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i Mezzogiorno Medievale

Le città del -'

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Collana diretta da
Benedetto Vetere e Alfonso Leone

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H. TAVIANI-CAROZZI- B. VETERE- A. LEONE

SALERNO
NEL
MEDIOEVO

CONGEDO Enr; Jf: E


I S B N 8 88086354 1

Tutti i diritti riservati

CONGEDO EDITORE
HUGUEITE T AVIANI-CAROZZI

SALERNO LONGOBARDA: UNA CAPITALE PRINCIPESCA

Nel giugno 774 Carlo Magno entrava in Pavia, capitale del re­
gnum Langobardorum: la dilatatio regni Francorum metteva fine
all'indipendenza di un reame antico di circa due secoli, il cui ultimo
sovrano, Desiderio- vittima tanto della diplomazia pontificia quanto
dell'esercito franco- fu deportato nel regno franco, dove morì. Que­
sta data, esaltata dagli annalisti carolingi , é stata più o meno occultata
o amaramente deplorata dalla storiografia longobarda. Paolo Diacono,
familiare di Desiderio ma anche corti giano di Carlo Magno dopo la
conqu i sta franca, decise di concludere la Storia dei Longoba rdi con il
ricordo del regno di Liutprando (712-744 ). Circa a l l a fine del IX se­
colo, Erchemperto, monaco cassinese d'origine capuana, r i prese la
tradizione storio grafica longobarda, lamentandosi di dover raccontare
(a differenza del suo illustre predecessore) le difficoltà dei Longobar ­
di restati fin ad allora indipendenti a dispetto delle spedizioni militari
franche, però divisi tra loro ed esposti alle incursioni musulmane che
part i vano dall ' l friqya e dalla Sicilia. Si dovettero attendere gl i ultimi
decenni del X secolo perché un altro storico longobardo si decidesse,
parado ssalmente , a scorgere nella data del 774 non più il momento
dell'umiliazione dei Longobardi ma piuttosto la consacrazione della
loro indipendenza nell'Italia del sud: l'Italia longobarda mer i diona le,
secondo l'espressione di Nicola Cilento, si affermò infatti con g li
aperti ges t i di sfida del duca di Benevento Arechi II (758-774), gene­
ro del re Desiderio, che si autodefinì p rirzceps, titolo allora riservato ai
re e agli imperatori; e f u questo sovrano l'artefice della nascita d i un

principato la cui estenzione ricopriva quasi tutta l ' I talia meridionale


di cui e gl i rimase sovrano fino alla morte, avvenuta nel 7 8 7 . Questo
storico longobardo, che noi abbi amo potuto identificare con un abate
di Santa Maria e San Benedetto di Salerno, si chiamava Radoaldo e
visse in un periodo in cui i Longo b ardi , un tempo uniti attorno ad
Arec h i , si erano ormai di v i s i i n tre prin cip at i . Orga n i s m i nati da diffe­
renti divisioni avvenute tra 1 '849 (anno della divisione del principato
di Benevento c della nascita di quello di Salerno) e l'inizio del X se-

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colo, periodo del la defi n i t i va separazione dei Longobard i di Capua da
q uel l i d i Salerno. Con Erchemperto, c poi , successi vamente, con Ra­
doaldo, l a storiogra lìa lon gobarda non si i nteressò p i ù a ricostituire la
storia del popol o lon gobardo, ma piuttosto quel la de l l e d i n astie pri n ­
c i peschc regnanti su terri tori assai p i ù l i m itati de l l ' antico regno d i
Arec h i , terri tori capegg iati da c i ttà dove era fi ssata la sede d e l l oro
potere. E così Radoaldo, primo storico dei Longobard i di Salerno, con
l a sua opera ha reso immortal e u n pri ncipato, e soprattu tto una c i ttà,
che en trò pienamente nel la storia dell'Occidente, nel momento i n c u i i
Longobardi del regnum di Pav ia erano ormai cons iderati u n icamente
come parte del regnu m Francorum. Tuttavia, se la storiografia saler­
n i tana comparve solo neg l i u l t i m i decen n i de l X secol o , la v icenda
del l a c i ttà ebbe i n i zi o con l a reazione al la conq u i sta italiana d i Carlo­
magno e si concluse, nel quadro d i una Longobard i a merid ionale re­
stata i ndipendente dal l ' i mpero d ' Occ i dente, tre secol i p i ù tard i con l a
conqu ista nonnanna.

Praes i d i um del principe

Si deve al monaco Erchem perto, storico dc i Lon gobardi di Bene­


vento e d i Capua, d i aver saputo defi n i re i l primo ruolo assunto da Sa­
lerno nel la storia del l ' Occidente medievale. Lo seppe defi n ire quando
mensionò l a spedi zione di Carl omagno e d i suo fi g li o Pipino, assoc ia­
to al trono d' Ital ia, contro i l pri ncipe di Benevento Arech i , avvenuta
nel 7 86-787 . S i trattò d i u n ' impresa che non condusse ad uno scon tro
armato e che si concl use con una sorta di pace svantaggiosa per i Lo n­
gobardi . Tuttav i a l o storico sotto l i nea come i l pri mo o b i e t t i v o d e l
pri ncipe fosse stato q u e l l o d i sal vaguardare i l s u o popolo, i n u n a s i ­
tuazione m i l i tare in cui i l rapporto d i forze g l i era sfavorevo l e :
A rec h i , per su perare l a paura provocata d a i Franc h i , fece forti ficare con
delle opere d i fensi ve pregevo l i , e organi zzare come castrum particol armente
i nespugnabi l e. l a ci ttà, situata tra Lucania e Nocera, che si c h i amava Salern o
i n ragi o n e del l a sua vici nanza al mare c a d u n torrente c h i amato l r n o : questa
ci ttà. s e l 'armata (franca) si fosse d i retta a Benevento. sarebbe d i venuta i l l u o­
go di d i fesa (praesidium )per l 'avve n i re.
(Erchemperto. Ystoriola Langobardorwn Benevent11111 Dege111iu111, cap. 3)

In verità, q ueste pregevoli opere di forti ficazione, g i à celebrate i n


versi da Paolo D i acono, non servirono a lla difesa del l a c i ttà, del suo
pri ncipe e del popolo longobardo solo nel caso del l ' offensiva franca.
In segui to, s i a sotto gli im mediati successori di Arechi, sia dopo l a di ­
visione dcl l ' 849 del pri ncipato longobardo, c, ancora, sotto l e due di-

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n astie pri n c i pesche salemitane fino al l a resa, nel 1077, di Gisulfo Il ­
l ' u l timo pri ncipe longobardo indipendente del l ' Ital ia del sud - a Ro­
berto il Guiscardo, Salerno restò il punto di d i fesa più sicuro di tutta
l ' Ital i a longobarda meri d i onale: contro i Franchi e i l oro successori
nel l ' i mpero d ' Occidente, come anche contro le offensive del l a ricon­
q u ista bi zantina che segnò i l X secolo, e verso gli attacch i musu l m an i ,
particolarmente accan i t i dopo l a presa d i Palermo nel l ' 8 3 1 .
La decisione del pri ncipe Arechi d i fort i ficare Salerno per ritirarsi
con la sua corte in questo praesidium. c ioè in un l uogo di d i fesa dest i­
nato a d i ventare capitale principesca, tuttav i a non d iede v i ta a u n nuo­
vo castrum. Questo term i ne che, nelle fonti med i oeval i dal l ' VIII al
XII secolo, designava generalmente u n abi tato forti ficato, in età rom a­
na i nd icava un accampamento o una colon i a m i l i tare e i mp l icava e v i ­
dentemente d e i l avori d i fortificazione. U n castrum Salemi fece parte
del sistema d i fensivo romano ai tem pi del l a seconda guerra pu n ica,
conformemente a l l e d i sposizioni del l a /ex A tinia d e co/onis deducen­
dis del 1 97 a.C., che ne prevedeva a l tri q uattro l u n go i l Tirreno, fra l a
foce del Volturno e i l territorio di Paestum. Strahone, a l l a fi ne del V
l i bro dei Geographica ricorda che, d urante la seconda guerra punica, i
Rom ani dovettero prendere del le m i sure d i d i fesa con tro g l i al leati
campani di A n n i bale, fra cui i Piccn t i n i e alcuni gruppi i nd i ge n i del
Brutium e del l a Lucan ia: i Picen t i n i furono cacc iati dal l a l oro c i ttà,
Picentia, « C con tro d i loro i Roman i fort i ficarono u n posto d i d i fesa
(praesidii. . . /oco ), Salerno, non lontano dal mare>> .
Se i l castrum romano doveva proteggere una col onia di trecento
c ittadi n i , i l terri torio che dom i nava aveva conosc i uto u n a p i ù antica
occupazione, come testimoniano gli scavi archeologici effettuati a po­
ca d istan za, nel l uogo chi amato Fratte, ad est di uno sperone roccioso
di c i rc a 260 metri , l uogo dove i Roman i costru i rono il castrum. L' ar­
cheolog i a lasc i a in effetti supporre che questo luogo fosse anticamen­
te abi tato, occupazione che sarebbe cessata nel corso del III secol o
a.C. Sarebbe erroneo identi ficare, come è avvenuto i n tal u n i casi , i l s i ­
to d i Fratte c o l Salernum romano, per l a c u i identificazione si sfrutta­
ron o l e particolari configurazioni del ri l i evo, parti col armente favore­
voli per dar vita ad un praesidium. Resta i l fatto che, ancor ogg i , sono
m o l t i gli i n terrogati v i su l l a d islocazione esatta del castrum origi nario,
sia da parte deg l i archeologi che deg l i storic i . In e ffetti bisogna atten­
dere l ' i n izio del l ' epoca imperi ale per d i sporre d i qualche i n formazio­
ne supplemen tare su l l a Salerno romana. Alcuni resti epigrafici testi ­
m o n i ano la probabile esistenza di un d u u n v i rato e d i un orda decurio­
num. corrispondente al senato del l ' Urbs, almeno a partire dal secondo
secolo del la n ostra era. E tra le tracce d i una documentazione l acuna­
sa e sporad ica, va segnalata, fra le c uriosi tà della storia salern itana an-

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tica, la l e ttera di Orazio al suo amico Q. Numo n i us Vala, al quale i l
celebre poeta e satirico domandava quale fosse, tra Vel i a e Sal ern o , i l
l uogo d i v i l leggi atura p i ù idoneo ad una cura d i bag n i fredd i (Episto­
lae, I, 1 5 ). Non c ' è dubbio dunque che, almeno a l l a fi ne del I seco l o
a.C., Salerno n o n avesse p i ù un ruolo esl usivamente d i fensi vo e pote­
va, grazie a l l e sue terme e al suo clima, atti rare i Romani i n cerca di
ri poso. S i è perfi n o supposto che i fondatori d i Salerno avessero vol u­
to farne u n cen tro portuale che offrisse l a possi bi l i tà a Roma d i pre n ­
dere i l posto di Cartag ine: ma questo ruolo l e fu attri buito un p ò affret­
tatamente da qualche esperto del periodo medie vale; e q uest ' i potesi d i ­
mentica come n o n s i a sufficiente c h e u n a local i tà s i trovi i n riva al m a ­
r e perché venga considerata un porto attivo. Nel l ' Antichità come n e l
Medioevo, s i a a causa d i u n ril ievo costiero troppo rocc ioso ( o , tal vol ­
ta, troppo sabbioso), che della d i rezione dei venti dom i nanti- l i becci o ,
c h e soffi ava da sud-ovest e i v e n t i c h e giungevano d a i massicc i monta­
ni -, i l solo ricovero o punto d ' attracco del sinus paestanus capace d i
atti rare le i mbarcazioni era si tuato a Vietri , tra l e attual i punta di Fuen­
te (ad ovest) e l a torre Crestarel l a (ad est).
Praesidium dei principi longobard i dopo essere stata parte del si ­
stema d i fensi vo romano in Campan ia, la Salerno medioevale potrebbe
essere considerata come l ' erede d e l l a Sal erno romana, o perfi no del l a
S al erno b i z a n t i n a , su l l a quale però mancano i n formaz ion i prec i se?
Non è per pri v i l egiare il l oro spec i fico campo di studi che i med i evist i
han no considerato il periodo d i Arec h i , a parti re dai contempora n e i
come Paolo D i acono, l ' età del l a nasc i ta di Salerno medioeva l e . U n a
rottura effetti va appare c o n tutta ev idenza tra l ' età tardo antica (per
quanto si possa conoscere) e i pri m i secol i del Med ioevo: rottura non
tanto l egata a l l a c arenza documentaria, m a al l ' effetto decl i n o d e l l a
fu nsione d i fensi va del castrum romano. Certo i l Medioevo n o n d i ­
mentica i l passato rom ano. L ' autore del Ch ronicon Salemitanum, g i à
ci tato, richiama, al l a fi ne del X secolo, l a trad i zione secondo l a q u a l e
l a cappel l a palati na fondata da Arec hi e dedi cata ai santi Pietro e Pao­
l o sarebbe stata costrui ta su l l e rov i n e di un tempio dedicato a Pri apo ,
dio del l a fecond i tà, nato dagl i amori di B acco e di Venere (Chronicon
Salernitanum, cap. 17). Ma riferi menti di tal genere sono caratteristici
degl i scritti di ch ierici e monac i ansiosi d i mettere i n evidenza l e gesta
d i pietà di un sovrano che si adoperò per l a cristiani zzazione del suo
popol o : in essi i l tempio d i Priapo è i l si mbolo d i un paganesimo p ro­
babi lmente ancora presente nel la devozione popolare dell ' VIII sec o l o ,
e n o n l a testimonianza d i un passalù particol armente memorab i l e .
Molto opportu n a m e n te s i � tentaw d i ri costrui re i co n fi n i e l a
pianta del castrum a parti re da alc u n i resti (m uri di d i fesa, acq uedot­
ti), spesso m essi i n l uce da scavi arc heol ogici final i zzati a l l a riscoper-

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ta di ambienti medioeval i . La grande d i fficoltà resta sempre quel l a d i
d i s t i n guere adeguatamente le fas i del la fort i ficazione d e l praesidum
dal momento che, nel l ' VIII secolo, sono stati uti l i zzati resti e materia­
li d ' epoca romana e b i zantina. Allo stato attual e del la ricerca è poss i ­
b i l e ricostituire l a c i n ta romana a partire d a i seguenti repert i . L' attuale
castel l o d i Arechi , che ospita oggi una associazione culturale per la
sal v aguard i a del patrimon io salern itano, è i l riferi mento obbl igato - e
necessario punto d i partenza - d i qualunque ricosti tuzione; da quel
pun to l a cinta occ identale avrebbe seg u i to i l ripido pendio dello spe­
ron e roccioso fino ad una pri ma porta chiamata nel l ' XI secolo di S .
Nicola «de l l a Palma>> , dal nome d i u n monastero benedettino fondato
in quel l ' epoca, ad ovest del l ' attuale istituto Umberto I . Poi orientan­
dosi leggermente ad est avrebbe ragg i u n to l a porta Nuceri n a del l e
fonti medioeval i , per segu i re l a ripa maior e i l l uogo d e l piano chia­
mato nel Med ioevo plaium montis; dopo u n nuovo pend io dom i n ato
dal plaium mont is, la c i nta avrebbe preso una d i rezione paral l e l a a l l a
c o s t a e a l l e attual i v i a Dogan a Vecc h i a e Merca nt i , con u n a porta
aperta verso i l mare ; ad est, dopo aver parzialmente costeggi ato i l tor­
re nte Rafast i a ( rivus Faustinus), avrebbe d i nuovo fi ancheggi ato i l
plaium montis, ad est del quale si elevava i l Foro e si apri va u n a porta
(porta Rotese del m edioevo). Di qui avrebbe rag g i u n to la som m i tà
del l o sperone rocc ioso, p u n to di parte n za di q uesta ricost i t u z i o n e .
L ' asse porta Nucerina-porta Ro tese è persino stata i nterpretata come
traccia d i un decumano, m a l a confi gurazione d i un ri l ievo e i ri pidi
pendii di gradan t i verso i l mare non erano prop i z i al tracci ato d i un
cardo. È chiaro che l a ricostituzione del la c i n ta romana s i avvale d i
testi mon ianze forn i te dal le fonti medioeval i: i n esse è evidente i l ri­
c ordo del l a sua riuti l i zzazione parziale nel l ' VIII secolo, sotto Arechi;
m a l a murazione med i oevale non consente d i descri vere con prec i s i o­
n e quale fosse la real tà romana. D i fatti è stato osservato che lo spazio
così del i m i tato era troppo vasto per raccogl iere, in età rom ana, trecen­
to col o n i soltanto. Quanto ad un ampl iamento i n età i m peri ale, poss i­
bile i n teoria. non può essere dimostrato da alcun ri nveni mento.
Nonostan te c i ò , è pos s i b i l e concl udere la nostra evocazione del
p raesidium rom ano con alcune certezze. Senza essere un punto stra­
d ale ri levante, Sal erno era attraversata da una d i ramazione del l ' Ap­
p i a, l a via Popilia, che, partendo da Capua, ragg i u ngeva la piana di
Nocera, il vero crocev i a di questa regione; poi attraversava il passag­
g i o di Mitilianum (Cava dei Ti rren i ) , pri ma di penetrare nel castrum c
d i attraversarlo da ovest verso est e uscirnc per l a porta Rotese. La
Popilia legava Sal erno a Paestum, e di là al l a Lucan i a e a l l a Cal abria.
Questo prolu ngamento del l a v i a Appia è ben doc umentato, ma questa
c ertezza dev' essere ridimens ionata dalle n umerose i potesi c i rca il suo

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esatto tracc i ato, a partire da Nocera - da una parte - e tra Salerno,
Paestum o Ebol i dal l ' al tra.
Il praesidium romano s i sottrae dunque al l a curios i tà degli stori c i
desideros i d i stab i l i re una con t i n u i tà nella period i zzazione storica. U n
avvenimento fondamentale, m a poco chi aro - accadu to tra i l periodo
tardo antico e il secolo d' Arechi - riguarda la creazione (d i ffic i l e a
datarsi tra i l IV e i l VI secolo) del l a d i ocesi di Salerno: nel 499 i l ve­
scovo Gaudentius partecipava al si nodo romano con vocato dal papa
S i m m aco. E' poco per conoscere la città e i suoi abitanti. Ma se l a
storiografi a, l ' archeolog i a e l ' epigrafia sono ugualmente mute e poco
eloquenti , se cinta e strade romane esi gono una d i scussione c i rca i l lo­
ro tracciato esatto, l a si tuazione geograti ca contribui sce mol to a farc i
capire quanto l a particol are morfolog i a del ri l ievo avesse permesso di
edi tìcare i l castrum proprio i n quel punto prec i so, un punto, peral tro,
i nespugn ab i l e. Sotto la dom i nazione longobarda, da Arechi a G i s u l fo
Il, d i verse fasi di fort i ficazione resero l a c i ttà imprend ibile, facendone
così i l vero e proprio simbolo del l ' i nd ipendenza del pri ncipe e del suo
popolo.
Se si deve a Erchemperto d i aver chiaramente descri tto il ruol o
giocato dal l a città nel corso del la res istenza longobarda alla conq u i ­
sta franca nel 786-7 8 7 , fu Paolo D i acono che rese im mortale l a S a­
lerno d ' Arech i , c i ttà divenuta notevol e s i a per le v i rtù del suo pri n c i ­
p e s i a per l e costruzion i c h e eg l i dec i se di i n t raprenderv i , Fam i l i are
del l a corte longobarda d i Pav i a sotto i re Ratchis (774-749) e Des i d e ­
rio ( 7 5 6 - 7 7 4 ) , cort i g i ano d i Carlomagno che ne riconobbe l ' ampi a
cul tura di gram matico, Paolo D i acono soggiornò a Sal erno n eg l i u l t i ­
m i anni del regno d ' Arec h i . V i trovò l a s u a al l ieva, l a pri n c i pessa
Adelperga, figlia del re Desi derio, per l a quale aveva scri tto una Sto­
ria romana rimaneggiando ed ampl i ando il troppo succ i n to Brevia­
rum ab urbe condita di Eutropio (del IV secolo). Questo soggiorno
salernitano i sp i rò Paol o D i acono nel comporre d i versi poe m i che
esal tavano il pri n c ipe costruttore. I pri m i due versi del poema sono
u n grido d i ammirazione per l e nuove mura, che rendevano Salern o
s i m i l e a Rom a :

E m u l ando i tempi d i Roma, s'i n nalzano queste mura,


Vi si b i l i da lontano, agl i stan c h i navi gatori . d i su l e ampie d i stese mari n e.
(Trad. N. Acoce l l a, Salerno medievale, ci t. p. 5 3 1 )

Con tro i l nem ico, il pater patriae procurò un ri fugio sicuro (por­
rum quietis) al suo popolo: con Arechi nasce d unque u n a n uova Saler­
no, roccaforte di un popolo geloso del l a l i bertà. C i rca due secol i più
tard i, l ' au tore del Chron icon Salernitanum, i n una ricostruzione ad u n

IO
tempo stor i c a e m i t i c a d e l reg n o d ' Arec h i , concep i to c om e l ' e t à
del l'oro d i Sal erno, traduce i n prosa l ' elogio d i Paolo D i acono:

A ppresa l a noti z i a (del l ' arri vo dell 'eserc ito franco). i l pri nc i pe . . . s i ri t i ra in Sa­
l erno, più forti ficata e più rimarchevole, dove abbonda la ricchezza. Egl i la ha
i ngran d i ta con opere ammirevo l i per garantire l a sua d i fesa. (Chronicon Sa­
lernitanum, cap. l 0).

Questa immagine di Sal erno corrisponde ancor p i ù a q ue l l a del la


ti ne del X secolo. Ma se ne deve ri tenere l' ampliamento del castrum
come i l momento nel q uale le sua m ura sono rial zate e consol idate .
A l l o s tato attuale del l a ricerca archeologica, e a partire dal le i n forma­
zioni tratte dalle fonti storiografiche e dipl omatiche posteriori al tem ­
po d ' Arec h i , è possi b i l e considerare che la c i n ta romana fu rim aneg­
g i ata e che, ad est, i n globò u n nuovo q uartiere, l' Hortus magnus, dove
si el evava il monastero dedicato al l a Verg i n e e a S . Benedetto, di retto
verso il 980 da l' abate Radoaldo. Ma sembra d i ffi c i l e d i re di più poi ­
ché Grimoaldo I , fi g l i o e successore d i Arechi (787-807), apportò i l
suo contributo alla fort i fi cazione del l a c ittà, come apprendiamo d a l l a
Ystoriola d'Erchemperto e dal Chron icon Salernitanum. La pri m a
fonte n o n è, i n verità, molto prolissa. S i d i l unga i n fatti s u l l a caparbia
res i stenza del figlio d i Arechi che, nel 7 87 , dovette seg u i re Carloma­
gno nel regnum Francorum dove fu educato, secondo i term i n i del
patto s tretto tra il re franco e il princ ipe longobardo. Quan to a l l e forti ­
fi cazion i , Erchemperto si l i m ita a d i re c h e Grimoaldo possedette del l e
«ci ttà fort i ficate» . L' abate Radoaldo, i ntento a descri vere l ' ultimo ter­
zo del secolo VIII come u n ' età m i tica, ci i nforma c i rca le condi zioni
poste da Carlomagno nel suo pri nci pato: ol tre ad esi gere l a con i azione
della moneta con l a sue effi ge e l a datazione deg l i atti del pri nci pato
dag l i an n i del suo regno, il re franco i m pose a Gri moaldo di d i strug­
gere tutte l e forti ficazioni del pri n c i pato d i Benevento. Questo u l t i mo
ord i n e era rivolto in particol are contro Sal erno, ol tre che con tro Ace­
ren za e Conza. Ma quando il pri ncipe, dopo essere en trato nella sua
capi tale,Benevento, fu q ualche g i orno dopo accolto a Salerno, i nobili
della c i ttà deplorarono d i dover abbattere ciò che Arechi aveva fatto
costrui re . Il pri n c i pe, legato dal g i uramento fatto a Carl omagno d ' os­
servare i suoi comand i , aveva prima esam i n ato l a poss i b i l i tà d i stab i ­
l i rsi c o n l a sua corte a V ietri , e di forti ficare questa local ità rendendo­
la ancor d i più i nespugnab i l e d i Sal erno. Però si rese con to che q uesto
ri paro non era di fac i l e accesso per i carriaggi che dovevano garan t i re
il trasporto. Così dec i se d i d i morare a Salerno, con v i nto da un fam i ­
l i are che aveva suggeri to d i distruggere parte del l e m urag l i e p e r r i ­
spettare i l g i uramento . . . e, parallelamente, d i fortificare meglio l a c i n -

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ta oriental e ! Ne l l ' ex empl u m spicca i l favoloso, ma probab i l m e n te
l ' autore non s i d i scosta m o l to dal l a rea ltà. Certamen t e Gri m oa l do
rinforzò i l d i spos i t i vo murario fatto da suo padre, c se c i fu una pres­
sione franca - Radoaldo è i l primo a darc i l ' i n formazione - non ebbe
nessun effetto . Il m u ro orientale che correva l u ngo il torrente Rafast i a
( rivus Faustinus) è certo attestato n e l IX secolo e d i potesi con v i n c e n ­
ti fanno rimontare t a l e costruzione al regno del pri n c i pe Grimoal do I.
Viene fatto risal ire al principe anche i l rinforzamento del le fortifica ­
z i o n i merid ional i , per megl i o proteggere l a c i ttà dai «nemici ven u t i
d a l m are» , seguendo l ' espressione di Radoaldo. Ma cosa accadde al l a
c i ttà occ identale? I l q uartiere denom i n ato Formelle o Fornelle, luogo
dove si stab i l i rono i m m igrati amal fi ta n i al tempo del pri ncipe S ic ardo
( 832-8 39), chiam ato poi anche vicus Sancte Trofimene, dal nome d e l ­
l a santa patrona d i Amal fi - i n onore del l a q u a l e s ' elevò u n a chiesa-,
poteva essere già abi tato al l ' i n izio del IX secolo. I d u b b i , re la t i va­
mente rece n t i , riguardo l ' attribu zione a Grimoaldo I del l e m ura che
c i rcondano l a c i ttà, nulla tolgono a l l a con ferma del l ' i potes i : perché
congetturare che il pri n c i pe avesse troppi progetti da real i zzare per
potersi preoccupare del l ' a l l argam ento del la c i n t a occ identale; o anco­
ra, che i suoi successori , s i no a Sicardo, avrebbero trascurato Salern o ?
È più conforme al l a tradi zione storiografìca longobarda - soprattutto
d'Erchemperto e di Radoaldo - u n i re Grimoal do e suo padre nella na­
scita di Salerno longobarda, e attri b u i re ad en tram bi la forma urbis
che sarà ered i tata dai primi pri ncipi i ndipendenti d e l l a c i ttà, dopo l a
d i v i s i o n e d e l pri n c i pato d i Benevento sopra v v e n u t a u ffic i a l m e n t e
ne11 ' 849.
Non è i l caso di soffermarsi i n questa sede sugl i avven i m e n t i che
anticiparono l a d i v i s ione. Dopo Arec h i , non si i n stal lò alcuna d i n a s t i a
n e l pri nc i pato d i Benevento. A l l a morte d i S icardo l a lotta d i succes­
sione al trono tra suo fratel l o , S iconol fo, c i l tesoriere d i palazzo, R a ­
delc h i , d iede i n i z i o al la l u nga frattura tra i Lon gobard i d e l sud che ter­
m inò con l a d i v i s ione del l ' 849 , sotto l ' egida del re franco di Pav i a , i l
futuro im peratore Luigi I I . S iconol fo d i venne allora i l prim o pri n c i pe
dei Longobard i di Sal erno, ma egl i non fu i l capos t i p i te d i u n a d i n a­
stia. B i sognò attendere l'elezione dell ' 86 1 del conte Guai ferio, orig i ­
n a r i o d i B e n e v e n to m a g i à s t a b i l i to s i i n S a l e r n o n e l q u art i e re d i
plaium m on tis che i n i ziò u n a con t i n u i tà d i n astica, i n l i nea col concet­
,

to di successione patri l i neare e al ri spetto, precoce i n Occ idente, d e l l a


pri mogen i t ura. L a d inastia fondata d a Guaferio s i perpetuò fi n o a l l a
morte, nel 977, del pri ncipe G i s u l fo I , che non aveva ered i d i rett i . D o ­
po u n a fase travagl i ata che vide i l pri ncipe di Beneven to ten tare d i re­
cuperare il terri tori o attri b u i to a Sicono l fo ne1 1 ' 849,una nuova d i na­
stia, origi naria d i Spoleto e d ' ascendenza franca, si i n sediò nel 9 83.

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Essa assicurò l a cont i n u i tà del potere e l ' i n d i pendenza dei Longobard i
d i S al erno fi no al 1 077, q uando i l s u o u l timo d i scendente, G i s u l fo II,
pri vo d'credi d i retti come i l suo omon imo del l a pri ma di nastia, dovet­
te capitolare d i fronte alle truppe del duca normanno d i Pug l i a e Cala­
bria, Roberto i l Gui scardo.
Fu soprattu tto sotto q ueste d ue d i nastie, di cui va ri levata la dura­
t ura, che Salerno acq u i sì il l u s tro di una vera capitale pri n c i pesca,
conservando tuttav ia l a sua funzione d i praesidium. Dopo l a metà del
IX secolo, il pericolo franco non era i l più preocc upante per l ' Ital i a
del sud . L a conq u i sta del l a S i c i l i a d a parte dei musulmani aprì u n l un­
go periodo d i raids con tro l a Cal abria, l a Pugl ia, la Campan i a e i l La­
zio. Un e m i ro si stab i lì a B ari n c1 1 ' 847 , e ne fu cacc iato solo graz ie al­
l a s ped izione condotta dal l ' i m peratore Luigi II ne1 1 ' 8 71. L' offensi va
m u s u l mana proseguì sul l a costa tirrenica e, nel settembre 8 8 3 , l ' abba­
zia di Mon tecassi n o fu i ncend i ata e d istrutta. Il pericolo era ancora
presente al l ' i n i zio del l ' XI secolo quando una flotta araba assed iò S a­
lerno. Dal momento del l a sua elezione, i l pri ncipe Guaferio com i nc i ò
a ri n forzare le forti ficazioni d e l l a c i ttà contro q uesto nuovo pericolo,
meno episodico del le sped izioni lanci ate dal l ' i mpero d ' Occidente. Il
Chronicon Salemitanum ne parl a, ricorrendo al genere aneddottico
caro al suo autore. Il pri n c i pe sarebbe stato avvertito del l ' i m m i ne n za
di un attacco m u s u l m ano da un arabo di S ic i l i a che avrebbe ben e fi c i a­
to del l a sua generosità: «Che il pri ncipe facesse ri n forzare da tutte le
parti l e forti ficazioni del l a sua c i t tà, che rial zasse senza ri tard i l a con­
trom urag l i a l u ngo i l l i torale, che erigesse ampie torri a c i asc u n a estre­
m i tà e una anche al centro>> (cap. I lO). Il cons i g l i o fu subito segui to:
« ... il pri n c i pe . . . ord i n ò di r i n forzare le d i fese di Salerno da tutte l e
parti . . . e a s u d fece dri zzare una torre ragguardevole s i a per d i mensio­
ni che, soprattutto, per altezza. La torre occidentale fu costru i ta dai
Capuan i , al lora sottomess i a Sal erno. La torre mediana fu costru i ta
dai Salcrn i tan i , e presso q uesta torre fu aperto un accesso a l l a c i ttà do­
tato d ' un a porta ben chi usa. Infi ne, l a torre si tuata dal l ato di levante
fu opera degl i abi tanti di Tusc iano e questi fu rono c i rca duem i l a>>
(cap. I l i). Il ricorso al l ' anedotto spiega come tutti i sudditi del pri n ­
c i pe, da Capua ad Ebol i , abbiano partec ipato a q uesto l avoro d i forti ­
fi cazione: era l a ci ttà d i S alerno c h e avrebbe dovuto assicurare l a l oro
protezione, dovunque essi fossero post i . Concretamente, q ueste n uove
d i spos izioni d i fensi ve prese da Guaiferio forn i scono la m i sura di u n a
c i ttà c h e n o n e r a p i ù un sempl i ce p u n t o forti tìcato, anche se i l p i ù ef­
ficace del la Longobard i a merid ionale, ma che aveva ormai i l ruolo di
capi tale d i un pri ncipato i nd i pendente. Alla fi ne del IX secolo, d u n ­
q ue, l a contì gurazione del la ci ttà e r a ormai del i neata. Secondo u n a re­
cente stima, la c i n ta, dotata di sei porte, mi surava p i ù di 2600 metri e

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copriva u n a superfic ie d i c i rca 24 ettari . Al di fuori delle porte pri n c i ­
pal i , al tre aperture, dette pusterolae o poste ro/ae nelle fon t i d ' archi ­
vio, fac i l i tarono le en trate e l e u sc i te, i n part icol are s u l l a costa, n e l
q uartiere imer murum e t muricinum nato dal le sistemazion i i ntraprese
dal ti g l i o di Arechi .
Qualche i n formazione c i rca gl i addetti preposti a l l a guard i a delle
porte c ' è pervenuta dal Chronicon Sa/emitanum. L' abate salern itano
ha forn ito i l nome di uno dci suoi pare n t i , Radoaldo - secondo la no­
stra i potesi un suo omon imo -, che alla fi ne del IX secolo era i l depo­
si tario delle chiavi c i ttad i ne. Eg l i aveva il titolo di scH!dois. portato
nel l ' antico regno lon gobardo dag l i uftìciali subal tcrn i , spesso aus i l iari
del gastaldo. Nel l a Longobardia meridionale ad essi era aftidata gene­
ral mente l a tute l a dci m i nori , nel senso gi uridico del term i ne; oppure,
i n terven i vano nella gestione dei dom i n i del sovrano. Guard i an o del l e
chiavi della ci ttà, i l parente del l ' abate Radoal do aveva anche l ' i ncari­
co, probabi lmente con al tri , del la sicurezza degli abitan t i , i n stretta re­
lazione col palazzo.
Il pri n c i pe era, i n realtà, l ' autentico custode del s i stem a di d i fesa
dell a sua c i ttà e del suo pri ncipato, che d i fatti , d i pendeva d i rettame n te
dal la sua autori tà. Ora, nel l ' XI secolo e p i ù particolarmente d urante il
regno di Guaimario IV ( 1 027- 1 052) - considerato il sovrano più prc­
stigioso del l ' Ital i a meridionale -, il s i stema di d i fesa del l a c i ttà d i ve n ­
ne oggetto di concessi o n i ai s u o i paren t i p i ù prossi m i . N e l 1 032, il
conte Pietro, zio del sovrano per parte patema, ricevette i n piena pro­
prietà dal n i pote una terra vacua si tuata fuori le m ura al l ' estremità oc­
c identale del q uartiere inter murum et muricinum. Nello stesso tempo
ebbe anche l'autorizzazione d i costruire <<edific i i n altezza>>e d i aprire
nel muro di d i fesa u n accesso pri vato che portasse in detta terra. Un at­
to posteriore precisa che l ' ed i fic io in questione era una torre . Nel 1 038
la terra, la torre e i pri v i l egi ad esse legati furono vend uti ad u n parente
della vedova del conte Pietro, che se ne di sfece quasi subito (real i zzan­
do i n quella occasione un forte guadagno) i n favore d i Pal d olfo, fratel­
lo cadetto del pri ncipe Guai mario IV. Tutto restava dunq ue al l ' i nterno
del la fam i glia del princ i pe, ma i l sistema d i fensivo c i ttad i n o com i n c ia­
va a di ven ire oggetto d i privatizzazio n i dan nose per il potere . . . e per i
c i ttad i n i . Guai mario IV è conosc i u to per aver accol to e u ti l i zzato i pri ­
m i Norman n i venuti in Ital i a come mercenari . E favorì , i n q ualche m i ­
sura, le campagne condotte da questi i n Pugl i a,essendo ormai d i ve n u t i ,
a partire dal 1 040, per loro proprio conto conqu istatori ; e conc l u se pat­
t i di sangue con i l oro pri n c i pal i cap i . Rassicurato - un pò affrettata­
mente - da q ueste n uove a l leanze e dalla poten za dci n uo v i ri n forz i ,
Guaimario d i menticò d i proteggere i l s u o praesidium salern i tano. I n ­
vece G i s u l fo Il, s u o ti g l i o c successore ( l 052- 1 077 ) , meno tiducioso e

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c o n sape v o l e fi nalmente del peri c o l o che i Norman n i causavano ai
Lon gobardi del l ' Ital ia meridionale, ebbe d i n uovo a cuore d i controlla­
re e di rinforzare tutto i l sistema difen sivo della ci ttà e del pri ncipato.
Dopo l ' assassi n i o di suo padre Guaimario I V , ad opera di congiu­
rat i legati alla sua fam i g l i a materna e al l ' ari stocrazia salern i tana, Gi­
su lfo I I nGn ven ne fac i l mente in possesso del trono pri ncipesco. I suoi
fratel l i cadetti ri spettavano la regola salern i tana d i tras m issione del
potere che pri v i l egiava la pri mogc n i tura. Ma i Norman n i en trat i al
serv izio di Guaimario IV e soprattutto nella sua ristretta cerchia pa­
ren tale - Drogone d ' Al tav i l la, s uccessore di G u g l ielmo B rac c i o d i
Ferro come conte d i Puglia, aveva infatti, sposato una delle fi g l i e del
princ i pe - gli preferirono Guido, cadetto di Guaimario e zio paterno
di Gisulfo, le cui due figlie s i erano i m paren tate agl i Al tav i l la, e il c u i
prestigio era accresciuto d a i titol i d i con te d i Conza e d u c a d i Sorren­
to concessi dal princ ipe: la successione da fratel l o i n fratel lo. prat icata
a Capua e a Benevento e praticata anche fra gl i A l ta vi Ila fi n o a l l ' asce­
sa di Roberto il G u i scardo al la dign i tà d i duca di Pu gl ia e d i Calabria,
rischiava di spogliare Gi s u l fo del potere. Secondo i l primo storico dci
Norman n i d ' I tal ia meridionale, il monaco Amato d i Mo ntecas s i n o ,
Guido ri spettò la regola d i s uccessione al trono i n v i gore a Salerno.
Ma G i s u l fo non dimenticò mai questo intervento dei Norman n i negl i
affari i n tern i del Principato e fu p i ù l ucido di suo padre nel compren­
dere q uale pericolo rappresen tassero q uesti antichi mercenari d i venuti
ormai conqui statori . Contro d i loro egl i tentò di riproporre antiche al­
leanze, come quella con i B i zanti n i ; ma g l i im peratori d i Costan tinopo­
li erano al le prese con i Turchi in Asia m i nore, c non riusc i rono a pro­
teggere la Pugl ia dal le offensive norman ne. Il pri ncipe riten tò al l ora
con la vecchia strategia che, fin ad allora, aveva sal vato Salerno da tut­
te le i ncursioni nemiche. Egl i decise di basarsi dunque sul si stema d i ­
fen s i vo c h e aveva protetto a l ungo la sua c i ttà c che le generose con­
cessioni d i suo padre avevano i n parte sottratto alla sua d i retta tutela.
Una carta redatta a Salerno nel l u g l i o l 062, c conosc i uta attraver­
so una trascri zione del 1 1 32. man i festa tale i n tenzione del pri n c i pe di
ri prendere il comando sui punti di d i fesa che proteggevano l ' accesso
a Salerno. Gli i n terrogati v i posti da q uesto documento han no fatto du­
bitare c i rca la sua autentic i tà, e l ' ident i ficazione delle fortezze, castra
e roccae, ha al i mentato numeros i d ibatt i t i . Ricol l ocato nel con testo
politico della conq uista normanna e del l e loro m i nacce sul pri ncipato
di Salerno dopo l ' ascesa di Roberto il Gui scardo alla d i g n ità ducale,
q uesto documento traduce però bene le preocc upazioni d i un pri n c i pe
ansioso d i prendere i l propri o potere e costretto in una posi zione di d i ­
fesa a causa del l e mis ure incoerenti prese da s u o pad re. Il documento
i n forma circa una permu ta, concernente terre, chiese, monasteri e for-

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tezze , i n terven uta tra l ' arci vescovo A l fano I di Salerno e i l princ ipe
G i su l fo I I . La legge longobarda, i n vocata dal so vrano, autor i zzava
l ' al ienazione d i ben i ecc lesi astici solo nel l ' ambito d i uno scambio, e
se l ' autorità ecc lesiastica ne riceveva dei vantaggi per il proprio patr i ­
mon i o ; l ' apprezzo, inol tre, era affidato a dci boni homines o d e i g i u d i ­
c i . I l ri spetto d i q ueste forma l i tà g i uridiche fu scrupol osamente osser­
vato in q uesto genere di transazion i . Ma l ' i m portanza del documento
non ri siede in q uesti atti formal i , bensì è nella en umerazione dei ben i
permutati. L ' arc i vescovo, l a c u i chiesa godeva d ' apprezzabi l i pri v i l e ­
g i fiscal i (particol armente s u l l a circolazione e l a vendita di merc i n e l ­
l a c i ttà) nonché d ' autorità s i gnori le su d i un castrum situato presso
Ebol i , offrì all ora al pri ncipe quattro chi ese con tutti i loro patri m on i ,
e domandò i n cambio u n monastero d i penden te dal pal azzo e con t i ­
g u o al muro meri dionale del la c i ttà. C i trov iamo ancora nel periodo
nel quale chiese e monasteri che non d i pendevano da pri vati erano po­
sti sotto tutela, o mundium. del pri ncipe. La si tuazione del monastero
di San V i to iuxta murum istius civitatis et prope litus maris c i ri con­
d uce nel settore dove i l conte Pietro, zio d i Guaimario IV, aveva fatto
ed i fi c a re u n a torre . I n vec e , l a n o t i z i a d e l l e q u at t ro c h i ese c ed u te
dal l ' autorità rel i g i osa al pri ncipe orienta la nostra atten zione s u l l e a l ­
ture - riten u te i nespugnab i l i - poste a strap i o m bo s u l l a c i ttà e s u l
m onte d i S . Li beratore c h e l a dom i n a a d ovest. Se l ' arc i vescovo, co­
m e accadeva ai suoi con frate l l i del regno d ' Ital ia, avesse goduto d ' au ­
torità pubbl ica i n Salerno, n o n avrebbe certo ced uto q u este roccafo rt i
a l princ i pe. M a i n c i ttà l 'arc i vescovo non era conte e i con t i , peral tro,
godevano d i u n a semplice pos i z i one onori fica. I l mon astero urbano d i
S . V i to era a l l ora più prospero del le q u attro ch iese, esterne al l a c i ttà e
di d i ffi c i l e accesso; né la g i urisd i zione né i l patrimonio del la chiesa
metropo l i tana c i persero nello scambio. Quanto al sovran o, egl i ripre­
se n e l l e sue mani la d i fesa del l ' accesso occ identale a l l a c i ttà, e s i i m ­
possessò di n uovo persino del l ' elemento pri n c i pale di tutto i l s i stema
d ifens i vo urbano, come s i evi nce dal l a local izzazione e dal l a denom i ­
nazione d i u n a del l e roccae recuperate . D i fatti l a pri m a del l e c h i ese
c i tate nel con tratto d i perm u ta, dedicata a S . Fel ice, è detta «costru i ta
al l a som m i tà del monte del l a c i ttà di Salerno». La rocca s i tuata i n
pross i m ità (circa) è chi am ata «rocca del l a detta c i ttà>> cd è l a sola a
benefi c iare d i q u esta des i gnazione. La «som m i tà del monte del l a detta
c i ttà>> è d u n q ue l ' apice roccioso s u l q uale Arech i e i suoi successori
av ev an o stabi l i to l a roccaforte del l o ro p residium: e l ' espres s i o n e
«rocca del l a c i ttà>> cosa poteva des ignare s e n o n q uesto bas tione? F u
lì c h e s i r i fugiò G i s u l fo I I n e l 1 07 7 , q uando le truppe di Roberto i l
G u i sc ardo penetrarono nel l a c i ttà - e s o l o la d i plomazia r i uscì a far
sgom berare dal l a fortezza l ' u l t i m o pri ncipe. Tuttav i a q u alche i n tcrro-

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gat i vo può far dubi tare c i rca l'auten t i c i tà del la carta del l 062: q uesto
bastione, s i m bolo e nello stesso tempo principale perno del l a d i fesa
del l a cap i tale pri ncipesca, era dunque passato real mente sotto l 'egida
del l a c h i esa diocesana? I pri ncipi l 'avevano d imenticato al punto d a
farlo d i ven tare un sempl ice ri feri mento topografico da accostare a d
una chiesa? E c h i , tra i pri ncipi, aveva com messo u n a s i m i l e neg l i gen­
za? Concl udere ritenendo il documento u n falso sarebbe u na sol uzio­
ne che trascurerebbe come, i n segu i to, sotto l a dom i n azione norman­
na, solo i ci ttad i n i , c non l ' arc i vescovo, con tesero al nuovo potere l a
sal v aguardia d i questa rocca, o ancora d i q uesta turris maior. Nessu­
no dei successori d i A l fano I ne r i vendicò il possesso e, peral tro, la
copia del 1 132 non fu p i ù richiesta da un arc i vescovo m a d a una gran ­
de abbaz i a benedet t i n a v i c i na, la Tri n i tà del l a Cava, i n teressata al
possesso d i un 'al tra delle q uattro ch iese d i cui si tratta nella permuta e
di u n ' al tra rocca. Segnaliamo i n fi ne che questo scam bio, senza i n d i ­
carne i dettag l i , è mensionato i n una bol la auten tica d'A lessandro I I
ind i ri zzata all ' arc i vescovo A l fano nel 1 067.
B i sogna q u i n d i cercare di rispondere al l a nostra domanda senza ri­
correre al l ' ipotesi d i u n fal sar i o . E se l a ri sposta deve com portare,
qualche acc usa, è a Guaimario IV che bisogna guardare, cioè a col ui
che fu al lo stesso tempo esaltato dai con temporanei e benefattore dei
Norman n i : molti diplom i auten tici testimoniano le sue concession i d i
benefici e pri v i legi a parenti , a l l a chiesa d i Salerno, a d al tre chiese e a
monasteri . Se nessun diploma fa all usione al l a «rocca del l a c i ttà>> , l a
s u a pol i tica favorevole a i Norman n i , ben conosc i u ta, p u ò spiegare i l
s u o scarso i n teresse verso l 'apparato d i fensivo c i t tad ino. Questo sovra­
no, che fu paragonato al marchese Bon i fac i o di Toscana e potente
q uanto u n i mperatore, che favorì la conq u i sta normanna della Puglia,
che i Normanni am arono - come sostiene Amato di Mon tecassino -
come un padre, aveva forse bi sogno per assic urare i l suo potere d i na­
scondersi tra le m ura del l a sua c ittà, come Arechi al l ' an n uncio del la
venuta di Carlomagno? Dieci an n i dopo la sua morte i l suo successore
G i s u l fo Il, con un gesto pragmatico, ri prese la trad i zione longobarda
del ripiegamento d i fensivo per far cedere l 'avversario. Egl i all ora s i ri­
cordò del ruolo che la natura e tan ti secol i d i storia avevano dato a Sa­
lerno: la c i ttà era i l praesidium dei princ i p i , fon te d i un potere che né
gli i mmediati v i c i n i né i nem ici più lontan i erano riusc i ti a cancel lare.

Il principe nella città

Fi no al l a sparti zione de l i ' 849 tra Benevento e Salerno de l i ' antico


d ucato longobardo, che era d i venuto prin c i pato nel 774, Benevento fu

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la sola cap i tale pri ncipesca del l ' I tal i a meridionale. Tuttav i a la ritirata
del pri n c i pe Arec h i I a Salerno davanti al l ' o ffe n s i va franca non va
cons iderato come l ' unico motivo del l a ricostruzione delle mura e del­
l a rinasc i ta d ' un praesidium. Questo avveni mento segnò, nel l a memo­
ria dei Longobard i d i Salerno, l ' i n i zio del la storia d i una nuova cap i ­
t a l e , prel udio al l ' es istenza d i u n n uovo pri nc i pato, c o m e s i l egge nel
Chronicon Salernitanum redatto alla fi ne del X secolo:
(Arech i ) fort i ficò q uesta città i n ogni l ato, c fece costru i re u n pal azzo notevo­
le per la s u a grandezza e l a s u a be l l ezza, c fece aggi u n gere. a n ord . u n a chiesa
in onore dei be ati Pietro e Paolo. (Chronicon Salerniranum, par. 1 7).

Neg l i u l t i m i anni del l ' VI I I seco lo, poco tempo dopo la morte del
sovrano sopragg i u n ta nel 787, l ' ep i taffi o composto i n sua memoria da
Paolo Diacono riconosce i n lui l ' autentico fondatore del l a c i ttà, che.
al pari di Benevento, pi angeva a l l ora i l pater patriae:
Ovunque riec heggi ano i pianti; i l dol ore è portato da uomi n i c donne di ogni
età. e t u , p i ù che ogni al tra, t u , ti l ament i , Benevento.
Né in m i sura m i nore tu , recentemente protetta da al tre mu ra . d i venuta orfana
del suo fondatore, t u , i l l ustre S alerno. ti l amenti .

Salerno è d unque g i à « i l l ustre» per lo storico e poeta che sog­


giornò nel l a c i ttà c che, secondo i l suo cont in uatore Radoaldo, decorò
con alcuni versi le m ura del nuovo palazzo. A l l a tìn e del X secolo, i l
tempo l i aveva res i q ua s i i l legg i b i l i. Ora, i rece n t i s c a v i c o n d o t t i
dal l ' I s t i t u to Archeologico del l a c i ttà h a n n o permesso d i scopri re u n
fram mento d i lapide dove tal i vers i furono i nc i s i , c forn i scono u n'idea
della residenza voluta da Arech i e del l a sua cappe l l a. Quest ' u l t i m a fu
decorata sontuosamente, al punto che Paolo Diacono paragonò i l pri n ­
c i pe a Salomone; men tre , d u e sec o l i p i ù tard i , l'abate Radoaldo s i
estasiò ancora per le dorature, real i zzate graz ie al l a fusione del l a sta­
tua d ' oro d i Priapo trovata sul posto dai costruttori .
L'elogio d i Paolo Diacono a l pri ncipe costruttore, e l a rievocazio­
ne m i tica del suo soggiorno a Salerno al l ' i n i zio del Chronicon Saler­
n ita n um hanno conferi to gran prestigio a l l e pri me costruzioni - il pa­
.

lazzo e la cappe l l a pal ati na - che fecero del castrum una res idenza
pri n c i pcsca. D i versi cam1i di Paolo D i acono esaltano Arcc h i come
mode l l o d i sovrano. Campione ferve n te d e l l a fede c d i fensore de l l a
g i ustizia (pietatis cultor et index), g u i d a colma d i bo ntà (b enig n u s
ductor), supremo guard i ano del bene comune (iustitiae tenax, s u mm us
servator honesti), i l catholicus princeps fu così el evato s u l l o stesso
pi ano d ' al tri esempi presenti nel l ' Historia Langobardorum. Ve ne so­
no due per i q ual i Paolo Diacono ha i medes i m i acce n t i e le stesse
espress i on i : l ' i mperatore G i usti n i ano, e il re dei Longobard i Liutpran -

IR
do col quale si concl ude l' Historia. I l pri mo, princeps fide catholicus.
è lodato, tra g l i a l tri , per aver fatto costru i re a Costan tinopol i un tem­
pio dedicato a l l a sapienza di Dio, Agia Sophia. Arech i fece compl eta­
re, a Benevento, la costruzione del l a bas i l ica d i S. Sofi a che benefic i ò
successi v amente del l a sua generos i tà. Quanto a Li utprando, assiduo
nel l a preghiera (orator pervig il ), amante del l a pace e d i sagg io cons i ­
g l i o (pacis amator, consi!io sagax), fece costru i re n e l s u o pal azzo u n
oratorio dedicato al Sal vatore e serv ito da chierici i ncaricati d 'assicu­
rare l'ufficio d i v i n o per i l sovrano: e l a cappe l l a palat i n a di Salerno
ebbe l o stesso ruol o per i l pri ncipe dei Longobard i Arech i . Per ciò che
i n vece concerne i l pal azzo, dove con tinuò a fiorire l a cul tura l o n ga­
barda con la pri n c i pessa Ade l perga e con Paolo Diacono, esso è posto
al cen tro del l a ricost i tuzione mi tica del l'età d'oro d i Salerno compi u ta
dal l'abate Radoaldo. R i fugio d' Arec hi q uando l'eserc ito di Carl oma­
gno raggiunse Capua, la c i ttà accol se un pri n c i pe sagg io c gl orioso,
che perfi no il re franco aveva desiderio d i ammi rare in segreto ; un
pri n c i pe che non cede al l a paura neanche davan t i al l e m i n acce del « t i ­
ran n o franco». Così l'au tore d e l Chron ic o n Sa/ernitanum ricord a Car­
lomagno come add i ri ttura impressionato dal suo nem ico, al pu n to da
volerlo i ncon trare nei l uoghi del l a sua g l oria, travestendosi da sempl i ­
c e missus. Egl i attraversa un pal azzo immaginario, dove sono rappre­
sen tate tutte le età del la v i ta, per poi perven i re al cospetto di n umerosi
uom i n i saggi fra c u i campeggia Arechi seduto sul trono d'oro, s i m i l e
a q uel l o c h e l a B i bbia attri buisce a r e Salomone. Tem pio del l a pietà e
del l a c u l tura, luogo dove si ri trovano i saggi per affron tare le am b i ­
zioni d e l tiranno, i l palazzo d e l pri ncipe a Salerno è d i venuto i l s i m­
bolo di u n a autori tà m a i doma, che non trae forza dai suoi eserc i t i ma
dal ri spetto del l a fede cristi ana e del l a g i ustizia, nonché dai tesori pro­
c urat i dal l a reputazione del suo pri ncipe.
La doc umentazione d'arc h i v i o non tende verso i l «mera v i g l ioso>>
m a presen ta i l pal azzo come cen tro di un potere u n i co, garante d e l l a
g i usti z i a e del l a legge - nonché protettore del la Ch iesa - p e r tutto i l
periodo che perdurò i l dom i n io longobardo. L a denom i n azione d i <<sa­
cro palazzo>> non autorizza a credere che s i trattasse di u n a semp l ice
i m i tazione del l a corte b i zant i n a . E l a cappe l l a pal a t i n a non ebbe né
l'importanza né i l fasc ino d i quella che Carlomagno agg i u nse al suo
pal azzo d'A i x. E non fu mai uti l i zzata - nessuna fon te ne fà tal ri feri­
mento - per una cerimon i a d i consacrazio ne. S u l l a scorta di una dci
numerosi anedotti d i Radoaldo che descri vono l'età del l'oro d i Sal er­
no al tem po del princ ipe Arec h i , si è potu to congetturare c i rca u n a
consacrazione pri n c i pesca com pi uta dal l'arci vescovo del l a c i ttà, me­
tropol i tana a part i re dal 983. Questo episodio presenta i vescov i del
pri n c i pato di Benevento convenuti d i nanzi a Carlom agno, g i u n to con

19
le sue truppe a sottomettere Arec h i . L ' i m peratore franco rimprovera
ai prelati d i aver «posto l a corona sul l a testa del loro pri n c i pe>>: u n a
corona c h e rappresenta, i n q uesto caso, la riconosc i uta piena sovra­
n i tà, così come anche i l ricorso al t i to l o <<pri n c i pe>> . Però q uesto i n­
con tro i m m ag i nario fa al l us ione ad u n ' i ncoro n a z i o n e , n o n ad u n a
con sacrazione. I n o l tre, n e l corso d e l l e Ch ronicon Salern iran um. a d
ogn i cambiame n to di sovrano, e soprattutto d i dinastia, - che s i verifi­
cava freq uentemen te nel corso del la pri m a metà del IX secolo a Bene­
vento -, si fa riferi mento al l 'elezione e all'acc lamazione del sovrano
da parte deg l i optimates e del populus, senza u n accen to particolare
al l a cerimonia d ' i n vesti tura. Se dunque è veros i m i l e l ' idea di u n ' i nco­
ronazione in presenza di u n vescovo o di nobi l i del pri ncipato, n ul l a
au tori zza a credere c h e avveni sse anche u n ' unzione sacra. L ' au tore
del Chronicon n u l l a suggerisce in tal senso. Egl i si l i m i ta, i n un altro
aneddoto, a presen tare Arechi come l ' el etto del Signore, des t i nato, s i n
dal i ' adolescenza, a d assumere l a d i gnità pri ncipesca. Né a Benevento,
né po i a Salerno sotto la pri ma e sotto l a seconda d i n astia, né nel l a
stessa Capua sottoposta a l dom i n io longobardo, si ebbe m a i u n a con­
sacrazione. E a Salerno la cattedrale, come l a cappe l l a palatina, non
fu ricordata come il l uogo d ' una tale cerimonia. Ne11 ' 84 1 , l a cappe l l a
palatina d ' Arech i passò sotto la giurisd i zione episcopale; e g l i episod i
del Chronicon Salernitanum riguardanti la pietà dei pri ncipi del Saler­
no, anche dopo l a nasc i ta uffic iale del pri nci pato ncl l ' 849, non richia­
mano mai tale cappe l l a . Noi sappiamo, i nci dental mente, che il pri n c i ­
p e Guai mario II (893-946) fece ricostru i re i n parte i l palazzo e dotò la
cappel l a di un campanile notevole per la sua be l l ezza, sebbene picco­
l o . Ma apprend i amo anche che fu seppel l i to , secondo i l suo volere,
nella cattedral e, per la quale fece eseg u i re un croc i tì sso d ' argen to e
dove, di sua i n i ziati va, fu decorato i n argento l ' al tare maggiore e fu
costru i to (e ugual mente ornato) un al tare dedi cato al Sal vatore . A d i f­
feren za del la cappe l l a pal ati na, la ch iesa cattedrale dedicata a l l a Ver­
g i ne fu oggetto d i numerose donazioni e d i benetìcienza da parte dei
pri n c i p i d e l l e due d i nastie che regn arono su Salerno. Ma per com­
prendere la rel ati va d i saffezione dei sovrani nei confronti del l a fon d a­
zione di Arec h i , bisogna far ri ferimento alle isti tuzioni che loro stessi
fondarono e i n n an z i t utto a quelle che d i ven nero veri c propri s imboli
d i nastici: San Massi m o e Santa Maria inter murum et muricinum.
San Massimo, designata sia come ecclesia sia come monasterium,
fu eretta poco dopo l ' avvento al trono d i Gua i ferio I (861-8 80), il ca­
pos tipite del l a prima d i n astia c he regnò ti no al 977 . Nel l ' 865 fu com­
pletata la sua costruzione, e benefic iò del la pri ma offerta del suo fon ­
datore . S i tuata ne l l a zona del plaium montis. ripiano c h e sovrasta l a
c i ttà a nord, era contigua al l a principale dimora del conte Guaiferio.

