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In particolare:
● Francia: le forze politiche e militari sono animate da aspirazioni revansciste
(Guerra franco-prussiana del 1870, persa dai transalpini) contro la Germania;
● Gran Bretagna: si diffonde il nazionalismo in seguito alla pressante crescita
dell’imperialismo tedesco;
● Russia: nasce un sentimento anti-tedesco a causa del timore di essere ostacolati
nella politica espansionistica mediorientale dalla Germania.
Anche considerata la nascente crisi nei Balcani e nell’Impero Ottomano, il già di per
sé fragile equilibrio europeo cominciò a vacillare, con una conseguente corsa agli
armamenti.
Come già specificato, alla base dei timori della Gran Bretagna vi era la crescente e
costante crescita del regno di Guglielmo II, il quale diede avvio al cosiddetto “piano
Tirpitz” (dal nome del ministro della Marina Alfred von Tirpitz), che consisteva in
un miglioramento della flotta tedesca (antagonista della Royal Navy inglese) e per
motivi commerciali e per motivi bellici; per di più, la Germania avviò una politica
protezionistica per favorire la produzione nazionale e di conseguenza migliorare la
situazione economica, in accordo con i sentimenti nazionalistici divenuti popolari in
quegli anni.
La minaccia tedesca spinse quindi la Gran Bretagna ad allearsi con la Francia: così,
l’8 aprile 1904 venne stipulata l’Entente cordiale (“Intesa cordiale”), che comportò il
superamento delle fratture coloniali, poiché l’Inghilterra diede il proprio assenso al
controllo francese del Marocco e la Francia non sollevò questioni in merito al
controllo britannico dell’Egitto.
Tuttavia tale accordo suscitò una reazione indignata di Guglielmo II, il quale si recò a
Tangeri (città portuale marocchina) per difendere i propri interessi commerciali. Tale
controversia portò alla prima crisi marocchina, con conseguente convocazione di
una conferenza internazionale ad Algeciras, in Spagna, per risolvere l’alterco. Nella
conferenza si palesò l’atteggiamento di isolamento della Germania, che poteva contare
esclusivamente sull’appoggio dell’Austria-Ungheria, a differenza di Parigi che poteva
contare su Gran Bretagna, Russia e Italia. Si decise dunque che la Francia avrebbe
reso il Marocco un protettorato; tuttavia, nel 1911, la Francia occupò militarmente il
Marocco dando così vita alla seconda crisi marocchina, poiché la Germania,
considerando gli accordi violati, inviò un incrociatore minacciando lo scontro militare.
George, primo ministro inglese, fece sapere che avrebbe reagito duramente ad
un’ipotetica offensiva della Germania, così Berlino fece un passo indietro e riconobbe
il dominio francese sul Marocco.
Il clima di tensione che andava sviluppandosi nei primi anni ‘10 del Novecento
comprendeva tuttavia anche la società civile, poiché tra i cittadini europei si
diffondevano sempre di più sentimenti nazionalistici, che si rivelarono la causa
principale dello scoppio della guerra, tanto temuta in un primo momento quanto
ricercata in un secondo, a causa dell’idea che un evento bellico potesse rappresentare
l’inizio di una palingenesi.
Essenziale a tal proposito fu la campagna propagandistica adottata dagli Stati, che
dirottavano l’ira e la frustrazione delle genti su un unico nemico: lo straniero.
Anche l’Europa intellettuale dovette esprimere il proprio parere: da una parte vi
erano gli intellettuali detrattori della guerra, dall’altra chi invece la bramava quasi con
ardore.
Lo scoppio della guerra portò allo scoppio di una condizione di frenesia bellica, col
conflitto che assunse connotazioni idealiste ed eroiche; in particolare i giovani,
animati da un sentimento di solidarietà nazionale, accolsero a braccia aperte il
neonato conflitto, tuffandocisi a capofitto. Perfino il mondo intellettuale e politico era
entusiasta all’idea dei combattimenti, ad esclusione tuttavia di due soli partiti
socialisti: quello russo e quello italiano (che più che condannare, percorse la via della
neutralità, adottando la filosofia di pensiero del “né aderire né sabotare”).
La Battaglia della Marna tuttavia finì con un esito neutrale, senza vincitori o vinti. I
due eserciti iniziarono a fronteggiarsi lungo delle linee parallele definite trincee; la
guerra, almeno sul fronte occidentale, divenne una vera e propria guerra di
logoramento, che puntava all’estenuazione dei soldati coinvolti al fine di riuscire a
guadagnare dei metri di vantaggio.
