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La Prima Guerra Mondiale

Introduzione
La Grande Guerra è stata l’evento più importante del XX secolo e
ha dato forma al mondo in cui viviamo oggi. Ciononostante, è
spesso considerata una guerra inutile, un errore catastrofico che ha
portato a combattere per ragioni ridicole o inesistenti. Gli storici, i
politici e gli economisti possono testimoniare che è vero il contrario,
eppure la gente comune rimane ferma nella sua convinzione: è
stato tutto inutile. Com’è possibile? Si è trattato di un caso di follia
collettiva? O forse la posta in gioco era davvero alta in questa
collisione frontale tra potenze la cui visione dell’Europa e del mondo
non poteva più coesistere pacificamente? Nel 1914 nessuno
statista dei fronti contrapposti fece alcun tentativo di risolvere le
difficoltà con il compromesso e il negoziato, tanto che lo scontro
armato divenne inevitabile. Una volta iniziata, la Grande Guerra
dovette essere combattuta fino in fondo, perché nessuno dei
belligeranti poteva permettersi una sconfitta che avrebbe segnato la
fine del suo potere economico, politico e militare, e delle sue
ambizioni imperialistiche. Non si trattò tanto di una “guerra per
porre fine alle guerre”, quanto di un tentativo di risolvere i principali
problemi dell’epoca in un colpo solo. Quando gli Stati nazionali
industrializzati ricorsero al conflitto armato, generarono una
mostruosa capacità di morte e distruzione, mentre la densità delle
loro popolazioni significò che tante persone avrebbero perso la vita
prima che potesse essere proclamata la vittoria. Questo conflitto
sovvertì le regole di guerra conosciute fino a quel momento,
risucchiando nel vortice degli scontri i civili che, almeno in parte,
erano stati risparmiati. Di certo non era la prima volta che un
conflitto armato si discostava dalle regole canoniche, ma la Grande
Guerra si distinse per la gravità di queste trasgressioni. Si trattò di
un conflitto di vastissima portata, che coinvolse tutti i continenti,
durante il quale furono impiegate per la prima volta armi nuove e
micidiali, e messi in campo nuovi metodi di sterminio di massa. In
passato, la guerra dei Trent’anni, la guerra dei Sette anni, le guerre
napoleoniche e la guerra civile americana avevano rappresentato la
pietra di paragone per gli orrori bellici, ma non furono niente a
confronto con i lunghi anni di folle caos che dall’agosto del 1914 si
protrassero fino al novembre del 1918.

Le cause della guerra


Il casus belli fu l’assassinio, a Sarajevo, dell’arciduca Francesco
Ferdinando, nipote di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria-
Ungheria, e di sua moglie Sofia, da parte di uno studente serbo,
Gavrilo Princip, affiliato all’associazione terroristica serba “Mano
Nera”, il 28 giugno 1914. In realtà, le reali cause della Grande
Guerra vanno ricercate all’interno dei 40 anni precedenti ai fatti del
giugno del 1914. Infatti, tra le nazioni europee, c’erano tensioni e
rivalità mai sopite: le più antiche erano quelle tra Francia e
Germania e tra Italia e Austria-Ungheria. Si può far risalire la
rivalità franco-tedesca all’843, anno del trattato di Verdun, e da
allora i due Stati furono in continua frizione, ma l’opposizione
decisiva per lo scoppio della Grande Guerra risale al 1871, anno in
cui terminò la guerra franco-prussiana, finitosi con la vittoria
tedesca e l’annessione dell’Alsazia e della Lorena da parte
dell’Impero Tedesco, perché, da allora, si sviluppò in Francia la
corrente del revanscismo, ideologia nazionalista che prese piede
dopo l’annessione dei territori citati poco prima, la quale perdurò e
crebbe fino allo scoppio della Grande Guerra. La rivalità austro-
italiana, invece, risaliva alla seconda metà del XIX secolo, periodo
intorno al quale nacque il fenomeno dell’irredentismo, un
movimento che era l’espressione dell’aspirazione italiana a
completare la propria unità nazionale, liberando le terre soggette al
dominio straniero. Le zone cui l’Italia aspirava erano il Trentino,
l’Alto Adige e la Venezia Giulia, tutte annesse all’Impero Asburgico.