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prim a che q uesti prendesse i l potere ; e si elevava in un' area u rbana
dove questi e la sua fam i g l i a (ori g i naria di B enevento) avevano acq u i ­
stato terre n i e case, al pun to c h e fu pred i sposto u n passagg i o pri vato
fra u n frutteto adi acente alla casa e la terra del la ch iesa. Come l a cap­
pel l a palatina, fu costru i ta s u due l ivel l i , e l ' oratori o sotterraneo, dedi­
cato al l ' apostolo B artol omeo, era accessi b i l e d i rettamente attraverso
il passaggio privato prima menzionato. I l serv izio l i turgico doveva es­
sere ass icurato, in favore del fondatore e del l a sua fam iglia, da sette
chierici domestici fra cu i un d i acono e u n suddiacono . Quanto ai pre t i ,
erano anc h ' essi nom i nati dal fondatore, c o m e voleva l o statuto del l e
chi ese pri vate, n u merose nel l ' Ital i a longobarda meri dionale. U n a ori ­
g i n a l e d i spos i z i one testamentaria rese q uesta fondazione erede del
fondatore a l l o stesso l i vel lo dei fig l i : s i creava d u n q ue, s i n dal l ' ori g i ­
ne, un consorzi o cost i t u i to d al l a chiesa e dai s u o i propri etari ai q ual i
una serie d i d i sposizioni impediva d i arrecare danno al patrimon i o ec­
clesi astico e al l e fun z i o n i cari tat i v e e di accogl i enza as s i c u rate d a i
chieric i . Così q uesta isti tuzione rel i giosa, i mpegnata a pregare per i l
s u o fondatore, n o n svolse esclusi vamente l a fun zione d i oratorio pri ­
vato, come accadde, almeno agl i i n i z i , a l l a cappe l l a pal at i na. S u l mo­
del l o d i altre fondazioni private, urbane e rural i , S . Mass imo ass icurò
l ' i n q u adram e n to re l i gi os o dei l a i c i , i n mancanza d i u n a i st i t u z i o n e
parrocchiale s u ffi c i enteme n te organizzata. Dal X secolo i n poi u n a
documentazione particolarmente r i c c a c i i n forma c o n prec i s i one s u l l o
statuto d i q uesta fondazione, e soprattutto sul rapporto c o l potere d e l
princ i pe : e s s a d i viene u n a collegi ata d i retta d a un rettore col t i tolo d i
abate, e adottò u n o s t i l e d i v i ta ispirato a l mode l l o d i S . B enedetto,
come avveniva, nel l a stessa epoca, ad al tre con gregazi o n i urbane i n
terra l on gobarda o n e i terr i tori vic i n i . I l monastero, i n col l aborazione
con i laici (e i n particolare con q uel l i che, per contratto, assicuravano
l a val orizzazio n i del patrimonio fond i ario) organizzò, i ntorno al l a sua
com unità d i chieri c i , u n a con fratern ità d i preghiera che non si l i m i ta­
v a a q uanto stabi l i to dall'ered ità di Guaiferio. Soprattutto da fondazio­
ne pri v ata di venne simbolo di nastico, non solo per il con t i n uo riferi ­
m en to a l l a memoria del suo fondatore - come si legge nei d iplomi del
princ i pe che gli successero fino al 977 -. m a in spec ial modo per i l
ruo l o d i rad uno c h e ebbe i n seno al l a società d e l potere tanto sotto l a
prim a q uan to sotto l a seconda d i nastia. Nel 959, l ' ul ti m o sovrano del­
l a pri m a , Gisu l fo I, legò il popolo c l a nazione dei Longobardi d i Sa­
lerno (pro salbatione gentis nostre et patrie) a una donazione pia n e l­
l a q uale richi amava la memoria d i Guaferio. S . Massi m o fu dedi cata
al vescovo Massimo d i Nola, padre spirituale d i san Fel ice, particol ar­
mente venerato in territorio capuano, men tre il suo oratorio sotterra­
neo fu consacrato al l ' apostolo Bartolomeo - osseq u i ato a Benevento,

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dove furono trasportate, tra 832 e 839, le sue rel i q u i e : come abbiamo
scritto al trove, s i può ritenere che i l fondatore, erigendo q uesta c h i esa,
avesse avuto l ' i ntenzione d i farne un santuario d i tutti i Lon gobard i
del Sud, di Capua, d i Benevento e d i Salerno; c i oè d i tutti i Longobar­
di pol i ticamente d i v i s i , che solo l a pietà rel i giosa poteva n uovamente
u n i re . . . sotto i l contro l l o del pri ncipe d i Salerno. Se q uesta i nten zione,
a un tempo pol i ti c a e rel ig i osa, non ebbe molti effett i , è i n vece molto
c hi aro i l rapporto che i n tercorre tra S . Massimo e il potere pri ncipe­
sco. Tutta l a documentazione del X secolo e dei pri m i dece n n i del l ' XI
e v i denzia come attorno al la col l egiata gravi tassero i parenti c i fede l i
dei d i versi sovran i d i en trambe l e d i nast i e , r i u n i t i i n u n domin ium
Sancti Ma.ximi: u n ' espressione che non des i gnava esc l u s i vamente u n
sempl ice d i ri tto d i proprietà, m a p i u ttosto u n a con fratern ità u n i ta dal l a
pietas c dal l a con n i venza col potere . I parenti e i fedel i ri u n i t i n e l do­
minium el eggevano il pri ncipe, che acc l amavano pure in caso di d es i ­
gnazione prel i m i n are da parte d e l padre ; e b isogna sottol i n eare che
anche Giovan n i II - caposti p i te de l l a seconda d i nastia salern i tana -,
prima del l a sua ascesa al tron o, avvenuta nel 983 , faceva parte del
gruppo detto <<de domin ii>> o <<de dominio>> che fece d i S. Mass i m o un
si mbolo d i con t i n u i tà d i nastica per due secol i .
Nondimeno, Giovan n i I I aveva creato una sua fondazione pri vata
in Salerno. Poco dopo l a sua ascesa, egl i fece costru i re nel settore me­
ridionale del l a c i ttà, nel lo spazio inter nwrum et muricinum (espres­
sione che ri cordava le fort i fi cazion i di Arec h i e del suo successore
Grimoaldo 1), una chiesa ded i c ata al l a Vergine che, in ri cordo del so­
vrano, alla fine del l ' X I seco lo co n t i n uò a c h i amarsi de domno. << S .
Maria del pri n c ipe>> , anch ' essa d i retta d a u n abate, fu organ i zzata, co­
me sembra, in col leg iata. Ma la ch iesa non ebbe l a stessa fu n z i o n e
s i mbol ica e soprav v i sse c o m e l e al tre ch iese pri vate, secondo le nor­
me patri mon i a l i i n vi gore per i ben i immob i l iari .
Le ch iese pri vate segn alavano dunque i n c i ttà la presenza e l ' auto­
r i tà del pri ncipe e del l a sua fam i g l ia, e anche quel l a del l ' aristocrazi a ,
d i a l c u n i uom i n i d i legge e d i d i vers i stran ieri abbastan za r i c c h i e pre­
stigiosi da permettersi una tale ed i ficazione. Tuttav ia, a d i ffere nza d i
tu tte l e al tre, S . Massimo fu q uel l a che p i ù d i ogn i al tra rappresentò l a
con t i n u i tà e l a stabi l i tà d e l potere, a d i spetto d e l cambio d i d i nast i a
avvenuto n e l 983 e mal grado g l i effi meri tentati v i dei pri ncipi d i Be­
nevento o dei duchi d i Amal fi d i strappare il trono a i loro v i c i n i Saler­
n i tan i . E il s i mbol i smo che l a c i rcondava ec l i ssava la piccola cappe l l a
palat i n a d i Arcc h i .
Il pri n c ipe, fondatore e propri etario d i chi ese private c o m e g l i al tri
c i ttad i n i più e m i n e n t i , era, come voleva i l suo honor, il protettore di
tutte l e ch iese che s i sottraevano al patri mon io pri vato . Esse erano po-

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ste in defensione palatii e sottomesse a l l a tutel a del sovrano ( m un ­

dium). Egli confermava o designava i l rettore o l ' abate - se si trattava


di un m o n astero -, e veg l i av a s u l l ' i n te g r i t à del l o ro p a t r i m o n i o .
L ' este n s i o n e delle prerogat i v e pri n c i pesche s i m od i fi c ò n e l corso
del l ' XI secolo e in primo l uogo nei con fron t i del le com u n i tà monasti­
che: d i fatt i , l ' abbazia benedetti n a del l a Santa Tri ni tà. fondata dal no­
b i l e A l ferio c i rca nel 1 025 nel l u ogo detto Mitilianum v i c i n o Sal erno,
ottenne dai pri ncipi regnanti Guaimario III e dal fig l i o Guaimario IV,
associ ato al trono, l a l i bera design azione del superiore senza alcun in­
tervento del potere centrale. L ' evol uzione fu i n vece più l e n ta per c i ò
c he concerne l a tutel a pri ncipesca s u l l a chiesa cattedral e . Ded icata a l ­
l a Verg i ne, raccogl i eva le rel iq u ie del l ' apostol o ed evangel ista Matteo
trasferi te da Paestum dura n te il regno di G i sul fo l ; e att irava la devo­
zione e l a generosità dei pri ncipi , come testimon i ano d i versi episodi
del Chronicon Salernitanum e molti d i p l om i . I l Ch ronicon forn i sce
al tresì del l e i n dicazioni s u l l a nom i n a del vescovo. Come i l pri n c ipe ,
egl i è l ' emanazione del consenso dei Salern i tan i , nobi l i e popo l o ; ma
le espression i conven zion a l i desti nate a rendere i l vescovo i n d i sti nta­
mente pastore d i tutti i fedel i non bastano a nascondere l ' i n tervento
del sovrano per la nomi na del candi dato a l l a carica epi scopale. E g l i è
detto preordinatus, c i oé previamente designato per l ' elezione fatta dal
clerus et populus, elezione che d i ventò una sempl ice formal i tà e i l c u i
rispetto, peral tro, non sembra essere sempre e v i d e n t e . N e i dece n n i
c h e segu i rono l ' ascesa d e l l a prima d i n astia c o n Gua i ferio I , i l papa
Giovan n i VIII i n tervenne per far ri spettare il d i ri tto canonico nel l ' e l e­
zione e nel l ' i n vesti tura epi scopale e per tentare d ' imporre l ' arbitrato
di Roma q u ando i l vescovo ol trepassava i suoi d i ri t t i con tro il c l ero.
Ma il papato era anche preoccupato d ag l i assal ti musulmani lanciati
d al l a S i c i l i a e d al l a Cal abri a e non s i poteva a l i e n are i sovran i del
Mezzogiorno. Verso i l 983 Salerno fu ele vata al rango di metropol i
con l e d i ocesi suffraganee d i Paestum, Nola - nel territorio capuano -,
B i s i gnano, Mal v i to, Cosenza, Con za e Acerenza, i n Cal abri a e in Lu­
cania. Questa sud d i v i s ione i n tendeva legare certi vescovat i , rivendi ca­
ti d a l l a chi esa greca e dal patri arca di Costanti nopo l i , a Salerno e a l l a
c h i es a l atina. L a creazione negli ul t i m i anni del X secolo d ' u n al tro
vescovato suffraganeo, Mon tepel oso, ri spose agl i stessi obietti v i . La
concessione da Roma del l a d i g n i tà d i metropol i ta al vescovo di Saler­
no non m i se però fi ne al l a tutela pri ncipesca e a l l e prerogative che ne
deri vavano. I prelati erano scel t i fra i mem bri del l ' aristoc razi a com i ­
t a l e e l a l oro elezione era nel l e m a n i d e l sovrano.
Nel corso del l ' XI secolo tuttavia, e soprattutto d urante i l regno d i
G i s u l fo I l , l a si tuazione m utò al punto c h e , i n c i ttà, l ' arc i vescovo ten­
ne a sotto l i neare quale d i s tan za esi stesse dal pri ncipe. Già col pon t i fi -

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cato di Benedetto VIII ( l O 1 2- 1 024), si ricom i nc i ò a v i g i l are sulle de­
si gnazion i epi scopal i . Ne l lo stesso tempo, ci si preoccupò del l a d i sci­
plina del cl ero salerni tano che, come i l complesso del clero l on gobar­
do, i tal i ano, perfi n o occ iden tal e in quest' epoca, era n icolaita. La ri for­
ma d i sc i pl i nare, la l otta con tro il n i col aismo c con tro la simonia, con­
siderata una grave eresia, l ' orga n i zzazione d i un governo della ch iesa
cen tral i zzato per porre fi ne ai particol ari s m i e al i ' i n gere n za laica, fu­
rono , come si sa, g l i obiett i v i del grande movimento riformatore co­
nosc i u to come R i form a Gregoriana. Si sa anche che q uesto movimen­
to non aspettò i l pon t i ficato d i Gregorio VII ( l 073 - 1 085 ) per mettersi
in camm i no, c dal l a metà del l ' XI secol o la riform a i n teressò tutti i
ream i d ' Occ idente. Essa si impone i n q uesto periodo pure nel sud Ita­
l i a, in co incidenza con l ' i n i zio de l l a conquista normanna. A Sal erno
fu d i fesa da u n grande prel ato, l ' arc i vescovo A l fano I ( 1 05 8 - 1 085 ), i l ­
l ustre non s o l o p e r l a s u a carica ma anche per il s u o talento d i poeta c
per le sue conoscenze med iche. A l fano faceva parte d ' un a i m portante
fam igl i a com i tale che giocò un ruolo dec i s i v o nel complotto che v i de
v i ttime Guai mario IV e suo fratel lo Paldol fo . Nel l 056- 1 05 7 il vesco­
vo soggi ornò a Mon tecassino dove stri nse amicizia con l ' abate Des i ­
deri o. Quest ' u ltimo fu , contemporaneamente, u n o d e i migl iori rappre­
sentanti del l a r i forma nel Mezzogiorno e uno dei più tenaci assertori
del l ' alleanza tra papato e conq u i s tatori norman n i . L' ascesa di Al fano
alla curia s a l e rn i t a n a fu più opera d i Roma c h e d e l successore di
Guaimario IV, G i s u l fo II. Meno d i d iec i an n i p i ù tard i , nel 1 067, una
causa concernente l' u s u rpaz i o n e d i ben i fon d i ari apparte n e n t i al l a
c h iesa cattedrale d a parte d i alc u n i caval ieri norman n i fu g i udicata i n
presenza d i papa Al essand ro II presso i l palazzo episcopale ( c h i amato
d ' al tronde, q ual che anno p i ù tard i , «sacro palazzo» , ad i m i tazione del
palazzo pri n c i pesco):Gisul fo II era, i n q u el l ' occasione, presente i n s ie­
me ad al tri testi mon i l a i c i , fra c u i i l duca normanno di Pugl i a e Cal a ­
bri a, Roberto i l G u i scardo; e i l pri n c i pe f u costretto ad ascol tare i l
pon tefice romano men tre procl amava che l a chi esa salern i tana posse­
deva ormai i suoi ben i c pri v i legi dal l ' autorità apostol ica. Nel l a città
esisteva da q uesto momento u n al tro pal azzo dove d i scutere le cause
concernenti le ch iese sottoposte a mundium nel l ' amb i to del l a ri form a ;
i n somma, l a chiesa catted rale rivendicò tutta l a sua l i bertà e oppose
una d i versa gi uri sdizione a quel l a del palazzo del pri ncipe. Nel l o stes­
so tempo, s i organ i zzò ad Ol evano (Tusc i ano), non l o n tano da Ebol i ,
una s i gnoria territoriale d i pendente dal l ' arc i vesco vo, i c u i usi supera­
rono l a legge longobarda.
Tuttav ia il complesso del l a cappel l a e del palazzo d i Salerno c o n ­
t i n uò c o n buona ev idenza a man i festare l a presenza - e dal l ' 849 l a
perm anenza - d i un potere stabi le, coad i u v ato da un comitatus form a -

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to da parenti e da fedel i del sovrano, e fficacemente sostenuto da u flì ­
cial i e da elementi meno prestigiosi degl i aristocratici ma p i ù e fficac i
nell ' eserc i z i o d e l potere. Nel la documentazione arc h i v i stica, i l palaz­
zo di Salerno non risplende del l ' oro del trono, ma ri flette lo stesso la
maestà del pri ncipe.
L ' appel l at i vo d i «sacro pal azzo» , nonché l a presenza episodica di
un referendario - i n s ieme ad altri seg n i poco probanti -, hanno tal vol ­
ta fatto ritenere che esi stesse una forma d i i m i tazione d i B i sa n z i o
comp i u ta tanto a Benevento quanto a Salerno, men tre l a presenza d i
un conte d i pal azzo creava del le ev identi analogie con l a corte franca,
d i Aix l a Chapell e o d i Pav ia. M a l ' organ i zzazione e il fu nzionamento
deg l i u ffici palati n i dal IX al l ' XI secol o provano come i l pri ncipe non
i m i tasse serv i l mente né i Franchi né i B i zanti n i , e che l ' immagine di
pace e d i giustizia tramandata dal Chronicon Salernitanum e l ' ampio
s i m bol ismo usato nelle forme del potere, trovavano gli elementi fon­
danti nel l a real tà del l ' istituzione pal atina. Soprattutto durante l a pri m a
d i nastia tre u fficial i pal a t i n i superavano i n prestigio g l i al tri : i l teso­
riere, il referendario e il conte pal atino. Spesso imparentati col pri n c i ­
pe, erano quel l i ch e lo avvici navano quotidi anamente.
Pri m a del l a d i v i sione del princi pato di Benevento, i tesorieri ebbe­
ro accesso al trono. Uno d i l oro, Radel c h i , successe ne1 1 ' 839 al pri n c i ­
p e S icardo a detri mento del fratel l o cadetto d e l pri ncipe, S iconol fo, e
la d i v i sione del pri ncipato fu provocata dal l a l oro rivali tà. Il tesoriere,
che con trol l ava i ben i del fiscus, rappresentava un real e pericol o per il
pri ncipe. Sotto la pri ma d i nastia, q uesto i ncarico fu monopolio d i u n
fratel lo cadetto d i Guimario Il, Guido, e d e i suoi d i scenden ti d i rett i .
Così l ' ul timo quarto d e l X secolo v i d e appari re l a sti rpe del nuovo
conte e tesoriere, organ i zzata attorno a q uesto t i tolo, trasmesso a u n
s o l o fi g l i o , e attorno al l e sue ch iese pri vate, d i cui l a p i ù famosa f u S .
S o fia, si tuata sul plaium montis. I l r i ferimento alla Sapienza d i Dio
non era fortu i to e richiamava i n tenzionalmente la fondazione bene­
ventana del pri n c i pe Arechi , d i cui contin uava a perpetuare l a memo­
r i a . Ma con l ' av v e n to d e l l a sec o n d a d i n as t i a il t i to l o di tesori ere
scomparve, e un u fficiale subal terno, i l vestararius, fu i ncaricato d i
vegl iare s u i beni del fisco e s u i red d i t i del pal azzo. Questo u ffic iale
non deri vava dal l ' aristocrazia. Inol tre non fi gurava tra i fedel i del so­
vrano, anzi era al serv izio deg l i i n teressi del principe c non poteva es­
sere sospettato d i voler usurpare i l potere. I vestararii presen tati nella
d oc umentazione appaiono tutt'al più propri etari d i ben i immob i l i i n
c i ttà e neg l i i mmediati d i n torn i . L ' u fficio, i n fi ne, non era ered itario .
A di fferenza del tesoriere, che ricopri va un i ncarico ben prec iso, i l
titolo d i conte di pal azzo era puramente onorifico e s i trasmetteva senza
distinzioni a tutti i tig l i del deten tore ; e, peral tro, non aveva nessun le-

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g a m e esc l u s i vo çon l ' eserç i z i o de l l a gi u s t i z i a. M o l te fami g l i e , p c rç i ò .
fi n i rono per adornarsi di questo titolo. Ad es e mp i o , si i ncontrano pare n ­
t i d e l sovrano p i ù notevol i per l e l oro n u merose fondaz i o n i re l i g i o s e i n
L: i t t àc n e i d i ntorn i , piu ttosto ç he per l o s pl e ndore . tutto re l a t i v o, d e l l oro

t i tolo. Il c o n t e di pa l au o G i ovan n i . ti g l i o di Lamhcrto. capost i p i te del l a


seconda d i n astia salern i tana, g i u nse al potere graz i e a l nucleo d c i fede l i
rag gr u ppa t i attorno a l l a sua pe rs o n a. p i ù che per l ' autori tà che deri va
d a l l a sua d i g n i tà. Perc i ò q u e s t a carica p uò essere wm parata a ç e r t i t i to l i
a u l i c i b i zan t i n i pri v i d i autentico po t e re . S e i numerosi w n t i appaiono
rarame n te nei processi g i ud icati a palazzo. ( c . se c i ò accade. p rese n z i a­
no solo come sem p l i c i test imon i ), la g i u s t i zi a p al a t i n a ve n i v a sem pre
resa in nome del p ri n c i p e e talora in sua presen z a . L'os s er van z a co n t i ­

n u a d e g l i ed itti real i lon gobard i del l ' VI I I secolo, ai q ual i Arc c h i fece
q ualc he agg i u n t a : un corpo di uom i n i di leg g e rappresentato da g i ud i c i
c n o t a i , la cui autorità andò c re s ce nd o n e l cor s o de l l ' X I secol o ; u n for­

mal i s m o gi uridico scru p o l o s a m ente coere n te adatto a t utte l e tran sazio­


n i del l a v i ta q u o t i d i a n a : sono questi i fon d a m e n t i p i ù sol i d i del potere
del p ri n c i pe a Sal erno. Il p r i nc i pe fonda la sua autori tà s u l l a legge c su­
g l i uom i n i d i legge che ne ass icurano i l fu n z io n a m e n t o ; c il potere si
eserc i t a gra z i e ad u n a rou ti nc p rop i z i a a l l a stabi l i t i! , ma - s i h a d i henc ­
non senza per i c o lo, per l ' assenza di u n a forza m i l i t are s u ffic i e n t e : i
me rc e na r i normann i , d i fatti, s e p p e ro a p profi t t a re de l l a stabi l i tà del l e
istituzioni . . . dopo aver mostrato l a loro forza a u n popo lo che confidava
trad i zionalmente nel l e mura dci suoi castra. Per ri tornare al l a att i v i t à
gi u r id i ca. va sottol i neato c o m e al pal azzo l ' e se rci z i o de l l a g i u s t i z i a fos­
se garan t i to con i mpegno; cd è po s s i b i l e osservare l ' evol versi del l a fu n­
zione d e l g i u dic e t r a i l X e l ' XI secolo. In origine si d i sc utevano al pa­
lazzo l e cause di p e r s o n e poste sotto tutela (mundium) de l sovrano, m i ­
nor i . gente d i c h i esa c s t ra n i e ri. I c h i er i c i c g l i stran ieri d ' origine greca
erano sottoposti a l l a « lex et consu eto Romanorum c non a l l a legge »

l ongoharda. E c i ò che ancora si conservava dci testi di G i u s t i n i ano -


mal conosc i uti pri m a deg l i u l t i m i decen n i de l l ' X I secolo. q uando furo­
no riscopcrti a Montecassi no c nel l a Longohardia merid ional e - era i m ­
pregnato d i /ex Llmgoha rdorum. I l principio del l a person al i tà g i u r idic a
cedeva a q u e l l o del la tcrri tori a l i tà, che. a sua volta. non fu d i sc usso che
a par t i re dal l a m e t à d e l l ' X I s e c o lo con l ' appa ri z ion e d e l l e s i g n or i c .

L e g g i lon go h ard c c l e gg i d i stra n i eri gre c i c di c h i e r i c i erano hen c o n o ­


sç i ute a pal azzo. dove i g i u d i c i che vi l a voravano, senza avere l ' es c l u s i ­
vità di q u e s to ruolo nel I X secolo, i n t erpe l l a vano d i rettam e n te i l pri n c i ­
p e su pu n t i prec i s i . N e l pri ncipato. l o iudex r i m p i a z z ò a poco a poco i l
gastaldo. re l e gato i n pri ma istanza, tranne c h e n e l l e c i rcoscri zioni m i no­
ri . M a la grande novità del l ' XI seco lo fu l ' a ppar i re de l l a fu n z i one di
« g i ud i ce - c on te». spec i fica del l a c i ttà di Salerno. A l c u n i conti (il c u i t i -

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t o l o da solo non impl icava l ' eserc i z i o del l a giusti zia) detennero tale
fun zione e l a eserc i tarono a palazzo per delega del pri ncipe, senza che
ciò comportasse però l ' ered i tarietà della carica.
Non è q uesto i l l uogo dove spiegare i n dettag l i o l a procedura e le
c ause g i u d i z i arie. Tuttav i a sappiamo che l a g i us t i z i a pote va essere
am m i n i s trata n el i ' atrio d e l l a cappe l l a palati n a, come testi m o n i a ·un
processo del l 07 1 . Va notato peraltro che nel l ' XI secolo i g i udi c i , nel
l oro i n sieme, non si l i m i tarono a garan tire esc l u s i vamen te l a g i u s t i z i a :
i n fatti l a l oro fi rma servì spesso a rendere val idi gl i a t t i notari l i , s i a i n
presenza d e l notaio c h e addi ri ttura i n sua assenza.
La redazione d i atti com pi l ati a richiesta del pri ncipe (non solo d i ­
p l om i , ma anche sempl i c i documenti ), n o n d i ede però v i ta, n e l IX se­
colo, a un vero e propri o servizio d i cance l l eria. I l referendario, sotto i
pri n c i p i d i Salerno, si l i m i tò a i n trodurre l e istanze al sovrano o a sot­
toscri vere qualche atto, pri vato o pubbl ico, sen za avere però l ' esc l u s i ­
v i tà del l ' uno o del l ' al tro ruolo. Nel l ' XI secolo i l t i tolo di referendario,
come quello d i conte di palazzo, d i stingueva certi magnates del pri n­
ci pato dag l i al tri , sen za tuttavia conferire loro spec i fi c he competenze.
V i furon o dunque prima dei sem p l i c i notai che red igevano g l i atti a
pal azzo, e che i n terven i vano anche presso i pri vat i . Poi nel X secolo
apparve lo scriba palatii, general mente un chierico del l a chiesa di S .
Maria inter murum e t muricinum, che ebbe i l monopo l i o della reda­
zione dei diplomi pri ncipesc h i .
Come s i vede, le fu nzioni am m i n istrati ve d e l pal azzo s i prec i saro­
no e si d i versi fi carono nel tempo. La casa del pri n c i pe accog l ieva pu­
re un certo numero di famuli, l i beri o sch iavi, chierici e laic i . Nessun
ri tuale conosc i u to, al d i fuori degl i aneddot i , cari chi d i s i m bol i , del
Ch ronicon Salernitanum, permette alcuna comparazione con il palaz­
zo deg l i imperatori d i Costan tinopol i . La casa del pri ncipe d i Sal erno
era la sede d i u n potere ben regol ato dal l a legge, nel suo funziona­
mento; ma non i solava i l pri ncipe dal l a c i ttà. I l suo palazzo era i l l uo­
g o del con vivium dove si ri trovavano parenti e fedel i , Longobard i e
s t ran ieri, compagni di guerra e di gioco,dove si stil avano i patt i , dove
s i scambiavano i regal i secondo i l rito - scrupolosamente osservato -
del dono e del con tro-dono (launegild). Il pri ncipe lasc i ava la sua d i ­
mora per recarsi ai bagn i - ne d i sponevano S . Massi mo e anche altre
c om u n i tà rel i g i ose -, e l ' abate Radoaldo moltipl icò nel suo Ch roni­
con gli episodi che mostravano i l pri ncipe i n mezzo al suo popolo, tra
i Longobard i e stranieri, c talmente a suo agio da offri re ad un arabo ­
s e n za dubbio di passaggi o per neces s i tà commerc i a l i i l « foul ard »
che g l i copri va la testa: un gesto a c u i l ' infedele, riconoscente, rispose
poi av vertendo il sovrano del l ' i m m i nente attacco musulmano. Questo
aneddoto mette in scena il pri ncipe Guaiferio e i n trod uce il tema deg l i

27
atta�:chi musulmani che portarono alla d i s truzione di Mon tccass i n o . S i
tratta certamente di aneddoti immaginari, ma non i n veros i m i l i . Capi ­

tale lon g obarda c c i ttà pri nci p csca, Salerno non era s i g i l lata n e l l e sue
mura - come i l pr inc ipe non era chi uso nelle mura del suo palazzo.
Città fort i ficata, ma anche città aperta al commerc i o e al l ' i m m igrazio­
ne, acq u i stò una re p utazione d ' opulenza che i l suo storico, Radoaldo,
legò a l l e su e stesse origi n i . Ma furono i seco l i X e XI che, i n rea l t à ,
proc urarono t a l e fama. Sal erno longobarda f u o p ulenta non solo gra­
zie a l l e r i c che zz e che attirarono l a bramosi a normanna, ma anche per
l a d i versità etnica c soci ale dci suoi abitan t i .

Una città ape rta

La storiogralia salcrn itana, rapprese n tata essenzialmente dal Ch ro­


n i co n d i Radoaldo. nel ricordare l a s ucces s ione dci di versi pri nc i p i ,
mostra spesso i mem bri del l ' ari stoc razia (nobiles, optimates. proce­
res, magnates), che appaiono generalmente i m p arentati al sovrano c

che form avano i l n ucleo dci fide/es. I l resto del l a soc ietà salcrn i t a n a
v i e n e i n vece presen tata i n blocco, c o n l ' ap p el lati vo d i populus: i l po­
polo creava l a concord i a i n torno al pri n c i pe, i n terve n i va contro g l i
usurpatori ( i cui tentat i v i erano rari c d c fti mcri ) m a sapeva anche ma­
,

n i fes t a re i l suo malcontento con tro i l p rinci p e q ual ora i l l ungo gover­
no s i foss e trasformato in tirannia, come nel caso del l a lì n e del pri n c i ­
pato d i Guai m a rio I (877-90 1 ) costretto a term i n a re i suoi giorni n e l
,

monastero di S . M assimo c a lasci are i l potere a s u o fi g l i o m aggi ore . I


nobi l i . im parentati col pri ncipe c tra loro, raggruppati nel suo com·i­
Fium come nel dom inium di S. Massi mo hanno evidentemente lascia­
to p i ù t r acce del « popolo» n e l l a doc u menta z ione salcrn i ta n a . M a i l
term i n e c o l l e t t i v o <<popol o » , o pposto a q u e l l o d i nob i l tà. n asconde
una grand e d i versità, d i funzioni c d i spec i fi c i tà . Tram i te l a storiogra­
fi a c . s o p rat t utto la documen tazione d ' arch i v i o , è possibile anali z zare
,

q uesta compos ita soc ietà urbana nei suoi di vers i l i vel l i .
I l t i tolo com i tale, purame nte onori fico c segno de l l ' apparten e n za
a l l a compagni a dci fede l i del sovrano. il p ossesso delle c h iese p r i v a te ,

in ci ttà c nei d i n torn i , - ma s u l l e q u a l i i nob i l i non hanno il totale m o ­

no p o l i o - un p atri mon io fondiario di sperso su tutto i l territorio del


,

pri ncipato; c d i more urbane spesso d i ffi c i l i da d i s t i n guere da q u e l l e


d e l popo l o : sono q uesti i caratteri p i ù e viden ti c h e con traddistin guono
una nobi ltà ci ttad i n a p rcstigi o sa, ma non tanto scoperta per lo storico
che tenta di avvici narv i s i . D i fatti i l modo più corrent e col quale i n o ­
t a i sal ern it a ni hanno tramandato su pergamena i l ricordo deg l i espo­
n e n t i del l a nobi l t à è un sem p l i ce nome. al q u a l e s i agg i u n geva l a m e n -

2X
z i o n c di una fi l i azi one d i retta c i mmedi ata, d i men ti cando per fino d i
riportare i l t i tolo com itale. Durante tutto i l periodo longohardo. i l c o ·
gnomen non fu usato, tran ne che per gli stran ieri d i origine g re c a c so­
pratt utto i n seno a l l a com u n i tà amal fitana, i m p i antatasi i n c i u à d a l
pr i m o terzo del I X seco l o . Nonostante q uesta scarsa atte n z i o n e d c i
n o t a i . che semhravano così eq uiparare i nohi l i c i l popolo ne l l a mc­
mor i a d ' arc h i vio, i nomi sempl i c i cost i tui scono u n patri monio pec u­
l i are deg l i ari stocratic i : si trasmettevano d i fatti pochi nom i - secondo
u n a regola menzionata dal lo stesso Paolo Diacono nel l a sua Historia
Langoha rdorum - che d iscendevano dal nonno patern o al maggiore
d e i n i po t i . dal padre c dag l i ascendenti matern i ai cadcl!i . B i sogna no­
tare che la seconda d i nastia principesca adottò i nom i d i Guaimario c
d i G i s u l fo, spec i li c i del la prima d i nastia: fatto che, con la costitu zione
del dominium d i S . Massimo a l l argato ai suoi mcmhri, è un al tro mo­
d o di sotto l i neare la volontà d i con t i n u i tà tra le due fam i g l i e pri n c i pe­
schc, mal grado i sci anni di i n terval lo che passarono tra la caduta de l­
la pri m a e l ' ascesa de l l a seconda (977-9 8 3 ) . Il patri monio antropo n i ­
m ico del l ' ari stocrazia, sem pre p i ù ricco n e l corso d c i seco l i . è da solo
u n segno d i sol idarietà c di coesione tra col oro che la storiogra fia ta­
l ora i n d ica con i term i n i soda/es o contrihu les che i m p l icano i l rag ­
gruppamento attorno a u n ' ered ità com une. dove l ' eserc i z i o del potere
può avere i l suo posto. La gestione d i questa ered ità c la sua evoluzio­
n e nel c orso del secolo, rendono l ' i m magine d i una soc ietà noh i l i arc .
o meg l i o d i una soc ietà longoharda. conso l i d ata da legam i stretti d i
sol id arietà c , nel lo stesso tempo, aperta a l l e nov i tà. nonché aperta a l l e
i n fl uenze esterne.
La comun ione patri monialc, elemento spec i fico de l l a soc i c t (t lo n ­
goharda, è un trano anti co delle soc ietà germaniche. A fferma i n fatti
Tac i to n e l l a Germania: «Circa g l i ered i e i successori , c i ascuno lasc ia
a i propri fi g l i . senza testamento. In mancanza d i fi g l i , i l possesso r i ­
torn a al grado d i parentela più vicino, frate l l i , z i i patern i , z i i matern i »
(cap. X X ) . G l i ed itti d e i re longohard i ri ch iamano d i sposizioni s i m i l i
c calcolano i grad i d i parente l a c h e , fi no a l l a sen i m a generazione, per­

mettono d i collocare ognuno ne l l ' ered ità. Un capi tolo dcl l ' cd i lto del
re Grimoaldo (647-66 1 ) si sofferma su quel l i che, dopo l a morte del
padre, v i vono in siml avi (nel seno del avo), vale a d i re in com u n i one
c o n tutti i deposi tari de l l ' ered ità avuta. I n q uesta com u n i tà patri mo­
n i ale. di consortes in ww hereditate, come talvolta d i cono i documen­
ti, c iascu n o conosce la sua q uota-parte i n d i viduale (sors), calcolata i n
fu n zione d e l grado d i parentela c o n l ' avo; c s i tiene conto d e l l a parità
tra i figl i , tra i fi g l i masc h i , davan ti al l ' ered i tà.
R i s u l tano dunque comunità via via sempre più larghe l u n go le ge­
nerazion i , comu n i tà dove i l potere. quando fa parte dcl l ' crcd i t it . v i ene

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eserc itato in modo consort i l e e contemporaneamente da d i versi frate l ­
l i , cugi n i , n i poti - come si constata anche tra i Longobardi di Capua e
di Benevento. A Salerno la successione al trono, patri l i ncare c n e l ri ­
spetto del la primogenitura, è dunque una eccezione. M a q uesta ecce­
zione non vale per la gestione patri moniale né per l a struttura fam i l i a­
re che ne deri va. Prec isiamo i n fi n e che le chi ese pri vate, el emento d e l
patri mon io fam i l i are, sono anc h ' esse sottoposte al calcolo d i q uote­
parte nel quadro del consorzio patri mon ial e ; e che, del resto, q ueste
i s t i tuzioni sono i l migl ior elemento d i cui d i spone lo storico per i d e n ­
t i ficare l e fam i g l i e nobi l i e tutti g l i al tri fond atori , n o n ari stocrati c i m a
agiati ,che l e possiedono.
Il term i ne genus designa una fam i g l i a al l argata, legata al ricordo d i
un antenato c unita i n torno ad un patrimon io comune. M a i ndica anche
una d i scendenza di sovrani che si trasmettevano i l potere d i padre i n ti ­
gl io. Questa am bi valenza è particolarmente ev idente a partire dal l a fi ­
ne del X secolo, nel momento i n c u i la struttura con sorti l e conosce d e i
problem i , dove dal calcolo delle q uote-parte al l ' i nterno d i un patrim o ­
nio indiv iso si passa, i n tutta l a soc ietà longobarda senza d i s t i n zi o n i ,
ad una d i v i sione defi n itiva. Ciò è quanto avviene, ad esempio, nel 9 8 4
tra g l i eredi d e l conte e tesoriere G u i d o , fratel l o d e l principe G u a i m a ­
r i o Il. Questo episodio, c h e abbiamo anali zzato i n al tra sede, i l l u s tra
bene i d i saccord i in sinu a vi, provocati per il modo come g l i u n i e g l i
altri concepivano i l patri monio com une. Due fratel l i , due pro n i poti d i
Guido, figl i del conte e tesori ere Guaiferio, s i opposero a l l oro zio pa­
terno Gu ido a proposito di alcuni ben i fondi ari situati ad est della c i ttà,
nel settore d i Paestum-Ebo l i . Lo zio pretendeva di sporre di u n a sors su
tale lotto immobi l i are, mentre i n ipoti i n vocavano una donazione del
pri ncipe fatta a loro padre, secondo l a quale i ben i con testati erano ac­
quisiti da quest ' ultimo, e d u nque d i rettamente trasm issi bi l i ai suoi ere­
di e distinti dal patri mon io ered itario del l ' avo. In assen za di d i spos i ­
zion i particol ari da parte d i col ui che aveva acq u i s i to tal i ben i , essi a n ­
davano agl i ered i legitti m i : i n questo modo la fam i gl i a con iugale , per
un tempo d i due generazion i , si isolava dal resto del gruppo con sort i l e .
L a rivend icazione dello z i o Guido s u i beni d e l fratel lo pri v i legiava i n ­
vece l ' unità d e l consortium, e poteva essere, n e l medesimo tempo, fat­
ta i n buona fede, i n assenza d i l i m iti prec i s i tra le parcelle ered itate e
q u e l l e acq u i s i te . Men tre l a pos izione dei n i poti ri l evava i l i m i t i d e l
consortium n e l q u a l e ciascun membro aveva l a poss i b i l ità d i sottrarre i
propri beni personal i , come anche di ali enare le proprie sortes a u n a l ­
tra persona. perfi no estranea al gruppo parentale. V a però eviden z i ato
come l ' al ienazione ad un membro esterno al gruppo non rompesse ne­
cessariamente l ' u n i tà del consortium patrimoniale: chi en tra v a n e l l a
comun ità (accomunatio) con una sors acquisita, fi n i v a per am m i n i stra-

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re il lotto comune i nsieme a tutti g l i al tri . Resta il fatto che q uesto t i po
d i associazione fi nì per offrire di verse poss i bi l i tà a chi desiderava una
d i v i sione effettiva. Ancora timidamente al l a fine del X secolo, e poi
più l argamente a partire dal l 030, l a tendenza a l l a d i visione del patri ­
monio consorti l e fu nettamente sen t i ta. Tra i nobi l i essa favorì l ' emer­
gere del l i gnaggio che si ri n forzò al l a metà del l ' XI secolo con l ' appari­
re delle s ignorie terri tori ali - d irette dai n uovi domini e rivali del pri n ­
c i pe, unico signore fi no a d allora. L e più freq uenti d i visioni avveni va­
n o tra fratel l i e tra zii patern i e nipoti, e l a comunione cessava dopo la
seconda generazione. Un esempio i n teressan te, datato l O l 7, riguarda
q uattro fratel l i che d i v i dono tra l oro un patri monio consort i l e compo­
sto da u n ' ered ità com une e dai ben i personal i d i uno di ess i : «noi met­
t i amo i n comune i ben i che provengono dal l a nostra ered i tà e quel l i
c h e Rom ualdo h a comprato d a nostro z i o (thio) e da Gri moal do ti g l i o
d i Giovan n i » . L' atto mostra come l a comunione d e i ben i potesse por­
tare fi nal mente ad una d i v isione. E si evi nce come uno dei fratel l i -
Rom ualdo - abbia acq u i stato da suo zio paterno la sua sors. Quanto
al l ' al tro vendi tore - Gri moaldo -, che sembrerebbe estraneo al nucleo
parentale, egl i trae un guadagno da c i ò che aveva acq u i stato da uno de­
g l i eredi . E' i nteressante constatare che l ' acqui sto d i sortes. . . in sinu
avi non form ava automaticamente una proprietà i nd i vidual e : n el mo­
mento della d i v i sione i l compratore - Romualdo nell ' esempio scel to ­
rimetteva le sortes acqui state nel patri monio com une per permettere l a
costituzione di parti d i eguale valore . Dopo l a d i v i sione, restavano co­
m u n q ue i n comune l e vie d' accesso necessarie allo sganc iamento dei
nuovi proprietari .
L ' ari stocrazi a adottò q uesta prati c a di d i v i s ione, a l l a q uale non re­
stò estranea neanche la fam i g l i a del pri nc ipe. G l i atti notari l i presenta­
n o in q uesto amb i to d i s posi z i o n i mo l to varie : ad esempio l a d i v i s i one
poteva riguardare sol o certe proprietà rural i , o i m m obi l i urban i , pre­
senti nel patri mon i o ; oppure poteva avven ire tra d i versi gruppi l i m i ta­
t i d i consortes che avevano abbandon ato il sinus avi m a che con t i n u a­
vano a restare u n i t i nel l a gestione d i una parte di sortes ricevute dal l a
d i v i s ione. E ' d a notare i n vece come l e chiese pri vate d i proprietà no­
b i l i are siano s ta te i n teressate più tard i dal problema del l e d i v i s i on i :
parte dopo parte, i n fatti, esse furono o fferte o vendute a con gregazio­
ni rel i g i ose nate del l ' XI secolo , d i c u i l a più celebre d i ve n n e q u e l l a
del l a Santa Tri n i tà d i M i t i l iano - o g g i L a Cava - s i t uata a u n a dec i n a
d i c h i l ometri a ovest del l a c i ttà. L' antica c hi esa privata perpetuò i l r i ­
cordo d e l capost i p i te e con t i n u ò a simboleggi are l ' u n i tà del gruppo
c o n sorti l e fi n o a quando l a struttura del l i gn aggio non s ' organ i zzò at­
torno a patrimoni più concen trati e meno parce l l i zzati e attorno a l l e
n uove c h iese pri vate, di c u i si ral lentò l a fondazione (senza cessare

31
però del tutto) a causa dei pri m i effetti de l l a r i forma gregori a n a n e l
terri torio salern i tano. E. fatto particol armente i n teressan te, l ' evo l u z io­
ne pol itica nel pri n cipato d uran te i l regno di Guai m ario I V favorì la
s t ru t t u ra d e l l i g n aggio n e l momento i n c u i l e d i v i s i o n i patri m o n i a l i
m i sero ti nc ai gruppi consort i l i .
Questa doppia evol uzione nel l a metà de l l ' X I secolo colpì i l patri ­
mon io del l a fam i g l i a pri nci pcsca c , nel medesi mo tempo, l ' eserc i z i o
d e l potere . N e l l 047 c n e l l 049 i l pri n c i pe Guai mario I V e i suoi fra­
te l l i cadetti , Paldo l fo c Gu ido, procedettero ad una d i v i s ione dci hcn i
ered itati d a loro padre Guaimario I II , c . attraverso l u i , dal capost i p i te
del l a d i nastia, i l loro avo Giovan n i I I . La composi zione del patri m o ­
n i o fond i ario, desc ritto i n quattro a t t i d i d i v i s ione che c i sono perve­
n u t i . fa risal tare l a d i vers i tà del l ' occupazione d e l suolo ad est e ad
ovest del pri nci pato ( e più avanti ri torneremo su q uesto tem a ) . Ad e s t ,
nel l a regione d e l Ci le n to, i tre frate l l i del i m i tarono tre parti l o n g i tud i ­
nal i c h e andavano dal l a riva d e l mare verso l e alture c h e sorm o n t ava­
no l ' al ta val le del fi ume A lento, al q uale l a reg ione deve il suo n o m e ;
e fu pre v i sto l ' accesso al mare per i detentori d e l l e d u e parti s i tuate
al l ' i n terno. Gli uom i n i res identi su q ueste terre, la cui cond i zione di
col ti vatori d i fferisce da quel l a deg l i agri col tori posti ad ovest, fu rono
ripart i t i egual mente t ra i tre fratel l i : g l i uom i n i d i q ueste terre doveva­
no ragg i u n gere , i n u n a scadenza prcstahi l i ta, l a parte acq u i stata da
c i ascuno de i fratel l i . A ovest d i Sal erno nei settori di Roccap i e m o n t e ,
Sarno, Montoro e Mercato San Severino, l addove l ' oc c upazione d e l
suolo era p i ù antica e d o v e avevano i n i zi ato a d i n s ta l l arsi g l i ante n a t i
d e l l a pri m a d i nastia sal crn i tana, m o l te parc e l l e furono raggruppate i n
l o t t i pri ma d ' essere ri parti te, lotto per l o tto, i n tre part i . L a c h i e s a p r i ­
vata ed i ficata presso le m ura meridionali del la c i ttà da G i ovan n i I I , S .
Maria ill fer m u ru m et m u ricin um. restò esc l usa d a l l e d i v i s i o n i d e l
1 047 e 1 049. Essa ri mase i n d i v i sa c con t i n uò a d u n i re. n e l ricordo d e l
fond atore e i n com u n ione sol idale. i l pri n c i pe G i su l fo I I , successore
di Guaimario IV, suo zio paterno G u i do c g l i ered i del l ' al tro zio P a l ­
d o l fo . m orto assass i nato n e l l o stesso c o m p l o t t o del l 052 c h e v i d e
scom pari re s u o frate l l o i l principe. Ma c i rca n e l l 060, g l i a t t i notari l i
com i nciano ad i ndi viduare le part i della chiesa possed ute d a c i asc u n
erede del fondatore ; parti che, peral tro, furono progress i vamente a l i e ­
n ate al monastero d i S . Tri n i tà d i M i t i l i ano a l l a fi ne del l ' XI seco l o .
Nel frattémpo, n e l 1 077, i Norm a n n i conq u i starono S a l erno e l ' es t i n ­
zione del l a seconda d i nastia salern i tana c o n G i s u l fo I I , detro n i zz a to
sen z a ered i d i ret t i , sottrasse a l l a chiesa di Giovan n i II i l ru ol o q ua s i
seco l are di si11us avi.
S . Maria imer m u rum et m u ricin um d u nq ue non fu i n teressata d a l ­
le d i v i s i o n i avvenute nel 1 047 c n e l 1 049 al l ' i n terno del la fam i g l i a

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p r i n cipesca; ma bi sogn a constatare che q uesta isti tuzione com i nc i ò a
perdere la sua funzione s i m bolica a parti re dal l a seconda metà del l ' XI
secolo. In effett i , nel momento in c u i furono conc l u se e regi strate l e
d i v i s i o n i , i d u e fratel l i c adetti d e l pri ncipe, Guido e Paldo l fo, si v idero
assegn are il t i tolo di dominus, fino ad al l ora esc l us i vamente riservato
a l pri n c i pe . Il pri mo, Guido, era dominus al d i fuori del pri ncipato :
possedeva i n fatti i l ducato d i Sorre n to. In vece l ' al tro, Paldol fo, era
dominus al l ' i n terno dei confi n i salerni tan i e signore del castellum d i
Capacc io, res idenza d e i vescov i d i Paestum. En tro i l 1 047,. data del
pri mo documento conosc i u to dove gl i fu attri buito il t i tolo di domi­
nus, e i l l 052, Paldolfo d i spose d i un servizio d i cancel leria i n em­
brione, composto da notai tratti veros i m i l me n te dal l a corte del vesco­
v o d i Paestum. Dei v i scon t i , segnalati in quel l ' epoca in terra longo­
barda, amm i n istravano il suo patri monio. Paldol fo acqu i sì , nel terr i to­
rio d i Capaccio, del l e terre e anche del l e ch iese. Com inciò a far co­
stru i re sue proprie fondazioni rel i g iose: una ded icata a S. Matteo, le
cui rel i q u i e furono riscoperte a Sal erno qualche decen n io pi ù tard i e
conservate nella cattedrale normanna fatta costru i re sotto Roberto i l
G u i scardo; l ' al tra ded icata a l l a Sancta Preparatio, assi m i l ata al l a san­
t a Parasceve, e s i t uata al d i fuori del castellum. Al tre chiese fu rono
acq u i s i te dal nuovo s i gnore: S. Angelo, S. Eustasio, e S. Nicola fu ac­
q u i stata più tard i da uno dei suoi fi g l i , Gregorio. E tutte ebbero un
ruolo determ i nante nel l ' eserc i zio del banno signori l e sulla popol azio­
n e dei l i beri : nel corso del l a seconda metà dell ' XI secol o, esse rice­
vettero ben i e persone stesse tra i l i beri che si posero nella loro prote­
zione passando sotto la dipendenza dei nuovi proprietar i ; uom i n i che
acq u i s i rono u n o statuto s i m i le a quel l o d i affidati, legati al suolo e
v i ncol ati nella l oro ered i tà e n e l l e loro a l l eanze matrimon i al i . La s i ­
gnori a d i Capaccio i nd i vidua d u n q u e i l l i gnaggio d i Pal dolfo n e l m o ­
m e n to i n c u i questo fratel l o cadetto d e l pri ncipe Guaimario IV si d i ­
s taccò d a l consortium deg l i eredi d i Giovan n i I I e d i spose l i beramente
del l a sua eredità. R icord iamo che, poco tempo prima di procedere al l a
d i v i sione d e l patri monio paterno c o n i suoi fratel l i , Paldo l fo a v e v a ac­
q u i sito a Salerno la torre che suo zio, il conte Pi etro, aveva costru i to a
sud del l a c i ttà con l ' autorizzazione del pri ncipe Guaimario. Egl i ac­
q u i sì parim e n t i , con contratto di compravendi ta, una c h i esa urbana
fondata da un d i scendente del con te e tesoriere Guido, S. Sofia, g i à ri­
chi amata, che a sua vol ta possedeva due al tre chiese fra cui S . Angelo
s i tuata al l ' i n terno del l o spazio urbano . La torre meri d ionale e S. Sofia
erano d u nque, i n questa metà del l ' XI secolo, possesso di u n a fam i g l i a
s i gnorile c h e cercava d i eguag l i are il pri ncipe, s u o parente, i n prest i ­
g i o e fasto. Paldolfo, ricco d i terre e d i ch iese, d i sponeva e v i dente­
m ente d i una i ngente fortuna pecun iaria, d i cui abbiamo testimonian-

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za dal l ' atto d i acq u i sto del la torre meridional e . La torre fu oggetto d i

una prima vend i ta nel gennaio l 03 8 , dopo l a morte del conte Pie tro.
da parte del la vedova e dci due ti g l i m i n oren n i : i fi g l i ri t i rarono 500
soldi col permesso d i saldare un debito eq u i valente l asci ato da l oro
padre ; c la vedova, a t i tolo di morgengab l asc i ato dal suo sposo - u n
q uarto dci suoi ben i - , n e ricevette 1 66 p i ù d ue tarì . I l mese seguen t e
u n fratel l o de l l a vedova rivcndctte la torre a Paldol fo p e r 1 500 so l d i
d ' oro. Il guadagno rea l i zzato fu assai considerevole c resta nostro solo
esempio d i u n tale benefi c i o . Certo, i l formal i sm o gi uridico, rego l a n ­
do i l pagamento d ' u n debito toccato i n ered i tà a dci m i nori . fa gene­
ral mente coinc idere i l val ore del bene venduto con l a c i fra del deb i t o .
Forse c h e i ti g l i d i Pandol fo avessero ricevuto p i ù de l l a som ma i n d i ­
cata? Ogn i ipotesi è plaus i b i l e m a l a doc u m e n tazione n o n perm e t t e
d i d i re d i p i ù . C i ò c h e si sa è c h e Pal d o l fo d i sponeva, nel febbra i o
l 03 8 , d i 1 5 00 sol d i d ' oro per com prare l a torre , n e l con tempo fortez­
za e abitazione. che segn a l a va l a sua presenza i n c i ttà; c q uesto ac­
q u i sto non dovette gravare t roppo s u l l a sua fortu n a se s i consi dera n o
t u t t i gl i acq u i s t i com p i u t i a Salerno c a Capac c i o . Quale ruolo potev a
g i ocare da q ue l momento S . Mari a illfer m u rum e t m u ricin um, e s se n ­
d o stata ri sparm iata dal le d i v i s i o n i patri m o n i a l i ? Certame n te l a c h i c­
sa con t i n uò a ram men tare i l suo fondatore, G i ovan n i Il, assoc i an d o l o
al ri cordo d i Guai mario III - suo fì g l io e successore - i n q u a n t o g l i
u l t i m i rappresentanti del l a fam i g l i a pri nc i pesca, a l l a m e t à de l l ' X I se­
colo, avevano u n prec i so d i ri tto ered i tario su d i essa. Ma nello stesso
momento Paldo l fo, ugualmente possessore d i be n i i n c i t tà c deten tore
d ' u n a torre c he poneva sotto suo contro l l o un e l e m e n to i m portan te
del s i s tema d i fe n s i v o c i ttad i no, adottava n e l l e carte redatte per l u i d a i
s u o i n o t a i d i Capac c i o , u n a t i t o l a t u ra che l o l e g a v a a l l a s t i rpe d c i
pri n c i p i s e n z a a v e r b i sogno d i evocare u n q ua l s i asi l e g a m e con S .
Mari a : i l « s i rc Paldol fo fi g l i o del defu n t o G u a i m ario (I I I ) grande - o
sere n i s s i m o o d ' i l l ustre memoria - pri n c i pe » si attri buì un t i to l o s i ­
m i l e a q uel l o d i s u o frate l l o G u a i m ario IV c o n l ' u so d e l term i ne do ­
m inus c con i l richiamo a suo padre, il sovrano precedente.
Vicino al potere, soprattutto graz ie a l l a capac i tà d i crears i u n a si­
gnoria p i u t tosto che per l a sua parentela con g l i u l t i m i pri n c i p i l o n go­
bard i . il l i gnaggio di Paldol fo be nefi c i ò del l a gloria conferitag l i d a l l a
ricchezza conseg u i ta e d a i di versi segn i d i pres t i g i o , evidenti i n c i ttà c
fuori ; e l a s u a figura spicca con part icol are evidenza per l ' abbondante
doc u m entazione pervcnutac i . Altri nobi l i e altri conti segnal aro n o c
sot l o l i ncarono la loro presenza i n c i ttà con seg n i di potere analogh i . I l
conte Edcrrado, un al tro parente d e l pri nc i pe Guaimario IV e d i G i ­
s u l fo Il, possedeva u n a torre c h e g l i fu temporaneamente confiscata
dopo l a congi ura con tro i l Guai mario IV, del l a quale i l conte sembra

