ opinabile, visto le condizioni di povertà in cui versano. Spesso


molte già si prostituiscono nel paese d’origine, l’unica differenza è
forse che nel nostro paese sono costrette ad appoggiarsi ad
organizzazioni criminali che le sfruttano. Anche la donna “libera” è
sempre costretta a pagare l’affitto del marciapiede, ci sono casi
emblematici della capillarità dello sfruttamento in quanto alcune
ragazze pagano un “pezzo” di marciapiede italiano ad uomini che
spesso risiedono in Romania per esempio, e se queste donne
vengono sfruttate in maniera non troppo violenta, subiscono la
condizione anche per molto tempo, senza dire nulla mai alle forze
dell’ordine.

Come avviene (se avviene) una collaborazione tra Polizia Municipale


associazioni?

Non esistono contatti rilevanti, la Polizia Municipale non ha


protocolli d’intesa con le associazioni di volontariato che spesso
vengono considerate superflue, se non con 2 case di accoglienza
della città dove vengono appoggiate le sole ragazze minorenni, in
quanto siamo obbligati a trovargli un posto.

50 5
Secondo lei che è a contatto quotidianamente con questa realtà,
cosa si potrebbe fare per rendere la vita più difficile ai criminali che
si arricchiscono alle spalle di queste donne, in alcuni casi ragazzine?

Rendere la prostituzione davvero un mestiere come un altro, quindi


permettere di dichiarare e di contribuire al funzionamento dello
stato tramite le tasse, dare piena cittadinanza alla prostituzione
come professione, in questo modo sarebbero anche obbligate
anche , ai fini della prevenzione, a controlli sanitari.

Le ricordo però anche i casi di sfruttamento ad Amsterdam, lì è


tutto legale.

I criminali sfruttano proprio la loro posizione di clandestina.


Andrebbero adeguate le normative a riguardo, la prostituta
dovrebbe poter riuscire a provare che contribuisce al mantenimento
dello stato con un lavoro, pagando quindi le tasse; solo in tal caso
si potrebbe rilasciare il permesso di soggiorno, esattamente come
succede per i pizzaioli stranieri per esempio.

Sarebbe un modo anche per toglierle dalle strada, io sarei anche


per vietare la prostituzione in strada.

51 5
2) IL LATO OSCURO DELLA GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA

La prostituzione è diventata fenomeno di massa e si è estesa in


tutto il mondo. La pornografia è ampliamente diffusa nelle società .

Le cifre di questa industria sono da capogiro, i loro profitti colossali:


nel 2002, gli introiti della tratta e della prostituzione sono stati
stimati sui 60 miliardi di euro, quelli della pornografia in 52 miliardi.
Su base annuale il giro d’affari delle agenzie di turismo sessuale che
operano via internet è di un miliardo di euro. Sono decine di milioni
gli esseri umani , principalmente donne e bambini sottoposti all’
alienazione derivante dal commercio del sesso. Nel 2001 , il numero
delle prostitute nel mondo è stato stimato a 40 milioni, e la clientela
cresce a ritmo sostenuto. Ogni anno, circa 500000 donne vittime
del traffico a scopo prostituzionale sono immesse sul mercato del
sesso a pagamento nei paesi dell’Europa occidentale; il 75% ha
meno di 25 anni e, tra queste, una percentuale indeterminata, è
minorenne. Circa 4 milioni di donne e bambini sono vittime della
tratta.

Nel corso degli anni Novanta, nel solo Sud-Est asiatico, la tratta ha
fatto un numero di vittime pari a tre volte quello dell’intera storia
della tratta degli schiavi africani , che nell’arco di 400 anni avrebbe
contato circa 11,5 milioni di vittime mentre , in un decennio, nel
solo Sud-Est asiatico la tratta sessuale ha fatto 33 milioni di
vittime, da poco più di un decennio, un discorso analogo vale anche
per i paesi dell’ ex Unione Sovietica, dell’Europa Centro- orientale e
dei Balcani.

Nel settembre 2002 durante la Conferenza europea sulla


prevenzione e la lotta al traffico di esseri umani svoltasi a Bruxelles

52 5
si parlò di circa due milioni di persone oggetto di tratta ogni anno, e
di 700.000 donne vendute ogni anno ad organizzazioni criminali.

Il fenomeno appare in costante aumento, in stretta relazione con


l'accentuarsi del divario tra i livelli di vita nelle varie aree del mondo
e con la crescita della domanda negli stati di destinazione, tanto
che il traffico di esseri umani, che produce un giro di affari pari a 7
miliardi di dollari l' anno, è ormai secondo soltanto al traffico di
droga.4

2.1 UNA DEFINIZIONE

Esso costituisce una delle peggiori forme di violazione dei diritti


fondamentali della persona.

Occorre quindi definirlo precisamente, riferendomi al “Protocollo


addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la
criminalità organizzata transnazionale”, Palermo, dicembre 2000.

x "Tratta di persone" indica il reclutamento, trasporto, trasferimento,


l'ospitare o accogliere persone, tramite l'impiego o la minaccia di
impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento,
frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o
tramite il dare o ricevere somme di danaro o vantaggi per ottenere
il consenso di una persona che ha autorità su un'altra a scopo di
sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo
sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento
sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche
analoghe, l'asservimento o il prelievo di organi;

4 ) A cura di Richard Poulin 2006 “Prostituzione Globalizzazione Incarnata”

53 5
x Il consenso di una vittima della tratta di persone allo sfruttamento
di cui al primo punto del presente articolo è irrilevante nei casi in
cui qualsivoglia dei mezzi di cui al primo punto è stato utilizzato;

x Il reclutamento, trasporto, trasferimento, l'ospitare o accogliere una


persona ai fini dello sfruttamento sono considerati "tratta di
persone" anche se non comportano l'utilizzo di nessuno dei mezzi di
cui al primo punto del presente articolo;

x "Bambino" indica qualsiasi persona al di sotto di anni 18.


(ART 3 del pProtocollo).

Il traffico o tratta di esseri umani (trafficking in human beings), è


altro dal favoreggiamento della immigrazione clandestina
(smuggling of migrants). Quest'ultimo mira a ottenere un beneficio
finanziario o di altro tipo dall'entrata illegale di una persona in uno
stato del quale la persona stessa non è cittadina né residente.
Infine, il controllo esercitato dai criminali sulla persona della quale
si è favorito l'ingresso illegale in un altro stato, termina dopo il
passaggio del confine nazionale, invece nel caso di traffico di esseri
umani, lo sfruttamento continua anche e soprattutto dopo che la
vittima ha (eventualmente) varcato il confine.
Nel caso di favoreggiamento di immigrazione clandestina il reato
consiste quindi nel trasportare persone consenzienti e organizzare il
loro ingresso in uno stato senza i documenti idonei.
Nel caso di trafficking invece si è in presenza di metodi coercitivi o
ingannevoli ma non sempre l'ingresso nel territorio di un altro stato
avviene in maniera illegale ed esiste anche il traffico "interno" di
persone (lo stesso Protocollo di Palermo non fa alcun riferimento al
passaggio di confini di stati nazionali nella definizione di questo
reato).
Certamente l'immigrazione clandestina è motivo di enormi

54 5
sofferenze, ricatti e pressioni ma è importante sottolineare la
specificità del reato di tratta di esseri umani poiché costituisce una
forma moderna di schiavitù, e non può essere quindi
strumentalizzato nell'ambito dell'adozione di politiche migratorie
restrittive né essere ridotto allo sfruttamento della prostituzione .

3) PERCHE’ TOLLERIAMO LA SCHIAVITU’?

A quanto pare, il fatto che donne e bambini siano tenuti in


schiavitù, sfruttati sessualmente, non impressiona l’opinione
pubblica occidentale fino al punto d’indurla a chiedere con fermezza
che si ponga immediatamente termine a questa che è la peggiore
violazione dei Diritti Umani.

Questa piaga tollerata dall’opinione pubblica è una realtà, e le


dichiarazioni internazionali contro la schiavitù, mascherano la
compiacenza con cui si permette il possesso degli schiavi .

Quando una prostituta non può cambiare residenza, muoversi


liberamente, controllata a vista o con altri metodi, dai criminali,
quando non è in grado di contrattare alla pari con il suo protettore
le percentuali dei suoi introiti, viene spostata con l’inganno
passando di mano in mano oggetto di vera e propria
compravendita, di transazioni commerciali di cui essa non è al
corrente, e di cui non può sceglierne liberamente i termini, quando
essa è oggetto di vera e proprie asta in varie tappe attraverso il
viaggio passando di mano in mano, quando essa non è libera di
scegliere, se e quando lasciare quel lavoro, non si può più parlare
semplicemente di sfruttamento della prostituzione ma di schiavitù
sessuale.

55 5
Schiavitù significa, lo stato o la condizione di una persona su cui
vengono esercitati, in tutto o in parte, i poteri connessi col diritto di
proprietà, e “schiavo” significa una persona in tale condizione o
stato.

Quindi tratta degli schiavi include tutte le azioni connesse con la


cattura , l’acquisto o la vendita di una persona con l’intento di
ridurla in schiavitù, tutte le azioni connesse con l’acquisto di uno
schiavo al fine di venderlo o di scambiarlo, tutti gli atti di cessione o
baratto acquistata per essere venduta o scambiata; e in generale
tutto ciò che ha a che fare con il commercio o il trasporto di
schiavi.

I vari tipi di schiavitù sessuale hanno degli elementi in comune: essi


presuppongono sempre, una forma di proprietà, e il diritto di
sfruttamento da parte del padrone, inoltre rappresentano la
negazione dei fondamentali diritti umani, e ciò li riduce ad una sorta
di servizio forzato; la persona schiava non è libera in nessun modo
di mutare la propria condizione.5

3.1 QUESTIONI E RILIEVI GIURIDICI SULLA RIDUZIONE IN


SCHIAVITU’ DELLE DONNE DELL’EST

La principale figura delittuosa sulla quale è opportuno soffermarci, è


quella contenuta all’art.600c.p. rubricato “Riduzione in schiavitù”.
Alla base vi sono il concetto di “schiavitù” ed il concetto di
“condizione analoga alla schiavitù”. Nella originaria formulazione poi
sostituita dalla recente l. 228/03, la detta norma puniva, “chiunque

5 Stephen Barlay 1968 “ Schiavitù sessuale”

56 5
riduce una persona in schiavitù, o in una condizione analoga alla
schiavitù”.

La Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, così illustra


il contenuto delle fattispecie in esame: “si tratta di delitti nei quali
la lesione giuridica ha per oggetto, non, una o più delle singole
manifestazioni in cui può esplicarsi la libertà individuale, bensì il
complesso di tali manifestazioni, che si riassumono nello status
libertatis”. Tali delitti implicano, pertanto, non solo una restrizione o
una privazione della libertà personale del soggetto passivo, ma
altresì, quale elemento caratterizzante, un totale assoggettamento,
senza il quale potrà aversi, ad esempio, sequestro di persona ma
non schiavitù. Nonostante la particolare strutturazione a forma
libera del reato di riduzione in schiavitù, per diversi decenni
l’interpretazione giurisprudenziale e la carenza degli strumenti
repressivi hanno reso difficile il contrasto dei crimini afferenti la
tratta di esseri umani, comportando una sostanziale disapplicazione
dei reati pur previsti e puniti dal codice penale.

Quando le nuove schiavitù cominciarono ad arrivare nelle aule


giudiziarie, il vuoto legislativo creato dalla detta interpretatio
abrogans venne superato, sempre in via interpretativa, facendo
rientrare le forme di schiavitù “di fatto” nell’ambito della fattispecie
delittuosa del plagio prevista all’art.603 c.p. (“chiunque sottopone
una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di
soggezione”). Così, autorevole dottrina suddivideva la trattazione
dei delitti in parola indicando l’art.600 quale “riduzione in schiavitù
come condizione di diritto” (in linea con la detta interpretatio
abrogans) e l’art.603, intitolato dal legislatore “plagio”, quale
“riduzione in schiavitù come condizione di fatto”. Precisava poi che
il reato di riduzione in schiavitù di cui all’art.600 “non può
commettersi che all’estero, cioè nel territorio di uno Stato che

57 5
riconosca la schiavitù, o altra condizione analoga, come condizione
di diritto”. Anche le “condizioni analoghe” erano intese
esclusivamente quali condizioni di diritto. Nel 1981 la Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 96, ha dichiarato la
incostituzionalità del reato di plagio per l’indeterminatezza della
fattispecie. L’eccessiva genericità di quest’ultima si poneva in
aperto contrasto con il principio di tassatività della fattispecie
penale. Con la declaratoria di incostituzionalità del reato di plagio, si
apriva un nuovo panorama giuridico. Si veniva a creare una lacuna
dell’ordinamento, giacchè, una volta eliminata la figura delittuosa
nella quale venivano fatte rientrare le situazioni di fatto della
riduzione in schiavitù, le stesse risultavano prive di sanzione
penale. E, tuttavia, la Corte con la medesima pronuncia e,
successivamente, la Cassazione con sentenza a Sezioni Unite del 20
novembre dello stesso anno ponevano le basi per la necessaria
evoluzione giurisprudenziale.

Il vuoto legislativo veniva colmato in via interpretativa facendo


finalmente rientrare nella fattispecie delittuosa dell’art.600 c.p., non
più solo le situazioni di diritto, bensì anche le situazioni di fatto.

C’è ritrosia da parte dei giudici a riconoscere la sussistenza dello


stato di schiavitù?

In assenza di una chiara indicazione normativa sul concetto di


riduzione in schiavitù o in condizione analoga, la giurisprudenza,
meno sensibile di quella prima citata, ha usato criteri molto rigidi
nell’applicare l’art.600. Ed il più delle volte ne ha escluso la
sussistenza. Così, invece di pronunciare una condanna per i reati di
schiavitù, si è fatto ricorso alle figure del sequestro di persona o
all’induzione della prostituzione aggravata dall’uso di violenza o

58 5
minacce. Reati che, nei casi concreti, si pongono al limite con la
riduzione in schiavitù.

O, addirittura, nei casi peggiori, manca, a monte, una contestazione


delle condotte, in astratto,“schiavizzanti”.

In una sentenza del Tribunale di Modena del 2000 ci sono


contestazione e condanna solo per prostituzione e immigrazione
clandestina nonostante siano emersi numerosissimi elementi che
facevano ritenere sussistente una riduzione in schiavitù. Il giudice
constata la presenza di tali elementi, eppure non fa parola in alcun
passo della sentenza di una condizione di schiavitù delle vittime.
“Furono vendute, quali prostitute, da una padrone all’altro”. “Le
ragazze erano strettamente controllate dai loro padroni proprio per
evitare che potessero fuggire”. Dichiarazione di una delle parte
offesa: “ci prendeva i passaporti e quindi venivamo chiuse a chiave
all’interno di un appartamento.. Uscivamo solo con loro”. Dovevano
dare tutti i proventi agli sfruttatori: “Non avevano alcuna libertà o
possibilità di cessare l’attività di prostituzione”. Gli sfruttatori
volevano costringerle ad abortire, anche clandestinamente, ma non
ci riuscirono solo grazie all’intervento dell’associazione che le aiutò.
Inoltre, durante lo stato di gravidanza, “costrinsero le ragazze a
lavorare ancora perché volevano che abortissero”. Una delle vittime
era stata rapita in Macedonia: “io gli ho detto che non volevo, però
mi ha picchiato, quindi io per paura sono stata zitta”; e poi: “il terzo
giorno mi ha costretta, picchiandomi, ad andare a lavorare in
strada”. Il Tribunale riscontra che le ragazze “ non avevano alcuna
possibilità di scelta, che non avevano possibilità di sottrarsi alla
condizione di sfruttamento se non fuggendo di nascosto”; e accerta
poi “una condizione di assoggettamento delle stesse alla volontà ed
ai controlli degli attuali imputati”, ma ancora la norma sulla
schiavitù non viene applicata.

59 5
In una sentenza del 2000 del Tribunale di Macerata nonostante si
accerti una “situazione di totale limitazione della libertà personale”,
la riduzione in schiavitù o la tratta non vengono neanche
contestate. In particolare è scritto che la ragazza fu “condotta a
Milano ed affidata ad un altro uomo insieme al quale abitò per circa
tre mesi, nel corso dei quali alla ragazza fu sempre impedito di
uscire di casa. Durante la permanenza a Milano, la stessa ebbe
modo di conoscere l’attuale imputato, il quale si era recato presso
l’abitazione ove l’uomo sconosciuto teneva la [ragazza] allo scopo
di “acquistare” quest’ultima, cosa che poi effettivamente si
verificò”. La ragazza fu costretta a prostituirsi. “L’imputato teneva
la [vittima] segregata in casa durante il giorno, impedendole di
uscire e di avere contatti con chicchessia, così che la ragazza usciva
solo per prostituirsi. Inoltre, sempre al fine di controllarla,
[l’imputato] consegnò alla [persona offesa] un telefono cellulare,
così da poterla chiamare durante lo svolgimento dell’attività di
prostituzione. La parte civile ha anche riferito di aver subito in due
o tre occasioni violenze sessuali, perpetrate [dall’imputato]. In
particolare [l’imputato] picchiò [la p.o.] la prima volta, dal
momento che la stessa si rifiutava di avere rapporto sessuali con
lui. Le volte successive non vi fu bisogno di violenza fisica, dal
momento che la [p.o.], sapendo a cosa sarebbe andata incontro se
si fosse opposta, aveva lasciato fare l’imputato..”.

Nel 2000 davanti al Tribunale di Lecce c’erano vari elementi di


riduzione in schiavitù a carico dell’imputato e tuttavia non furono
tradotti in contestazione dell’art.600. Ciò, nonostante le risultanze
probatorie acquisite abbiano consentito di pronunciare una
condanna per i reati contestati di favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina e di induzione e sfruttamento della
prostituzione.

60 6
La Corte d’Assise di Padova nel 2003 contesta l’art. 600 ma,
nonostante notevoli elementi, la Corte non ritiene raggiunta la
prova piena (in realtà non ritiene sufficiente la condotta
dell’imputato ad integrare una riduzione in schiavitù) e quindi
assolve l’imputato dall’accusa di riduzione in schiavitù e condanna
solo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nonché
favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.6

Nel grafico 15 ciò è messo in evidenza.

Osservando questo grafico si può vedere come quasi mai siano


applicati gli articoli che puniscono la schiavitù ovvero art 600, 600
bis, 609 bis, 605 bis che prevedono fra pene più severe e come si
continui ad applicare in larga misura la legge Merlin 75/58 che

6) WEST manuali, I flussi e le rotte della tratta dall’Est Europa

61 6
punisce lo sfruttamento, il favoreggiamento e l’adescamento, il
secondo articolo applicato e il 12 T.U 286/98, il cui ambito di
applicazione concerne i diritti doveri dello straniero, quindi i reati
connessi all’immigrazione.

Probabilmente si propongono maggiormente questi capi di accusa in


quanti si è più sicuri della eventuale condanna, ma ancora una volta
ritengo che le Corti ed i Pubblici Ministeri italiani dovrebbero essere
più coraggiose ed iniziassero a chiamare le cose con il loro nome.

4) AUMENTO DEL NUMERO DI DONNE TRAFFICATE

CONSEGUENTE ALL’EMANCIPAZIONE FEMMINILE

La tratta di donne e nel secolo XXI è un abominio che colpisce al


cuore l’umanità: è soprattutto un problema di diritti umani, ma data
la vastità e gli effetti profondi sulla società nel suo insieme, è anche
un problema di sviluppo, di discriminazione e di disuguaglianza fra i
sessi che colpisce le donne a causa del status ineguale, subordinato
e secondario nella società. La tratta fiorisce e prospera grazie alla
concezione patriarcale che consolida la supremazia e il dominio
dell’uomo sulle donne a tutti i livelli e in tutte le diverse società.

Così, come in altri ambiti, il ricorso all’offerta straniera sembra aver


compensato i vuoti comparsi nel mercato interno. Come e più che
in altri casi, tuttavia, gli operatori stranieri (criminali) che si sono
inseriti, non hanno semplicemente colmato dei buchi, ma si sono
rapidamente imposti come protagonisti autonomi del “mercato”,
stimolando anche una domanda aggiuntiva, grazie a prezzi
competitivi, al fascino dell’esotico, all’offerta di ragazze molto
giovani, alla stessa visibilità della “merce” in vendita.

62 6
Ed è proprio qua che entra in gioco la risposta degli uomini italiani
all’emancipazione delle donne connazionali. E’ risaputo che, se da
un lato la domanda di sesso a pagamento c’è sempre stata, in
questi anni si ha sicuramente assistito ad una grande impennata
della stessa, e dall’altro lato ad una progressiva e repentina
diminuzione dell’offerta della prostituzione di donne italiane, tale
aumento di domanda non può essere solo riscontrato nell’ampliarsi
dell’offerta delle donne straniere e nell’abbassamento dei prezzi
delle prestazioni, ma anche e principalmente nell’ incapacità degli
uomini italiani di relazionarsi in modo paritario, con donne sempre
più libere e consapevoli.

