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Estratto da:
Centro Documentazione Residenze Reali Lombarde
“Lionello Costanza Fattori”
sguardo che già scrutava le possibilità di fa- energie di espansione verso l’Italia. Ne
re propri i potentati, le valli, le pianure, i emerse una certa interdipendenza tra l’Ita-
monti italiani: «è molto meglio aver uno lia e la dinastia. Anche se non si può pre-
Stato unito tutto, come è questo di qua da’ sumibilmente dire che senza l’una l’altra
monti, che due, tutti due mal sicuri, tanto non sarebbe mai esistita, la proclamazione
più che, ritenendo il marchesato di Saluz- del Regno può apparire persino come la
zo, si difficoltà assai ai Francesi la calata in naturale conclusione di un viaggio multi-
Italia»7. Ma anche nella sua veste di poeta secolare il cui esito ci consente di suppor-
Carlo Emanuele I esplicitò la volontà di re, nel bene o nel male, che la realtà che
essere un principe innanzi tutto italiano e oggi conosciamo, la nostra libertà, il com-
di accarezzare già, forse, progetti di unifi- plessivo benessere, la nostra coesione di
cazione sotto il proprio scettro della peni- popolo, avrebbero contorni diversi e radici
sola, ad esempio quando scrisse: «Havemo difficilmente più forti anche se, certo, l’u-
il sangue gentil et no vilan / Credemo in scita di scena della dinastia sabauda, sim-
Dio et si semo cristiani / Ma sopra il tutto bolo vivente dell’unità, ha agevolato le
boni italiani». spinte disgregatrici.
Di un ruolo fatale dei Savoia in rapporto
La dinastia sabauda è universalmente rico- all’unificazione italiana parlò Antonio Ca-
nosciuta come una delle più antiche e rile- sati, esponente di una famiglia estrema-
vanti d’Europa (e tra le pochissime che ab- mente rappresentativa dell’identità milane-
biano regnato nel corso di quasi mille an- se e lombarda, il cui pensiero si presta be-
ni); una sua cifra peculiare è proprio la di- ne (anche se tanti altri testimoni di analo-
mensione europea. Sin dal primo apparire go sentire potranno essere ricordati) a in-
documentato della casata all’orizzonte del- trodurre il tema dei rapporti tra Savoia e
la storia, nel X secolo, lasciando da parte il Milano in particolare. Casati, nel volume
dibattito sulle sue origini più lontane, fu dedicato al proprio padre Gabrio, pubbli-
naturale per i suoi rappresentanti, uomini e cato nel 1853, Milano e i Principi di Sa-
donne, unirsi in matrimonio essenzialmen- voia, scriveva, tra l’altro, ancora in pieno
te con i rappresentanti delle altre famiglie regime austriaco: «potess’io scolpire nell’a-
principali di sangue regio. Attraverso le al- nimo agli italiani tutti la fede che ci anima
leanze matrimoniali con figlie e figli di Re e e la fiducia nostra in questa stirpe di prin-
di Imperatori d’Occidente e d’Oriente sor- cipi a cui Dio destina la corona d’Italia!
se una dinastia che poté anche, in più di Forse alcuno ripensando con me agli sforzi
un’occasione, rivendicare legittimamente la loro di quattro secoli, agli sforzi che, con-
titolarità di primari Regni o Principati.
La dimensione “internazionale” dei
Savoia8 non costituisce un fatto inatteso o 7
Cfr. G. MOLA DI NOMAGLIO, Di Sparta gli spiriti bellicosi,
nuovo. Siccome nessuna potenza riuscì a di Atene la civiltà {…}, Savigliano 1996, pp. 17-22.
