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Gioacchino Murat

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Gioacchino Murat (Labastide-Fortunière, 25 marzo 1767 –


Gioacchino Murat
Pizzo Calabro, 13 ottobre 1815) è stato un generale francese, re
di Napoli (con il nome di Gioacchino Napoleone) e maresciallo
dell'Impero con Napoleone Bonaparte. Era l'ultimo degli undici
figli di una coppia di locandieri, Pierre Murat Jordy e sua moglie
Jeanne Loubières. Essi gestivano beni del comune e benefici
ecclesiastici della priorìa di La Bastide-Fortunière (dal 1763) e
del priorato di Anglars (dal 1770). Divenne cognato di
Napoleone Bonaparte sposando Carolina Bonaparte, sorella
minore dell'imperatore.

Indice
Biografia
Da figlio di locandieri a generale
Murat maresciallo
Re di Napoli Ritratto di Gioacchino Murat, Re di
Ultime battaglie con Napoleone Napoli e delle Due Sicilie di François
Il tradimento Gérard, 1811 ca., collezione privata
Guerra contro l'Austria e caduta Re di Napoli
Arresto e fucilazione (formalmente Re delle Due Sicilie)
Discendenti
Ascendenza
Onorificenze
Cinema e televisione
Videogiochi In carica 1º agosto 1808 -
Gioacchino Murat nella cultura di massa 22 maggio 1815

Note Predecessore Giuseppe Bonaparte

Bibliografia Successore Ferdinando I delle Due


Sicilie
Voci correlate
Granduca di Berg e Clèves
Altri progetti
In carica 15 marzo 1806 -
Collegamenti esterni
1º agosto 1808
Predecessore Titolo creato
Biografia Successore Napoleone Luigi
Bonaparte
I Principe Murat
Da figlio di locandieri a generale In carica 15 marzo 1806 –
13 ottobre 1815
Gioacchino Murat è un grande esempio della mobilità sociale Predecessore Titolo creato
che caratterizzò il periodo napoleonico (e anche delle
conclusioni tragiche di molte folgoranti carriere). Subito Successore Achille Murat
destinato alla carriera ecclesiastica, lo si trova fra i seminaristi di Nascita Labastide-Fortunière,
Cahors, poi presso i lazzaristi di Tolosa. Si preparava al
Regno di Francia, 25
noviziato sacerdotale, ma era amante della bella vita, contraeva
marzo 1767
debiti e, temendo le ire paterne, si arruolò, il 23 febbraio 1787,
nei "Cacciatori delle Ardenne", poi nel 12º reggimento dei Morte Pizzo Calabro, Regno
"Cacciatori a cavallo della Champagne", unità di cavalleria che di Napoli, 13 ottobre
reclutava uomini audaci. Istruito, si distinse presto e divenne 1815 (48 anni)
maréchal de logis (sergente)[1], ma nel 1789 venne segnalato per
Sepoltura Chiesa di San Giorgio,
insubordinazione. Il suo reggimento, di stanza nella provincia di
Pizzo Calabro
Sélestat, si rifiutò di obbedire agli ordini di un ufficiale e, in
seguito ad un'indagine interna, Murat venne identificato come Casa reale Murat
agitatore della protesta. Il giovane aveva diffuso idee filo- Padre Pierre Murat-Jordy
rivoluzionarie tra i commilitoni per mezzo di opuscoli e giornali.
Gioacchino venne posto in congedo assoluto e dovette far Madre Jeanne Loubières
ritorno al villaggio natale. Il padre Pierre, deluso per la Consorte Carolina Bonaparte
naufragata carriera ecclesiastica del figlio, non volle riaccoglierlo Figli Achille
nella locanda di famiglia. Murat trovò quindi lavoro come
Letizia
cameriere presso la drogheria di un paese limitrofo, Saint-Céré.[2]
Napoleone Luciano
Dopo qualche mese di lavoro, Gioacchino si avvicinò ai club Carlo
giacobini di Cahors e il cantone di Montfaucon lo scelse come Luisa
rappresentante nella festa della Federazione di Parigi, tenutasi il
14 luglio 1790. Non riuscendo a sostentarsi economicamente
con il lavoro presso la drogheria, Murat ritentò la carriera militare Gioacchino Murat
e venne reintegrato nell'esercito nel gennaio 1791, come soldato
semplice[1]. Nell'estate dello stesso anno si trovava a pochi
chilometri di distanza da Varennes, quando il re e la regina
vennero arrestati dalla Guardia nazionale di Lafayette mentre
tentavano la fuga. All'inizio del 1792 Murat entrò a far parte
della Guardia costituzionale di Luigi XVI. La guardia era stata
costituita dall'Assemblea legislativa francese per proteggere il re,
in sostituzione dei reparti moschettieri; Murat voleva entrarvi
poiché si trattava di un reparto d'élite con base nella capitale, ma
presto si rese conto che l'ambiente non gli si confaceva, dato che
la guardia era composta principalmente da ufficiali filo-
monarchici.[2] Dopo un solo mese di servizio Murat diede le
dimissioni. Il colonnello realista Descours, interessato alle doti
militari di Murat, gli offrì in segreto 40 luigi d'oro per arruolarsi
in uno degli eserciti contro-rivoluzionari che si stavano formando
fuori dalla Francia, ma Murat lo denunciò. Sulla base di quella
denuncia, il deputato Claude Basire ottenne lo scioglimento della Nascita Labastide-Fortunière,
guardia del re, il 29 maggio 1792. 25 marzo 1767
Murat si era così conquistato la fiducia della nuova classe Morte Pizzo Calabro, 13
politica e venne reintegrato nel suo vecchio reggimento. Il 15 ottobre 1815
ottobre 1792 divenne luogotenente; nel 1793 divenne prima Cause della fucilazione
capitano e poi comandante di squadrone[1]. Alla caduta della
morte
monarchia entrò nell'esercito rivoluzionario e divenne Luogo di chiesa di San Giorgio
rapidamente ufficiale. Durante gli anni rivoluzionari Murat fu un sepoltura (Pizzo Calabro), in una
grande sostenitore del processo rivoluzionario, come testimonia fossa comune
la sua corrispondenza[3] e, secondo alcuni autori[4], fu anche filo-
giacobino; egli era solito firmarsi con il cognome del Religione cattolica
rivoluzionario Marat, facendolo seguire al suo[5]. Dati militari
Paese servito Regno di Francia
Nel 1795 era a Parigi a sostenere Napoleone contro
Regno di Francia
l'insurrezione lealista e lo seguì poi nella campagna d'Italia. Nel
1796 prese parte alla battaglia di Bassano, dove fu al comando di Prima Repubblica
un corpo di cavalleria le cui cariche furono di importanza francese
decisiva per la riuscita dello scontro[6]. Nel 1797, durante un Primo Impero
soggiorno al castello di Mombello, incontrò Carolina Bonaparte, francese
la sorella minore di Napoleone, la quale s'invaghì di lui[7]. Regno di Napoli