Qualcosa di analogo a ciò che avviene alla luce del giorno e nella
sfera domestica per il ricorso a collaboratrici familiari e assistenti
domiciliari immigrate, sembra avvenire nel buio e per le strade con
l’acquisto di rapporti sessuali a pagamento. Anche in questo caso,
la ricca domanda occidentale sembra aver bisogno di reperire
altrove prestazioni che celano rapporti sociali non più proponibili nei
confronti delle donne autoctone.

Alla minore considerazione nei confronti delle donne in quanto


esseri umani - in quanto materia prima nel commercio di servizi
sessuali - corrisponde la minore importanza che riveste per i
proprietari del commercio la volontà delle donne di adescare i
clienti; né tanto meno è importante per il cliente sapere se la
prostituzione esercitata da una donna sia o meno il risultato di una
scelta volontaria.

63 6
5) NECESSITA’ DI DISTINZIONE TRA TRATTA E

PROSTITUZIONE LIBERAMENTE ESERCITATA

Per anni in Italia si è dibattuto sulla distinzione tra “prostituzione


libera” e “prostituzione coatta”, come se - trattandosi di donne
migranti, spesso “irregolari” - fosse possibile fissare dei confini così
netti. Ma le vicende concrete vissute e testimoniate dalle vittime
della tratta mettono di fronte ad una realtà esattamente opposta. Si
presentano, quindi, casi di donne giunte in Italia per canali regolari
che poi non trovano altre forma di sopravvivenza che la
prostituzione, finendo per essere “controllate” dai trafficanti. Così
come ci sono donne che, già prima della partenza accettano di
esercitare il lavoro sessuale, il solo in grado di assicurare buoni
guadagni in tempi rapidi. In tali casi esiste il consenso della vittima,
che però, come afferma chiaramente lo stesso Protocollo delle
Nazioni Unite, non esenta il trafficante dalla responsabilità e non
può autorizzare ad una negazione dell’assistenza prevista per la
persona trafficata.7 Inoltre anche le donne italiane hanno subito e
subito e subiscono diverse forme di sfruttamento se decidono di
fare le prostitute.

Nonostante la difficoltà concettuale e reale di tale distinzione il


“tendere” a mantenere separati i due ambiti deve continuare ad
essere un obbiettivo nella lotta contro la tratta, si deve continuare a
distinguere, tra tratta e prostituzione liberamente scelta per poi
gettare le basi per eventuali piani di contrasto e di sensibilizzazione
del cliente, tale distinzione non si può però definire sulla base del
consenso che come sappiamo è sempre forzato “con le buone o con

7) Ada Trifirò Articolo scaricabile su internet www.terrelibere.org “Donne, migrazioni e tratta fra stereotipi e realtà”

64 6
le cattive” ma sulla libertà della donna di poter godere di tutto ciò
che guadagna senza dover pagare né marciapiedi né percentuali.

Cosa distingue una donna vittima di tratta da una prostituta


autonoma?

La prostituta autonoma dispone dei propri guadagni, ha ampie


possibilità di rifiutare i clienti o di contrattare con loro, ha facoltà di
muoversi liberamente, è soggetto e non oggetto della transazione
di mercato , ne decide tempi e modalità come libera professionista,
oggetto in questo caso è il cliente che deve pagare per avere una
prestazione, la sex worker molto laicamente crede sul serio che
possedere denaro sia un prerequisito essenziale per la felicità e il
benessere; per chi sceglie questo mestiere il denaro è perciò bene
irrinunciabile proprio in quanto rappresentante materiale universale
della ricchezza, anche quindi di status,8 la differenza tra la sfruttata
e chi lo sceglie liberamente risiede nel che chi sceglie attinge a
questa ricchezza, la consuma e gode come e quanto vuole del suo
conto in banca, mentre sappiamo che numerose ragazze sulle
nostre strada e nei locali negli appartamenti devono consegnare
gran parte del loro guadagno a chi le “protegge”, e non hanno
libertà di decisione all’interno del rapporto commerciale.

6) I CLIENTI

All’interno della distinzione tra prostituta sfruttata e prostituta


libera, il cliente è una risorsa che deve essere di notevole
importanza nella lotta contro la schiavitù sessuale. In primo luogo è

8 A cura di On The Road “Prostituzione e Tratta”. Il mondo delle Sex Worker. Pia Covre

65 6
ciò che costituisce la famigerata “domanda”, da intendersi tale in
termini di mercato del lavoro.

Inoltre è il soggetto insieme al “magnaccia” e alle altre compagne


di lavoro che compone il mondo umano della prostituta, questi sono
gli unici contatti umani che essa vive. Forze dell’ordine e
associazioni lo sono solo in modo saltuario, e con diversi approcci.

Dal punto di vista della rappresentazione sociale e della


comunicazione, quello dei clienti della prostituzione è un mondo non
solo poco indagato ma anche “difficile” come target.

L’approccio al fenomeno della prostituzione nel suo complesso è


infatti caratterizzato da una serie di tabù e moralismi che
permangono anche alla luce dei suoi recenti sviluppi che implicano il
traffico e lo sfruttamento di donne e minori immigrate. Per quanto
tale nuova connotazione del fenomeno abbia richiamato
massicciamente l’attenzione dei media, questa si esplica ancora,
nella gran parte dei casi, in maniera superficiale e sensazionalistica,

tra crociate di ritrovato senso del pudore, crescente allarme sociale


e approccio pietistico e salvifico.

Tutto ciò non aiuta a comprendere la complessità del fenomeno e le


sue implicazioni e solitamente evita un’analisi critica ed autocritica
della nostra società.

In questo scenario i clienti rappresentano forse la parte più oscura e


taciuta.

Si tratta di una componente del fenomeno di cui a lungo non si è


parlato affatto e che anche negli ultimi anni, dopo esser stato
periodicamente ma fugacemente portato alla ribalta soprattutto
dalle iniziative di natura repressiva delle forze dell’ordine e della
Magistratura o di alcuni Comuni, ricade nel silenzio.

66 6
L’approccio ai clienti non è dunque facile e dovrebbe tener conto di
una serie di considerazioni:

• innanzitutto essi sono una componente oscura della cittadinanza,


ad essa trasversale poiché non identificabile con un particolare
“ceto sociale” o una determinata fascia di età

• iniziative “punitive” oltre a non esser legittimate da un punto


legislativo, non lo sono neanche da un punto di vista etico poiché
limiterebbero la sfera della libertà personale e privata, le scelte
sessuali e sarebbero inoltre inefficaci perché porterebbero ancor più
nel sommerso un fenomeno già fortemente sfuggente

• i clienti si rivolgono a prostitute molte delle quali non esercitano


liberamente ma sotto forti condizionamenti, violenze e sfruttamento
e parte delle quali sono minorenni, si impone quindi la necessità di
attuare iniziative di corretta informazione e di sensibilizzazione degli
stessi

• tali iniziative non dovrebbero comunque prescindere dalla


consapevolezza di rappresentare un approccio limitato, che
dovrebbe essere accompagnato da interventi di medio-lungo
periodo sulla sfera dell’educazione alla sessualità e all’affettività.
Proprio perché oggi in Italia nella stragrande maggioranza dei casi,
non esiste una prostituzione libera, ma troppo spesso controllata
da gruppi criminali, con gravissime conseguenze sulle vittime, è
necessario coinvolgere, o tentare di coinvolgere anche il cliente,
come soggetto attivo nella lotta contro la tratta, con necessarie
attività di sensibilizzazione, che devono racchiudere in sé le
seguenti caratteristiche:

• la scelta di un canale comunicativo che garantisse di raggiungere,


il target altrimenti sfuggente che potrebbe essere per esempio un
periodico incentrato sull’offerta di incontri e prestazioni sessuali

67 6
• la scelta di utilizzare il prezioso know how e la facilità di contatto
che caratterizza il servizio dell’unità mobile che opera nel contesto
della prostituzione, con l’adozione di un approccio duplice: da una
parte la diffusione del leaflet alle persone che si prostituiscono
chiedendo loro di farsi tramite con il cliente (ottenendo in tal modo
una duplice sensibilizzazione ed inoltre l’attivazione di un dialogo
tra prostituta e cliente su temi solitamente rimossi) da numerose
testimonianze di prostitute si è riscontrato che un numero cospicuo
di clienti non disdegna di intrattenersi a parlare con la prostituta;
dall’altra parte non escludendo un rapporto diretto tra unità mobile
e cliente

• l’offerta di un servizio di counselling per i clienti, con annesso


numero verde, caratterizzato dalla garanzia dell’anonimato e da un
approccio non giudicante. Si può poi aggiungere, una vera e propria
“campagna pubblicitaria” fatta di cartelloni e volantini con le
seguenti caratteristiche:

1. un messaggio non criminalizzante ma di responsabilizzazione


del ruolo del cliente rispetto alla tutela della propria ed altrui salute
e rispetto alla condizione della persona da cui acquista sesso

2. il messaggio non aggressivo, volto a far cogliere il traffico di


esseri umani come un fenomeno non immediatamente visibile e non
necessariamente connotato dalla violenza più brutale, ma non per
questo meno grave in termini di violazione dei diritti umani

• l’affiancamento alla campagna dinamica all’interno e all’esterno


degli autobus e attraverso i manifesti murali con spot radiofonici.9

9) Progetto W.E.S.T Manuale delle prassi

68 6
E’ stato detto che la prostituzione è un ambito specifico in cui il
maschio, insicuro delle proprie capacità di relazionarsi con il sesso
opposto trova rifugio attraverso il ricorso al commercio sessuale,
che può essere interpretato come una riaffermazione nei confronti
della donna che soltanto pagando può avere. Il ricorso al sesso
commerciale appare come una fuga da rapporti, che per i clienti
sono troppo complessi, rapporti che includono pienezza della vita,
responsabilità, compromessi, tutti aspetti che non sono in grado di
affrontare.

In Italia i clienti sarebbero 9 milioni, i frequentatori più o meno


occasionali di prostitute , almeno il 70% dei clienti sarebbero
uomini sposati, appartenenti alla classe media , con una posizione
sociale stabile, sono uomini di 40-50 anni e ultrasessantenni e con
un buon grado di scolarizzazione.

