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After Unity. Forms and ambiguities of Bourbon legitimism. From their exile in
Rome, following Italian unification, the Bourbons tried to promote a political protest
against the Piedmontese government in the southern provinces of the kingdom of
Italy. The best known aspect of this protest was the so-called brigantaggio
(brigandage) in the countryside, particularly in the years immediately following
unification. But the Bourbon party was also at work in the towns, at least until the
middle of the 1860s. Based on archival sources, the article investigates the political
ideology and patterns of organization of Bourbon propaganda in exile.
Lultimo elenco di firme conservato tra le carte di Pietro Cal Ulloa, che
nella Roma degli anni 60 faceva parte dello staff di Francesco II di Borbone,
gi sovrano del Regno delle Due Sicilie, assolvendo di fatto la funzione di
primo ministro del suo governo in esilio, datato 27 febbraio 18641. Nellan-
no precedente ne era pervenuto sulla sua scrivania ancora qualcuno. Ma il
grosso delle firme raccolte in appoggio agli appelli per un ritorno dei Borbo-
ni sul trono che erano stati costretti ad abbandonare tra 1860 e 1861 si era
materializzato presso la corte in esilio tra la fine del 1862 e i primi due mesi
del 1863. Erano state assemblate in una decina di album, composti a loro vol-
ta di fogli eterogenei e sparsi, provenienti da molte localit di quelle che era-
no ora le province meridionali del Regno dItalia e che fino a qualche anno
prima formavano invece il territorio di quello delle Due Sicilie. Di custodire,
a Roma, la documentazione, si incaricava per lappunto Ulloa, per tenersi
1 Archivio di Stato di Napoli (dora in poi ASN), Borbone, b. 1616, VIII incartamento, cc.
501 ss.
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presente per un qualche indirizzo a farsi alle Potenze2. Nel febbraio 1863 il
collaboratore di Francesco II fece contare le firme. Distribuite in 21 diversi
indirizzi, ciascuno introdotto da un appello di accompagnamento, risultaro-
no ammontare a 112.829, 90.915 delle quali provenienti dal Mezzogiorno
continentale e 21.914 dalla Sicilia; dalla sola Napoli circa 40.000, dalla sola
Palermo circa 9.000. Una bella cifra!
Ma chi erano quei firmatari, e con quali modalit erano stati convinti a da-
re la loro adesione agli indirizzi? Ancora: quali auspici contenevano questi
ultimi, e che tipo di linguaggio politico veniva speso per legittimarne e argo-
mentarne la bont?
Gran parte degli elenchi si apre con immagini di gruppo che sembrano
confermare la vulgata a proposito della fisionomia del fronte antirisorgimen-
tale presente nel Mezzogiorno del dopo Unit: chierici e aristocratici, colon-
ne per eccellenza di un antico regime declinato in senso classico. il caso,
per esempio, del testo sottoscritto da diverse centinaia di abitanti di Monopo-
li, al quale, immediatamente seguito da tutto lalto clero della citt, il ve-
scovo Federico Solimieri ad apporre la prima firma3; ma anche di quello fir-
mato dai fedeli sudditi di Fasano, schierati come in corteo al seguito degli ec-
clesiastici della loro localit4. Gli elenchi siciliani (uno per provincia) vengo-
no invece immancabilmente presentati, in rappresentanza dei propri concitta-
dini, dei quali seguono le firme, da figure dellalta aristocrazia isolana che si
sono uniti a Francesco di Borbone nellesilio romano; come Emmanuele Luc-
chesi Palli, il quale, patrizio palermitano (esprime) i voti de patrizi attaccati
a Vostra Maest, e delle classi che sieguono5; o come Vincenzo Ruffo, prin-
cipe della Scaletta, a nome di Messina6. Ma anche lelenco dei nostalgici na-
poletani aperto da nomi blasonati, come quelli dei principi Carlo Brancac-
cio e Felice Filomarino7.