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fosse uno dci fomen tatori . R i t rovata la grazia pri n c i pesca, riebbe l a
torre . Ma, nel frattempo, q uesta struttura d i fensiva era stata concessa
dal pri n c i pe G i s u l fo a un abitante del l a c ittà (forse un mercante) con
l ' a u torizzazione di s istcmarvi porte e fi nestre, nonché u n passagg i o
n e l m u ro d i fe n s i vo c h e consentisse i l passaggi o d c i carri .
A metà del l ' XI secolo, Salerno si amp l i ò ol tre la cinta di mura co­
struita dal l a d i nastia pri nci pesca. L ' at t i v i t à com merc i a l e del l a c i ttà,
s u l l a quale non abbiamo - sfortunatamente - che poche i n formazion i ,
i n d i rette c l acon iche, i mpose u n d i verso si stem a di d i fesa: i Norman n i
n o n erano forse a l l eati e i mparentati con i pri ncipi c i nobi l i e dunque
c apaci d i assicurare l a loro protezione? La dom i nazione norm a n n a ,
nei pri m i t e m p i che seg u i rono la presa del l a c i ttà da parte di Roberto
il G u i scardo, ebbe per e ffetto di concentrare il sistema d i fensivo nelle
m a n i del nuovo sovrano, seguendo d ' al tronde la pol i t ica c he era s tata
di Gisul fo I I . I nobi l i conservarono le loro chiese c anche le loro case,
su l le q ual i i dettag l i restano rari c non permettono d i d i s t i nguerle dal le
d i more d i abi tan t i più oscuri . Le case, costru i te i n p i etra, m a anche in
legno, di sponevano di un pi ano, di cantine, d i condotte per l o scolo
del le acque s i tuate - ev identemente - su strade p i ù o meno l arghe se­
condo la con fi g urazione del ri l i evo; esse non erano necessari amente
contigue a l l e ch iese pri vate, seppur l ' esempio d i S. M assi mo, l a c u i
terra era con fi n ante c o n l ' abitazione d e l s u o fond atore, p u ò indurre a
pen sare il con trario. In breve, se in c i ttà è possi b i l e i n d i v i du are q uar­
tieri costru iti i n funzione del l a morfologia del terri torio, così come i
pri ncipali ed i fici rel i giosi e i l cen tro del potere - oss ia il palazzo del
pri n c i pe -, è p i ù d i ffic i l e riconoscere zone d i res idenza del l a nobi l t à o
sempl ici aggregazi oni immobil iari che defi n i vano una pecul i are pre­
senza ari stocratica i n c i ttà. Come il pri nc ipe, suo parente, il nobi l e v i ­
v e v a fra i l popolo, n e l senso p i ù ampio d e l term ine, i n u n a c i tt à dag l i
spazi ristretti , che cercò di dom i n are, i n maniera effi mera, dal i ' alto d i
q ualche torre, senza riusc i re m a i a d eguag l i are, su questo p i ano, l a no­
b i l t à c i ttad i n a del regno d ' Italia.
Com u nq ue un tratto accom una l a nobi l t à del nord Ital ia e q u e l l a
del l a Longobard ia meridionale : e r a una nobi l t à aperta a chi non era
n o b i l e di n asc ita . Era aperta a coloro che, pur non avendo ered itato i l
t i tolo da un antenato, potevano partec ipare, grazie al l a propria fortu­
na. ad u n genere di v i ta nobi le - general mente fastoso e osten tato -, e
che erano i n possesso di uno o pi ù ed i tici rel i giosi pri vati al l ' i n terno o
a l l ' esterno del l a ci ttà, o che sposavano appartenenti al l e fam igl ie d c i
con t i . Ques t i , erano ammessi nel con vivium del pri ncipe, d i cui d i ve­
n i vano seguac i . A d i ffere nza del l a caval leri a francese del l ' X I e XI I
s e c o l o , la n o b i l tà lon gobarda non si orga n i zzò i n caste. Nel corso
del l ' X I secolo, si vedono, ad esempio, dei g i udi ci entrare, attraverso

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v i nc o l i matrimon i a l i , i n fam i g l i e com i tal i . E i loro ered i , i n tal i casi ,
assun sero i l t i tolo d i conte, senza tuttavia eserc i t are la fun z ione dei l o ­
r o padri . Ques t i g i ud i c i furono v i c i n i al potere d e l pri n c i pe , c o m e pure
ai suoi parenti e ai fedel i , anche con l a l oro stessa att i v i tà: eserc i tava­
no al palazzo, e i n terve n i vano s i a nelle cause rig uardan t i d i rettam e n t e
i l pri n c i pe, c o m e l a t u t e l a dei m i nori e del le chiese i n mundium, s i a
negl i affari concernenti i patri moni dei nobi l i . E s s i furono, t r a l ' al tro,
proprietari fon d i ari e, tratto che non abbiamo riscontrato presso i no­
bi l i , si arricch i rono anche praticando il presti to ad i n teresse in favore
d i alcune ch iese antiche che, come S . Mass imo nel corso del XI seco­
l o , conobbero alcune d i fficoltà econom iche, o i n favore d i sempl i c i
pri vati .
L ' i m portanza del l a legge e del form a l i smo g i uridico nel l a prat i c a
d i potere a Sal erno g i usti fica l ' au tori t à goduta dag l i uom i n i d i legge
a l l a fi ne del sec . X . Fra gl i stessi gasta l d i , i ncaricati del l a giustizia di
pri ma istanza nel l a ci ttà pri ncipesca e nel le c i rcoscri zioni amm i n i s tra­
tive v i c i n e , è poss i b i l e constatare al c u n i esem pi d i ascesa soc i a l e ver­
so q ue l grado defi n i to «onorevole» dal le fon t i (honorabilis, honorabi­
liter, honorifice). I l p i ù s i g n i fi cativo d i q uesti esemp i , del l ' XI sec o l o ,
concerne u n u o m o del populus - non è mai qual i ficato c o m e nobilis o
proceris , un certo V i vo fi gl io d i Pietro, di c u i è poss i b i l e anal i zzare
-

l ' ascesa soc i a l e per un peri odo di c i rca c i nquan t ' a n n i , tra i l 1 037, data
del primo documento che l o segnala, e la fi ne del secolo. Dopo essere
uscito dal consorzio patrimoniale e aver acq u i s i to un buon guad a g n o
i n vestendo la sua ered i tà, questo abitante del terri tori o d i Dragonea,
pi ccol a l ocal i tà s i tuata ad ovest d i Sal erno, i n vestì i l suo den aro in v i ­
g n e t i , d i c u i l a reg ione abbondava g i à dal secol o precedente. Usci to
dunque dal consortium fam i l iare, s i assoc iò ai Benedett i n i d e l l a Santa
Tri n i tà d i M i t i l iano e acq u i sì , con i monac i , v i gneti e sel ve poste s u i
m o n t i e s u l l e col l i ne c h e sormontavano V ietri , nonché b e n i i m m o b i ­
l i ari n e l l a stessa Salerno: n e l l 06 1 , l a donazione d a parte d e l pri n c i pe
d ' un a parcel l a i n parte ed i ficata - vi erano i n fatti u n a casa e dei bag n i
- , si tuata n o n lontano d al l a porta occ identale detta de la Palma, per­
mette ai soci di fon dare i nsieme una c hi esa dedicata a S. Nicola, c h e
ebbe l o statuto d i chi esa pri vata. Così V i v o f u l egato ai Benedetti n i i n
q ueste operazion i i mmobi l i ari e propri etario d i u n a parte dei ben i ac­
q u i s i ti attraverso compraven d i te compi u te assieme al monastero ( a d
esempio, p e r c i ò che riguardava l a c hi esa d i S . Nicola, l a metà). E d
egl i rea l i zzò numeros i guadag n i rivendendo l e s u e terre p e r acq u i s tare
al tre : senza alcun d ubbio apportò ai rel igiosi l a forza econom i c a c h e
ancora mancava loro. E gestì bene la sua fortuna, c h e g l i perm ise, a
part i re dal 1 057 al meno, d i abbracc iare la carriera d ' uomo di legge :
d i v e n n e così gastaldo del l a g i urisd i z ione di M i t i l iano. Dieci a n n i p i ù

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tard i , i l nuovo titolo di v iceconte aumentò il suo prestigio, senza tutta­
v i a aumentare le sue competenze. A parti re dal I 080, vi sse a Sal erno
grazie ai benefici del la ren d i ta fondiaria che deri vava dal l e sue nume­
rose proprietà, soprattutto v i t icole. Acq u istò le parti d i d i versi consor­
tes su una chiesa pri vata posta nel territorio di Dragonea, dove furono
seppel l i ti i suoi ered i , tre fi gl i natura l i che, durante l a l oro v i ta, v i fu­
ro no accol t i honorabiliter. Questo esempio d ' ascesa sociale è ecce­
zionale per l a ricchezza documentari a che l o i l l ustra, ma potrebbe non
e ssere l ' un ico. Senza antenati di valore, senza ti tolo com itale, senza
neppure al learsi ad una fam i g l i a com itale - egl i s i sposò due volte
sen za mai u n i rsi al l a fig l i a d i un conte -, l 'oscuro V i v o tig l i o d i Pietro
s ' arricchì e acq u i sì un ruolo nel l a m agi stratura ci ttad i n a che lo rese un
notab i l e d ' una c i rcoscri zione rurale v i c i n a al l a ci ttà. Finì per i stal l arsi
a Salerno e per avervi l a sua propria chiesa pri vata, dopo averne fon ­
d a t a u n a c o n i s u o i assoc iati, i Benedett i n i d i M i t i l iano. E q u e s t i si
g i ovarono del l o spirito d ' i n i z iativa di V i vo , poi del le sue donazion i
p i e e, i n cambio, si i m pegnarono a sovven i re even tualmente ai b i so­
gni del l a sua vedova, e a pregare per l a salute del l a sua a n i m a . A l l a fi ­
n e d i u n a l unga v i ta, V i vo fu onorato come un nobile dai vicari d ' un a
c h i esa pri vata e godette del l ' am i c i zia e del l a con s iderazione di una
c om u n ità benedetti n a vicina al potere lon gobardo e norrnanno.
V i vo era forse longobardo - n iente però permette d i d u b i tarlo -,
m a il l uogo nel quale v i sse a l un go, dove acq u i sì un gran numero di
v i gneti, e dove eserc i tò l a sua funzione giudi ziaria era abi tato da i m ­
m i grat i - o da d i scendenti d i i m m i grati - , i n parte v e n u t i dal l a Cala­
bria, m a i n maggioranza dal ducato d i Amal fi , l i mi trofo al pri n c ipato
di Salerno. Le mog l i di V i vo facevano parte di due fam i g l ie d i i m m i ­
grati ( p i ù o m e n o recen t i ) , sen za c h e però se ne possa prec i sare l ' ori­
g i ne : i loro nom i , q uel l i dei loro padri e fratel l i , s i col locano in q uesto
con testo. D u n q ue q ueste com u n i tà di i m m i g rati avevano a n c h ' esse
poss i b i l i tà d i ascesa soc i a l e , segno del l ' apertura dci i ' ari s tocraz i a e
del l a c ittà nei con fronti deg l i strani eri . Noi abbiamo fatto riferimento
ad esempio estremo ricordando i l conte Giovan n i , ti g l i o di Lamberto.
fondatore del la seconda d i n astia, venuto dal ducato franco d i Spoleto
con la sua fam i g l i a ; e si può anche menzion are i l caso dei figl i di Tan­
c red i d i Al tav i l l a Gugl ielmo Bracc io di Ferro , Drogone, Roberto i l
G u i scardo, per non c i tare che i p i ù famos i , acco l t i nel l a fam i g l i a d i
Guaimario I V . Questi elementi test imon i ano del l ' accog l ienza genero­
sa goduta dag l i stran ieri , ricevuti sempre con fasto, se si c rede agl i
storici l ongobard i e norman n i ; ma attestano anche i l i m i t i da i mporre
al l ' accogl i enza q ualora Io stran i ero s i a al la ricerca del potere . Con g l i
i m m i grati Grec i e Ama l fi tan i i stal lati i n Sal erno, n o n vi fu q uesto pe­
ricolo: la coabitazione e la col l aborazione con gl i i m m i grati , spec i a l -

37
mente Amal li tan i . fu tale che fa vorì lo s v i l uppo d i Salerno c d i tutto i l
pri nc ipato.
Da un punto di v i sta pol i t ico, le rel azioni tra i l d ucato d i Amal fi c
i l pri n c i pato di Benevento prima. e quel lo di Salerno poi , furono ca­
ratteri zzate da una l unga successione d i con fl i tt i c a l l eanze. contrasse­
gnate perfi no dal l ' annessione del d ucato da parte del pri ncipato o d a i
tentat i v i dci d u c h i d i Amal fi d i i m padron irsi d e l trono pri ncipcsco. L a
rivalità po l i t i c a sapeva però giovars i d e l l a complementarità econom i ­
ca: pri v i quasi d i rctrotcrra. g l i Amalfitani avevano hi sogno del l a ric­
c h e z z a a g r i c o l a dci l o ro v i c i n i che. d a l c a n to loro. r i corre v a n o
al l ' esperie n za am a l fi tana n e l campo mari t t i m o . Noi ri tornere m o s u
q uesti punt i , ma q uesto aspetto merita d i essere accen nato per fare
comprendere q uesto fenomeno di i m m i grazione tra i popo l i v ic i n i , c i l
ruolo deg l i i m m igrati n e l l a c i ttà d i Salerno e n e l pri n c i pato. L a docu­
mentazione i n d i vidua nettamente q uesto gruppo d i i m m i grati col ter­
m i ne col lettivo di A tranenses, c ioé ori gi nari di Atran i , l ocal i tà v i c i n a
a d Amal fi , sen za c h e si sappia l a ragi one d i q uesto appe l l a t i v o . L ' au­
tore del Ch ronicon Sa/ernitanum s i d i l u nga su l l ' ori g i n e deg l i Amal ti ­
tan i . venuti dal l a S i c i l i a , e poi stanziati per un certo tempo a Mel li -
donde i l loro nome ! -. c si l i m i ta a spiegare i l term ine A tranum attri­
hucndog l i il sign i ficato d i l uogo oscuro, sovrastato da rocce . Ricord a
anche l ' i n izio del l ' imm igrazione amal li tana nel pri ncipato provocata,
nc 1 1 ' 839, dal l ' attacco con tro Amal fi gu idato dal pri n c i pe S icardo d i
Benevento, fratel l o del fut u ro primo pri n ci pe d i Sal erno. S i conol fo .
U n a parte d e l l a popolazi one amal fi tana sarehhc stata deportata n e l
pri nci pato mentre i nohi l i sarchhero stati i mprigionat i . Un testo agio­
gratìco, l a Vita et Trans/atio Sancte Trophimene. patrona d ' Amal fi . e
i l racconto dci m i racol i del l a santa, attenuano la hruta l i t à del pri n c i pe :
egli avrchhe accolto i noh i l i con l a generos i tà dovuta a l l oro rango c
avrchhe anche avv iato un fl usso m i gratorio cont i n uo verso i l suo ter­
r i tori o. S i a q uel che sia, l a seconda metà del IX secolo vide già stan­
z i arsi u n a c o n s i s tente c om u n i tà d i i m m i gra t i amal fi tan i n e l l'icus
sancte Trojimene, a sud - ovest del la c i ttà e i n prossi m i tà del l i torale
d i V ietri . propizio al l ' ancoraggio delle nav i . Questo q uart iere era g i à
ahi tato d a i Longohardi , c h e vi avevano cd i ticato u n a c h iesa i n onore
del santo patrono del l oro popolo, l ' arcange l o M i chele. c l ' avevano
si tuata sotto l a d i pendenza del l a cappe l l a palatina. Gli i m m i grati coa­
hi tarono dunque con gl i i n d i ge n i e ed i ficarono una chiesa i n onore d i
S . Trofimena l a c u i esi stenza è regol armente attestata a parti re dal l a
fi ne d e l X secolo . In q uesta data erano p i ù numerosi . e l a violenza non
era p i ù al l ' origine del l a cresc ita del l ' im m i graz ione. G l i Amal fi tan i . se
con t i n uano a con vi vere con i Longohard i nel vicu.1· Sancre Trofimene
c a V i etri , v i erano ormai la maggioranza. A part i re da q uesta data. è
pos s i b i l e i n d i v iduare mol te fam i g l i e fra gl i A tranenses grazi e al co­
gnomen in uso presso di l oro c a l l a memori a geneal ogica, tipica deg l i

A m al fi t an i , che poteva risal i re, negl i ascendenti m atern i e patern i ,


l u n go p i ù generazi on i . Noi abbiamo iden t i ficato nove fam i g l i e tra l a
m e tà e l a ti ne del X secolo; e al tre otto per 1 ' X I secolo, sotto l a dom i ­
nazi one l on gobarda. Gl i A tranenses, pur vi vendo d i preferen za i n set­
tore u rbano protetto dal la c hi esa del loro santo patrono, non form ava­
n o una com u n i tà chi usa. Una certa tendenza al l ' endogam i a non li d i ­
v i se però d a i Longobard i e, nel corso del le generazion i , i d i scenden t i
dei pri m i i m m i grati adottarono nom i longobard i , con servando com u n ­
q u e i l l oro propri o cognomen: verso la m e t à del l ' XI secolo, l a fam i ­
gl i a /oncatella, d ' ascendenza com itale, contò u n Landol fo ; e i l nome
Gemma, portato da mol te pri n c i pesse l on gobardc d i venne com u n e an­
che tra le fi g l i e d i A tranenses. Un al tro segno di q uesta lenta i n tegra­
zione deg l i stran ieri nel l a soc i età longobarda fu dato dal l ' adozione di
certe d i spos izion i del le leggi longobarde, riguardan t i il d i ri tto patri­
mon i a l c c q uel lo pri vato: non è raro scorgere mog l i e d i A tranenses
che rich iedono la presenza di un munduald. o tutore, per concl udere
u n ' operazione i m mobi l i are che la (ex et consuetudo Ronzanorum per­
m etteva l oro di condurre da sole; o anche di constatare la prat ica del l a
com u n ione consort i l e , presto però i n terrotta. I n fine, se la concen tra­
zione di A tranenses nel q uartiere urbano di S. Trofimena è notevol e.
la l oro presen za fu anche notevole fuori c i ttà, nelle local ità occ idental i
v i c i ne, Giovi, Gallocanta, Dragonea, Mitiliano, Passiano; come an­
che ad est, nel Ci lento, dove s i i nscdi arono i n pross i m i tà del l e foreste
per garantire l a forn i tura di legname e la costruzione di barche di pic­
colo cabotag g i o . Le l oro c h i ese pri vate testimon i ano anche c i rca la
natura d i q uesto i n sediamento rural e : erano chiese che l i rad u n avano.
ma che - p i ù che le fondazion i lon gobarde, proprietà pec u l i are dei no­
b i l i - rien travano nel movi mento di scambio concerne n te tutti i ben i
immob i l i ari . Esse potevano, secondo le vendite delle parce l le, raggrup­
pare n umerose fam i g l i e d ' A tranenses, dando così v i ta più ad una spe­
c i e di soc ietà i m mobi l i are che ha una confratcrn i tà di preghi era: le par­
celle s i con servavano, si vendevano o si o ffri vano a una i sti tuzione re­
l i giosa i mportan te, come avve n i va per g l i i m mob i l i urban i o per i be n i
rural i .
Tra g l i i m m i grati amalfi tan i fi g u ravano anche dei nobi l i e q u alche
fam i g l i a avevano per antenato un con te. A l l ean ze matri mon i a l i i n ter­
ven u te tra mem bri di questa aristocrazia i m m igrata e d i q uel l a lon ga­
b arda sono attese soprattu tto nel l ' XI secolo, mentre il Ch ronicon Sa ­
lemitanum attri buì al pri ncipe S icardo i l progetto d i far u n i re i due
popol i attraverso matri mon i . Figl i c fi g l i e di con t i . A t ra nens e s c Lon­
gobard i , non esi tarono ad u n i rs i : tuttavia né l a ricerca del la nobi ltà, n é

39
la ricchezza detenuta dai due gruppi possono da sole g i u s t i ficare q ue­
ste u n ion i , ma p i uttosto il desiderio degl i uni d i i n tegrarsi nel l a no­
b i l tà i n d i gena, e deg l i al tri d i apri rsi a l l a soc ietà deg l i stran ieri. A tito­
lo d ' esempio segnal i amo il matri monio, cel ebrato nel 1 08 8 ad Ama l fi ,
tra u n mem bro del l a seconda d i nastia salern itana, Guaimario, - pron i ­
pote di Guai mario I I I attraverso suo nonno Guido, fratel lo d i Guai m a­
rio IV -. e Gaitel grima, fi g l i a d i un Mauro atranensis. La sposa porta
un nome longobardo e tra i testimon i al l a ceri mon i a troviamo il p ri n ­
c i pe G i s u l fo I l , detro n i zzato nel 1 077 da Roberto i l Gui scardo, c h e v i ­
veva a l l ora i n esi l i o i n territorio pontificio. P i ù s i g n i ficativo d i q ue s to
rapporto i n tercorso tra i l potere longobardo e g l i A tranenses fu l ' i n­
gresso d i alcuni di loro neg l i u ffi c i amm i n istrat i v i : prova che i pri n c i ­
p i non esi tarono a d onorarl i c a d assoc i arl i al l ' eserc i z i o stesso d e l po­
tere. È stato poss i b i l e ri nvenire al l a fi ne del X secolo deg l i A tranenses
dotati del t i tolo d i gastaldo, i cui ti g l i , nel corso del secol o successi vo ,
presero i l ti tolo d i conte : i n due generazion i , q ueste fam i g l ie s i era n o
elevate a l i ve l l o del l e fam i g l i e del l ' ari stocrazia l o n gobard a . U n a l t ro
elemento da considerare fu la concessione di ben i del fisco, e l em e n t o
c h e fac i l i tò l ' i nsed iamento sul territorio d i a l c u n i deg l i i m m i grat i . A l ­
lo stato attuale del le nostre conoscenze, c i nque atti testimoniano q ue­
ste concession i . I l p i ù antico è datato 859 e concerne l a concess i o n e di
u n certo numero d i schiavi addetti al palazzo. I doni c i tati p i ù d i fre­
quente riguardavano tuttavi a terre del fisco si tuate in Salerno, n e l vi­
cus Sancte Trofimene, o fuori c i ttà, l addove abbiamo già seg n a l ato l a
presenza d i q uesti i m m i grat i .
Per concl udere q uesto rapido panorama del l a soc ietà salern i t a n a ,
bisogna menzionare q u e i gruppi sociali e d etn ici c h e l a documentazi o­
ne ha tralasci ato di ricordare - almeno allo stato attuale del l a ricerca - ;
e c h e appaiono solo epi sod icamente e l i m i tatamente, m a l a c u i ori g i n e ,
e soprattutto l ' atti v i tà professionale o l ' appartenenza rel i giosa, c ol p i­
sce l ' i n teresse del lo storico. S i è g i à notato come i principi onorassero
con beni deman i al i gli A tranenses. Alcuni diplom i hanno per desti n a ­
tari dei magistri, i c u i n o m i confermano, i n assenza d i al tre i nd i cazio­
ni, l ' ori g i ne greca ; o, ancora, d i picco l i gruppi di «Greci e S i c i l i a n i » ,
come l i designa c o n precisione u n diploma d e l 1 057. Il term i n e magi­
ster indica u n arti gi ano, sovente un fabbro : nel 986, un conte, i m paren­
tato al pri nc ipe Gisulfo I, diede i n tì tto una casa si tuata i n Salerno ad
u n «magister ven u to dal l e terre greche e res i d e n te al m o m e n t o i n
c i ttà» , con l ' onere per l u i d i fabbricare, per i bi sogn i del l oc atore, deg l i
ornamenti i n metal lo u ti l i zzati nel l ' abb i g l i amento e nel mob i l io. S t i ­
molati dai pri ncipi e dai nobi l i , g l i orafi , soprattutto Greci venuti dal l a
S i c i l ia, dal l a Pugl i a e dal l a Calabria, benefici arono di terre del dema­
ni o. I Grec i e i S i c i li ani del diploma del l 057 ricevettero terre s i t uate

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tra Salerno e V i etri , già coperte di case e magazzi n i . l pri ncipi e i noni­
li apprezzavano gli stranieri che, con la loro arte, re ndevano ricca la
c i t tà. E sapevano anche tol lerare g l i stran ieri d i di versa fede rel i giosa.
L ' anedollo del musul mano che domanda al pri ncipe Guaiferio i l suo
« fo u lard>> c l ' av verte, i n segno di riconoscenza. dcl l ' allacco i m m i nente
d e l l a tl olla araha non è solo frutto, lo ri petiamo, del l ' i mmaginazione
dell ' autore del Ch ron icon Sale m i tan u m : g l i scam hi commercial i tra l 'I­
t a l i a del sud e l a S i c i l i a musulmana sono richiamati i n di verse fonti
non necessariamente lon gobarde. I n q ueste ultime i n fatti prevale l ' i n ­
teresse a l l e a l l eanze m i l i tari conc l use, epi sod icamente, fra i sovra n i
del l ' Ital i a merid ionale (soprallullo i l d u c a di Napol i , o d i Amal fi , i l
pri n c i pe d i Benevento e q uel l i d i Capua e di Salerno) c o n i musulmani,
per ten tare di regol are i loro confl i tti i ntern i . Questo gioco pericol oso
d u rò ti no al l ' i n izio del X secolo. Al di là de l l ' aneddotica di q uesto ge­
nere, pi uuosto rara a d i re la verità, nessuna i n formazione è giunta c i rca
le relazioni tra arahi e cristiani longobard i : nel la storiograti a longobar­
da g l i Agareni sono soprattullo v i tuperati come nem ici dci cristian i .
Non si può d i re l a stessa cosa per q uel che riguarda un al tro stra­
n i ero identi ficab i l e solo per la sua fede : l ' ehreo, ebreus o iudaeus. I
rari documenti sul l a presenza degl i ebrei nel principato di Sal erno l i
mostrano come ahi tanti d e l l a c i ttà, persone di cui è d i ffi c i l e sapere s e
detenessero (solo i n locazi one?) parcel le d i terreni rural i . I l q u art iere
ebreo, la iudaica. è segnalata n e l l a documentazione sal ern i tana dei
pri m i anni del l ' X I secol o . Appart iene, i n queg l i a n n i , alla ch iesa di
propri età pri ncipcsca di S . Maria imer m u rum et m u ricin um, costru i ta,
sotto l i neamolo, su una terra appartenuta al l ' abbazia d i S . Mari a e S .
Benedetto situata nel l ' Ho rtus Magnus, c d i c u i fu abate negl i anni 980
l ' autore del Chron icon Sa lern itan um. Nel documento i n cui la ch iesa
s i v ide concessa la iudaica, gli ebre i non erano i so l i abi tan ti del q uar­
t i ere : una c arta redatta nel l ' anno m i l l e segnal a deg l i stran ieri (joreta­
ni) che avrebbero potuto essere Grec i , o Lon gobard i venuti da Capua
o da Benevento . . . , ma certamente non deg l i ebrei, defi n i t i nei doc u­

menti sempre con q uesta espress ione. Se la ch iesa possedette l a iudai­


ca, non è possi b i l e a ffermare che tale isti tuzione eserci tasse q ual che
g i urisd izione su l l a popol azione ebrea: solo dei con tratti d i locazione
di parce l l e - ed i ficate o no nel q u arti ere - li mettono i n re l azione.
m e n tre, c i rca nel l 030. l e c l ausole sono ident iche a quelle che regola­
n o tutti i con tratti di aftì tto i n c i ttà. In l i nea di massima g l i ebrei ricor­
rono ai notai e ai g i udici longobard i come fa il resto del l a popolazione
per autenticare le proprie tran sazion i . S i è fatta l ' i potesi che essi fos­
sero sottoposti a l l a /ex et consuetudo Romano rum come gli stran ieri
d i ori g i n e greca. ma n iente lo avval ora. Quanto a l l e l oro atti v i tà, non
traspaiono con nettezza dai nostri documen t i . S i sa che i più notabi l i

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membri del l a com u n i tà erano med i c i , e u n a recente congettura ritiene
ebrea l a cel ebre donna med ico Trotta. Non potendo d i re d i p i ù , b i so ­
gna constatare tuttavia che gl i ebrei del la Salerno lon gobarda non ap­
paiono mai tra g l i usurai : d i fatti i prestatori su pegno megl io menzio­
nati nei doc umenti erano uom i n i d i l egge cristian i .
Ubicati m a non ri nchiusi nel l a iudaica, g l i ebrei d i Sal erno aveva­
no buone relazioni con i cristian i ? I l potere non l i perseguitò, c se u n
cambi amento apparve a partire dal l a seconda metà del l ' XI secol o n e l ­
le loro cond i z i o n i di v i ta, si può tuttav i a affermare che i n genera l e
q ueste rel azioni erano buone . A n z i furono g i ud icate troppo buone, e
dannose per i l cristianesimo c per le ch iese lon gobarde del l a metà d e l
IX secolo: un conc i l io ri u n i to a Benevento e a S i ponto, poco d o po l a
d i v i s ione del pri ncipato, condannò i l processo d i fam i l i arizzazione a v ­
venuto tra ebrei e cristian i , c h e si i ncontravano nei giorn i d i feste g i u ­
daiche e add iri ttura mangiavano a l l a stessa tavola. I cristiani furon o
fusti gati per aver rispettato i l sabbat, men tre del le donne cristiane fu­
rono accusate di adu l terio con g l i ebre i . Due term i n i del testo c on c i ­
l i are riassumono q ueste relazioni condan nate tra ebrei e cristian i l o n ­
gobard i , convivium e consortium : sono l e parole c h e abbiamo i n c o n ­
trato nel l a parte ded icata al potere e a l l a società di Salerno. Con vi­
vium stava a designare i rapport i d i am i c i z i a e di fratern i tà tra i l pri n ­
c ipe e i pri ncipali esponen t i del l ' ari s tocrazia o nel l a società dei nobi l i ;
q uanto a consortium, raggruppava i parenti m a era aperto verso l ' este­
ro. Questi term i n i , appl icati alle relazion i tra ebrei e cristian i , i n s i sto­
no s u l l a com u n i one d i i n teressi e soprattutto su una fratern i t à g i ud ica­
ta dannosa dal l a ch iesa latina che temeva le conversioni al g i udaismo.
Tol te q ueste prescrizioni conc i l iari , riprese - per l a maggior parte -
da canon i anteriori , noi non abbiamo altre tracce di q uesto t i po d i con­
vers i on i . Un diploma di Guai mario IV, del 1 04 1 , che accen n a a l l a iu­
daica d i Capua menziona i n vece un ebreo con vert i to al cristi anes i m o :
è troppo poco per concl udere v i fossero n u merose con vers i o n i i n q ue­
sto senso. Gli ebrei d i Capua avevano l a l oro sco/e (sic), e anche se le
nostre fonti sono m ute, anche q uel l i di Salerno ne possedettero veros i ­
m i l mente u n a . C i ascuno poteva praticare i propri ri t i , s e n z a s u b i re
vessazion i . Verso la metà del l ' XI secolo, e ancor più negl i u l t i m i a n ­
n i , l a cond i zione deg l i ebrei a Salerno c a m b i ò , ma s e n z a che si possa
parl are di una persec uzione. Avvenne ad esem pio che l e c lausole dei
con tratti d i locazione s i g l at i dagl i ebrei i n c i ttà prevedessero d i ag­
g i u n gere, al censo abituale, del le regal ie obb l igatori e . Poi , a Sal erno
come in al tre c i ttà del l ' Ital i a meri d ionale d i venute nonnanne, gli ebrei
furono ass i m i lati agl i affidati, d i cui g i à abbiamo esam i n ato lo statuto.
L' apparizione del l e si gnorie, g i à nel corso del l a dom i nazione l o n ga­
barda, detenn i n ò n uove fonne di d i pendenza per un gran n umero di

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c ri st i a n i l i beri , e, sem bra, anche per l ' i n sieme deg l i ebrei . Nello stesso
tempo, gli ebrei di Sal erno passarono sotto l a g i urisd i zione del l ' arc i ­
vescovo, che percepiva le tasse e l e regal ie che i ncombevano su tutti
gl i affidati, m a che non eserc i tava l a giustizia su d i l oro. Se i n tì n e s i
ri c h i am a i l cel ebre raccon to di v i aggio di Beniam i n o d i Tudela, egl i
contava in Sal erno 600 ebrei alla fi ne del XII secolo, c i oé p i ù che n e l­
l e c i ttà v i c i ne di Capua, Benevento e Napo l i : anche se l e c i fre sono
approssimati ve, testimon i ano una pac i fica presenza degl i ebrei in Sa­
lerno longobarda e normanna.
La Salerno l ongobarda, c i ttà forti ficata che dom i nava i l mare dal l a
sua turris i n espugnab i l e , ma anche c i ttà aperta, accog l iente, ricercata
s i n dai tempi di Orazio per i benefici del suo c l ima, dei suoi bag n i ; fa­
mosa p i ù tard i per la scuola di medicina, ma già famosa per i suoi me­
d ic i ; cen tro d i un potere che si basava sul l a l egge p i uttosto che s u i
suoi guerrieri (poco n umerosi i n veri tà); l uogo d i res idenza di u n a no­
b i l tà aperta a i più i n traprendenti esponen ti del populus lon gobardo,
co m e a quel l i del l e com u n i tà d ' imm i grat i , l a Salerno lon gobarda fu
u n a ci ttà che non cessò di prosperare fi n dal momento i n c u i i l primo
p r i n c i pe l o n gobardo, Arec h i , l a rese sua re siden za . Sotto l ' u l ti m o
p ri n c i pe Gisu l fo I I , l a leggenda d i alcune monete defi n i sce Sal erno
«opulenta>> . La soc ietà salern itana era ricca, l ' abbiamo ril evato. Ma è
pi ù d i ffic i l e fare l ' i n ven tario del l e fonti del l a sua ricchezza.

Le ricchezze di Salerno

Le ricchezze c i ttadine si possono iden t i ficare gl obal mente con p i ù


fac i l ità nel l e fonti storiografiche c h e n e i document i d ' arc h i v i o ; e sono
state can tate dai poeti , che l e hanno assoc i ate al fasto e al l ustro dci
sovran i . La notizia gi unse fi no ai Norman n i , e tutti gli storici concor­
dano nel consi derare l a ricchezza dei popol i del Mezzogiorno uno dei
pri nc i pal i moti v i del l a conq u ista normanna. Due cron i s t i , Amato, mo­
n aco d i Mon tecassino al tempo del l ' abate Desideri o, che scri ve c i rca
nel 1 080 u n a Storia dei Normanni conosc i uta attraverso una traduzio­
n e francese del XIV secol o - Ystoire de li Normant -, e Orderico V i ­
t a l e , m o n ac o a S a i n t-Evroul d ' Ouche (No rm a n d i a ) c h e compose
a l l ' i n i zio del XII secolo una vasta Storia Ecclesiastica, dedicata al l a
c h i e s a , a i d u c h i c a l l a n ob i l tà d i N o rm a n d i a , c o l l oc a n o l ' i n i z i o
del l ' avventura normanna nel S ud nella ricca c i ttà d i Salerno. Amato,
a l l ' i n i zi o del suo raccon to , forn i sce al l ' avven imento storico una cor­
n i c e m i tica. I cava l i eri norman n i , nel simbol i co n umero di quaran ta,
erano secondo Amato pe l l egri n i che, di ri torno da Gerusal e m m e ,
n el l ' an n o m i l le, si fermarono a Sal erno, a l l ora assed iata dai m u s u l m a-

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n i . Essi chiesero delle arm i al <<sere n i s s i mo pri ncipe Guaimario•• c. d a
so l i . sharag li arono u n a mol t i tudine d i <<saracc n i » . Come pre z zo del l a
loro i m presa. riccvctlcro m o l t i regal i c o n l ' offerta di mettere la loro
forza m i l i tare al serv i z i o del pri ncipe:

\ l a i 1'\ or m a n n i non v o l e v a n o u n a r i c o m p L' n s a i n lk n a ro p o i c h é a v e v a n o


co m p i u t o q u L· I I " i m p rc sa p e r a m o re d i D i o : c s i s c u s a ro n o d i non poter re stare.
In sc� u i t o . d o po ri fl e s s i one. i N ormn n n i deci sero che t u i l i i l oro p r i n c i pi do­
,·c s , c ro reca rsi i n qu e l paese . Così l i si i n v i t ò . E a l c u n i di l oro ebbero i l co­
ragg i o c l a \"Oiontit di recarsi i n q u e l l e c o n t r a de ritenute assai ri c c h e . Dci mes­
saggi fu rono i n v i a t i per i ntermed i a z i onc d i quei v i noriosi no rm a n n i : c s i i n ­
v i a rono anche agru m i . noci candite. tessuti bizan t i n i c oggeni d i ferro ric o pe r ­

ti d ' oro . E si fece saper l oro di ven i re i n qu e l l e terre che re g al av a n o l a n e c


m i e l e c t a n t e a l t re ne l l e cose.

Am ato è un lon gobardo c si ritiene che fosse vescovo di Pacst u m .


d iocesi d e l pri ncipato d i Salerno, c c h e si sarebbe r i t i rato n e l monaste­
ro di Montecassino probabi l mente negl i anni i n cui si trovava A l fano.
fu turo arci vescovo d i Salerno. Sotlo la v i s ione simbolica del l a terra
promessa, egl i celebra le ricchezze che conosceva c vedeva perso n a l ­
mente. Qualche dece n n i o p i ù tard i . Ordcrico V i tale ri porta c i ò c h e
a v e v a sent i to dai caval ieri norman n i c anche da a l c u n i d c i s u o i con­
fratel l i emi grati i n terra italica. Senza aver letto Amato - l ' assenza del
manoscritto latino del racconto non consente l a minima i potesi - r i ­ ,

prende i l tema m i tico dci pe l l egri n i . Però l ' avveni mento è parz i a l ­
mente mod i ficato:
U n l"erto D rogo n c . cava l i ere normanno. partì i n pe l l e g rina gg i o per Geru ­
s a l e m me con cento c a v a l i e r i . Di ri to r no con i s u o i c o m p agn i . fu t ratte n u t o
LJ U a l c h e giorno a Sal erno d al duca Guai mario. per spirito umanitario e. per far
l o ro recu pe rare le fo rze . Ven t i m i l a Saraceni sharcavano i ntanto s u l l ito ra l e . c
e s i g e v a n o . con la forza c le m i n acce. u n t ri b u t o dai c i u ad i n i di S a ler n o .

I l racconto è molto p i ù l u ngo c pone al pri m o posto. più di q u e l l o


d i Am ato n e l q u a l e i m i t i c i pel legri n i appaiono d i s i n teressat i . la sete
d i ri cchezza e di bot t i no dci caval ieri norman n i .
Senza entrare i n tutti i dettag l i d e i due racco n t i . v a notata la mera­
v i g l i a dci caval ieri d i nanzi alle ricc hezze d e l l a c i ttà. a l l a raffi nateaa
dci rega l i offerti tra i q ual i fi gurano prodotti del l ' agricoltura c del l ' ar­
t i g i anato locale. nonché oggetti di prest igio. B i sogna i noltre rile vare
come i Salernitani fossero ricchi di denaro : essi pagano tributi ai m u ­
sulman i per e v i tare i saccheggi ; ess i offrono ai Norman n i la poss i b i ­
l i tà d i arruol arsi come mercenari . poiché le loro truppe sono i n s u flì ­
cienti a garantire u n a d i fesa efficace c , d i tutto i l si stema d i d i fesa. so­
lo l a turri.1· maior era i nespugnabi le: ad ogni modo, una c i ttà ricca non
pote v a v i vere trincerata d ietro l e sue mura .

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Con temporaneo del l a conquista normanna, l ' arc i vescovo A l fano
h a u sato i l suo talento d i poeta per esal tare l a sua c i ttà. In uno stile
spesso convenzionale, eg l i ne canta l a grandezza, l a d ice degna d i ri­
valeggiare con Roma per l a sua nobilitas e per l a sua fama, e con B a­
b i l o n i a per i l suo oro e per tutte le sue ricchezze. Il pri n c i pe Guaima­
rio I V è assoc i ato a q uesto splendore : grande pri n c i pe , padre del la pa­
tria, e g l i si mboleggia una età del l ' oro scomparsa, secondo i l poe ta.
sotto i colpi i n fcrti dai «guerrieri gal l i c i >> . I l planctus del l'arc i vescovo
com posto per i l pri ncipe di Salerno s i ispira fortemente al l ' epitaffi o
scritto da Paolo D i acono per Arechi . A l fano ded icò anche un poema
per G i s u l fo II, ma la sua ispirazione fu m i g l i ore q uando ne compose
un al tro i n gloria di Guido, uno dci fratel l i cadetti del l ' ul timo pri nci­
pe, che egl i esortò a conq u istare Costanti nopo l i dopo aver v i nto i mu­
s u l m a n i d i Sicilia. Per Al fano, Guido era i l degno successore del l ' i l l u­
s t re G u a i mario I V , l ' u n i co che poteva ri portare S a l erno a l l ' an t i co
splendore. Lo stile epico del poeta, restato fedele a l l ' u l t i m a di nastia
salern i tana, non deve i ndurre i n errore circa la prosperità econom ica
dei Salerni tan i , u n a volta che Roberto i l Gui scardo si im padronì del l a
c i ttà: Sal erno n o n soffrì per l a conq u i sta, salvo durante i m e s i d ' asse­
d i o . E anche la chiesa d i ocesana non ebbe mol t i probl em i . Il duca Ro­
berto, che nel 1 05 8 aveva sposato S ichel gaita. sore l l a d i G i s u l fo I I ,
col suo propri o denaro fece costru ire una nuova cattedrale (di cui s i
possono ancora ammi rare il campan i l e e l ' atrio), consacrata nel I O X4
d a papa Gregorio VII : le ricchezze dci conqui statori forn ite dal l a con­
q u i sta servi vano ad adorn are la c i ttà conq ui s tata.
Le testimon i an ze ri portate fi nora concernono l a Salerno del l ' X l
secolo. Le notizie tram andate d a l Chronicon Salern itmwm riguardano
i n vece i secol i precedenti a part ire dal l ' epoca splendida del pri n c i pe
Arech i . In q uesto caso, l ' abbiamo sottol i neato, storia c m i to s i mesco­
lano. Ma, che si tratti d i mito o d i storia, nel vasto affresco composto
d a l l ' abate Radoaldo la ricchezza è sem pre prese nte. Abbonda, ad
esemp io, già nel castrum q uando il pri nc ipe Arech i decide di ri tirarsi
lì per resistere a l l 'offens i v a franca. Accompagna l ' accogl ienza di Pao­
lo D i acono al la corte sal ern i tana d' Arcc h i : il pri ncipe ricevette con fa­
sto col u i che lo designava come l 'erede legittimo del potere sui Lon­
gobard i c al cospetto del << tiranno» Carlomagno; g l i «donò dei ca­
val l i , delle vesti di grande varietà e tutto ciò che desiderava i n abbon ­
dan za» . Perm ise ancora al pri n c i pe d i e v i tare la devastazione d e l l e
terre da parte del le truppe franche, <<offrendo numerosi don i » a Carlo­
magno: fatto che rammenta i l tributo dovuto i n virtù del patto conc l u­
so tra i sovran i , sul quale le fon t i franche contemporanee sono p i ù fa­
conde. E, a l l a fi ne del l ' opera, la ricchezza del suo palazzo c del l a sua
città permette al principe Gisu l fo I d ' ev i tare a sua volta la prova d i

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forza con le al tre truppe « franche>> , per megl i o d i re di Ottone, offren ­
d o al i ' i m peratrice Adel aide << Un caval l o d i grande bel lezza con l a s u a
sel l a d 'oro e grand i ricchezze>> . Questo genere d i regal i c i rcol a v a n o
spesso t r a i sovrani e tra i nobi l i e facevano parte del modo d i v i ta d i
coloro che erano trattati «onorab i l mcnte>> (honorofice, honorabiliter) ;
ma ri tlettevano anche certi aspetti del l ' att i v i tà art i g i anale i n c i t t à -
abbi amo i n fatt i g i à parl ato dei magistri, che benefi c i avano del l a gene­
ros i t à d e i pri n c i p i e d e i n o b i l i - e l e rel a z i o n i c o m m e rc i a l i c o n
l ' oriente bizantino.
I n m ancanza d ' i n formazion i prec ise nelle fonti d ' arch i v i o lon ga­
barde c i rca i l commercio s u l unghe d i stanze, l a storiogratìa forn isce
degl i i ndizi che possono confermare l ' i mportanza, ormai riconosci uta,
dei traffici marittimi tra Ital i a del sud, l ' Africa del nord e B isanzio nel
Med ioevo. I l Chronicon Salemitanum, redatto, l o ricord i amo, tra 9 8 0
e 990, attribui sce agl i Amalfitani u n ruolo esclusivo sia p e r c i ò che
concerne l a navigazione d i piccolo cabotaggio che per i v i aggi i n a l to
mare . Quando nel l ' 839, alla morte del crudele pri ncipe Sicardo di Be­
nevento, i Salern itani osti l i al l ' avvento al trono del tesoriere Radelchi
deci sero di sottrarre al l ' es i l io di Taranto i l frate l l o cadetto del sovrano
d e fu n to, S i conol fo , per e l eggerl o l oro capo, com presero che n o n
avrebbero potuto portare a buon fi ne l ' im presa «Senza l ' ai u to deg l i
Amal fi tan i >> , perché i l viaggio si sarebbe fatto per mare. Arri vati a de­
stinazione, «i Salernitan i , confusi con gli Amalfi tan i , percorsero le v i e
del l a c i ttà portando c o n s é o g n i sorta di mercanzia, v a s i e al tri oggetti e
tutta la g iornata circol arono facendosi passare per mercanti . . . >> . Sco­
perto i n fine il luogo dove Siconolfo era ten u to pri gioniero, regalavano
abbondante denaro ai carcerieri per far loro comprare i l vi no desti­
nato ad addormentarl i e a fac i l i tare l a fuga del carcerato. Dunque a Ta­
ranto i Salern i tani non passano per mercan ti se non per i l fatto che s i
spostano i n compagn ia deg l i Amal fi tan i, men tre hanno mol ta moneta
per l i berare i l loro futuro pri ncipe. Un al tro aneddoto del Chronicon,
già c i tato per i l l ustrare la generosità pri ncipesca nei con fron t i d eg l i
stran ieri, ci riconduce a q uel musulmano che Guai ferio I gratificò del
suo « fo u l ard>> . I n riconoscenza, q uesti a v vertì più tardi il pri n c i pe
del l ' attacco del l a tlotta araba contro Sal erno. Per dare q uesta i n forma­
zione, l ' arabo si servì di un i n termed iario, u n Amal fi tano di passaggio
« i n Africa>> - l friqya - che avrebbe dovuto trasmettere l a notizia. Sono
dunque gli Amal tìtani e non i Salern i tan i a control lare i l mare al tempo
di S iconol fo, al tempo d i Guai ferio, e al tempo i n cui scrisse Radoaldo.
Sarà ancora così nell ' XI secolo: molti documenti riguardanti gl i A tra­
nenses fan no riferimento a coloro che sono partiti ad navigandum, n e l ­
le tran sazioni concl use c o n i loro paren ti rimasti sul posto. P u r essendo
il periodo più ricco del l a storia di Salerno longobarda, se s i dà fede ad

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Amato d i Montecassi n o o al l ' arc i vescovo A l fano, q uesto secolo non
vide l a creazione d i una flotta salemi tana degna di considerazione ( fat­
to che non escl use una navigazione di piccolo cabota g gio tra la ci ttà c
la costa del C i l ento), e neppure la formazione i n Salerno di un porto
commerc i ale. Vietri , con g l i Atranenses continuò a giocare questo ruo­
lo, senza certo superare Amal ti . Un testo del primo terzo del l ' XI seco­
lo, conosc i uto grazie ad una copia più tarda . gli lmtituta Regalia et
Min isteria Camerae Regum Longobardorum. deplora l ' abbandono
del l a corte d i Pav i a da parte del la fam igl i a deg l i Otto n i . che g l i pre feri ­
ron o A i x la Chapclle, Ravenna o Rom a. I n s iste sulla ricchezza del fi ­
sco, la Camera regum, nel periodo in c u i si i mponevano ancora tasse
s u l l a c i rcolazione commerc i ale attraverso i col l i alpi n i e l a piana del
Po - in u n ' e poca i n cui i tributi sulle att i v i tà del mercato c del l e fiere
di Pav i a non erano ancora passate nel le mani dci nobi l i c dci vescov i .
Tra i mercanti che frequen tavano queste fi ere figuravano Amal fi tani c
S a l ern i tan i . I l v i aggi o a v ve n i va, pera l t ro, per mare , l u ngo la c o s t a
adriatica, partendo dal la Pugl ia dove g l i Amal fitani avevano g i à molte
colonie i n d i verse ci ttà. Non è azzardato ri tenere che i Salcrnitani g i u n ­
gevano a Pav ia i n compagn i a degl i Amal fi tan i . sebbene la fi scal ità re­
gia, per le sue necessità, li di sti ngueva a l l ' arrivo.
Queste riserve sul commerc io mari t i mo non esc l udono però i Sa­
lern i tani da q ualsiasi att i v i tà commerciale. Il fi sco pri ncipcsco di Sa­
lerno s i arricchiva, più di quello d i Pav ia, grazie al l e n u merose tasse
sul trasporto e l a vend i ta del le merc i al l ' i n terno del pri n c i pato. Ed è
attraverso q uesto aspetto del l a fi scal i tà, conosci u to tramite i pri v i l e g i
accordati ai benefi c i ari del l a l i beral i tà pri n c i pesca, che possiamo rile­
vare quali fossero le att i v i tà commerc i a l i nel la ci ttà di Salerno. Due
d i p l om i . dest i n ati al l a c h i esa d i ocesana, uno del 1 05 8 , l ' al tro del
1 060, danno u n ' idea s i a del la den sità del l ' occupazione del suolo u r­
bano. s i a del commerc i o che vi si effettua quotidi anamente. Il primo
conferma ad u n arc i vescovo una ch iesa, San V i to - da non con fonde­
re con il monastero con lo stesso nome - si tuata «presso l a via che
conduceva al l a porta detta Elinis » (porta altrimenti c hi amata d i «San
Fortun ato» che, i n serita nelle mura occ idental i , offriva alla Via Popi­
lia u n passagg io verso Pacstum c , al d i là, al C i lento ) . S u q uest ' asse
pri n c i pale del l a c i rcolazione urbana che col l egava l a c i ttà ad ovest
con Nocera, ad est con la foce del Selc e anche con l ' alta valle del Ta­
nagro e il Val lo di Diano, s i teneva un mercato. I n v i c i n anza si trova ­
vano le botteghe . di proprietà del la ch iesa cattedrale che ricevette nel
l 05 8 l ' au torizza zi one a costrui rne di nuove. Fra tutte l e mercanzie che
si vendevano (mercimonia) in q uesta zona, solo l a carne è stata og g et ­
to d i u n a menzione particol are . Il d i ploma del 1 060 si r i feri sce a l lo
stesso settore urbano e concesse a l l a Ch iesa u n a z on a ed i ficata di c i r-

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ca 1 50 metri q uadrati . Nel l e case di legno che vi si trovano, l ' arc i ve­
scovo poté istal l are dei mercan t i , i n particol are dei mace l l a i . L ' i m por­
tanza data da qui al macel l o deg l i animal i e a l l a vendita del l a carne
non è su pportata da una documen tazione così espl icita per q uel che r i ­
guarda l ' a l l e vamento. Anche per q u e l c h e riguarda i l commerc i o l oca­
le, le nos tre i n formazioni sono scarse . Le tasse fi sc a l i (portaticum,
plateaticum ) sul l a c i rcolazione dei carri e del l e bestie da som m a , s u l ­
lo scarico, i l deposito e l a vend i ta del l a mercanzie nel l e s trade p i ù
trafficate sono tradizionali e si riferi scono a l commerc io i n generale.
La produzione agricol a, più riccamente documen tata, perm e t te di
ampl iare l a gamma del le mercanzie i n serendosi i l grano, le noce l l e e
le noc i , e soprattutto i l v i n o . Dunque per conoscerl a è p i ù i n teressan te
far r i ferimento d i rettamente ai con tratti agrari . C i rc a le monete i n cor­
so a Salerno, d urante i l regno di G i s u l fo II u n a d i esse defi n i sce l a
c i ttà, come già notato, opu lenta. In tutta la Lon gobard i a merid ionale
c i rcolò fi no al l ' i n izio del XI secolo l a moneta b i zan t i n a i l c u i t i t o l o
n o n smise d i perdere valore. Valeva quattro tarì , moneta d ' oro che era
di ffusa ugualmente in tutta l ' I tal i a sud occ identale, da Gaeta a Saler­
no. Nel corso del l ' XI secolo, com ' era stato per la moneta bi zan t i n a , i l
tarì fu coni ato nel l e offi c i ne local i . A Salerno i l tarì d i venne l a moneta
corre n te, po iché la mon eta bizan t i na era u ti l i zzata preva l e n tem e n te
come moneta di calcolo. In al tri esempi g i à richiamati ri guardanti Pal ­
dolfo, fratel l o di Guai mario I V , oppure qualche g i udice, o ancora la
comu n i tà degl i A tranenses, abbiamo avuto l ' occas ione d i sotto l i neare
l ' i m portanza del l a c i rcolazione monetaria n e l l a soc ietà salern i ta n a .
D a i nobi l i al populus tutti partec i parono a q uesta d i n am ica econ o m i ­
ca, e molti esponenti del populus si elevarono al l i ve l l o aristocrat ico,
e adottarono lo stesso genere di v i ta proprio grazie al l a moneta che
perm i se loro d i acq uistare proprietà rural i e case nel l a c i ttà. L ' u s u ra
era praticata e, al riguardo, la nostra documentazione si r i ferisce so­
prattutto agl i uom i n i di legge - g i ud i c i e notai -, mentre i nobi l i , ri­
cord i amolo, non sem brano ricavare le loro fortune da q uesto genere d i
spec u l azione.
B i sogna con siderare che l ' agricoltura era tal mente ricca da accre­
scere notevolmen te i tesori dei pri ncipi c dei nobi l i , estranei a l l ' u s u ra,
ma i n teressati a commerc i are i prodotti delle loro terre . La maggior
parte d i col oro s u i q ual i abbiamo i n formazion i avevano dei terren i , d i
estensione assai di fferente, di spersi su tu tto i l territorio d e l pri n c i pato.
La zona che pri m a del l e al tre fu occupata e fatta fru ttare fu q ue l l a at­
traversata dal l a via Noceri na, s trada che metteva l a ricca piana di No­
cera in con tatto con le terre napoletana ad ovest e q uel le d i Benevento
a l n ord . A l momento d e l l a d i v i s i o n e del pri n c i pato d i B e n e v e n to .
mol t i Beneventan i residenti n e l territorio salern itano s i trovavano a

4R
Sarno. Rota (Mercato San Severi no) e in tutto il terri torio di Nocera .
Fu l à che si stab i lì la fam i g l i a del fondatore del l a prima d i nastia sal er­
n i tana, i l conte beneventano Guaiferio. Sue prime proprietà furono dei
castagneti e dei querceti , ed anche v i gneti fu tura ricchezza del terri to­
rio salerni tano. A metà del secolo XI, al momento delle d i v isioni fra
G u a i m ario e i suoi frate l l i , la seconda d i n astia possedeva i n q uesto
settore una m o l t i t u d i n e d i terre n i , che attestavano una occ upazione
del suolo sempre p i ù i n tensa e una grande fert i l i tà dovuta al l e piccole
p i a n ure d i terra vulcanica. Invece, le reg ioni si tuate ad est del Selc,
q u e l l e della Lucani a longobarda, furono colon izzate più tard i vamente;
e i lotti d i terra furono ampl i ati e occupati da foreste. campi d i grano e
v i g n e , seguendo l ' espos i zione c la morfologia del ril ievo. Questi ter­
ren i erano tuttavia dotati di mezzi d ' accesso meno praticab i l i : c ' erano
l a via Popilia, e il cabotaggio l ungo l a costa del C i l ento. In tutte que­
ste zone, formate da pian ure e tratti costieri la cui fe l i ce espos i zione al
sole favori va la viticul tura, da foreste che permette vano i l fac i l e ap­
pro v v i g ionamento del legname, da cors i d ' acqua e da iscle coperte d i
c a n n e , i l pri nc ipe, i s u o i parenti e t u t t i i proprietari fondiari possede ­
vano dei m u l i n i ad acqua si tuati pri ncipalmente s u l l 'Imo, oppure ad
ovest del l a ci ttà, l u n go i torrenti che sboccano sul l i torale di Vietri .
P i ù lon tano, se ne ri trovavano altri l ungo il Sele; i noltre, l ' i rrigazione
dei campi era assicurata da questi corsi d ' acqua. Fra i benefi c i con­
cess i dal pri ncipe, più preziose erano l e concessioni d i una porzione
d i torrente con i l d i ri tto di scavarvi dei canal i o d i costru i re un m u l i ­
n o , anche per un tempo l i m i tato.
La cul tura dei cereal i si estendeva su tutto i l terri torio del pri ncipato.
La tassa sul grano (terraticum) compari va i n q uasi tutti i con tratti agra­
ri , i vi compresi quel l i che concernevano la viticul tura praticata in coltu ­
ra promiscua su del le parcel l e di terra sia a cercal i che ad alberi da frut­

ta. I contratti di locazione dei mul i n i , general mente di breve durata per
permettere di i ncrementare regolarmente i canoni dovuti ai proprietari ,
costi tuiscono la nostra più ricca doc umentazione, i nsieme a quella ri­
g uardante i con tratti d i valori zzazione del le terre coltivate a vi gneti . Per
restare in prossimità del la città di Salerno, nei fin es Salemi, andando da
Mitilianum a Stricturia (Gi ffoni), c dunque per meglio apprezzare i d in ­
torn i rura l i i n prossimità del l a città - cosa c he spetta a d una storia urba­
n a ! -, ricordi amo ad esempio le clausole di un con tratto di locazione
a n n uale di un m u l i no, si tuato sul l'Imo << non lon tano dal l a ci ttà>> , conclu­
so nel 987 tra il pri ncipe Giovann i , fondatore del l a seconda d i nastia, e
un m ugnaio. Il mulino era i n teramente attrezzato - al tri contratti prec i­
sano i n vece i lavori di si stem azione o di costruzione ex nova - e i l con­
cessionario era ten uto, giorno e notte, a vegliare sul suo funzionamento
e s u l l a sua manutenzione. Ogn i mese, i l pri ncipe avrebbe ricevuto l a

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quan t i tà di farina previ sta dal contrailo, quattuordecim ad m en s u ria m il­
lam quale consuedo est dare ips i a/ii molina/uri qui ten unt ipsa a/ii mo­
lin a (sic). B isogna sotlo l i neare che l ' Imo scorreva i n prossi m i tà delle
mura oriental i del l a cit là , pressappoco nel luogo dove si teneva i l merca­
to e dove, i n torno al 1 060, l ' arci vescovo moltipl icò le sue botteghe.
I con tratti agrari concernenti esc l u s i vamente terre col t i vate a ce­
rea l i sono relati vamente rari i n ragione, come detto, del la prati c a ge­
neral i zzata del la coltura promiscua. Approssimati vamente, s u u n se­
colo - dal 960 fi no al 1 060 - ne abbiamo ri ntracc i ati solo una dec i n a
per tutto i l pri ncipato : l a maggior parte d i essi erano conc l us i per pe­
riodi variabi l i tra c i nq ue e i dieci an n i , q uando l a durata non era cal­
colata i n raccol t i , da uno a tre raccolti . I l canone dovuto al proprieta­
rio del suolo è menzionato solo nel l a forma trad i z i onale di terraticu m .
d i ffi c i le da valutars i .
L e terre arboree, essenz i almente pian tate a castagn i , noc i e n oc e l l e
l ungo le col l i ne e i fi a n c h i del le montagne a parti re d a i 400-500 m . ,
erano oggetto d i contratti p i ù espl iciti circa l a d i v i s ione dei beni rica­
vati . La ripart i zione p i ù usata attri buiva l a metà o u n terzo dei frutti al
proprietario. General mente l i m i tata nel tempo, questi contratti poteva­
no essere rinnovat i automaticamen te senza cambiamenti nelle c l auso­
le. R icord i amo che, tra i regal i offerti ai pri m i Normanni arri vati a S a­
lerno, fi gurano, secondo Am ato di Mon tecassino, del l e noci cand i te .
Tutta l a zona c h e andava da Nocera ( l a terra del le noc i ) ad Avel l i no
(A be//in unz, la terra del le n ocelle) in terri torio Beneventano, era pianta­
ta d i castag n i noce l l eti e noc i . Avven i va l o stesso l ungo l e alture di
.