Il cliente all’interno del contesto del fenomeno tratta, è da


considerarsi anche come potenziale risorsa di aiuto della vittima di
tratta, come dimostrano esperimenti di sensibilizzazione i criminali
nel loro controllo assiduo di ciò che ritengono fonte di reddito (le
prostitute) sono sempre molto allertati rispetto al tempo che le
prostitute passano con il cliente che non deve essere troppo anche
per il timore che si stabilisca una relazione diversa da quella
economica tra il cliente e la prostituta, infatti se la prostituta passa
con il cliente più di quanto stabilito dallo sfruttatore, ricorrerà
sicuramente in punizioni corporali o multe come dimostrano
numerose testimonianze.

I clienti in questi ultimi anni, si sono rivelati a volte una risorsa in


quanto le ragazze, se coraggiosamente decidono di rivolgersi ai
servizi sociali se sono appoggiate da un cliente con cui si è stabilito

69 6
un legame affettivo , sentimentale o amichevole il loro percorso di
uscita insieme al lavoro degli operatori è sicuramente facilitato.10

7) DISCRIMINAZIONE SESSUALE DELLE DONNE TRAFFICATE

La tratta di esseri umani comporta numerosi attacchi ai diritti delle


donne ma non solo; la tratta si accompagna sempre più spesso a
enormi traffici di denaro, di droga e di armi .

La preoccupazione per la vittime della tratta è non solo legittima


ma anche necessaria. Le proposte volte a riparare i torti fatti alle
vittime hanno alcuni punti in comune con le preoccupazioni delle
organizzazioni femministe, di quelle per i diritti dell’uomo e di quelle
umanitarie, dato che per queste ultime gli interessi della vittima e
la giustizia riparatrice sono fondamentali.

Tuttavia continuare a concentrarsi sulle vittime è solo una soluzione


di comodo che permette di sottrarsi ad un compito più difficile ,
impegnativo e rigoroso, cioè la lotta ai responsabili di questo reato.

Le vittime della tratta subiscono spesso lo stesso trattamento delle


vittime di uno stupro: la donna finisce per essere l’imputata, ciò che
succede abitualmente nei tribunali locali appunto nei casi di crimini
come stupro , perversione o abusi sessuali; questo atteggiamento è
stato denunciato dalle organizzazioni a sostegno delle vittime della
violenza domestica e sessuale. La linea d’indagine si sposta
dall’accusato alla vittima, focalizzandosi sui comportamenti di
quest’ultima, sui suoi antecedenti e in particolare , sulla sua vita
sessuale .

10) A cura di Mirta Da Pra Pocchiesa e Leopoldo Grosso 2001 “Prostitute, Prostituite, Clienti. Che fare?”

70 7
Nel caso della tratta, questo trasferimento di responsabilità ha tutta
l’aria di una discriminazione sessuale massiccia, se si tiene conto
che la maggior parte delle vittime della tratta è composto da donne
e ragazze. Le vittime sono condannate e perseguite al posto di chi
richiede il servizio sessuale ( i clienti) e dei responsabili del
crimine.

Un rapporto di Human Rights Watch (2002) rivela che, in alcuni


paesi, sono quasi sempre le vittime della tratta , e non i trafficanti
ad essere accusate , imprigionate e sanzionate con multe per reati
come ingresso clandestino, uso di documenti falsi o perché prive di
permesso di lavoro ( là dove la prostituzione è legale) sono reati
amministrativi dovuti alla loro condizione di vittime della tratta, che
non giustificano la loro assimilazione ai criminali comuni.

Con le loro azioni le forze dell’ordine devono mandare un messaggio


chiaro alle vittime, diventando anche ai loro occhi organizzazioni
affidabili a cui queste possono rivolgersi in caso di bisogno, è
risaputo che per la donna sfruttata , non c’è differenza tra polizia e
sfruttatori, li temono entrambi allo stesso modo. Se le forze
dell’ordine si mostrano esitanti, o peggio conniventi, con i
trafficanti, o colpevolizzando le vittime, ed in alcuni casi conosciuti
usando violenza su di loro, non si potrà avere effettivi risultati nella
lotta alla tratta .

Le donne vittime di tratta subiscono il rifiuto sociale ma sono


massicciamente impiegate nella prostituzione; la clandestinità in cui
vivono le rende invisibili sono senza difesa e protezione , subiscono
estorsioni di ogni tipo e dai limiti difficilmente sopportabili.

Le prostitute straniere si situano ovviamente alla base della scala


gerarchica prostituzionale , sono socialmente e culturalmente
isolate , ed esercitano la prostituzione nelle peggiori condizioni

71 7
possibili , completamente assoggettate a diverse forme di violenza,
sia nel quotidiano esercizio della prostituzione, sia nei trasferimenti
da un paese all’altro.

Gli stati devono studiare strategie di prevenzione della tratta


internazionale di donne e adolescenti che non riducano le libertà di
migrazione, una principale preoccupazione tra le direttive per il
perseguimento dei criminali e le misure che riguardano le vittime
che, in realtà, finiscono per penalizzarle col pretesto di proteggerle,
infatti spesso le misure contro la tratta sono state ridotte a una
serie di restrizioni migratorie; sappiamo che se le donne riescono
ad avere un permessi di soggiorno è molto più semplice portare a
termini l’intervento di protezione e recupero della vittima.

La percentuale delle donne è sempre più consistente tra gli


emigranti. Le restrizioni imposte alle migrazioni e i controlli alle
frontiere hanno dunque provocato un incremento della tratta di
esseri umani invece di diminuirla.

E’ altresì molto importante che gli stati mettano al più presto in


pratica le proposte della “Convenzione per l’eliminazione di tutte le
forme di discriminazione contro le donne” in particolare l’art 5 che
parla della necessità di incoraggiare cambiamenti degradanti e
discriminatori nei confronti delle donne. Questo contribuirebbe a
scoraggiare la domanda maschile che alimenta la tratta, se
l’impegno degli stati rispetto a questa convenzione non è solo
simbolico, devono prendere tutte le misure necessarie al rispetto
sia di tutta la convenzione.

A livello nazionale, le iniziative devono includere programmi di


prevenzione, protezione, azioni giudiziarie e reintegrazione. Si deve

72 7
creare un’agenda statale che , oltre a prevedere uguaglianza fra i
sessi deve integrare strategia di lotta alla tratta.11

Il governo italiano per intensificare il sistema di prevenzione e


contrasto ai fenomeni della tratta di esseri umani e dello
sfruttamento della prostituzione, nel gennaio del 2007, ha istituito
“l´Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa
connessi”.

L´organismo - presieduto dal Sottosegretario di Stato all´Interno


Marcella Lucidi e collocato presso il Dipartimento della Pubblica
Sicurezza - svolgerà compiti di studio, ricerca ed approfondimento
sul sistema di prevenzione e contrasto del fenomeno al fine di
migliorarne l´efficacia e di potenziare le misure di assistenza,
protezione e tutela delle vittime.

Dell´Osservatorio faranno parte investigatori delle Forze dell´ordine


e personale del Dipartimento per le Libertà civili e l´Immigrazione,
ma anche esponenti degli Enti e delle Associazioni che si occupano
della protezione e del reinserimento delle vittime. Ai lavori
dell´Osservatorio potranno essere invitati, per i contributi di
competenza su singole tematiche, rappresentanti dei Dicasteri della
Giustizia e della Solidarietà Sociale e del Dipartimento per i Diritti e
le Pari Opportunità.

8) UN’ ANALISI DEL CONSENSO

Un punto assai discusso della questione concerne poi le svariate


sfaccettature del rapporto tra coercizione e consenso, che si pone
come un nodo cruciale delle relazioni tra organizzatori del traffico di

11 ) A cura di Richard Poulin 2006 “Prostituzione Globalizzazione Incarnata”

73 7
esseri umani e persone coinvolte. In proposito il passaggio da
interpretazioni monolitiche delle donne come vittime, sostenute in
particolare da correnti di pensiero femministe e da molte
organizzazioni non governative, ad una visione più complessa del
fenomeno, in cui entra in gioco la constatazione che la maggioranza
delle donne entra nell’industria del sesso volontariamente e che il
legame con la tratta non è così stretto come si credeva.
Le ricerche sul campo svolte in Italia tendono però quasi sempre a
confermare l’idea della diffusione di gravi fenomeni di coercizione e
sfruttamento, anche se è cresciuta la consapevolezza delle diversità
dei casi e dei complessi intrecci tra scelte individuali e dominazione
organizzata.

Sia che sappiano cosa vengono a fare, sia che ne siano all’oscuro,
nessuna immagina, però, le condizioni in cui sarà costretta a vivere
e a prostituirsi: con qualsiasi condizione atmosferica, per
moltissime ore al giorno, almeno sei giorni su sette, senza
interruzione sia che sia mestruata, sia che sia incinta (salvo il
tempo per l’interruzione di gravidanza).

Si sa inoltre che la relazione tra il “magnaccia” e la prostituta è di


solito più consensuale agli inizi, mentre si deteriora nel tempo,
quando emerge l’interesse della rete dei trafficanti a protrarre il più
a lungo possibile il rapporto di sfruttamento, a deciderne le
modalità e ad appropriarsi della maggior parte dei proventi.12

Si può aggiungere che tanto le situazioni di partenza, quanto le


pressioni psicologiche, le minacce, la paura delle autorità, la
mancanza di conoscenze della società ricevente e delle possibili
alternative, rendono l’apparente cooperazione in vario modo
condizionata da fattori che sovrastano e limitano l’espressione di

12 Emanuela Abbatecola “Donne al margine” introduzione, L’altra faccia dell’immigrazione femminile.

74 7
scelte soggettive consapevoli e libere. È dunque sempre necessario
domandarsi come sia stato costruito il consenso, e quali vincoli lo
sostengano.
Lo squilibrio tra le possibilità d’ingresso nei paesi avanzati e
l’aspirazione a partire genera un grande mercato per coloro che
sono pronti a soddisfare la speranza di imprimere una svolta alla
propria vita emigrando. Questo drammatico scompenso tra
domanda e offerta di migrazione genera il primo e fondamentale
anello del traffico di essere umani, rappresentato dal debito
contratto, che comporta gravi forme di soggezione ai creditori.

