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CRONACA DI NAPOLI

mercoledì 28 ottobre 2009

SCAMPIA MICHELE ORABONA ERA DIRIGENTE DELL'IKEA MA CURAVA GLI INTERESSI DI LELLO
"'A VICCHIARELLA"

Spedito al carcere duro il commercialista del clan Amato-Pagano


Dirigente della multinazionale svedese Ikea, Michele Orabona curava in prima
persona gli interessi economici del clan di Lello Amato (nella foto) provvedendo,
ad influenzare le strategie d'investimento, avvalendosi quale copertura anche del
suo lavoro lecito che gli ha consentito di muoversi nel tessuto economico-
finanziario altrimenti precluso al resto degli affiliati al clan. Questo è quanto
crede la Procura che ha chiesto ed ottenuto per il commercialista incensurato il
carcere duro. A dimostrazione del ruolo svolto da Orabona il gip riporta una
conversazione del 18 novembre a bordo della vettura Mini Cooper tra Orabona e i
coniugi Barbato. In questa circostanza Orabona ammetteva di aver favorito, in
prima persona, gli esponenti del clan Amato permettendo loro di avere un accesso
privilegiato al sistema bancario anche a livello internazionale. Infatti, il
dirigente Ikea così disse: «Si però tu?chiedere i piaceri.... Annamaria le cose
che hanno avuto a Barcellona cominciando da Cesarini che andammo nell'agenzia, ci
presentammo documenti conto correnti non poteva avere niente, disse grazie, dissi
ma io non devo avere i soldi, grazie basta... a me interessa questo uomo si scorda
le cose che ha fatto». In seguito, rivolgendosi ad Anna Maria Amato: «Perché tu
qualsiasi cosa devi avere ..tu hai sempre avuto una mano ..ricordati di questo».
Un primo indicativo indizio dell'organicità di Orabona si ebbe a settembre 2005,
quando prese parte ad una riunione tenutasi all'interno dell'ipermercato "Ipercoop
- Medì" di Teverola, dove presenziò Carmine Amato, nipote dell'Amato Raffaele, il
quale intervenne all'incontro con al seguito un nutrito gruppo di affiliati con il
preciso compito di scorta del giovane rampollo nipote del capo clan. Il vertice
del clan doveva tracciare le linee programmatiche d'investimento dei proventi
illeciti. A tal proposito Orabona confermò a Barbato la sua propria disponibilità.
Prima di passare con gli Amato, Orabona aveva militato per il clan Di Lauro: «Nei
tempi di guerra Michele fuggiva sempre». Orabona aveva coinvolto nei suoi affari
anche i familiari: i fratelli Vincenzo e Michele, e la moglie Adele Salzano, tutti
consafapos pevoli degli affari illeciti del loro congiunto.

SECONDIGLIANO

IL BOSS ERA RECLUSO AL REGIME DI ISOLAMENTO DA SEI ANNI: NONOSTANTE I PENTITI IL


TRIBUNALE REVOCA IL PROVVEDIMENTO

Revocato il 41 bis a Pariante


di Luigi Sannino Dopo sei anni trascorsi al 41bis, anche per Rosario Pariante è
giunto il momento della revoca del carcere duro. Su istanza presentata dai suoi
avvocati, Vittorio Giaquinto e Luigi Senese, il Tribunale di Sorveglianza di
Perugina si è espresso favorevolmente al detenuto, da ieri tornato in regime
ordinario. Una bella soddisfazione per i due penalisti, impegnati ora a togliere
dai guai giudiziari il loro assistito per una grave accusa: aver partecipato
all'omicidio di Giacomo Frattini, legato alla Nco. L'agguato risale ai tempi della
guerra tra i cutoliani e la Nuova Famiglia (o Nuova Fratellanza, come sostengono i
collaboratori di giustizia). Giacomo Frattini, esponente della Nuova camorra
organizzata di Raffaele Cutolo, fu ucciso il 21 gennaio del 1982 perché doveva
essere punito, come scrive il capo della Procura di Napoli Giovandomenico Lepore.
Rientrava tutto nella guerra di camorra, che agli inizi degli anni '80 insanguinò
Napoli e provincia, tra la Nco di Raffaele Cutolo e la Fratellanza Napoletana
delle famiglie cresciute nel dopoguerra all'ombra dei siciliani con il
contrabbando di sigarette. Il movente della vendetta di cui rimase vittima
Frattini sta nella strage del 23 novembre del 1980. Quando, approfittando della
concitazione creatasi per il terremoto, nel carcere di Poggioreale un gruppo di
cutoliani fece irruzione nel reparto occupato dagli avversari, uccidendo varie
persone. Di quell'eccidio la Fratellanza napoletana, guidata all'epoca da Luigi
Giuliano detto "Lovigino", individuò proprio l'allora 23enne come uno dei
responsabili. E così scattò la punizione esemplare: c'era chi voleva crocifiggerlo
davanti all'abitazione di Cutolo, chi decapitarlo. Si optò per la seconda
possibilità. Nel clan c'era un macellaio che asportò il cuore e poi tagliò la
testa e le mani: pezzi che furono collocati nell'auto insieme al cadavere,
ricoperto da un lenzuolo. La perizia medico-legale accertò anche la presenza di
ferite da taglio al viso inferte quando Frattini era ancora in vita. Un sedicente
gruppo, i Nuovi giustizieri campani, rivendicò il delitto. Ma era un depistaggio:
grazie ai pentiti, è venuto fuori tutt'altro scenario. Il 23nne, a distanza di un
anno dalla sua scarcerazione, era stato attirato con l'inganno in una trappola e
giustiziato. Tredici le ordinanze di custodia cautelare notificate in carcere ai
boss: Raffaele Abbinante detto "Papele `e Marano"; Edoardo Contini "o' romano";
Paolo Di Lauro; Giuseppe, Mario e Salvatore Lo Russo dei "Capitoni"; Francesco e
Giuseppe Mallardo; Rosario Pariante; Costantino Sarno; Renato e Bruno Torsi; Luigi
Vollaro "o' califfo". Naturalmente va sottolineato che tutte le persone coinvolte
nella vicenda giudiziaria devono essere ritenute innocenti fino a un'eventuale
condanna definitiva.