Nel maggio 1798 salpò da Genova a bordo dell'Artémise e prese Arma Esercito
parte alla campagna d'Egitto, dove fu nominato generale, e fu Grado Maresciallo
determinante nella vittoria di Abukir contro i turchi. Partecipò dell'Impero
attivamente al colpo di Stato del 18 brumaio 1799 e divenne
Campagne
comandante della guardia del Primo console. L'anno seguente, il
20 gennaio, sposò Carolina Bonaparte, dalla quale ebbe quattro Campagna d'Egitto
figli, due maschi e due femmine. Campagna di
Russia
Eletto, nel 1800, deputato del suo dipartimento, il Lot, fu poi
nominato comandante della prima divisione militare e Battaglie
governatore di Parigi, al comando di 60.000 uomini. Prima battaglia di
Aboukir
Battaglia di Bassano
Murat maresciallo
Battaglia di Eylau
Nel 1804 fu nominato maresciallo dell'Impero e due anni dopo Battaglia di
"Granduca di Clèves e di Berg", titolo che lasciò al nipote Heilsberg
Napoleone Luigi Bonaparte (figlio del cognato Luigi
Bonaparte), dopo essere diventato re di Napoli nel 1808. Grande Battaglia della
soldato e grande comandante di cavalleria, fu con Napoleone in Moscova
tutte le campagne, pur non rinunciando alle proprie opinioni, Battaglia di Dresda
come quando si oppose all'esecuzione del duca di Enghien. Era Battaglia di Lipsia
in effetti un combattente nato, un uomo sprezzante del pericolo,
pronto ad attaccare anche quando la situazione era rischiosa e Battaglia di
pericolosa: il coraggio non gli fece mai difetto. Sulla lama della Occhiobello
sua sciabola aveva fatto incidere: «L'onore e le donne»[8] Battaglia di Tolentino

Più volte le cariche travolgenti della sua cavalleria avevano Decorazioni Vedi sezione
risolto a favore dei francesi una situazione critica, come successe Onorificenze
nella battaglia di Eylau, e determinante fu per il successo del Altre cariche Re di Napoli dal 1805
colpo di Stato bonapartiano il suo contributo il 18 brumaio al 1815
quando, insieme al Leclerc, comandava le truppe che
stazionavano a Saint-Cloud di fronte alla sala dov'era riunito il voci di militari presenti su Wikipedia
Consiglio dei Cinquecento. Tuttavia non eccelleva nell'arte
militare e quando il coraggio e lo sprezzo del pericolo dovevano
lasciare il posto al freddo calcolo, alla capacità di valutazione immediata della situazione sul campo di battaglia
e alle relative decisioni strategiche, non dimostrava grandi doti: si può dire che in battaglia avesse molto più
fegato (e cuore) che testa.
Esprime bene questo aspetto quanto lamentato
dal generale Savary a proposito del
comportamento avventato di Murat nella battaglia
di Heilsberg (10 giugno 1807): «… sarebbe stato
meglio che egli [Murat] fosse dotato di meno
coraggio e di un po' più di buon senso!»[9]
Altrettanto significativi delle qualità e difetti del
maresciallo sono due episodi avvenuti fra la
battaglia di Ulma e quella di Austerlitz.