Comunque, fino al 1890 il cancelliere tedesco Otto Von Bismarck
riuscì a rimandare un eventuale conflitto armato, allacciando
alleanze fondamentali, infatti, l’Impero Tedesco si alleò all’Impero
Austro-Ungarico e a quello Russo stipulando l’Alleanza dei tre
imperatori nel 1881 e firmando con Austria-Ungheria e Italia la
Triplice Alleanza nel 1882, riuscendo a isolare la Francia, e
introducendo il concetto di Realpolitik, in altre parole una gestione
estremamente diplomatica della pace e l’interdizione della corsa
agli armamenti. I primi problemi ci furono nel 1885, quando i
rapporti tra l’Impero Russo e quello Austro-Ungarico si
deteriorarono irreversibilmente a causa della crisi bulgara, andando
a smembrare l’Alleanza firmata quattro anni prima. Per risolvere
questo problema, la Germania firmò, nel 1887, il Trattato di contro
assicurazione con la Russia, il quale assicurava la neutralità dei
due firmatari nel caso che uno dei due si fosse trovato in guerra con
una terza potenza. Il concetto di realpolitik bismarckiana entrò
definitivamente in crisi quando salì al trono il Kaiser Guglielmo II nel
1888, infatti, il nuovo imperatore, avendo delle idee completamente
diverse da quelle del Bismarck e considerandolo troppo
ingombrante, lo spinse a dimettersi il 20 marzo 1890. Guglielmo II
attuò una politica molto più spregiudicata, inaugurando la
Weltpolitik, destinata a migliorare l’esercito e la neonata marina,
affidata all’ammiraglio Von Tirpitz. Inoltre, sciolse immediatamente il
trattato con la Russia, rafforzò l’alleanza con l’Impero Asburgico e
tentò di mantenere rapporti amichevoli con l’Inghilterra, fallendo
perché la politica espansionistica commerciale del Kaiser entrò in
attrito con gli interessi economici britannici. Questa politica
“arrogante” della Germania spinse gli altri paesi europei a
intraprendere delle trattative tra di loro, infatti, la Russia e la
Francia, nel 1894, formularono l’Alleanza franco-russa, la Francia
e l’Inghilterra appianarono le divergenze riguardo le questioni
coloniali e stipularono nel 1904 l’Entente Cordiale, e la Russia e
l’Inghilterra firmarono l’Accordo anglo-russo nel 1907, che
porterà, nello stesso anno, alla creazione della Triplice Intesa. Con
la nascita dell’Intesa, crollava il punto principale della politica del
Bismarck, il quale evidenziava l’importanza dell’isolamento
francese. Negli anni immediatamente precedenti allo scoppio della
Prima Guerra Mondiale nacquero nuove tensioni, soprattutto in
Marocco e nei Balcani. Le crisi marocchine furono ambedue
causate dalla Germania nel tentativo di far sciogliere l’alleanza
formatasi tra Inghilterra e Francia. La prima, nel 1906, fu causata
da un discorso tenuto a Tangeri dal Kaiser, il quale proclamava il
Marocco stato indipendente, ma, dopo soli tre mesi, si risolse il tutto
con la Conferenza di Algeciras, la quale rinforzò l’alleanza anglo-
francese e scongiurò la guerra franco-tedesca, sconfiggendo, sul
piano diplomatico, la Germania, la quale fu isolata e la Francia
migliorò la propria posizione aumentando la sua influenza sul
Marocco. La seconda crisi si ebbe nel 1911, sempre procurata
dall’Impero Tedesco, quando, dopo una mobilitazione francese
nella capitale marocchina, i tedeschi risposero inviando una loro
nave, la Panther, con la scusa di proteggere i cittadini tedeschi in
Marocco. La Gran Bretagna vide ciò come un tentativo tedesco di
occupare il Marocco e si arrivò, di nuovo, sull’orlo di una guerra.