Mitilian um, p i ù v i c i ne alla c i ttà, e sulle col l i ne che la c i rcondavano a


no rd .

Come i campi di grano, gl i al beri da frutta, s i a q uel l i g i à c i tati c h e


quel l i c h e producevano al tri tipi d i poma, affi ancavano le alte v i g n e ,
c h e copri vano tutto i l paesaggio occ identale d e l pri nci pato n e l corso
del X secolo. La v i ticul tura era presente dal IX secolo, m a a com i n ­
ciare dag l i u l t i m i dece n n i del X fu praticata i n maniera i n te n s iv a , s u
u n a m o l t i tudine d i piccole parcel l e locate per un tempo determ i nato . I
contratti d i pastinatio sono q ue l l i che forn i scono i l maggior n um e ro
di i n formaz i on i . Sempre tra 960 e 1 060 ne abb i amo stud i ati u n po '
p i ù d i cento per tutta l ' area del pri ncipato : la parte maggiore deriva
dal l a documen tazione di S. Massi mo . Il con tratto d i pastinatio i n te­
ressava soprattutto l e terre i ncolte, che pri ma andavano d i ssodate, poi
pian tate a v i gneti . La durata m i n i m a d i sei anni perm etteva al colti va­
tore d i raccog l iere u n a pri m a parte dei frutti, spesso con proporzi o n i
s i m i l i a q u e l l e che regol avano l e d i v i sioni d e i castagneti e d e i noce l l e ­
ti : m e t à dei frutti o un terzo dei frutti . L e concess ioni l i m i tate nel tem ­
p o fu rono l e p i ù numerose fi no al l a metà del l ' XI secolo, epoca i n c u i

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s i moltipl icano i fi tti i l l i m i tati (amni tempore). Assieme alle cl ausole
rel at i ve al l a preparazione del suolo e alle cure da dare al l a vigna, ne
fi g u rano al tre , riguardan t i i l trasporto del raccolto al cella rium del
proprietari o. I magazzi n i erano concen trati , cosa che fac i l i tava i l tra­
sporto. Una del l e lamentele più freq uenti in q uesti contratti, rivolte. a
partire dal l 040, con tro i mercenari e conq ui s tatori normann i , deplo­
rava le d i fficol tà che si incontravano nel trasporto dci i ' u va passa e del
v i no ; fatto che costri ngeva i colti vatori a conservare il racco l to.
La viticul tura, a d i spetto degl i ostacol i del l a guerra o d e i pro b le m i
c l i matici segnalati qua e là, appariva come una del l e m i gl iori possibi­
l i tà d i arricchi mento del l a società salern i tana; c , i n tutti i casi . l a più
d oc u mentata. Se ri torn iamo al gastaldo viccconte V i vo - una fi gura si­
g n i ficativa per comprendere i fenomeni d i promozione sociale dovuta
a l l ' acq u i s i zione d i ricchezza fondiaria e monetaria -, van no ricordati i
s uoi acquisti di parcel l e fondiarie nel territorio di V ietri , Dragonea e
Mitilianum e nei pressi del l i torale accessibile al le navi, nel settore oc­
c u pato dag l i i m m i grati amalfitan i . Queste parcel l e furono pian tate nel­
l e zone alte a castag n i , mentre a v i gneti nel le col l i ne soleggi ate a stra­
p i ombo sul mare. V i vo compra e vende . Non è sempre possibile sapere
se real i zza un guadagno paragonabile a quello che abbiamo vi sto rea­
l i zzare in terri torio u rbano. Lo vediamo ugualmente acq u i s ire del le
aree costruite con dei magazzi n i e delle botteghe, si tuate a Vietri e nel
l uogo detto Basano/a, tra Salerno e Vietri . V i vo le d i v i se pers i no con
gli A tranenses, o con i Benedetti n i del l a Santa Tri n i tà di M i til iano. Si è
potuto i nol tre osservare come Vivo, attraverso gl i scam bi, concen tras­
se i suoi lotti, di venendo pertanto il più grande proprietario terriero d i
Dragonea: possedeva i n fatti castagneti, v i gneti e m o l t i m u l i n i . Quan­
do, ormai vecchio, s i ri tirò defi n i ti vamente a Sal erno, l a vendita dei
terren i col t i vati a v i te e castagn i , e del l e parcel le m u n i te di botteghe c
depos i t i , gl i assicurarono u n ' esistenza <<Onorabi le>> : dal 1 089 al 1 096
c i rca, i n fatti , una se ri e d i vend i te d i v i gneti c di alcuni m u l i n i gli con­
sentono di guadagnare una c i fra maggiore di seicento sol di d ' oro (l ' ap­
prossimazione è dovuta alla l acunosità di certe i n formazion i ) . I n que­
s ta fi n e del l ' XI secolo, Salerno era d i venuta normanna: era ormai lon­
tano i l tempo i n c u i mitici pel l egri n i si erano accontentati di noci can­
d i te come prem io del loro ai uto con tro i Saracen i . I conqui statori, im­
pare ntatasi con i Lon gobard i dom i n avano i n fine questa terra promessa.
<<dove scorreva l atte e miel e>> e dove tutti potevano arricchirs i , senza
ricorrere alla violenza e al saccheggio.

Praesidium dei pri ncipi, capi tale di un principato per più di due se­
coli mal grado i n umeros i tentat i vi degli imperatori di Occ idente di sot-

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tometterl a, ultima capitale del la Longobardia meridionale a cadere n e l l e
mani d i un potere straniero, l a Salerno longobarda conobbe i l periodo
migl iore del l a sua storia sotto le due di nastie che vi regnarono dal l ' 867
al 1 077. Ma la ci ttà era già en trata nella l eggenda alla fine del l ' VI I I se­
colo con i poem i di Paolo Diacono dedicati alla gloria del pri ncipe Are­
chi, il costruttore, che ne fece la seconda capitale del pri nci pato di Be­
nevento. Al l a tì ne del X secolo, uno storico l a cui espressione latina
non eguagl i a quel la di Paolo Diacono, ma le cui i n formazion i sono pre­
ziose, uno storico che noi identifichiamo nel l a persona di un abate sa­
lern i tano del monastero di Santa Maria e San Benedetto, Radoaldo, de­
li nea un vasto affresco del la ci ttà, che ne accrebbe la leggenda senza
n uocere alla stori a: i l Ch ronicon Salernitanum, che riportava entro i
confi n i d i Salerno la stori a dei Longobard i . magi stral mente raccontata
da Paolo Diacono, modello del nostro abate. Quando nel l ' XI secol o l a
c i t t à raggiunse il suo apogeo con i l principe Guaimario IV, considerato
il più prestigioso del l ' Ital i a meridionale, la storiografia longobarda e sa­
lern itana si arrestò. Verso l a fine del l ' XI secolo un monaco lon gobardo
di Mon tecassi no, Amato, riprese a scri vere una historia genrium, di c u i
g l i eroi sarebbero stati i conq u i statori norman n i , mentre i l m ode l l o d e l
cattivo sovrano, d e l tiranno, sarebbe stato rappresen tato da G i s u l fo I I ,
u l t i mo pri ncipe di S alerno: e c o n q uesto sovran o, u l t i m o c am p i o n e
d e l i ' indipendenza lon gobarda, i Salern i tani cessarono d i avere una sto­
ria propria e l a c i ttà d i venne una del l e tante del territorio sottomesso al
duca normanno d i Pugl ia e di Calabria, Roberto.
In un l ungo poema scritto in gloria di Roberto i l Gui scardo, il nor­
manno Guglielmo Apuliensis sal u ta in man iera particol are l a presa d i
Salerno da parte d e l s u o eroe :

Roberto si ral legrò di aver tri onfato s u l l a città e sui suoi bast ioni
E . affi nché i n av ven i re questo popolo i n fede l e non si ribel lasse
D i fese q uesta alta c i ttà con guardiani sicuri .
(Gesta Roberti Guiscardi, I l i . 465-467 ) .

Di venuta normanna, Salerno con tinuò a d essere i l praesidium a l


q uale i l pri n c i pe longobardo Arechi aveva dato v i ta. S i deve a G u ­
gl i e l m o d i Pug l i a l ' i n form azione secondo l a q u a l e i l d u c a Roberto
avrebbe fatto di Salerno l a sua capitale se l a morte non l o avesse c o l ­
p i t o lontano, n e l corso del l a s u a u l t i m a impresa m i l i tare nei Balcan i .
Certo Sal erno era stata u n a capi tale bri l l an te con del l e i s t i t u z i o n i e
u n a struttura pol i t i c a ben col l audata. Ed ora, q u e l l a forza m i l i tare
mancata sotto i pri n c ipi l o n gobard i , era garan ti ta dal nuovo potere
normanno. Inol tre Sichelgaita, la sposa longobarda di Roberto, madre
di R uggero Borsa, desi gnato come erede legittimo del l a dign i tà duca-

52
l e , con t i n uò a v i vere nel palazzo di suo padre Guai m ario I V , dove r i ­
trovava quel convivi11m al quale era legata. Tu tte q ueste ragion i , com­
presa l ' i n formazione d i Guglielmo d i Pug lia, non sono però sufticien­
t i ad attribuire a Roberto i l G u iscardo i l progetto d i stabi l i rsi i n una
c i t t à recentemente conq u i stata, i n mezzo a i parenti del l a sua sposa.
Suo fi g l i o , R uggero Borsa, s i sentirà più a suo agio a S alerno, poiché
in Pug l i a dovette competere con l ' osti l i tà del suo fratel l astro Boemon­
do, fi g l i o del l a pri ma sposa norm an n a d i Roberto, men tre la Calabria
era nelle mani d i suo zio paterno, i l conte Ruggero di S i c i l ia . Sal erno
d i ve n terà n uo v a m e n te un r i fu g i o , non p i ù contro l o stran i ero , ma
al l ' i n terno di una feudal ità nascente dove il potere ducale era conteso
tra grandi v assal i i * .

* Traduzi one d a l fra ncese d i Amedeo Fe n i e l l o .

53
Pianta di Salerno nel Medioevo (estr. da M. DE ANGELIS, La via Popilia in
medio Salerno, in <<Rassegna Stonca Salemi tana>>, Il, 1 938, n. 2, pp. 267-282.
Legenda: A. Quartiere delle Formelle (fine VIII secolo); B. Quartiere integrato alla fine del
XV e del XVI secolo; C. Quartiere integrato alla fine del XV e del XVI secolo; l. porta
NuceritUJ; 2. Sama Maria de Lama ( 1 -2: bordo del plaium momis); 3. platea che conduce­
va alla porta Rotensis; 4. porta Rotensis; 5. porta de Respizi; 6. porta Elini; 7. Santa Trofi­
mena; 8. porta Rateprandi; 9. porta que deducit ad mare; IO. attuale prefettura; l l . porta
della Catena (XVI sec.); 1 2. ubicazione delle chiese cattedrali longobarda e nonnanna; 13.
probabile deviazione d e l l a Via Popilia d o po l 'apertura d e l l a po rt a Elini (scala l :4000) .

- - - INOIANDIMENn POSTiltOII
CASTELLO: I..A fUIJIJ MAIOI MEDIOfVAU

(Estr. da V. B VACCO, Sa/emo Rr>-ana)


J�r� 1d< : l. Pooo (Supe ria�); 2� P . rta .i eri t a : i- rortae (ad l itus vergentes); 5. Por­
�� ( ." ! ini}; 6. Pori ( Rote sJ . .
DAlJFERIO il MUTO

ROMlJALDO ARECHI GRIMOALOO GlJAIFERIO MAIONE ADALGISA DAUFERADA


(861-880) sp. ROFRJT


sp. LANDELAICA
l di LANDONE l
Bco m n10
di Capua

GUAIMARIO I ARECHI DAUFERIO GRIMOALOO GUAIFERIO DAU FERIO


(877-'�J I) c!Uuiro
sp. mA, sorella
di GUIDO Il
di SplleiO

GUAIMARIO II GUAIFERIO GUIDO DAUFERIO

l
(893-946) conte e

l
tesoriere

ROTILDE GISULFO I SENDA


�p. ATENOLFO (933-977) sp. di MANSONE
di Benennto qui dicitur Allla!/illllllJS

ANNA
l
GIACINTA MUSCO
deno DISIO
sp. GEMMA
(?; 1 0 1 2)

Prima dinastia dei Principi di Salerno (estr. da H. TAVIANI CAROZZI, La Prin­


cipauté Lombarde de Salerne, cit., p. 368).
LAMBERTO
l
GIOVANNI Il
'P· SIO!El.GAITA
(983-999)
r- - - -- -r - l -- � - ---� -- - -,
T
GUIDO GUAIMARIO 111 PANDOl.FO !AMBERTO GIOVANNI PIETI!O
(98l-'188) (9119- 1 027) CDfUt '
Il'· PURPIJRA sp. GAITELGRIMA lr[<mvlmio

GIOVANNI
l Ili GUAIMARIO IV
l l
PALOO l.FO
l
GUIDO
(1015- 1 0 1 8) ( 1 0 1 8- 1 052)

l 1 -


· -- - -

l
GIOVANN1 1V GISUI.FO Il PANDOI.FO GUAIMARIO LANOO l.FO GUIDO GIOVANN I SIOIELGAITA SICA GA.'TELGRIMA
(1037·1 039) ( 1042- 1 077) sp. EMIUA sp. ROBERTO 'P·
l. GIORDANO di Up&a
j IL GUISCAROO
l � � �-
l l
SJCA GREGORIO GISUl.FO EMMA
sp. RUGGERO sp. !AMPO
di Sus<verino di FASANELLA
f. di TURGISIUS
NORMANNO

Seconda dinastia dei Principi di Salerno (estr. da H. TAVIANI CAROZZI, La Principauté Lombarde de Salerne, cit., p. 371).
GUAIMARIO n t

GUAIMARIO IV GUIDO PALDOLFO


s� TEODORA !. di
GREGORIO di Tuscolo

GISULFO Il GUAIMARIO GUIDO GREGORIO GIOVANNI


sp. SICHELGAITA sp. SICHELGAITA sp. AGELTRUDE
NIPOTE di PANDOLFO !. del conte f. di un conte LANDOLFO

l
di Capua GIOVANNI de Si'"o

l
GREGORIO GUAIMARIO GISULFO
l
l
TUDINO GUAIMARIO
l
GUGUEL\10 GIORDANO


domì1111J dtl castello
di Comilo

ERMANNO BASELARDO

Lignaggio di Pandolfo, Dominus di Capaccio (estr. da H. TAVIANI CAROZZI,


La Principauté LoTIJhwde de Sal'(rne, cit., p. 368).
B EN EDETTO VETERE

CATIEDRALE, SANTO PATRONO E CIVES

I l secolo XI (più che noto orma i ) è stato per l a storia del l ' Europa
Occ identale un periodo di profondo cambiamento c u l turale, di n uovo
e radicale orientamen to del l a coscienza su istanza d i una complessa
serie d i moti vazion i d i ordi n e sociale denuncianti i l superamento di
u n passato prossimo sia pure i l l ustre, e i l conseguen te affermarsi d i un
n uovo indirizzo. I problemi e gli i nterrogati v i che si erano venuti ac­
c u m u l ando nei sec o l i preceden t i non consen t i vano u l teriori r i n v i i .
L ' es i genza d i u n a p i ù ch i ara e sic ura d e fin i zione eccl esiologica era
moti vo di profondo fermento per tutta la ch ristianitas, specie d urante
i pon t i fi cati d i N i ccolò II, Alessandro II c Gregorio VII. L' eresia i n
tutte le sue varie man i festazion i costituì , s i può d i re, i l l iev ito d i que­
sto i ntenso travag l io. Nel l o stesso tempo, d i con tro al fondamento d i
u n legi tti s m ismo d i v i n o del l a auctoritas temporale, si ven i va profilan­
do, certamente i n I tal ia, u n tipo di real ismo pol itico del tu tto i m preve­
d i b i l e per i tempi , motivo a sua volta di accesa d i aletti ca, nonché d i
svecc hiamento d e l i 'econom i a .
Da una parte u n a ecclesia d u n q u e riflesso, pur n e l s u o model lo mo­
n arch i co, di u n contenzioso dottrinario ed isti tuzionale tra l ' afferm a ­
zione «del l ' u n i tà del l ' epi scopato» e i l principio d e l pri mato romano
«che è i l profondo signi ficato del Dictatus Papae» 1 , dal l ' al tra il ri so! -

1 Cfr. O. CAPITA N I , Immun ità vescovi/i ed Ecclesiologia in età pregregorian


e gregoriana, Spoleto 1 966, p. 1 93 . Si veda M. MACCARRONE, Ln teologia del pri­
mato romano del secolo Xl. in Le i.Hituzioni della 'Soc:ietas Ch ristian a ' nei secoli
Xl-Xl/, M i l ano 1 974 (Atti del l a quinta Settimana i nternazionale di studio, Mendo­
la 26-3 1 agosto 1 97 1 ) p. 2 1 - 1 22. S i veda pure. nello stesso volume deg l i Atti del l a
Mendola, i l contrib u to di G . ALBERIGO. Regime sinodale e Chiesa Romana t ra l 'Xl
e il Xl/ secolo, p. 245 : «È i mportante che la storiografia c u l m i nata nel l ' opera del
Fl i c he possa essere l iberata dal l ' apriorismo ideologico che i nduceva a pri v i legi are
un gregorianismo stile Vaticano l. ma è al trettanto importante che q uesto orienta­
mento non vada oltre i l segno penali zzando puntigl iosamente i l significato stori co
ed ecclesiologico della seconda metà del l ' X l secolo occ identale a l punto da nega­
re che i n quei decen n i si sia real i zzata u n ' accelerazione i nconsueta del ritmo stori -

55
versi del l a vecc h i a concezione german ica, aristocratica particolari s t i c a ,
dci vari regna i n u n a v i s i on e po l i t ica p i ù u n i taria, di più vasto respiro.

co. la q u a l e n o n c o n s i ste esc l usi vamente nel l ' espri mere mot i vi i mpliciti nei secol i
preceden ti. né nel l ' anticipare aspetti desti n ati ad i n ventarsi più tard i . Mai la 'ra­
gioneria storica· pur i ndispensabile - ha condotto da sola ad una conoscenza più
che d i eventi estern i » . E ancora più avant i : <<Da questo punto di v i sta è ancora e
sempre legittimo il ricorso al Diclarus Papae. a proposito del quale è i nteressante
ricordare che nessuna delle venti sette proposizioni ha come soggetto l ' epi scopato
né i l vescovo come capo de l l a ch iesa locale. al contrario però molte hanno esp l i c i ­
tamente i vescovi come oggetto ( 1 11 , I V . V . X l i i . X V . X X V ) e quasi tutte le a l tre
riguardano i m p l i c i tamente i vesco v i . nel l a prospettiva d i loro qualificazione s u b a l ­
terna ri spetto a l l a ch iesa romana e al papa. I ndubbiamente non occorre affatto i m ­
magi nare che a tale scopo Gregorio dovesse n é volesse sq ual i ficare l ' episcopato.
Anzi è fuori d i dubbio che da Roma si è i ncessantemente persegu ito u n ripri s t i no
del l ' autorità vescov ile, anche se occorre rendersi conto che ciò avvenne esc l u s i v a­
mente nei confronti degl i i n feriori . c lero e popolo, o del potere laico>> . Espl i c i to i l
richiamo a l fo ndamento teologico del l ' un i tà della Chiesa. le c u i membra o porlio­
nes attraverso i vescovi ricompongono. nel Papa. il c orpo m i stico di C r i s t o .
L' Apologeticus di Bernaldo di Costanza ( c . 2 3 , M. G. H. . Libelli d e lite impera lo ­
rum el ponl({icum. cd. F. THANER, I I . Han nover 1 892, pp. 87-88). c u i si ric h i a m a
l ' Al berigo ( Regime sinodale e Chiesa Romana, c i t . . p. 247 ). costituisce, i n s i e m e
a d al tri scri tti polemici di q uesto periodo, i l defi n i rsi di una problematica propo­
stasi in maniera sempre più urgente nel l a pri ma metà del secolo X l , ed affrontata
energicamente dal l ' I mperatore Enrico Il l a cui azione tendeva a ri scattare l ' auto­
rità pon t i ficia d a l l a i n d i scussa forza consegu ita dal l ' episcopato. S i g n i fi c at i v o i l
passo del l 'Apologelicus (c. 23. p . 8 7 ) : Unde idem apostolus e t a senioribus sui
temporis. id est pre.çbyteri., si ve episcopis. et ab eorum wbditis obedienliam g en e ­
ra/iter exegit, cum tam mbditis quam prelati.L I l valore dottri nario e la nov i t à del ­
le proposizioni teologiche maturate nel l ' acceso c l i ma u mano e vi vace contesto
storico del l ' età pregregori ana e gregori ana. e formulate nel Dic wtus Papae, s i
comprende meglio solo s e accettiamo che a Sutri s i posero i term i n i d i una rif01ma
del l ' ord inamento canonico; se accettiamo. i nsomma. come diceva Capitani che: << A
Sutri . . . c 'era stato i l trionfo più netto della fu nzione av vocat izia i mperiale: ma u n a
fu nzione avvocatizia. va aggiu nto, n o n tanto v i sta come eserc i tata a favore d i u n
p a p a contro u n suo n e m i c o o di u n vescovo contro u n suo persec utore. b e n sì
del l ' ord i namento ecclesiastico contro g l i abusi degli stessi ecclesiast i c i » (0. C A PI­
TA N I . lmiiiW! ità vesco vi/i. c i t . . p. 1 9) . Il Licei cu ram .nwm in singu/os episcop os
diviserit su c u i richiama l ' attenzione Alberigo è possi bile. q u i n d i . al l ' i nterno d el l a
nuova ecc lesiologia che risolve i l problema del la «giudicab i l i t à del papa» con i l
pri ncipio <<Pur ampiamente noto e i n vocato . . . i n tutto l ' al to medioevo: 'pri m a se­
des e nemine judicabitur' o megl io 'presul summus a nemine j udicabitur' » (0.
CA PITA N I , Immunità vesco vi/i, c i t . , p. 34). S u l l a pol i tica di Enrico III i n Italia per
q uanto riguarda questo spi noso problema, che non poteva non vedere c o i n v o l t o
l ' i m peratore d a t a l a natura del la sua figura e la q u a l i tà della sua fu nzione, si v e d a
C. V IO LA N TE . A spelli della politica italiana di Enrico Il/ prima della .ma discesa
in Italia ( 1 039- / 046). in St udi sulla cristianità medioevale. M i l ano 1 972. pp. 249-
290. in part. p. 25 1 e segg . : <<Ora bisogna considerare che l ' atteggiamento di E n r i -

56
I l problema del l a «centra l ità>> è un problema tipicamente medioe­
v a l e ; esso attraversa la cosc i e n za soc i a l e in tutto il suo spessore,
affonda nelle p i eghe più riposte del l o spirito al l a ricerca di u n modo
d ' essere «Catto l i co>> secondo la formu l a del l a christiana respublica.
Il ruol o di cui si veni va a ri vestire, q u i n d i , a l i ' i nterno di sì com­
pl essa problematica, l' ecc/esia matrix (oppure ecc/e sia mater, ecc/e­
sia principalis. ecc/esia senior) 2 è sen z ' a l tro di natura dottrinaria, ge­
rarchica'. ol treché ammi n i strati va . Osservava Ovidio Capitan i : «Cer-

co. contrastante con q uello dec iso e, secondo i l suo stile. rude del padre. non fu
dovuto certo a un l egame di amicizia personale. o a simpatia verso Ariberto. ma
alla di versa posizione del giovane sovrano nei riguard i del l ' episcopato, che egli
mantenne dopo la morte di Corrado : po l i t ica di operante accordo nella direzione
d e l l a ri forma i m periale, pur attraverso un rigido controllo s u l l a gerarch i a ecc lesia­
stica. eserc itato spec ie con l ' i ntervento nel l e elezioni dei papi e dei vesco v i >> . Si
veda i n fine R . M O R G H E N . Medioe\'o cristiano , Bari 1 968 , i n part . i cap. l teorici
della riforma, pp. 9 1 - 1 08 , e Libertas Ecc/e,çiae e primato romano nel penJiero di
Gregorio VII . pp. l 09- 1 28 .
z S u l l ' i ntenso e sofferto periodo di trasformazione del le stru tture ecclesiast i ­
c h e maturato al l ' i n terno d i un i ndubbio fervore spirituale e c u l t urale. e all ' i nzio d i
u n a crisi c h e toccava i l monaches imo di tipo c l u n iacense. vale a d i re d e l monache­
simo ' feudale ' , del monachesimo organizzato in signori a rurale, si veda C . V I O ­
L A N TE , I l monache,çimo clun iacen,çe d i fron te al mtmdo politico ed ecc/e,çiastico.
Secoli X-Xl. in Studi ,çul/a criJtianità medioevale, M i lano 1 972, pp. 3-67, ma i n
p a ri . 44 - 5 6 . S i veda i l contri buto d i C.D. FONSECA, 'Ecc/e,çia matrix ' e ' Con ventuJ
civium '; L 'ideologia della Cattedrale nel/ 'età comunale, in La Pace di CnJtanza
1 1 83. Un difficile equilibrio di poteri fra società italiana ed Impero. ( M i l a no-Pia­
cenza, 27-30 apri le 1 983). Bologna 1 984. pp. 1 3 5- 1 49 ; C . V IOLA NTE - C.D. FoN ­
SECA. Ubicazione e dedicazione delle Cattedrali dalle origini al periodo romanico
nelle città dell 'Italia centro-Jettentrionale, in Il romanico piJtnieJe nei Juoi rap­
porti con l 'arte romanica dell 'Occidente. Pistoia 1 965 (Atti del l Convegno I n ter­
nazionale di Studi medioevali d i S tori a e d ' A rte, Pistoia 2 7 settembre - 3 ottobre
1 964 ). pp. 303-346.
) Cfr. C.D. FoNSECA, 'Ecc/e,çia matrix ' e ' Con ventuJ ci vium ', cit., p. 1 39: «È
noto come il motivo del l a dignità e del la premi nenza del la chiesa cattedrale risie­
desse nel fatto che essa custodiva la cattedra del vescovo. pontefice, dottore c pa­
store d i una determ i nata porzione del l a Ch iesa di Cristo. Tutto ciò cost i t u i v a la
chiesa epi scopale in una sorta d i matricità ri spetto a tutte le altre chiese del distretto
diocesano: e di essa q ueste chiese erano una naturale d i l atazione allo stesso modo
dei presbi teri che del vescovo erano i cooperatori nel m i n istero sacerdotale, dottri­
nale e pastorale, u n i ti a lui nello stesso spirito d i un ità che sant' Ignazio rec lamava
nella lettera alla Chiesa d i Fi ladel fia: ' Fate in modo di partec ipare ad una sol a Eu­
carestia ... poiché non v i è che u n solo al tare come u n solo vescovo con il presbi tero
e i d i acon i ' >> . Si veda C. V IOLANTE, Le Jtrutture organil.lative della cura d 'anime
n elle campagne dell 'Italia centro-Jettentrionale (secoli V-X). in Cristian iz.:.azione
ed organi?.:.azione eccfe,çiastica delle campagne nell 'A lto Medioe vo: eJpanJione e
reJiJtenza. Spoleto 1 982 (Settimana di Studio del Centro I tal iano di Studi s u l l ' A l to
Medioevo. X X V I I I ) , t. I l . pp. 963 - 1 1 5 8. in part. p. 978 : <d i popol o dei fedeli che a

57
tmnente un ordi namento canonico, u n ' attenzione ai fatti istituziona l i
al l ' i n terno del la Chiesa esi stevano assai pri m a del secolo X I : m a e s s i
n o n s' erano fatti , a hcn guard are, ancora q uel certo t i po di «ecc lesi o­
logi a>> , c ioè si stema, medi tazione teologica sulle i s t i tuzioni c sugl i or­
di namen ti ecc lesiast i c i : quel l ' ecclesiologia che è stata d e fi n i t a g i usta­
mente <<trattato d i d i ri tto pubbl ico ecc lesiastico»4.
Altresì d i battuta era l a q uestione del l a potestas spiritualis del ve­
scovo romano quale potes tas tmiversalis, « identi fi cazione vertical e » :
Chiesa = Ch iesa Romana = Papa\ non era assol utamente cosa d i poco
conto affermare il principio del primato romano a scapito del prece ­
dente ord i n amento i n v i rtù d e l quale l ' « u n i tà del l a chiesa è fatta pro­
prio su l l ' affermazione de l l ' u n i c i tà de l l ' ep i scopato»6. Ancora nel s e ­
c o l o XI Leone IV s i ri volgeva al vescovo di Porto come frater et coe­
piscopus7 : e U m herto da S i l va Candida ri portando n c i i Ad ve rsu s Si­ '

moniacos lo Ps. Am brog i o : !flterrogo tamen fra trem et coepiscopum


nostrum, quia ego et episcopus sum et cum episcopo /oquofò. M a g l i
stud i d i Ovidio Capi tani hanno fatto ampia l uce s u un momento c o sì
delicato nel l a storia del l a Ch iesa come q u e l l o i n c u i la problematica
ccc lesiologica fi n i v a per coinvolgere l ' i n tera soc ietà, ol tre che l e i s t i ­
t u z i on i ; l addove g l i s t u d i d i C i n z i o V i o l a n t e h a n n o fa tto i l p u n to
su l l ' i nevi tabi le rapporto tra cosc i e nza rel i g iosa ed evol uzione soc i a l e
ed economica c u i va i ncon tro tutta l ' Europa occ identale i n q uesto pe­
riodo a l d i fu ori , come g i u s t a m e n te fac eva osserv are V a u c h e z , d i
q ua l s i asi semplicistico schematismo9.

u n dato vescovo fa capo per ric e ver e i l battes i m o c l a cresi ma>> . Per una più a m p i a
c a g g i o rn a t a r ico g n i z i o n e deg l i st ud i s u l l ' a rg o m e n t o si r i n v i a al saggio d i C . D .
FONSECA. 'Ecclesia marrix ' e ' Con ventus civium ·. o l t re al v o l u m e deg l i A t t i i n c u i è
apparso lo stesso sa g g i o .
4 0. CAPITA N I , Immunità l'l'sco vi/i c i t . . p p . 1 5 - 1 6 .
1 Ibidem . p. 1 93 .
6 Ib idem . p . 1 93 .
7 Ibidem. p . 1 94 .
x A dversus Simon iacns. i n M. G. H. , ed. F. THANER, Libelli de lite lmperatorum
et Pontifìcwn. H a n n o v e r 1 89 1 , v o l . L Lib. L p. 1 27 . C fr . O . CAPITA N I , Immun ità
l'esco vili. c i i . , p . 1 95 . n. 44 : « S i n o t i che il passo d e l l o Ps. A mbro g i o . desu n t o d a
U m berto, è presente i n u n a c o l l e z i o n e c a n o n i c a a n a l i zzata d a G . FRANSEN . Une
co/lection cmum ique de la .fìn du Xl·· si ècle . in Re 1·ue de dm i t canon ique. X. 3/4 -
X L l ( scpl. d ee . 1 960: m ars 1 96 1 ) . Mélanges e n / 'honneur d e S . E. l e Cardina l
A . lu/lien. p p . 1 36- 1 5 6 , spec . p . 1 5 0, n . 2 1 3 a » .
" Per q u a n t o rigu arda i l fo ndamentale c o n tri b u to d a t o d a C i nz i a V i o l ante a l l a
c o m p r e n s i o n e d e l l e p ro fo n d e t r a s form a z i o n i c h e « a g i t a r o n o l ' Oc c i d e n t e d o p o
l ' a n n o M i l l e » , c fr. J . -F. LEMARIGNIER A . V A U C'HEZ, L 'opera di Cimio Vio/allle
n ella storiog rafìa medioe valistica con tempo ranea. Sa g g i o i n trod u t t i v o al v o l u m e
Studi mila cristian ità 111edioe vale. c i t.

5R
Ecclesia matrix e conventus civium ripropongono a l l ora, nel l ' ori z­
zonte più l i m i tato del l a d ioces i , i l d i battito ideologico d i tutta l a soc ietà
med i oeval e : potestas spiritualis e potestas temporalis. L ' inevi tabi l e
caric a ideologica d i c u i si ri vest iva l ' intero problema è da considerare
anche in rapporto al l e s ingole aree pol itiche dove esso assumerà spec i ­
fiche con uotazioni .
A l fano vescovo d i Salerno, m a pri ma ancora monaco a Benevento
e abate nel mon astero salem i tano d i S. Benedetto, v i sse tutte q ueste
tension i del l ' uomo del secolo XI nella pecu l i arità del l a sua formazione
monastica e cassinese, nel l a consapevolezza del prestigioso ruolo pol i­
tico che avrebbe potuto svol gere l a sua città sotto la guida del l ' antica c
g l oriosa di nastia longobard a 1 D. C ' è chi, come C i l ento, ha parl ato di u n a

1 o Per quanto ri guarda la figura, la personalità e la statura c u l t urale di A l fano.

i l periodo del la sua formazione e del suo apprendistato i n u n a temperic spirituale


estremamente raffi nata c sensibile, profondamente permeata dai valori d i u n uma­
nesimo sbocc i ato. sì, sul d i ssol v i mento medioevale dello stato ( d iceva G iovanni
Tabacco), ma soprattutto dal conferi mento di u n a n uova i dentità. forse soffert a .
m a s e n z a d u b b i o più ricca. al l ' uomo dci secc . X - X I I , si ved a i l n o t o lavoro d i N .
ACOCELLA. Salern o m edioe vale ed altri sagg i, ( a cura d i A . Sparano), N apol i
1 97 1 . pp. 3 - 3 1 9. Ma più di ogni al tro, forse. G iorgio Falco seppe in pochissime
parole cogl iere gli elementi che composero non solo i l mondo poetico di A l fano.
m a anche la sua v i sione ecc lesiologicamente ortodossa ed i n l i nea con i l movi­
mento riformatore gregoriano. l a sua maniera di gu ardare a l l a pol itica del tempo c
di far egli stesso pol itica, il suo mondo degli affetti del icati c v i ri l i di amicizie, che
non possono non lasciare il segno, quando per amici si i ntende un Pier Dam i a n i .
l ' Abate Desiderio, Le o n e Ostiense c Federico d i Lore n a . <<La pol i tica. diceva
dunque l ' i nsigne studioso - l a re l i gione, l ' amicizia furono le fonti del l a ispirazione
d i A l fanO>> (G. FALCO. Un vesco vo poeta del secolo Xl A lfano di Salemo, in A r­
chivio della Società Ro man a di Storia Patria. X X X V ( 1 9 1 2 ). p. 44 5 ) . Ma dove l a
sensibi l i t à poetica si risolve i n dono del l ' an i m a c attitudine del l a mente a cogl iere
e a percepire, nel contingente. nel particol are, g l i orientamenti e le l i nee di s v i l u p ­
po della v i ta, del la travag l i ata v icenda del l ' uomo eu ropeo occidentale. i l l i nguag­
gio acq u i sta i n chi arezza c forza di persuasione. Per i l Falco, c i oè . A l fano d i venta
una voce significativa del Medioevo. d i q uesto medioevo longobardo- normanno,
comprimario. se non protagonista di una vicenda che coinvolge contemporanea­
mente d i verse parti del l ' Europa, d i q uesto med ioevo med iterraneo e nord-europeo.
«Se raccog l iamo questi vari elementi che entrarono a com porre l ' opera di A l fano.
senti amo una eco talvolta potente di tutte le passion i che agitarono i l secolo unde­
ci mo. Senti amo nelle sue parole u n ' an i m a assetata di fede e lottante contro la cor­
ruzione del mondo. u n ' an i ma accesa del gran sogno pol i t ico d ' I l debrando, uno
spirito che s'è avvi vato sui classic i , che s ' è erudito con passione>> (G. FA LCO , Un
vescovo poeta del secolo Xl, c i t . , p. 468 ) . S u l l a poetica e s u l l a qual ità poet ica d i
A l fano si veda anche M . MANITIUS, Geschichte der lateinischen Literatur des Mit­
telalters. M ii nchen 1 923. I l , pp. 6 1 8-63 7 ; A. LENTI NI. Rassegna delle poesie di A l ­
fan o lla Salerno, i n Bulle/lino dell 'Istituto Storico Italiano p e r il medioe vo. 6 9
( 1 957), p p . 2 1 3 -242 ; M . OLDONI, La cultura latina a Salerno nell 'A lto Medioe 1•o.

59
<<cosc ienza etnica>> per la <<Casta domi nante» della Langobard i a m i nore
quale naturale meccan i smo di d i fesa di fronte ad una v arietà di c u l t u re,
alcune delle qual i predom i nanti 1 1 • È stato ancora osservato che A l fano
sem bra accarezzare << l a v i s ione di un nuovo ordine po l i tico» 1 2 . Le due
od i dedicate rispetti vamente ai pri ncipi G i s u l fo e Guido giusti fi c ano
certe i potes i d i interpretazione; esse riconducono, i n effett i , al l e spe­
ranze po l i t iche di A l fano, e, perché no, alle s ue i l l usion i , al c l i m a di i n ­
tenso fervore costrutt i vo e d i acceso dibatti to del l ' Ital ia centrale.

Tu I'Ìrtule animi, corporis et vi


A ugustos sequeris, nulla Catonis
te vinca/ gravitas, solus lwberis
ex mundi dominis rite superstes n .

Esal tazi o n i , nonostan te tutto, di i n genuo prov i n c i al ismo per i pro­


g e t t i di p o l i t i c a med i terranea a v v i a t i d a G i s u l fo con il v i a g g i o a

in Rassegna Storica Salerni tana . n . s . I l , l (giugno 1 98 5 ) , pp. 39-69. i n part . pp.


5 1 -62: <d nterlocutore di Desiderio · poi Papa Vi ttore III - . di Roberto i l G u i sc ar­
do, del pri ncipe G i su lfo Il e di I ldebrando - poi papa Gregorio V I I . A l fano oc c u pa
un posto fondamentale nella storia del la c i ttà. perché ne espri me le tendenze, ne
suggerisce alcune aspirazioni, ne spiega certi l i miti ; in più l 'esistenza del poeta­
agiografo-scienzi ato A l fano trova in Gu ari mpoto, h agiograph e nap oli tain . e i n
Costantino A fricano due grandi i n terloc utori , s ì d a descri vere a Salerno u n ' i ntel l i ­
ghenzia», e p. 5 7 : << Questa volta i l profi lo n o n è soltanto quello del l ' uomo d i
scienza, ma forse d ' u n affaticato protagoni sta che, nei suoi vers i . h a i nsegu i to tu tta
l a v i ta u n ideale armonico di pace che nemmeno al tempo d i Guai mario V l a sua
amata c i ttà è riuscita a raggi ungere. Nel l 058 A l fano è arc i v escovo d i Salerno, e
la sua poesia resta di speratamente poesia d ' i l l usioni, svi samenti retrò d ' u n i ntel l i ­
gente c consapevole protagonista che fabbrica nei suoi versi l ' ormai i m probab i l e
mondo desiderato; eppure la c u l l a q uieta di Montecassino. l a visione u m a n i s t i c a
ed idill iaca del l a grandezza di Salerno non mascherano completamente i g r a v i pro­
blemi di ordine pol itico e sociale che la fine del Pri nci pato, l 'avvento norman n o e
l ' i mpro v v i so ruolo giocato dal papato provocano a l l a . w le rn itana urbs». Per u n
completo e aggiornato quadro bibliografico s i rinvia a l saggio dello stesso Oldon i .
I l N . C ILENTO, Cultura e s to ria dell 'Italia meridionale longobarda . i n La c i ­

viltà dei Longoba rdi in Europa, Roma 1 974 ( Atti del Con vegno I nternazionale.
Roma 24 - 26 maggio 1 97 1 , Ci vidale del Fri u l i. 27 - 28 maggio 1 97 1 ), p . 1 95 . Per
una più chiara ed ampia comprensione di questa Longobard ia dove la mediterra­
neità della c u l tura originari a costitui sce i l terreno d i i n nesto delle c i v i ltà del l ' E u ­
ropa continentale si veda i l classico volume di N . Ci LENTO, Italia meridionale lon ­
gobarda, M i lano - N apoli 1 97 1 .
1 1 A . LENTI N I . Le odi di A lfano ai principi Gisulfo e Guido di Salerno, i n A e ­

vum, fase. 3 ( 1 95 7 ) . c i t . p. 236.


" l carmi di A !fano l A rcivescovo di Salerno, a cura di A . LENTI N I F. A v A ­
G U A N O , Montecassino 1 974. A d Gisu lfum Principe m Salernitanum. v v . 9 - 1 2 . p .
1 4 3 . D' ora i n poi. per brevità, si farà rimando al titolo d e l componi mento poetico
e a i curatori del l ' ed izione critica.

60
Costanti nopol i ? l 4 Esagerata pre v i s i one sul futuro del pri ncipato e del
suo c apol uogo g i u s t i ficata dagl i splendori d i q u e l m a g i c o periodo

1 4 A M ATO DI M ONTECASSINO, Storia de ' Normanni. ed . DE B A RTilOLOMAEI S, i n


Fonti p e r l a storia d 'Italia. Roma 1 93 5 , l . I V . c . X X X V I I . p. 208 : << A près cesl u i .
G i solfe prist lo baston e t l ' escrepe come pcrcgri n . et ala cn Costentinoblc. à l a l m ­
pe reor>>. c . X X X V I I I . p p . 208-209: << Pour la force que l u i estoit m i s devant. fu
constrei nt lo Pti nce de cncl i ner la teste cn tcnc . . . Lo Archcvesque dc Salcrne et un
e v e s q u e d e Rome>> - B ern ardo d i Palestri n a - << nez et norri s . et lo Canccl l i c r
estoient humile devant la magesté imperi a ! . Entre tant q u e G i solfe parloit d c l a
perversion de l i Normant, ceaux parloient de la voie de l o r peregri nage», e c .
X X X V I I I I , p . 2 1 1 : <<Et l i evesque, liquel estoient l u m i ere del l a Ec lize d e Dieu. se
efforcerent de compl i r lor bon entendement. Si s'en alerent à lo sai nt Sepulchre.
en Jerusalem. Et l o Prince reme i n s t ; ... Et l i Archevesquc prist autre voic. pour
pan i r soi de sa compaingnie. Et v i n t droit à lo due Robert, de loquel non fu receii
come anemi. mès comme ami>> . I l Lenti n i g i à neg l i anni passati ha ric h iamato l ' al·
tenzione sul senso di questo passo d i Amato, abbastanza controverso a suo parere
e meno semplice di quanto possa sembrare. <<La venuta del l ' arci vescovo presso i l
Guiscardo - ven iva osservato - naturalmente segreta n e i confronti di G i s u l fo. si
po trebbe i nterpretare come provocata non solo dal l ' i ndegno trattamento c h ' e g l i
a v e v a subi to dal pri ncipe. ma anche. c soprattutto, dal l ' i ntento d i scoprire a Ro­
beno l e c arte che q uel lo aveva giocato a B i sanzio sotto la fi nzione del pellegrinag­
gio. In quella fase storica il papa, Alessandro Il, era coi Norman n i . men tre contro
di essi i nobi l i romani con l ' amalfitano Pantaleone e con Benzone vescovo d ' A l ba
sostenitori del l ' antipapa Cadalo, tramavano u n ' a l leanza tra i due imperi, con l ' i n ­
tesa dei pri ncipi del l ' I t a l i a meridionale. N e l quadro di queste manovre deve collo­
carsi l ' i niziativa di G i su l fo, d i retta non tanto a sollecitare l ' i ntervento del l ' i mpera­
tore bizanti no . . . quanto soprattutto ad acqu i s tarlo agl ' i nteressi del suo pri nci pato .
. . . Ma ci possiamo domandare : di q uesta venuta presso il G u i scardo, per quanto
segreta, non doveva A l fano temere che qualche cosa trape l asse a G i sulfo ? » ( A .
LENTINI, Sul viaggio costantinopolitano d i Giml(o di Sa le rn o co n l 'A rcivescovo
A lfano, in L 'Italia meridionale nell 'alto medioevo e i rapporti con il mondo bizan­
tino, Spoleto 1 959 (3° Congresso I n ternazionale di Stud i su l l ' Alto M ed i oevo. p .
440). I l Lenti n i ritiene abbastanza verisim i le, perché conf01tato da una p i ù attenta
i nterpretazione dei fatti sulla base di una rilettura fi lologi c a del testo d i Amato.
che s i a G i sulfo e non Alfano a recarsi presso il G u i scardo. Quest ' u l ti mo, i n fatti,
osserva lo studi oso, non aveva moti vi che lo conducessero presso i l duca norman­
n o a d i fferenza del pri n c i pe G i s u l fo. il cui d i segno era. probabi lmente quello d i i n ­
c r i n are i l fro n t e pol i t i c o Norman n i - S a n t a Sede. V i ene a n c ora osservato c h e
l ' espressione << non f u receii c o m e a n e m i . m è s c o m e ami» n o n ha senso riferirla ad
A l fano, v i ttima tutt'al più delle manovre di Gisulfo a Costanti nopol i . e sempre i n
u n a condizione d i precaria sicurezza per aver i suoi congi unti pattec i pato a l l a con­
g iura contro Guai mario. <<Dice Amato - conti nua dunq ue i l Lenti n i - Et io lmpera ­
t o r constreint l o Prince o tout terrible sacremens. . . E t retorna ric lt e . e c c . I l sog­
getto è stato cambiato senza alcuno avviso: chi ritornò fu G i s u l fo . Et li A rcheve­
sque prist autre voie, pour partir soi de .ta compaingnie. Questo periodetto può
considerarsi anche i n c identale. Quindi s i ritorna al soggetto di pri ma. Gisulfo: Et
vint dmit a lo due Robert, de Joq ue l n on fu receii come anemi. mès comme ami. Et
non / 'ot. . . Evidentemente q u i il soggetto è cambiato d i n uovo: ora è Roberto>> . << . . .

61
c o i n c i dente con la maturità di A l fano, quello ci oè deg l i an n i o t t a n ta
del secolo XI ? O, ancora, come suggerisce Massimo Oldon i : «utopia
pol i t i c a che n asce dal l a d i sperazione d ' una i n tel l i gen za» 1 5 ? Verame n -

la n uova congettura i n fi ne - d a u n a parte conc i l i erebbe megl i o i d u e t e s t i d i


Amato e presenterebbe Gisulfo i n u n a l i nea compiutamente e coerentemente equ i ­
voca c mallida. quale è almeno nel l ' i n tenzione del l o storico cassinese: d al l ' al tra
mod i ficherebbe l ' aspetto de lla condotta di A l fano. il quale sarebbe tornato in d i ­
sparte da G i s u l fo. s ì pericoloso compagno d i v iaggio. ma direttamente (come s i h a
ragione di supporre) a l l a sua sede epi scopale. senza u lteriori pratiche né manovre
né ri mostranze presso il G u i sc ardo. Ed anche più col l i merebbe con le l i nee d e l l a
figura d i A l fano. uomo mite si ncero e d affettuoso, a l i e n o da o g n i arte che sapesse
di raggi rO>> ( A . LENTI NI, ib .. p 443). Si veda al riguardo anche N. ACOCELLA. Sa ­
ferno m edio e vale , c i t . . pp. 57-60. Per la presumibile data del v i aggio si veda i l
commento d e l D e B artholomae i s a l l a Storia de ' Normanni. p. 208, n . I . S i veda
pure l ' al tro contributo di A. LE NTI N I . Le odi di A!fano. c i t . . p. 234: <<Così q uel l o
stesso G i s u l fo c h e n e l 1 062. o p oc o d o po . era stato a B isanzio, a l l a presenza d i A l ­
fano e di Bernardo. a tramare contro i l Gui scardo, ora è presentato da A l fano a l
centro d i u n ' i mpresa ideata n o n solo contro il d u c a normanno c gl ' i nfede l i . m a a n ­
c h e con tro B i sanzio». Su un altro aspetto d e l l a questione. v a l e a dire quel l o riguar­
dante una certa di mestichezza di A l fano con la raffinata tradizione del pens iero
greco-orientale. si veda il cl assico l avoro di N. Ci LENTO. L 'lw!ia meridionale lon ­
goba rda. c i t .. p. 9: << l grandi nomi del l a cultura che troviamo al momento del tra­
monto po l i tico del l a Longobard i a sono longobardi e d i casate pri ncipesche: a c o­
minciare da Desiderio ( l 05 8- 1 087). l ' abate che promosse la fase più i ntensa di v i t a
spirituale c culturale. e segui tando c o n A l fano ( l O l O- l 085) arci vescovo di Salerno,
poeta. autore di trattati di fisiologi a e di medicina. traduttore d i opere greche fra c u i
quelle d i Nemcsio d i Emesa e poi c o n Costantino l ' A fricano. c h e dopo aver stu d i a­
to l u n go tempo nella 'Casa del Sapere ' a B agdad, fra il 1 056 c il 1 087, si dette a
trad urre dal l ' arabo e dal greco opere di medi cina e a comporre l u i stesso . . . , con
Guaiferio monaco e autore di carmi non del tutto pri vi di qualche ispirazione. con i l
grammatico A l berico e d i nfine c o n Pandolfo d i Capua. anc h ' egli monaco c h e . c i rc a
i l 1 06 1 , scrisse opuscol i astronomici, cronologici e matemat i c i » .
1 5 M . OLDON I . La cu l tu ra latina a Salerno, c i t . , p. 59. Cfr. i n fra n . 1 6. M o l t o
più i sol ato nel vagheggi amento di u n mondo fittizio d e l t u t t o di sarticol ato d a l l e
tensioni alla base dei profondi cambiamenti i n a t t o l ' A l fano proposto d a Oldon i
anni addietro. del udente rispetto al realismo di Amato. e capace di vi vere << i n u n
personale tempo storico dove, volontariamente. mette fuori scena i Norman n i . e
soltanto controvog l i a è costretto ad av vertire il malessere di quei giorn i » ( M . O L ­
DON I . lmel!ettua!i cnssinesi di .frollie ai Normanni (.1ecoli XI-XIf). i n Misc:e/lanea
di sw ria iw lia n a e m edite rran e a per Nino Lamboglia, Genova 1 978 p. 1 3 9): capa­
ce d i cantare <<caduche i m mortal ità per i l malefico G i s u l fo Il» (ivi. p. 1 37). << U n
epos fasu l lo» ( i v i , p. 1 3 8). che s i appaga. ancora. d i u n <<quieto u n i verso morale>•
del imi tato dalle <<figure benedette che i l l ustrano i carmina c la sua produzione i n ­
nografica» ( i v i . p. 1 40). Non è da escludere. pure. c h e A l fano sia. c s i a stato. p i ù
uomo comune d i quel che la lettura e l a critica delle cose che egli c i ha lasc i at o
possano far i mmagi nare. O forse ( anche) non ha mai pensato e desi derato d i essere
grande 1 Ma se è vera la modestia del l a sua personalità, tanto più sorpre ndente ap­
pare quest' uomo. capace, nonostante tutto. anche con il concorso favorevole d i a l -

62
te del udente dovette essere l ' esperienza costanti nopo l i tana. I ton i ac­
corati del l ' ode a Gu ido partec ipano l ' am arezza e l a so fferenza d i A l -

c u n e c i rcostanze, d i real i zzare i l progetto grandioso de l l a cattedrale salern itana


sen t i ta , questo s i ! . i n tutto i l suo significato storico. ideologico, ed anche ( perché
no?) d i politica contingente. Il cortigianesco e l ' occasio nalità poetica di u n Venan­
zio Fmtunato. per esempio. vengono, a mio modo di vedere. superati e con una
certa fel ic i t à di sol uzioni dal la sua coscienza cristiana. formazione monastica. dal­
la s u a c u l tura d i uomo e d i vescovo del l ' X l secolo. L' unicità del ruolo del cristia­
nesi mo. della Roma cristiana, c he i n Cassino ritrova gen u i n a espressione (quasi un
ritorno a l l e origi n i ), è, in effett i . l ' u nico protagon i sta di q uesta c ronaca i n versi
tracci ata dal l ' arc i vescovo di Salerno. S i potrà parl are pure di ' asten i a ' poetica ma
non di << i n attualità della sua val utazione delle cose» ( M . OLD0/101, Intellettuali cas ­
sinesi. c i t . . p. 1 37). Questa posi zione è stata in parte attenuata i n a l c u n i recenti
contributi dello stesso Oldoni che ' recupera' A l fano come promotore c u l turale e
sensibile i nterloc utore di personaggi signi ficati v i per il Mezzogiorno med ioevale
( c fr. spec i almente M. OLDON I , La cultura latina a Salerno, c i t.. pp. 5 1 -5 2 : « . . . A l ­
fano occupa u n posto fondamentale nel la stori a d e l l a ci ttà. perché ne espri me l a
tendenza. ne suggerisce alcune aspirazioni, ne spiega certi l i m i t i : i n più l ' esi stenza
del poeta-ageografo-scienziato A l fano trova i n G uarimpoto. Hagiographe napoli­
tain, e in Costantino Africano due grandi i n terlocutori. sì da descri vere a Sa lerno
u n ' i ntel l ighenzia, se poi pensiamo che pri ma attorno a personaggi così ruotano a l ­
tri i n tel lettuali benedetti n i , più o meno col legati c o n l a S c u o l a Medica. qual i Pietro
Gri maldo, Adal ferio, A l fano ch ierico. Maraldo, di cui si è perduta l ' opera ma non
la memoria>> , M. OLDO N I , Il Medioe1•o senza santi. w Scuola Medica di Salerno
dalle origini al secolo Xl/l, in La Scuola Medica Salernitana, Napol i 1 987, pp. 5 -
3 2 ) . I l nesso (che è di natura ideologica, c h e denunzia. al contrario. v i sione reale
delle cose) fra civitas-cathedralis ecdesia -episcopus. è sentito fortemente da A l ­
fano. M a tteo e le s u e spoglie ' possono' essere ( a l l im ite) u n pretesto storico. m n
n o n i deologico. L a Cattedrale salern i tana c o n l e spog l i e del l ' apostolo M atteo non
si pone i n alternativa a Roma; fa tuttav ia v i vere cristi anamente u n nuovo sussulto
di spirituale entusiasmo; conchi ude fel icemente l ' i t i nerario pastorale del suo arc i ­
vescovo; converte la conq u i sta normanna i n progetto pol i t ico. risol vendo l ' acci­
dentalità del l a v icenda nel più ampio d i segno del la storia umana, che è per A l fano.
e suoi contemporanei, stori a di sal vezza. R idefi n i re la figura d i A l fano. ricondun·e
la sua personalità entro più veri s i m i l i m i sure e proporzioni. q uesto si ' . È l a stessa
fi gura di A l fano a guadagnare, perché più credibile. come uomo. nel l a sua norma­
l i tà. Dirlo u n estraneo al suo tempo mi sembra i n vece u n tantino eccessi vo; i n fon ­
do i l uoghi com u n i d e l l a sua poetica sono rintracc iab i l i in tutta la produzione di
q uesto periodo a part i re dal l ' a l to medioevo. Troppo di verso, comunq ue. Amato d a
A l fano, e A l fano da Amato. L' uno si fa portavoce d i una generazione e di u n a c u l ­
t u ra d i v i nc i tori , l ' a l tro espri me i l d i sa g i o e l ' i n s i c u rezza d e i v i n t i . C f r . V .
D ' A LESSANDRO, Storiogra(ia e politica nell 'Italia normanna. Napoli 1 978, pp. 89-
90: «Sul piano pol itico. dunque. le posizioni dei due cassi nesi d i vergono. Da una
parte era A l fano. fedele gregoriano nel la c i ttà 'caposaldo della po l i t i ca pontifi c i a ' .
leale collaboratore della di nastia longobarda. Dal l ' altra parte era A mato, sosteni­
tore d e l l a causa degl i Altavilla. nella c u i affermazione vedeva l a fi ne dei contrasti
che avevano sempre affl itto il meridione e l ' attuazi one dei programmi i nd icati dal·
la r i forma. I l contrasto di idee dei due cassinesi è anche una test i monianza del t ra -

63
fa no per l ' e ffi mera v icenda salern i tana, per l ' i ncon s i s te n z a d i u n a
cand idatura del l a c i ttà campana a cen tro d i e q u i l i brio del l a pol i t i c a
medi terranea.