La soggezione ai trafficanti parte dunque, in generale,


dall’esposizione dei costi necessari, la cui reale entità viene peraltro
spesso illustrata soltanto in un secondo tempo, e calcolata secondo
criteri che sfuggono alle persone trasportate. A questi elementi
vanno aggiunti i fattori di debolezza derivanti dalla condizione di
immigrata irregolare o clandestina, l’età molto giovane, la
conoscenza scarsa o nulla della lingua e delle istituzioni del paese
ospitante.
La solitudine, lo sradicamento, il senso di estraneità, la mancanza
di informazioni, provocano reazioni emotive destabilizzanti, che solo
ad un’analisi superficiale possono essere interpretate come
espressioni di un fondamentale consenso nei confronti dello
sfruttamento.
Nel processo di costruzione della cooperazione delle vittime del
traffico, va richiamato infine il problema dell’asimmetria informativa
(Pastore, Romani, Sciortino, 1999). Tra gli elementi che concorrono
a istituire legami collaborativi e l’apparente relazione consensuale,
un aspetto determinante deriva dal fatto che le uniche informazioni
che arrivano alle donne vengono fornite dai loro sfruttatori. Queste
donne non hanno in genere, fino al momento in cui riescono a

75 7
comunicare con operatori, volontari, a volte persino con i clienti,
altre fonti di notizie sulle loro condizioni, i loro diritti, le opportunità
a cui avrebbero accesso se uscissero dalla prostituzione e si
ribellassero allo sfruttamento.13
Gli sfruttatori hanno buon gioco nel drammatizzare le conseguenze
delle attività repressive della polizia e della giustizia italiana, così
come nell’ingigantire le loro capacità di ritorsione nei confronti di
chi tenta di sottrarsi al destino di prostituta. Pertanto la possibilità
di autodeterminazione e di scelta da parte delle donne prostituite è
in realtà drammaticamente vincolata da un set di opportunità
informative molto ridotto, assai dipendente e manipolato dalle reti
che le tengono sotto controllo, le hanno fatte entrare in Italia
oppure le hanno acquistate per prostituirle.
Analizzare da vicino il fenomeno della prostituzione immigrata,
come vedremo, mostra dunque quanto sia intricata l’area grigia che
si situa tra l’assoluta costrizione e il libero consenso e quali
sfaccettature possa assumere il condizionamento della volontà di
altre persone a fini di sfruttamento.

Se è ingenuo pensare che le donne straniere che si prostituiscono in


Italia o in altri paesi siano tutte vittime ignare o rapite con la forza,
sarebbe altrettanto sbagliato acconsentire alla visione opposta.

In astratto, certamente il diritto di prostituirsi fa parte della sfera


d’autonomia della persona ed esiste in Europa, una prostituzione
gestita autonomamente dalle donne. Si tratta però, di un fenomeno
marginale rispetto al numero di quelle soprattutto immigrate, che
sono impegnate nel mercato del sesso da organizzazioni che nella
migliore delle ipotesi, le collocano in condizioni di “dipendenti
salariate” con ristretti margini di scelte individuali, pensiamo al
SEX-BUSINESS, e nelle peggiori, in condizioni di totale subalternità.

13 Emanuela Abbatecola “Donne al margine” introduzione, L’altra faccia dell’immigrazione femminile.


76 7
La “prostituzione da tratta” al contrario, rappresenta un segmento
autonomo e indipendente, con caratteristiche proprie. Il carattere
specifico della tratta è determinato dall’alto tasso di coercizione che
i trafficanti/sfruttatori esercitano direttamente sulle donne o,
indirettamente sulla famiglia delle stesse. Tale fenomeno va
specificato, rientra in quella dimensione ancora più particolare e
drammatica, quale è il Mercato del Traffico degli esseri umani, che
garantisce alle organizzazioni criminali che lo gestiscono, un
fatturato, come abbiamo detto, di 5-7 miliardi di dollari l’anno. Non
a caso, infatti, rappresenta oggi, la seconda voce di profitti illeciti
delle organizzazioni illegali internazionali, dopo quello degli
stupefacenti.

Il trafficking, come detto, rappresenta una condotta criminale


connotata da una consistente incidenza nella sfera del soggetto
passivo del reato: infatti oltre alla fenomenologia collegata alla
completa assenza di volontà della vittima a «migrare», conseguente
ad esempio a condotte di violenza o ratto, la gamma di situazioni
riconnesse alla coartazione della volontà o ai meccanismi di inganno
o frode tali da «viziare» il consenso della vittima, finisce per
costituire la parte più interessante del fenomeno, anche per la
complessità dei suo accertamento.

Non irrilevante è poi l'analisi delle conseguenze che la perpetrazione


del crimine provoca nelle condizioni di vita successive al
trasferimento della persona in uno Stato diverso, essendo evidente
che sulla situazione di inferiorità, anche per carente conoscenza
della lingua e dei meccanismi di vita, fanno leva i trafficanti per
ottenere anche lo scopo ulteriore dello sfruttamento della vittima
stessa, tramite l'impiego nei settori di mercificazione della persona.

77 7
Analizzare la dimensione culturale che caratterizza il fenomeno
della prostituzione da tratta, significa indagare il tipo di legame
culturale e relazionale che caratterizza i differenti rapporti di
dipendenza tra le giovani donne prostitute e le rispettive
organizzazioni criminali, ricordiamo che spesso vittime e i criminali
hanno la stesa provenienza geografica. Questo “legame”, è attivato
attraverso l’uso e la condivisione delle conoscenze, dei propri
stereotipi e delle proprie credenze. In misura più concentrata
quindi, tale dinamica relazionale, avviene in una struttura ben
definita come quella della prostituzione criminale, dove sono
individuati e distribuiti tra le parti: ruoli, norme e poteri. Questi
aspetti, giocano un forte ruolo nel generare e mantenere consenso,
infatti, sono proprio le modalità collusive con le quali si
compongono le differenti relazioni tra i diversi attori, come
prostitute, mandanti, trafficanti, organizzatori e clienti, ad orientare
e a “muovere” il sistema prostituzione. Questo sistema relazionale
tra le donne e l’ambiente nel quale sono inserite, assume forme e
caratteristiche differenti a seconda se il contesto criminale è gestito
da bande dell’Est Europa o da bande nigeriane. 14

Si è a lungo discusso su aspetti problematici di valutazione delle


prove. Numerosi paesi hanno infatti descritto le notevoli difficoltà
ad ottenere le condanne degli autori del traffico nei loro sistemi
processuali, nei quali il presunto consenso delle vittime allo
sfruttamento diventa spesso tema di prova della difesa dei
criminali, in grado di riverberare effetti anche sulle condotte di
traffico poste in essere in precedenza per «trasferire» la vittima «al
di fuori» del suo Paese d'origine o di residenza.

14 Dott.sa Lucia Rosaria Giordano Psicologa “Analisi culturale del fenomeno prostituzione da tratta” Articolo Internet .

78 7
A parziale soluzione del problema è stata discussa ed approvata,
nella “convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale”
(Palermo 12 dicembre 2000) una disposizione di valutazione della
prova, in cui si stabilisce che il consenso allo sfruttamento
successivamente dalla vittima è irrilevante, qualora risultino posti in
essere quei mezzi fraudolenti o forzosi utilizzati per ottenere la
tratta della persona.

Certo una tale soluzione non può che essere parziale, essendo
chiaro che le modalità di criminalizzazione delle condotte come
descritte vanno poi trasferite da ciascuno Stato all'interno dei propri
parametri e schemi legali di criminalizzazione ed alle proprie regole
processuali, che non solo disciplinano l'acquisizione e la valutazione
della prova, ma sono atte a garantire il diritto di difesa degli
imputati.

La previsione relativa all'irrilevanza del consenso eventualmente


prestato dalla vittima allo sfruttamento, ha comunque il merito di
porre in evidenza - all'interno di una fonte normativa internazionale
- come l'accertamento di un fatto di sfruttamento che è lo scopo del
traffico, non si riverberi automaticamente nell'accertamento della
complessa condotta di trafficking, in relazione alla quale la
situazione della vittima va esaminata nel momento nel quale la
stessa fu costretta o indotta ad attuare un progetto migratorio
finalizzato - seppure solo nella mente degli autori del crimine –da
uno scopo illecito di sfruttamento della vittima stessa.15

15 Internet APPROFONDIMENTO “La tratta internazionale e il traffico di migranti. Strumenti internazionali: Convenzione
contro la criminalità organizzata transnazionale e protocolli supplementari “ Smuggling of Migrants” e “Trafficking in
Human beings” aperti alla firma degli stati aderenti alle Nazioni Unite (Palermo, 12 Dicembre 2002). La cooperazione
internazionale nella lotta alla tratta di persone e al traffico di migranti.

79 7
9) TRATTA DELLE DONNE DELL’EST EUROPA: IL CASO

KOSOVO, DONNE COME SVAGO PER PERSONALE

STRANIERO

Tensioni internazionali, conflitti armati e l’installazione di basi


militari hanno un effetto diretto sull’ambiente e la qualità della vita
delle persone nei territori interessati da tali fenomeni. Il movimento
femminista ha denunciato il degrado delle condizioni di vita e
ambientali causato dall’insediamento di basi militari. La filosofia
della guerra racchiude una concezione di mascolinità che
comprende il mito dell’eroe che non teme pericoli; l’aggressività; la
subordinazione delle donne e la loro inferiorità.

Non stupisce quindi constatare un po’ ovunque nel mondo, che a


seguito dell’insediamento di una base militare, e parallelamente agli
altri servizi, si aprano case di tolleranza, talvolta con il beneplacito
dell’esercito stesso.

In molte di queste strutture si possono trovare centinaia di giovani


vittime della tratta, che vivono in condizioni di semi-schiavitù.

La discriminazione di queste donne avviene dunque ad opera delle


stesse forze di sicurezza, in piena contraddizione con i principi della
“Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione
contro la donna” (Nazioni Unite, 1979, art. 6) e con altre
convenzioni internazionali, in particolare con la “Convenzione per la
soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della
prostituzione altrui.”16

La guerra non è solo una delle cause scatenanti della tratta, in


quanto affligge tanti paesi di provenienza delle vittime. In realtà c’è

80 8
uno stretto e inquietante legame che corre tra presenza militare e
prostituzione o tra guerra e tratta delle donne a scopo di
sfruttamento sessuale. Ed è un legame presente in varie epoche
storiche ed in varie parti del mondo e che annovera tra i suoi
protagonisti non soltanto spietati soldati (come quelli dell’esercito
imperiale giapponese), combattenti appartenenti alle file della
guerriglia o del paramilitarismo (come accade nella tormentata
Colombia) ma anche soldati delle cosiddette “forze di pace”, o
rappresentanti delle organizzazioni internazionali.