8
La casa fu sovrana in vari tempi, non bisogna dimenticarlo,
soggiogare la dinastia, la cui eccezionale vi- anche di vaste regioni oltralpine: a fianco del Nizzardo e della
talità non venne meno di secolo in secolo, Savoia, ad esempio, della Bresse, del Bugey (a lungo vere spi-
era evidente che i continui attacchi ai suoi ne nel fianco della Monarchia francese), del Ginevrino, del
Vaud, del Vallese. Anche se per dimensione territoriale lo
Stati al di là delle Alpi, dove francesi, ber- Stato sabaudo poté comunque essere considerato in determi-
nesi e ginevrini facevano a gara per sottrar- nati periodi come una “potenza di seconda importanza”, i Sa-
voia ebbero nel corso della storia, ininterrottamente, ruoli e
le territori e giurisdizioni, la inducessero a forze che consentirono loro di andare sempre del pari con i
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soluto come uno dei più significativi e du- cerche estese, delle quali si relazionerà, in-
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vece, in modo adeguato in un volume che fatto che Carlo Emanuele III sia stato, sia
prossimamente sarà dato alle stampe. pure per breve tempo, signore di Milano
Non sarebbe azzardato dire che se i pro- (con riscontri positivi di lungo termine,
speri e orgogliosi milanesi e lombardi, ave- dopo iniziali momenti di freddezza, in se-
vano notevole dimestichezza con i principi no alla società milanese e lasciando, come
sabaudi sin dai primi passi del Regno d’I- riferiscono alcuni storici milanesi un’im-
talia, lo si doveva al fatto che, come si è ri- pronta durevole) dal 1733 al 1736?
cordato, “da sempre” gli uni non erano af- Come si può anche solo immaginare che
fatto estranei agli altri. Non certo per caso nella prima metà del Settecento il passag-
i Savoia poterono, nel corso dei secoli, ri- gio di vaste aree del dominio milanese
vendicare - legittimamente e più volte - il “geograficamente” piemontesi (Novara e il
dominio dello Stato milanese (e andarono Novarese, Alessandria e l’Alessandrino,
a un passo dall’ottenerlo anche nel Sette- Tortona e il Tortonese) o anche solo affe-
cento). Le loro rivendicazioni si basavano renti alla regione subalpina, non abbia co-
anche sulle alleanze matrimoniali citate, stituito una svolta epocale, guardando spe-
ma non solo. In un volume ampiamente e cificatamente all’intensificarsi dei rapporti,
in più lingue divulgato in Europa nel 1741 anche se vi è chi afferma l’esatto contrario?
i Savoia documentarono i loro diritti so- Regioni che già avevano stretti legami col
vrani sul Milanese in modo inequivocabi- Piemonte sabaudo si trovarono sotto il do-
le, precisando che anche se le pregresse cir- minio dei Savoia, ma innumerevoli loro
costanze non avevano favorito le proprie abitanti e famiglie (che già non orbitassero
rivendicazioni, un atteggiamento troppo in diversi modi sulle aree di pertinenza sa-
accomodante e l’assenza di azioni forti e voiarda – e gli esempi non scarseggiano –),
perentorie a sostegno delle loro legittime trovando la strada per Torino non persero
pretensioni non potevano che essere lesivi certo quella per Milano, dove solidi legami
degli interessi dinastici. di ogni tipo, a partire da quelli mercantili,
I giuristi sabaudi ricordano che nel 1700 i non si potevano certo spezzare in un atti-
Savoia erano stati chiamati, in forza di titoli mo. Come si può, ultimo esempio, ritene-
incontestabili, alla successione del Ducato re poco eloquenti, a metà Ottocento, gli
di Milano, ma non avevano potuto fare va- appelli del Governo Provvisorio milanese a
lere il proprio buon diritto «contre un Con- Carlo Alberto, affinché marciasse su Mila-
current aussi puissant, que l’étoit le Chef de no, in occasione delle gloriose Cinque
l’Empire»9. Anche se il cardine delle richie- giornate, nel marzo 1848? Tra l’altro, non
ste sabaude è soprattutto rappresentato dal- si deve dimenticare che questi appelli, for-
la discendenza in linea femminile da Carlo temente critici per modalità di comunica-
V, attraverso «la Duchesse Catherine fille zione e per i tempi d’intervento che s’im-
en premier degré de Philippe II»10 si potreb- ponevano, furono all’origine del fallimento
bero isolare ben altri elementi di valutazio- di un’impresa arrischiata e comprometten-
ne a favore della potente dinastia alpina.