Clero e aristocrazia, dunque, in primo luogo; o, meglio, il clero in disposi-
zione corale, a ranghi sostanzialmente compatti, e una parte dellaristocrazia,
vale a dire quella talmente compenetrata con la corte8 da averne condiviso il
destino desilio, o da avere comunque pi o meno apertamente mantenuto i
propri tradizionali orientamenti anche nel contesto della nuova Italia. A tesse-
re le fila dei fantomatici comitati filo-borbonici, tanto spesso evocati in que-
gli anni dalle carte di polizia, e ad attivare unoperazione sicuramente ri-
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schiosa e complessa da gestire, come quella di cui gli elenchi che abbiamo
sotto agli occhi ci restituiscono solida testimonianza, sono soggetti sociali ab-
bastanza chiaramente indentificabili. E questo ci aiuta anche a formulare
qualche ipotesi su come, verosimilmente, la sottoscrizione stata effettuata; a
immaginare dunque che i testi, i quali, pur rispondendo tutti a una medesima
intonazione di fondo, risultano diversi per ciascun indirizzo, li abbiano redatti
e firmati per primi i prevedibili intellettuali organici di quella costellazione
antiunitaria e antinazionale che ha fissato dopo il 1860 in Roma il proprio
quartier generale, e che individua le proprie figure di riferimento nei due
maggiori sovrani italiani spodestati tra il 1859 e il 1861: Pio IX e Francesco
II di Borbone. Ancora, immaginiamo che il lavoro circospetto necessario per
far lievitare alla grandezza delle decine di migliaia i sottoscrittori di docu-
menti che i ministri borbonici cercheranno poi di spendere in sede di diplo-
mazia internazionale si sia svolto soprattutto nelle sacrestie, al margine della
messa domenicale, o forse con una paziente opera di convincimento porta a
porta, resa possibile dalla considerazione di cui gode labito talare; o, ancora,
in forza della valorizzazione della cospicua rete di relazioni informali o clien-
telari di cui, transfughi o meno che siano singoli loro membri, possono avva-
lersi le famiglie aristocratiche nelle province che ospitano le loro propriet.
Fatto sta che, malgrado i rischi innegabilmente connessi allatto di apporre il
proprio nome ad uno scritto di carattere eversivo, in un territorio nel quale,
per di pi, lo stato deccezione vanifica spesso e volentieri le teoriche garan-
zie liberali9, a sottoscrivere, accodandosi al corteo inaugurale dei corpi per
eccellenza rappresentativi dello stereotipo dellantico regime, sono state deci-
ne di migliaia di persone. Torniamo a chiederci: chi sono?
Quella che emerge dagli elenchi, una volta sfogliatene le pagine iniziali,
limmagine di una vasta folla anonima, della quale solo occasionalmente sia-
mo in grado di puntualizzare qualche dettaglio. Ne rappresentano, certamen-
te, una componente significativa, gli ex-militari (ufficiali subalterni e soldati,
soprattutto) dellesercito borbonico, che dalla costruzione di quello nuovo
italiano sono rimasti tagliati fuori. In un album preparato nellottobre 1863
successivo, dunque, a quelli sulla base dei quali venne eseguito il conteggio
delle firme allinizio di quellanno firmano, per esempio, uno dopo laltro
in 410, segnalando ciascuno la carica a suo tempo ricoperta nellesercito di-
sciolto10, e lasciando immaginare la perduranza di una coesione e di una fa-
miliarit che, a distanza ormai di anni, si riconfermano anche dopo che ne
venuto meno il presupposto materiale. Ma, accanto ai loro, nei non troppo
frequenti casi nei quali la firma risulta arricchita di qualche qualifica perso-
nale, affiorano anche i volti di negozianti, avvocati, proprietari, artigiani, im-
9 Sul tema cfr. S. Lupo, Il grande brigantaggio. Interpretazioni e memoria di una guerra
civile, in W. Barberis (a cura di), Guerra e pace, in Storia dItalia, Annali, 18, Einaudi, Torino
2002, in part. p. 472.
10 ASN, Borbone, b. 1616, VIII incartamento.
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piegati; un ceto medio, dunque, aperto a ventaglio in tutte le sue possibili de-
clinazioni, il cui disomogeneo livello di scolarizzazione deducibile dal gra-
do di politezza grafica degli autografi. A firmare sono (con leccezione so-
stanziale delle nobildonne) quasi solo uomini, o, meglio, padri di famiglia
che talvolta dichiarano di farlo, come un Agostino Cobianchi, anche a nome
di mia moglie e figli11. Sottoscrivono, anche, spesso, gruppi parentali lar-
ghi, probabilmente residenti contiguamente, come lasciano intuire intere
mezze pagine che riportano il medesimo cognome. Firmano, infine e a un
primo sguardo si sarebbe indotti a pensare che si tratti della componente pi
cospicua popolani che non sanno scrivere notati qui appresso con mano
aliena12, o, in un caso specifico, i sottoscritti e Croce segnati13; questi ul-
timi, nel caso dellappello di Monopoli, rappresentano la stragrande maggio-
ranza.