Diversa era invece la situazione sul fronte orientale: l’armata russa avanzava sempre
di più, costringendo Berlino a richiamare uomini dal fronte occidentale per spedirli al
fronte orientale; questa si rivelò essere una tattica vincente, tanto che i generali
tedeschi Hindenburg e Ludendorff sconfissero i propri avversari nelle battaglie di
Tannenberg e dei laghi Masuri. I russi ottennero tuttavia un momento di rivalsa nella
battaglia di Leopoli, nella quale inflisse una dura sconfitta ai tedeschi. Un barlume di
luce per i due paesi dell’Alleanza si ebbe con l’entrata in guerra dell’Impero
Ottomano al loro fianco, mettendo in estrema difficoltà i paesi dell’Intesa e
costringendo anche la Russia alla lotta su due fronti.
4 - L’intervento italiano
Allo scoppio della guerra il premier Antonio Salandra, facente parte dei conservatori
liberali, dichiarò la neutralità dell’Italia nell’evento bellico avvalendosi del carattere
difensivo dell'Alleanza con impero asburgico e tedesco (era stata l’Austria-Ungheria
la prima a dichiarare guerra, dunque l’Italia non aveva l’obbligo di prendervi parte).
La maggior parte degli esponenti politici e intellettuali si dimostrò di atteggiamento
neutrale nei confronti della guerra, come ad esempio i cattolici (a partire dallo stesso
papa Benedetto XV) o i liberali giolittiani; i socialisti disprezzavano invece
l’eventualità di entrare in guerra.
Fra le schiere dei socialisti si distinse invece la persona di Benito Mussolini, il quale
era totalmente favorevole ad un’eventuale entrata in guerra, ipotesi che sostenne
tramite il giornale da lui fondato: Il Popolo d’Italia. A causa delle sue posizioni
venne espulso dal partito.
Tra gli interventisti troviamo anche:
● i sindacalisti rivoluzionari;
● gli interventisti democratici (tra cui Gaetano Salvemini);
● i liberali di destra (dai quali proveniva lo stesso premier);
● la destra nazionalista.
La posizione di Salandra e del suo partito si rivelò essere decisiva, in quanto egli
annunciò che era arrivato il momento di prendere decisioni animate da un sano
egoismo, facendo intendere che sarebbe entrato in guerra al fianco dello schieramento
che avrebbe proposto le migliori ricompense per la penisola italica, accarezzando
perfino l’idea di una svolta autoritaria del paese.
Data la scarsa disponibilità dell’Austria a concedere territori all’Italia, soprattutto
considerata la questione mai risolta delle terre irredente, il primo ministro, affiancato
dal ministro degli Esteri Sidney Sonnino, si recò, di nascosto al Parlamento, a
Londra, dove venne stipulato un accordo (patto di Londra) con i rappresentanti
dell’Intesa, all’interno del quale si decise che l’Italia sarebbe entrata in guerra
schierata con gli ex rivali.
Sul fronte italiano la situazione si rivelò essere ben più complicata di quanto ci si
aspettasse. L’amministrazione del (blando) esercito italiano venne affidata al generale
Luigi Cadorna (scelto non per meriti militare ma per censo, scarsamente sensibile
alle esigenze dei soldati), con l’assenza di figure intermedie come sottufficiali e senza
un’effettiva preparazione militare dei soldati, i quali erano in larga parte dei contadini
senza nessuna precedente esperienza e per lo più ignari delle effettive cause della
guerra. Le truppe si diressero verso l’Austria, instaurando una guerra di posizione col
solo risultato dell’occupazione di Gorizia.
Nel biennio ‘15-16 si venne persino a creare una sorta di fronte marittimo che vide
impegnate la Royal Navy britannica contro la flotta tedesca. Fin dai primi tempi di
guerra la Gran Bretagna attuò un blocco navale nella Manica per impedire la
circolazione delle navi tedesche, al quale Berlino decise di reagire con una guerra
sottomarina illimitata, talmente funzionale che i sommergibili tedeschi affondarono
il transatlantico inglese “Lusitania” nel 1915. Un anno più tardi ci fu la definitiva resa
dei conti nella Battaglia dello Jutland, ossia il più grande confronto navale della
Grande Guerra. La sconfitta per i tedeschi fu talmente grande che evitarono lo scontro
in mare aperto per tutti i restanti anni di guerra.