Si potrebbe considerare trascurabile il fatto
che il primo scorcio del Settecento abbia 9
Deduction des droits de la Royale Maison de Savoye sur le
visto il Principe Eugenio e Vittorio Ame- Duché de Milan, Turin 1741, p. 3.
deo II11 arbitri in Lombardia – e a un pas- 10
11
Ibidem, p. 4.
Al quale in modo speciale fu conferita amplissima autorità
so dal portarla sotto lo scettro savoiardo –? per far rispettare la convenzione del 13 marzo 1707 riguardante
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Si potrebbe ritenere poco significante il l’evacuazione della Lombardia da parte dei Francesi.
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te in cui generosamente (ma purtroppo la- storica e giuridica, campato in aria o privo
sciandosi trascinare dagli eventi) il Re si di concreto fondamento (anche se gli avve-
gettò, pur tra molte e legittime perples- nimenti non favorirono subito i Savoia).
sità12. Altro che Re Tentenna, altro che In ogni caso, per avvalorare più gli elemen-
“italo Amleto”: per Milano, per solidarietà ti di coesione che quelli di contrasto, an-
nazionale (e, sarebbe sciocco negarlo, an- che una nutrita, imparziale e convincente
che per non mettere a repentaglio le possi- sequenza di vincoli e trait-d’union, antichi
bilità di espansione dinastica) il sovrano fu o no, rischierebbe di risultare, se enucleata
indotto ad agire in tempi diversi da quelli, dal generale contesto storico-politico, fine
più opportuni e maturi, sino a quel mo- a se stessa e sterile. Senza una premessa
mento previsti. Si può dire che Carlo Al- “destruens” di talune odierne sovrastruttu-
berto per Milano – e guardando al raffor- re, in cerca di quelle fondamenta, vale dire
zamento della proprie prospettive di sovra- di quei contesti storici e sociali originali
nità in Lombardia – sacrificò il trono. che hanno dato buoni motivi e stimoli ai
Abbiamo visto che porre in luce l’esistenza nostri predecessori di inseguire, con mag-
di antichissime relazioni, intensi legami sto- giore coralità di quanto oggi si ammetta, si
rici e di una complessiva e diuturna dimesti- voglia e si apprezzi, il sogno unitario, la
chezza tra i Savoia e Milano, costituisce, di pars costruens dei legami lombardo-sabau-
per sé, un compito facile. Se in questi legami di sarebbe, se non inutile, insignificante.
si volesse ricercare e riconoscere, però, quasi
una predestinazione della Lombardia e del Risorgimento da buttare?15
Piemonte a trovarsi fianco a fianco a precor- In Italia, proprio mentre il paese celebra il
rere in Italia, associati da cemento dinastico, centocinquantenario della proclamazione
i fermenti unitari, l’esercizio sarebbe oggi
più arduo e più complesso che in passato.
Pochi oggi si sentirebbero, probabilmente, 12
Gioacchino Volpe scrive al riguardo, tra altre considerazioni,
di ripetere le espressioni pronunciate nel che quando Carlo Alberto, di fronte all’imperativo di interveni-
Parlamento italiano da Pier Carlo Boggio13 re immediatamente a Milano, si mosse con l’armata: «Vedeva
che non tutto era pronto; molte cose per l’esercito bisognò farle
(accolte dalla generale approvazione) il 16 in fretta e furia e perciò non bene. Ma il Re si mosse lo stesso fi-
aprile 1861:«Nel s ec o lo dec im o quinto , dando nell’aiuto di Dio. Era lieto che gli Italiani facessero da sé,
morto Filippo Maria Visconti, il voto con- senza sperare, senza aspettare aiuti stranieri» (Principi di risorgi-
mento nel Settecento italiano, “Quaderni della Rivista Storica
corde delle popolazioni lombarde procla- Italiana”, Torino 1938, p. 88). Tra gli storici milanesi si veda, su
ma l’unione ai popoli d’oltre Ticino sotto questo periodo, lo studio di L. MARCHETTI, I moti di Milano e
il problema della fusione col Piemonte, in E. ROTA (a cura di),
lo scettro dei Principi Sabaudi, ed inizia Il 1848 nella storia italiana ed europea. Scritti vari, Milano s. a.