soprattutto in questa folla che non in grado di imprimere sul foglio al-
tro che un segno della croce, che una mano premurosa si preoccupa di tradur-
re in un nome, che la logica delladesione familiare-parentale sembra imporsi
come predominante, e che il partito meridionale della reazione assume trat-
ti francamente popolari. Ma una domanda sorge spontanea: cosa ci garantisce
dellautenticit di queste firme? Sistematica nel caso ricorrente dei croce-se-
gnati, la presenza di una grafia che corrisponde a una sola mano per una lun-
ga serie successiva di nomi e di cognomi pare inequivocabile anche in altre
parti di alcuni elenchi, nelle quali non si fa alcuna menzione dellincapacit
dei sottoscriventi di dominare lalfabeto. Ci si trova, dunque, davanti a una li-
sta di nominativi inseriti a loro insaputa? O forse a trascrizioni, messe nero
su bianco al riparo da occhi indiscreti, di un consenso raccolto a voce, con
lintesa di poterlo formalizzare per iscritto in un secondo tempo? Sono do-
mande alle quali, ovviamente, non si pu dar risposta. E, dunque, quegli oltre
100.000 nomi che la segreteria borbonica conteggia allinizio del 1863 vanno
certamente presi con beneficio dinventario. Non di meno, per quello che una
definizione del genere pu valere in relazione al contesto che ad essa pertie-
ne, si tratta di numeri che un fenomeno, se non di massa, certamente di
unampiezza significativa lo disegnano. La societ notabilare italiana del do-
po Unit stretta, e le grandezze nellordine delle decine di migliaia ne sfor-
zano i confini naturali. Son numeri, oltretutto, come subito ci chiarisce unal-
tra documentazione quella offertaci dalle carte della prefettura di Napoli ,
destinati a conoscere una ulteriore lievitazione, se si osserva il raggio delle
persone almeno indirettamente coinvolte in queste manifestazioni di senti-
mento filoborbonico, o di esse venute a conoscenza.
Se i nomi e i cognomi dei firmatari rimasero, infatti, conosciuti solo ai
funzionari che raccolsero gli elenchi presso la corte borbonica di Roma, gli
11 Ibidem.
12 Ivi, X incartamento, firme al 20 novembre 1863.
13 Ivi, V incartamento, b. 1616, c. 343, indirizzo di Monopoli.
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dopo lunit. forme e ambivalenze del legittimismo borbonico 41
14 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. Proclami del partito borbonico e libretti incendiari, corri-
spondenza del dicembre 1862-febbraio 1863. Risultano agli atti i seguenti indirizzi a stampa:
Le 15 provincie continentali del Regno; Le sette provincie della Sicilia; Palermo; I popolani
de 12 quartieri di Napoli; La provincia del Molise; La Provincia di Salerno; I religiosi di
ogni ordine; Le claustrali di Napoli; Le Calabrie desolate.
15 ASN, Questura (Gabinetto), b. 9, fasc. 61 (luglio 1861).
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Sino ove mai questo abbominato despota debba per altro tempo percuoterci colla
sua tirannica verga, a noi non rimarranno che i soli occhi per piangere i tanti mali
materiali, e morali importati da questo mostro diniquit, (noi) nove milioni di citta-
dini che per lo innanti vivevano lieti, tranquilli e contenti del Paterno Governo di
V.M.16.
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dopo lunit. forme e ambivalenze del legittimismo borbonico 43
18 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 47, Supplica del popolo napolitano. Sulla complessa que-
stione del rapporto tra pubblici poteri e camorra nella Napoli di quegli anni cfr. M. Marmo,
Quale ordine pubblico. Notizie e opinioni a Napoli tra il luglio 60 e la legge Pica, in P. Ma-
cry (a cura di), Quando crolla lo stato. Studi sullItalia preunitaria, Liguori, Napoli 2003, pp.
179-227.
19 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 47, Supplica cit.
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verno (La Settimana, Il Flavio Gioia, il Corriere di mezzod, LAraldo cattolico) ef-
fettuate nellagosto 1861, allepoca della luogotenenza Cialdini, da parte di camorristi e stu-
denti al soldo [che] correvano per le tipografie, minacciavano, battevano i tipografi, sparnazza-
vano i caratteri, insultavano gli scrittori, pigliavano e ardevano i fogli. Cfr. G. De Sivo, Sto-
ria del Regno delle Due Sicilie (1868), 2 voll., A. Berisio, Napoli 1964, vol. II, p. 442.