IL CASO LA LETTERA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

«Giudici-pm, nessuna guerra Giornalisti, moderate i toni»


«Non si sono scontri tra giudici e Procura ma si tratta solo di una diversa
valutazione degli atti procedimentali effettuata dai magistrati dei due uffici.
Per questo chiedo ai giornalisti di moderare i toni: i sostituti come i giudici
sono tutti magistrati degni del massimo rispetto». È questo il succo della lettera
che ieri Carlo Alemi (nella foto), presidente del Tribunale di Napoli, ha inviato
a tutti i quotidiani napoletani per stemperare i toni sulle ultimi vicende: quelle
del senatore De Gregorio e quelle su Calciopoli. In particolare scrive Alemi, non
sempre i titoli degli articoli corrispondono al contenuto dell'articolo stesso.
«Evidentemente non sempre il titolo deve rispettarne il contenuto purché riesca ad
attirare maggiore attenzione da parte dei lettori». Il 21 ottobre sulla vicende De
Gregorio si è parlato di uno scontro tra Procura e gip. così come il 25 ottobre
sul caso Calciopoli, si parla di un possibile clima irreale dove magistrati
convinti dell'inutilità dei loro sforzi stenteranno a salutare i giudici», scrive
Alemi. Poi continua: «È noto che sono numerosissimi i casi nei quali le richieste
della Procura non vengono accolte o solo in parte dal gip e nessuno si scandalizza
per questo, in quanto tale disparità di vedute va esattamente inquadrata
nell'ambito della normale dialettica processuale e dimostra, al più, come vi sia
assoluta autonomia e indipendenza tra magistrati dei due uffici. Quanto si tratta
però di provvedimenti che riguardano personalità di spicco, diverso è
l'atteggiamento della stampa». Poi conclude la lettera con un invito a tutti i
giornalisti. «Fermo restando che deve darli il giusto risalto a tutte le notizie
che lo meritano, mi sembra doveroso sollecitare tutti ad una più attenta
riflessione sul modo nel quale svolgiamo la nostra professione».

Rosario Pariante: revocato il carcere duro

PIAZZA GARIBALDI AVEVA ASSEGNI, CAMBIALI E SOLDI

PERIFERIA NORD

A SCAMPIA E MIANO I MILITARI SEQUESTRANO COCAINA, KOBRETT E "ERBA"


Sorpreso in deposito del falso con capi griffati, denunciato
La centralissima piazza Garibaldi stretta ancora nella morsa dei controlli dei
carabinieri dopo la recrudescenza del commercio di prodotti con marchi falsi. Nel
corso dell'ennesima retata nelle zone dove abbondano le bancarelle di venditori
abusivi, i militari dell'Arma della stazione Arenaccia, in collaborazione con i
colleghi della Cio del Battaglione Campania, hanno bloccato e denunciato a piede
libero due persone accusate di commercio di prodotti con segni falsi. Il primo a
finire nella fitta rete di controlli è stato un trentacinquenne, personaggio già
noto alle forze dell'ordine, residente proprio in piazza Garibaldi. Il malvivente
è stato sorpreso mentre stava vendendo, all'interno di un deposito in via
Calasanzio, ben 189 capi di abbigliamento con marchio falso che sono stati
sottoposti a sequestro insieme alla somma di 8.270 euro, 64 cambiali per un
importo complessivo di 131.351 euro e 5 assegni postali per un importo complessivo
di 5.400 euro. Un colpo pesante per le organizzazioni, legate alla camorra, che
gestiscono il business del "falso d'autore" nel quartiere Mercato. Nel mirino
anche un senegalese di 39 anni, domiciliato a Napoli, che è stato sorpreso in
piazza Garibaldi mentre vendeva su una bancarella 20 borse, poi sequestrate, con
il marchio falso di varie case di moda italiane ed estere. Uulteriori controlli in
un deposito di via San Marco hanno consentito di scovare altri 800 accessori
(cinture, portafogli e borse) abbandonati da tre cittadini extracomunitari
riusciti a defilarsi all'arrivo dei militari. Durante i controlli, assieme alla
polizia municipale, sono state rimosse 13 auto o moto in sosta vietata e multati
50 cittadini per mancato uso del casco. Carmen Fiore