quella fusione d’aspirazioni, d’interessi e di {prob. 1948}, pp. 653-723. Il pensiero e le testimonianze dell’au-
vita, che, ritentata nel 1848, dovea trovare torevole studioso, espressi in parecchi studi, sono stati preziosi,
insieme alle visioni di tanti altri autori lombardi per la stesura
il suo finale appagamento nell’unità d’Ita- del già ricordato volume in preparazione.
13
lia che stiamo proclamando e compiendo. Sensibile alle istanze lombarde anche attraverso anche attraverso
le sollecitazioni ricevute dalla principessa di Belgioioso, collabo-
Questa mutua tendenza dei popoli italiani rando alla “Gazzetta italiana” da lei fondata, con altri, a Parigi.
{e} della Dinastia Sabauda ad associare i 14
Atti del Parlamento Italiano, Sessione del 1861, 1° periodo dal
propri destini è sentita, è riconosciuta dai 18 febbraio al 23 luglio, seconda edizione riveduta da Giuseppe
Galletti e Paolo Trompeo, Discussioni alla Camera dei Deputa-
popoli e dai Governi forestieri»14. Sicura- ti, Torino 1861, p. 545.
15
mente nell’intervento non mancavano enfa- Gli appunti che seguono traggono spunto, nell’attuale con-
figurazione, da G. MOLA DI NOMAGLIO, Nazionalità, identità
si, retorica e qualche esagerazione, tuttavia e ragion di Stato. La cessione di Nizza e Savoia alla Francia,
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del Regno (vale a dire dell’unità), fiorisco- larmente fosse diffusa in Lombardia la
no fermenti antiunitari, sino a rimpiangere proprietà privata, Jacini scrive: «Sulla pro-
la dominazione austriaca o di matrice au- prietà in Lombardia pesano gravissime im-
striaca. Un’analisi di questo complesso te- poste. Prima del 1802 non si pagava più di
ma condurrebbe lontano, tuttavia il risorto 11 centesimi per ogni scudo d’estimo, com-
amore per quelli che (magari anche con presa ogni specie di imposte fondiarie, il
qualche esagerazione) venivano general- che assorbiva dal 20 al 22 per % della ren-
mente considerati – e fondamentalmente dita. Ma i carichi pubblici aumentarono in
erano in realtà – degli “oppressori”, non è seguito»19.