21 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 47, Supplica cit.
22 Molfese stim in alcune migliaia i briganti uccisi tra la seconda met del 1861 e il 1865
(Storia del brigantaggio cit., pp. 361-64). R. Martucci propone una valutazione tra le 20.000 e
le oltre 70.000 unit (Linvenzione dellItalia unita. 1855-1864, Sansoni, Milano 1999, pp.
314-15). S. Lupo reputa effettivamente sottostimati i numeri indicati da Molfese, ma comun-
que molto pi vicini alla realt di quelli suggeriti da Martucci sulla base di un ragionamento di
cui vengono evidenziati i punti di debolezza. Anche Lupo, comunque, concorda sullopportu-
nit di considerare il fenomeno nei termini di una vera e propria guerra civile (Il grande bri-
gantaggio cit., p. 493).
23 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 47, Supplica cit.
24 Ibidem.
25 ASN, Borbone, b. 1616, c. 343, indirizzo di Monopoli, 16 gennaio 1863.
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26 Ivi, IV incartamento, cc. 230 ss., lettera 22 dicembre 1862, il cui primo firmatario Car-
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29 Cfr. in proposito L. Guidi, Maria Sofia di Borbone, in corso di stampa in Dizionario bio-
naio 1863.
32 ASN, Borbone, b. 1616, cc. 343 ss., indirizzo di Monopoli, 16 gennaio 1863.
33 Sul tema della riformulazione dellistituto monarchico nellEuropa dell800 cfr. G. Guaz-
zaloca (a cura di), Sovrani a met. Monarchia e legittimazione in Europa tra Otto e
Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009.
34 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 47, 12 gennaio 1863.
35 Ivi, fasc. 925, 12 gennaio 1863.
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36 ASN, Borbone, b. 1616, cc. 893 ss., indirizzo di Girgenti, 3 gennaio 1863.
37 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 925, proclama di Casoria, 12 gennaio 1863.
38 ASN, Borbone, b. 1616, cc. 893 ss., indirizzo depalermitani, 2 gennaio 1863.
39 Sul tema della presenza delle metafore religiose nel discorso risorgimentale cfr. A.M.
Banti, La nazione del Risorgimento. Parentela, santit e onore alle origini dellItalia unita,
Einaudi, Torino 2000.
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40 G. De Sivo, Storia del regno cit., vol. II, pp. 316 e 363.
41 ASN, Borbone, b. 1616, VIII incartamento, Indirizzo de napoletani a S.M. Francesco II
Re del regno delle Due Sicilie, e Sua Augusta Consorte Maria Sofia per gli auguri e felicita-
zioni nel novello anno 1863.
42 ASN, Prefettura, b. 455, fasc. 47, risposta del Re (a stampa).
43 G. De Sivo, Storia del Regno cit., vol. II, pp. 208 e 281.
44 Ivi, pp. 316-17.
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Lodaronla certi che sappellano legittimisti illuminati, liberali, che solo in qualche
citt sono, e non da arme; ma la nazione napolitana nella sua gran maggioranza []
a sentirla ripromettere dalle casematte di Gaeta, ne fu sorpresa e amareggiata45.
45 Ivi, p. 360.
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46 A. Scirocco, DallUnit alla I guerra mondiale, in Storia di Napoli, vol. X, Societ edi-
trice Storia di Napoli, Napoli 1971, p. 22. Cfr. anche Id., Il Mezzogiorno nella crisi dellunifi-
cazione 1860-1861, Esi, Napoli 1981 e Id., Il Mezzogiorno nellItalia unita (1861-1865), Esi,
Napoli 1979.
47 Un racconto sommario della congiura in G. De Sivo, Storia del regno cit., vol. II, pp.
434-35.
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dopo lunit. forme e ambivalenze del legittimismo borbonico 51
Il cardinale Sisto Riario Sforza, che era rientrato da pochi mesi in citt do-
po esserne stato allontanato dopo larrivo di Garibaldi, venne cos costretto,
su suggerimento del questore, ad abbandonarla di nuovo, perch era soprat-
tutto lui, insieme a molti altri del ceto dellAristocrazia, a somministrare i
mezzi pecuniari tanto necessari ad ogni cospirazione49.