Il 12 novembre 1805 Murat giunse in vista di


Vienna, dichiarata dagli austriaci "città aperta", e
stava per attraversare il Danubio nei sobborghi Murat alla battaglia di Abukir, di Antoine-Jean Gros, 1807
della città utilizzando l'ultimo ponte rimasto
agibile, che un contingente di genieri austriaci era
quasi pronto a far saltare. Non potendo prendere il ponte d'assalto, nel timore che gli artificieri nemici facessero
brillare le mine, Murat e Lannes, accompagnati dal loro intero stato maggiore, si presentarono sulla riva
meridionale del Danubio in grande uniforme da parata e cominciarono ad attraversare a piedi il ponte urlando
"Armistizio, armistizio" e sfoggiando grandi sorrisi. Gli ufficiali austriaci che dirigevano le operazioni dei
genieri erano interdetti e non osarono far aprire il fuoco sul gruppo di alti ufficiali francesi, apparentemente non
più, al momento, belligeranti. Questi attraversarono il ponte e non appena giunti sulla riva settentrionale
abbandonarono i sorrisi e, sfoderate le sciabole, si avventarono sugli artificieri più vicini neutralizzandoli. In
quel momento una colonna di granatieri francesi del generale Oudinot, che era rimasta celata nel bosco della
riva meridionale, attraversò a passo di carica il ponte e sopraffece facilmente il reparto di genieri austriaci: il
ponte era così salvo e le truppe di Murat e Lannes poterono attraversarlo senza pericoli.[10] L'episodio divertì
molto Napoleone, che "dimenticò" così un precedente recente svarione del cognato.

Poco dopo, però, un paio di settimane prima della battaglia di Austerlitz, presso Hollabrunn, mentre l'armata
francese stava tentando di accerchiare quella russa di Kutuzov, Murat fu convinto dal generale russo
Wintzingerode, venuto a parlamentare, a sottoscrivere, senza averne i poteri, una tregua d'armi che ebbe l'unico
risultato di consentire al generale russo Bagration di sganciarsi dalla morsa in cui era stato costretto per coprire
la ritirata del collega Kutuzov.

Ecco che cosa gli scrisse l'infuriato Napoleone quando seppe della tregua che l'incauto cognato aveva
sottoscritto con l'astuto Wintzingerode: «Il tuo operato è veramente inqualificabile, e non ho parole per
esprimere appieno i miei sentimenti! Tu sei solo un comandante della mia avanguardia e non hai diritto di
concludere un armistizio senza un mio preciso ordine in tal senso. Hai buttato all'aria tutti i vantaggi di
un'intera campagna. Rompi immediatamente la tregua! Attacca il nemico! Marcia! Distruggi l'esercito russo!
Gli austriaci si sono lasciati trarre in inganno al ponte di Vienna ma tu ora ti sei lasciato gabbare da un aiutante
di campo dello zar!».[11] Inutile dire che Murat non se lo fece ripetere, ma ormai il grosso delle truppe di
Bagration si era tratto in salvo.

Nel 1808 Murat fu inviato in Spagna, dove represse con ferocia la rivolta del popolo di Madrid contro
l'occupazione francese.

Re di Napoli

Nel 1808 Napoleone lo nominò re di Napoli, a seguito della nomina del precedente reggente, Giuseppe
Bonaparte, a re di Spagna. A Napoli il nuovo re, ormai noto come "Gioacchino Napoleone", fu ben accolto
dalla popolazione, che ne apprezzava la bella presenza, il carattere sanguigno, il coraggio fisico, il gusto dello
spettacolo e alcuni tentativi di porre riparo alla sua miseria, ma venne invece detestato dal clero.[12]
Dopo una fulminea spedizione militare che gli consentì di cacciare gli
inglesi dall'isola di Capri, durante il suo breve regno Murat fondò, con
decreto del 18 novembre 1808, il "Corpo degli ingegneri di Ponti e
Strade" (all'origine della facoltà di Ingegneria a Napoli, la prima in
Italia) e la cattedra di agraria nella medesima università con decreto
del 10 dicembre 1809, ma condannò alla chiusura, con decreto del 29
novembre 1811, l'antica Scuola medica salernitana. Inoltre avviò
opere pubbliche di rilievo non solo a Napoli (il ponte della Sanità, via
Posillipo, nuovi scavi a Ercolano, il Campo di Marte, ecc.), ma anche
nel resto del Regno (l'illuminazione pubblica a Reggio Calabria, il
progetto del Borgo Nuovo di Bari, il riattamento del porto di Brindisi,
l'istituzione dell'ospedale San Carlo di Potenza, guarnigioni dislocate
nel Distretto di Lagonegro con monumenti e illuminazioni pubbliche,
più l'ammodernamento della viabilità sulle montagne d'Abruzzo). Il
beneplacito della popolazione per il suo operato fu ricambiato dallo
stesso sovrano, che intitolò a sé l'intera città di Torre Annunziata,
mutandone il nome in Gioacchinopoli.

Il 1º gennaio 1809 Murat introdusse nel regno il Codice Napoleonico


che, tra le varie riforme, legalizzò, per la prima volta nella penisola, il
divorzio, il matrimonio civile e l'adozione, cosa che non venne gradita Murat a Napoli, di François Gérard,
dal clero, che così perse la facoltà di gestire le politiche familiari. La 1812
nobiltà apprezzò le cariche e la riorganizzazione dell'esercito sul
modello
francese,
che
offriva
belle

Massa Lubrense, residenza


strategica di Gioacchino Murat
durante la riconquista dell'isola di
Capri (1808)
Murat in visita al Real Albergo dei Poveri, di Benjamin
Rolland
possibilità di carriera. I letterati apprezzarono la
riapertura dell'Accademia Pontaniana per opera
di intellettuali che si riunirono nella residenza di Giustino Fortunato e l'istituzione della nuova Accademia reale
e i tecnici l'attenzione data agli studi scientifici e industriali.

