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PIANEZZA, Carlo Giovan Battista di Simiana (Simiane), marchese di.

– Nacque a Torino nel 1634


da Carlo Emanuele Giacinto e da Giovanna Arborio Gattinara. Sino alla morte del padre, nel 1677,
fu noto come marchese di Livorno (nel Vercellese).

Datosi alla carriera militare, a vent’anni era mastro di campo di cavalleria. Nel 1658 sposò
Giovanna Maria Grimaldi di Monaco (1645-94), figlia del principe Ercole II. Per la giovane età
della sposa, le nozze furono celebrate solo un anno dopo, il 23 ottobre 1659. Il 16 gennaio 1666
Carlo Emanuele II lo creò cavaliere dell’Annunziata, primo segnale del ruolo che Pianezza si
apprestava a rivestire. Il padre, infatti, era deciso a lasciare la corte e cedere le sue cariche al figlio.
Il momento giunse nel maggio 1667 quando, a fronte del ritiro paterno, divenne gran ciambellano e
luogotenente generale di cavalleria.

L’anno chiave per lui fu il 1672. Egli accolse allora nel proprio palazzo Raffaele della Torre, un
patrizio genovese decaduto che propose al duca Carlo Emanuele II di organizzare un’insurrezione a
Genova e favorire l’invasione sabauda della Repubblica. Il duca, nonostante i tanti consigli contrari,
decise l’attacco e pose a capo delle truppe l’anziano generale Catalano Alfieri di Magliano, cui
affiancò Pianezza come luogotenente. Quando l’insurrezione non scoppiò, il duca ordinò ad Alfieri
di occupare alcuni territori della Repubblica, che lo Stato sabaudo rivendicava. Gli eventi militari,
tuttavia, furono sfavorevoli alle truppe sabaude, più volte sconfitte. Pianezza stesso riuscì a stento a
evitare la cattura nella battaglia di Castelvecchio (6 agosto 1672). Il disastro fu imputato al conte
Alfieri, prima confinato e poi, nell’agosto 1673, chiamato a Torino e processato. Pianezza
inizialmente restò fuori dall’inchiesta, ma con il passare dei mesi fu chiaro che il duca intendeva
procedere anche contro di lui. Alla fine, il 12 febbraio 1674, temendo per la propria vita, Pianezza
lasciò Torino e si portò prima nel suo feudo di Montafia e in seguito in Francia.

A Versailles fu accolto ottimamente da Luigi XIV il quale, avendo promesso al duca che non
avrebbe impiegato Pianezza nelle sue truppe, lo fece entrare al servizio del principe di Condè. Sotto
il suo comando Pianezza partecipò alla battaglia di Seneffe (11-12 agosto 1674), dove si batté
«vaillament», restando «blessé de trois coups […] faisant des merveilles», come recitava la ufficiale
Gazette de France (1674, p. 919).

L’appoggio del re e dell’anziana principessa di Carignano (Maria di Borbone Soissons, vedova del
principe Tomaso), che lo accolse nel proprio palazzo, indispettirono Carlo Emanuele II che, nel
settembre 1674, ordinò l’arresto di Pianezza e della moglie, confinati nella casa di Missione di
Torino. Nell’aprile 1675 si diffuse la voce che avesse ordito una congiura per uccidere il duca e il
ministro delle finanze Giovan Battista Truchi. La voce era stata diffusa da tale Maigrot, già soldato
nell’esercito sabaudo, che accusò del progetto il conte Colonna. Maigrot si recò in Francia per
trovare le prove di quanto asseriva e portarle a Carlo Emanuele II, cui aveva denunciato
personalmente la congiura. Maigrot e Colonna furono arrestati, dando origine a un’indagine che
divenne presto assai problematica per la corte di Torino.

Nel frattempo a Torino, il 17 maggio 1675, fu pubblicata la sentenza contro Pianezza, «reo di lesa
maestà», che lo privava di cariche e beni, condannandolo a morte nel caso fosse rientrato in patria.
Un mese dopo, il 12 giugno, Carlo Emanuele II morì. Poiché il figlio Vittorio Amedeo II era ancora
bambino, la guida dello Stato fu assunta dalla vedova Maria Giovanna Battista, Madama Reale, non
meno avversa a Pianezza di quanto lo fosse stato il marito.

Intanto, a Parigi continuava l’indagine sulla congiura. Il 25 ottobre 1675, in punto di morte,
Colonna aveva giurato che l’accusa era, in realtà un piano di Truchi per screditare Pianezza. È
difficile sapere quale fosse la verità, ma non è improbabile che Maigrot e Colonna avessero agito
d’intesa con qualche autorità sabauda, non escludendo lo stesso duca.
Mentre Pianezza percorreva in Francia una brillante carriera militare – nel 1677 fu promosso
capitano-luogotenente delle Guardie scozzesi –, Luigi XIV convinse Madama Reale a restituire ai
Pianezza i feudi avocati (12 agosto 1676) e poi a liberare suo padre e sua moglie (inizio 1677).
Quando, il 3 giugno, il padre di Pianezza morì e questi ne ereditò titolo e beni, Madama Reale
accettò di tornare sui suoi passi e, con patenti del 5 dicembre 1677, annullò la condanna e rimise
Pianezza «nel suo intiero e pristino stato, grado, honore e fama».