Servì un nuovo accordo, con il quale, la Germania otteneva una
porzione di Congo francese e la Francia il controllo totale del
Marocco. Se le crisi marocchine furono risolte in breve tempo, la
situazione balcanica era molto più complessa. Infatti, all’interno
dell’Impero Asburgico vi erano parecchie tensioni fra le popolazioni
sottomesse e il potere imperiale. Queste popolazioni stavano
spingendo per ottenere la propria indipendenza dall’Impero e il
problema più pericoloso era rappresentato dalla Serbia. Infatti, la
Serbia voleva riunire tutti i popoli slavi sotto la propria corona. Da
qui le grandi spinte dei nazionalisti serbi che volevano
l’indipendenza per unire la popolazione balcanica sotto un’unica
bandiera. Ma soprattutto, i piccoli stati balcanici non annessi
all’Impero Asburgico, il già citato Regno di Serbia, il Regno del
Montenegro, il Regno di Bulgaria e il Regno di Grecia, tentavano di
espandersi, occupando i territori europei dell’enorme Impero Turco.
Formarono la Lega Balcanica e intrapresero la guerra nell’ottobre
del 1912, approfittando della sconfitta turca contro l’Italia,
ottenendo, nel maggio del 1913, la vittoria, i territori tanto ambiti.
Dopo la fine della prima guerra balcanica, nacquero dei dissidi
all’interno della Lega, infiammati dalla Bulgaria, la quale pretendeva
di ottenere la Macedonia. Da ciò scaturì la seconda guerra
balcanica che vedeva la Bulgaria contrapposta ai suoi ex alleati.
Approfittò di questa situazione l’Impero Turco, il quale si alleò
temporaneamente ai suoi ex nemici e alla Romania. La guerra durò
soli tre mesi e terminò con la netta sconfitta della Bulgaria, la
riorganizzazione territoriali degli stati balcanici e con l’annessione di
metà territorio bulgaro da parte dei turchi. La pace di Bucarest, del
1913, trattato con cui terminò la seconda guerra balcanica, portò
scontento in tutti gli stati balcanici, ad eccezione della Romania,
poiché non ottennero ciò a cui aspiravano. La Serbia, con i suoi
continui tentativi di raggiungere l’indipendenza, utilizzando anche
degli attentati, si attirò le antipatie dell’Austria-Ungheria, la quale
cercava solamente un’occasione per potersi liberare degli scomodi
vicini.