Quicquid habere prius fu erat haec visa decoris,


momento periit, fumus et umbra fui t l 6 •

vagl io provocato dai problemi per l a concreta realizzazione dci programmi rifor·
malori, oltre alla di versità d ' i nterpretazioni dottrinarie. alle resiste nze e alle oppo·
sizioni i n seno alla stessa gerarchia>> .
1" Ad Guidonem .fratrem principis Salernitani, ed. A. LENTIN I F. A VAGLI ANO.
-

vv. 25-26. p. 1 50. <<La gloria del la culla i ppocratica si sovrnppone alle memorie
d ' un passato dove A l fano scorge nel principato d i Guaimario V i l magico momen­
to del l ' i mmortalità uni versale. Da qui al mito i l passo 1: breve c la cultura stessa
del poeta gli fa sovrapporre immagini di storie i l l ustri : non esiste più sol uzione di
conti nuità fra la celebre Cartagine rivale di Roma e la Cartagine medioevale, mer­
cato di scambio. ma priva di politiche che possono sfiorare le grandezze salernita­
nc cui bastano. però. Sicardo nel passato e Normanni nel domani a fi ssare confi n i
precisi» ( M . 0LDO N I . w culru ra latina a Salerno, c i t . , p. 5 8 ) . I l rimpianto. l a no­
stalgia. che i n toni accorati erompc dal l 'animo di Alfano i n u n tormentarsi della
memoria. non si risolve i n steri le compiacimento. i n un frustrante godi mento del l a
mente e d e l l o spirito, proprio perché l ' i ntim ità d e l s u o sentire accoglie e avverte ( c
qui è la s u a poesi a) la portata di u n evento c h e cambierà molte cose relegando n e l
passato l 'orgogl io. la fiera c creativa vitalità di una sti rpe c h e ha fatto tutt ' uno. c h e
si è i ndentificata, c o n l ' humus della terra conquistata, assumendo dalla sua gente
nuova l i n fa, e arricchendosi di tollerante cosmopol itismo. Lo stesso A l fano offre
la testimonianza più signiticativa di questa disponibilità; il suo passato e le sue
origini non gl i i mpediscono di cogliere con estrema l ucidità i l segno dei tempi, lo
sviluppo di una situazione divenuta ormai irreversibile. Non si spiegherebbe. di­
versamente. i l suo accostarsi all a parte normanna. Con questo non si v uoi propor­
re, di Alfano. u n ' i m magine che poco gli si addice. quella cioè del l ' a v veduto pol i ­
tico c h e c o n assoluto distacco e fredda determi nazione si schiera c o n i l nemico,
ormai chiaramente e inevitabil mente vincitore. <<momento pe riit. .fumus et um bra
(uit» : dimensione e senso cristiano della vita i n cui fi nisce per risol versi , trovando
giustificazione. conforto e ragione nel lo stesso tempo. l ' amarezza e i l rimpianto
del l ' uomo. Questa la sostanza umana del mondo poetico dei carmina dove tutte le
tensioni politiche si smorzano nella accorata consapevolezza di u n a fi ne ormai
prevedibile e intuibile nel l ' andamento delle cose, nel corso degli avvenimenti. <<Di
questo capovolgimento di fortune era ben consapevole Alfano. che nel l ' ode a G u i ­
d o , dopo aver esaltato i l tempo di Guaimario, ricordava come a l l a morte di que­
sto•• (P. D E LOG U Miro di ww ciuà meridionale. Napol i 1 977. p. 1 68) potenza. de­
,

coro. prestigio e ruolo pol itico. d'un tratto. furono fum u s er umbra. G l i stessi ri­
chiami alle immagi ni di eroi e di grand i uomin i politici del passato classico con­
corrono a rendere più si ncero e sofferto l ' effimero. riferito, al contrario. dal cristia­
nesi mo a qualsiasi espressione della virrus umana. «Questo amico di Pier Damiani
e di I l debrando fu sopratutto u n ' an i ma mite; l ' ideale ascetico e i l terrore del male
non lo tennero così da sottrarlo ad ogni dolce consuetud ine di vita. i travagli delle
lotte pol itiche non l ' attristarono tanto ch'egl i non levasse lo sguardo e non sorri ­
desse alle serene apparenze del mondo» (G. FALCO. Un ves covo poeta del secolo
Il rimpian to per q uesto splendore d urato solo l ' arco di una stagio­
ne p robab i l mente non abbandonerà l ' uomo, i l poeta, i l vescovo; esso

Xl. cit., pp. 462-463 ). Ma si può parlare d i una romanità di Alfano? . . la gran­
< <.

dezza d i Guido e di Gisulfo che per i l papato si acci ngono a combattere i G reci e i
Normann i , la grandezza di I ldebrando che lotta contro l ' imperatore tedesco è la
gloria d i Scipione che ha sal vato Roma da Annibale. d i Mario e di Cesare che
l ' ha n condotta alla vittoria contro i Gal li e i Germani . Quanta gloria ai d i fensori
del l a patria ! >> (Quanta gloria pubblicam l rem tuentibus indita .wepe iam fuerit. . . ) .

« .. . I ldebrando è un eroe romano che combatte contro la barbarie tedesca. le arti


sue son quelle che fecero di Roma i l mondo>> (G. FALCO, Un vescovo poeta del se­
colo Xl. cit., p. 467). È lo stesso Falco. tuttavia. a riportare questo aspetto della
poesia d i Alfano alla erudizione classica del medioevo: «Di elementi eruditi, e di
mot i v i tradizionali è tutta quanta pervasa q uesta breve opera : poesie echeggianti
dei m etri e del le parole di Orazio, di V irgi lio e d ' Ov idio. giochi verba l i . assonanze
e vana pompa di ripetizioni e di ampl ificazioni, lunghe argomentazioni intorno al­
la falsità degli dei pagani , all' essenza della Tri n i tà, alle meraviglie del Cristo e al
peccato origi nale; disquisizioni m itologiche, storiche e geografiche; forti eccita­
menti alla lotta mondana ed esaltazioni di martiri, sonanti deg l i accenti d i Com­
modiano e di Cipriano, degli accenti di tutta la lunga, vasta tradizione rel i giosa;
visioni d i Paradiso tutte splendide delle i mmagi ni di Prudenzio, di Sedulio. di Dra­
conzio, di Yenanzio Fortunato>> (G. FALCO, Un vescovo poeta del secolo Xl. cii.,
pp. 468-470). Un po ' tutta la cultura di cui si sostanzia la poesia medievale di que­
sto periodo è qui presente. E altresl evidente come Alfano sia figlio del suo tempo
nello sforzo di assumere alla qual ità cristiana del sentire model l i e immag i n i del
mondo c lassico, e di conferire dignità e austerià alle forme del pensiero contempo­
raneo con la rivisitazione e rilettura di una gloriosa tradizione. d i cui l ' eco non si è
spenta. Ma è proprio questa lontananza del ricordo e del la memoria a ri stabi l i re le
d i stanze. a collocare richiami e rievocazioni nella gi usta mi sura del confronto sti­
molante. Momentus. fu m us e umbra non sono proiezioni dello spirito estranee ad
una vena crepuscolare, i n definitiva sempre presente. della cultura. prima ancora
che della poesia, di età augustea e postaugustea. Esse. meglio ancora, sembrano
rinviare molto più sempl icemente alla inevitabile percezione c riflessione della fu­
gacità delle cose. del tempo e della storia. Esse, ancora, espri mono la mestizia di un
sentimento che è del la maturità dell ' uomo e di una civi ltà: non sono forme dello
spiri to. atteggiamenti del l 'anima riconduci bili a classi ficatori schematismi cultural i .
I n fondo l ' i nvito oraziano a cogliere l ' attimo di felice, perché libera, creatività, sup­
pone questa consapevolezza del l ' i narrestabi lità del tempo . In u n altro momento di
i ntensa e i neguagliabile operosità creativa, allorché l ' uomo era ri usc i to a l iberarsi
di un certo asceti smo fondato su una visione dual istica e su una certa tradizione del
cnntenrptus mundi, riecheggierà ancora una volta il richiamo sulla brevità della vi­
ta: 'Chi vuoi esser l ieto sia' ; probabil mente non c ' è nulla di carnascialesco. I l cri­
stianesimo. pur tuttavia. e con esso i l mortificante ascetismo. riscatta questa laicità
di una cultura dal suo pessimismo. proponendo. proprio alla sogl i a di quel l ' incer­
tezza del domani, del defi nito dies oraziano. l ' ini zio del l ' eternità. Malinconia. no­
stalgia. cocente rimpianto per il rapido concludersi di ciò che sembrava appena co­
minciato sono segni, perciò, di u n ' accentuata sensibilità di fronte al caduco e al l 'ef­
fi mero che attraversa la cultura europea. nello spessore dei secoli , dalla tarda lati­
nità all ' alto medioevo, agli anni di Alfano. d i Pier Damiani. di I nnocenza 1 1 1 . senza

65
ria fli ora i n fatt i , s i a pur d i versamente intonato, in vari momen t i d e l l a
sua vita c del l a sua produzione .
. . . Salemus
pmecipllll La tii ditior urbe fuit 1 7 •

Exlll fit hanc Bab rlon peregrini.1· re b us e l au ro,


splw e ra qui bus solis o cci dit ampia loc ù l 8 .

mai esauri rsi . proiettandosi verso un futuro che sembra giungere fino alla l i rica ro­
mantica. Già nel De rmi.� nmcenribus la natura è matrigna : Conquerimur, Natura.
brevi.< q twd graria.florum: l osfenlafa ocu/is ilico dona rapi.< (Il <<De rosis nascenti­
bus», a cura di G . C li PAi lJOLO. Roma 1 984. vv. 4 1 -42. p. 1 73). E allora, pi ù che
scordare <<i l carattere pagano di quegli eroi>> (G. FALCO. Un vescovo poeta del seco­
lo Xl. cit., p. 468). Alfano ritrova la romanità di quella virrus proprio nella nuova
forza cristiana. nella vitalità di una fede che ha profondamente rinnovato i l mondo:
His el archiaposroli /fervido gladio Petri /frange robur et imperus l ill ius ve/tts 111
.

iugum l usque senriat ultimum.


Ma soprattutto Quanta vis anathematis! <<A l fano>> - è stato detto - sente la
grandezza del la Romanità, c h 'ebbe due grandi periodi. il pagano e politico, e i l
cristiano e papale; e d ei li confonde>> (cfr. N . AcocELLA, Salerno medie1•ale, cit . .
p. 1 24). N o n è c h e Alfano senta lttlla l a grandezm della Rnmanità; egli , anzi, n e
coglie l ' aspetto più intimo e meno appariscente. L a sua sensibilità d i cristiano, i l
s u o rigore spirituale di monaco ne coglie la qualità più genui na: la laboriosità, c i oè
l ' urgenza d e l costruire. d e l costruire quella pax possibile solo c o n l ' affermarsi del­
la dignità del l ' i nd iv iduo. condizione alla stessa l i benà: i l disegno cristiano d i Gre­
gorio V I I tendeva proprio a questo. Non si tratta. perciò di confusione. o di so­
vrapposizione di due mond i . È proprio A l fano a sentire l ' impossi b i l i t à di ceni
confronti. Le glorie del passato si dissolvono nel l 'evanescenza del sogno, del ri­
cordo: Quicquid el Marius prius l quodque lulius egernnt l maxima nece m ifirum l
voce 111 modica facis. l Roma quid Scipionibus l cererisque Quiritibus l debuit ma­
ge quam tibi. l cuius est studii.< suae l nacra iura potentiae ?
I ldebrando, Desiderio c Pier Damiani sono i nuovi ero i ; M ario. Cesare , i Qui­
riti tutti : fumu.< e t umbra. Tutte l e qualità richieste ad u n romano al momento
del l ' assunzione del la toga virile sono le virtù di cui si compone la personalità di
I ldebrando: Cordis eximius v igor l vira nobilis. optimas l res sequura, probanr qui­
dem l iuri.< ingenium. modo l cuiu.< artibus weri.<.
Non vi è tuttav ia alcuna confusione o sovrapposizione di pian i . La mmana
''irltls è stata spogli ata di tutto il suo impulso dionisiaco. di tutta la sua serenità lai­
ca, per trasferirsi nel rigore di una coerenza di vita votata al sacrificio. Tutto ciò
che per Alfano è grandioso, dunque, è cristiano e poi anche romano ! Nel suo mon­
do e nella sua coscienza di monaco benedetti no tutte le suggestioni che potevano
venire dalla cultura classica. le immagi ni dci vari Catone. Cesare Augusto. Fabii e
Cornelii delle odi (diremmo pol itiche) a Gisulfo e Guido, servono ad utile confron­
to per riconoscere la superiore grandezza della cristianità romana, l ' eternità della
c i ttà del Pontefice. centro del l ' i ntera comunità ecclesiale.
1 7 Ad Guidrmem. vv. 9- 1 0.
' " Ad Guidonem. vv. 1 5 - 1 6.

66
Ma l ' attenzione d i A l fano per le attese, per i probl e m i del suo
tem p o spazia e n tro con fi n i ben più ampi dove il tempo s i r i s o l v e
nel l ' escatologico, i l naturale nel sovrannaturale, l ' ord i n amento soc i a­
le in q ue l l o eccl esiologico. Coeren temente con la sua form azione mo­
nastica, egl i , dal l a sua chiesa, è in una costante tensione verso i l mon­
do, verso l a soc ietà in c u i la chiesa si i n serisce real i zzandos i .
L a central i tà del l uogo di c u l to , del magistero ecclesiastico ri trova,
spec ialmente in q uesti seco l i di accesa con fl i ttual ità, nella sede c i tta­
d i n a del l a cattedra vescovi le, tutta la sua forza di persuasione ideolo­
gica. di fu nzione pol i t i c a coibente del le cosc ienze. I l conventus ci­
vium e la ecclesia matrix l asciano un ' i mpronta non solo i n campo ur­
ban ist ic o, m a anche e soprattutto neg l i orientamen ti c u l tural i , negl i
schem i mental i del l a soc ietà del secolo Xl .
La «coscienza pol i tica», l ' acceso c l i m a pol itico del l a m u n ic i p a l i tà
ha c on tribui to sen z ' a l tro a detì n i re i l ruolo del l a ch iesa cattedrale per
quel l a convergenza di mot i v i di ord i n e rel i gioso, e di moti v i di ord i ne
pol i t ic o così i nconfond i b i l mente medioevale. La tendenza a far coi n ­
ci dere i l m assimo l uogo d e l c u l to c o n l a residenza urbana d e l vescovo
fu un problema già vivo al tempo del Conc i l i o di Orl éans tenutosi nel
5 1 1 se si avverte l a necessità di affermare che: . nulli civium pascae,
. .

natalis Domin i ve! quinquagesimae solemnitate in villa liceat cele ­


brare. nisi quem injirmitas probatur tenuisse 1 9• La v i s ione d i u n a pie-

1 9 Conci/ium A u re/ianense, 5 1 1 lui.. ed F. MAASSEN , i n M . G .H . , Legum Secrio


111. Concilia. L Hannoverac 1 893, c. XXV. p. 8. Cfr. C.D. FONSECA, 'Ecclesia ma·
trix ' e 'Conventus civium ', cit.. pp. 1 40- 1 4 1 : <<D'altra parte, almeno tino al settimo
secolo. quando la cristianizzazione aveva raggi unto più consistenti proporzioni terri ­
tmiali. era fatto obbligo ai preti di unirsi al proprio vescovo per celebrare i nsieme le
grandi feste del l ' anno liturgico come Natale. Pasqua e Pentecoste, e tale obbl igo era
stato esteso anche ai laici più ragguardevoli al fine di riaffermare il pri ncipio che sia
le patTocchie urbane che quelle rurali altro non erano che la emanazione della grande
parrocchia di cui il vescovo era il pastore: in tal senso si espri mono i canoni dei con·
ciii di Agde del 506, d' Epaone del 5 1 7. d' Auvergne del 535. Conseguente a tale con­
cezione della dignità c della preminenza della chiesa che custodiva la cattedra del ve­
scovo è la terminologia che designa: ecdesia maior, ecdesia principa/is. ecdesia
mater. Gregorio di Tours la i ndica con il termine significativo di ecdesia sen ior.
mentre nel concilio pavese del l ' 850 ricorre l 'espressione ecdesia marrix cui era a ca­
po il vescovo così come gli arcipreti dovevano essere a capo delle pievi». Per com­
pletezza del l 'esposizione riportiamo i l testo del can. XXV del concilio di Epaone, cui
fa riferimento Fonseca: U t cives superiorum natalium noctem paschae ac nariviratis
Domini .wllemnitate episcopo.<, nec interesr in quibus civitatibus positos, accipiendne
benedictionis desiderio noverint expetendos (Concilium Epaonense, 5 1 7 Sept. 1 5. ed.
F. M AASSEN. i n M. G. H., Legum Sectio 111. Conci/in. Hannoverae 1 863. c. X X V , p.
27. Si veda poi J . H EERS, LA ciltà nel Medioevo, M ilano 1 995. p. 4 1 8: << l luoghi di in­
contro e d'assemblea, come del resto i primi mercati, sono 1i masti a lungo legati alla
cattedrale. alle abbazie urbane, alle chiese patTocchial i>>.

67
nczza ecc l e s i o l o g i c a sacramentale risalente ad Agost i no, ri propos t a
n e l l a form u l a : societas ipsa sanctorum ubi pax erit et unitas plena
perfecta20, c rcal i zzantcsi nel «popolo de i fedel i che a un dato vesco­
vo fa c apo per ricevere i l battes imo e la cres ima>> 2 1 , in A l fano, in que­
sto presule d e l l ' Ital i a cen tro-meri dionale, s i espri me i n term i n i non
d i remo personal i , m a sen z ' al tro trad i zional i , vale a d i re rispo n d e n t i al
patri mon io d i q uest' area cul turale longobardo-cassi nese22.
Fra i compon imenti poetici d i Alfano. quel l i riguardanti l a trasl azio­
ne e la deposi zione delle rel iquie del l ' apostolo Matteo nel l a cattedrale di
Sal erno consentono d i risal ire al la sua formazione e impostazione ideo­
logica.
« A l fano>> - d ice Paolo Delogu - «Conosceva i l pres t i g i o del co­
stru i re ed i l meri to d i dar d i m ora ai san t i ; sapeva che nelle costru z i o n i
sac re s i espri meva l ' i mportanza del l a c o m u n i t à che v i s i raccog l i e­
va>>23 .
Il ri n ven i mento del le rel iquie del l ' apostolo era avvenimento d i ta­
l e portata da scuotere ed esal tare l a cosc ienza e l o spirito del l ' i n tera
com un ità sal ern i tana, se non del l a i n tera cristian i tà. « R i n v e n i m e n t i
m i racolosi così opportunamente ver i fi c a t i s i n e l tempo d i ffi c i l e>> 24 è
stato detto.
I n m o m e n t i d i grande ten s i o n e s p i r i t u a l e , dec i samen te creat i v i ,
l ' opport u n i t à spesso r i sponde a c h i arezza d i i d e e , a t e m p e s t i v i tà
n el l ' operare , che non (almeno non sempre) a program m ata persuasio­
ne del l e cosc i e n ze . Certamente i l secolo d i N i ccolò I I e d i Gregorio
VII non poteva farsi sfuggire u n ' occasione del genere ; a l l a stessa m a­
n i era A l fano e la c i t tà di Salerno non potevano r i n u n z i are a questo
momento così s i g n i ficativo.
La noti z i a e l ' evento sono così eccezional i da superare, i ne v i tabi l ­
mente, le m u ra c i ttad i ne i n c apac i a custod i re tanto segreto :

211 C fr . Y. CONGAR. L "ecclésiologie du haur Moyen -Age. Pari s 1 968, p . 88. n.


1 24 .
2 1 Cfr. C.D. FONSECA, 'Ecdesia marrix ' e 'Con ve/l/m civium ' cit., p. 1 39. I l

r i n v i o riguarda C . V IOLANTE, Le srrurrure organizzarive della cura d 'anime. c i t . . p.


978.
n Pe r l 'original ità del la cultura formatasi in questa pane del l ' Italia centro-me­
ridionale dall ' i ncontro del la tradizione longobarda con quella romano-bizantina e
con i fermenti provenienti dal l ' area cassi nese. centro di fel ice mediazione fra Euro­
pa mediterranea ed Europa nord-occidentale. si vedano gli specifici contributi rac­
col ti nel volume già menzionato su La civilrà dei Longobardi in Europa, il volume
di N icola Ci lento, /rafia meridionale lnngobarda, in part. i l cap. Cultura e storio­
grafia nell 'Italia meridionale fra i secoli VII/ e X, pp. 52-7 1 .
2� P. DELOG U , Mito d i u n a cirrà meridionale, cit.. p. 1 83 .
24 /bidem, p. 1 83 .

68
fama benigne redolens
Salemi compier moenia;
Cives ocius advolanr.
sancra velzunr reliquias2 5 .

l.' In rranslatione Sancii Marrlzaei versus ad f!tficium, ed. A. LENTI N I - F. A vA­


G L I A NO. v v . 29-32. p. 230. S i veda M . 0LDON I , La cultura latina a Salerno, cit., p .
6 1 : « A l tro, forse definitivo ' testo' del la produzione alfaniana è la cattedrale di Sa­
lerno. Il signi ficato di questa fondazione ha trovato nel Delogu un acuto interprete
laddove si riconosce che l ' ipotesi di una nuova Salerno di speratamente espressa
nella grandiosa concezione del l a ch iesa e dei suoi molteplici 'corp i ' i ncontra nella
prospettiva di questo progetto i l gesto politico di Roberto i l Guiscardo: " i l d istacco
dello splendore e della cultura dalla capac ità politica del l a città svuotava di senso
le grandi opere i ntraprese i n essa: nel monumento urbano non si esprimeva p i ù la
sovran ità del gruppo". E l ' arrivo a Salerno d i Roberto i l Guiscardo coincide con
l ' arrivo di Costantino Africano»; ma soprattutto coincide con i l progetto di quel la
cattedrale che i n torno alle rel iquie del l 'evangel ista Matteo d i recente rinvenute
trova una nuova coesione, u n n uovo orgoglio dopo i recenti i nsuccessi pol itici che
condu ssero S alerno ad essere una c i ttà del l a nascente monarc h i a norm a n n a .
L ' evento c h e avrebbe dovuto conferire a Salerno prestigio politico viene sentito
da Alfano nella m isura, eco e d i mensione che l ' i n venzione dei resti del santo com­
portava. Sembra, tuttavia, di avvertire l a consapevolezza d i un segno del l a storia.
Che in Salerno riposasse uno dei quattro evangel isti, col ui che i nsieme e im­
mediatamente dopo Pietro fu vicino alla figura d i Cristo; che l a sua tomba avesse
sede nella chiesa sede del la cattedra del vescovo; che il progetto di questa gran­
d i osa costruzione costituisca u n 'testo' di quella cul tura longobardo-cassi nese che
ebbe i suoi bri l l anti centri i n Cassino, Salerno. Cava e Benevento; che l ' esecuzio­
ne dello stesso sia stata resa possibile dalla disponibilità del Guiscardo dopo la
conquista del la città e l a scomparsa dalla scena pol i tica dell a di nastia longobarda.
costituì per Alfano una serie felice (ma certamente non fortuita) d i circostanze i n
cui si poteva pure i ntravedere un disegno i n virtù d e l quale Salerno veniva rei nse­
tita al suo giusto posto di guida al centro d i quella fertile area culturale campano­
longobarda. L ' i ngresso delle sacre spoglie in S alerno, l ' erezione del l a cattedrale
non sono perciò u n fatto che riguarda solo e soltanto l a città di Alfano; è u n fatto
che riguarda l ' i ntera cristianità a c u i d i venta fam i l i are il nome di Salerno (fama
benignae redolens l Salem i compie r moenia). Nella visione di Alfano, certamente,
i l ruolo di Salerno non è più e unicamente quello di guida politica, ma anche e so­
prattutto di guida spirituale, o per lo meno di importante punto di riferi mento; dopo
Roma, Salerno! . . . sembra di leggere infra le righe. Del resto se riferiamo immedia­
tamente questa interpretazione, perfettamente i n armonia con i l grande programma
gregoriano, e con l ' i deale monastico d e l l ' opus Dei, alla rivisitazione del glorioso
passato, a l l ' analisi della situazione politica. e ci si sforzerà di far rispondere i due
differenti i n teressi (dal momento che in Alfano coincidevano), l ' orgoglioso spirito
d i emulazione con l a grandezza romana apparirà quale denomi natore comune, non
circoscri vibile alle due odi ai pri ncipi Guido e Gisulfo. ma estensibile anche all 'ec­
clesiologia di Alfano che nel la cattedrale i ntravede la possibil ità di un nuovo corso.
Il patrocinio offetto dal Guiscardo alla costruzione del tempio salernitano (o alfa­
n i ano?) conferì, di fatto, alla città e al suo vescovo i l ruolo di mediatore pol itico fra
la Santa Sede e i Norman n i sotto l ' urgenza del la questione meridionale e della mi-

69
Da una parte il santo, dal l ' al tra i cives che si affrettano (ocius advo­
lant) i ncontro alle sacre spoglie. Non poteva, S . Matteo, non essere as­
sunto a patrono del l a c i ttà. Salerno è sul punto d i chi udere con i l g l ori o­
so passato longohardo; non passerà molto che G i s u l fo dovrà arrendersi
al Gui scardo. Il momento era più che propizio perché S . Matteo d i ve ­
n i sse civis d i Sal erno, e i Salemitani si senti ssero c o n orgog l i o concives
de l i ' Apostolo.

Donans solida suffragia


concivibus tuis
operando,
Nam diem
gloriosum fecisti 2 6 .

L a depos i zione del l e spogl i e d i S . M atteo nel l a grand i os a c a t tedra­


le d i A l fano doveva senza alcun duhhio espri mere e tes t i m o n i are, o s ­
servava Paolo Delogu, o l trec hé l ' i m portanza del l ' autori tà «arc i vesco­
v i l e . . . l a ri verenza per l ' apostolo evange l i sta, l ' op u l e n ta e n u merosa
c i ttad i nanza»27 . Come a Pisa o a Firenze, a S i ena o i n al tri comun i ,
così a S a l erno s i stabi l i rà q u e l l a intima solidarietà fra com u n i tà e

naccia tedesca. Sui termini reali Jella situazione politica che interessa Salerno con
tutto i l meridione, ma in particolar modo con quest' area centro meridionale. si veda
H. HouBEN, Il principato di Salerno e la politit"a meridionale dell 'impero d 'occi­
in Rassegna Storica Salem itana. I V/ l ( 1 987). p. 8 1 : «A differenza dell ' ar­
dente.
monica immagine suggerita dal croni sta>> - cioè Falcone Beneventano - «gl i i m pe­
ratori non erano stati sempre ben visti a Benevento: narra infatti Ermanno di R e i ­
chenau c h e . q uando l ' i mperatore Enrico I I I scese i n I talia. gli abitanti di Benevento
gli erano osti l i » ; e ancora alle pp. 78-79: «Anche se tra i l papa e i l principe non esi­
steva un vero e proprio rapporto vassal latico, sembra però probabile che Gregorio
V I I abbia esercitato sul pri ncipato di Salerno un "quasi protettorato".
Il primo i ntervento dell ' imperatore Enrico IV nel meridione risale alla fine del
1 075 quando egl i inviò u n ' ambasceria a Roberto il Guisc ardo offrendogl i la i nve­
stitura imperi ale sulle terre del Mezzogiorno. L ' i mperatore cercava ovvi amente di
trarre profi tto dal fatto che sin dal l ' i nizio del pontificato di Gregorio V I I i rapporti
tra il papa e il Guiscardo erano abbastanza tes i . I l normanno respi nge però l 'offer­
ta contestando i d i ri tti imperi al i sul l ' I talia meridionale. Prima del l ' arrivo dei Nor­
manni, così suonano le parole attribuite da Amato a Roberto, l a Pug l i a e la Cala­
bria erano sotto i l domi n i o bizantino. mentre la Sicilia era i n mano degli A rab i ; la
vittoria dei Normanni e l a conquista del Mezzogiorno erano dovuti all ' i n tervento
d i v i no ed egli - così sempre i l Gui scardo d i A mato - voleva dunque non essere
soggetto a nessuno. se non al vicario di Dio. cioè al papa>> . l riferimenti di Houben
al l 'opera di Amato riguardano i l i . V I I . c. 27. p. 23 1 . e 1 . 1 1 1 . c . 38, p. 1 5 1 .
26 /n tran.ç/atione S. Matthaei < Sequentia > . ed. A . LENTI N I - F. AVAGLIANO,

t 4b- 1 5 . p. 232.
27 P. DELOG U , Mito d i u n a città meridionale. cit.. p. 1 86.

70
« c h i e s a c i ttad i n a di c u i i l vescovo è il capo>> 28 ; anche q u i è <d ' autorità
morale>> del vescovo a cos t i t u i re u n polo aggregante d i natura i deolo­
gica; il magistero ecclesiastico del l a cathedra episcopalis, i l culto del
s a n to patrono legato alla c h iesa cattedral e, l a l i turg i a prop i z i atoria i
favori del l o s tesso, cost i t u i scono l ' an e l l o di con g i u n zione fra i l c i tta­
d i no ed i l fedele in quel l ' i nd is t i n to così med i oevale fra i l pol itico e il
rel i g ioso, fra m ondo del l o spirito e pragm atismo pol itico. Ma fra l ' Ita­
l i a studi ata dal Volpe e quel l a in cui v i sse ed operò A l fano s u s s i s tono
m arcate d i fferenze. Il grandioso, i l potente, il magn i fico del progetto
d i A l fano proven iente, come g i ustamente è stato detto, d a un richiamo
alla solenn i tà c l assica del l ' i mmagine, mani era d i com u n i cazione del
pen s i ero, ma c h i ara cosc ienza anche del ruolo del l a c u l t ura monastica
(è i l momento d i Mon tecassi no, come q uel l o d i Cluny), nonché dai ri­
c o rd i d i u n passato an cora v i vo, ri specc h i ano u n a v i s ione c u l t u rale
spec i fica, ori g i n ale, r i feri b i l e senza dubbio ad u n ' esperienza po l i t i c a
d i versa, q ue l l a del princ ipato lon gobardo c h e passerà l a m a n o al pro­
gram m a u n i tario del G u i scardo.
È fuori d i scussione i l prest igio derivato a Sal erno dal l a prese nza
d e l l ' apostolo nel la sua cattedrale, l a q uale fi n i rà sempre con l ' identifi­
c ars i con l a comun ità ci ttad i na, con l a c i ttà, con l a sua gente, d i venen­
do parte preponderante ed essen ziale del patri monio com u n e :

Noster i n aeternum, Matthaee, tue re Salemum


lzac stabili fam ulos protege sede tttos.
Te dederas nobis variis trcmslatus ab oris
semper ut hic habites, nos tibi fac habiles 29

G. VOLPE. Studi su lle istituzioni comunali a Pisa. Firenze 1 970. ci t.. p . l O.


2'
lY
/n translatione Sancti Marthaei ver.nts ad of{icium, ed. A . LENTI N I - F. A v A­
GLIANO. vv. 2 1 -24, p. 230. < < • • • ciò che i n teressa ai fi ni del nostro d iscorso» - osser­
vava Fonseca - «è la dichi arazione impegnati va e solenne che si trova in una sen ­
tenza d e i delegati papali emessa i l 30 gennaio 1 20 1 relativa a l l a cattedrale di S .
Lorenzo considerata: "omnium Ianuensium ecclesiarum caput e t mater est e t sanc­
tarum rel iquiarum ac presert i m Iohannis B aptiste reverentia venerahi l i s". dove tra­
spare i l valore delle grandi categorie concettua l i ecclesiologicamente pregnanti ,
quali la premi nenza carismatica del l a chiesa cattedrale rispetto al di stretto eccle­
siastico, la matricità. la presenza delle rel iquie>> (C.D. FoNSECII, '&·c/esia marrix '
e 'Con ventus civiwn ',ci t., p. 1 46). Al di sotto di questa evoluzione culturale che
dalla categoria perv iene al defi n i rsi d i u n codice morale. del comune patrimonio di
una gente, è possibi le. a mio parere, individuare l ' originario sentimento, che. nor­
ma non ancora cod i ficata, fi ssava i comportamenti nella prima età del medioevo.
,< ( fedeli - è stato osservato - consideravano i l sanlo una loro proprietà. S i vantava­
no dei suoi atti miracolosi li paragonavano alle i mprese dei santi 'altru i ' . c il 'pro­
prio' santo sembrava sempre più potente>> ( A RON Ja. GU REVIC. Contadini e santi.
Tori no 1 986. p. 65). Nel l 'età d i Alfano i meccanismi cu lturali si sono certamente
complicat i ; i l processo d i maggiore articolazione sociale è i n pieno svolgimento.

71
(tuere) è, perc i ò , i n t i mamente con nessa
L ' efficac i a del patroc i n io
(Noster in aeternum), alla defi n i t i v i tà
al l a esc l u s i v i tà del possesso
della d i m ora, al l a stabilitas sedis. Orgog l i o c i ttad i n o (ti sei donato a
noi dopo lungo perégrinare), chiara vi sione dei problemi p i ù d i battuti
d e l l a c ri s t i a n i tà impegnata i n u n ' azione d i rad icale riord i namen to ca­
nonico. costitui scono mot i v i con vergenti nel l ' av verti ta e s i ge n za ( fra
l ' altro) del l a centralità del magistero. La perpetui tà, rendendo esc l u ­
s i vo i l rapporto, si po n e a garanzia del l a q u al i tà cristiana del l a v i ta i n ­
tesa come costante, coeren te, creativo, rec iproco donars i .
L a m aestosità del l a cattedrale è fu nzionale al l ' estasi , a l rap i m e n to
del l ' an i ma, proprio come nel tempio c assi nese; essa tutta v i a esprime

Santo patrono. chiesa cattedrale e magistero vescovile coincidono e non per u n ti­
po di evoluzione estranea e sfuggente alla elaborazione comune dei valori . dei
modell i . dei comportamenti di u n popolo e di un'epoca. Ma questo senso del pos­
sesso di scendente dalle sorgenti della creatività medioevale costituisce ancora il
vi ncolo apparentemente i rrazionale che unisce la società cittad i na al proprio santo
protettore. «Nosrer in aerernum Mauhaee, ruere Sa/ernum». Nello spirito d i A l fa­
no. e nel mondo rel igioso del sec . Xl, sono presenti i due elementi che caratteriz­
zarono i l culto del patrono nel l ' alto medioevo. vale a dire i l possesso e la ruirio
popu/orum (tuere Sa/ernum), garanzia della .mlus publicn (Ad .mlurem .fidelium l
cleri sinw/ et civium : cfr. infra p. 38 e n . 30) attraverso la protezione dai superve­
nienria ma/a (ac srabili famulos protege sede ruos). I rrazionale. dunque il vi ncolo
fondato esclusi vamente sul l a fideliras dei patroc i nati? Solo i n apparenza ! La fide­
/iras costituisce. infatti, la qualità del vi ncolo rigorosamente rispondente agl i sche­
mi del l a mental ità altomedievale, che solo nel possesso. i n questo i ndissolubile e
i rreversibile donarsi, i ndi vidua la certezza di un diritto in fieri, l ' assol uta garanzia
del l ' azione tutoria del santo. Forse la figura del launegilr che sanc isce la i rrevoca­
b i l ità del negozio giuridico attraverso la consegna dell ' an ridono o contro dono
può chi arire megl io la natura di questo legame. che coi nvolgeva e impegnava l ' in­
di viduo i n maniera esclusi va. Matteo, i nfatti. per Alfano. si dona alla comunità sa­
lernitana ( Te dederas nobis); a questo atto d ' amore. che sembra suggel l are quasi
un vincolo di sangue, i salernitan i . i ci ves, devono rispondere con la loro habiliras.
vale a dire con il loro totale impegno realizzatore di una chrisriana civita.! o o�ocie ­
ta.l proprio per e intorno alle divinae .wboles. Ma in Alfano c ' è qualcosa i n più;
emerge quel dibatti to ecclesiologico apertosi nell ' alto medioevo sulla o�tabiliras
sedis del santo patrono. da identificare con la chiesa sede del la cattedra vescovi le.
e maturato ormai nella defi nitiva funzione. qualità, del vescovo come «capo del
popolo fedele» ( A . M . ORSELLI, Il santo patrono ciuadino: genesi e sviluppo del
patrocinio del vescovo nei secoli VI e VII, in A A . V V . , Agiografia altomedievale. a
cura di S. B O ES C il GAlANO, Bologna 1 976, p. 94), il quale rende possibile la realtà
ecclesiale del la comunità. e q u i ndi la presenza del santo, atto fi nale e consacrazio­
ne, anche sul piano giuridico. del la comunità quale civiras. Significativa è l ' insi­
stenza di Alfano su questo motivo; l ' habiliras ecclesiale è direttamente legata alla
permanenza stabile delle spoglie: semper ur hic habires. nos tibi fac habiles e an­
cora : Mal/aeus non deurit: nos serva/, hostes conterit ( In translatione S.
Matlhaei. v v. 1 1 - 1 2. p. 225).

72
u n ' a l t ra nece s s i t à , q ue l l a c i oè di adeguare l a d i g n i tà del l a d i mora
a l i ' i m portanza del santo . Esaltazione del l o spirito, trepidante atten zio­
ne del l a C h iesa, s i i ncon trano prontamente in un coin volgente sen t i ­
m e n to d i si ncera rel i g i os i tà e d i sen t i to patri ottismo. Civis e fidelis so­
no term i n i e concetti in successione paratattica, non usati al ternativa­
m e n te. I resti d i S . Matteo nel l a cattedrale di ventano fonte d i q uel l a
salus c h e i n veste non solo i l populus fidelis, ma anche i cives, vale a

d i re la com u n i tà c i ttad i n a :

A d sa/utem fidelium
cleri simul et civiwn
venit corpus apostoli
sit laus divinae sobo1if 30

Nei pri m i due versi è dato cogl iere i l ruo lo e la fu n zione che Al fa­
n o a t t r i b u i sce a l l uogo del c u l to i n cui saran no ri poste l e spo g l i e
d el l ' evangel ista. L' uso d e i term i n i è, come si diceva, abbastanza cal i ­
brato : i n n a n z i tutto l ' i n d i v id uazione del l a comu n i tà come real tà ecc l e ­
s i ale e c o m e fatto socio-pol itico ( s i parl a i n fatti d i fide/es,clerus e ci­
ves); i n secondo luogo l a d is t i n z i one dei due m o m e n t i i n c u i s i riso l v e
l a v i ta del l a stessa com unità: com u n i t à d e i san t i , c i oè, c h e partec ipa
del Corpo d i Cristo (fide/es), soc ietà che ri trova i propri i n teress i , la
propri a identità i n un passato prestigioso (cives).
Ma A l fano è ancora p i ù esp l i c i t o ; dice i n fatti :

Mattlzeus nos non desideri t


nos serva t, hostes conterit

posi ex Lucanis fin ibus


datur Salemi civibus ' 1 •

A nche i n q uesto caso i l civis non è usato i n senso tras l ato (si noti
il ri petuto uso del pl ural e), l addove evidente risul ta l ' estensione d i s i ­
g n i ficato de l l ' hostes conterit, preannunci ato dal l a certezza d e l costa n ­
te i ntervento del Santo a favore del l a c i ttà, d e l l a comu n i tà che l o osp i ­
ta nel l ' uso del l ' i n d icativo servat. Matteo, q u i n d i non ci abbandona,
Matteo ci protegge, Matteo confonde e distrugge i nemici. È proprio
l ' uso (anche i n q u esto caso) del p l u rale hostes a far supporre il ri feri ­
mento, u n i vocamente i n teso, ai pericol i , a l l e i n s i d i e del l ' an i m a e deg l i
atten tati al l a s i c u rezza del l a c i ttà. E Salerno, come g i à sapp i amo, at­
traverserà proprio i n q uesto periodo, con A l fano i l l us tre protagon i sta,

10 In translatione S. Matthaei. ed. A. LENTI NI - F. A VAGLIANO, v v . 1 -4 , p. 225 .


11 In translatione S. Ma tthaei, v v . 1 1 - 1 2 e 1 5- 1 6, p. 225.

73
i l momento d i quel del icato passaggio d a l l a signoria l o n gobard a a
quel l a normanna, che, com unque, consentirà a l l o stesso A l fano d i rea­
l i zzare i suoi progetti , spesso ambi zios i , anche quando l a nosta l g i a c il
rimpianto si fan no struggen t i , affiorando pur sempre con l a compo­
stezza e l a m i sura che le c i rcostanze comportavano.
C i rca u n secolo dopo l a morte d i A l fano, l e truppe dei com u n i
del l ' Ital i a settentrionale i ncon treranno l ' eserc i to imperiale d i Federi co
l , facendo quadrato i n torno al carroccio. I ci ttad i n i d i questi com u n i ,
ancora. pri ma e dopo i l 1 1 84, vale a d i re pri ma e dopo i l trattato d i pa­
ce d i Costanza, che fi ssava i term i n i dei regalia iura, materia del l ' ac ­
ceso con tendere, troveranno proprio nella cattedra vescov i l e , n e l ve­
scovo. l ' unica possibi l i t à di concreto raccordo, nonostante l ' autori tà
consol are , nonostante g l i statuti che d ' ora i n poi saranno el aborat i , no­
nostan te tutte le magistrature e g l i organ i collegial i da q uesti prev isti .
In quest ' al tra parte del l ' I tal ia i Salern i tani non si battono per l ' a f­
ferm azione di un n uovo ordi namento soc i a l e ; nel l a lotta non è i n pal io
un n uovo s i s tema c u l tural e, u n nuovo ord i n amento sociale, u n n uo v o
progra m m a pol i tico. Mol to p i ù sempl icemente i n uo v i s i g n ori nor­
m a n n i si sos t i t u i ranno ai pri ncipi longobard i . Conseguentem e n te S a­
lerno sarà assorb i ta nel la p i ù ampia real tà pol i t ica del Mezzogiorno
d ' I tal i a deg l i Altav i l l a, term i n ando d ' essere, poco al l a vol ta, cen tro e
coagulo di vasti c am bi ziosi progett i . I l v i aggio a B i sanzio avrà rap­
presen tato, per l o stesso A l fano, l ' i n i zio del l a parabol a d i scende n t e .
La Chiesa sal ern itana non s i pone, così , s o l o al cen tro d i u n d i batti to
pol i t ico, ma si erge anche a depos i tari a di un passato d i grandezza; e
q u i si riduce tu tto l ' orgog l i o patrio d i n an z i al G u i scardo v i n c i tore . Nel
progetto d i ques t ' u l ti m o l a cattedrale doveva espri mere tutto i l s u o
prestigio, i l s u o s uccesso, l a sua autori tà. È s u ffic iente leggere i Ch ro­
nica Casinensia per averne con ferma (ecclesiam . . . . construi iussit; e
ancora : sacrum . . . apostoli corpus summa cum veneratione locavit).
Gui scardo v i n c i tore con atto d i l uc i d a con sapevol ezza pol i tica, al mo­
m e n to del suo i n gresso v i t torioso i n S alerno fra i l 1 076 e i l 1 07 7 ,
chi ese a l l o sconfi tto pri nc ipe G i s u l fo u n a rel i q u i a del l ' Apostolo, pro­
tettore del l a c i ttà.
La not i z i a è d i Amato d i Mon tecass i n o .
P u ò trattarsi sen z ' al t ro d i un moti vo topico. Ciò, tuttavia, n o n r i d i ­
m e n s i o n a i l sign icato emblematico del lo stesso epi sod io.
La consegna al v i n c i tore da parte del v i n to G i s u l fo del l e divinae
soboles d i S. Matteo equi valeva, i n fatti ad u n vero e proprio passag­
gio d i consegna.
Tan t ' è che G i s u l fo ten tò di raggirare i l Gui scardo, i n viandog l i una
falsa rel iquia, che si rivelò essere non altro che i l dente d i un ebreo
morto di recente.

74
Questo tem p i o di com m i tten za norm a n n a sorto fra i l 1 07 7 e i l
1 08 5 , su l l ' area forse del tempio di Pomona, espri me i n m a n i era e v i ­
dente, nelle d i mension i , e n e l s u o sostituirsi al tempio c i vico longa­
bard o , i l patto del l ' allean za tra il patronato del l ' Apostolo e l ' azione
tutoria del nuovo pri n c i pe . Compl emen tarietà d i ruol i resa v i s i b i l e
d a l l a c o n t i g u i t à c o n i l s i to d i C a s t e l Terrac i n a , n o n re g i stra b i l e
nel l ' assetto urbano lon gobardo, ove s i tenga conto del l a d i s l ocazione
topografica delle due res idenze princ ipesche (quel l a ri spondente al si­
to del l e due c appel l e pal a t i n e , i l S. Pietro a corte, appu nto, e il S .
Massimo) r i spetto alla catted ral e altomedievale.
La valenza i deo l o g i c a del l atranslatio s i a v v a n t a g g i a v a del ruo­
l o di novello m iles Petri d i cui s i ri ves t i va i l G u i scardo a l l ' i n d o ­
m a n i d e l l e v i tto r i e norm a n n e s u i Mussu l m a n i d i S i c i l i a , e a l l a v i g i ­
l i a d e l l a l i b e ra z i o n e d e l P o n t e fi c e , G re g o r i o V I I , d a l l e m a n i
d el i ' i m peratore .
E sarà Gregorio VII, i l pon tefice del l a riforma m i rata al progetto
libenas Ecclesiae ad accelerare i l processo d i evol uzione del mi­
del l a
les Christi nel miles Petri, e a g i u n gere, scortato dal G u i scardo, a Sa­
lerno, dove morirà e sarà sepol to.
Li beratore del l a C h i esa due volte, dunque, l a pri m a riconducendo
nel l a c ristian i tà l a S i c i l i a con q u i stata dai Muss u l m an i , l a seconda sot­
traendo i l Pon tefice a l l e rappresag l i e i m perial i , i l Guiscardo l egherà
l ' i n tero progetto al l a Cattedral e, sede del c u l to col lettivo, u l t i m a d i ­
m ora del lo stesso papa e del l ' Apostolo.
«Non v i era uti l i zzazione» dunque «in senso antinorman n o : A l fa­
no non solo non oppone resi ste nza al Gui scardo, ma si accordò con
lui ancor pri m a del l a resa defi n i ti v a d i G i s u l fo ; m a con quelle i n v e n ­
z i o n i , c o n l e solen n i tà che accompagn arono l e ripos i z i o n i , l ' arc i ve­
scovo poteva ricostitu i re e ripresentare il carattere eccezionale di Sa­
l erno, pur sganciandone i fasti da q uel l i del princ ipato longobardo e
nel l a n uova d i mens ione rel igiosa g l i era poss i b i l e progettare u n a p i ù
g r a n d i o s a e ta n g i b i l e m an i fe s t a z i o n e del l a n o b i l tà c i t tad i n a : u n o
straord i nario monumento c h e raccogl iesse tutta l a s a n t i tà e m an i fe­
stasse tu tto lo splendore d i Salerno»J2.

�2 P. DELOGU , Mito di una città meridionale, cit. . p. 1 83 . C fr A . CARUCCI, Ul


.

cattedrale di Salerno. Marigli ano 1 986, pp. 25-26: <<A l fano. salernitano e longa­
bardo. med ico e poeta. monaco e teologo, aveva formato l a sua cultura proprio a
Montecassino e fu, quindi, spontaneo per lui ispirare il progetto dell a basi l ica sa­
lernitana a quel la desideriana, che aveva già cantato con nob ili vers i , forse già con
la speranza di edificarne una simile nel la sua Salerno. Il duca Roberto gli consen­
t i v a di real izzare quel sogno. Egl i , però, non creava la chiesa di u n monastero. N é

75
Per una più chi ara compresione di q uel vasto fenomeno di ridefi n i ­
zione di competenze che riguardò le isti tuzioni ecclesiastiche, m a so­
prattutto la Ch iesa rom ana, centro del la cristianità, è opport u n o ram­
mentare sempre essere q uesto i l secolo di Pier Dam i an i , di q uel Pier
Dam i ani am ico d i A l fano, e che, p i ù del lo stesso Umberto da S i l v acan­
dida, forse, e del lo stesso Gregorio VII, contri buì a fissare i tenn i n i del
cari sma sacerdotale, e, conseguentemente, del le competenze vesco v i l i
n e l l a cel ebrazione d e i sacramenti, nel la plenitudo benedictionum3'.
V i s i one ecc lesiologica e teologia monastica d i ventano m o m e n t i
complemen tari nello spirito riformatore d e l secolo X l 34 . D i ffi c i l e ri­
sulta staccarsi dal l a personal i tà de l l ' esperien za monastica, vale a d i re
d a l l a propria form a z i o n e m o n a s t i c a ; r i l e v a n te fu i l suo c o n t r i b u to
al l ' affennazione del l a cen tra l i tà romana, del magistero rom ano. Cat­
tedra vesco v i l e e seggio abbaz i ale, pur nel l a d i s ti n zione proven i e n te
d a l l a compete n za sacramentale (ci si riferisce al la ju risdictio
in spiri­
walibus), ri trovano la l oro u n i t à nel superi ore fondamento e val ore
del l a libertas ecc/esiae. A l fano non può sfugg ire, o v viamente, a q u e­
ste ten s i o n i cul tura l i del suo tempo , né al l ' ascendente che su d i l u i
avrà eserci tato u n a personal i tà come q uel l a del l ' amico Pier Dam i an i .

i n tese erigere quel l a del vescovo, ma pi uttosto la chiesa della cinà : i l Duomo nel
pieno s i g n i ficato del nome. quale casa d el l a com u n i t à c i ttad i n a . dove vescovo e
princ ipe, popo l o e clero si i ncontravano, anzi si identifi cavano nel rendere onore a
quel Dio. vero ed u n ico ' s i gnore' degl i u n i e deg l i altri » ; N. ACOCELLA, Salerno
Medie vale, c i t . , pp. 74-79. Per la spec i fica b i b l iografia si r i n v i a a l vol u m e g i à
m e n z i o n ato d i P. D E L OG U , Mito di una ciltà meridionale. S i v e d a p ure H . E.J .
COWDREY, L 'abate Desiderio e lo splendore di Montecassino, M il ano 1 8 86.
'' PETRt D A M I A N I Uber G ra tis s im us ed. L. DE H EI N EM A N N , i n M. G. H. Ube/li
.

de Lite Imperato rum et Pontificum l. Hanno ve r ae 1 89 I . c. I I I , p. 2 1 : Na m cum


.

bapt imJ u s totius aecdesiastici sacramenti nrign sit arque primordium, sicu t bapti·
tm us Dei est et non homin is, ira nimirum omnis aecdesiastica consecratin il/i spe­
.

cialiter competi t. a qu o omn ium benedicrinnum plenirudo profluxir .

).4 Cfr. J. LECLERCQ, Cultura u ma n istica e desiderio di Dio, Firenze 1 98 3 , p .


296: � Q u es ta "teologia monastica " n on è tutta v i a a ss o lutam e n t e u n valore supera­
to e decl assato . . Essn espri me proprio come l' Ordo monasticu.1 - valori perma­
. ·

ne n t i , s i a sul piano del l a chiesa che del l ' umanità. La presenza testuale del l a Scrit­
tura, i l valore asso l u t o della fede come tale, con tutto quel che essa i mplica d i ado­
razione s i l enziosa; i l senso d i m i stero che S a n B ern ardo d i fenderli l e g i t t i ma m e nt e .

pur attra verso i suoi eccessi, con tro l ' i ntempernnzo di Abelardo; In deri sione del la
d i alettica non appena q uesta si compiace d i se stessa. nei confro n t i d i q u a l s i a s i
s c i e n z a anche sacra, l a povertà d e l ' teologo ' q u a nd ' eg l i non è p i ù che u n professo­
re: tutto ques to vale sempre, e q u e l l a schola Chri.:ri che è il mo n as te ro ne è una te­
s t im o n i a n z a necessaria e permanente. La c u l t u ra u ma n o vi fiorisce d' altra p arte i n ,

nome d e l l a s a n i t à d i q uesta fede . . >> . I l Leclercq nel passo i n t e re s s a to s i rifà a M . D .


.

CH E N U Culture er théo/ngie a Jumièges après l 'age féndale, i n Jum iè ge , Cong re s


.

du Xlii• cenrenaire, Rouen I 955, p. 78 1 .

76
Per t u tta q uesta serie di rag ioni non è poi tanto fac i l e d i s t i n g uere
in A l fano il monaco benedettino dal vescovo, dal soste n i tore di u n a
l eaders h i p sal ern itana.
Soprattutto per questo, ancora, l a S . Sofia d i Beneven to sem bra as­
s u rgere, senza per al tro i n generare mai con fusione, ad un ruolo com­
primario, per lo meno dal punto d i v i sta del prestigio, con l a catted ral e
d i Salerno.
Prec isa caratteri zzazione ideol ogica, perciò, che fi ssava i l ruolo del
tempio beneventano a quel l o d i tempio lon gobardo, ma pur sempre
«chiesa po l i tica e pubbl ica, esemplata, nel l a forma e nel l a ded icazione,
s u l l a c h iesa imperiale costant i nopol i tana, curata dal pri ncipe con dona­
zioni e traslazioni grand i ose»35, attraverso l e quali si real i zzava i l rap­
porto pri n c i pe-gente, costituendo << l e rel i q u i e un patri monio comune
del l ' i ntero corpo pol i tico; i san ti i n tercedono presso l a Sapienza d i Dio,
c i oè Cristo, per i l Duca ed i Longobard i >>36. Ugualmente d i ffi c i l e ri esce
non avvertire i n A l fano certe valenze tra nazional i smo longobardo e co­
sc ienza del prim ato romano di marca gregoriana, sosten uto al nord da
C l u n y , e al sud da Mon tecassino.
I l tempio beneventano d i Arec h i assume così , nel l a evocazione d i
A l fano, i l medes i m o val ore emblematico del S . Matteo a S a l e r n o .
Q u i , dunque, Matteo, tutor egregius, d o v e l ' o n n i potenza del l ' egregius
è i n trad u c i b i l e , perché m an i festazione d em i u rg i c a del d i scepo l o d i
Cristo, e che viene i n vocata (adsis) d a tutti i fedel i , fi g l i e abi tan t i d i
S a l erno (tua festa colentibus ... famulis tuis) a d u n ica, i n sos t i t u i b i l e
s a l v aguard i a e d i fesa del l a c i ttà, d i u n passato senza dubbio gl orioso,
lì l a bas i l ica dedicata al l a Sapi enza con le sue rel i q u i e , s i m u l acro s tes­
so dei l i beri Longobard i . Eretta nei pressi del palatium (principis aula
d i ce A l fano) essa è il cen tro di una l i turgia che non è solo rel igi osa. I l
pri n c i pe con i l c l ero e i l popo l o i n solenne processione si reca a ren ­
dere omaggio a l l e rel i q u i e dei dod i c i Fratel l i Mart i r i , assurti , i n t a l
modo, a patroni e duces.
buie magistratus summi maiorque potestas
A rechis, faeto pia lipsana corde ferentes.
praecedente quidem clero cum plebe secundwn
aetatis tempus, maiores ante minores.
ordine continuo fratres cum /audibus urbem
inducunt; et habere duces et habere patronos
gaudent, quos superis iunxit victoria castris '7 .

)� P. D ELOGU . Mito di una città meridionale ci t . . p. 2 1 .


:.... Ibidem, p. 25 .
!7 Trans/ario Duodeci111 Fratrulll, ed. A. LENTI N I -F. A VAGLI ANO, v v . 96 1 -967.
p . 1 25 .

77
Certamente furono q uesti g l i a n n i p i ù be l l i d e l l a v i ta di A l fa n o ,
quel l i del la s u a res idenza a Benevento c del l a sua fam i l iarità con De­
s i deri o ; furono anche « g l i an n i » - osservava Giorgio Falco - «dei
q u i e t i studi c del l e med i tazion i rel ig i ose, nei qual i conobbe amici che
n o n l o abban d o n arono mai»38• G l i an n i in c u i , agg i u n se M an i t i u s :
« H icr b l i ebcn s i e zusammen i m K l oster, und A l fanus, der durch s e i n
Wesen und se i ne K l u g h e i t a l l gemein bel iebt wurde» w. L a suggesti o n e
d e l ricordo g i oc a senza d u b b i o i l s u o ru o l o . L a m i sura tuttav i a del l e
cose e d e l l a realtà ri mandano a l l a l u c i d i tà del l a cosc ienza d i A l fano,
a l l a coerenza con c u i , sul l a base del l a sua formazione, eg l i affrontava
i momenti del l a storia vi ssuta.
Il tem pio beneventano sem bra trad urre, conc i l iandol i ad u n tem po ,
i l senso re l i g ioso-cul turale d e l potere, d e l dom i n i o germanico e l ' a f­
ferm arsi del mode l l o monastico di Cassino, l ' avan zare di q uesto nel
Mezzogi orno d ' Ital i a, i l suo ergers i a cen tro re l i giosoc u l turale sec o n ­
do s o l o a Rom a :

Tanta decoris i n h o c rurilat


gloria. Roma quod ipsa sua
pluris. ut aestimo. non facia r4 D .