facilmente spiegabile. Per inquadrare rapi- Procedendo lungo un articolato conteggio
damente un complessivo atteggiamento ed elencando altri oneri, l’autore perviene
prevaricatorio austriaco con riferimento al- a calcolare un costo fiscale complessivo
l’Italia si possono utilizzare, tralasciando esorbitante per tutte le classi sociali, di ric-
innumerevoli scritti eminentemente pro- chezza e di reddito e, soprattutto, dimostra
pagandistici, vari studi ben documentati16. che il gettito imposto alla Lombardia dal-
Per Milano e la Lombardia basti ricordare l’Austria era notevolmente superiore a
quanto sentenziarono nel 1859 i compo- quello che dovevano sobbarcarsi altre pro-
nenti della Commissione Giulini, creata vince dell’Impero; in sostanza parlare lette-
per affrontare gli aspetti amministrativi ralmente di oppressione straniera e “colo-
dell’annessione al Piemonte. La Commis- nialista”20 non sembra per nulla fuori luo-
sione – seppure segretamente cooperante go. Un’oppressione che fece rilevare a Pier
con Cavour che l’aveva sostenuta – era Carlo Boggio che, di fronte al sovrapporsi
profondamente “milanese” e “lombarda”; di balzelli a balzelli, tasse a tasse, «intere
essa operò in piena autonomia e diede tan- provincie protestavano al Governo, essere
gibili frutti, anche se alcuni progetti che ne preferibile per i loro abitanti lo assoluto
scaturirono furono presto superati; ne fa- abbandono delle proprietà al pagamento
cevano parte, è ben noto ma vale la pena delle imposte che, assorbendone tutto il
di ripeterlo, sotto la presidenza di Cesare
Giulini Della Porta, personalità come Lui-
16
gi Torelli e Emilio Broglio, profondamen- Vedi, ad esempio il ponderoso lavoro di N. BIANCHI, Storia
della politica austriaca rispetto ai sovrani ed ai governi italiani
te rappresentative dell’anima di Milano e dall’anno 1791 al maggio del 1857, Savona 1857 (in conclusione
della Lombardia17. In merito al dominio del quale si deve segnalare l’Appendice di Documenti diploma-
“straniero” nelle terre lombarde la com- tici relativi alle controversie austro-sarde dopo la conclusione
del Trattato di Pace del sei agosto 1849, pp. 537-603).
missione concluse, significativamente, 17
Anche se vi è chi segnala la presenza in essa di “esuli” con –
che:«La dominazione austriaca potrà avere presuntamente – allentati contatti con le terre d’origine.
18
N. RAPONI (a cura di), Atti della Commissione Giulini per
altro ve c arattere e influenza di c iviltà, l’ordinamento temporaneo della Lombardia (1859), Milano
quando agisca sulla docile natura di popoli 1962, p. 214.
19
agresti e primitivi. Qui essa ha per corolla- S. JACINI, La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in
Lombardia: studj economici, Milano 1854, p. 82 (cfr. anche la II
rio la degradazione economica, morale, in- ed., corretta e accresciuta dall’autore, Milano - Verona 1856, e
tellettuale ed amministrativa del paese»18. varie successive ristampe - 1857, 1864 - con varianti talora di
qualche interesse. Da segnalare, inoltre, un’edizione del 1996,
Sotto il profilo economico, varie analisi e curata da Franco Della Peruta). Del Jacini si veda inoltre, alme-
indagini, tra le quali meritano una specifi- no, il saggio Sulle condizioni economiche della provincia di
ca menzione quelle di Stefano Jacini, han- Sondrio nell’anno 1858. Memoria, Milano 1858.
20
Nel senso più negativo del termine, dato che si conobbero
no dimostrato quanto fosse opprimente la forme di dominio coloniale non solo finalizzate allo sfruttamen-
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fiscalità austriaca. Premesso quanto capil- to e non prive di pregi per le popolazioni interessate.
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reddito , null’altro lasciavano al padro ne nel 1814. Tuttavia, continua l’autore, avva-
che l’onere delle spese di conservazione»21. lendosi di dirette testimonianze scritte de-
Boggio ritiene che «questi carichi incom- gli stessi massimi rappresentanti dell’Au-
portabili, cadendo non solamente sopra i stria in Lombardia e in Veneto, «co n il
cittadini più agiati e colti, ma sullo univer- 1820-21 tale favorevole opinione era già ra-
sale, hanno contribuito non poco a forma- dicalmente mutata. Poco dopo lo scoppio
re l’opinione italiana nelle campagne e nei della rivoluzione napoletana del ‘20 il conte
monti del Lombardo-Veneto»22 e afferma Giulio di Stras s o ldo , g o vernato re della
che «dai barabba di Milano ai contadini Lo mbardia, il co nte Ferdinando Bubna,
della Brianza, dai carbonai del Bergamasco co mandante delle truppe asburgiche del
agli alpigiani del Friuli ed ai gondolieri di Lombardo-Veneto, ed il barone Giovanni
Venezia l’odio alla dominazione tedesca è Sardagna, osservatore speciale di Metterni-
universale»23. ch per l’Italia settentrionale, erano d’accor-
Di fronte a simili dichiarazioni anche Ce- do nell’affermare che la pubblica opinione
sare Correnti, certo non tenero con gli au- era diventata a tal punto antiaustriaca da
striaci, quasi appare come un moderato far sì che, fatta eccezione per la Valtellina,
(ad esempio quando, in una sua nota in- tutte le categorie sociali fossero, per un ver-
vettiva contro l’Austria, parla di «astiosa so o per un altro, ostili alla politica del go-
parsimonia austriaca»24 o di «schiavitù di verno e che solo l’esercito avrebbe potuto
un popolo sotto un altro popolo»25) e mo- reggere le province austriache in Italia»27.