Tuttavia i più scontenti erano i commercianti, ai quali il blocco imposto ai commerci di Napoli dagli inglesi
rovinava gli affari (blocco contro il quale lo stesso Murat tollerava e favoriva il contrabbando, il che costituiva
un'ulteriore ragione per accordargli il favore popolare). Molto efficace, anche se attuata con metodi di
sconvolgente crudeltà, fu la repressione del brigantaggio, affidata dapprima al generale Andrea Massena e poi
al generale Charles Antoine Manhès.

L'11 giugno 1809 fondò il Supremo Consiglio di Napoli (detto delle Due Sicilie) del Rito Scozzese Antico e
Accettato della Massoneria, di cui fu il primo Sovrano Gran Commendatore fino al 1815[13].
Nel 1810 per tre mesi Murat governò il regno dalle alture di Piale (attualmente frazione di Villa San Giovanni,
in provincia di Reggio Calabria). Egli, muovendosi da Napoli per la conquista della Sicilia (dove si era
rifugiato il re Ferdinando I sotto la protezione degli inglesi, un esercito dei quali era accampato presso Punta
Faro a Messina), giunse a Scilla il 3 giugno 1810 e vi restò sino al 5 luglio, quando fu completato il grande
accampamento calabrese di Piale.

Nel breve periodo di permanenza, Murat fece costruire i tre forti di


Torre Cavallo, Altafiumara e Piale, quest'ultimo con torre telegrafica
(telegrafo di Chappe). Il 26 settembre dello stesso anno, constatando
impresa difficile la conquista della Sicilia anche per il sostegno poco
convinto di Napoleone, Murat dismise l'accampamento di Piale e
ripartì per la capitale.

Non va infine sottovalutato il ruolo avuto nel governo del periodo


murattiano dalla moglie Carolina, donna intelligente ancorché molto
ambiziosa.

Ultime battaglie con Napoleone

Il suo ruolo di re non gli impedì di partecipare, nella Grande Armée,


alla campagna di Russia del 1812, al comando della cavalleria
napoleonica e di un contingente di soldati del regno di Napoli: il suo Carolina Bonaparte con i figli, di
comportamento in battaglia fu, come in passato, eccellente. La sua François Gérard
carica nella battaglia della Moscova decise le sorti della medesima a
favore dell'armata napoleonica. Fu grazie alla sua impetuosità che
Murat, incaricato di guidare l'avanguardia dell'esercito napoleonico, con la sua colonna serrata di cavalleria
invase Mosca e giunse al Cremlino.[14]

Così fu anche durante la ritirata e il 5 dicembre 1812 Napoleone, partendo per rientrare a Parigi, gli affidò il
comando di ciò che rimaneva della Grande Armée.[15] Tuttavia Murat, giunto a Poznań, lasciò a sua volta il
comando dell'armata francese a Eugenio di Beauharnais il 16 gennaio 1813 e rientrò in tutta fretta a Napoli.
Risalgono a questo periodo i primi negoziati con gli austriaci, influenzati dai consigli della regina Carolina.
Tornò comunque a fianco di Napoleone in tempo per combattere a Dresda e a Lipsia, dopo di che lasciò
l'Armata.

Il tradimento

Giunto a Milano l'8 novembre 1813, Murat fece sapere all'ambasciatore austriaco di essere disposto a lasciare
il campo napoleonico e due mesi dopo (gennaio 1814) venne firmato un trattato di alleanza fra Austria e
Regno di Napoli. La sera del 6 febbraio la notizia, inviatagli da Eugenio di Beauharnais, giunse a Napoleone,
che era impegnato nella difesa del suolo francese, e che così reagì:

«…non può essere! Murat, al quale io ho dato mia sorella! Murat, al quale io ho dato un
trono! Eugenio deve essersi sbagliato. È impossibile che Murat si sia dichiarato contro di
me.»

(Napoleone Bonaparte. [16])

Murat, di fronte al rischio di perdere quel regno che aveva faticosamente costruito e rimesso finanziariamente
in piedi dopo il breve regno di Giuseppe Bonaparte, da poco avveduto diplomatico qual era scelse il cambio di
schieramento, nella speranza che le Grandi Potenze decidessero di lasciargli il suo Stato, impedendo la
restaurazione borbonica. Del resto i suoi rapporti con lo stesso Napoleone erano ormai da tempo deteriorati,
tanto che l'illustre cognato, dimenticando spesso i legami di parentela che li legavano, lo considerò sempre e
comunque un "vassallo".[17] Nel trattato l'Austria garantiva al Murat i suoi Stati[18][19], ponendo così un'ipoteca
sulle decisioni del congresso di Vienna, che in un primo tempo non volle privarlo del Regno di Napoli,
appoggiata in questo anche dall'Inghilterra e dalla Russia, che avevano riconosciuto ufficialmente il trattato di
gennaio.[20]

Guerra contro l'Austria e caduta

Il 1º marzo 1815 Napoleone sbarcò vicino a Cannes, dopo essere


fuggito dall'isola d'Elba, e il 5 marzo Murat scrisse alle corti di Vienna
e di Londra che, qualunque fossero state le sorti di Napoleone dopo il
rientro in Francia dall'Elba, egli sarebbe rimasto fedele all'alleanza con
i due stati,[21] così come gli chiese lo stesso cognato scrivendogli che
«il passato fra loro due non esisteva più» e, perdonandolo della sua
condotta dell'anno precedente, altresì gli raccomandava soprattutto di
mantenersi in accordo con gli austriaci e di limitarsi a contenerli se
avessero marciato contro la Francia.[22]