6 - La guerra “totale”
Il conflitto che imperversava nel mondo negli anni ‘10 del Novecento era un nuovo
tipo di conflitto, dalla portata mastodontica, senza precedenti (salvo che per la Guerra
dei Trent’anni, da molti considerato come il primo vero conflitto “mondiale”).
A fianco dell’Alleanza v’erano schierati Impero Ottomano e Bulgaria; di fianco
all’Intesa vi erano invece Brasile, Nicaragua, Liberia, Giappone ed in seguito Cina e
Stati Uniti.
La guerra portò ad una vera e propria mobilitazione di massa: la quasi totalità dei
cittadini maschili venne obbligata ad unirsi al fronte, e le donne, per la prima volta
nella storia, presero il posto dei rispettivi mariti nelle occupazioni o in organizzazione
come, ad esempio, la Croce Rossa.
Il ritiro della Russia dal conflitto aveva tuttavia messo in una grave condizione di
svantaggio l’Italia: l’Austria era ormai libera di spostare truppe dal fronte orientale per
far sì che raggiungessero il confine con la penisola. Nella notte tra il 23 e il 24 ottobre
1917 dunque gli Imperi Centrali sferrarono un attacco alle truppe italiche, causando
una vera e propria carneficina nei pressi di Caporetto (da cui il nome: disfatta di
Caporetto). Il Friuli ed il Veneto caddero in mani asburgiche, tuttavia l’armata
italiana riuscì ad indietreggiare fino al Piave. La grave sconfitta sollevò l’opinione
pubblica: Boselli fu sostituito dal liberale Vittorio Emanuele Orlando. Anche Luigi
Cadorna venne sostituito dal napoletano Armando Diaz, ben più attento ai bisogni dei
soldati: fece molte concessioni alle truppe, cosa che permise di risollevare il morale
dell’esercito, e ristrutturò l’esercito e introdusse nuove cariche.
L’evento fondamentale del 1917 fu però l’entrata in guerra degli Stati Uniti, che già da
tempo intrattenevano relazioni commerciali con i paesi dell’Intesa. Il Paese, che fino a
quel punto fece l’interesse proprio e dei cittadini (anche considerato che il presidente
Woodrow Wilson era assolutamente contrario alla guerra), uscì dal proprio
isolazionismo solo quando i sommergibili tedeschi silurarono tre mercantili
statunitensi. Wilson dichiarò quindi guerra alla Germania in nome dei valori liberali e
democratici, sdoganando l’ideale di una “guerra per la democrazia”.
Per quanto riguarda il fronte italiano, l’esercito nostrano, forte dell’appoggio dei
“ragazzi del ‘99”, vinse definitivamente contro gli austro-ungarici nella battaglia di
Vittorio Veneto. L’armistizio venne firmato il 3 novembre del 1918; il generale Diaz
annunciò la vittoria il 4 novembre 1918.
L’Austria occupò un territorio di gran lunga minore alla fine della guerra e cedette
territori alla Polonia, alla Romania e all’Italia (Trattato di Saint-Germain). Sorsero
nuove nazioni: Ungheria (Trattato del Trianon); Repubblica cecoslovacca e Regno
di Jugoslavia. L’Italia prese le Terre Irredente e l’Istria. Venne riconosciuta
l’indipendenza della Bulgaria (Trattato di Neuilly).
Col Trattato di Sèvres si stabilì che la Turchia sarebbe stata ridimensionata e avrebbe
compreso la sola Istanbul, ed avrebbe inoltre ceduto il controllo di Palestina e Iraq
alla Gran Bretagna (insieme a penisola araba, Yemen e Transgiordania), di
Libano e Siria alla Francia. Altri territori passarono alla Grecia.
Il 28 aprile 1919 venne firmato il patto che sanciva la nascita della Società delle
Nazioni, amministrata da un Consiglio formato da 5 membri permanenti (Stati Uniti,
Gran Bretagna, Italia, Francia e Giappone) ed altri 4 membri eletti dall’assemblea. Se
una nazione non avesse rispettato quanto sancito dai Quattordici Punti, sarebbe stata
sanzionata economicamente. Tale Società si rivelò tuttavia fallimentare: si sentiva la
mancanza di un esercito permanente e tutte le questioni dovevano essere approvate
all’unanimità, cosa che rese estremamente comuni gli stalli. Gli Stati Uniti tuttavia
non aderirono, e vennero escluse Russia e Germania.