Le prime fasi della guerra


Tra il 28 giugno 1914, giorno dell’attentato, e il 4 agosto 1914, si
decisero le sorti dell’Europa. Questo periodo verrà definito “Crisi di
Luglio” e durante il quale la Germania, convinta di poter
localizzare il conflitto, pressò l'alleato austro-ungarico affinché
aggredisse al più presto la Serbia. Solo la Gran Bretagna avanzò
una proposta di conferenza internazionale che non ebbe seguito,
mentre le altre nazioni europee si preparavano lentamente al
conflitto. Il 23 luglio l’Austria-Ungheria inviò un ultimatum alla
Serbia, pretendendo, tra l’altro, che i responsabili dell’attentato
fossero giustiziati. Due giorni dopo la Serbia rifiuta l’ultimatum e il
28 luglio 1914 l’Impero Austro-Ungarico dichiara guerra alla
Serbia, scatenando, di fatto, la prima guerra mondiale. Dopo ciò, si
innescò una reazione a catena che trascinerà tutta l’Europa in
guerra, infatti, il 29 luglio la Russia mobilitò le forze armate lungo il
proprio confine, in risposta a ciò, la Germania, il 1° agosto, dichiarò
guerra alla Russia e il 3 agosto dichiarò guerra alla Francia. Nello
stesso giorno, l’Italia, alleata degli Imperi Centrali, dichiarò la
propria neutralità, basandosi sui due principi della Triplice Alleanza,
in altre parole entrare in guerra se un’alleata era stata attaccata e
consultarsi con le altre due alleate in caso di una dichiarazione di
guerra a un’altra nazione, e l’Austria non aveva rispettato entrambe
le clausole. La Germania subiva la sua più grande paura: una
guerra su due fronti, essendo sotto attacco sia della Russia che
della Francia. Per evitare l’accadere di ciò, attuò il Piano
Schlieffen, strategia militare che prevedeva un attacco fulmineo
verso la Francia, munita di un esercito più piccolo rispetto a quello
russo, ma più rapido nella sua mobilitazione, invadendo il Belgio in
modo da sorprendere i francesi, e, dopo aver fatto capitolare la
Francia, colpire la Russia, dotata di un’immensa macchina da
guerra, ma lenta nella sua mobilitazione. La Germania attuò questo
piano, leggermente modificato, in quanto una parte dell’esercito
tedesco fu schierata sul fronte orientale, e quando, il 4 agosto,
invase il Belgio, la Gran Bretagna le dichiarò guerra. L’esercito
tedesco continuò la sua avanzata inesorabile, conquistando il
Belgio in soli 17 giorni, e sconfisse ripetutamente i francesi,
arrivando a soli 40 chilometri da Parigi. Nel frattempo, con la
Battaglia di Tannenberg e la Battaglia dei Laghi Masuri,
l’esercito tedesco sconfiggeva l’esercito russo, bloccandolo
momentaneamente. Sul fronte occidentale, frattanto, i francesi si
gettarono in un disperato contrattacco lungo il fiume Marna, il 5
settembre, il quale, dopo una settimana di furiosi combattimenti,
riuscì ad arrestare l’avanzata tedesca, ma trasformò il conflitto da
guerra di movimento in una guerra di trincea. D’ora in poi, i due
schieramenti, quello tedesco e quello anglo-francese impegnati nei
primordi della guerra di trincea, tentarono ripetutamente di aggirarsi
a vicenda sul fianco nord, dando luogo ad un prolungarsi della linea
del fronte sino al mare del Nord. Questo periodo verrà definito
“Corsa al mare”, il quale, iniziato nel settembre del 1914 con la
Battaglia dell’Aisne, terminerà nell’ottobre dello stesso anno con
la sanguinosa Prima Battaglia di Ypres. Terminata la corsa al
mare, sul fronte occidentale entrambe le parti si attestarono sulle
posizioni raggiunte sistemandosi dietro un complesso sistema
di trincee; la guerra di movimento si trasformò in guerra di
posizione. I combattimenti continuarono senza sosta, andando ad
incrementare il numero dei caduti. La guerra arriverà anche sul
mare coinvolgendo, per quasi tutto il conflitto, solamente Germania
e Inghilterra, le uniche dotate di flotte abbastanza potenti. La prima
battaglia ci fu il 24 agosto 1914, nella baia di Hegoland, e fece
capire che la guerra navale si sarebbe risolta nel Mare del Nord. I
combattimenti lungo il fronte occidentale ebbero un’improvvisa
interruzione durante il periodo natalizio del 1914, infatti, accadde
uno dei più incredibili avvenimenti che la storia ricordi, ovvero la
Tregua di Natale. Durante questa tregua, nel corso della vigilia di
Natale e del giorno stesso di Natale, un gran numero di soldati
provenienti da unità tedesche e britanniche lasciarono
spontaneamente le trincee per incontrasi nella terra di nessuno per
fraternizzare, scambiarsi cibo e souvenir. Oltre a celebrare comuni
cerimonie religiose e di sepoltura dei caduti, i soldati dei due
schieramenti intrattennero rapporti amichevoli tra di loro al punto di
organizzare improvvisate partite di calcio.