Ma già il 19 dello stesso mese, vedendo che al Congresso si tendeva


La fucilazione di Gioacchino Murat all'opzione della restaurazione borbonica sui territori del suo regno,
Murat diede inizio alla guerra austro-napoletana, invadendo lo Stato
Pontificio con un esercito di 35.000 uomini.[23] Murat proseguì ancora
avanzando verso nord, entrò con il suo esercito nelle Legazioni, presidiate dall'esercito austriaco che, dopo
alcuni tentativi di resistenza, si ritirò, lasciando a Murat anche la città di Bologna, dove entrava il 2 aprile, e l'8
aprile faceva presentare ai suoi plenipotenziari a Vienna una nota nella quale, pur protestando contro
l'atteggiamento austriaco, ribadiva la sua volontà di rispettare gli accordi del gennaio 1814.[23] La risposta della
diplomazia austriaca fu rapida: il 10 dello stesso mese il ministro austriaco Metternich presentava ai
plenipotenziari di Murat la dichiarazione di guerra e il 28 aprile l'Austria firmava un trattato di alleanza con
Ferdinando III di Sicilia[24]; la sovranità di quest'ultimo sul Regno di Napoli e di Sicilia venne successivamente
ratificata dal Congresso di Vienna.

Murat fu sconfitto dagli austriaci, prima a Occhiobello, poi, dopo una ritirata attraverso Faenza e Forlì,
occupate da Adam Albert von Neipperg, nella battaglia di Tolentino (2 maggio 1815); il successivo trattato di
Casalanza (20 maggio 1815), firmato presso Capua per conto dello stesso Murat da parte di Pietro Colletta e
Michele Carrascosa, sancì definitivamente la sua caduta e il ritorno del Borbone sul trono.

Intanto Murat, dopo la disfatta di Tolentino e dopo aver emesso il 12 maggio il famoso proclama, falsamente
datato 30 marzo 1815[25] e dedicato agli italiani, che chiamò alla rivolta contro i nuovi padroni, presentandosi
come alfiere della loro indipendenza, commise uno dei suoi ultimi errori. Aveva l'intenzione di portarsi a Gaeta
per difendere il suo regno ormai perso, ma i suoi cortigiani gli imposero la partenza per la Francia per andare a
combattere con Napoleone. Fu convenuto che la regina sarebbe rimasta a Napoli per trattare con gli inglesi e il
19 maggio alle 8 di sera lasciò la sua corte e la sua famiglia:[26] non li avrebbe mai più rivisti. Nella mattinata
del 20 maggio s'imbarcò per Ischia e riuscì a sbarcare a Cannes il 25 maggio. Qui errò a lungo per la
Provenza, nella speranza che l'illustre cognato, ripreso il potere dopo la fuga dall'isola d'Elba, lo richiamasse
nell'Armata. Ma Bonaparte non solo non lo richiamò, ma gli impose, tramite un inviato del ministro degli esteri
Caulaincourt, di tenersi lontano da Parigi e di soggiornare tra Grenoble e Sisteron.[27] Il non volere Murat al
suo fianco fu un errore rimpianto dallo stesso Napoleone nelle sue memorie: in Belgio «pure ci avrebbe forse
potuto arrecare la vittoria: che abbisognava in certi istanti della giornata di Waterloo? Di rompere tre, o quattro
quadrati d'inglesi: ora Murat era mirabile per simile bisogno; era precisamente l'uomo della cosa; giammai, alla
testa della cavalleria, ne fu veduto uno più determinato, più bravo, più coraggioso di lui.»[28]
Arresto e fucilazione

Venuto a conoscenza della disfatta napoleonica a Waterloo, dove


l'imperatore con 120.000 uomini non riuscì a difendere il suo
impero[29], e avendo Murat una taglia sulla testa di 48.000 franchi,
messa a disposizione dal marchese di Rivière[30], un uomo che Murat
stesso aveva salvato dal patibolo, il re di Napoli si rifugiò
rocambolescamente in Corsica, ove giunse il 25 agosto 1815 e dove
fu presto circondato da centinaia di suoi partigiani. Aspettando fin
troppo a lungo i passaporti provenienti dall'Austria per poter
raggiungere la moglie Carolina a Trieste e avendo false notizie sul
malcontento dei napoletani, fu convinto a organizzare una spedizione
per riprendersi il regno di Napoli. La spedizione, messa in piedi
frettolosamente e forte di circa 250 uomini, partì da Ajaccio il 28
settembre 1815. Murat voleva dapprima sbarcare nei dintorni di
Salerno, ma, dirottato da una tempesta in Calabria e tradito dal capo
battaglione Courrand[31], sbarcò l'8 ottobre nel porticciolo di Pizzo.