derati, con lui, tanti altri milanesi, lombar-
di, veneti che si scagliarono contro la do-
minazione straniera, sostanzialmente sotto- 21
P. C. BOGGIO, Fra un mese!... Ipotesi di Pier-Carlo Boggio,
scrivendo idealmente il ben noto verdetto deputato, Torino 1859, p. 29.
correntiano: «Chi scrisse queste pagine ha 22
Ibidem.
23
esitato lungamente, come esitò il nostro Ibidem, pp. 28-29. Boggio vede l’oppressore negli austriaci ma
non, con una certa ingenuità {?}, in Napoleone III, che considera
popolo, a pronunciare questa sentenza: che un alleato affidabile e che ritiene mosso soprattutto dal desiderio
il governo austriaco in ogni circostanza ci è di mettere la Francia in condizione di esercitare la propria in-
fluenza morale (cfr. pp. 53-56). Una recente messa a fuoco dell’av-
nemico per natura, nemico per elezione, versione all’Austria, a livello soprattutto “politico”, si deve a D.
nemico per necessità; sentenza tanto più ORTA, Le piazze d’Italia 1846-1849, Comitato di Torino dell’Isti-
irrevocabile quanto più tarda, quanto più tuto per la Storia del Risorgimento Italiano; {Roma}, Torino
2008, in partic. cap. 4, Dalla piazza antiaustriaca alla rivoluzione:
involontaria a formarsi in noi e nel popolo Milano e Venezia (settembre 1847-marzo 1848), pp. 135-184.
24
fu questa dolorosa convinzione che la pace C. CORRENTI, L’Austria e la Lombardia, Italia {luogo di
stampa falso, probabilmente stampato in Svizzera}, {s.n.},
presente ci costa quanto una guerra disa- 1847, pp. 17, 86. L’autore formula interessanti approfondi-
strosa, e ci conduce poi davvero verso una menti economici, che documentano la rapacità austriaca. Egli
guerra terribile e sanguinosa»26. già auspica, sostanzialmente, l’unione della Lombardia col
Piemonte, del quale mette a fuoco le potenzialità, la ricchez-
A conclusioni non dissimili giungono, so- za, le prospettive future e la reale capacità di affrontare l’Au-
stanzialmente, rendendo ancora più diffici- stria, rivelata anche attraverso il commento dei dati raccolti
nella Statistica comparata della monarchia austriaca e degli
le comprendere le nostalgie filo-austriache, Stati sardi che è inserita nel volume; questa, mettendo a con-
storici ed economisti contemporanei e do- fronto la «piccola monarchia sarda colla grandissima austria-
cumentati; tra essi Ranier Rath, studioso ca», mostra «quanto s’inganni la statistica grossolana e mate-
riale che confonde la forza colla corpulenza».
che evidenzia che al loro ingresso in terri- 25
Ibidem, p. VII.
26
torio veneto, nel 1813, le truppe asburgiche 27
Ibidem, pp. VII-VIII.
R. F. RATH, L’amministrazione austriaca nel Lombardo
furono salutate quali liberatrici ed emanci- Veneto (1814-1821), “Archivio Economico dell’Unificazione
58
patrici. Altrettanto accadde in Lombardia Italiana”, vol. IX, Fasc. I, Roma 1959, pp. 1-2.