Il conflitto si estende
Nel corso della seconda battaglia di Ypres (22 aprile-25 maggio),
fecero la loro prima comparsa, come armi chimiche, i gas, nella
fattispecie i gas a base di cloro. In realtà, i gas furono utilizzati mesi
prima, nel gennaio del 1915 durante la battaglia di Bolimòw, sul
fronte orientale, ma i risultati ottenuti furono talmente deboli, infatti,
il gas all’interno dei proiettili non evaporò a causa del freddo, non
infliggendo perdite ai russi. Nella seconda battaglia di Ypres,
invece, i gas, nella fattispecie Iprite, ebbero effetti devastanti,
difatti, causarono 5.000 morti e danneggiarono polmoni e occhi dei
soldati, in alcuni casi facendo danni irreversibili.
Nel frattempo, in Italia l’opinione pubblica si spaccò in due tronconi:
gli Interventisti, favorevoli all’entrata in guerra e composti da
liberal-conservatori, nazionalisti, radicali, repubblicani e irredentisti,
e i Neutralisti, favorevoli alla neutralità italiana e composti da
cattolici, liberali giolittiani e socialisti (con l’eccezione di Mussolini).
Dopo un’iniziale vittoria dei Neutralisti, il re si accordò con gli stati
dell’Intesa con il Patto di Londra, il 23 aprile 1915, facendo,
ufficiosamente, entrare l’Italia in guerra.
Il 24 maggio del 1915, quindi, l’Italia entrò ufficialmente in guerra
contro gli Imperi Centrali, allargando il fronte. L’esercito italiano,
sotto il comando di Luigi Cadorna, sferrò, tra il giugno e il dicembre
del 1915, le prime quattro offensive dell’Isonzo, conclusesi con un
nulla di fatto e al prezzo di 250.000 vite umane.

La grande strage
Durante il 1916 si combatterono le battaglie più sanguinose della
guerra, la Battaglia di Verdun e la Battaglia della Somme. La
prima fu un attacco tedesco, nel tentativo di sfondare le linee
francesi e di dissanguare l’esercito francese, durò dal 21 febbraio
1916 al 19 dicembre dello stesso anno. Nonostante il successo
iniziale tedesco, i francesi riuscirono a riorganizzare le difese e a
riconquistare il territorio occupato, a prezzo di tantissime perdite
(alla fine della battaglia si registreranno quasi 600.000 caduti). La
seconda fu la risposta inglese alla Germania e un’azione di tentato
allentamento dell’azione tedesca a Verdun e durò dal 1° luglio 1916
al 18 novembre dello stesso anno. Per la prima volta si vide sul
campo di battaglia il carro armato, utilizzato dagli inglesi, ma non
fu influente ai fini del risultato. Anche qui ci fu un susseguirsi di
conquiste e riconquiste di territorio, al prezzo di più di un milione di
morti. Sul fronte italiano, invece, gli austro-ungarici attuarono, tra il
maggio e il giugno del 1916, la cosiddetta Strafexpedition,
conosciuta anche come la Battaglia degli Altipiani, ovvero una
sorta di spedizione punitiva nei confronti dell’antico alleato, ora
traditore. Gli italiani riuscirono a contenere l’attacco austriaco, a
prezzo di moltissime perdite, e persero le principali figure
dell’irredentismo italiano, su tutti Cesare Battisti. Ciò determinò la
caduta del governo Salandra e al suo posto andò al potere una
coalizione con a capo Paolo Boselli. Nello stesso periodo si
combatterà, nel Mare del Nord, tra il 31 maggio e il 1° giugno 1916,
la Battaglia dello Jutland, scontro marittimo che può essere
considerata l’ultima grande battaglia navale della prima guerra
mondiale. In questa battaglia, il cui obbiettivo era lo sfondamento
del blocco navale attuato dagli inglesi nei confronti della Germania,
le navi tedesche, inferiori per numero e per armamenti, ottennero
un’insperata vittoria contro la Grand Fleet, infliggendole pesanti
danni.