In cella tre pusher: uno ha 17 anni


Gestiva un droga-shop nella "piazza" di spaccio di via Arcangelo Ghisleri, nel
cuore di Scampia. Ma i carabinieri della stazione di Marianella hanno avuto modo
di notarlo mentre cedeva alcune dosi di cocaina e kobrett ad alcuni
tossicodipendenti arrivati in zona a bordo di un'auto e così hanno aspettato per
prenderlo con le mani nel sacco. Il blitz è scattato poco dopo e le manette si
sono strette ai polsi del 34enne Rosario Spisso, personaggio già noto alle forze
dell'ordine, residente in via Ghisleri, che deve rispondere di spaccio di
stupefacenti. I militari dell'Arma hanno bloccato l'uomo mentre stava cedendo
stupefacente ad altri clienti e la successiva perquisizione personale ha
consentito di rinvenire e sequestrare 85 "bombette" di cocaina per un peso
complessivo di circa 40 grammi e 30 grammi di di kobrett in dosi, nonché la somma
in denaro contante di 125 euro, provento dell'illecita attività. Il pusher
arrestato ora è in attesa di essere giudicato con il rito direttissimo. Nel rione
San Gaetano, in via Teano, nel quartiere di Miano, poi, i carabinieri della
stazione quartiere 167 hanno tratto in arresto un 17enne residente al vico Pace e
il 39enne Ciro D'Agostino, residente in via Janfolla, entrambi personaggi già
noti, responsabili di spaccio in concorso tra loro.Ii militari dell'Arma, dopo un
servizio di osservazione e controllo a distanza, sono intervenuti bloccando
D'Agostino mentre filtrava ed indirizzava le auto degli acquirenti verso il
minorenne "addetto allo spaccio". Il blitz ha portato al rinvenimento e sequestro
di circa 90 grammi di marijuana in bustine e della somma in denaro contante di 110
euro, provento dello spaccio. Gli arrestati sono stati portati a Poggioreale e nel
centro dei Colli Aminei. gioco

PIAZZA DE NICOLA LA MERCE SEQUESTRATA DAI MILITARI

RIMINI IL 47ENNE ERA IN COMPAGNIA DELLA FIDANZATA

Borse rubate, in cella immigrato Napoletano rapinato nell'auto


Nel corso di una vasta operazione di controllo del territorio nella zona di Porta
Capuana, i carabinieri del nucleo radiomobile del comando provinciale di Napoli,
guidati dal maggiore Franzese, hanno assicurato alla giustizia un cittadino
extracomunitario accusato di ricettazione ed altro. La cattura è avvenuta nella
centralissima piazza Enrico De Nicola, dove il quarantanovenne Mamouth Gueye,
cittadino del Senegal, incensurato, è stato sorpreso dai militari dell'Arma in
possesso di due borsoni contenenti 49 borse di illecita provenienza e del valore
complessivo di 1.000 euro. Dopo le formalità di rito in caserma l'arrestato è
stato tradotto a Poggioreale mentre le indagini vanno avanti per capire dove
l'immigrato abbia preso la merce rubata. RIMINI. Per un volta si parla di un
napoletano vittima di una rapina a Rimini e non autore. La brutta avventura è
capitata ad un 47enne partenopeo che stava passeggiando sul lungomare assieme alla
sua compagna, una ucraina di 50 anni. A rapinare la coppia sono stati due
malviventi brasiliani che, armati di pistola, hanno portato via soldi e cellulare,
dopo aver avvicinato le loro vittime con la scusa di chiedere un'informazione. La
pistola usata per la rapina è poi risultata solo una scacciacani, ma gli autori
sono stati arrestati dalla Squara Volanti della Qustura. Sono due brasiliani,
quello che era armato ha 19 anni: la polizia lo ha rintracciato poco dopo il
colpo, in compagnia di un amico, anche lui brasiliano, di 22 anni. Le vittime
hanno riconosciuto la felpa indossata dal ragazzo, nel cui albergo è stata trovata
la refurtiva.

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