Intercettato dalla gendarmeria Statua di Murat sulla facciata del


borbonica al comando del Palazzo Reale di Napoli
capitano Trentacapilli, fu da
questi arrestato e fatto
rinchiudere nelle carceri del locale castello. Informato della cattura
dell'ex sovrano, il generale Vito Nunziante (quale governatore militare
delle Calabrie) si precipitò incredulo da Monteleone, dove si trovava,
a sincerarsi dell'identità del prigioniero. Ferdinando IV di Borbone
(nel frattempo risalito al trono) nominò da Napoli una commissione
militare competente a giudicare Gioacchino, composta da sette giudici
e presieduta dal fedelissimo Vito Nunziante, al quale il re aveva
ordinato di applicare la sentenza di morte in base al codice penale
promulgato dallo stesso Gioacchino Murat, che prevedeva la massima
pena per chi si fosse reso autore di atti rivoluzionari,[32] e di concedere
al condannato soltanto una mezz'ora di tempo per ricevere i conforti
religiosi.
Il Castello Aragonese di Pizzo
Calabro, luogo di prigionia e Nell'ascoltare la condanna capitale Murat non si scompose. Chiese di
fucilazione di Gioacchino Murat poter scrivere in francese l'ultima lettera alla moglie e ai figli (i quali,
postisi sotto la protezione della bandiera del Regno Unito, furono poi
trasferiti dagli austriaci[33] a Trieste), che consegnò a Nunziante in una
busta con dentro alcune ciocche dei suoi capelli.

Volle confessarsi e comunicarsi, prima di affrontare il plotone d'esecuzione che l'attendeva, e venne fucilato a
Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815. Di fronte al plotone d'esecuzione si comportò con grande fermezza,
rifiutando di farsi bendare. Pare che le sue ultime parole siano state:

(FR) (IT)

«Sauvez ma face — visez mon cœur — «Risparmiate il mio volto, mirate al cuore,
feu!»» fuoco!»

(Gioacchino Murat )
Charles Gallois, quasi come un cronista dell'epoca, narra: «I soldati
sono commossi, due colpi partono senza sfiorarlo. "Nessuna grazia!
Ricominciamo! Fuoco!" Questa volta dieci colpi detonarono insieme;
6 palle lo hanno colpito. Si mantenne ritto un istante. Poi piombò al
suolo fulminato.»[34]

Dopo essersi sbarazzato di un così pericoloso rivale, Ferdinando di


Borbone insignì Pizzo del titolo di "fedelissima" e concesse al
generale Nunziante il feudo e il titolo di Marchese di San Ferdinando
di Rosarno.[35]

In seguito, circolarono voci che ritenevano Murat vittima di un


complotto architettato da Giustino Fortunato e Pietro Colletta, i quali
lo avrebbero attirato in Calabria facendogli credere di essere ricevuto
e acclamato dal regno, complotto che infine si rivelò inesistente.[36]
Otto giorni dopo la fucilazione, il generale Nunziante fu nominato
marchese, mentre il tenente che eseguì la fucilazione diventò
comandante. Sull'epilogo della vita di Murat, suo cognato Napoleone
espresse, nelle proprie memorie, un giudizio lapidario:
Sentenza di condanna a morte di
Gioacchino Murat, conservata
«Murat ha tentato di riconquistare con duecento
presso l'Archivio di Stato di Napoli
uomini quel territorio che non era riuscito a tenere
quando ne aveva a disposizione ottantamila.»

(Napoleone Bonaparte[37])

Murat è ricordato con una lapide al cimitero del Père Lachaise di


Parigi. Il corpo venne sepolto nella chiesa di San Giorgio a Pizzo
Calabro, in una fossa comune. Una lapide sul pavimento al centro
della navata ne ricorda la sepoltura in questo tempio.[38]

Discendenti
Da Carolina Bonaparte Gioacchino Murat ebbe quattro figli:

Napoleone Achille, (Parigi, 1801 – Wacissa, 1847), emigrò


nel 1821 negli USA ove sposò Catherine Willis, una nipote
di George Washington.
Letizia (Parigi, 1802 – Bologna, 1859), sposata al
marchese di antica nobiltà bolognese Guido Taddeo Lapide che ricorda il luogo di
Pepoli (1823), dal quale ebbe Gioacchino Napoleone sepoltura di Gioacchino Murat nella
Pepoli. Chiesa Matrice di San Giorgio a
Pizzo Calabro
Napoleone Luciano Carlo, (Milano, 1803 – Parigi, 1878),
principe di Pontecorvo, raggiunse il fratello Achille negli
USA (1825) ove si sposò. Tornò in Francia nel 1848 e fu
nominato ambasciatore di Francia a Torino (1849 – 1850). Il cugino Napoleone III lo nominò
senatore e gli conferì il titolo nobiliare di principe.
Luisa Giulia (1805 - 1889). Sposò il conte ravennate Giulio Rasponi, dalla cui unione
nacquero: Gioacchino Rasponi Murat, Achille Rasponi Murat e Letizia Rasponi Murat, madre di
Gabriella Rasponi Spalletti.
Ascendenza
Genitori Nonni Bisnonni
Pierre
Murat
Guillaume
Murat Catherine
Pierre Badourès
Murat-
Jordy Bertrand
Herbeil
Marguerite
Herbeil Anne
Gioacchino Roques
Murat, Re di
Napoli …
Pierre La Chiesa Matrice di San Giorgio a
Loubières Pizzo Calabro, luogo di sepoltura di

Jeanne Gioacchino Murat
Loubières …
Jeanne
Viellescazes

Onorificenze
2ª Gran Maestro del Grande Oriente di Napoli di Rito
Francese Riformato (Regno di Napoli)
— 20 luglio 1808
1° Sovrano Gran Commendatore del Supremo
Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato
(detto di Napoli o delle Due Sicilie) (Regno di
Napoli)
— gennaio 1809
Gran Maestro del Reale Ordine delle Due Sicilie
(Regno delle Due Sicilie)
Capo della 2ª Cohorte dell'Ordine della Legion Dipinto del giovane Luciano Murat
d'Onore decorato con il Gran Collare (benemerenza presente alla Reggia di Caserta,
non statuaria) (Impero Francese) Rolland Benjamin, 1811.