�H G. FALCO. Un vescovo poeta del secolo Xl. cit.. p. 443 .


W M . M ANITIUS. Geschichte det lnteinùchen Literatur des Mittelalters, ci t . , p.
6 1 9. Cfr. Chronica Monasterii casinensis. ed. H. HOFFMANN in M. G. H.. Scriptores.
t. X X X I V . Han nover 1 980. I l i . 7. p. 368: /bi itaque ilio a/iquandiu remorante
cioè Desiderio - A l(anus. qui pMtmodum eiusdem civitatis archiepiscopatum adep­
ILH est. prudenti.uimus et nobili.uimus clericus maxima il/i est fam iliari tale co ­
n iunctu.f. Cuius animum frequentibus monitis ad mundi contemplllm exhortans. s ic
tandem ab ilio exegit. ut monachus (ieret. si prius, ut iam dudum mente conceperat
leru.w/imam ire perminus fui.uet. Hac inter il/m sponsione firmata Beneventum
reversus Desiderim est atque ptm non mu/tos dies mandar eidem A lfano ur ad se
1•eniat. Renuen te il/o ac potius pavitante Salernum egredi iterum Desiderius ad il­
lum abiit eumque propter quorundam inimicantium il/i timorem cuculla sua indu­
lllm noctu de civitate educem secum Beneventum adduxit. Cum vero cepi.uent Al­
fan u m nobi/es quique viri ac clericifrequentare eumque ob maximam eius pruden­
tiam decenter excolere . . . seque a Desiderii latere nullo umquam modo. nullo um­
quam tempore msereret ve/le dividere, tempu.f ab eis aliquantum apud monaste­
rium .mnctae Sophie exactwn est. . .
40 D e situ. constructione ac renovatione [eiusdem] Coenobii < Casinensis > .
ed . A . LENTI N I - F. A VAGLIANO. vv. 1 55 - 1 59, p. 1 76. Ancora una volta la memoria
suggerisce suggestioni c lassiche (A urea non domus ip.w Cyri. l non Salomonis
opus valuit l .fedibus h is rutilare magis, v v . 1 82- 1 84); ancora una volta la memo­
ria suggerisce il confronto con Roma ( . . . Roma quod ipm .wa l pluris. ut aestimo.
non faciat ) . M a proprio questa composizione per la fondazione desideriana con­
sente di cogliere il significato ed i valori di cui si rivestiva i l <<passatO>> nello spiri­
to e nella cultura d i Alfano. L ' i mpressione che si ricava è quella di una scarsa e
pressocché i nesi stente emoti vità di fronte alle immagi ni evocate dal l a memori a:

78
E l ' ecclesiologia (anche q ue l l a monastica), come meditazione teo ­
logica sulle istituzioni, tende ad u n a reductio ad ununz. La S . Sofi a

mente e spirito si esaltano i n vece ai grandi temi, a l l e grandi figure , agli i rri nuncia­
bili valori del comune patri mon io cristiano. M i sembra di poter d i re, con l a neces­
saria cautela, che q uel l a di Alfano è una romanità alla rovescia. Il grandioso ed i l
magnifico d e l passato è funzionale alla eternità del l a Roma cri stiana; i l confronto
c o n quest ' u l tima è impari . Questo è i l senso del classicismo del l ' età gregoriana .
Fasto e bellezza (decor), splendore e ricchezza (gemma . . . pretima l enitet, a u t m i ­
ca/, a u t rutilat) n o n sono mezzi espressi v i del l a virtus c h e smuove l e cose e i l
mondo nell ' i ncessante avvicendarsi del le fortune e degl i eventi . ma riflessi dal l a
luce accecante del l a fai nomenei a d i v i n a . Tutto: A u rea vasa, gemma pretiosa. ca ­
suine. trabes, stolae dal l ' incalcolabile valore (Maximus est munerus pretii) l ' ara
grysea d i c u i è ri coperto l ' ne.1 cnrius del le bifores, serve a suscitare l a trepida atte­
sa d e l l a vi sione di Dio: suni nova, sun t bona. sunt .w/ida. l nd sua dignn .mi ofjicin
( v v. 1 60- 1 65). La potenza del l a grazia si sostituisce a l l a v i s umana. il terreno, l i ­
m i tato nel tempo e nello spazio, si risolve senza sol uzione di conti nuità nel l ' i n fi n i ­
t o e nel l ' eterno: Prneterito vitiatn malo, l nu l la mnnet sine lnbe caro: l crimine ln­
bitur assiduo, l rursus et ipse resurgit homo: l sic ha be t ex fide i merito. l Poenn
modo datur ex sce/ere, l grat in redditur ex opere l nempe bono; neque mi fitine l
splendida quisque pote.lf a/iter l te duce, signa movere tune ( v v . 45-54).
Teologia, teologia monastica, realtà ecclesiale sentita e vi ssuta i n pri ma persona
costitui scono. i n effetti, l a forza del la sua poesia. E ciò non suonerà strano se si con­
sidera l ' un i versalità dei valori del l a pred icazionc cristiana, la forza di coi n volgi men­
to e di amalgama consegu ita con il farsi Ch iesa del l a comunità òei credenti, realtà
mistica del pensiero divino ( teologia) attraverso l a venuta di Cristo. M i pi ace nuova­
mente rinviare, perché i l l u minante, alla riflessione di Ovidio Capitani sul valore so­
stanziale, dal punto di vista isti tuzionale e del d i ri tto, oltre che semantico, di eclesio­
login (cfr. perciò supra p. 23). Se non fosse per il timore di sovrappoiTe ambiti ben
spec i fi c i , si sarebbe tentati di intravedere, in Alfano, una certa coincidenza d i valori .
Cassi n o di venta mons venerabilis. aula Dei ( v . 66), la cattedrale di Salerno. pur nel­
la i nconfondibil ità del l a sua natura e del suo ruolo di ecdesin matrix. sembra inav­
verti tamente porsi non già come l ' emu la di Montecassino (perché impossibi le), ma
come realtà generata dal l ' ideale, dalla spiritual ità monastica d i A l fano, c q u i ndi par­
tecipe del modello cassi nese. Alfano, e q u i ndi partecipe del modello cassi nese. Alfa­
no è monaco, prima che vescovo; nettamente d i stinti risultano, i n fatti, g l i ambi t i :
q u e l l o , cioè, del l a ecclesialità, realtà aperta d e i credenti, e q u e l l o ri servato, anche se
non disti nto, del l a libertns monastica: Virginibus 1•iduisque, viris l coniugibm, simul
ntque saais l ordinibus parer aula poli: l plus operantibm n t monachis l notior hnec
so/et esse magis ( v v . 60-64).
Montecassino. Benevento e Salerno del imitano i n effett i , i l mondo cul turale, e
l ' ori zzonte spiri tuale del l ' arci v escovo di Salerno. Consapevolezza del l a matric i tà
monastica benedetti na nel risveglio del l ' Europa, nella nascita di una nuova Europa
con il recupero dei valori cul tural i del passato nel la fedele coerenza a l l a tradizione,
sono gl i elementi chi aramente avvertibi l i dell a sua formazione. dell a qual i tà del la
sua tempra e del suo carattere, dell a sua totale adesione al respiro u n i versale del l a
ri forma ecclesiologica di Gregorio V I I ( anch ' egl i monaco}, e d al fermento di pen­
siero che ani matamente, a volte ani mosamente, m a sempre appassionatamente, p o­
se sul tappeto i l problema di u n a i nevitabile, per quanto r i n v iata, d isti nzione fra

79
he neven tana n e l l a ri costru zione poet i c a di A l fano si col loca nel l a sua
serena grandiosità, e nel l a pace del luogo al cen t ro del l a v i t a c i ttad i n a :

rea l t à ecc lesiale. e rea ltà soc i a l e . S i chiedeva l ' amico carissimo del nostro Arc i ve­
scovo. Pier Damian i : Qui.� neJCiat rege Deum esse maiorem ? (PETRI D A M I A N I Di­
sceprario Synodalis, ed . L. D E H E I NEMANN. i n M. G. H. , Libelli de Lire lmperatorum
e t Ponri(lc rrm. t. l. H a n noverae 1 89 1 . p. 9 1 ) . Si veda pure Wmo E P I S CO P U S FERRA­
RIENSIS. De Scimmie Hi/debrandi. ed. R . WILMANS, in M. G.H., Libelli de Lite /m ­
l'<'ratorum e t Ponti(lcum, t. l . V I , p. 5 3 9 ; H U M BERTI CARDINALIS Libri 1// Adl'er.HH
Simoniaco.�. ed. F. THANER. in M. G. H. . Libelli de Lite lmperatorum et Ponti(icwn.
t. I. I l i . X X V I I I I . p. 235 : se mpre Adver.ws Simon iacns. I I I . X X I . pp. 2 2 5 -226: Un ­
de qui .mcerdotalem et regalem dign itatem vult irreprehensibiliter et uri/iter con­
(erre. dica/ sacerdotium in pra e se n t i ecclesia assimilari anime. regnum alllem cor­
pori. quia in vicem se diligunt et vici.uim sese indigeni .wamque sibi operam vicis­
sim exigunt et impedunt . . . Sicut enim regum e.H eccle.�hwicos sequi. sic laicnrum
quoque reges .HW< ad utilitatem en-/esiae et patrie. Ma là dove l ' ideale d i u n a ro­
è i n Pier Dam i a n i : Mihi videtur
m a n i t à c r i s t i a n a trova la s u a formul azione teori ca
vicroria i.�ra. quam supra mem inimus, longe nnbilior et incomparabi/iter g/orio ­
sior; ubi n im irum non humanus sanguis effunditur, non nrilirunr multiflldo m inuitur,
sed nmnis ecclesia cathnlica per roman i (lnes imperi i circumquaque diffusa de vin­
cu/is antiquae damnationis velut ex horrendo ac p rofi.rn dissimo carcere liberatur,
ur per augu.Hum divin ifll< erepta, libera Deo possir voce cantare: Dirupisri, in­
quiens. Dom ine, vincula mea, tibi .mcri(lcabo hnstiam /audis (PETR I DAMI ANI Liber
Gratissimus i n M. G. H .. Libelli de lite imperatorum et ponti(lcum , t . I. ed. L . D E
H EI N EMAN N , p . 72 ). Nel c l i ma d i genera le r i n asci ta, d i profondi e radical i c a m b i a­
men t i , l ' apertura al c u l to de l l a nuova bas i l ic a cassi nese (o desi deri ana?), la fon d a­
zione del l a nuova cattedrale di Salerno sembrano assu mere, per A l fano. i l val ore d i
seg n i d e l v i goroso risc atto consegu ito d a l l a Ch iesa p i ù attraverso l a proposta d e l l a
liberras monastica ( ne l secolo c h e è anche d i C l u n y ) . c h e non attraverso l ' az i o n e e
il program m a di Enrico I I I , q u a l e advocatus Ecdesiae. S u l l o sfondo par di scorge­
re, nel l ' a u steri tà del suo isolamento peri ferico, il s i lenzio operoso della com u n i t à
monastica d i B e nevento. espressione a n c h ' esso d i misura e d i equ i l i brio i n teri ore,
di armoni oso rapporto t ra la sfera del l ' i nd i v i d u o ed il mondo ad esso esterno. fra
pen s i ero. spirito e l a voro quotidia no. Taciturnitas : person a l i t à d e l l o stesso m o n a c o .
elemento i nconfo n d i b i l e del l a spiri t u a l i t à , del mode l l o d i v i t a benedet t i n o .
Fo l l a d i s e n t i m e n t i ne l l ' i ncal zare degl i avven i m e n t i ; avvenime nto d e l l a p a rt i c o­
l a r i t à del momento; a v ve n i mento d i u n a crisi i n a t t o che condurrà. sotto l a spi nta d i
pote n t i energie. al l ' affermarsi d e l l a c attol i c i tà ro mana. e al rea l i zzarsi di u n a p i ù
profonda omogene i t à c u l turale i n Europa, pur nel nascente par1 i colarismo del l e m o­
narc h i e nazional i . L a d i screzione e m i tezza d ' a n i mo del monaco A l fano. i l suo m a i
spento nazi o n a l i smo l o n gobardo, r i v i v i fi c ato d a l l ' i n ve n z i o n e del l e spogl i e d i S.
M atteo e d a l l a c i ttad i n a n za che esse trovera nno d e l l a Cattedrale sal erm tana, sponso­
ri zzat a, quasi per i ro n i a della sm1e, dal l ' e mergente Roberto i l G u i scardo. tro v a n o
sp iegazione, pur nel l ' apparente con tradd izione. nel l ' u n i c i t à del l ' esperienza d i q u e l
secolo. I l s o g n o e l ' i l l u s i o n e d i una centra l i tà. per Salerno. nella po l i tica med i terra­
nea. rivel ando l a fine del mondo in cui A l fano s i era formato. e al q u a l e egli h a con­
tri b u i to c ha tentato d i dar n uovamente corpo, si pone come ulteriore tes t i mo n i anza
del l ' i ntenso fermento d i trasformazione e d i radicale ri n novamento da cui è attraver­
sata l ' Europa in q uesto periodo. Parlando del l a decadenza del l a dinastia capua11a.

80
Est, qua per medium ree/e via tenditur urbis
partibus aurorae, quam ianua condita probet,
digna quiete locifacies prope principis aulam4 1 .

Nel c uore del l a c i ttà, d u nque, n e i press i del l a sede del pri n c i pe,
che tuttavia non è i l conventus civium, l a fondazione arec h i a n a è l uo­
go e s i m bo l o d i u n orientamento soc i a l e che pogg i a sul l ' autorità, e sul
c ari s m a rel i g ioso del l ' autorità (Non est enim potestas n isi a Deo)42.
Né sarà del tu tto fortu i to che i n questo caso A l fano facc i a uso del ter­
mine plebs per i nd i care la popolazione beneven tana d i sposta in pro­
cessione secondo u n ben prec i so ord i n e gerarchico e di rispettosa pre­
ceden z a per età4 3 . Al l a stessa man iera non è casuale il ripetuto uso del
term i n e civis riguardo a l l a popol azione di Salern o . Emerge da tutto
ciò l ' i m portanza del l a Chiesa salern i tana, l a c h i ara consape volezza
che A l fano h a del ruolo soc i a l e d i essa. I vers i che verosi m i l m e n te fu ­
ron o fatti scol p i re sul t i m pano del l a c attedrale rendono la g i usta gloria
al G u i scardo, che consentì al l a rea l i zzazi one del grandioso progetto di
A l fano:

Nicola Cilento osservava c h e : «Nella dialettica del le forze morali e materi ali c h e
ani mano i l processo d e l l a storia, la 'dinastia capuana ' era ormai predi sposta a cede­
re il primato a u n ' altra di nastia, quella che le era nata come spi na nel fi anco, ad
A versa, con Rainulfo Drengot, e che l e dette i l colpo estremo con Riccardo Quarrel>>
( N . C ILENTO, Italia meridionale /ongobarda, cit., p. 296). Ma q uesti sono, ormai. i
si ntomi del processo di senescenza che i n veste tutla la Longobardia m i nore mi nata
da "i ndeci s ione. provvisorietà e occasional i tà" nelle scelle politiche, in un momento
i n c u i si richiedeva. i nvece, tempest i v i tà e l ucidità politica.
4 1 Trans/atio duodecim Fra /rum . ed . A . LENTI N I - F. A VAGLIANO, v v . 968-970,
p. 1 25 . S i r i n v i a al completo lavoro. più volte menzionato i n q uesta sede, di Paolo
Delogu. I n questo caso si veda i n particol are p. 20: «Non si hanno dati per sapere
q u ando e come abbia rea l i zzato l a costruzione e l a trasformazione del l o scompar­
so pal a zzo. La localizzazione di q uesto è suggeri ta dal l a Chiesa del l a Santa Sofia
che egl i è detta "vici na". sì che Arechi nottetempo vi si recava a pregare>> ; p. 2 1 :
<<Essa - la Santa Sofia cioè - fu ch iesa politica e pubblica, esempl ata, nel l a forma e
n e l l a dedicazione, su l l a chiesa i mperi ale costanti nopol itana; c u rata dal pri ncipe
c o n donazioni e traslazioni grand iose ... Però si sarebbe trattato di u n a s i n golare
c h iesa pal ati na. destinata ad essere anche il sacrario del l a stirpe longobarda; anzi.
a sostituire, almeno i deal mente l a cattedrale beneventana nel ruolo d i polo mora l e
e rel igioso d e l ducato, sul model l o della tradi zione costanti nopol itana. d o v e mai s i
era verificata l a scissione t r a l a ch iesa imperiale e c h i e s a patriarcale>> ; e ancora p.
50: < < . . . rapporto tra pri ncipe e gente che aveva caratteri zzato l ' i deolog i a del l a S a n ­
ta Sofi a>> . L' austerità, l ' i sol amento dignitoso i n cui i versi di A l fano col locano i l
t e m p i o beneventano sembrano tradu n·e l ' ideale sol itudine i n c u i i l ricordo d i ssol v e
l ' i m magine e l a sagoma d e l tempio d i Arec h i , d e l tempio del principe e della gens
l ongobarda.
42 R. , 1 3 , l .
4' Tmnslatio duodecim Fratrum. v v . 96 1 -966, p . 1 25 .

81
A duce Robherto donaris, Apostole, tempio;
pro meritis regno donetur et ipse supemo44 .

«Uno dei capi saldi del l a po l itica pon t i ti c ia» - dice l ' Acoc e l l a ­
<d a città di S . Matteo era un suggest i vo punto di richiamo m i s t i c o per
l a presenza della tomba del l ' Aposto lo, e, poi, per la v i c i n anza d e l l a

.._. < Ver.ws i n ecc/esia S . Matthaei Salemi>, e d . A. LENTI N I - F . A VAGLI ANO, v v .


7 - 8 . p. 2 1 6. Per questa i scrizione si veda A. C A RUCC I , La Cattedrale d i Sa lern o . c i t . .
p. 3 3 : << Nel Medio Evo, il commi ttente d i un edificio sacro o della decorazione d i e s­
so, quasi sempre. ricordava l ' opera esegu ita affidandosi u m i l mente a l l a d i v i n a m i se­
ricord ia con u n ' i scrizione dettata, sia pure apparentemente, da lui stesso. né agg i u n­
geva al suo nome alcun titolo. fosse stato anche quello di papa o di re. A Salerno, i n­
vece. il nome è preceduto dal ti tolo di Duca e non è Roberto a ri volgersi a l l ' Aposto­
lo, ma un altro per lui. Se non si tratta di un contrasto con la consuetud ine. cosa i m­
probabile. dato il carattere di Roberto, il distico potrebbe essere stato dettato da Al­
fano dopo la morte di Roberto: omaggio del vescovo al suo figlio più i l l u stre. Del
resto. sarebbe stato di pessi mo gusto augurare i l regno superno a chi marc i a va per
conqui stare l ' I mpero d ' Oriente>> ; si veda i l contri buto di V PA CE, Roberto il Cui­
scordo e la scultura «normnnna» dell'Xl secolo in Campania. n Venosa e n Canosa,
in Roberto il Guiscnrdo tra Europa, Oriente e Mez.mginrno (A tti del Con vegno in ­
ternazionale di studio ; Potenza Meltì Venosa, 1 9-23 ottobre 1 985). G a l a t i n a
1 990. pp. 323-330. Ma Leon B attista Alberti parecchi secol i più tardi costru i rà a R i­
mini il ben noto tempio «malatestiano>> su commi ttenza del la medesima fam i g l i a a
riscatto di una certa ferocia di costumi ' Non si trattò di una commissione post u m a !
A l l a stessa maniera nel medioevo la donazione «pro ani ma>> è un istituto, come tutti
sanno. diffusissimo; e nel l ' X l secolo la nobiltà normanna con una logica non tanto
dissimile da quella dei signori di Rimini cercherà di assicurarsi i l Paradi so. o ltre c h e
c o n i l consenso poli tico, c o n u n ' opzione p e r q uel regno .wpemo proprio attraverso
la donazione che. perciò. si ri vestiva di carattere espi atorio. I l Purgatorio, del resto.
non era stato ancora i n ventato ! Senza il G u i scardo il tempio di Salerno non si sareb­
be costru ito. B ene ' Il m i n i mo che si potesse fare. per una mental ità, per una c u l t u ra
che proiettava tutto nei confi n i del l ' escatologico (c solo così acq uistava un senso
l ' operare umano). era quello di augurare al fondatore, al Gui scardo, l a gloria eterna .
La snnctio del l a donazione proietta, appunto, nel l ' eternità i l negozio giuridico con­
sacrato i n atto con l ' i rrevocab i l ità del la pena prevista per quanti avrebbero contra v­
venuto al le volontà formalizzate nel l a dispositio. È i ndubbio, i nol tre. il carattere. op­
portunamente sottoli neato, del l ' iscrizione in questione: « U n ' altra iscrizione (A duce
Roberto) è al l ' esterno del l a basi l ica, sul l ' architrave del l a porta centrale, e costi t u isce
u n ' affettuosa dedica del tempio a S. M atteo da parte del G u i scardo: dona l a c h iesa
per avere i n dono i l regno eterno>> ( A . LENTIN I , Rassegna delle poesie di A (fnno da
Salerno. c i t . , p. 226: << Una seconda edizione, di due versi (A duce Roberto) posta
s u l l a porta di bronzo del duomo, ricorda i l dono del tempio che i l G u i scardo fa
a l l ' A postolo. Gli autori suddetti , ed anche Carlo Carucc i , non parl ano d i u n a attribu­
zione ad A l fano; ma, se come pare evidente, l ' i scrizione fu apposta q uando appunto
fu eseguito i l tempio ( e il presente donaris lo conferma), credo molto naturale che
essa sia stata composta dal medesimo arc i vescovo-poeta, che era anche lui parte così
principale nel la costru zione del magn ifico ed ificio>> . Si vedano i versi dell a c attedra­
le di Aversa.

82
B ad i a Cavense, che, sorta proprio i n quel secol o , ebbe così stretti le­
gam i col m o v i mento c l u n i acense>>4s. Emerge pi ù d ' og n i al tra cosa la
cosc i e n za cristologica d i A l fano. La Chiesa salern i tana nel suo ruolo
di ecclesia matrix ded icata prim a al l a Verg i n e e poi anche a S . Matteo
(dopo averne acco l to le spog l i e ) , propon e il m od e l l o dci i ' u n i tà del l a
permanente figura d i v i n a e d u m a n a , c h e attraverso i l vescovo d i viene
signum Ch risti:
Sic Ch ristus natus, nostros removendo reatus
vivit cum Parre in caelo et cum Virgine Ma tre46 .

In q uesti versi vi è m o l to di p i ù d i u n a sempl ice testi m o n i anza sto­


rica; vi è test i m o n i an za d i uno spiri to e d i una i n tera c u l tura ; la test i ­
m o n i a n za, ancora, di u n atto d i fede n e l model l o ecclesiologico fon ­
d a t o s ul l ' u n i tà d e l corpo del l a Chiesa la quale, attraverso i l vescovo e
n e l vescovo , e nel Papa, real i zza l ' ag ape. Se i vers i p i ù su menzionati
riguardanti l ' aspetto del Cristo i ncarn ato e l a sua qual i tà d i evento sal ­
vi fi c o (nostros removendo reatus) vengono messi in relazione con l a
pri m a coppia d i esametri :

Da, Mauhaee parer, Patris hoc de t et innuba Mater.


ut pa re r A lplum us m an ea t sine fine beaws47•

4� N . AcoCELLA. Salerno medioevale c i t . , p. 33.


441 < Versus in ecclesia S. Matthaei Salemi>. vv. 3-6, p. 2 1 6. S u l l a Chiesa. realtà
spitituale e pienezza del sacramentum ecclesiale. possibile nel significato sal vifico
del Cristo e nella funzione dell ' officium sacerdotale. si veda i l pensiero d i Pier Da­
m i a n i che nel battesimo. e nel battesi mo del Cristo. pone l ' isti tuzione del sacerdozio
attraverso i l quale i l popolo esi ste ancora come unità spirituale, come comunità ec­
clesi ale, uni versale perciò, a cui lo spirito comunica la pienezza dei don i : cfr. PETRI
DAMI ANI Liber G ra tiss im us , cit .. c. I V , p. 2 1 : Non enim ex merito sacerdmis. sed ex
officio. quo fungitur. consecrationis mysterium in alte rum propaga tu r. nec expedit
in consecratione considerare, qua/iter vi.xit, sed ministerium talllummodo adtenden­
dum est, quod cu:cepit. Sicut enim nutlti stmt. qui baptiz.andi (ungu/1/ur o({tcio. et /a­
men unus est. qui proprie ac specialiter comecrat. In il/a nempe columba. quae su­
per Dominum post baptisma descendit, ipse cum sacramento baptismati.ç et veri sa­
cerdotii iura suscepit, fuso vide/ice/ super ewn oleo exultatitmis; ISIDORI A llegoria
in Novum Testamentum. in P. L . 83, 1 1 7 A B . col . 1 35 : Petrus persona Ecc/esine ge­
.Har, quae habet potestatem dimillendi peccata. Rinvio al classico d i Y C o N G A R .

L 'et-c/biologie du Haut Moyen-Age, già richiamato, e dello stesso studioso Spirito


dell 'uomo Spiri10 di Dio. B resc ia 1 987. magistrale proiezione in term i n i di contem­
poraneità del l a struttura storica del cri stianesimo come realtà uni versale proveniente
d a l l a preghiera. atto di fede e di presenza; l i mpida rinessione sulla qualità sal v i tìca
del l ' evento Cristo e del l ' Avvento del lo Spiri to con cui l ' uomo si avvia verso un pro­
cesso di continuo ri nnovamento.
47 < Vemts in ecclesia S. Matthaei Salemi>, vv. 1 -2. p. 2 1 6. Per questa iscri­
zione s i veda i l saggio i n troduttivo a l l a edizione del l ' opera di A l fano curato da A.
LENTI N I -F. A vAGLIANO, p. 3 8 : <<i pri mi due esametri sono una preghiera a S . Mat-

83
la d i v i n i t à del l a C h i esa, attraverso il pater A lphanus, si ritrova n e l
Cri sto i ncarnato e n e l Cristo come m i stero.
In questo imponente tempio salern i tano, nel q uale Alfano avrebbe
forse vol uto riproporre le d imensioni del tempio cassi nese, e che n e l l e
aspetta t i ve e nei programm i ori gi nari avrebbe dovuto s i g n i ficare i l c o n ­
seguito progetto po l i tico-re l i gioso del l a di nastia lon gobarda, l a popol a ­
zione salerni tana s i ri trova come «uman i tà v i vente a l centro del l a C h i e ­
sa>> (removendo reatus}, ma anche come partec ipe del l a m u n i fi c e n za

teo. patrono, e u n ' i n vocazione di i n tercessione del la Vergine Madre, ti tolare a n ­


ch ' essa del l a basil ica, perché ottengano l a beatitudine eterna al pastore e al padre
A l fanO>> . Cfr. ancora A . LENTI N I , Ra ssegna delle poesie di A lfano da Salerno. c i t . ,
p p . 225-226: << La prima, D a Marthaee parer, destinata al l ' abside, con sta d i s e i esa­
metri . o meglio d i tre coppie di esametri. giacché non è i mprobabile che si tratti di
tre didasc a l i e per altrettante rappresentazioni musive figurate nel l ' abside. Il Co­
lonna e i l M azza riproducono i versi come anon i m i ; mentre i l Capone e il De A n ­
gel i s l i danno come di A l fano. L a pregh i era espressa n e l 2° verso U t parer A lpha­
nus maneat sine fin e beatus, non dovrebbe creare d i fficoltà, poiché i l vecchio arc i ­
vescovo aveva ben diritto d i farsi chi amare pater d a i fedel i , d a i q u a l i su ppone r i ­
volta la pregh iera a Maria Vergine e a S . M atteo». L ' uso i mpersonale d e l verbo
con cui si formula la preghiera (maneat) rientra più che nel lo stile, nel l ' elega n za
mentale e nella semplicità del lo spirito di A l fano. il quale ha sempre i ntensamente
partecipato alle vicende della sua città. La pregh iera maneat sin e fine beatus si ti­
veste q u i ndi del l a gradevolezza di un desiderio, di u n ' aspirazione, d e l l a speranza
cristiana d i aver ben meritato presso u n popolo. che Alfano vescovo ha sent i to to­
talmente suo, c al quale con bonario sorriso e affettuosa arguzia fa reci tare l a sua
preghi era; sarebbe come dire : Che il vostro vescovo. fi g l i carissi m i , possa merita­
re l ' eternità con l ' i n tercessione di S . Matteo e del la Vergine. E forse che tutti gli
sforzi d i A l fano non furono per la costruzione d i u n tempio, di una Chiesa Catte­
dral e dedi cata al l a Vergine e a S . M atteo. e che c u s todiva le spogl i e del l ' apostol o ,
ri spondendo così con cristiana sicurezza a l l e incertezze pol itiche del momento?
facendo ri trovare i n torno alla tomba del santo la possibilità d i una duratura a l l e a n ­
z a t r a Normanni e S a n t a Sede, una coscienza politica ai ' c i ttad i n i ' di Salerno cer­
tamente scossa. se non i n cri si, dopo il prec ipitare del le fortune longobarde? oltre
che ( m a si dovrebbe dire: i n nanzitu tto) quel l ' u n i tà tra laicato e gerarchia sacerdo­
tale, tra epi scopato e papato così di battuta s i no al l ' epoca di Enrico I l i ? L' uso del
termine parer, perciò non desta meraviglia, speci e i n u n ' epoca i n cui, per esempio
i n tutti i monasteri benedett i n i quotidianamente ri suonava il term i ne abbas. pro­
nu nziato sempre con deferenza, ma anche con ri spettoso affetto, e d i screta fam i ­
l i arità. Se la paterni tà di questi versi è d i A l fano, n o n si deve i ntra vedere u n a con­
travvenzione al l ' u m i l tà cristiana pri ma e monastica poi , u n tocco d i presunzione
che contradd i rebbe con l a sua personalità (pri m a abbas lui stesso e poi archiepi­
scopus), e perc iò una conferma dei dubbi e del le ri serve sul l ' attribuzione dei versi
in questione. In fondo il fondamento Padre-Figlio, che è teologico. rientra. conse­
guentemente. fra gli schemi mentali del l ' uomo del med ioevo. A l l a luce di tutta
una serie di fatti ed avvenimenti non doveva. o meglio, non era naturale per A l fa­
no sentirsi padre dei (suoi) salern itan i ?

84
sovrana e dei n uovi orientamenti pol i t i c i in cui ve n i va coi n vol ta, per
forza d i cose, l a c ittà:

Dux et lordanus, dign u s princeps Capuanus


regnent in a ete m um cum gente co/ente Salernum 48

gens salemitana, i ndicata anche, come s ' è


Da una parte, perc iò, l a
civis, d al l ' al tra i l pater A lphanus
v i sto, col term i ne s i g n i ficativo d i .

episcopus e i l Guiscardo, dux, con il n i pote, princeps Capuanus.


,

Il sacrum Salernitanum A rchiepiscopium e il Salernitanum Pala­


tium costi tuiscono la sede del l a v i ta soc i al e con i suoi negozi e le sue
atti v i t à . Donazi on i , transaz i o n i , atti di d i v isione, concess i o n i d i i m ­
m u n i tà s i svolgono e vengono redatti en tro le mura del l ' Arc h iep i sco­
p i o49.

48 < Versus ù1 ecc/esia S. Matthaei Salemi>, vv. 9- 1 0, p. 2 1 6. S i veda A. LEN­


TINI -F. A VAGLIANO, l carmi di Alfano /, p. 39: «Una terza ( Dw: et lordanus) anco­
ra più esterna, è sul l ' arch i trave del l a porta principale del q uadri portico. È notevole
tale epigrafe, di carattere piuttosto politi co, al l ' i ngresso esterno del tempio: si vuo­
le suggell are dinanzi al popolo un solenne accordo a un ufficiale i mpegno di pac i ­
ficazione tra Roberto, detto senz'altro ' D u x ' senza i l nome, e i l nipote G iordano
pri n c i pe di Capua. L ' i scrizione si ri ferisce, q ui ndi , più che al pri mo accordo fra i
due, concl uso nel 1 079 con la mediazione del l ' Abate Desiderio. a quello sanzio­
n ato dal gi uramento che ambedue prestarono a Gregorio V I I in Ceprano, l ' uno i l
I O e l ' al t ro i l 2 9 giugno del 1 080 ovvero, secondo i l M athieu, a quello avvenuto
a l l a v i g i l i a della dedicazione del tempio. Composta e appl icata s u l l a porta, l ' i scri­
zione v i rimase, anche se prima dell a morte i l G u i sc ardo dovette vedere ancora
molto turbati i suoi rapport i con G iordano» ; A. LENTI N I , Rasugna delle poesie di
A lfano da Salerno, ci t., p. 226: « I nfine una terza . Dux et /ordanus. ancora esisten­
te nella cosidetta porta dei Leoni, pare che all uda alla pace conclusa tra i l G u i scar­
do e Giordano di Capua per opera dell ' abate Desiderio. Le c i rcostanze del l ' avve­
n i mento, a cui non dovette essere estraneo l ' arcivescovo di Sal erno, e l a fattura
stessa dei due esametri, rende verosi mile l ' opinione che anche l u i ne sia l ' autore,
benché tutti g l i studiosi sopra ri ferit i li riportino anon i m i » , vale a dire il Colonna,
Mazza, Carucci e De Angeli s. menzionati dal Len t i n i , nelle note della stessa pagi­
na. Per queste i scrizioni si veda anche N. AcocELLA, Salerno medioevale, c i t . , pp.
2 1 0-2 1 3 , anche per i ri n v i i b i b l i ografi c i , fra cui l ' opera d i E. B ERTEA U X , L 'art
dans / 'ltalie méridionnle, Pari s 1 904, vol. l .
4 9 Cfr. Codex Diplomalicus Cavensis, ed . M . M ORCALDI , M . SCHIANI , S . DE
STEFANO, M i l ano. Napoli, V I I I , Pisa, 1 839, n . MCCLXV ( a n . 1 057- 1 05 8 ) , p. 5 1
( d ' ora i n poi si citerà Cod. Dipl. Cav. ) : dum in sacro salemitano archiepiscopio
essem ego romualdus iudex et plures homines, /ohannes sacerdos et abbas ecc/e­
siae sancii mathei apostoli. . . Ante me romualdum iudicem /ohannes sacerdos et
abbas ecclesie Sancti mathei apostoli ... dum una cum eo essei A lfanus comes .filius
quondam ade1nari comitis et iudicis qui est unus ex eis quibus ecc/esia perline/,
coniunctus est cum leone atrianense filio quondam petri. ad.faciendum inter se de
causationibus quibus ipse abbas nuper cum ip.w leone ante me causaverat. ut ipse
leo el servi illius malo ordine intrassenl in terras et casas pertinentes ipsius ecc/e -

85
.<iae; n. MCCCLX X X V I J ( a n . 1 064). p. 320: Dum in .<aao .<alernitano a rchiep i ­
.< c op i o ante a u la m sane/e umperque v i rg in i.< dei gene trici.< marie e.<se m eg o
iohannes iudex l'U/11 pluribu.< a/ii.< hom in ib u.<; l ' atto riguarda una sentenza a favore
di G i ov a n n i A trianense av verso M a s c i n o c l erico, fig l i o del fu Romualdo. per
l ' esercizio di possesso su alcune terre (Cfr. pure L. R. M ENAGER, Recueil de.< A cte.<
de .< Due.< Normand.v d ' lta l ie ( 1 046- 1 1 2 7). Bari 1 98 1 . vol . l. n. 43 ( a n . 1 083). p.
1 3 8 . « Per quanto riguarda l ' atrio» del l a Cattedrale. osserva i l Carucc i . « n o n si
trattava affatto d i una i n novazione anti trad i zionali sta. ma d i una consuetud i n e co­
mune del Medio Evo, quasi sicuramente suggerita dal l ' editto di Rotari, che preve­
deva il con ven tu.< omnium ante ecele.<iam per negoziare gli affari . I l Re longobar­
do sperava. forse. che le trattati ve conc l u se di nanzi ad una ch iesa avessero avuto il
crisma del l ' onestà e c he i l denaro fosse stato, come per i pagani anche per i cri­
stiani. effetti vamente sacra mo n e ta » (A. CARUCCI, Ln Cattedrale d i Salerno. cit.,
p. 27). Più che allo spirito rel i gioso o a l l a pruderie devozionale del s i ngolo sovra­
no. i l polo di attrazione cost itu ito dal l a Cattedrale. del la sede vescovi le. è da ri feri­
re a l l a 'consustan zialità' del rel i gioso e del c i v i l e . d i fferenti i stanti di un u ni c o
momento. che troverà espl i c i ta defi n i zione nel secolo di I n nocenza 1 1 1 c o n l a for­
mula del l a A u ctorita.< in apice. Formula nella quale viene tradotto il fondamento, a
volte sotti nteso. a volte chi aramente espl i c i to, del procedere del l a p o te.< tn s temp o­
rali.< dalla pote.<ta.v .<p iri t u a l i.< i n u n a comunità ecclesial mente riconosce ntesi e
rea l i zzantesi tan to da sentirsi esc l u s i v amente chri.<tianita.<. La Cattedrale ed il s u o
vescovo h a n n o cost itu ito sempre c d i ffusamente. nel medioevo. i l momento. d irei.
centrale della vita soc i ale. I n u n al tro centro de l l ' Ital i a merid ionale, ancora ai pri­
missimi anni del sec . X I V , i n t m in clau.< t ro ep is copa l i.< pa la ti i diete Maiores Ec­
cle .< ia e Neritonemis ubi Curia .<o/et pro tribunali .<eden/e.< earundem tenore pre­
.vencium condempnamus. . . ( Pergamena n . 86, ms .. Arc h i v i o del la Curia Vescov i l e
di Nardò; cfr. M . PASTORE, Le Pe rgam ene della Curia e del Capitolo di Nardà, i n
<<Studi salent i n i >> , X I I I [ 1 962]. p. 1 5 7). Osservava C . Damiano Fonseca con e sc l u ­
s i vo ri feri mento al l ' Ital i a comunale: < < . . . l a ri levanza del l a catted rale . nel l ' età co­
m u nale. non è soltanto ecclesiologica e l iturgica, ma anche c i v i l e . Basti pe n s a re
che nella cattedra le m i l anese di Santa Maria si conservava il carroccio il c u i s i g n i ­
ficato c i vico sembra fuori d i scussione; basti pensare a l con venws c i v iu m celebrato
abitual mente nella pi azza della cattedrale. anche quando era i n terven uto lo sposta­
mento del l a sede in al tra parte del l a c i ttà>> ( C . D . FONSECA, 'Eccle.<ia matri.x ' e
' Con ven tu.v civiwn ', ci t . . p. 1 44 .
Viceversa a Sal erno, sede di pri nci pato. poi centro di nevralgica i m portanza
strateg ica del regno normanno. mancano le condizion i . per obietti v i mot i v i d i ca­
rattere i stituzionale. necessarie ad u n ' identità fra « Valori del la l i bertà c i v ica e del­
l a fede>> ritenuti « U n i tari e fu nzional i alla sal vezza del l a c i ttà>> (C.D. FoNSECA.
'Eccle.çia mnrrix ' e ' Con ven t m civium ·. cit . . p. 1 48). La sede dei pri ncipi longo­
bardi a Salerno. i l .m c ru m .w/em itamm1 pala t i u m così ricorrente i n nu merosi do­
cumenti del sec. Xl fu col locato. notava Pao lo Delogu. << nel cuore del l ' i n sed ia­
mento, non separato e sovrastante. rep l i cando i l rapporto che avevano quelli d i Pa­
v i a e Benevento. con l a certezza poi che l a popol azione non avrebbe costi tuito pe­
ricolo per i l principe residente del la parte più vul nerabi l e della città>> ( P DELOG U .
Mito di una città meridionale. c i t . , p. 43). Non g i à l a com u n ità c ittad i n a ricono­
scentesi e ritrovantesi nel con ven tu.< civiwn. che è come d i re nella partecipazion e .
nel concorso di tutti attraverso i l momento. previsto negl i statuti. de l l a elezione e

86
del l a rappresentanza; il populus ri trova, i n vece, la propria saftts, la .m/us civiwris
nel «pri ncipe che edifica. offre e prega>> (P. DELOG U , Miro di una cirrà, p. 50). E l a
cattedrale di Salerno. i n fondo. è lo stesso Delogu a riconoscerlo. più c h e ch iesa
del l a c i ttà si rea l i zzò come m a n i festazione del trionfo po l itico del G u i scardo. tra­
sgredendo in parre allo spirito e al l ' entusi asmo origi nario di A l fano. Anche se,
dunque. <<C i ò che A l fano aveva i ntrapreso come rin novata espressione del l a gra n ­
dezza d i S a lerno. Roberto lo concl udeva c o m e opera d i devozione e prestigio per­
sonal i >> (P. DELOG U . Miro di una cirrà . c i t . , p. 1 90). l a cattedrale dedicata a S. Mat­
teo s u gge l l av a idealmente. ma anche d i fatto. l ' i ntesa sul piano programmatico. ol­
tre che ideologico e di con vergenza c u l turale. fra l e prospet t i v e del DictaUH
papa e . e l e premesse che erano state già poste nel l ' accordo d i Melfi . Ed A l fano
non fu estraneo a q uesto sforzo ( e per q uesto l a Chiesa di S. Matteo. a prodotto fi ­
n i to. trad isce .m/o in parre l ' i spirazione e le speranze del suo vescovo). Ma forse è
proprio i n questo ruolo svolto dal vescovo Alfano che si ri trova la pecu l i arità pub­
blica del l a ch iesa sal ern itana come cattedrale. L ' uso del term ine civis riferi to a l l a
com u n i t à salernitana i n rapporto a l l a Cattedrale denunzia la consapevolezza d i u n
ben consol idato ruolo, a partire dal l ' alto medioevo. d e l centro urbano sede di Cat­
tedra vescovi le. La digniws che l a presenza di quest ' ultima conferiva venne defi ni ­
tivamente consacrata sul piano giuridico-istituzionale dal l a form u l a curiale: die ta
terra in civirarem er ecclesia in carhedralem ecclesiam erigere. dove già di per sé
l ' in e l ' accusativo del complemento a l uogo fi gurato rende i l concetto del d i fferen­
te ruolo istituzionale consegu i to col passaggio da terra a civiras. q u a l ora fosse
mancato il richiamo espl icativo: terra praedicra in civirarem erigemus el civiraris
rirulo ac insignis decommus. S u l l ' alternativo uso del termine urbs c civiras nei pri­
m i seco l i del l ' alto medioevo, q uando cioè ven i va prendendo fisionomia l ' episcopa­
to. e. q u i ndi, sul defi n i t i vo e corrente affermarsi del l ' accezione civiras si veda il
classico contributo di C. B AITISTI , Ln terminologia urbana ne/ larino dell 'afro me­
dioewJ con particolare riguardo a/1 '/wlia, i n Ln cirrà nell 'Afro Medioevo. Spoleto
1 95 9 ( S ettimane di Studio del Centro I taliano di Studi sul l ' A l to Medioevo. V I ) , pp.
529-577. e di C. V I OLANTE. Le srrurrure organiz.zarive della cu ra d 'anime. c i t . . pp.
963 - 1 1 5 8, i n part . p. 1 1 33 : << I n origine era stato i l territorio. l ' antico territorio del l a
civiras, a costituire l ' ambito en tro cui si esercitava l ' u fficio d e l vescovo. cioè a dc­
term i nare l a diocesi ecclesiastica.
A tale concezione - diciamo - ' terri tori ale ' , che espri me la tradi zione e la c u l ­
t u ra romane verso l a fi ne d e l V secolo Gelasio l contrappose . . . u n nuovo criterio.
d a cui - secondo lo spirito del l a n uova rel igione e i n aderenza alle effettive situa­
zioni attu a l i - erano posti i n pri mo piano i fede l i : l ' ambito d i ocesano era determ i ­
n a to dai fedeli c h e per i sacramenti c l e fu nzioni l i turgiche facevano capo a u n o
stesso vescovo•• : s i a consentito ri nv iare anche al mio Srru r rure e modelli cttfrumli
nella Società merovingia - Gregorio di Tours: una testimon ianza. Galatina 1 979,
pp. 2 1 0-2 1 7 e n . 7 7 . Più d i u n a volta nei documenti del secolo Xl riguardanti
l ' area campana ( perché ci s i riferisce essenzialmente a q uesti nel l a presente sede)
s i fa menzione del l a presenza nel la cattedrale salern i t a n a di una colonna marmo­
rea s u cui era i ncisa l ' unità d i su perficie: il passo sal ern itano ( f ora ipsa terra est
per fin es et mensurias iusro passu qui signarwn est in columna marmorea ecc/e­
sine .wncri marhaei episcopio salernirano memuraws, Cod. Dip/. Cm•. , V l l l , MC­
C LX V I I I . p. 63 (an. l 05 8 ) ; rorwn men.wrarnm ad passum qui signarum es/ in co ­
ftunna marmorea sancri marhaei d e archiespiscopio .mlern irww. Cod. Dip/. Ca v . .

87
V I l i . p. 230 ( a n . 1 063 ) . Lo spazio con sacrato del l a Chiesa Cattedrale te n d e v a ad
i n vest i re in mani era globale la vita soc iale (e così era se ntito). e q uesto i n d i pe n ­
dentemente, ri tengo. dal la esiguità degl i spazi pubbl i c i , o dalla mancanza d i platee
pubb lich e . L ' i po t e s i del con 1•en tuJ o m n i u m ante eccleJiam d o v r e b b e e s s e re
c o n fortata d a l l a sede in u n o deg l i ed i fi c i . con accesso dal l ' atrio del l a cattedrale
( costru ita. questa. da A l fano). de l l o Jtudium artiJ/arum e dello Jtudium medico­
rum «en trambi ricordati da l l ' arci vescovo M . A . Mars i l i o Colonna ( 1 5 74- 1 5 8 1 ) ne­
g l i alli del l a S . Visita del 1 5 75 come già esistenti da tempo nel l ' atrio>> (A. CARUC­
C I , La Cattedrale di Salerno, c i t . . p. 29). Nei numerosi ri n v i i al sacrum palatium,
sede del pri n c i pe , i n cui avevano l uogo i negozi pubb l i c i . i l con ventuJ, pur c o nser­
vando i nal terato i l suo carattere pubbl ico, non esaurisce appieno il fondamentale
aspetlo di di balli lo po l i tico. essendo riservato i l legi.ç/a tivo e l ' esecutivo a l princi­
pe. Manca una c h i ara man i festazione del l ' aspetto volontariJtico del patto g i u rato
in v i rtù del quale è possibile consenso c di ssenso pol i t ico. partecipazione attraver­
so i l di battito e lo scontro. come nel le lotte fra l ibertarismo comunale e assoluti­
smo i mperi a l e ; cfr. perciò Cod. Dip / . Ca v. , V I I I . MCCLX X X I I I , pp. 9 5 - 9 7 . (an.
1 05 8 ) ; MCCCX V I . pp. 1 50- 1 5 2 ( a n . 1 060) ; MCCC X X V . pp . 1 75 - 1 77 ( a n . 1 06 1 );
MCCC X X X I . p. 1 85 ( a n . 1 062) : MCCCLV I I I , pp. 252-256 ( a n . 1 06 3 ) ; M CC­
CLX I . pp. 260- 267 ( a n . 1 063 ) ; MCCCLX X I I I . pp. 284- 296 ( a n . 1 064 ) ; Codice
Diplomatico Ca venJe, ed . S. L E O NE - G. V tTOLO, Badia di Cava 1 984, t. I X , 9, pp.
27-28 (an. 1 065 ) : 1 3 . pp. 3 8 -56; 36, pp. 1 1 9- 1 2 1 ( a n . 1 067 ) ; 52. pp. 1 60- 1 6 1 ( a n .
1 0fi 8 l : 5 3 , p p . 1 62- 1 67 ( a n . 1 068 ) ; 5 7 , p p . 1 75 - 1 82 ( a n . 1 068 ) : 94 . pp. 27 1 -290
( a n . l 070 ) : 97. pp. 297-30 l ( a n . l 070) : l 04 , pp. 3 2 2 - 3 2 6 ( a n . l 07 1 ); l 06 . p p .
3 2 93 3 1 ( a n . 1 07 1 ) ; 1 26. p p . 3 70-372 ( a n . 1 07 2 ) : 1 27, p p . 3 7 3 - 374 ( a n . 1 07 2 ) . S i
tratta sempre di l i t i per contestati diritti di proprietà, di del i m i tazioni d i confi n i , d i
defi n izioni d i d i ritti di passaggio, d i volontà testamentarie, d i a t t i d i don azione ( a d
fnciendam inter Je .finem de cau.wtion ihuJ, Cod. Dipl. Ca v. , I X , doc . 1 3 del feb­
braio l 066. p . 39), esam i n ati con la prod uzione delle carru/ne. discussi. composti
c consacrati in atti nella sede del l ' autori tà pubblica, e. spesso, alla presenza di
q u esta. o l t re a q u e l l a dei fu nzio nari che conferiscono l a . fides publica a l l ' at t o
( Dum i n sacro salem itano palario coram presentia suprascripti domni n ostri g i ­
sulphi excellentiHimi et a deo conserhari principis e.uem e g o sico comes e t iudex.
Cod. Dipl. Ca v . . V I l i . MCCLX X X I Y , p. 95 ; MCCCX Y I , p. 1 50 ( a n . 1 060); Et
ideo ipso mnn .w in sacro salernitano palario ante ipsam gloriosam porestatem,
ibique m/ante petrtts hulex et ce teros nobiles, MCCC L V, p. 230: Dum in sacro
.wlern itano palatio coram presentia domne gemme principi.ue e.uem ego s ico co­
meJ e/ iudex. MCCCLX I . p . 260 ( a n . 1 06 3 ) ; In sacro sale rn itano palatio a n te
iamdicram potestatem astare/ iohannes iudex, MCCCLX X I I I , p. 289 ( a n . 1 064 ) .
I n u n a c i tazione i n g i u d i z i o d e l marzo 1 07 1 i convenuti compaiono i n n a nzi al g i u ­
dice Pietro i n arrium Beati Pe/ri apoJtolorum princeps, cappelle huius sacri Saler­
n ilan i palati i ( Cod. Dipl. Ca v. , 1. I X , l 04 , p. 3 24 ). Si veda P DELOG U , Mito di una
cirrà meridionale. p. 43 e segg . e n. 1 1 8 s u l l a costruzione e ubicazione del pala­
tium in fu nzione del l a dest i n azione d ' uso. del ruolo dello stesso a l l ' i nterno de l l a
v i t a c i ttad i na. P i ù con ventuJ omn ium , d u nque. c h e n o n con ventttJ ci v iwn . M a è
proprio in questo con testo che i n terviene il ruolo della Ch iesa Cattedral e con l a
memoria d e i protovescov i . delle rel i q u ie, dei santi l oc a l i a rec uperare, c o n l a pro­
lezione s u l l a c i t t à . la coes ione c l ' u n i t à ci ttad i n a proprio i ntorno al santo. al vesco­
vo con l a sua c h i esa. << B asti far riferi mento a Bonves i n de la Ri pa>> osserv a v a

88
In u n o di q uesti atti dato nel febbraio del 1 07 1 è proprio A l fano a
cos t i t u i rs i 50• C i tazion i , tutta la m ateri a riguardante i l con ten z ioso s i
svol g o n o e vengono d i battute i n vece nel Palatium. La complementa­
ri età del l e sed i q ual i fi c a l e rispetti v e fu n z i o n i del momen to i n cui la
comunità, i n q uanto ecclesia, coincide con l a societas (e non è solo
ques t i o n e d i defi n i zi on i ) . Conseguentemente, l a rea ltà del l a chiesa v i ­
chiesa
s i b i l e v iene fi l trata, proprio c o n i l ruolo e c o n i l m i n i stero del l a
cattedrale, attraverso la sostanza g i ur i d i c a del corpo soc i al e . A sua
vol la la soc ietà fondata s u l consensus e sulla communio utilitatis v i e­
ne assu n ta i n u n a categoria logica dal l a quale ri s u l ta esc l usa q ua l s i as i
poss i b i l i tà d i med i azione s i a specul ativa, c h e pol itica, ed espri mentesi
nel l a «prem i nenza cari smatica del l a chiesa cattedrale»5 1 •
Ad o g n i modo l a v i sione ecc lesiologica d i A l fano sem bra prec i ­
sarsi u l teriormente e meg l i o nel l a Confessio metrica52. È q u i , i n fatti ,
che si possono cog l i ere g l i elementi di una teol o g i a di A l fano, al l ' i n ­
terno d e l l a quale s i ristabi l i sce l a valenza tra ecc lesiologia e cristolo­
g i a . I vv. 3 1 2-4 1 5 riguardano i l nucleo d e l l ' i n tera q uestione, l a cri sto­
conform ità del l a Chiesa, vale a d i re del l a Chiesa creatura del Verbo
nel l o S p i ri to . La cen tral i tà del l ' al tare e l ' armoniosità compos i t i v a de­
gli a m bo n i nelle c h i ese medioeval i s i ri trova n el l a central i tà del Cristo
Even to-Paro l a del pens i ero d i A l fano.

Dum te non potero, potero tua 1•erba Fide re,


l'erba Dei Verbum Fisa Fide re dabunt.

Ve rba nova tua s w ll mel/is condita sapore:


qu e m seme/ imbuerint, n il nisi dulce sapit.

Fon se c a - «che puntual mente e puntigl iosamente. riferisce il nu mero delle c h i e se . . .


collocate en tro l e m u ra del l a città>> . aggiungendo <<con espl i c i to riferim e n to a l l a
cattedra l e : " E t e s t m i rabile notandum qual iter et q u a n t u m pro i s t a c i v i tate v i rgo
M aria teneatur"» (C . D . FONSECA. 'Ecclesia matrix ' e ' Co n Fen r u s civium ' . c i t . . p.
1 48 ) . N o n d i ssi m i l e è i l rapporto tra Salerno e l ' apostolo M atteo che riposa nel l a
Cattedra le. M atteo è, i n fatt i . <<Egregior Tutor>> ( /n trans/atione S . Marrhaei. v . 42 )
che Ad sa/utem .fideliwn, l c le ri simul et c i v ium . l venir . . . e del quale, come già no­
tato. i Salcrnitami, con A l fano. sono e s i sentono <<conci ves>> Donans solida .wf­
frag ia l civibus ruù l operando c fr. supra n . 26). A nche i n q uesto merid ione cam­
pano e salern i ta no l a ch iesa cattedrale svolge un ruolo teso a conservare e <<a esa l ­
tare i valori del l a l i bertà c i vica e del l a fede . . . fortemente u n itari e fu nziona l i a l l a
sal vezza d e l l a c i ttà» (C . D . FoNSECA, ' Ec c lesia marrix ' e ' Con veniLI.' civiwn '. c i t . .
p. 1 48 ) . Nm te r in a ete rnum , Matthaee tuere Salemum sem bra concl udere A l fano:
l a forza d e l l e sue con v i n z i o n i è tutta nel s i g n i ficato d i imperat i vo tuere in c u i
espri me l a certezza del l a fede, c h e sola può giustifi care. ol tretutto. i l modo di r i ­
volgersi del vescovo al santo.
�1 Cod. Dip/. Ca v. . t. IX, l 03, pp. 3 1 9-322 (an. l 07 1 ).
5I C.D. FONSECA, 'Ecc/esia ma r rix ' e ' Con venrus ci1•ium ', c i t . . p. 1 46 .
52 C fr. i n fra n . 53.

R9
St•mw 110\ '0 twrs t'J/ p erfu.wJ aroma te vitae,
1 'ita cadm·eribus cuius odore redit5·1 .

I l r i feri mento a Gregorio VII ai v v . 380- 3 8 7 n o n è s o l o u n acc e n ­


n o , né t a n t o meno un obb l i gato passaggio54. A l fano non d à l ' i m pres­
sione del poeta d ' occasione ; egl i ha lì s sato i n versi l a sostanza p i ù v i ­
v a . p i ù d i battuta c p i ù tormentata del l ' uomo d e l med i oe v o : i l se n t i rs i
ch iesa i n una cond i z i one d i costante, perché naturale, re lazione tì l i al e
c o n D i o attraverso i l Cristo; i l sentirs i realmente com u n i tà ecc l es i a l e
attraverso i l vescovo, attraverso c i oè i l momento de l l ' u nzione sacer­
dota l e .
N e l carme ded icato a Pi etro i l Vescovo d i Salerno ri propone forse
q uesta form u l a ecc lesiologica, che di fatto completa q ue l l a tri n i taria c
cristologica proprio med i ante l ' un zione e il cari sma sacerdota l e :

O Dem, aeterni genitor c/arissimi Verbi.


da m eritis Petri IZOS scwzdere moenia caefi 55 .

Si ha l ' i m pressione tuttav i a che l a partec ipazione al « v i vace spi ri­


to episcopa l i s t ico», d i c u i parl a Fon seca con riferi mento ad una rea l tà
alquanto di versa, però, s i a come area geogratica, s i a come arco crono­
logi co56, e d i cui pure G iovan n i Tabacco s i è occupato nei term i n i di
una ri gorosa coerenza richiesta da l i beri c i ttad i n i alla C h i esa perc hé
essa fosse capace d i ri trovare , alla fi ne, «nel l a sua propria trad i zi o n e
c u l turale l ' idea di un governo e serci tato al servi z i o ù i uom i n i l i beri c
i n coll aborazione con ess i » 57, si espri ma in A l fano in forme d e l t u t to
pec u l i ari , vuoi per la particol are trad i zione c u l turale entro c u i s i trovò
ad operare , v u o i per l a sua formazione m arcatamentc monas t i c a , v uo i
per i l particol are momento d i tras form azione pol i t ica v i s s u to d a S a l er­
no, v u o i per l ' acceso d i ballito di natura dottr i n ar i a c h e s i s v o l ge v a
al l ' i n terno del l a stessa Chiesa.