Tutto ciò accade per un banale fatto: perché la guerra schiera


“uomini” e li separa da un proprio contesto affettivo; così per loro
acquistare servizi sessuali diventa un modo per soddisfare i propri
bisogni fisici e affettivi. E fino a qui niente di strano. Il problema
sorge invece quando le donne si trovano in una situazione di
costrizione o quando sono minori di età o quando la presenza
militare scatena processi che conducono ad una diffusione
dell’industria del sesso tale da alterare gli equilibri locali, come è
accaduto nel Sud est asiatico ai tempi della guerra in Vietnam o in
Kosovo dopo la guerra.17

A titolo di esempio intendo portare il caso del Kosovo, caso recente


e vicino a noi.

Dopo il 1999, col l’arrivo della forza internazionale di peacekeeping


(Kfor) e l’istituzione della missione delle Nazioni Unite per
l’amministrazione ad interim (Unmik), il Kosovo è diventato un vero
e proprio «centro di smistamento» per il traffico delle donne
provenienti dall'Est e destinate alla prostituzione nella Ue. Ma anche
un luogo di sfruttamento sessuale diretto delle vittime della tratta.

16 A cura di Richard Poulin 2006 “Prostituzione Globalizzazione Incarnata”


17 Ada Trifirò articolo disponibile su internet “Tratta delle donne e sfrutta mento sessuale: corpi attraversati dalla violenza,
sogni in viaggio” http://www.terrelibere.org/counter.php?riga=215&file=215.htm

81 8
Con pesanti responsabilità del personale Onu e Kfor. Questo
sarebbe diventato oggi il Kosovo post `99 - recentemente colpito
da nuova violenza etnica - secondo un rapporto diffuso ieri da
Amnesty International dal titolo «So does that mean I have
rights?». Dal 1999 ad oggi, quello che era un piccolo affare locale si
è trasformato in una vera e propria industria su vasta scala, gestita
dalle gang criminalli locali, spesso in collaborazione con le forze di
polizia, e favorita dal precario status istituzionale e legislativo della
regione, che alimenta traffici di ogni tipo. Ma i primi responsabili di
questa escalation sarebbero proprio le migliaia di operatori
internazionali e peacekeepers presenti in Kosovo, che hanno
contribuito in questi anni a foraggiare ampiamente alcuni settori
dell'economia a scapito di altri. E, nel caso della prostituzione, a
farli prosperare.
Immediatamente dopo l'arrivo delle truppe Nato-Kfor (erano 49.000
nel 1999), nuclei di prostituzione si svilupparono intorno alle basi
militari, che costituivano la maggioranza della clientela. Le donne
erano spesso reclutate nell'Europa dell'Est , in particolare Moldavia,
Romania, Ucraina, Bulgaria, con l'inganno o la promessa di un
lavoro, poi vendute a diversi padroni per somme dai 50 ai 3500
euro, infine private del passaporto prima di arrivare a destinazione
e dunque ridotte in schiavitù. Una volta arrivate in Kosovo, queste
venivano sottoposte a ogni tipo di maltrattamento, fino alle vere e
proprie violenze o torture. Impossibile per queste donne ‘senza
identità’ ribellarsi ai propri aguzzini, impossibile ancor oggi persino
appellarsi alle forze di polizia, che spesso finiscono per avallare gli
abusi con la scusa dell’illegalità delle “trafficate”. Le quali, se
arrestate, subiscono un trattamento al di sotto di qualsiasi standard
di diritti.
All'epoca furono identificati diciotto bordelli destinati esplicitamente

82 8
ai militari Nato, in tutti e quattro i settori in cui era allora suddivisa
la regione. Coinvolti gli statunitensi di Gnjilane/Gjilan (dove si trova
Camp Bondsteel); i tedeschi di stanza a Prizren; gli italiani di
Pejë/Pec; e i francesi di Mitrovica, che avrebbero gestito
direttamente alcuni bordelli. Ai militari si aggiunse poi il personale
Unmik e quello delle 250 Ong presenti allora in Kosovo.
Inizialmente, la comunità internazionale costituiva l'80% della
clientela dei trafficanti sessuali: oggi la percentuale è scesa al 20-
30%, facendo largo sempre più agli utenti locali. In molti casi
membri di Kfor e di Unmik erano direttamente coinvolti nella tratta,
come avvertì l'Osce a soli tre mesi dalla fine dei bombardamenti.
Già nel novembre 2000 una massiccia operazione di polizia aveva
indotto alla chiusura una rete di bordelli nella zona di Kosovo Polje,
gestita in collaborazione da serbi e albanesi. Nel 2001 fu stilata
persino una lista dei locali off limits per il personale internazionale,
ma nel luglio 2003 si contarono circa 200 locali di vario tipo -
frequentati quasi esclusivamente da personale straniero - dove si
esercitava il mercato del sesso: bar, ristoranti, club come il Miami
Beach di Pristina, dove le ballerine venivano costrette a prostituirsi
sotto pesanti minacce e violenze.
Oggi nella piccola provincia serba del Kosovo arrivano migliaia di
donne straniere (provenienti in maggioranza di Moldavia, Romania,
Bulgaria e Ucraina), perlopiù condotte qui attraverso Serbia o
Macedonia, per poi essere istradate verso Olanda, Inghilterra,
Italia, via Albania o Bosnia. E purtroppo alle donne dell'Est si sono
aggiunte in tempi più recenti giovanissimi adolescenti kosovare
sfruttate dal mercato interno della prostituzione, e protagoniste di
abusi d'ogni tipo. Vittime di una società fortemente maschilista, che
condanna le vittime della prostituzione alla vergogna e a divenire
delle ‘intoccabili’ una volta uscite dall’incubo.

83 8
Ora il rapporto di Amnesty mette alla sbarra direttamente il
personale Onu e i militari della Kfor, chiedendo un immediato
intervento dell'Unione Europea. Sia il personale Unmik che quello
della Kfor però, è protetto dall'immunità totale accordatagli dalla
risoluzione Onu 1244/99, e non può essere perseguito salvo diretta
indicazione del Segretario generale dell'Onu o dei rispettivi
comandanti nazionali della Nato. Per quanto se ne sa, fino ad oggi
quasi nessuno è stato perseguito per crimini connessi alla
prostituzione commessi in Kosovo, fatta eccezione per una decina di
poliziotti sollevati poi dal proprio incarico e rimpatriati. Secondo
Unmik, le uniche azioni legali fino ad oggi intraprese a riguardo
contro propri membri risalgono al periodo compreso tra gennaio
2002 e luglio 2003, quando furono messi sotto accusa “fra 22 e 27
soldati della K-for”. Ma non è noto quale sia stato il giudizio finale a
loro carico.
Cosa si può fare, nella situazione di forte instabilità normativa
vissuta ancor oggi dal Kosovo? Nel 2000 l'Unmik, preoccupato per
la rapida escalation del fenomeno, ha formato una speciale unità
(TPIU) per combattere il traffico e la prostituzione. Nel 2001 è
arrivata finalmente anche una prima regolamentazione che
dichiarava punibili i responsabili della tratta, e che prevedeva per la
prima volta anche la protezione e l'assistenza delle vittime del
traffico. Ma finora è rimasta inattiva.18

18 Disponibile sul web KOSOVO, LA TRATTA DELLE SCHIAVE 7/5/2004 “Migliaia di donne dell’Est comprate e
costrette a prostituirsi. Amnesty denuncia il coinvolgimento impunito dei militari UE” Lucia Sgueglia.

84 8
10) L’ IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE NELLA LOTTA ALLA

TRATTA

La tratta è una realtà conseguente all’offerta e alla domanda.


Mentre la maggior parte di interventi si concentrano su donne e
bambini vittima di tratta, ci si interroga raramente su desideri
sessuali maschili, e sugli stereotipi di atteggiamento e di genere.

L’industria del sesso poggia su postulati ideologici androcentrici,


affermanti che il sesso è un diritto del maschio, che in generale i
fornitori di servizi sessuali sono le donne , che nella prostituzione le
donne esistono come corpi sessualizzati e commerciati, in funzione
del diritto del maschio.

Inserire gli uomini nell’equazione che definisce la tratta, significa


che questa va analizzata come fenomeno di genere, radicato in
costruzioni ideologiche e nell’istituzionalizzazione dei ruoli sociali
stereotipati di uomo e donna. Riconoscendo questo aspetto della
problematica, si useranno meglio gli strumenti legali, si eviterà di
penalizzare continuamente solo le donne e si responsabilizzerà il
comportamento sessuale maschile.

Ecco alcuni esempi di azioni mirate sugli uomini:

La John School, organizzata a San Francisco, ha un ottimo


approccio: obbliga gli uomini che vanno a prostitute a prendere
coscienza e a rendere conto del loro comportamento; strategia
efficace perché sposta l’attenzione dalla donna al consumatore del
sesso. Insieme alle ricerche fatte in Svezia , sulla mascolinità e la
socializzazione maschile, questi programmi possono aiutare a fare

85 8
sì che gli uomini diventino partecipanti attivi nella campagna contro
lo sfruttamento sessuale.

Nelle Filippine, un gruppo di studenti di scienze della comunicazione


ha realizzato un informercial per la propria tesi.

E’ intitolato “La prima volta” , riferendosi all’iniziazione sessuale


degli uomini tramite le prostitute.

La trama è molto semplice, parla di giovani che festeggiano il


compleanno di un amico e, come regalo, gli offrono una ragazza,
(un po’ come succede da noi per l’addio al celibato) . Quando il
festeggiato entra nella sua camera e vede la prostituta, gli passano
davanti agli occhi immagini di sua madre, delle sue sorelle e della
sua ragazza e allora se ne va .

Oggi usato nelle scuole come spunto di riflessione sull’educazione


sessuale, il film ebbe grande impatto sia sul pubblico giovane sia su
quello adulto.

La commissione nazionale sul ruolo della donna filippina, in


collaborazione con gli studenti di scienze della comunicazione e con
il Ministero della Salute filippino, proseguirà in questa direzione.
Realizzando informercial educativi sul tema “Ang Tunay na lalake”
ovvero “Un vero uomo”.

Iniziato nel 2003, il “Progetto di educazione sessuale dei giovani e


di prevenzione della prostituzione nelle Filippine” ha mostrato le
potenzialità di interventi mirati sulla domanda maschile. Il progetto
si basa su una serie di gruppi di discussione con ragazzi e giovani
tra i 18 e i 25 anni in cui si parla del loro atteggiamento verso la
sessualità in generale e la prostituzione in particolare.