Grand Aigle dell'Ordine della Legion d'Onore


(Impero Francese)
— 1º febbraio 1805 (13 piovoso dell'anno XIII)
Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro (ramo spagnolo)
Commendatore dell'Ordine Reale d'Olanda (Regno d'Olanda)
Cavaliere di Gran croce dell'Ordine della Corona di Vestfalia (Regno di Vestfalia)
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona Ferrea (Regno d'Italia, napoleonico)
Cavaliere dell'Ordine Supremo dell'Aquila Nera (Regno di Prussia)
— 18 maggio 1805
Cavaliere dell'Ordine Imperiale di Sant'Andrea Apostolo "il Primo Chiamato" (Impero
Russo)
— Tilsit, 9 luglio 1807
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Dinastico della Corona Fiorita (Regno di Sassonia)
— Dresda, 12 luglio 1807
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Merito sotto il titolo di San Giuseppe
(Granducato di Würzburg poi di Toscana)
— Almanacco Imperiale del 1810

Cinema e televisione
Napoleon, di Abel Gance, (1927), con Genica Missirio nel ruolo di Murat.
Les beaux jours du roi Murat, di Théophile Pathe, (1946), con Alfred Adam.
I grandi camaleonti, serie TV di Edmo Fenoglio (1964), con Glauco Onorato nella parte di
Murat.
Murat, di Silverio Blasi (TV, 1975), con Orso Maria Guerrini nel ruolo di re Gioacchino.
Napoléon (miniserie TV, 2002), di Yves Simoneau, con Claudio Amendola.
Fuoco su di me, diretto Lamberto Lambertini, (2006), con Omar Sharif.

Videogiochi
Assassin's Creed:Unity (2014): nel videogame sviluppato da Ubisoft, Gioacchino Murat appare
nella missione "Signaling Officer Murat" di "Storie di Parigi".
Napoleon Total War (2010): nel videogame sviluppato da The Creative Assembly, Gioacchino
Murat è un generale giocabile nelle battaglie di Dresda, Borodino e in "Campagna europea".

Gioacchino Murat nella cultura di massa


Medaglia Murat: premio astrofisico istituito da INAF Capodimonte. Il riconoscimento premia il
lavoro di singoli o gruppi di ricerca che abbiano dimostrato coraggio nella realizzazione del
loro progetto, caratteristica appannaggio del personaggio storico di Gioacchino Murat. Il premio
è stato istituito nel 2012, in occasione del bicentenario della posa della prima pietra
dell'Osservatorio astronomico di Capodimonte, avvenuta il 4 novembre 1812, durante il
periodo murattiano. Nel 2017, ultimo anno di assegnazione del premio, la medaglia Murat è
stata conferita al gruppo VIRGO di Napoli.[39]
Premio Murat[40]: premio letterario nato a Bari nel 2001, ad opera del GREC (Groupe de
Recherche sur l'Extrême contemporain). Si prefigge di premiare l'autore di un romanzo in
lingua francese non ancora noto in Italia.