� ' Oratio s e u Con(essio Metrim eimdem A rchiepiscopi < A I(a n i > . cd. A . L E N ­
T I N I - F. AVAGLIANO, 362-367. p . 1 3 7 .
VV.
� 4 Oratio seu Con(essio m et rica . v v . 3 80-3 8 7 . p p . 1 37- 1 3 8 : E t q u on iam pim
es. quon iam p ie tat is amore l p ro t eg iJ humanum compariendo g enu J l arch iaposto­
lici. qu i culm ine fu/gel honoris l p rotege Gregorium. stù quod amare Petn1111. l
SeptimuJ in numero vigilamum , numera sep tem l possidear .H'mper F/amin is il /a
w i. l Cum populo reges in pa c e foveto fide/es, l ponir u t F:cdeJiae ruta ma n ere

quies.
" De S. Perro Apostolo. ed. A. LENTI N I - F. A V A G LI A NO, v v. 29-30. p. 1 84 .
"' C.D. FONSECA. 'Ecdesia matrix ' e ' Con ve/IIm ci vium · . c i t . . p p . 1 46- 1 47 .
q G . TAB ACCO, Ve sco v i e comuni in Italia. i n A A . V V . . l poteri temporali dei
vesco vi in /rafia e Germania nel Medio e v o , Bologna 1 979. p. 27 1 .

90
Nonostante la m i tra e i l pastora l e A l fano rimane, d u n q u e , i l mo­
n ac o la cui personal ità s i era formata nel l a com u n i tà d i Beneven to e
in quel l a d i C as s i n o nel l a consuetud i n e con Des iderio, fu t u ro abate c
poi a ncora pon tefice col nome di V i ttore I I I , con Pier Dam i an i , Fede ­
rico d i Lorena e Leone Ostiensc; e monaco r i m a n e nel l a n uova c o ­
s c i e n za del l a Chiesa real i zzantes i nel fondamento del l a Libe rtas Ec ­
clesiae, m o t i v o di profondo d i batti to i n teriore fra autonom i a episco­
pal e d a q u a l s i a s i g i urisdi zional i s m o pon t i fi c i o , ol treché da q u a l s i a s i
i n ge re n za del potere l aico, cd estrane i t à del l a C h i e s a , nel l a fi gura d e l
p a p a e nel t i to l o papal e , a q u a l s iasi defi n i z ione d i natura spec u l a t i va.
L ' i m m u n i tà del vescovo s i con vert i va, al l ' i nterno del l a trad i z i o n e ec­
c l e s i o l o g i c a e de l l ' ord i n am e n t o canonico che s i veni vano affermando
tra i pon t i fi cati d i Gregorio VII, V i ttore III (pur nel l a sua bre v i t à ) ,
Urbano I I e Pasq u a l e I I , nel pri n c i p i o consacrato d a l De ordinando
pontifice del l ' universalis pontifex che a n emine judicabitur, ma s e m ­
pre v i n c o l ato al c orpo del l a C h i e s a . Ed è proprio n e l l a ade s i o n e a
questo t i po di ecc l e s i o l o g i a che s i scorge l o spirito del m o n aco i n A l ­
fan o : l ' u n i tà del l a C h i esa n e l l a d i pendenza da l l ' u n i c a autori tà: q uel l a
del papa, garan te, così , del l a l i bertà, vale a d i re del l a purezza del l a
Chiesa.
Nonostante, perciò, i l suo impegno i n prob lem i di n atura pas tora­
le, am m i n i strati va e gerarchi co-d i sc i p l i nare, spesso di non poco c o n ­
to, ove s i c o n s i deri che i «confi n i d i q uesta prov i n c i a ecc l e s i a s t i c a ­
c h e val q u a n to d i re del l ' Arc h i d iocesi salcrn itana --c o i n c idevano con
q u e l l i d e l pri n c i pato l o n go b ardo d i S a l e r n o >> 5 B , A l fa no r i m ase pur
s e m p re « m e m bro perpetuo>>59 del mon astero cassinesc.
Quando A l fano pensa al l a sua cattedral e salern i tana probab i l m e n ­
te n o n v u o l e e m u l are , p e r sempl ice i m i tazione, i l t e m p i o des idcri ano;
molto più veros i m i l m e n t e i l s u o s p i r i to sarà r i m asto i m pres s i o n ato.
s o p r a t t u t to d a l l ' e m o z i o n e di u n g randioso , per l u i r i feri b i l e s o l o
al l ' infinito divino .
S i s areb be tentati d i d i re c h e Sal erno, per A l fano, s i com prende a l ­
l a l uce d i Cassi n o . E forse n o n è un caso c h e i m o m e n t i d i m aggi ore
fel i c i tà poe t i c a si ritro v i n o , fra l ' al tro, n e l l e cose ded i c a te a questa
c a s a madre del m o n aches i m o occidentale, a Mon tecass i n o , Mons ve­
nerabilis, aula DeiW, ai s u o i con frate l l i cass i n es i : Gaudete. iu sti, mi­
tes et pacifici, l et omnes recti corde, gloriamini, l semper manen tis

�' N . AcocELLA. Sale rno medioe vale. c i t . . p. 4 3 .


w Ibidem. p. 2 8 7 .

"" D e sifll. constructione ne renm•ntione [eiusdem] coen ohii <cnsinensis > . v .


66, p. 1 73 .

91
possessore.\· h ra vii, l fili i Dei, conspecto res Domin i: l sic orda testa ­
tur e loquii6 1 , a Des ide r i o : eximiae pietatis l n im iaeque. . . bonitatis, l

" ' ln lnudem monnclw rum cnsin ensiwn. ed. A . LENTI N I - F. A VAGLIANO. v v . l ­
S . p. 1 89. Teologia monastica. teologia dello Spirito. come dice Congar. teologia
de l lo «Spi rito Santo . . . questa presenza att i v a del l ' A ssoluto i n noi che approfondi­
sce i l nostro i n teriore. re ndendolo v i vo e caloroso». che « n e l l o stesso t e m po ci
melle i n rapporto d i comu n ione con gli altri: egl i è esigenza e stru mento d i comu­
ni one» (Y CoNGAR. Spirito dell 'uomo Spirito di Dio, cit., p. 2 5 ; si cfr. con i l già
menzionato J . LECLERCQ, Cultura umnn istim e desiderio di Dio. c i t . . p . 296 ri­
guardo ai valori permanenti della Chiesa e del l ' u manità: << Valore assoluto del l a fe­
de . . . adorazione silenziosa . . . senso del m i stero>> . ma anche <<deri sione d e l l a d i alet­
tica non appena q uesta si compiace di se stessa ... superamento operato dal l a sa­
pienza>>. mot i v i e fondamenti del contempus mundi. d i quel senso d i colpevolezza
c d i colpevol izzazione così d i ffuso nel l a c u l tura occidentale.
S i veda sul l ' argomento i l l avoro di J . DELUMEAU, Il peccato e In paura, Bolo­
gna 1 987, pp. 29-30: << ... fu nei monasteri e poi nei conventi dei frati mendicanti
che s i andò sviluppando quella "coscienza i n fel ice" che be n presto doveva essere
proposta come una realtà evidente ad u n ' i ntera ci viltà. l suoi tre elementi pri n c i pali
di c u i era con testa (odio per i l corpo e per i l mondo; evidenza del peccato; senti­
mento acuto del l a . fugn tempomm . . . » . e ancora a pag. 3 1 : << non fu soltanto u n a pra­
tica per consegu ire la virtù del l ' um iltà>> . ma al contrario. << I l conremptus m un di fu
teorizzato. gli si diede una valenza generale. lo si i n nalzò a veri tà u n i versale e m i rò
ad aprire un abi sso tra la santità e la vita profana>> . Lo studi oso rimanda ad a l c u n i
versi di A l fano: <<Og ni giorno pecco. a d o g n i i stante cado i n en·ore l e spesso come
u n cane. lecco i l mio vomi to l e i n vizi mm1ali supero tutte le creature>> . S i tratta dei
vv. 93-95 del l a Confe.uio Metrica: Cotidie pecco, momentis omn ibus erro, l u tque
canis vomitum saepe. re/ambo mewn. l Praetereo vitiis letalibus omne c reatum.
L ' i ntera composizione è pervasa dal l 'affermazione del non valore per ciò che si ri­
ferisce e riguarda 1' uomo nella sua determi nazione storica; si veda ancora q ualche
altro spunto del l a Confessio Metrica. v v . 1 7 - 1 8 : Cur ego. me m iserum, tan rum con ­
fide re de te l debeo. qui tanris crim in ibus teneor ? ; v v . 47-54: Nam .fuir aeger homo
postquam male credula pomo / fregerai Eva 1•irum quam superarat hydrus. l Vixit
homo mi.lere postquam de limite vita e l mortis in hoc mi.lerum se tu l i t hospitium. l
Id sine /abe .fuir. sed rabes sordida rupir. l Mundus ab opposiro nome n ha bere pu·
tem. l Mundus erat mundus, mundus cum mundn creares; l immundus coepir sordi­
dus esse lwminis.
Nonostante tutto, osserva, però, lo stesso Del u meau, <<quel la svalutazione non
aveva poi impedito a tanti di quei monaci di essere uom i n i di lettere. d i farsi promo­
tori della 'rinascita del secolo X I I ' e d i i n teressarsi a l l a medicina>> (J. DELUMEAU. Il
peccato e la paura, ci t., p. 3 1 ). Alfano fu poeta e medico. fu uomo e monaco del suo
tempo, che v i sse anche drammaticamente i l dibattito sul rinnovamento del l a C h i esa
svol tosi al l ' i n segna del l a rifondazione del la stessa perseguita non solo d a pon tefici
come N icolò Il. Alessandro I l e Gregorio V I I , ma propugnata con violenti toni pole­
mici dai movimenti rel igios i - l aicali, ereticali dei catari e anticlericali dei patari ; fu
anche vescovo del suo tempo, facendo della pastorale anche un momento di med i a­
zione politica. senza per al tro mai contami nare la sua fede, il suo magistero. lo stile
della sua cosc ienza di monaco benedetti no. La sua Cattedrale (e non solo del Gui­
scardo, cfr. supra n . 49) non tradisce, e forse proprio per questo, i l significato di l uo-

92
speculum atque lucerna p ro borum l metus ho rribilis reproboru m 6 2 ,
,

e al padre Benedetto cel ebrato nel l a l u m i nosità del creato :

A u reo solis radio perennis


hac die lotus decoratur orbis,
ut tuis felix, Benedicte, festis
clarior adsi t6 1 .

M a se Benedetto e i suoi monaci cost i t u i scono i l nerbo del l a n uo­


v a C h iesa, se Mon tecass ino Ut paradis u s amoenus Eden assurge per
A l fano a model l o del l a spiri tual ità cristiana, l ' evange l i sta Matteo, Sa­
lerno con l e sue rel i q u i e , l a cattedrale i n cui egl i è i ncard inato, rappre­
sen tano la sua ten sione verso l ' estern o, verso la soc ietà che c i rconda
il mon astero e che con esso è nel l a C h i esa.
La q uoti d i a n i t à del rapporto l i turgico con l e rel i q u ie del l ' aposto l o
nel l e m ura d e l l a c atted ral e costi t u i sce l ' effetti vo m o m e n t o risol utore
de l l a soc ietà in com u n i tà ecclesiale come atto sal v i tìco:

Nos sollemnia
tibi celebrantes

Due ad supernorum gaudià


ad wum honorem
exultantesM .

La taumaturg i a del san to che riscatta dal l a m i seri a del l a cond i zio­
n e umana, che strappa i so fferenti a l l a l oro mortificante cond i z i o n e ,
che c o n ferisce s i c u rezza al l o spi ri to e serenità ai protetti :

A rida dextra Comractus puer


vivificatur mo vetur piene
morbo cessante; turba clamante.
Pes arefactus Caecis Fisum dedit
gressum recupera l'it. et languores sanaFi to �.

go e momento di incontro del la comunità ecclesiale, si mbolo, al tempo stesso, e cu ­


stode dei valori del l a digniras cittadina. B e n chi aro e assol utamente fermo e sicuro
nel suo l i n guaggio il senso di civis in rappo11o con le istituzion i , anche in q uesto pri n ­
c i pato del l ' Italia centro-meridionale, anche n e l nascente regno n01manno d e l sud.
02 < In laudem A bbatis Desiderii et Montis Casini>, ed. A . LENTI N I - F. A vA­

G L I A NO, V V . 22-24, p. 2 1 8 .
Ol De Sane/o Benedicto, ed. A . LENTI N I - F. A VAGLIANO, v v . 1 -4. p. 1 8 5 .
f>.l ln trans/atione S . Matthaei <Sequentia > . ed. A . LENTI N I - F . A VAGLI A N O , v .
1 4, p . 232.
0·1 In translatione S. Matthaei <Sequellfia>, v v . 9- 1 0. p. 232. Su questo carat­
tere di sti n t i vo del l a pietà cristiana a partire dai pri m i secol i del l ' alto medioevo c
r i fere ntesi al cu lto dei maniri, dei santi nel la loro fu nzione mediatrice fra Dio e g l i
uo m i n i , si veda i l s uggest i v o studio di P. B ROWN, /l culto dei santi, Tori no 1 98 7 .

93
non provoca solo l ' esal tante g i o i a dci i ' a n i m a espressa ne l l a cora l i tà
del canto vespert i n o :

Ad salutem fidelium
cleri simul et civù1m
l'enit corpus apostoli;
sit laus divinae soboli '

Lauda. felix ecc/e sia,


pange Christi praecon ia,
claris vocibus intona
sint vox et corda conson aM ,

ma anche orgog l iosa sicurezza per i l nome del l a propria c i ttà, la Sa ­


/ernus optima no vit61, la c u i fama, si d i ceva, va la d i là d e l l e m u ra c i t ­
tad i n e (Salemi complet moen ia)68 ; fama, q u esta, l e gata al l ' i m portanza
del l a sua c h i esa, al l a poten za dem i urgica del suo protettore , al l a noto­
rietà del l a sua scuola medica, pu n to di riferi m e n to a n c h ' essa per l a
com u n i tà c i ttad i n a e pe r l ' uman i tà sofferente. L a sconfi tta subita, l a
perd i ta d e l passato prestigio, d i ventano così meno cocen t i , vengono
su perate, perché la c h i esa salernitana, con i l vescovo i ncard i n ato s u l l a
sua cattedra, offre n uov amen te decus e praesidium del l a propri a me­
moria storica, del l ' i ntero patri monio c u l turale.

Huius i n imp erio quae nunc est parca, Salemus


praecipua La tii ditior urbe fuif'9 .

Tum medicinali tantum flore ba t in a rte,


posset ut !zie nullus /anguor habere /ocwn 10.

"" In translatione S. Mat t h ae i. Ad vesperas, vv. 1 -8 . pp. 2 2 5 .


o1 A d Romualdum cau sidic u m .wlemitanum, ed. A . LENTI N I - F. A V A G L I A N O .
v v . 1 9- 20, p. 1 5 8 .
" x In translatione S . Ma uh a ei. Ver.Hts a d officium Antiphonae a d vesperas, v .
3 0 . p. 230.
o o A d Guidonem, v v. 9- 1 O. p. 1 50.
7 1 1 A d Guidonem, v v . 2 1 -22. p. 1 50. « Te s ta wr sapiens q u od Deus Omnipotens

l Fu nda vit phisicam pruden.ç h ic non figura t il/a m. l Cum s it hic natus, item accipe
. . . . » ( F/os Medicinae Scholae Salemi, Co l l e c tio Salern itana, a cura di S. DE
RENZI, vol . V, N aples 1 859, p. 2). Sui rapporti di A l fano con la scuola medica d i
Salerno vedi S to ria della Scuola Medica di Sa le rn o , Collectio Salern itana, a cura
di S. DE RENZI , vol . l, Naples 1 852, pag. 2 1 e segg . e vol . l i . 1 85 3 , pp. 772-773. S i
veda pure B . LAWN , l quesiti sa/ernitani, Cava dei Ti rreni 1 969, p. 3 6 : « N e l l a se­
conda metà del secolo. gli scritti di A l fano debbono aver eserci tato un grande i n ­
fl u sso s u l l a ci vitas Hippocra tica, come venne chiamata Salerno . . . . Dei s u o i sc ri t t i
scient i fi c i e fi losofici solo uno sembra essere sopra v v issuto, i l Premnon physicon,
u n ' opera tradotta dal greco di Nemesio, vescovo di Emesa in S i ri a . . . Benché A l fa­
no acqu istasse fra i suoi contemporanei grande fam a di med ico, ben poche tracce

94
In Goffredo, vescovo di Aversa, i n fi n e , Al fano offre l a « S ua>> i m ­
m a g i n e del pres u l e , q uel l a rispondente ai suoi valor i , ai suoi model l i ,
a l det tato del l a C h i esa.

Tu lux ecclesiae, cui modo p ra es ides ,

w cleri decus et presidium, tuae


plebis spesque vig o rque7 1 .

restano dei suoi scritti di med i c ina, come i due trattati De quntuor hominibus e De
p u lsibus . . . >> ; cfr. ancora pp. 85, 86 n. 84.
71 Ad Goffrit Ep iscop um A verwnum. ed. A. LENTI NI F. A VAGLIANO, v v . 22-
24. p. l 54. l term i n i d i tutta la problematica sono q u i fel icemente si nteti zzati : i l
vescovo, nel l a sua cattedrale, momento d i comunione ecclesiale, è ad u n tempo
decus e p raesidium per il c lero. spes vigorque per la comunità diocesana. il cui s i ­
g n i fi cato si carica q u i d i u n ' accezione più estensiva, i n teressando anche aspetti p i ù
spec i fi catamente po l i t i c i , come l e competenze c i rcoscrizionali sulla c i ttà e terri to­
rio, il rapporto d i identità fra società ci ttad i n a e comunità ecclesiale. fra cives
cattedrale - vescovo e santo patrono. Si veda O. CAPITA N I , Ep iscopato ed ecclesio­
logia n ell 'età gregoriana. in Le istitulioni ecolesiastiche della 'Societas Christia­
na ' dei ucoli Xl-Xli. M i l ano 1 974 ( A tt i della qui nta Setti mana i nternazionale di
studio. Mendola. 26-3 1 agosto 1 97 1 ), pp. 3 1 6-373.

95
ALFONSO LEON E

ECONOMIA E SOCIET À NEL B A S S O M EDIOEVO

Nel corso del XII secolo ass u n sero u n ri l i evo mercan t i l e le ri sorse
agricole del Mezzogiorno, i n forme che, rad icale, i n c i sero nei seco l i
successi v i s u l rapporto tra Mezzogiorno stesso e commerc io estero e ,
p i ù general mente, s u i caratteri del l 'econom i a meri d ionale. D a u n l ato,
la c rescita progressiva, per u n certo peri odo, d i Pisa e poi, e be n più
v i gorosa, d i Genova, dall'al tro l 'u n i ficazione del mercato merid ionale
e l a pol i t ica d i apertura d i quest'ul timo a l l a navigazione e a l l a merca­
tura genovese, seg u i ta dai re norm an n i , e ripresa dagl i S vevi fi n o a
Manfred i , offri rono ai prodotti agricol i u n o sbocco commerciale e ne
soste n nero l 'attraz ione. Tuttavia, se c i ò favori nel compl esso u n au­
mento del l a produzione, s i avviò anche la d u ratura penetrazione del
commerc io foresti ero en tro la società meridionale, con la conseguente
s u bord i n azione del le atti v i tà local i alle i n i z i at i ve e agl i strumenti dc­
gli operatori stran ieri e, i n prospetti va, con l a d i penden za fi n an z i ari a
del Paese d a l l e potenze cen tro-setten trional i e medi terranee.
D ' a l t ro canto, per tutte queste rag i o n i , s i veri fi cò una profo n d a
m od i ficazione del l 'econom i a mercantile campana. Com i n c i ò a profi ­
l arsi i l lento dec l ino d i Amal fi , sebbene, peral tro, per assi stere a u n a
p i ù accentuata crisi d i q uesta ci ttà si debba attendere probabi l m e n te l a
guerra del Vespro ; e i l tratto costiero da Napol i a Sal erno poté i n seri r­
si nel l a rotta mari ttima da Gaeta a Palermo. Mentre fi no a quel mo­
mento l e sort i del l o scam bio erano i n pratica affidate a chi prendeva
l e v i e del mare , o anche quel le d i terra, per ragg i u n gere altre local i tà e
mercati , da al lora in avanti l ' area campana dovrà la sua rilevanza al
fatto che essa d i venne la meta, o al meno u n a tappa s i g n i fi cativa, d i
v i aggi altru i . È da q uesto m utamento c h e prende ori g i n e quel l a fi sio­
n o m i a d i p i azza mer ... t.n t i l e pri v i legi ata, e co l l egata strettamen te con
Napol i , che Sa lerno mantenne per tu tto i l basso Medioevo.
Del resto, i n ev idente contrasto con g l i Amal li tan i , sono sem pre
stati rari i Salern i t a n i negozi a n t i fuori del la loro c i ttà, anche nel l 'epoca
del l a sua maggi ore fortuna. Ag l i i n i zi del l 'XI secolo risale la presenza
(secondo una testi m o n i a n za del l e Honorantiae civitatis Papiae) d i al-

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c u n i " S a l atern i " a Pav i a , magari al seg u i to appu n to di com merc i a n t i
amal fi tan i ; po i n e l 1 1 25, i n Salerno, u n certo Pietro S fagi l l a d i c h i arò
d i avere ricevuto 53 pe zzi di cuoio e selle can tara di cera , che e g l i
aveva consegn ato a Tun i s i a Petrone D i acono d i Gaeta; i n torno a l l a
metà d e l secolo qualche salern i tano si era stab i l i to a Genova, come
quel Sol i m ano, forse ebreo, l e c u i consistenti atti v i tà sono attestate d a
Giova n n i Scriba; e nel 1 269 Luca e d Eustac h i o Porco e Jacopo d e
Trag i n a acq u i s tarono seta d i Rom a n i a a Tra n i e l a trasportarono i n
Campa n i a . S i può supporre che i traffi c i amal ti t a n i coi n volgessero ta­
l ora degl i abitan t i d i Sal erno ; m a certo l e v i cende d i Amal fi e di Sa­
lerno s i d i s t i nguono nettamente, g i acché la pri m a non ascese mai a
grande mercato (e forse solo n e l periodo aureo r i c h i a m ò opera t o r i
orienta l i e una c l ientela dai terri tori i n tern i : si pe nsi a Desiderio a b a t e
d i Montccass i n o che v i si recò p e r acq u i s tare stoffe d i s e t a ) , l a sec o n ­
da, i n vece, si andò confi g u rando proprio come centro di i ncon tro par­
ticol armente fu n z ionale degl i uom i n i d'affari forestieri con i com m er­
c i a n t i regn icol i . E d u n q ue i l pur uti l e confro nto fra l e d ue c i ttà d e v e
rilevare soprat tutto l a notevole di versità d i struttura soc i a l e e d i s i s te­
m i d i v a l ori che esse presen tano : Amal fi non disponeva d i u n aute n t i ­
c o ceto med io mercantile, ma c i ò fi n i v a col l 'apri re q uasi a l l ' i n tera c i t­
tad i nanza - dai nobi l i agl i ecc les iastic i , ai contad i n i , ai mari n a i - l a
prospetti v a del commerc i o , del l a spec u l azione e del traffico m i n u t o ; a
Salerno, per con tro , la i ndubbi a esi l i tà del ceto mediano a t t i v o c o m ­
portava che a conc l u dere deg l i affari sc h i e ttame n te merc a n ti l i e d i
q ualche i m portanza fossero per l o p i ù i nobi l i , anche se l a nobi l tà c i t­
tad i n a s i ded icò per tutta l 'epoca dav vero poco e soltanto s a l t u ar i a­
mente al l e i n i z i a t i ve di spec i fi c o i n teresse mercantesco. Per i n c i s o ,
n e l l e c i t t à campane i l rapporto ari s tocra z i alm ercatura appare m o l to
vari ato , e semmai occorre solo porre in risalto che i n nessuna d i esse
si rav visa l 'esi ste n za d i u n patri zi ato merca n t i l e d i t i po veneziano, né
l 'em ergere d i fi g u re i n c u i s i a organico i l nesso fra eserc i z i o d e l l a
mercatura e esperienza pol i tica.
A Napo l i , d urante il secol o XII, si ebbe una d i screta v i vac i t à eco­
nomica, s i a pure l i m i tata al l 'ambito reg i o n a l e : s i concl use. nel 1 1 2 8 ,
u n trattato commerc i a l e col d ucato d i Gaeta e nel 1 1 90 fu concesso u n
celebre pri v i l egio a l l a colon ia amal fi tana del l a c i ttà. V i a v i a s i rese
percep i b i l e l ' i n tervento dei Pisani e dci Genoves i , che rappresentò u n
arri cch i m e n to e u n o stimolo al l a v i t a urbana, m a res t r i n s e l ' i n fl ue n z a e
g l i orizzo n t i deg l i operatori campan i .
Manca og n i segno cred ibi le, per i l secolo X I , d i u n ruolo d i S a l er­
n o come pi azza mercan t i l e e, ancora d i p i ù , di u n raccordo del l a c i ttà
con l 'estero, mediante u n c i rc u i to t i rre n i c o i n v i a d i form azi o n e . A
part i re dal tempo d i Ru ggero II, i n vece, si i n te n s i ficano l e s ped i z i o n i

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gen o ve s i , e in trattati del 1 1 5 6- 1 1 5 7 e del 1 1 74 S a l erno è l ' u n i c a l oca­
l i tà meri d i onale espl ici tamente menzio nata, "q uasi che essa sol a " , co­
me è stato scritto, " funga da capo l i nea del traffi co marittimo tra Ge­
nova e i l Mezzogiorno conti nentale" . Attraverso Genova, negl i stessi
an n i , anche esportatori d i al tre nazioni - frances i , fi am m i nghi , l ucche­
s i - ebbero m odo d i raggi u ngere l o scalo campano. Ma sembra anche
più i nd i ca t i vo che l a sosta a S alerno delle n a v i l i guri , per sbarcarvi
spec i a l m e n te tes s u t i , si i n serisca i n v i aggi diretti i n S i c i l i a e verso l 'A ­
fri c a settentri onale e i l Le vante: è l ' i n d izio di u n a effettiva i n c l usione
nel l e corre n t i d i scambio. Il porto, in ultima anal i s i , s i affi ancò a Na­
po l i n e l l o scenario merc a n t i l e dell 'epoca.
Natural mente sorse u n fondaco, d i cui s i h a trac c i a i n una scritt ura
del periodo d i Tancredi : " fu n d i c u s pert i nens sal ern i tane ecc lesie, q u od
est in pl atea mai ori Salem i , c u m o m n i b u s apotec i s et hed i tì c i s et ten i ­
menti s suis" .
Non c redo, tuttav ia, che vi fossero forestieri abitanti nel l a c i ttà; e
l ' approdo d e l l e n a v i non susc i tò n uove energ i e nel l a soc ietà l oc a l e :
n o n s i scorge u n primo n u c l eo d i c i llad i n i i n teressati ag l i affari , n é
u n o strato pur esiguo del l a popolazione dedi to a l l e atti v i tà arti gianal i .
S i può d i re appena che l a colon i a ebraica, racco l t a " i n ter m u rum et
m u r i c i n u m " , aveva preroga t i v a , i n s i eme con q uel l a de l l a mac e l l azione
d e g l i a n i m a l i " q u adruped i a " , d i prod uzione e vend i ta in c i ttà e nei
d i n torn i d i orc i o l i e otri , per pri v i legio del 1 1 2 1 , e che forse essa eser­
c i tava anche l 'arte della t i ntura e man ganatura del le sto ffe, come av­
v e n i v a i n al tre sedi campane, e secondo q uanto lascia i n tendere un d i ­
p l o m a d e l 1 22 1 d i Federico I I . Però s i deve cogl i ere c h e g l i s t e s s i
E b r e i non praticavano i l prest i to d i dan aro, o che almeno non n e resta
ri cordo.
Quanto al settore agricolo, il q u ad ro d a considerare è costi t u i to
d a l l a s i c ura r i presa prodottasi i n varie parti del l a reg i on e . Segnata­
m e n te n e l l ' area amal fi ta n a , ricca d i castagneti e g i à rivol ta al l ' i n trod u­
zione dell'ol i vo, che s i affermerà nel secol o seguente. Tra l a fi ne del
XII e i pri m i dece n n i del XIII seco l o l e immedi ate v i c i n an ze del l e
c i ttà e dei cen tri abi tati m i nori mostravano orm ai d i ffuse l e v i gne e l e
col ture arboree. L e proprietà monastiche n e l con tado napoletano, a d
esempio, avevano v i gneti e d al beri da frutta, e g l i appezzamenti erano
dotati d i palmen t i , c i s terne ed ed i fi c i ru ral i , tra le s i epi e le opere d i
terrazzamento a volte necessarie. E tra Aversa e i l suo territorio agri ­
c o l o (articol ato in " v i l l e " , " c urtes" e " fu nd i " ) s i d i sponevano terre n i d i
u n a certa ampiezza detti " starc i e " , rec i n tati e comprende n t i "arbores
et v i te s " . M a anche i possed i m e n t i del l 'abbaz i a del l a S S . Tri n i tà d i
Cava n e l l 'en troterra salern i tano - n e l l ' agro noceri n o-sarnese, i n C i l e n ­
to e nel Val l o d i Diano - e quel l i i n I rpi n i a dell 'abba z i a di Montever-

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g i nc d o vettero scnz'al tro parteci pare al progresso del l e campagne. Se
- i n somma - i contatt i commerc i al i poss i bi l i suggeri rono i n u n a certa
m i sura u n i nc remento del l a prod u zione, essi non fu rono il fattore pri ­
mo c determ i nante del lo s v i l uppo.
Con maggior peso il problema del rapporto fra mercato meri d i o ­
n a l e e commerc i o i n ternazionale si propone sotto i l dom i n i o s v e v o . a

propos ito del g i ud i zi o s u l l 'econom i a del Mezzogiorno nel Duecento e


de l l a po l i tica econo m i c a di una person al i tà sugges t i v a come q u e l l a d i
Federico I I . A l r i g u ardo, i n fatti , s i è ritenuto che l 'orien tamento del l o
S vevo - d i sostegno a u n a mass icc i a penetrazione stran i era e d i i n te n ­
s a pres s i o n e ti scale fosse ri spondente a l l e esigenze real i d e l Paese, e
add i r i t tura che esso m i rasse in modo consape vole al l ' i n serimento del ­
le reg i o n i meridional i nel c i rc u i to euromed i terranco occiden tal e . Lo
stesso ruolo e le c arri e re d i esponenti d i a l c u n e fam i g l i e d i o ri g i n e
amal ti tana, qual i i del l a Marra e i Pironti d i Rave l l o , a l l ' i n terno del ­
l ' a m m i n i strazione fi n a n z i aria del Regno, e soprattu tto i n Pugl i a e i n
S i c i l i a , è stato assunto come u n c o l l egamento del l a monarc h i a c o n u n
ceto c i ttad i n o e degl i affari , a conferma del l a val i d i tà d i u n a l i n ea po­
l i tica, i n tesa nel l o stesso tempo come effett i vo momento i n formatore
del l 'econom i a d e l l 'epoca. Tuttav i a , g l i amal fi ta n i presenti n e l l ' am m i ­
n i straz i o n e regi a , come non appaiono espressione d i u n a fase d i fiori ­
t u ra dei loro l uo g h i d i prove n i e n za, g i acché anche le l oro atti v i tà nel
Regno in parte deri vavano al l ora dal l 'avven uto r i p iegamento a m a l fi ta­
no, così non erano tes t i m o n i an za d i una con vergenza d i i n teressi e d i
prospetti ve tra l a d i nastia sveva e u n ceto mercan t i l e o l e real tà c i tta­
d i n e . P i u ttosto e s s i appartenevano a u n a cerc h i a d i fu n z i o n ar i - h an ­
c h i e r i , pro n t a per fi n i spec u l ati v i ad a n t i c i pare a l l o stato i pro v e n t i fi ­
scal i n o n an cora r i scossi ( e d i c u i q uesto aveva costante b i sog n o ) ; e
attenta certo agl i u ffi c i ti nanziari , ma dal dec l i n ante ran go commer­
c i al e . S i cché non s i può accentuare i l valore del l oro l egame con l a
monarc h i a senza al terare i n modo non secondario l a loro fi s i o n o m i a
soc i a l e e d econom i c a ; e c h e alc u n i membri d i q uei ceppi ottenessero
i n carichi i m portan t i ancora a l tempo d i Carl o d'Angiò, ri vela un atteg­
g i amento e u n pres t i g i o fam i l iare, i n l uogo di una adesione econ o m i c a
e pol i t i c a .
I n rea l t à , a i mercanti reg n icol i , n e l l o scam bio, non si apri va che l o
spazio de l l a med i azione e del l a d i s t r i b u z ione, pri vo d i sostan z i a l i pos­
s i b i l i tà di espan s i o n e ; e il c o n n esso assotti g l i arsi de l l a fasc i a a t t i va
del l a soc ietà d i verrà, i n breve tempo, una delle c are nze sal i e n t i del
M ezzogi orno n e i confro n t i d e l l 'evol uzione c i ttad i na, non solo i tal i a n a .
I n Campa n i a l a v i tal i tà dell 'agricoltura, l o sfondo demografico e l a
stessa spi n ta i n novativa ri sal i vano, come s i è detto, a l secolo prece­
d e n t e , e non sono da ascri vere al contesto econom ico e pol i tico del

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peri odo. L'erosione svolta da Genova e dal l e c i ttà mercanti l i offrì cer­
t a m e n te ai prodotti de l l a reg i o n e opport u n i t à p i ù l a rg he, anche se
qualche genere con servò una c i rcolazione c i rcoscritta, come il v i no,
trasportato con molta probab i l i t à da barche local i l u ngo g l i approd i
del l i torale. Beni tipici come le castagne, le noce l l e , le noc i e l e man­
dorle ragg i u n sero per l o smerc i o e l 'esportazione i porti d i Vietri , con­
t ro l l ato dal l 'abbazi a cavense, d i Napo l i e d i Gaeta. Anche le castagne
del l a costa amalfi tana erano i n parte d i rette a l l o sbocco mari ttimo; e
sappi amo che nel 1 2 1 6 i l genovese Gandol fo B arbogia d i sponeva i n
A m a l fi d i u n a part i ta considerevole di noce l l e . M a l ' accresci uto i m pe ­
gno commerc i a l e forestiero n e l Paese - che assic urava a l l a monarc h i a
cospicue en trate tributarie - giovava pri ncipal mente a i baro n i e pro­
prietari tcrrieri , desiderosi appunto d i uno s bocco a l l a l oro produzio­
n e ; c i benefi c i i mmed i ati tratti da l l 'agricoltura non compensavano g l i
e ffetti del l 'egemon i a mercan t i l e straniera. Nel mondo del l e campagne,
preval sero l e i stanze dei feudatari e del l e s i gnorie monastiche; c , tra
l ' a l tro, l 'abbazi a di Cava oppose viva res istenza al l a richiesta dei pro­
pri concessionari di trasformare i censi in natura in censi in dan aro,
con ev idente pregi u d i z i o del l 'econom ia monetari a. Ancor p i ù : i centri
e le campagne del l 'en troterra non poterono non risentire i n maniera
determ i n a n te del l a e s i g u i tà del l ' i n i zi ati va commerc i a l e autonoma e
del l e deri vanti ristrettezze fi nanziarie, le qual i favori rono l a stat i c i tà
degl i ambienti rura l i , i m pedi vano un ampio rinnovamento i n d i rezio­
n e p i ù moderna, e inc idevano anche sul val ore commerc i ale del l a pro­
d u zione agricol a.
I n defi n i t i va , s i del i nearono, come tratti essen z i a l i , la debolezza
d e l l a b i l an c i a commerc i a l e e l 'esc l u s ione deg l i operatori meri d i onal i
dal commercio con l 'estero, dal l e qual i di pesero i l mancato consol i ­
dars i d i u n a borghes i a mercanti l e e i l i m i t i p i ù general i del l a v i ta eco­
n omi c a. In al tre paro l e s i s v i l uppò q uel l a d i pendenza del Regno dal
com merc i o i n ternazionale che dopo il Vespro, nel m u tato scenario
medi terraneo, fi n i rà col mostrarsi come una struttura di fondo del l 'e­
conom i a napol etana.
Il movimento e l e atti vità portual i di Napo l i rim asero d i buon l i ­
vel l o . Tra l e merc i i n en trata si ricordano noc i , nocel l e , mandorle, for­
m aggio e forse pepe c al tre spezi e, e tra q uel l e in usc i ta canapa, pan n i
d i l i n o e seta. Sede del l o Studio, l a c i ttà fu sede al tresì d i qualche or­
gano amm i n i s trat i vo, come per esempio il camerario di Terra d i La­
voro e del Pri ncipato ; e fu vi sta come una base navale ben d i fesa, tan­
to che per suggeri mento del l 'amm irag l i o Spinola venne costru i ta una
nuova darsena, capace di accogl i ere fi no a sei o otto navi . L'impi anto
urban i s t i co e topografico non subì però mod i fi che ri l evan t i , nessun
van taggi o o protezione ricevette l ' i n i ziativa commerc i a l e c i ttad i n a e

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amal fi tana. né si stabi l i va quel pan icol arc legame tra Napol i e le pro­
v i nce. che a part ire dagl i A n g i oi n i sarà una caral!er i s t i c a trad i z i o n a l e
n e l l a v i ta d e l Mezzog iorno.
Le i n d i c a z i o n i riguard a n t i spec i ficam e n te Salerno s o n o vaghe e
d i scon t i n ue. Il vero e proprio dec o l l o hassomed ioevale del l a c i nà c o ­
me pi azza mercan t i l e , per altro verso, n o n scaturì dal l a c i rc o l a z i o n e
mari l l i m a dei be n i , s e non marg i n al mente. q u a n t o d a l l a po s i z i o n e d i
card i n e necessario - a l d i l à del m i n u to traffi c o d i c a botagg i o , che
coin volgeva tul!o i l l i torale da Pol icastro fi no alle isole napoletane -
nel col l egamento terrestre fra Campan i a e Calabria. Nel 1259 Man fre­
d i i s t i tuì l a fiera a n n u a l e c l 'anno seguente fece ricostru i re il porto
( " hu n c portum fi eri fec i ! " ) , spi nto da G i o v a n n i da Proc i d a ("cum i n ­
terventu dom i n i Ioan n i s D e Proc i d a magni c i v i s salern i ta n i " ) ; s e n n o n ­
ché, p e r l a rap ida ascesa d i Napol i . l a c i ttà ebbe b i s o g n o sem pre m e n o
del bac i n o portuale, nonostante che Roberto d 'A n g i ò i mponesse u n a
spec iale gabe l l a per i l completamento del le opere .
La fiera autunnale, rich iesta anch'essa dal cance l l i ere , fu n e l Tre­
cento uno dci più i m portanti rad u n i del Mezzog iorno, non i n feriore a
q u e l l o di Gaeta o, s u l l 'Adriatico, di Tran i . In q uanto ane l l o d i c o n ­
g i u n zione t r a l a prod uzione agri c o l a e i l commerc i o estero , essa ac­
qu i sì ri sal to d ' i ncon tro i n ternazionale. men tre q uel l e m i nori e d e l l ' i n ­
terno avevano fu nzione locale e d i d i stribuzione; rivel ando app u n t o l a
subord i nazione del l a ricchezza agricola al l a sfera m e rc a n t i l e fore s t i e ­
r a , c o m e le secondarie n asce vano d a l ri stagno dei com m erc i i n tern i .
Q u i preme ribad i re che l e tìere meri d ional i erano u n nodo v i t a l e d e l ­
l 'econom i a (avevano peraltro dupl ice fun z i o n e , q u e l l a del l o scam b i o ,
a l l ' i n grosso e al m i nuto, e quel l a concom i tante d e l cred i to , occorre n te
a l l a real i zzazione deg l i a ffari : gran parte d e l l e vend i te tra m e rc a n t i
n o n avven i v a per contanti , be n sì m e d i a n te pagame n to d i fferi to a u n
i ncon tro success i vo ), e che i l pri v i l e g i o d i fiera fu strume n to e fficace
e adeguato del l a po l i t i c a econo m i c a dei sovran i , volto anche a tracc i a­
re u n vero c art i c o l ato s i s te m a fieri s t i c o ; e n o n a c aso e s s o v e n n e
adottato costantemente anche d a i re a n g i o i n i c aragonesi , spesso s u
so l leci tazione del l a nob i l tà feudale e de l l e u n i vers i tà. Lo stesso M a n ­
fred i , sem pre nel ' 5 9 , accordò i l d i p loma d i fi e r a ad A m al fi , s u i st a n z a
d i Cesari o d ' A l ag n a ; q u i nd i del 1 30 1 è i l pri v i legio a n g i o i no a Monto­
ro. il 2 1 agosto 1 303 Carlo II prorogò il rad u n o sal crn i tano di d ic c i
g i o rn i , nel medes i m o a n n o Tom m aso c o n t e d i Mars i co e s i g n ore d i
S a n severino otte n n e u n a concess ione pe r otto a n n i i n favore d i S a n s e ­
veri no, A l ferio d'Isern i a ch iese nel 1 3 1 6 a re Robe rto u n a tìera per l a
terra d i Castel petroso nel M o l i se, G i ov a n n a I i s t i tuì nel 1 34 7 l a fi e r a
d i S . Modesti no d i Ave l l i no e G i o v a n n a I l nel 1 4 1 5 concesse m e r c a t o
franco a M a i ori . P o i Ferrante d'Aragona autori zzò nel '69 l a fiera d i S.

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D o n ato e ne1 1 '84 q uel la di Pentecoste a Montefusco, e due rad u n i an­
n u a l i a Pol l a nel l ' 8 7 . U n doc umento del 1 3 34, re lativo proprio a Sal er­
no, mostra tanto le u n i versità quanto i baro n i dei l uoghi pronti a pre­
stare comune coll aborazione a l l a corte regia, n e l l o sforzo di rendere
sicure le strade dai mal andri n i per i mercan ti forestieri che dovevano
d i ri � e rsi in settembre alla fi era .
E a l l a l uce d i queste osservazioni che si può affermare che i pre­
supposti del l o s v i l uppo commerc i a l e di Salerno risal gano in effetti al­
l ' u l t i m a età sveva.
Con l'avvenimento del Vespro e i l d i stacco del l a S i c i l i a dal regno
a n g i o i n o s i accentuò rapidamente i l predom i n i o del le c i ttà i tal iane, di
Ge nova nel l 'Isola, dei Venezian i sul l 'Adri atico, dei Fioren t i n i a Napo­
l i . G l i Amal fi t a n i - che avevano sostenuto l ' i mpresa d i Carlo d'Angiò,
e sorressero la d i n astia francese con un sen sibile s forzo fi nanziario e

m i l i tare - dovettero ri n u n c i are al l e posizioni guadagnate i n S i c i l ia, e


spec i e a Mess i n a . Da q uesto angolo v i suale, i l val ore period i zzan te
d el l a frattura pol i tica ed economica del Regno sem bra ormai i n nega­
b i l e . Ma si deve aggiungere che lo s tesso l u n go confl i tto colpì grave­
m e n te la v i ta economica. I centri mari nari , sia tirrenici , sia adriati c i ,
v i d e ro ridursi l a loro azi one; e , c o m e Carl o Il seri ve va nel 1 30 l al
g i usti ziere d i Pri ncipato Citra, "superven iente autem rebe l l ione i nsule
n ostre S i c i l i e hom i nes i psi uti mare prout consueti fuerant m i n ime po­
tuerunt" S i conoscono le conseguenze del l a guerra nel l e zone a sud di
Salern o e anche nel l a pen isola amal titano-sorrentina. Così mette con­
t o che le contri buzion i fiscal i onerose c i n cessanti , a c u i furono chia­
mate le u n i vers i tà, impoveri rono i c i ttad i n i e depressero acutamente,
in a l c u n i c as i , l 'econom i a locale: ai pri m i del '300, ad esempio, un
mercante veneziano dichi arava che " g l i uom i n i d i Avel l i no erano ca­
d u t i in così grande m iseria, che d a essi con l a vendita delle sue mer­
canzie non l ucrava più n u l l a "
Ora è opportuno accenn are - p i ù che ai d i sord i n i e ai con trasti tra
l e fam igl ie patri zie salern itane ( i n particol are tra i D'Aie l l o e i Santo­
m a n go) n e l l a pri m a metà del seco l o XIV, c he cau sarono d a n n o ai
com merc i (" i n frascripti s mercatori bus de S al erno moratoria pro certa
q u a n t i tate pannorum empta quam vendere non potueru n t proptcr bri­
gas c i v i l es i n d ieta c i vi tate " , si l egge tra gli atti del l a cancel leri a an­
g i o i n a ) - a l l 'approfondirs i del la crisi che at traversò i l secol o, e che
conferì a l l a pi azza salern i tana e alla sua fiera un vol to megl io defi n i ­
t o . N e l l ' area amal ti tana al Vespro segu i rono "tren ta, q uaranta dram ­
matici an n i " , che fi accarono le com u n i t à c provoc arono esteso males­
sere soc i a l e ; q u i ndi sopraggi u n sero il famoso maremoto del 1 343 e la
grande peste del '48, segnatamen te d ura a Mai ori . Non solo nel la Co­
s t i e ra, m a q uasi dovunque nel l a regione dopo l a metà del secolo s i

1 03
d i ffuse i l brigantaggio, frutto i ndubbio del b isogno, e i n sieme aspetto
d e l l a decaden za pol i tico- i stitu zionale e de l l a d i sgregazione c i v i l e : n e l
1 3 74, tra l ' a l t ro, una banda armata si i mpadronì d e l caste l l o d i A v e l l i ­
no, in vadendo l e ch iese e de vastando parecchie case. I l rial zo s m od a­
to del tasso legale di i n teresse li no al 45 o/c annuo durante i l reg n o d i
G iovanna I l , nel secolo seg uente, è una prova persuas iva del l a severa
recessione.
I l regresso del l 'agricoltura è i n d i scutibile per l'ambito amal fi t a n o ,
d o v e -per esempio - n e l 1 392 i canon i c i del l a cattedrale d i Amal fi l a­
mentavano la caduta del reddito e nel 1 4 1 7 un arc i prete d e l l a con gre­
gazione d i Atra n i vendette "pec i u m unum de terra steri l e et i nc u l t u
c u m non n u l l i s ped i bus s e u arbori bus o l i varum i n m ayori parte s i l ve­
strum q uod a l i as fu it ol i vetum situm i n d i e ta c i v i tate Mi nori s " M a i n
al tre zone s i tentò forse d i ricostrui re lentamente i l paesagg i o agrario
- dopo le d i stru z i o n i del l a guerra del Vespro e le epidemie period iche
del l a pri ma parte del secolo -, come aftì ora dal l ' i n ventano d e i ben i
( soprattutto vigne t i ) del l 'abbazi a benedettina d i S . Maria d i Cadossa
nel Val l o di Diano, redatto nel 1 3 72.
Le d i flìcol tà degl i Amal ti tani d i Napo l i , come i D'Affl i tto, n e l l a
pri m a metà d e l Trec e n t o fu rono i l l u strate a m p i am e n te d a l l ' Y v e r .
Quanto scarse fossero l e d i spon ib il ità fi n anziarie tra i commerc i anti d i
pan n i nel l a capitale (detti "scalesi " ) per g l i an n i sessan ta si e v i nce c o n
evide n za si ngol are dal l a doc umentazione del l a compag n i a fiore n t i n a
d e i D e l Bene, presente a l l ora nel l a c i ttà. Costoro n o n riusci vano a c o l ­
locare i tess uti prodott i e i n trodott i , a mot i vo d e l l a n g u i re del l a d o ­
manda e del l a c i rcolazione assai modesta d i contan t i . Ferma restando
l ' i nterd ipendenza fra l 'espansione fi ore n t i n a a Napo l i e n e l M e zzo­
giorno e la carenza d i cap i ta l i caratteri zzante l a soc ietà meri d i o n a l e
( messa i n l uce dal l o stesso Yver), questa esperienza chi arisce i l l i m i te
anche del la penetrazione commerc i ale, nel l 'ambiente fi nanziari a m e n te
troppo debo le: e mostrava agl i stess i i m portatori toscani la necess i tà
del sostegno cred i t i zio, da attri buire paral l e l amente, e de l l a penetra­
zione bancari a. A noi i n teressa in modo p i ù d i retto come il ristagn o
del mercato i n d ucesse i Del Bene a i n v i are l e stoffe alla fiera d i S al e r­
no e perfi no a quel le d i Tra n i , di B ari e d i Barletta. Ma l a salern i t a n a
assurgeva, rispetto a Napo l i , a scadenza operati va pri n c ipale del l 'a n ­
n o , su c u i s i regol avano i nol tre le fas i organ i zzative e i l fl usso d ' i m ­
portazione. E tale fun zione si fondava s u l con tatto che essa conse n t i v a
c o n tu tta la vasta fasc i a t i rrenica. Come osservava n e l 1 444 l 'anon i m o
au tore veneziano d i una Descrizione della città di Napoli e statistica
del Regno, se " l a raxom che Gayetha s i a una del le chiavi pri n c i p a l e è
perché è porto del mare " , " l a raxom che Sal ierno s i a una del e c h i a v e
pri ncipale è perché l à è passo d e l a Chalabria e confi n a cum Napol i "

1 04
Peral tro l a v i ta commerc i a l e del Paese si manten ne nel solco tre­
c e n tesco per tutto il periodo di Giovanna Il, con l e preocc upazi o n i
m a n i festate d a i s i g nori fond i ar i , i q ual i d i freq uente sol l ec i tavano sal ­
vacondotti per i mercan t i , come q uel l o accordato ai veneziani France­
sco e Matteo Barbaro e s i re Marco de Heri czo nel l u g l io 1 424 s u ri­
c h i esta del l a d uchessa d i Sessa; e con l ' u l teriore scad imento del com­
p i to d i raccordo espletato dai negozi a n t i regn icol i . Verso la fi n e del
1 4 3 4 , per u n esempio concreto, G i l berto, Coluccia c Loise D'Affl i tto
d i S c a l a , abitanti a Napo l i , vendettero nel l a cap i tale a dei piccol i traf­
fi c an t i di Terranova alcune pezze d i pan n i d i lana di vari colori , e ve­
ros i m i l mente di mediocre q ual ità, acq u i s tando da loro nel con tempo
u n a part i ta di l i n o cal abrese, d a consegnare nel porto di Vietri . Ess i .
c i oè , n o n raggi u n gono l a Calabria per smerc i arvi i pan n i e d estrarne i l
l i n o , non operano, nel l e rel azion i i n terne, d i rettamente i l col legamen­
t o tra Campan i a e Calabria, ma solo concl udono un affare nel l 'am b i to
d e l l a p i azza napo l etana. Eppure rappresen tavano uno dei gruppi fam i ­
l i ari amal fi ta n i p i ù att i v i .
U n r i n novamento com p l e s s i v o del l 'econom i a maturò i n conse­
g u e n za del l a c o n q u i sta arago nese, n o n s o l o per il ri n v i gori rsi dei
c o m merc i e per l ' i mp u l so palese i m presso a q uesti dai Catal an i , l e
c u i nav i del resto erano presenti n e l l e acq ue del T i rreno ( a n c h e nel
porto d i Amal fi e neg l i sca l i calabre s i ) g i à dal secolo precedente. Sia
per effetto del d i segno del Magnan i m o d i otten ere una coesione eco­
n o m i c a dci dom i n i aragonesi e d i am p l i are l 'apertu ra medi terranea
del mondo napo l etano, sia per effetto del l ' i n tegrazione e del governo
fi n a n z i ario del mercato i n ternazionale attuato dal l e grandi compagn i e
mercan t i l i e bancarie fiore n t i n e e toscane (Med i c i , S trozz i , Cappo n i ,
M a n n e l l i , ccc . ) , l ' I tal i a meri d i onale s i i scrisse fun z i o n a l mente, con
u n proprio ruolo prec iso, n e l l a struttura econom ica e fi n a n z i aria del
p i e n o Quattrocento. U n a serie d i compagn i e d i alto e medio l i ve l l o
-Med i c i , S trozz i , Span n occh i , S a l utat i , Gond i , Pa n d o l fi n i , G i nori ,
cc c . -, si i n sediò v i a v i a anche a Napol i e nel Regno, e sorresse bensì
l a m o n arch i a meri d i o n a l e d urante l 'età d i Ferran te I nel l e sue i n g e n t i
e s i g enze fi n a n z i arie, col cred i to quale strumento del l 'am m i n i s traz io­
n e e col serv i z i o bancario nella riscossione del le i m poste (come d'al­
tro n d e i ravel lesi nel XIII secolo avevano provveduto ad a n t i c i pare
e n trate fi sca l i al la d i nast i a sveva, come n u merosi " m utuatorcs" ave­
v a n o fi ancheggiato i pri m i re a n g i o i n i e come banchieri fi ore n t i n i
a v e v a n o soste n u to l e fi n a n ze d i G i ovan n a I l ) , m a sopra t t u t to s v i ­
l u ppò u n a rete d i rel azion i commerc i al i , cambiarie c assicurative che
approdavano tan to al l a sua i ncon trastata egemon i a, q u a n to a l l a e ffet­
t i va e organ ica col locazione del Mezzog i orno nel panorama econo­
m i co d e l l 'epoca.