Venti di cambiamento
Il 1917 fu un anno decisivo per le sorti della guerra. La Russia,
sventrata dai prodromi della Rivoluzione Russa, cessò di fornire
qualsiasi contributo apprezzabile agli alleati, lasciando un vuoto
all’interno dell’Intesa. Ciò permise alle truppe tedesche di stanza sul
fronte orientale di spostarsi e unirsi a quelle austro-ungariche sul
fronte italiano. Le truppe austro-tedesche appena formate, il 24
ottobre sferrarono un attacco nei pressi di Caporetto, sfondando le
linee italiane e costringendo le truppe italiane a ritirarsi. La ritirata
lasciò in mano ai nemici 10.000 km2, 300.000 prigionieri e una
quantità impressionante di armi e vettovaglie. Due settimane dopo,
un esercito dimezzato riuscì ad assestarsi lungo la linea del Piave.
Caporetto determinò la fine di Cadorna, sostituito al comando da
Armando Diaz, e del governo Boselli, il quale cadde e fu costituito
un nuovo governo di coalizione con a capo Orlando. Nel frattempo,
gli Stati Uniti, il 6 aprile 1917, decisero di intervenire a fianco
dell’Intesa, riempiendo il vuoto lasciato dalla Russia, contro gli
Imperi Centrali. Decisero di intervenire perché se avesse perso
l'Intesa, le industrie americane avrebbero perso floridi mercati per
l'esportazione, come Inghilterra e Francia, e le banche americane
non sarebbero rientrate dei prestiti fatti alle potenze europee
occidentali. Il casus belli fu l’affondamento di navi passeggeri da
parte dei tedeschi, con conseguenti vittime americane (ad esempio
il Lusitania). Lungo il fronte occidentale, verranno utilizzati con
successo i carri armati, già apparsi durante la battaglia della
Somme, durante la Battaglia di Cambrai (20 novembre- 3
dicembre 1917). Nel corso del 1917, ci furono alcuni tentativi di
pace, da parte del papa Benedetto XV e da parte del neo-
imperatore Carlo I, durante i quali il pontefice, definendo la guerra
“un’inutile strage”, invitò i governi a terminare la guerra, offrendo
come soluzione una pace senza annessioni. L’imperatore, invece,
avviò trattative segrete in vista di una pace separata, ma i suoi
tentativi vennero respinti.

L’ultimo anno di guerra


Durante il 1918 la Russia decise, con il Trattato di Brest-Litovsk,
firmato il 3 marzo 1918, di ritirarsi definitivamente dalla guerra e di
arrendersi alla Germania, poiché i bolscevichi di Lenin, essendo a
favore della pace, avevano preso il potere. Il presidente degli Stati
Uniti Woodrow Wilson, per rispondere alla sfida lanciata da Lenin,
ovvero di trasformare la guerra imperialista in rivoluzione, delineò i
“Quattordici punti”, un programma di pace in quattordici argomenti
delineato nel gennaio del 1918 che, per il momento, fu ignorato. Sul
piano militare, infatti, nonostante i grandi cambiamenti, la situazione
rimaneva favorevole agli Imperi Centrali, che continuarono ad
attaccare le linee nemiche nella speranza di sfondare, durante
quella che passerà alla storia come l’Offensiva di primavera (21
marzo-5 agosto 1918). La risposta dell’Intesa non si fece attendere
e l’8 agosto si diede il via all’Offensiva dei 100 giorni, iniziata con
la Battaglia di Amiens, che fu il primo segnale di cedimento
dell’esercito tedesco. Nei mesi successivi, tutte le alleate della
Germania cominciarono ad arrendersi, infatti, il 30 settembre, con
l’Armistizio di Salonicco, la Bulgaria chiede la resa agli alleati e il
30 ottobre, con l’Armistizio di Mudros, l’Impero Ottomano si
arrende. Il 3 novembre, dopo aver perso, il 24 ottobre, la Battaglia
di Vittorio Veneto, l’Impero Austro-Ungarico si arrende agli italiani,
firmando l’Armistizio di Villa Giusti. La Germania, dilaniata dai
moti rivoluzionari interni e estenuata sul piano militare, crollò: il
Kaiser abdicò e fuggì in Olanda, imitato da Carlo I, imperatore
austriaco, e si formò un governo socialdemocratico con a capo
Friedrich Ebert. I delegati del governo provvisorio firmarono, l’11
novembre, l’Armistizio di Compiègne, firmato nel villaggio di
Rethondes.