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tamente sin dall’inizio del Seicento) aveva- Stato, cit., pp. 27-39.
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pri predecessori o diretti antenati, ovvero, in gli Italiani nel loro complesso a vincere la
qualche modo, a se stessi31. Un solo esem- partita, ciascuno, certo, sacrificando un trat-
pio: Garibaldi sarà pure stato un gran con- to delle proprie radici. Sarebbe auspicabile
dottiero32, ma in Sicilia (e non si deve di- superare ora le polemiche e guardare realisti-
menticare che poco prima dei Mille era stata camente in avanti. Si deve ricordare che in
offerta la corona dell’Isola a un Savoia che brevissimo tempo l’Italia unita realizzò a
non aveva potuto accettarla essenzialmente 360° un’uniformazione estremamente com-
per non compromettere delicati equilibri in- plessa (l’unificazione “politica”, di per sé
ternazionali) e nell’avanzata al Sud, se non non avrebbe portato lontano il nuovo Re-
avesse potuto contare in modo preponde- gno) e fu riconosciuta come una delle gran-
rante sulle popolazioni locali e sullo stesso di potenze mondiali. Si deve ricordare che i
comportamento delle armi borboniche (così sacrifici diedero frutti, che il paese, pur con
poco efficace e convinto da suscitare seri tutte le sue contraddizioni e differenze, an-
dubbi circa la reale volontà di ostacolare l’a- che profonde, pur con caratteristiche dei di-
vanzata garibaldina) non avrebbe fatto, pro- versi popoli stridenti tra loro, ha conosciuto
babilmente, molta strada. Furono, quindi, anche momenti alti di coesione.
31
Molti esempi si potrebbero citare di un’adesione vasta e tra- volume, più volte ristampato, anche in Inghilterra, I volontari
sversale, la si capisca o no, la si apprezzi o no. Un filtro può es- ed i bersaglieri lombardi. Annotazioni storiche, Torino, 1849;
sere rappresentato dalla massiccia presenza a Torino e in Pie- di quello toscano Cesare De Laugier in Le milizie toscane nel-
monte di italiani provenienti da ogni parte d’Italia per coagu- la guerra di Lombardia del 1848. Narrazione istorica del gene-
larsi attorno all’azione sabauda (per un inquadramento vedi rale De Laugier, Capolago 1850. E si tratta a malapena di “as-
G. B. FURIOZZI, L’emigrazione politica in Piemonte nel de- saggi”, che possono, affiancati in campo bibliografico da studi
cennio preunitario, Firenze 1979 e le Rubriche della polizia idonei, mettere a fuoco l’impegno diretto e diffuso dei veneti,
piemontese 1821-1848, a cura del R. Archivio di Stato di Tori- emiliani, romagnoli, napoletani, siciliani, marchigiani e via di-
no, Roma 1938). Un altro punto d’osservazione è quello costi- cendo.
32
tuito dai 9694 volontari italiani arruolati nel 1859 nell’esercito Anche se non va trascurata la mitizzazione del personaggio,
sardo e dai 4153 volontari inquadrati nel Corpo Cacciatori del- lucidamente commentata, ad esempio, da Umberto Levra, se-
le Alpi (vedi A. M. ISASTIA, Il volontariato militare nel Risor- condo il quale «Il Garibaldi reale fu {…} meno importante del
gimento. La partecipazione alla guerra del 1859, Roma 1990, personaggio leggendario, sempre più indefinito e aleggiante
pp. 309-630). Ancora si potrebbe guardare alla fitta pubblici- nei cieli della retorica, perché era il secondo, ben più del pri-
stica storica che pone in risalto il ruolo delle diverse regioni, mo, utile ai fini della costruzione di un culto della patria» (Fa-
ad esempio in campo militare: del contributo della Lombardia re gli italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Tori-
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si è occupato, giusto per citare un nome, Emilio Dandolo, nel no 1992, p. 358).