Note
1. Jean Tulard, I, in Murat, 2ª ed., Fayard, 1999, pp. 29-34.
2. Antonio Spinosa, Murat. Da stalliere a re di Napoli, in Le Scie, I, Napoli, Arnoldo Mondadori
S.p.A., 1984, pp. 19-24.
3. ^ Joachim Murat, Correspondance de Joachim Murat, chasseur a cheval, général, maréchal
d’empire, grand-duc de Clèves et de Berg : (julliet 1791-julliet 1808)., a cura di Albert
Lumbroso, I, Torino, Roux Frassati & C, 1899.
4. ^ Mario Mazzucchelli, Gioacchino Murat, III, Milano, Edizioni Corbaccio, 1932, p. 20.
5. ^ Paul de Barras, Mémoires de Barras, in Jean-Pierre Thomas (a cura di), Le Temps retrouvé,
Mercvre de France, 2010, p. 305.
«[...] I soldati di Bonaparte, invece, sembravano dei banditi arricchiti, tutti ricolmi d'oro e uno
di quegli ufficiali chiassosi dell'armata d'Italia (poi re di Napoli) neppure si accontentava di
essere un sanculotto nel modo di vestire e nei modi; aveva anche bisogno di qualche titolo
onorifico giacobino: infatti aggiunse al suo cognome, Murat, quello di Marat.».
6. ^ (EN) A. Hilliard Atteridge,Joachim Murat marchal of France and king of Naples, Londra,
Methuen & Co, 1911, p. 27
7. ^ (FR) Comte Jean-Baptiste Spalletti,Souvenirs d'enfance de la comtesse Rasponi fille de
Joachim Murat, Parigi, Librairie Academique Perrin et Cie, 1929, p. 19
8. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, p. 15
9. ^ David G. Chandler, Le Campagne di Napoleone, Vol I, p. 691
10. ^ David G. Chandler, Vol I, p. 510
11. ^ David G. Chandler, Vol I, p. 511
12. ^ Il giorno 8 agosto 1809 Murat, con decreto nº 448, iniziò la soppressione degli ordini religiosi
nel regno di Napoli e in particolare dell'ordine dei domenicani, con la conseguente confisca di
tutti i loro beni, la conversione dei conventi ad altro uso (spesso militare) e il passaggio delle
loro chiese al clero diocesano.
13. ^ Luigi Sessa, I Sovrani Grandi Commendatori e breve storia del Supremo Consiglio d'Italia del
Rito Scozzese antico e accettato. Palazzo Giustiniani dal 1805 ad oggi., Foggia, Bastogi Ed.,
2004, p. 182.
14. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, pp. 114-115
15. ^ David G. Chandler, Le Campagne di Napoleone, Vol II, p. 1016
16. ^ David G. Chandler, Le Campagne di Napoleone, Vol II, p. 1048
17. ^ Claudio Asciuti, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, p. 2
18. ^ Massimo Costa. Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio, Amazon, Palermo,
2019, p. 260 - ISBN 9781091175242
19. ^ Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, p. 236
20. ^ Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, pp. 238-239
21. ^ Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, p. 348
22. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, pp. 150-151
23. Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, p. 352
24. ^ Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, p. 353
25. ^ Giuseppe Campolieti, Il re lazzarone, p. 410
26. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, pp. 164-165
27. ^ Quest'ordine di Napoleone è conservato presso gli archivi del Ministero degli Affari Esteri di
Francia.
28. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, pp. 170-171
29. ^ Atlante storico Garzanti, Milano, Garzanti Editore, 1967, p. 327
30. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, p. 175
31. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, p. 209
32. ^ Ancora oggi, a Napoli, in relazione alla morte di Gioacchino Murat, un proverbio popolare
dice: «Gioacchino facette a legge, Gioacchino murette 'mpiso».
33. ^ Charles Gallois, Murat, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990, p. 169
34. ^ Charles Gallois, Murat, p. 229, Genova, Fratelli Melita Editori, 1990
35. ^ murat italiano (http://jmurat.xoom.it//jmurat/Joachin/gioac.htm)
36. ^ Gerardo Raffaele Zitarosa, Giustino Fortunato storico, Pellegrini, 1970, p. 340
37. ^ Giuseppe Campolieti, Il re lazzarone, p. 416
38. ^ Guida turistica di Pizzo calabro (http://www.pizzocalabro.it/guida_turistico_culturale/gioacchin
o_napoleone_murat.htm)
39. ^ Ultimo anno di conferimento della medaglia Murat, su docenti.unisa.it.
40. ^ Sito web del premio, su grecart.it.

Bibliografia
Silvio De Majo, GIOACCHINO NAPOLEONE Murat, re di Napoli, in Dizionario biografico degli
italiani, vol. 55, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2001. URL consultato il 12 luglio 2014.
Renata De Lorenzo, Murat, Roma, Salerno Editrice, 2011, ISBN 978-88-8402-712-2.
Alexandre Dumas, Viaggio in Calabria (traduzione: Antonio Coltellaro), Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2006.
David G. Chandler, Le Campagne di Napoleone, vol. 1, Milano, R.C.S. Libri, 1998, ISBN 88-
17-11576-2.
David G. Chandler, Le Campagne di Napoleone, vol. 2, Milano, R.C.S. Libri, 1998, ISBN 88-
17-11577-0.
J. Tulard, J.F. Fayard e A. Fierro, Histoire et Dictionnaire de la Révolution française, Parigi,
Éditions Robert Laffont, 1998, ISBN 2-221-08850-6.
Alexandre Dumas, Murat, a cura di Giovanna Arese, Palermo, Sellerio, 2005, ISBN 88-389-
2059-1.
Giuseppe Campolieti, Il re lazzarone, Milano, Mondadori, 1999, ISBN 88-04-40528-7.
Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, Edizione speciale per "Il
Giornale" (stampata su licenza della Casa editrice Corbaccio), Milano, 1999.
Mario Mazzucchelli, Murat il Cavaliere di Napoleone, Milano, Longanesi, 1970.
AA.VV., Murat 1815. La battaglia di Occhiobello, crollo dell’impero e nascita della nazione,
Rovigo, Minelliana, 2017, ISBN 978-88-6566-061-4.

Voci correlate
Regno di Napoli (1805-1815)
Sovrani di Napoli
Famiglia Murat
Fuoco su di me
Statua di Gioacchino Murat
Distretto di Lagonegro

Altri progetti
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Joachim Murat
Collegamenti esterni
Gioacchino Murat, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
Gioacchino Murat, su sapere.it, De Agostini.
(EN) Gioacchino Murat, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
(EN) Opere di Gioacchino Murat, su Open Library, Internet Archive.
(EN) Gioacchino Murat, su Goodreads.
(FR) Gioacchino Murat, su Sycomore, Accademia nazionale.
Murat napoletano, su roth37.it.
Tutto su Gioacchino Murat, su murat.it.
Gli amici del museo Murat, su amismuseemurat.fr.
Documentario sugli ultimi giorni di Gioacchino Murat, su youtube.com.
VIAF (EN ) 71399783 (https://viaf.org/viaf/71399783) · ISNI (EN ) 0000 0001 2138 665X
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6) · ULAN (EN ) 500322997 (https://www.getty.edu/vow/ULANFullDisplay?find=&role=&
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1934024) · BAV (EN ) 495/27335 (https://opac.vatlib.it/auth/detail/495_27335) · CERL
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