I trattati di pace
Con la cessazione delle ostilità, si indisse una conferenza di pace a
Parigi, la Conferenza di Versailles, che cominciò il 18 gennaio
1919 e si protrasse per più di un anno e mezzo. Le trattative di
pace vennero discusse tra i capi di governo delle potenze vincitrici:
l’americano Wilson, l’inglese Lloyd George, il francese
Clemenceau e l’italiano Orlando, il quale ricoprì un ruolo
marginale. L’obbiettivo della conferenza era l’impedire alla
Germania di riprendere la posizione di grande potenza nazionale.
Ciò fu attuato con il Trattato di Versailles, firmato il 28 giugno
1919, definito Diktat. Dal punto di vista territoriale, la Germania
perse l’Alsazia e la Lorena, restituite alla Francia, cedette l’Alta
Slesia, la Posnania, una parte della Pomerania e il porto di
Danzica alla neonata Polonia e fu privata di tutte le colonie, spartite
tra Gran Bretagna, Francia e Giappone. Ma la parte più pesante del
trattato fu sotto il punto di vista economico e sociale, infatti, dovette
ripagare i danni di guerra alle potenze vincitrici, fu costretta a
rinunciare alla marina, ad abolire il servizio di leva, a ridurre
l’esercito a 100.000 unità e a lasciare “smilitarizzata” la valle del
Reno per 15 anni. Gli altri Imperi perdenti ebbero problemi di altro
genere, infatti, sia l’Impero Asburgico sia l’Impero Ottomano si
disgregarono, dando vita a tante nuove nazioni. Dalle ceneri
dell’Impero Austro-Ungarico, nacquero la Repubblica d’Austria,
l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, mentre
dall’Impero Turco, privato dei territori arabi, nacque lo Stato Libero
di Turchia. Per quanto riguarda la Russia, le potenze vincitrici
considerarono i russi dei traditori, e cercarono in ogni modo di
osteggiare la repubblica socialista, rifiutando il trattato di Brest-
Litovsk e riconoscendo e proteggendo nazioni confinanti con l’Urss,
come la Finlandia, la Lettonia, l’Estonia e la Lituania. Si ebbero
rinnovamenti anche dalla parte degli alleati, infatti, nel 1921,
nacque lo Stato Libero d’Irlanda. Ad assicurare il rispetto e la
salvaguardia della pace tra gli Stati nacque la Società delle
Nazioni, la cui istituzione fu accettata da tutti i partecipanti della
conferenza. La Società delle Nazioni, a causa della mancata
adesione degli Stati Uniti, finì per essere egemonizzata da Francia
e Gran Bretagna e non fu in grado di prevenire le tensioni
internazionali che costellarono gli anni tra le due guerre mondiali.
Un fatto curioso riguardo la conferenza di Versailles fu che la
nazione di Andorra entrò in guerra contro la Germania ma non
partecipò alla conferenza e quindi rimase, sulla carta, in guerra
contro la Germania fino al 1939.

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