1 05
T u u a v i a le wsì ri le v ant i nov i tà rav v i sabi l i nei decen n i arago n e s i
non possono far tral asc iare l a concreta realtà econom ico-soc i a l e d e l
P a e s e t r a s m e s s a d a l peri odo an g i o i n o . né i l caral lcre s u b a l terno c
complemen tare d e l l 'econom i a meri d i o n a l e n e i con fron t i d e l l e aree
mercant i l i avanzate. La di pendenza dal commerc i o estero, anzi , si ag­
g ravò nel farsi del l a nuova epoca, sicché nel l a seconda metà del Quat­
trocento le con tradd izioni e i tratti i n certo modo paradossal i del l a v i ta
economica emergono con maggiore risalto e compiutezza. Il commer­
cio i n ternazionale c la par te c i pazione al mercato medi terraneo, come
i n d i spensabi l i fattori v i v i fican t i . a l i mentavano energie e v i tal i tà, scon­
g i urando stasi e arretram ento, m a nel medes i m o tempo i m ped i va n o
una e vol uz ione i n senso d i verso e p i ù moderno.
Le caralleri stiche del terri torio, l e forme d i i n sed i amento, la tì s i o ­
nom i a agricol a, l a mancata formazione d i un i n c i s i vo s i stema urba n o ,
l ' i n s u ftìcicnza del l a rete v i aria. l a frag i l i tà d e l ceto a l l i v o e d e l l e risor­
se mob i l i ari stab i l i vano dunque per il Mezzog iorno l ' ident i tà con c u i
esso venne i nd i ssol ubi l men te assorbi to nel tessuto mercan ti l e e ban ­
cario i n ternazi onale: i l saldo commerc i ale e gl obale negati v o n e face ­
v a n o una sorta d i ri feri mento fi n anziario atto a fac i l i tare, per esem p i o ,
le esportaz ioni catalane dal l a Franc i a meridionale, med iante i l c i rc u i to
cambi ari o, o a garantire l 'espos i zione assic urati va per i trasporti m a ­
rit t i m i d a i port i i n glesi a l l a Toscan a .
I l commerc i o in terno troppo spento comprometteva l e stesse poss i ­
bi l ità del l 'agricoltura e n o n stimolava gl i ambienti rural i appartati : i n
una terra d e l basso Ci lento - q uel l a di Tortore l l a, situata a ol tre 5 00 m .
s u l l i ve l l o del mare e di stante d a Sal erno circa 1 50 k m . - l 'agricoltura
possede va notevol e capacità prod u t ti va ed era m u n i ta di m u l i n i e be­
s t i ame, ma non ri usc i va a con s e g ui re cond izioni più d i n am iche per l 'as­
senza del l ' i n i ziativa econom ica; e la circol azione monetaria era tale, c h e
gl i appezzamenti subi vano una forte frammentazione e mobi l i tà e ven i ­
vano adoperati a guisa di mezzo d i pagamento nel l e c i rcostanze p i ù va­
rie e com u n i . In vece tra l a fine del Quattrocento e g l i inizi del Cinque­
cento nel di stretto d i M assa Lubrense nella pe n i sola sorrentina i l pae­
saggio col l i n are ridente, ricco d i acq ue, era scand ito in gran parte dal l a
med i a e piccola proprietà pri vata, e comprendeva o l i veti, q uercet i , a l be ­
ri da frutta, vi gnet i , appezzamenti a coltura prom iscua, c o n pal men t i ,
can ti ne, forn i , fabbriche rural i ; vi erano vacche, v i te l l i , giumente, asi n i
e porc i . La vicinanza a Napo l i e i l con tatto con i l mare con tri bui vano ad
an i m are la società l ocale, che aveva bottegai, artigiani e m arinai ; e g l i
abitanti godevano i n genere d i una di screta agi atezza e potevano d ispor­
re d i somme d i danaro, sia pure nel la d i mensione rurale.
Nel peri odo aragonese, i n somma, l 'assetto economico g i u ngeva a
u n a articolazione più n i ti d a e pi ù serrata. In tal e con testo si i nq uadra-

1 06
no a l tri risvol ti dell 'epoca, i n d icati dal l a storiografia, come l 'appogg i o
n e l c a m p o fi nanzi ario prestato dai b a n c h i e r i tosca n i a l l o stato, c h e
non ri l eva l a prem i nenza del l a pol i tica econom ica e dell 'andamento
del l a fi nanza pubbl ica, ma documenta i l ricorso del l a monarc h i a a l l a
grande banca i n ternazionale e l 'espansione d e l capitale estero nei set­
tori del fi sco e del l ' i n tervento statale, che costituiscono essen zialmen­
te aspetti del l a supremazia messa i n atto dalla mercatura straniera . O
come lo s v i l uppo del ceto dci fu nzionari e com m i ssari reg i , teso a
guadagn are forza e prestigio nelle soc i età c i ttad i ne, ma pri vo d i sicura
i n traprenden za mercant i l e ; e come i l ri tmo acqu i s i to non solo da Na­
po l i , m a anche, s u scal a m i nore, da alcune prospere local i t à pugl i e s i ,
risul tato e tramite evidente del l a s ubord i n azione econom ica.
Le c arenze del bil ancio e l a consistenza del debi to pubbl ico sono
test i m o n i ate dal n umero elevato e d agl i i m porti dei prest i t i occorrenti
( o neros i e spesso rinnovat i ) , erogati spec i almente da Fi oren t i n i e Ca­
tal an i . L'en t i tà d i tal u n i d i q uesti cred i ti profi l a anche l 'autorevolezza
e l 'i n fl uenza d i fi gure qual i F i l ippo Strozzi c B attista Pando l fi n i ; né si
può escl udere del tutto che lo stato d i i ndebi tamento comportasse u n
con d i zionamento nel le scelte e negl i atteggi amenti pol i t i c i . Quanto al­
l a pol i tica econom ica, essa non dava frutti riferi hi l i all 'ampi ezza del
deficit, e l a spesa d i i n vestimento era epi sod ica e marg i n ale rispetto
a l l a compl essi va. La d i l atazione del l 'usc i ta, dal pu n to di vi sta soci ale,
pri v i legiava l 'area degl i uffici e del l a gestione. L'azione pol i tica non­
d i meno s i rivol geva soprattutto verso i problemi affioranti e generati
d a l l a pos i zione subal terna del Paese, con prov ved imenti trad i zional i
ed empiric i , come la concessione d i pri v i legi commerc i a l i e sal vacon­
dotti , il conferimento del l a c i ttad i nanza ai forestieri res i de n t i , l ' istitu­
zione d i fiere, l a concessione d i esenzion i fi scal i , l e m i sure protett i ve
del l e i n iziati ve local i ; pro v ved i m e n t i anche di ori entam e n to con tra­
stan te, ma richiesti dal l 'esperienza effettiva.
Per compl etezza del d i scorso va detto i n fine che l ' i m m i ssione fu n­
zionale nel mercato med i terraneo - naturalmente i n sieme con i fattori
d i ordine pol i tico, cul turale e d i c i v i l tà - concorreva a real i zzare il le­
game del Mezzogi orno col mondo i berico e meridionale; e che al l a l u ­
ce d i tale esito d uraturo megl io si riconoscono nel l a l oro autonoma i n ­
d o l e e s i g n i ficato l e ragioni che sostan ziano i l processo storico-econo­
m ico nel Mezzog iorno stesso, al d i l à del confronto, d i ori g i n e ri sorg i­
m e n tale, tra l e d i fferenze regional i ital i ane. Una v i sione pu ram ente
nazionale - c i oè - del l a parabola napol etan a non ne cog l i e l a d i rezio­
ne, e non ne spiega l 'ori g i n al i tà e l e i n tri n seche con tradd i zi on i , m a
p u ò s o l o prendere atto d e l d i vario d i s v i l uppo c o n l 'Ital ia cen tro-set­
tentrionale : l a monarch ia normanna e sveva i ncoraggi ò l a conq u i sta
economica da parte del le c i ttà del Nord (con term i n i i mpropri e mo-

1 07
dem i , ma efficac i , di t i po colon iale), deprimendo del pari l a v i tal i t à e
le attitud i n i i n terne. Quando poi l a cri si del Vespro soffocò la tentata
rinasc i ta angio i n a, i modi d i appartenenza alla sfera medi terranea, l a
pote nza catalano-aragonese e i l successo del commerc i o e del l a banca
fi ore n t i n a condussero a una prospett i v a d i al tro orizzonte e val ore .
Grazi e a l l 'avvenuta i n tegrazione, Napo l i accentuava l a propria ten­
denza pari gina, e d i v e n i v a ci ttà d i l i ve l l o em i nente e di i n teresse i n ter­
nazionale, dal l a i n c l i nazione per così d i re europea, g i acché con g i u n ­
geva l 'area marittima c o n q u e l l a italiana e settentrionale. S u l p i a n o d e l
costume, n o n a caso essa assecondava gl i i n d i ri zzi del l a moda ; e n o n
a caso u n a seri e d i prodotti arti gianal i n apol etan i -pro fumeri e , confet­

ture c dolci u m i . man u fatti come " veletti crespi " , "retice l l a da guanc i a­
l e " , guan t i , "piane l l e " , spi l lett i , calamai - ven i va apprezzata e trovava
un suo mercato nel l 'I ta l i a ri nasc i mentale.
Ora, i tratti del la pi azza salem itana nel l a fase aragonese sono d i ­
stinti . Il vol ume del traffico m arittimo fu d i m i sura mediocre . L e i m ­
barcazi oni catalane, praticando i l cabotaggio a i pri m i del Quattrocento
tra Palermo e Napol i , toccavano certamente Sal erno, come i l " n av i ­
g i u m " d e l barcel l onese Francesco Jordano, approdato a d A m a l fi n e l
1 403 . Ma s e si osserva l a navigazione catal ana verso i l Regno d a l 1 42 8
al 1 49 3 , si regi strano b e n 1 37 viaggi riguardan ti Napo l i e al tri 5 2 Gae­
ta, con tro appena nove ri guardanti Salerno; e a B arce l l o n a Salerno ve­
n i va con siderata uno scalo d i ripi ego, ri spetto app u n to a Napo l i e a
Gaeta. S i cché si può credere che i Catalani non arr i v assero nel l a c i t t à
pri ncipalmente per v i a d i m are. e c h e v i i n troducessero i pan n i d i Per­
pi gnano per lo più dal l a capital e . Scalo di ripiego la c i ttà appar i v a an­
che i n Liguria, per esempio per u n a saettia "patro n i zata" da G i ac o m o
Vergerio, i n partenza da S a v o n a nel l u g l i o d e l 1 469. Nel l e esportaz i o n i
i l com p i to ord i nario era poi a ffi n e a q uel l o deg l i a l tr i porti v i c i n i
-Agropol i , Caste l l ammare, Torre A n n u n zi ata -, vale a d i re di collega­
mento per Napol i , dove l e mercan zie si raccogl ievano di sol i to i n lotti
p i ù consi derevol i . Spedizioni d i rette - d i granagl ie, o del buon vino di
Sanseveri no, del quale spedì 70 bott i a Rom a i l fi orentino d imorante a
Napo l i Dam i ano Lott ieri nel l 'estate del '66, e u n ' a l tra grossa part i t a
sem pre a Roma l 'ebreo Aron d i San severi no d urante i l 1 48 8 - avven i ­
vano sì , ma n o n p i ù che d a al tri porti campani e calabresi . Part icol are
fu un carico di "zuccaro, verv i n i , seta, can n e l l a c al tre cose" del valore
totale di q uasi m i l le e c i n q uecento ducat i , mandato a Porto Pisano ver­
so l a fi ne deg l i a n n i ottanta dal fiorentino Francesco de Puncecctis, a n ­
che questi abitante nel l a capitale. Non è certo com unque che i l m o v i ­
m e n to d i usc i ta superasse d i molto q uel l o d i entrata.
A l l ' i ncreme n to d e l l e att i v i tà con tri buì i l commerc i o del l a seta ca­
l abrese, richi esta a F i re n ze e Lucca. Era preferito i l trasporto terres tre

1 08
del l a merce, verosi m i lmente per la sua deperi bi l i tà. Anche se a vol te
qualche fiorentino, ad esempio Tom maso Gi nori , comm issionava l 'ac­
q u i sto del prodotto d i rettamente in Calabria, la quota maggi ore del l a
s e t a estratta da Taverna e d al l a V al d i Crat i , e i n v iata a C a v a e a Na­
pol i , ven i v a con trattata a Salerno. dove l e l ogge c i banch i dei ven d i ­
tori d i sete erano s i tuati nella pi azza d i S a n Lorenzo. E - soprattutto ­
i l rapporto con Napo l i si rese p i ù stretto ed organ ico. Men tre nel l a ca­
pi tale si tenevano i contatti con l 'estero e s i svolgeva la cond uzi one tì ­
n a n z i ar i a e bancaria degl i affari , Salerno fu i l centro desti nato a l l a
c o n c l u s i o n e del l e transaz i o n i e al governo tec n i co e prat ico d i u n
complesso di scambi con u n terri torio profondo, esteso da Amal fi a
Nocera, ad Avel l i no, al C i lento, al Val l o di D i ano, a parte del l a Basi­
l icata, alle pro v i nce d i Catanzaro e Cosenza.
Un primo periodo fieri stico cadeva ag l i i n i zi d i m agg io, il secondo
e p i ù importante - di San Matteo - dopo l a metà di settembre ; c iasc u n
rad uno durava d ieci giorn i , per pri v i l egio concesso n e l 1 303 da Carlo
Il. Le fam i g l i e che godevano dcl l ' u fli cio di "magi ster n undi naru m " -
d e l l a Porta, Ajello, Cioftì , P i n to e Com i te - provvedevano a far alle­
s t i re "extra men ia c i v i tat i s " l e strutture necessari e: come scri veva il
Mazza nel Seicento, "habent tempore Nund i n arum , seu fori maioris,
q u ae fiunt mense Septem bri s Ius i n mari tima, seu plagia e i sdem C i v i ­
t a t i s Salemi l ogias, pergulas, apothecas ord i nari facere, s e u fieri face­
re, et con struere, et constru c tas tenere ; in q u ibus morantur Mercatores
ementes, et vendentes" . Ad esem pio, nel l 'agosto del 1 489 alcune bot­
teghe s u l l a spi agg i a aveva fatto costru i re Francesco Aje l l o . L'onor i fi ­
co e rem unerativo d i ri tto d i magistrato e r a uno deg l i aspetti d e l ril ievo
anche econom ico del l 'aristocrazi a nel l a v i ta ci ttadina; e per q uesta ari­
s tocrazi a l a fi era s i g n i fi c ava u n efficace fattore del ritmo generale de­
g l i scam b i .
L' interesse del l e compagnie fioren tine per la fiera, per l a vendita
d i tessuti, è indubbio: così nelle " R icordanze b i anche" d i Francesco e
Bernardo di Nicolò Cambi n i di Firenze si può leggere la copia di un
conto sped i to i l 2 3 novem bre 1 474 dal l a fi l iale Med i c i d i Napol i , rel a­
t i va a una partita di 32 pezze e uno scampolo d i sette can n e e sei pal­
mi d i "pan n i bigi d i bertagn i " : " Apresso vi d i remo conto di ... conse­
g n i at i c i per voi in doana di Napo l i Pietro Paolo Tomasi e Giovan n i
Arighi e compag n i . . . , fi n i t i come apresso; e pri m a : a ' detti Tomasi e
Arighi per danari contan t i , per canna una e pal m i sci d isseno avere
ven d u t i , once 0. 1 0. 1 0 ; a B atista Vasal lo in fiera di Salerno a' dì 1 8 d i
settem bre 1 474, tenpo l a metà a u n o anno e l'al tra metà a 1 5 mes i ,
sensale A ndrea Den s i , 8 pezze d i detti pan n i . . . : a tarì 5 , gra n i 5 l a
chan na, monta once 8 .4 . 1 5 ; a Franceschel lo Bardaro d'Aversa i n detta
fi era, per tenpo d'ottobre 1 47 5 , . . , 6 pezze di detti pan n i . . . : a tarì 5 e
.

1 09
gran i 5 , once 6 . 5 ; a G i u l iano Rebo l i no da Napo l i i n detta fi era, a ten ­
po d i u n anno . . . 6 pezze d i det t i pan ni . . . : a tarì 5 , gra n i 5 l a c a n n a ,
. .

m o n t a o n c e 6.5; a C r i s t i a n o d i Vecc h i o d'A versa i n detta fi e r a , p e r


t e n po d i u n a n n o , 4 pezze d i d e t t i pan n i . . . : o n c e 3 . 25 . 1 0 ; a Aghost i n o
Vasa l l o àbcta i n Chalavria i n s u detta fiera, per tenpo d'uno a n n o , . . . ,
u n a pezza d i detti pan n i . . . : a tarì 5 , gra n i 5 l a canna, monta o n c e
1 . 22. 1 0 . . . " .
E a vol te i l carteggio delle aziende toscane all ude anche a opera­
zioni di cambio con nesse probab i l mente con l a tìera, sebben e non n e
s i a chi aro i l carattere ; come i n u n a lettera i n v i ata i l 2 7 agosto 1 474
dalla compagnia d i Firenze di Benedetto Sal utati al l a propria fi l i a l e d i
Napol i : " C i rca otto g iorn i fa partì Baldassarre Bru netti per essere a
Salerno, d i poi chostì da voi ; e per Iacopo d i Lodovico V i l l a n i vi pa­
gherà c i rc a ducati m i l le. Fac iendolo, g l i rimettete q u i a l u i per l o c o r­
so" .
Ma un'im mag i ne pi ù organ ica si h a per la fiera d e l 1 47 8 , d o v e i l
notaio Petruccio Pi sano d i Napo l i rogò tra i l 1 8 e i l 2 4 settem bre u n
centinaio d i atti d i conte n u to merca n t i l e - u n " l i m i tato m a i n s i e m e
serrato manipolo d i atti " , come scrisse i l Sapori - , compresi app u n to
nel suo protocol lo per l 'anno 1 4 7 8 - 1 4 79, e noti nello scrupoloso re ge­
sto dato dal S i l vestri . Tali documenti attestano l a presenza compless i ­
va d i 75 mercanti forestieri ( 3 6 operatori e 39 test i m o n i n e i contratt i )
e d i 2 1 1 meri d ional i ( 1 04 operatori e 1 07 testi mon i ) ; g l i operatori ge­
novesi furono 1 3 , i fiorenti n i l O e 6 i catal an i . I Fi oren t i n i effettuaro­
no ven d i te per ol tre 4 . 500 ducat i , segnatamente di pan n i pregiati pro­
dott i nel l a l oro c i ttà, ma anche d i pel l i grezze o conci ate, del valore d i
c i rca 1 .400 ducat i . Tutta v i a vennero scamb iati pan n i d i lana pe r l a
somma d i d ucati 1 5 . 772, ri spetto a i d ucati 2 2 . 724 per c u i s i concl use­
ro con trattazion i ; e l a maggior parte del l e stoffe negoziate erano d i
med i ocre q ual i tà (di L i n guadoca, d i Francia, d i Catalogna, d i Geno­
va), anche se i pan n i fini ragg i u nsero i l prezzo d i 6 . 500 ducati , o ss i a
p i ù d i u n terzo del totale. Per con tro l a d i tta Coppol a d i Napol i v e n ­
dette c i nquem i l a tomo! i d i grano al genovese Bartol omeo Donati ( d u ­
cati 1 . 7 5 0 ) ; ma q uesti consegnò subi to p e r parziale pagame n to 1 1 O
pan n i lavorati a Genova, del costo di 7 1 5 d ucat i ; e i Coppola rivende­
rono i mmediatamen te questi tessuti al genovese G i rol amo del l a Cel l a
e a l s u o soc i o G iovan n i d i Paolo d i Cosenza, c o n un guadagno d i d u ­
c a t i 8 2 e mezzo. L'ammon tare d e l l a seta contrattata, po i , fu d i poco
superi ore ai trem i l a d ucati ; e ancor p i ù va ri levato come lo stesso d e l ­
l a Ce l l a acq uistasse da B atti sta Pandol tì n i dod i c i pan n i fi n i d i F i re n ze ,
promettendo i n controparti ta, per l a fiera dell 'anno successi vo, " l i bras
centum q u i nquaginta sex seric i de Taberna bon i et legal i s , item l i bras
ccntum q u i nquag i n ta q u i nque seri c i manganel l i , i tem l i bras c e n t u m

1 10
v i g i n t i q u i nq ue serici Casa l i u m de Cusenc i a et l i bras tri g i n ti et u n c i as
octo seri c i de Cusen c i a " (ducati 700 ) ; e come i napoletan i A n ge l o
C u o m o c Carlo B rancaleone dovessero ricevere entro d i ec i m e s i d a
Mariano Mari ncola e G iovan n i Andrea de B l asco d i Tavern a seta d i
Taverna i n c a m b i o d e i pan n i d i Londra l oro ven dut i ( d u e . 1 3 8 . 3 ) .
Contropartite n e i pagamenti furono anche i l l egname e i l v i n o greco
d i S o m m a . L'i mpegno di l i q u ido fu m o l to conten u to, con la pratica
del pagamento d i fferito. La metà delle transazi o n i prevedeva i l saldo
a d i stanza di un anno. I meri d ional i presen t i , i n fi ne, proven i vano dalle
varie zone del l a Campan i a e dal l a Cal abri a.
La fi era consentiva dunq ue, come u n a fase sicura e trad i zionale, l a
d i stribuzione dei tessuti i mportati dagl i stran ieri n e l l 'area ti rren ica; e
rifl etteva nel l o s tesso tempo i l profi l o econom ico conseg u i to da Saler­
n o . Se si cogl i e la ril evanza del debito commerciale d i penden te dal­
l ' i m portazione, essa appare uno dei passaggi nel rapporto cui si è ac­
c e n n ato fra commercio estero e mercato merid ionale.
Nella soc i età c i ttadi na, d'al tronde, non s i era del i neato un con s i ­
sten te ceto mediano atti vo, deg l i affari . A compiere operazi o n i mer­
can t i l i di un certo s i g n i ficato erano solo i nobi l i , sebbene l ' aristocrazi a
n o n s i dedicasse al commerc i o c h e i n modo epi sod ico e m arg i n a l e . S i
ri cordano i n o m i d i Troiano Santomango, d i Matteo Gri l l o e d i Pala­
mede de Rug ieri , che ebbe con tatti anche con Roma e Bologna; ma al
riguardo occorre caute l a nel l a lettura del le fon t i , g i acché non si può
ri tenere mercante il nobi l e Francesch i n o Rugg ì , se una volta, il 12
m ag gio 1 45 3 , comperò dei pan n i per l ' i m porto di sed i c i ducati dal ge­
n ovese Galotto de G i s u l fi . Non era consueta nemmeno l a tì gura del­
l ' operatore locale, i n teressato alla d i stri buzione dei pan n i d ' i m porta­
z i o n e forn i t i da mani forestiere (in fiera e non) e all 'avvio del prodotto
agricolo verso i l m ercato napoletano, quale i l " nob i l i s v i r " A n to n e l l o
Dardano, d i u n a a n t i c a fam i g l i a d i med i c i e notai , c h e f u a n c h e erario
del princ ipe di Sal erno e conte d i Marsico A n tonel l o San severi n o ; la
c u i esperienza mostra tuttav ia i ristretti con fi n i lasciati al l ' i n i zi a t i v a
i n terna dal contesto economico, confermano nel con tempo i caratteri
propri del l a pi azza salern i tana; anche se g l i stessi agenti delle d itte re­
s i d e n t i a N apol i , ad esempio i l fiore n t i no Sal vatore d i B artolomeo
B i l l i , si m uovevano con peri zia ed erano ben noti nel l 'ambi to reg iona­
l e e cal abrese. I l Dardano, d i fatt i , secondo rog i t i del notaio Andrea
Corcione di Ebol i , tra i l 1 464 e il 1 465 vendette in tale l ocal i tà pan n i
d i d i vers i colori , d e l prezzo d i q u attro once, i n cambio d i " tan tam
quanti tatem olei " ; acq u i stò da u n certo Ettore Cestaro di Mon tecorv i ­
no "q uaran tinos v i g i n t i de oleo bon o " , c h e avrebbe ricevuto a Salern o ;
e vendette al "mercatori " fiorentino Francesco Baldovi netti " d e fru­
mento bono thomolos sex centum ad rac ionem de tare n i s I I et gran i s

I II
V pro q uol ihct thomolo" , i mpegnandosi a far gi ungere la merce "ad
omnes suas expensas i n loco ubi d i c i tur lo arcnaczo spazato de om ne
deri cto" Alla fi ne del '74, da d i pendente del pri n c i pe , comprò pan n i
per ol tre 3 30 ducati d a Luigi c Francesco Coppo l a ; q u i nd i per conto
del Sanscveri no vendette nel l 'agosto del l '83 al banco d i Fi l ippo S troz­
zi e G ioacc h i no Guasconi diec i m i l a tratte d i grano, da estrarre da Sa­
lerno " s i no alle marine d i Pul ichastro per le marine sua" ; e per ord i n e
d e l medes i m o banco acq u i stò a settembre del l 'anno seguen te u n a par­
tita di duem i l a tomo l i di grano, che ri vendette a di stanza di un a n n o
nella stessa Salerno. I l 3 1 d icembre dell '84 era debi tore a N i c o l ò d i
Taddeo Mas i , fiorentino d i m orante a Montpel l ier, d i due. 65 per otto
pan n i di Carcassonne; e poi nel novem bre '86 doveva al banco S t rozzi
la somma di 242 d ucati per pan n i d i Londra, B ruges. Ascol i , L'Aq u i l a
e Campl i , che aveva ricevuti i n Campagna a nome del duca d i Gravi ­
na Rai mondo Ors i n i . Morì poco dopo, dal momento che a metà d i ­
cem bre erano i n debi to c o n i l banco i suoi ered i , ancora p e r 50 d u c a t i ,
a garanzia d c i q u a l i I 'Ors i n i pose l e s u e en trate i n terra d i Campagn a .
Natural mente v i erano p i ccol i commerc i anti (Giovan n el l o Fre s a ,
A n tonio Grazi ano, Giovan n i Farfa, Franc i sche l l o Greco, Col a Gra n o­
zio, Coluccio de l a Man za, Orl ando "del l a foria " ) , ai qual i si agg i u n ­
geva q ualche notaio - come G i u l i o Petrone, c h e rogò atti al l a fi era d e l
1 4 77 - , c h e per l a s u a professione d i tanto i n tanto aveva agio d i rea­
l i zzare modeste comprave n d i te , come del resto avven i va in tutto i l
Mezzogiorn o ; e v i erano parecchi dettagl ianti e bottegai (Matteo G a l ­
lo, mastro Francesco M i nerba d e t to Cocuzza, Pages a n te de G i r i falco,
S a n t i l l o M i rab i l i , Orl ando D'Auria d i Am a l fi , A m bro g i o A l fa n o d i
Tramon t i , Alovechyo n i pote d i Pascare l l o "de Santo Arsen i o " ) , l oc a ­
t a r i p e r l o p i ù d i ed i fi c i appartenenti ai nobi l i e agl i enti monast i c i : i l
mon astero d i S . M i c he l e acq u i stò dal "nobi l i s v i r " B e rnardo P i n lO ,
n e l l 'agosto ' 7 4 , una " apothecam soleratam a c p i n c i s et j m bri c i bus co­
pertam " , s i ta "in pl atea trapparie " , e q uel l o " m o n i a l i u m " d i S . Giorg i o
possedeva n e l 1 49 1 - '92 quattro botteghe con tigue " u b i d i c i tur a d capo
de p i acza" e alcune al tre "in l oc o u b i d i c i tur lo l argo de Santo A g o s t i ­
no et proprie i n frontispitio prefate ecclesie Santi Augusti n i " E s i ste­
vano i n ol tre i n c i ttà, m agazzi n i e depos i t i , a l c u n i dei quali era n o d i
,

proprietà del pri n c i pe, al tri d i An tonel l o Dardano, uno d i tal Fortu n a t o
S c i abica. u n al tro del l a ch iesa del l'Annun ziata al l a m ari n a . I l c o s t o d i
s i m i l i i m mobi l i era abbastanza e levato. Benché gravato del l 'onere a n ­
n u o d i q u attro tarì a bene fi c i o d e l mon astero d i Santo S p i r i to, u n m a­
gazzino n e l l a " ruga" d i Porta d i m are fu ceduto da Mari n o di G i acomo
Cassetta a D i s i ato B u rre l l o per u n d i c i once (a. 1 495 ) ; e nel seco l o se­
guente Et tore Fo ntana acq u i stò u n locale s i to nel rione detto " d ci i i
frutti vendol i " , pur esso gravato d ' a n n u o redd i to , a l l e c h i es e d i S a n

1 12
Matteo e di San Massimo, per l a som ma veramente cospicua d i 45 o n ­
c e . N umerosi " bastas i " o facc h i n i erano d i spon ibi l i per l a m i surazione
del l e merc i in dogana e per g l i al tri l a vori pesanti . Nonostante l a ri­
chiesta soste n u ta del serv i z i o d i nolo, i nvece, n o n si estese i l mesti ere
del padrone di barca praticante il trasporto m arittimo : un dato i n con­
trasto con quel l o dei vari port i tirre n i c i - Gaeta, Pozzuol i , Caste l l am ­
mare , Sorrento, Pos i tano, Amal fi , Agropo l i , Pisc i otta, Pol icastro, Tro­
pea, L i pari , Messi n a - che sorreggevano con un fol to n a vi g l i o il traf­
fic o e l a c i rcolazi one costiera. Quanto alle atti v i tà artigian al i , senza
dubbio anche q ueste non erano partico l armente eserc i tate . I l mestiere
del muratore si d i ffuse sopratt utto a Cava (ma un Rimedio di Forte
nel pri m o semestre del '73 l avorò a Napol i a un ed i fi c i o di L u i g i e
Francesco Coppo l a ) , e tegole e manufatti d i cotto si producevano a
Ogl iara, Sanse veri no e V ietri . L'unica fabbrica di spicco fu la vetriera
dei bol ognesi O l i v iero, Bolog n i no, G i u l i o e Ottav i o de B ac ij s , che
avevano aperte forn ac i anche nel l a c ap i ta l e e a Nol a . Nel 1 509 , per
i n trod urre l ' arte del la lana in c i ttà, M ar i a d'Aragona dovette atti rare i
" forastieri " con l 'esenzione dal pagamento dei diritti di dogan a.
La subord i nazione economica del Mezzogiorno, v i a via più sen s i ­
b i l e e compi uta, e l a s u a i n fl uenza s u l l a soc ietà merid ionale impresse­
ro d u n q ue a l l a c ittà una fi s ionom ia be n m arcata: sede d i scam b i , essa
ri mase priva di u n ceto mercan t i l e e - non mette meno conto - non
cono bbe u n o s v i l uppo del l e i n i ziati ve commerc i a l i de l l ' aristocrazia, la
q u a l e , peral tro, prestò al commerc io e agl i affari u n 'attenzione sol ta n ­
to sporad ica. G l i am biti e le forme d e l dom i n io nobi l i are, perciò, d a l
X I I I al XV secolo, d i segnano i n gran parte i l t i m bro e l 'ampiezza del l a
rea l tà c i ttad i n a . L'aspetto d i natura pol i tico- istituzionale e p i ù i m me­
di ato d i q uesto dom i n io , s ' i n tende, è dato dal control lo del l a " u n i ver­
s i tà" attraverso la struttura dei tre seggi nobi l i d i Portanova, di Campo
e d i Porta Rotese . Non sembrano ri l evanti l a con trapposi zione, se vi
fu , fra " n obi les" e " m ercatore s " ' e l a grad u a l e partec ipazione del l a
compone nte popol are al l ' am m i n i s trazione c i ttad i n a, sotto l i n eate dal
Carucc i . ( U n episodio am a l fi tano del 1 398 - u n a con tesa in q uesta
c i ttà a l l ' i n terno del l a " u n i vers i tas popu l ari um " -, pers u a s i v a m e n te
esam i n ata. " mostra come la nob i l tà riusci sse a sv uotare l ' opposi zione
dei popolari e n trando nel l e sue stesse fila e candi dandosi a rappresen ­
tarl i n e l l 'ord i n amento pol i tico-amm i n i strati vo del l a c i ttà " ) . Nel 1 269
Carlo d'Angiò di spose di eleggere i g i ud i c i c i ttad i n i "de fidel iori bus et
d i tiori b u s " ' ; in que l l 'anno ri coprì la carica N icola de Paleari a. In età
aragonese s i adottò il criterio di el eggere u n anno tre nobi l i e due po­
po l a n i , e l 'a n n o dopo tre popol a n i e due nobi l i . A nche i cosiddetti
" Sei " , nom i nati per porre ord i ne nel l a v i ta m u n i c i pale, furono proba­
b i l mente esponenti dell 'aristocrazia. Ma nel 1 3 30 si denunciò il loro

1 13
comportamento fazi oso e n oc i vo, perché q uesti magi strati " p l u ra U n i ­
vcrs i tatis pred icte pre i u d i c i a l i a et d i spend iosa n o n mod i c u m pro l i b i t o
comm i serunt"
I be n i terrieri si con servavano sem pre consi derevol i : nel m a g g i o
del 1 300, a d esempio, Riccardo d'Aversa, d i a n t i c o patri z i ato, l asc i ò
i n ered ità a l fi g l i o Rogeri l l o u n patri monio molto vi stoso. Anche l e
propri età nel l e vici nanze del l a c i ttà erano prem i nen t i , c o m e d e l resto
quelle del la chiesa. Estes i possed imenti nel l a con trada detta " F u s o "
aveva verso i l 1 270 Luca Guama; e nell 'ottobre 1 365 a Giovan n uc c i o
Capograsso apparteneva un'ampia tenuta nel l 'area d i Pastena, ricca d i
v i t i , d i al beri d a frutta e d i u n " v i ridario aran gioru m " E , peraltro, i
nobi l i seg u i rono i n alcune occas i o n i g l i attegg iamen t i d i arb i tr i o e d i
violenza com u n i a l mondo rurale e feudale. Nel 1 294 i fratel l i R i c c ar­
do e Pando l fo Domnom usco ven nero accusati di l u nghe e pesa n t i ves­
sazion i nei confronti degl i uom i n i dei casal i d i Coperc h i a , Capri gl i a ,
Pel l ezzano, B aron i ssi e Saragnano. Nello stesso a n n o i vassal l i d e l l a
con tessa Teodora d i Sanseveri no sottrassero c o n l a forza i l v i n o greco
da una cantina che Riccardo de Ruggi ero possedeva appunto nei p res­
si d i S an severi no; i n tervenne Carlo I l , che i m pose l a res t i t u z i o n e del
m a lto l to.
Come al trove, po i , un ruolo i ndubbio ebbero i legam i con la c h i e ­
sa c i ttad i na, alla q u a l e le fam i g l i e patri zie d i edero fi gure i l l ustri , come
i vescovi Pietro Pappac arbone, poi abate d i Cava, A l fano, N i c c o l ò
d ' A i e l l o , Matteo del l a Porta, Romualdo II Guarn a. I d i ri t t i d i patrona­
to conseguenti alle fondazioni d i chiese s i trasm i sero i n q u a l c he caso
m o lto a l ungo. S . Maria "de Al i mundo" o "de Ulmo" era stata fondata
nel 992 dai quattro figl i del pri n c i pe Guai ferio, c i oè Guaimaro , M a i o­
ne, Ade lmo e Madel mo. Su di essa deten ne d i r i tto di patro n a to l a fa­
m i g l i a Sol i mene a parti re dal 1 1 24 ; e ancora nel 1 468 Gugl i e l m o So­
l i mene d i v i deva tale d i ri tto con Masuccio Guardat i , che lo ered i tava
dal nonno materno Tom maso Mariconda: a q uest'u l t i m o era pervenu­
to nel 1 390 per dono d i Margherita d i D urazzo, del la quale era al ser­
v i z i o . Nel 1 474 venne nom i nato rettore del la c h iesa e parroc c h i a pro­
prio il ti g l i o del nobi le narratore , l 'abate Loi se.
Ma al predom i n i o e al prest i g i o ari stocratico nel l a società c i ttad i n a
concorrevano anche i l god imento d i pri v i legi e benefi c i part i col ari e
l 'eserc i z i o d i u ffi c i . Lo stesso Antone l l o San severi no ebbe i l pri v i l e­
g i o redd i t i zio del cos iddetto " i us pen nel l i " , " c he si esi gge d a l l e bar­
c h e " , e che rimase i n v i gore ti no a tutto i l Seicento; e s i è detto d e l la
g i u risdi zione sulla fiera. Carlo d'Angiò concesse a Matteo Guarna ben
ventiquattro once d 'oro s u l l a bag l i va, e la reg i n a Margheri ta il 30 g i u­
gno 1 3 8 9 accordò a Nicola Ca vase l i ce dieci once a n n ue s u l g e t t i to
del l a dogana e fondaco maggiore. Nel Quattrocento C ieco Gattol a fu

1 14
proc uratore e sostituto del regio comm i ssari o "super i n q uisicione sal is
pro v i n c i e " , i l catalano Johan Gener, credenziere generale di Prin c i pa­
to c itra; e "regius portulanus c i v i tatis Salemi e i usque perti nentiarum
et d i strictus" fu al tempo del Magnanimo A n to ne l l o Ruggi (che nel
'47 acq u istò i d i ritti d i tratta del grano dal l e mari ne del Princi pato) e
a l l a fi ne del secol o Mari no Santomango.
Ora, s i deve sotto l i neare come l 'apporto del l a nobi ltà salern i tana
alla classe d i ri gente del Regno fosse discont i nuo, e proprio d i un'ari­
stocrazi a particolari stica, proc l i ve piuttosto all 'appoggio o al con trasto
politico-militare; per la quale, d'al tra parte, la mercatura non po té fun­
gere d a premessa generica, come per g l i Amal fi tan i , alle att i v i tà fi ­
nanz iarie e amm i n i strative. La sua partecipazione al complesso q ua­
dro statale e terri toriale del Mezzogiorno fu di secondo piano, rispetto
a q ue l l a del le aristocrazie di Napo l i e d i Amal fi , nonostan te i n fl u isse
s u l l a stessa predo m i nanza soc iale e pol i tica al l ' i n terno del la rea l tà lo­
cale. E d i venne p i ù manifesta sol tan to con l 'età aragonese e i l n uovo
respi ro d i Napol i , q u ando la d imens ione c i ttad i n a ri s u ltò v i sibi l mente
troppo an gusta. In part icol are, l e fam i g l i e salern i tane non s i i nserirono
nel primo periodo angioino nel l a v i ta del l a capitale, e del Regno v isto
dal l a c apitale, come fecero i n vece parecchie fam i g l ie amalfitane, an­
c he se durante i l dom i n i o del l a di nastia francese a tratti traessero van­
ta ggi dal la rel azione col potere centrale; forse si stab i lì a Napo l i solo
q u e l l a antica degli Sc i l l ati , le cui abi tazioni nel quartiere di Portanova
d iedero anzi i l nome alla zona detta Pendino de' Scigl iati .
C i ò suggerisce del l e osservazioni i n marg i ne al problema - così
precipuo nell a storia del Paese - del l a formazione d i u n a cl asse diri­
gen te del Regno stesso. Le forme e i momenti della partecipazione sa­
lern i tana al contesto meridionale, i n fatti, testimon i ano le d i fficoltà d i
u n processo lento e parziale. D o po l a conqui sta normanna, come è
stato g i ustamente messo i n risal to, "nelle fam i g l ie della nobi l tà c i tta­
d i n a di Salerno i re normann i trovarono gli uom i n i che, per ori g i ne ed
educazione, erano in grado di fam i l i arizzarsi con u n 'ammi n i s trazione
svil uppatasi da elementi grec i ed arabi come quella del regno di S i c i ­
l i a . e di mandarl a avanti " . Probabil men te salerni tano era i l longobardo
Foroaldo, funzionario d i Ruggero Borsa in Pugl i a . Una via che con­
duceva verso l a cancel leria e l 'amm i n i strazione era l a carriera notari ­
l e : persone di condi z ione elevata e di sicura preparazione professiona­
l e seppero guadagnare l a carica autorevole di " reg i u s notari u s " . No­
taio regio e funzionario fu Pietro G uarna, il padre di Romualdo. Ric­
cardo d'Aiel lo fu chiamato i n curia dal padre, i l vicecancel l i ere Mat­
teo. Ma nel corso del secolo v ari nobi l i ebbero cariche i mportanti. Ca­
merario fu A l fonso Ioncata ( 1 1 83 ), connestabile Guglielmo Sanseve­
ri no ( 1 1 78- 1 1 87), e tra i giustizieri furono alcuni ben noti, come Lam-

1 15
po di Fasane l l a ( 1 1 43- 1 1 5 1 ) e Luca Guarna ( 1 1 72- 1 1 86 ). Ma si tratta
nel l ' i n sieme di un'esperienza tem poranea e di forte s i g n i ficato con ser­
vativo, di ceto. Nel l a seconda metà del Duecento col laborarono con l a
nuova d i nastia, anche sul piano m i l i tare, Gugl ielmo Guarn a , che fu
strat i goto c i ttadino per Carlo I d'Angiò; Pandolfo Dom nomusco, che
fu al seg uito d i Carlo Martello "arm i s et eq u i s d i l i gen ter m u n i tus" nel
1 289; Pandol fo Sc i l l ato, Ri naldo Dom nomusco, S i mone Guarna e Fi­
l ippo Santomango, che nel 1 292 pro vvidero al la d i fesa del l a strada l i ­
toranea d a Salerno a Ebol i . Neg l i stessi an n i u n personag g i o d i spicco,
Matteo de Ruggi ero, esprime con efficac i a certe l i nee caratterizzan t i
d e l nobi le salern i tano. F u gi usti ziere d i S i c i l i a u l tra n e l 1 270-'7 1 ; 1 ' 8
apri le 1 275 fu n om i n ato capo del la flotta e degl i arsenal i di Terra d i
Lavoro ; n e l dicem bre 1 277, i n occasione d e l matrimonio del l ' i m pera­
trice Beatrice, prestò a l l a corona la som m a d i duecento o n c e ; n e l
1 28 5 , per permuta con l a Tri n i tà di Cava, venne i n possesso d i botte­
ghe del l 'arte " tannarie" site "prope ecclesiam S . Marie qui d i c i tur de
Caritate " ; q u i ndi godeva ne11'89 pri v i legio d i far passare il proprio be­
stiame attraverso le terre d i Pri nci pato senza molestie da parte dei
fun zionari pubbl i c i , e così nel '94 gl i fu concesso di trasportare da Sa­
lerno a Napo l i "porcos suos trecen tos" sen za che dovesse pagare " n u l ­
l u m ius" e due anni p i ù tard i poté mandare i l besti ame i n Pugl i a con
esen zione del l a tassa "pro passagio" ; poco dopo Carl o I l g l i scri sse di
m andare per v i a di terra a Caste l l abate i n C i l en to le apparecchi ature
bel l iche fatte costrui re a Salerno per la d i fesa di q ue l l e terre. Non si
percepisce tuttav ia, nell 'età angioina, u n i m pegno n el l 'amm i n i strazio ­
ne pubbl ica e nel l e provi nce. Però Matteo Manganario fu notaio del
fondaco e dogana d i Messi n a nel 1 27 1 e G i acomo Com i te nel 1 280-
'82 secreto d i S i c i l i a e Cal abri a. A Napol i alc u n i maestri salern i ta n i
n e l Trecento i nsegnarono m edicina n e l l o Studio (Gugl ielmo C i p o l l a ,
Gugl ielmo Capograsso), e R iccardo Cavasel ice fu "fi s ico" d i G i o v a n ­
na I . Legato agl i i n teressi d i ceto e osti l e agl i aragonesi f u Giovanni
Guarn a, capo del l a fazi o n e che s i oppose stren uame n te a Roberto
Sanseverino nel 1 463, quando q uesti assediò l a ci ttà e l a strappò a Fe­
l ice Raimondo Ors i n i , e dopo la sconfi tta andò esu le in Fran c i a . A l l o
stato aragonese e al l a s u a opera ord i n atrice e d espans i va aderirono i n ­
vece G iovan Battista Coppola, d e l sed i l e di Porta Rotese, fi g l i o d i un
Col ucc io e del l a nobi l e d i ori g i n e amal fi tana o ravel l ese Beatrice
Frezza, che i n torno al la metà deg l i an n i ottan ta fu i n v i ato e oratore di
Ferrante i n Francia; e l 'abate del l 'antica pri ncipesca e poi regale cap­
pel l a di S. Pietro in Corte ( " nobilem abatem Rugium salern i tanum"),
regi o com m i ssario i n varie provi nce e i n di verse c i rcostanze, con i n ­
carichi anche i mportant i . E i ntanto s i rafforzò i l rapporto c o n Napo l i ,
comprovato d a l g i urista Andrea Mariconda, da Giacomo Sol i m ene,

1 16
anch'eg l i docente nello Stud io, medico personale del re e am ico del
Pon tano (de Tumulis, LIX), più tard i dal l o stesso Sann azaro, figl i o
del l a nobildonna salern i tana Masel l a d i Santomango. U n a fi gura m i ­
nore, Cecche l l a de Fel ice, fu dapprima a l l e d i pe ndenze, come amm i ­
n i stratore , d i Roberto Sanseveri no e poi d i venne segretario d e l d u c a d i
Cal abri a . Masucc i o - c h e appare oggi come u n o scrittore al tempo
stesso salerni tano e aragonese - fu am ico di Anton io d a Bologna, d i
Dragonetto B o n i fa c i o , d i Francesco B a nd i n i B aron c e l l i , d i Fra n ç f
Scales, d i Zaccaria B arbaro, d i Francesco Arcel l a .
Se l ' u n i tà e i l governo del Regno esi gevano dal l e o l i garchie l ocal i ,
come quel l a salern i tana (che non poterono assumere un ruolo d i guida
i n campo econom ico), u n a progressiva, quanto sostan ziale, con versio­
ne: d i superare i con ti n i del potere particolaristico, per con correre al l a
c l asse di ri gente dello stato e del Paese, i l i m i ti d i q uesta evol uzione
furono l i m i t i del l a stessa c l asse d i ri gente meri dionale, i n u n a real tà
soc i a l e care nte d'una vera e propri a borghes i a mercan t i l e . Per q uanto
riguarda Salerno, alla tì ne del Medioevo al l ' i ncerto s v i l uppo commer­
c i a l e ri spondeva un atteggiamento del ceto dom i n an te ancora troppo
chi uso ed i n vol uto.

1 17
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1 23
I N D I CE DEI N O M I D I PERSONA

A be l ardo. 76 B acij s (de) Ottavio, 1 1 3


Acocel l a N . 59. 66. 76, 8 2 , 83, 8 5 . 9 1
. Baldovi netti Francesco, l l l
Ada l ferio, 63 Bandini B aro nce l l i Francesco, 1 1 7
Adelaide, 46 Barbaro Zaccari a, l 1 7
Adel mo, 1 1 4 B arbogia Gando l fo , l O l
Adel perga, l O, 1 9 Bard aro Francesc hel l o , l 09
A i e l l o (d ' ) Francesco, l 09 Battisti C . , 87
A i e l l o (d ' ) M atteo. 1 1 5 Benedetto V I I I . 24
A i e l l o ( d ' ) N i ccolò, 1 1 4 Beniam i no di Tudela, 43
A i e l l o ( d ' ) R i ccardo, 1 1 5 Bcnzone d ' A l ha, 6 1
A l agno ( d ' ) Cesari o, 1 02 Bernardo d i Chi araval le, 76
A l beri co, 62 B ern ardo d i Palestri na, 6 1
A l be ri go G . , 5 5 , 5 6 Bérteaux E 8 5
. .

A l bcrti Leon Battista, 8 2 B i l l i B arto lomeo, I l i


A l essandro I L 1 7 . 2 4 , 5 5 , 6 1 , 6 3 , 9 1 B l asco (de) Giovan ni A ndrea, I l i
A l fano l , 1 6, 1 7 , 24, 45 , 47, 59-94 Boemondo, 53
A l fano A mbrog io, 1 1 2 Boesch Gaj ano S., 72
A l fano chierico, 63 B o n i faci o d i Toscana. 1 7
A l ferio, 23 B o n i facio Dragonetto, 1 1 7
A l ovechyo. l 1 2 B rancaleone Carlo, l l l
A m ato d i M o ntecassino. 1 5 . 1 7 , 4 3 , B rown P. , 93
44, 47, 50, 5 2 , 6 1 , 62 , 63 , 70, 74 B runetti Baldassarre, l l O
A n n i bale, 7, 65 B u re l l o D i s i ato, 1 1 2
Antonio d a Bol ogna, 1 1 7
A rce l l a Francesco, 1 1 7 Camhini B ernardo, l 09
A rcc h i , 5 - 1 l , 1 4 , 1 6 , 1 8 - 2 6 , 4 3 . 4 5 , Camb i n i Francesco, l 09
52, 8 1 Cam b i n i Nicolò, 1 09
A ron d i Sanseveri no, l OR Capitani 0 . , 5 5 - 5 8 . 7 9 , 95
A rri ghi Giova n n i , l 09 Capograsso G i ovannuccio, 1 1 4
A ugusto, 66 Capograsso Guglielmo, l 1 6
A vagl i ano F. , 60, 64 , 69-73 , 77. 7 8 , Carlo d ' Angiò, I OO, 1 1 3 , 1 1 4, 1 1 6
8 1 - 8 5 , 90-95 Carlo l i , I Ot 1 03 , 1 1 4, 1 1 6
Carlo M agno. 5, 6, l l , 1 7 , 1 9 , 45
B acij s (de) B o l ogni no, 1 1 3 Carucci A . . 7 5 , 8 2 , 86. 88
B acij s (de) G i u l io, 1 1 3 Carucci C . . 8 2 , l 1 3
B acijs (de) O l i v i ero, 1 1 3 Cassetta M ari no, l 1 2

1 25
Catone. 66 Donati B artolomeo. l l O
Cavaselice N icola. 1 1 4 Draconzio, 65
Cavasel ice Riccardo. 1 1 6 Drogone, 1 5 . 3 7
Cela (della) G i rolamo. l l O
Cesare. 65. 66 Ed e rrado. 34
Cestaro Euorc. l l l Enrico I l , 56
Chenu M . D . . 76 Enrico 1 1 1 . 70, 80
Cilento N . 5 . 60. 62. 68. 8 1
.
Enrico I V, 70
C i po l l a Guglielmo. 1 1 6 Erchemperto. 5 , 6, l 0- 1 2
Cipriano. 65 Ermanno di Reichenau , 70
Codalo. 6 1 Eutropio. l O
Colonna M arsi l io, 88
Falco G . , 59, 64, 65, 66, 78
Coluccio de l a Manza, l l 2 Fal cone Beneventano, 70
Comite Giacomo, 1 1 6
Farfa Giovanni , 1 1 2
Commodiano, 65
Federico I I . 99, 1 00
Congar Y . , 68, 8 3 , 9 1 Federico d i Lorena, 5 9 , 9 1
Coppola Coluccio, 1 1 6 Ferrante d ' Aragona, l 02, l 05, 1 1 6
Coppola Francesco, 1 1 2 . l 1 3 Fonseca C. D . , 5 7 , 5 8 , 67 , 6 8 , 7 1 , 86.
Coppol a G iamballi sta, 1 1 6 89, 90
Coppola Lu igi, 1 1 2. 1 1 3 Fontana Ettore, 1 1 2
Corcione Andrea, I l i Forte di Ri medio, 1 1 3
Corrado I I , 57 Fransen G . , 5 8
Costantino Africano, 60, 62. 63 , 69 Fresa Giovannello, l 1 2
Cowdrey H . E. J., 76 Frezza Beatrice, l 1 6
Cristiano di Vecchio, I l O
Cuomo Angelo. I l i Gaitelgrima, 40
Cupaiolo G . , 66 Gallo Matteo. 1 1 2
Gauola Cieco. 1 1 4
D' Affl i llo Col uccio, 1 05 Gaudentius, l O
D' Affl i llo G i l i berto, 1 05 Gelasio l , 87
D ' A ffl i tto Loise, l 05 Gener Johan, 1 1 5
D' Alessandro V . , 63 Giordano di Capua, 85
Dardano Antonello, l l l , l 1 2 Gi ovanna l , l 02, 1 1 6
D' Auri a Orl ando, l l 2 Giovanna I l , 1 02 , 1 05
De Bartholomaeis V . , 6 1 -62 Giovanni I l , 22, 26, 32. 3 3 , 34. 49
De Heinemann L., 76-80 Giovanni V I I I , 23
Delogu P., 64, 68-70, 75-77 , 8 1 , 86-88 Giovanni A trianense. 86
Delumeau J., 9 1 Giovanni da Procida, l 02
Densi A ndrea, l 09 Giovanni di Paolo, l I O
De Renzi S., 94 Giovanni Scriba. 98
Desiderio. 5, I O Giri falco (de) Pagesante, 1 1 2
Desiderio d i Montecassi no, 24. 4 3 , Gisulfi (de) Galeotto. I I I
59. 60, 62. 66, 7 8 , 8 5 , 9 1 , 92. 98 Gisulfo l , 1 2, 2 1 , 23. 40. 4 1 , 45
De Stefano S . , 85 G i s u l fo I l , 7. I O, 1 3 - 1 7 , 2 3 , 24, 3 2 ,
Domnomusco Pandol fo, 1 1 4, 1 1 6 34, 3 5 , 40, 4 3 , 4 5 , 48 , 60-62, 70,
Domnomusco Riccardo, 1 1 4 74, 75
Domnomusco Rinaldo. l 1 6 Giustini ano, 1 8 , 26

1 26
Goffredo di A versa, 95 85, 90-95
Granozio Cola, l 1 2 Leone Ostiense, 59. 9 I
Graziano A ntonio, I 1 2 Leone S . , 8 8
Greco Francischello, 1 1 2 Liutprando, 5 , I 8 , I 9
G regorio, 3 3 Lotti eri Damiano. I 08
Gregori o VII, 2 4 , 5 5 , 56. 60, 66. 68, Luigi I l , I 2
70, 7 5 . 76, 79, 90, 9 1
Gri l lo Maneo, I I I Maassen F . 67
.

Gri moaldo, 29 M accarrone M . . 55


G rimoaldo l, I l , 1 2, 22, 28 M adelmo, I 1 4
Gri moaldo d i Giovanni, 3 1 Maione, l 1 4
Guaiferio, I 2, 1 3 , 20, 2 I , 2 3 , 27. 30, Manfredi, 97, 1 02
46, 49 M anganario Matteo, l I 6
Guaiferio monaco. 62 Mani tius M . , 59, 78
Guai mari o I l , 20. 25, 30 Maraldo, 63
Guai mario I I I , 23, 32, 34, 40 M argherita di Durazzo, l 1 4
Guai mario I V , 1 4- 1 7 , 23, 24, 32, 3 3 , M ari a d'Aragona, I I 3
3 7 , 40, 4 1 , 45 , 48, 52, 5 3 Mariconda A ndrea, I 1 6
G u a im a ri o V , 60 M ari conda Tom maso, I I 4
Guardati M asuccio, l I 4. 1 1 7 M ascino di Romualdo, 86
Guari mpoto, 60, 63 M asi N i colò, I 1 2
Guama Giovanni, 1 1 6 Masi Taddeo, l I 2
Guama Gugl iel mo, I I 6 M auro atranensis, 40
Guarna Luca, I 1 4, I 1 6 Ménager L.-R . , 86
Guarna M atteo, I 1 4 M i nerba Francesco, l I 2
Guama Pietro, I I 5 M irabi l i Santi Ilo, I I 2
Guarna Romualdo, I 1 4, l 1 5 M orcaldi M . , 85
Guama Simone, I 1 6 M orghen R., 57
Guasconi Gioacchino, I 1 2 Nemesio d i Emesa. 62. 94
Gugl i el mo B raccio di ferro, I 5 , 37 N i ccolò I l . 5 5 , 68. 9 1
Guglielmo d i Pugl ia, 52. 5 3 Numonio V ala, 8
Guido, I 5 . 25. 3 0 . 32, 3 3 , 45
Gurevi� A . , 7 I Oldoni M . , 59, 62-64, 69
Orazio. 8, 43, 65
Heers J . , 67 Orderico Vitale, 43 , 44
H offmann H 7 8 .. Orlando de foria, I I 2
Houben H . , 70 Orsel l l i A. M . , 7 2
lnnocenzo 1 1 1 , 65 Orsi n i Fel i ce, l I 6
l oncata Alfonso, 1 1 5 Orsi ni Rai mondo. I 1 2
Ottone l , 46
Jordano Francesco, l 08 Ovidio, 65
Lamberto, 26 Pace V . . 82
Lampo di Fasanel la, I 1 6 Paldolfo, 32-34
Lawn 8 . , 94 Paleari a (de) N i cola, I 1 3
Leclercq J . , 76, 9 1 Pandol fo, 1 4, 24
Lemarignier J . -F., 58 Pandol fo di Capua, 62
Lenti n i A 59-64, 69-73 . 77, 78, 8 1 -
.. Pantaleone, 6 1

1 27
Pao l o D i acono, 5 . 6. 8. l O. I l . 1 8 . S antomango Fi l i ppo, 1 1 6
1 9 . 29. 45 , 52 Santomango Marino, 1 1 5
Pandol fi n i Battista , 1 07 . I l O Santoma ngo Mase l l a , 1 1 7
Pappacarbone Pietro. l 1 4 Santomango Troiano, l l l
Pasq uale I l . 9 1 S apori A . , I l O
Pastore M . , 86 Scales Franzino, l 1 7
Petrone G i u l io, 1 1 2 Sciani M 85. .

Pier Dami an i . 59. 64-66. 76, 80. 83. 9 1 Sciabica Fort u nato, l 1 2
Pietro conte, 1 4, 1 6, 3 3 , 34 Sci l l ato Pandolfo , 1 1 6
Pinto Bernardo, 1 1 2 Sedu l i o, 65
Pipì no, 6 Si cardo, 1 2 , 3 8 , 46
Pisano Petrucc io, I l O S i chelgaita, 45, 52
Pontano Giovan n i , 1 1 7 S i cono l fo, 1 2, 3 8 , 46
Porco Eustac h i o . 98 S i l vestri A .. I l O
Porco Luca, 98 S i mmaco, I O
Porta ( de l l a ) M atteo . 1 1 4 Sol i mano, 98
Prudenzio, 65 Sol i mene G i acomo. 1 1 6
Strabonc. 7
Q uarrel Ri ccardo, 8 1 Strozzi Fi l i ppo. 1 07 . 1 1 2
Radclchi , 1 2 . 25 , 4 6
Tabacco G . 59. 90
.
R adoaldo, 5 , 6 , I l , 1 2 , 1 4 . 1 8 . 1 9 ,
Tacito, 29
27. 28, 45, 46
Tancred i , 3 7
R ai n u l fo Drcngot, 8 1
Teodora di Sanseveri no, l 1 4
Ratc h i s , I O
Thaner F . , 56, 5 8 , 80
Rcbol i no G i u l iano I l O
,
Tomasi Pietro Paolo, l 09
R i ccardo d ' A versa, 1 1 4
Tragina (de) J acopo , 9 8
Roberto d'Angiò, l 02
Roberto i l G u i scardo, 7, 1 3 , 1 5 . 1 6 . Umberto da S i i va Candida, 5 8 , 76, 80
24. 3 3 . 3 5 . 3 7 , 40, 52, 5 3 , 6 1 , 62, Urbano I l , 9 1
69-7 1 , 74, 7 5 , 80, 82, 8 5 , 87
Romualdo, 3 1 Vassa l l o Agosti no, I l O
R u ggero I l , 5 3 , 98 Vassal l o B atti sta, l 09
R uggero Borsa, 52, 53, 1 1 5 Vauchez A . , 58
Ruggì A n tone l l o, 1 1 5 Venanzio Fortunato, 65
R uggì Benedetto. 1 1 6 Vergeri o G i acomo, 1 08
R uggì Francesc h i no, I l i V i l l a n i Lodovico, I l O
Ruggi ero (de) M atteo. 1 1 6 Viol ante C . , 56-58. 68 , 8 7
Ruggiero (de) Palamede, I l i V i rgi l i o , 65
R uggiero (de) Riccardo, 1 1 4 V i tolo G 88
..

V i ttore 1 1 1 , 9 1
S a l omone, 1 8 , 1 9
V i vo d i Pietro, 36. 3 7 , 5 1
S a l u tati Benedetto, I l O
Volpe G . . 7 1
San nazaro I acopo, l 1 7
Sanseveri no A ntonel l o . I l l , 1 1 4 Y ver G . , 1 04
S anseveri no G u g l i el mo. 1 1 5
S anseveri no Robe rto. 1 1 6, 1 1 7 W i do . 80
S anseveri no Tommaso, 1 02 W i l mans R . 80.

1 28
I N D I CE

H UGUElTE TAVIANI -CAROZZI


Salerno longobarda: una capitale pri nci pcsca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

BENEDElTO V ETERE
Cattedra l e , santo patrono e cives . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

ALFONSO LEONE
Economi a e società nel Basso Medioevo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

Nota B i b l i ogratica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 19

I ndice dei nomi di persona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 25

1 29
Fi nito di stampare per conto di CONGEDO EDITORE - G ALATI N A (Le)
nel 2 0 00 da EDIZIONI PUGLIESI - MARTINA FRANCA (Ta)
LE C ITI À
DEL MEZZOGIORNO MEDIEVALE

l . E. PlsPISA, Messina Medievale .


2. J . M . MARTIN, Foggia nel Medioe­
vo.
3 . H. TAVIANI-C AROZZI, B . V ET E R E ,

A. LEONE, Salerno nel Medioevo.


4. L. SCIASCIA, Trapani Medievale.
5. G. VITALE, Barletta Medievale .

In copertina:

Salerno. Rielaborazione da un disegno


di Angelo Rocca del 1 5 83 .

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