Ma se anche le carte di questura riconfermano la penuria di azioni restau-
rative conclamate che a livello di spazio urbano la storiografia sostan-
zialmente concorde nellattestare, esse ci restituiscono al tempo stesso laffre-
sco puntiforme di uninsofferenza fisiologica esternata a mezze parole e a
frasi monche, che una parte della popolazione cittadina almeno fino al 1864
continua a coltivare. Quello filoborbonico , naturalmente, solo uno dei pos-
sibili canali di sfogo per un malcontento che si alimenta non tanto di una
sentimentalit nostalgica, quanto di alcuni degli esiti del decoupage che si
abbatte sullex capitale, e che si esprime, per esempio, nello stillicidio dei
licenziamenti della Zecca, della stamperia nazionale, del Lotto, dellArsenale,
dei cantieri di Castellammare, della societ concessionaria della Ferrovie me-
ridionali50. Uno dei possibili, si diceva. Tant vero che in occasione delle
elezioni amministrative del 1863, che si tengono nello stesso anno dei fatti di
sangue provocati dalla repressione della protesta dei lavoratori metallurgici
dello stabilimento di Pietrarsa (alcuni morti e numerosi feriti tra i manifestan-
ti), a destare forte preoccupazione nel partito dellordine non sar certo una
strisciante reviviscenza filoborbonica, quanto piuttosto lavanzata delle forze
democratiche, schierate allopposizione, ma tuttaltro che interessate ad un ri-
torno al passato. E, tuttavia, in una misura che difficile quantificare, quel
canale esiste, e si organizza con una certa variet di iniziative, anche fruendo
delle complicit che trova nelle istituzioni locali, le quali, a dispetto delle
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Il Capo Politico, ed il capo della forza nel Comune sono io, signor Governatore,
come ella il capo Politico della Provincia. A noi Sindaci dato solo di conoscere le
simpatie, il grado di affetto, quello della riconoscenza, e tante altre circostanze, che
imperano nel cuore della propria popolazione per ben dirigere, e condurre queste
operazioni con successo dignitoso nella forza, e nelle sue conseguenze []. Io non
voglio discorrere qui del disgusto della Guardia Nazionale e del pubblico. La rara
educazione dellillustre prevenuto e il suo civilissimo contegno tenne a posto il po-
polo piangente: ma ove qualche accidente fosse nato, la Guardia Nazionale, messa da
bando cos apertamente, avrebbe evitato ogni intervento, perch non avvertita n da
me, che ero ignaro del fatto, n dal drappello della Guardia di Pubblica Sicurezza52.
51 Cfr. in primo luogo F. Molfese, Storia del brigantaggio cit., ma anche S. Lupo, Il grande
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dopo lunit. forme e ambivalenze del legittimismo borbonico 53
Dalle rivelazioni raccolte dal sig. Ettore Noli, uno dei membri pi operosi e sagaci
del Comitato borbonico sorpreso a Frisa, si ha che il sig. Diego Ferlizzi, gi applica-
to ai telegrafi elettrici, ed ora controllore di Dogana, era quello che col concorso e
cooperazione di taluni impiegati telegrafici dellOfficina centrale, subornati o conve-
nuti, porgeva e somministrava al Comitato suddetto le notizie pi importanti che ca-
var potea dai telegrammi che in via officiale giungevano al Governo53.
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55 Cos nel manoscritto 1863. Un altro anno di governo de Piemontesi nel regno delle Due
Sicilie, p. 174, in ASN, Borbone, b. 1717. Sarebbe poi stato pubblicato in francese, con lattri-
buzione a Oscar De Poli, con il titolo De Naples Palerme (1863-64), Librairie Parisienne,
Paris 1865. Oscar Philippe Franois-Joseph De Poli, giornalista monarchico e filoborbonico
dai molti pseudonimi, sarebbe stato fatto conte romano dal papa nel 1865. Per il suo lavoro in
questa occasione ottenne un compenso di 1.600 franchi. Altri dattiloscritti di libri bianchi, sui
quali mi riprometto di intrattenermi in una prossima occasione, si trovano in ASN, Borbone,
bb. 1716 e 1718.
56 ASN, Questura (Gabinetto), b. 6, fasc. 96, il delegato di Questura al questore, s.d. (ma
estate 1861).
57 Ivi, fasc. 207, il direttore del dicastero di polizia al questore, 13 marzo 1861.
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