Lo studio e la conseguente campagna di educazione sono state


condotte in tutto il paese grazie ai numerosi gruppi di discussione a

86 8
hanno coinvolto ragazzi e giovani sia dei licei che degli istituti
tecnici, pubblici e privati.

L’obbiettivo generale è creare un contesto che permette di istituire


forum in cui uomini e ragazzi possano riconsiderare i propri valori e
le proprie percezioni di sempre, su virilità e femminilità. Nello
specifico lo studio cerca di far riesaminare in maniera critica le
nozioni e le rappresentazioni stereotipate prevalenti, e il modo in
cui influenzano uomini e ragazzi allo scopo di coinvolgerli in una
discussione critica della ricostruzione del concetto di virilità.

Alcune constatazioni emerse nei gruppi di discussione riguardano


l’idea che i partecipanti hanno circa la natura della prostituzione: le
donne sono povere e sfruttate da protettori e proprietari di night
club che guadagnano parecchio denaro. Alcuni pensano che le
donne siano arrivate alla prostituzione perché ingannate, che in un
modo o nell’altro siano state annientate. Alla domanda
fondamentale cosa ottenete dalla prostituzione, è stato risposto
soddisfazione sessuale, pagtanggal ng init ng katawan
(letteralmente andare gli ardori del corpo), relazioni sessuali senza
seccature (è solo una transizione commerciale), prova della propria
virilità.

Lo studio fornisce elementi molto interessanti del modo in cui i


giovani accostano le prostitute per la prima volta: in cima alla lista
ci sono le pressioni esercitate dai gruppi di coetanei. C’è poi un’altra
ragione frequente: sono gli adulti maschi della famiglia che
avvicinano i propri figli, nipoti alla visione della sessualità vissuta
unicamente come mercificazione del corpo femminile. E’
importante far notare che quasi sempre la trasmissione di valori e
concessioni sessuali parte con questo messaggio. “ Se hai

87 8
abbastanza denaro, puoi acquistare donne e usarle, perché esiste
una categoria di donne destinate a questo scopo”.

Il fatto che voler cambiare la mentalità dominante e diffusa sulla


virilità sia un’impresa ardua non è una ragione per rinunciare.
Inutile dire poi che, perché siano efficaci, gli sforzi per trovare
schemi maschili alternativi da proporre, che siano sensibili al
concetto dei genere e che contribuiscano all’uguaglianza tra i sessi,
devono essere istituzionalizzati attraverso canali sia formali sia
informali, tra cui il sistema scolastico, la legislazione, i mass media
e l’attivismo nelle comunità.

Dobbiamo incoraggiare giovani e ragazze a re-immaginare il mondo


senza sfruttamento sessuale. Per farlo, dobbiamo contribuire tutti
ad aiutarli ad acquisire l’autonomia che permetta loro di rifiutare
strutture e sistemi ingiusti che mantengono viva la subordinazione
e l’oppressione delle donne, e sostituirli con altri veramente
rispettosi della dignità maschile e femminile.

Dobbiamo fare un grande sforzo per coinvolgere uomini e ragazzi


nella massa critica capace di sconfiggere per sempre il potere della
concezione patriarcale di virilità e di rifiutare il consumismo
sessuale commerciale. In breve avremo bisogno di uomini che
entrino nella lotta per l’uguaglianza dei sessi (come è già successo
in Italia nelle realtà associative di maschile plurale, uomini in
cammino, il cerchio degli uomini) perché da questa dipende il
benessere stesso della società nel suo complesso.19

Ne Il costo umano della globalizzazione Zigmund Barman scrive <<


E’ più pericoloso non farsi certe domande che lasciare senza
risposta alcune delle questioni considerate politicamente rilevanti.
Porsi cattive domande porta spesso a chiudere gli occhi davanti ai

19 A cura di Richard Poulin 2006 “Prostituzione Globalizzazione Incarnata”

88 8
veri problemi>>. Non rimettere in discussione la realtà della
prostituzione, la cultura che la rende possibile e che ne fa una
conseguenza logica ed inevitabile; non rimettere in discussione il
ruolo dei clienti, ovvero di una sessualità legata al potere, non è
forse chiudere gli occhi davanti ai veri problemi?

La prostituzione non dipende da situazioni anormali o eccezionali,


ma dalla ruotine e dai costumi, perché non è una pratica
individuale, e non si tratta di una pratica femminile ma maschile,
anche se oggi si parla molto più delle prostitute che dei protettori,
trafficanti e clienti. Non si tratta nemmeno di una perversione
sessuale o di una condotta che si limita al privato delle persone, ma
di una pratica collettiva, organizzata, maschile, con diverse
modalità, talvolta illegali, milioni di clienti e obbligatoriamente le
vittime, in maggioranza donne, ma anche adolescenti e uomini.
Viviamo in cultura in cui le donne sono considerate esseri
veramente “prostituibili”. La nostra società considera i clienti come
semplici recettori passivi, semplici prodotti dell’ “offerta”,
capovolgendo e mascherando così il ruolo fondamentale, principale,
della domanda.

La prostituzione da tratta è un problema grave, e va affrontato con


costanza. La stessa Polizia non riesce ad arginare il fenomeno.
Perché il problema non sta nella denuncia, ma nella scoperta
dell’origine delle cause e nella cancellazione di queste.

Come ci ricorda Rodotà, se si lascia alla tecnologia il compito di


vigilare, si perde il contatto ‘umano’ con chi commette il crimine e
ci si limita solo alla repressione postuma. Nella maggior parte dei
casi i crimini vengono solo ’spostati’ (dove non ci sono telecamere),
mai prevenuti o impediti (non c’è più il vigilante che
tempestivamente interviene), e soprattutto ci si concentra solo sul

89 8
momento dell’arresto, senza mettersi troppo a vedere cosa c’è
‘dietro’ tutto questo.

Non c’è più la volontà di educare, di spiegare perché una cosa è


sbagliata al di fuori del semplice fatto che la legge la proibisca o
meno ed in che misura.

Il punto è solo che manca educazione. Da parte della vittima, che


deve conservare l’amor proprio, e da quella del cliente, che deve
apprendere quali sono i danni reali che arreca. Poi si può parlare di
pene e detenzioni, ma prima si deve fare in modo che
effettivamente la legge si ponga in posizione tale “da non
ammettere ignoranza”.

Quindi per combattere la prostituzione si deve offrire aiuto prima


alle prostitute stesse, poi anche ai clienti, che devono sapere quale
inferno ha portato le lucciole sul marciapiede.

90 9
Bibliografia

Materiale in forma integrale

1) AA.VV. - Da uomo a uomo... ...Da cliente a cliente - Edito da: Progetto La Ragazza di
Benin City.

2) Claudio Magnabosco - Il Papagiro - Edito da: Progetto La Ragazza di Benin City.

3) Luigi Russo - La tratta delle donne. Una nuova forma di schiavitù, articolo tratto da
"Psicologia delle emergenze" - a cura di Paolo Valerio, Raffaele Felaco, Claudio Zullo, Antonio
Tricarico, Periangelo Sardi - Edito da: Liguori Editore

4) Claudio Magnabosco - Akara Ogun e la ragazza di Benin City - Edito da: Progetto La
Ragazza di Benin City.

5) Claudio Magnabosco e Guido Parodi - Il Pane e le Rose - Edito da: Progetto La Ragazza
di Benin City.

6) Ministero per le Pari Opportunità - Azioni in favore del reinserimento socio-lavorativo


delle vittime della tratta - Collana Demetra, Atti e Interventi; Emanuele Romeo Editore.

7) Ministero per le Pari Opportunità - Inferno Tratta – Il dovere di reprimere, l’impegno


per salvare - Collana Demetra, Atti e Interventi; Emanuele Romeo Editore.

8) Ministero per le Pari Opportunità - Progetti sull'inserimento socio-lavorativo delle


vittime della tratta finanziati dal Fondo Sociale Europeo - Collana Demetra, Atti e
Interventi; Emanuele Romeo Editore.

9) A cura di Francesco Carchedi – Prostituzione migrante e donne trafficate- edito da


FrancoAngeli, MILANO 2004

10) On the Road – Stop tratta- atti del convegno, edizioni On the Road, BOLOGNA 2002

11) Consiglio regionale della Toscana – Tratta di donne prostituzione coatta- atti del
convegno, cura editoriale Portonuovo Comunicazione, FIRENZE 1998

12) Susan Thorbek & Bandana Pattanaik -Transnational prostitution- Zed Books, London,
New York, USA 2002

13) A cura di Richard Poulin –Prostituzione globalizzaione incarnate- Jaca Book MILANO
2006

94 9
14) A cura di Mirt

Materiale con introduzione descrittiva

1) Vollmann W., Puttane per Gloria.

2) Ass. On the Road, Prostituzione e tratta. Manuale di intervento sociale.

3) Ass. On the Road, Art.18: tutela delle vittime del traffico di esseri umani e lotta alla
criminalità (l'Italia e gli scenari europei). Rapporto di ricerca.

4) Bernieri C., Veneri di strada: sessant'anni di prostituzione in Italia dalle voci


protagoniste.

5) Neirotti M., Anime schiave: nel cerchio della prostituzione.

6) Ambrosini M., Comprate e vendute.

7) Ciconte E., Romani P., Le nuove schiavitù: traffico degli esseri umani nell'Italia del
XXI secolo(II).

8) Manzini P., Il mercato delle donne: prostituzione, tratta e sfruttamento.

9) Pisano I., Io puttana. Parlano le prostitute.

10) AA.VV. Da vittime a cittadine: percorsi di uscita dalla prostituzione e buone


pratiche di inserimento sociale e lavorativo.

11) Benzi O., Prostitute. Vi passeranno davanti nel Regno dei Cieli.

12) Da Pra Pocchiesa M., Grosso L. (a cura di), Prostitute, prostituite, clienti. Che fare? Il
fenomeno della prostituzione e della tratta degli esseri umani.

13) O'Connel Davidson J., La prostituzione. Sesso, soldi e potere.

14) Salierno G., Fuori margine: testimonianze di ladri, prostitute, rapinatori, camorristi.

15) Signorelli A.,Treppete M., Servizi in vetrina.

16) Carchedi F., Picciolini A., Mottura G., Campanini G. (a cura di), I colori della notte.
Migrazioni, sfruttamento sessuale, esperienze di intervento sociale.