Secondo molti, a spostare Madama Reale verso un ammorbidimento della sua posizione fu Carlo
Valperga di Masino (1656-1715), nipote di Pianezza, favorito della duchessa e suo principale
consigliere.

Il perdono, comunque, non implicò l’immediato ritorno di Pianezza in Piemonte. L’accordo con
Luigi XIV stabiliva, anzi, che in cambio si sarebbe stabilito a Versailles (dove intanto aveva portato
la famiglia). Ma le cose andarono diversamente. Il 14 maggio 1680 Vittorio Amedeo II raggiunse la
maggiore età; Madama Reale era ancora al potere, ma la sua posizione era debole e a Luigi XIV
faceva comodo avere a Torino un uomo fidato come Pianezza: convinse dunque la duchessa ad
accettare che tornasse in patria, cosa che avvenne nel dicembre 1680. Sebbene non fosse reintegrato
nella carica di gran ciambellano, Pianezza riprese le cariche militari e il 24 settembre 1682 fu
nominato ministro e chiamato a far parte del Consiglio di Stato, divenendo una sorta di ministro
della guerra.

Nel 1681 fu tra i principali comandanti della spedizione contro l’insurrezione scoppiata nella
provincia di Mondovì, detta Guerra del sale. Secondo il padre Giovanni Andrea Cordero egli non
solo era «in ogni affare primo motore e anima di tutte le operazioni», aveva «la totale direzione
delle cose di Stato […] tanto che Madama Reale, sopra detta quale aveva acquistato un predominio
assoluto, non faceva cosa veruna senza che prima non gli venisse dettata da quell’uomo dotato di un
ingegno inarrivabile» (Cordero, 1986, pp. 155, 180).

Per consolidare il proprio potere Madama Reale decise il matrimonio di Vittorio Amedeo II con
Isabella di Braganza, sua nipote ed erede presuntiva al trono lusitano. In tal modo il figlio avrebbe
lasciato Torino e lei avrebbe mantenuto la reggenza. Vittorio Amedeo II, tuttavia, era contrario al
progetto e riuscì a farlo fallire. Pianezza, fervido alleato della Francia, non osteggiava il matrimonio
portoghese, anzi, fu tra coloro che più investirono nel progetto di compagnia commerciale sabaudo-
lusitana costituita in previsione delle nozze. Nell’agosto 1682 fu scoperta una congiura contro la
reggente, il cui ispiratore era il marchese Carlo Emilio San Martino di Parella. Come mostrato da
Ferrero della Marmora (1862) e poi da Contessa (1936; contro l’opinione di Carutti, 1863, e di
Claretta, 1877-78), Pianezza non fu coinvolto in tale congiura, che se vittoriosa avrebbe incrinato
l’alleanza franco-sabauda. Non a caso, dopo la fuga di Parella, Luigi XIV costrinse la reggente a
stipulare un nuovo trattato d’alleanza, il 24 novembre.

Fu solo dopo questi fatti, nel dicembre 1682, che Pianezza e suo nipote Giacinto Ottavio Provana di
Druent, cercarono di convincere Vittorio Amedeo II a prendere il potere. Pianezza mirava ad
assumere il ruolo di primo ministro e di garante dell’alleanza francese. Il duca, però, denunciò
Pianezza alla madre, portando così al suo arresto il 21 dicembre. Fu una mossa abile e cinica con
cui Vittorio Amedeo II, mentre da una parte mostrava alla Francia la debolezza della madre e la sua
affidabilità, dall’altra si sbarazzava di un personaggio ingombrante come Pianezza, mostrando che
non intendeva lasciarsi maneggiare dai propri cortigiani.

Dopo un breve periodo al Castello di Moncalieri, Pianezza fu portato in Savoia, nella fortezza di
Montmelian, dove venne raggiunto da moglie e figlia: i tre furono sottoposti a una dura reclusione.
Nel frattempo, Vittorio Amedeo II sposò Anna d’Orléans, nipote del Re Sole, e all’inizio del 1684
assunse il potere, allontanando la madre: nella sua azione di quei mesi, egli seguì quanto era stato
previsto da Pianezza nei piani per cui era stato arrestato. Il duca, comunque, non gli restituì la
libertà. In occasione di un suo viaggio a Montmelian non lo volle vedere e solo nel 1685 permise
alla figlia Irene di lasciare la fortezza. Pianezza e la moglie furono liberati solo nel novembre del
1686 e posti al confino ad Aosta, dove pochi mesi dopo Pianezza ricevette la notizia della morte
dell’unico figlio maschio.

Carlo Emanuele di Simiana era allora al Collegio dei gesuiti di Parigi, dove morì il 17 gennaio
1687. All’epoca il principe di Monaco stava organizzando il suo matrimonio con Marie-Elisabeth
de Gramont (1667-1706), cugina della principessa di Monaco, Catherine Charlotte de Gramont
(1639-1678).

Carlo Giovan Battista fu poi confinato nel suo feudo di Pianezza, da cui rientrò a Torino alla fine
del 1690. Reintegrato nel grado di luogotenente generale di cavalleria, prese parte alla guerra contro
la Francia.

Il 17 dicembre 1691 la sua erede Irene (1670-1725) sposò il principe Michele Imperiali di
Francavilla (1673-1738). La scelta del marito riportava all’ambito monegasco (e francese), poiché
Michele era figlio del principe Andrea Imperiali di Francavilla (1647-1678), che aveva sposato nel
1668 Maria Ippolita Grimaldi, sorella di Giovanna Maria. Nel 1687 si era diffusa la voce di un suo
matrimonio con il principe Eugenio (Mercure historique et politique, 1687, pp. 440 s.), ma tale
progetto, ammesso sia esistito, non fu mai realizzato.

Morta Giovanna Grimaldi, l’8 ottobre 1694, Pianezza si risposò l’11 febbraio 1695, con Anna
Isnardi di Caraglio (1669-1724), nella speranza di avere un erede maschio: ma così non fu. Svolse
di nuovo un ruolo di rilievo in occasione della Guerra di successione spagnola. Nel 1703, infatti,
Vittorio Amedeo II lo nominò comandante del reggimento di milizie di Torino e gli affidò il
comando politico della città. Fra il 1703 e il 1706 il suo nome compare spesso fra i consiglieri più
stretti del duca. Nel 1705 gli inviò un’interessante Memoria sovra l’uso che si può ricavare dalla
milizia.

Quanto accaduto nella reggenza non era però stato dimenticato. Nell’estate del 1705 a Roma si
sparse la voce – infondata – che a Torino fosse stata scoperta una congiura di Maria Giovanna
Battista per riprendere il potere e consegnare la città ai francesi, guidata proprio da Pianezza.

Pianezza morì nel palazzo di famiglia (nella centrale Piazza Castello) la notte fra il 5 e il 6
settembre 1706, poche ore prima la liberazione della città. La salma fu poi traslata al Santuario di S.
Pancrazio.

La figlia Irene portò il patrimonio dei Simiana al figlio Andrea Imperiali di Francavilla (1697-
1734). La vedova restò a corte, nominata nel 1723 dama d’onore della regina Anna. Delle due
figlie, Amabilia (1695-1747) sposò nel 1712 il cugino Ignazio Giovan Battista Isnardi di Caraglio.
Delfina (1700-1775) sposò il marchese Carlo Giuseppe Solaro del Borgo (morto nel 1737) e, nel
1739, il marchese Giuseppe Ottaviano Cacherano di Lanzo. Dama di palazzo della regina dal 1737
fino alla morte, fu l’ultima della linea piemontese dei Simiana.

Fonti e Bibl.: A. Ferrero della Marmora, Le vicende di Carlo di Simiane marchese di Livorno poi di
Pianezza tra il 1672 ed il 1706, Torino 1862; D. Carutti, Storia del regno di Vittorio Amedeo II,
Firenze 1863, pp. 64 ss., 70, 89 ss., 143; A. Ferrero della Marmora, Notizie sulla vita e sulle gesta
militari di Carlo Emilio San Martino di Parella, Torino 1863, passim; C. Rousset, Histoire de
Louvois et de son administration politique et militaire, I, Parigi 1863, passim; G. Claretta, Storia
del regno e dei tempi di Carlo Emanuele II, Genova 1877-78, passim; Le campagne di guerra in
Piemonte (1703-1708) e l’assedio di Torino (1706). Studi, documenti, illustrazioni, I, Torino 1907,
pp. 61 s., 88 ss., 101, 110 s., 119, 177, 201, 316 ss.; II, Torino 1933, pp. 26 ss., 99 ss., 115 s., 128,
143 s., 497, 529-534; VI, Torino 1912, p. 103; VII, Torino 1907, pp. 17, 47 s., 144, 192 s., 198, 220
s., 229 s.; VIII, Torino 1909, p. 126; C. Contessa, La congiura del marchese di Parella (1682), in
Bollettino storico-bibliografico subalpino, XXXVIII (1936), pp. 120-127, 138 ss.; G.A.B. Cordero,
Relazione de’ successi seguiti nella città di Mondovì, a cura di R. Davico, in La guerra del sale.
Rivolte e frontiere del Piemonte barocco, a cura di G. Lombardi, III, Milano 1986, pp. 155 s., 178
ss., 190, 199, 217, 220, 223 ss., 229, 232, 239 s., 244, 276 s.

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