17) Da Pra Pocchiesa M., Prostituzione - Tratta delle persone: l'Italia delle opportunità.

18) Kennedy I., Nicotri P., Lucciole nere: le prostitute nigeriane si raccontano.

19) Leonini L. (a cura di), Sesso in acquisto.

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20) Moroli E., Sibona R., Schiave d'Occidente: sulle rotte dei mercati di donne.

21) Corso C., Landi S.,Quanto vuoi? Clienti e prostitute si raccontano.

22) Cutrufelli R., Il denaro in corpo. Uomini e donne: la domanda di sesso commerciale.

23) O'Grady R., Schiavi o bambini? Storie di prostituzione infantile e turismo sessuale
in Asia.

24) Tatafiore R., Sesso al lavoro.

25) Veneziani A., Reim R., I mignotti. Vite vendute e storie vissute di prostituti, gigolò e
travestiti.

26) Farias De Albuquerque F., Jannelli M., Princesa.

27) Associazione On The Road, Stop tratta.

28) Carchedi F. (a cura di), Prostituzione migrante e donne trafficate.

29) Norzi E., Vergano C., Corpi a tratta.

30) Progetto Urban - Adami C., Basagli A. Tola V., Dentro la violenza: cultura, pregiudizi,
stereotipi.

31) Igiaba Scego, Rhoda.

32) Associazione On The Road (a cura di), Porneia.

33) Marniroli A., Maria, Lola e le altre in strada.

34) Carchedi F., Mottura G., Pugliese E., Il lavoro servile e le nuove schiavitù.

35) Carchedi F., Ediesse, Piccoli schiavi senza frontiere.

36) Anversa G., Scelte.

37) Ambrosini M., Zandrini S. (a cura di), La tratta infame. La prostituzione delle donne
straniere.

38) Boneschi M., Senso. I costumi sessuali degli italiani dal 1880 ad oggi.

39) Associazione On The Road (a cura di), La tratta di esseri umani: fenomeno,
legislazioni, assistenza.

40) Associazione On The Road, Women empowerment.

41) Associazione On The Road (a cura di), Enti locali, immigrazione e diritti di
cittadinanza.

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42) Associazione On The Road (a cura di), Percorsi donna.

43) Associazione On The Road (a cura di), Guida ai modelli di assistenza giuridica e
sociale alle vittime di tratta.

44) Associazione On The Road, Mediamente.

45) Associazione On The Road, Dipendenze e prostituzione.

46) Associazione On The Road, Kaleidos. Materiali per la formazione e l'intervento


sociale nella prostituzione e la tratta.

47) Coordinamento Nazionale contro la tratta, Fame e sete di giustizia. Tratta di esseri
umani.

48) Borlone P., Macchieraldo G., Fenarete Project. Formazione professionale di Educatrici
Pari nel Campo della Prostituzione.

49) Princi C. F., Veneri a tassametro.

50) Virgilio M., Zorzella N., I diritti delle donne migranti.

51) Cassandro A. G., Princigalli A. M. (a cura di), Diritti umani, libertà fondamentali e
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52) Adelina, Gianni Iuculano Editore, Libera dal racket della prostituzione.

53) Viviana Bussadori, Elvio Raffaello Martini, progetto West, Guida di informazione per
operatori Punti di incontro e elementi di diversità.

54) Viviana Bussadori, Cinzia Migani, progetto West, Manuale delle prassi Alla ricerca di
nuove soluzioni: un viaggio nel progetto W.E.S.T.

55) Enzo Ciconte, progetto West, I flussi e le rotte della tratta dall'est Europa.

56) Progetto West, progetto West, Atti del convegno.

57) Giosuè Calaciura, Editore Bompiani, La figlia perduta. La favola dello slum.

58) Claudio Donadel, E. Raffaello Martini, progetto West, La prostituzione invisibile.

59) Cristiano Berti, Associazione Free Woman Onlus, Prostituzione e tratta: riduzione del
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60) Pippo Costella, Isabella Orfano e Elisabetta Rosi, Commissione europea - Comune di Roma -
Associazione On the Road - Provincia di Torino, Tratta degli esseri umani.

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Materiale in forma schematica

01) Achee C., Il crollo, Jacabook, Milano, 2002.

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03) Arlachi P., Schiavi. Il nuovo traffico di esseri umani, Rizzoli, Milano, 1999.

04) Aime M., Eccessi di cultura, Ed. Einaudi, Torino, 2004.

05) Amati A., Maddalena Maddalena, Ed. San Paolo, Torino, 1996.

06) Amirante C., Stazione Termini. Storie di droga, Aids, prostituzione, Città Nuova
Editrice, Roma, 1995.

07) Amselle J.L., Logiche meticce. Antropologia dell'identità in Africa e altrove, Bollati
Boringhieri, Torino, 1999.

08) Anonima, Manuale di una allegra battona, Mazzotta, Milano, 1979.

09) Appadurai A., Sicuri da morire. La violenza nell'epoca della globalizzazione, Meltemi,
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10) Associazione Lule (a cura di), Vite di strada, Abbiategrasso (MI), 1998-99.

11) Associazione Lule (a cura di), HIV e prostituzione, Abbiategrasso (MI), 1999.

12) Associazione On The Road, Manuale di intervento sociale nella prostituzione di


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13) Associazione On The Road, Terre di mezzo, Esperienze ipotesi utopie nel Pianeta
Prostituzione, Capodarco di Fermo (AP), 1998.

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semestrale, On The Road Edizioni, Martinsicuro (TE), 2004.

15) Associazione On The Road, Monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e
dell'adolescenza in Italia, On The Road Edizioni, Martinsicuro (TE), 2004.

16) Associazione On The Road, Sconfinando: dalla tratta all'autonomia, On The Road
Edizioni, Martinsicuro (TE), 2004.

17) Associazione On The Road, Prostituzioni...Stupefacenti. Un percorso di ricerca nelle


multiple identità, tra prostituzioni e dipendenze, On The Road Edizioni, Martinsicuro (TE),
2003.

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18) Associazione On The Road, Marginalia. Tra le righe...Fuori dai margini. Letture e
risposte multidimensionali all'emarginazione, On The Road Edizioni, Martinsicuro (TE),
2003.

19) Associazione On The Road, New Women Empowerment 2. Relazione finale, On The Road
Edizioni, Martinsicuro (TE), 2003.

20) Associazione On The Road (a cura di), Tratta di esseri umani. Come assistere una
vittima, CCEM, Parigi, 2003.

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legislazione, Piemme, Casale Monferrato (AL), 1991, pp.515.

22) AA. VV., La riduzione del danno, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1994.

23) AA.VV., I colori della notte. Migrazioni, sfruttamento sessuale, esperienze di


intervento sociale, Angeli, Milano, 2000.

24) AA.VV., L'infanzia negata, Vecchio Faggio, Chieti, 1991.

25) AA. VV., Una riflessione in tema di prostituzione, Cgil Nazionale, Dipartimento diritti di
cittadinanza e politiche dello Stato, Roma, 1994.

26) AA. VV., Report finale attività EUROPAP 1994/96, Commissione Europea - DGV, 1996.

27) AA. VV., Report finale attività TAMPEP 1993/96, Commissione Europea - DGV, 1996.

28) AA. VV., Tra la via Emilia e...l'Est. L'esperienza del Moonlight Project a Bologna,
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29) AA.VV., Il cliente, Editori Riuniti, Roma, 1981.

30) AA.VV., Stop tratta. Atti del convegno internazionale, On the road Edizioni,
Martinsicuro, 2002.

31) AA.VV., Prostituzione, Rosenberg & Sellier, Torino, 1986.

32) AA.VV., La moglie e la prostituta: due ruoli, una condizione, Guaraldi Editore, Firenze.

33) AA.VV., Ragazze di vita, viaggio nel mondo della prostituzione, Editori Riuniti, Roma,
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34) Azara Liliosa, Lo stato lenone. Il dibattito sulle case chiuse in Italia 1860-1958,
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35) Baldaro Verde J., Illusioni d'amore, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995.

36) Baldaro Verde J., Lo spazio dell'illusione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1990.

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37) Baldaro Verde J., Graziottin Anna, L'enigma dell'identità, il transessualismo, Edizioni
Gruppo Abele, 1991.

38) Baldaro Verde J. (a cura di), La sessualità tra piacere, colpa e vergogna, Edizioni
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39) Bales K., I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, Feltrinelli, Milano,
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40) Ballabio Luciano, Virilità. Essere maschi tra le certezze di ieri e gli interrogativi di
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46) Bellassai S., La legge del desiderio. Il progetto merlin e l'italia degli anni
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47) Bellassai S., Un mondo senza Wanda. Opinione maschile e legge Merlin, in
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48) Beneduce R., S.Taliani, Un paradosso ordinato. Corpi, possessione, migrazione, in


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49) Beneduce R., Frontiere dell'identità e della memoria. Etnopsichiatria e migrazioni in un


mondo creolo, Angeli, Milano, 1998.

50) Beneduce R., Sessualità, corpi "fuori luogo", cultura. Pratiche e discorsi su
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51) Beneduce R., Trance e possessione in Africa. Corpi, mimesi, storia, Bollati Boringhieri,
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52) Benzi Oreste, Una nuova schiavitù, la prostituzione coatta, Paoline, Milano, 1999,
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53) Bernardotti Adriana, Carchedi Francesco, Ferone Benedetta (a cura di), Schiavitù
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54) Bhabha H., I luoghi della cultura, Meltemi, Roma, 2001.

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59) Calderoni O., Forger la paix. Rite et techinique, un essai d’interpretation anthropologique,
Editions de l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Paris. Riti magici e prostituzione
nigeriana : l’esperienza di una consulenza antropologica per un tribunale italiano, Atti
del convegno internazionale “La vita in prestito: Debito, dipendenza e lavoro”. Certosa di
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60) Campani G., "Donne immigrate" in Stranieri in Italia a cura di Cocchi C., Istituto
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61) Cantarella E., L’ambiguo malanno. Condizione ed immagine della donna


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62) C.N.C.A., Progetto "Ionique - Occupazione: femminile plurale", Capodarco di Fermo


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63) C.N.C.A.-Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, Guida 1998/99 per


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65) Carbone G., L’Africa: gli stati, la politica, i conflitti, Il Mulino, Bologna, 2005.

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67) Carchedi F., Il traffico di donne . Il caso nigeriano, rapporto di ricerca, fondazione
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69) Carmi L., I travestiti, Edizioni Essedi, Roma, 1996.

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