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LA LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI

La nostra letteratura delle origini comprende tutta la poesia del 200, per meglio dire la poesia pre-dantesca, un periodo molto importante perch vede laffermarsi e il diffondersi del volgare che altro non se non la lenta e progressiva trasformazione del latino che finir col diventare patrimonio dei dotti e della Chiesa. Ma quale latino si trasforma? Certamente non quello dei classici. Ennio, Catone, Lucrezio, Catullo, Cicerone, Virgilio, Orazio, Tacito ed altri, hanno plasmato ciascuno la propria lingua, creando uno stile inconfondibile. Non neppure il latino che si apprende a scuola, preciso nei suoi costrutti, rigido nelle sue strutture sintattiche e nelle sue regole grammaticali. A trasformarsi, invece, il sermo vulgaris, la lingua parlata, che in rapporto col latino nella misura in cui i nostri dialetti lo sono con la lingua italiana. E certamente un latino pi rozzo, svincolato com dalle regole, ma pi aperto, pi vivace nelle sue espressioni. Fu questo linguaggio che i Romani esportarono nelle loro province, grazie ai soldati e ai funzionari dellImpero, che venne ad innestarsi e,

talvolta, a sovrapporsi ai linguaggi preesistenti, per il prestigio di cui Roma e il suo popolo godevano nelle terre conquistate. Nel corso del V secolo, con le invasioni dei barbari che irrompono nella Romnia (cosi venivano chiamate le terre soggette a Roma), la lingua subisce unulteriore trasformazione dovuta ad una

sorta di osmosi dei rispettivi linguaggi che porta ad un imbarbarimento

del sermo vulgaris e ad una latinizzazione degli idiomi barbarici. Incominciano cosi gi a delinearsi le lingue neolatine La lingua, come vediamo, un fatto dinamico, una realt viva che si evolve con la civilt e con il progresso nei vari campi. Il nostro patrimonio lessicale oggi molto pi ricco rispetto a cinquanta anni fa: ci esprimiamo attraverso neologismi, vocaboli stranieri, sigle, linguaggio mediatico, ma la radice della nostra lingua sempre quel sermo vulgaris, senza soluzione di continuit, per cui non esatto parlare dellitaliano moderno come figlio del latino, ma piuttosto dello stesso latino quale si venuto trasformando nei secoli e il rapporto tra le due lingue pu configurarsi in due diverse fasi di uno stesso processo, come due diverse et nella vita di uno stesso uomo. E evidente che quando si parla di continuit tra latino e italiano ci si riferisce alla lingua

parlata che cosa diversa dalla lingua letteraria.

LA POESIA DEL 200

La critica romantica giudica la poesia religiosa come la prima e pi importante manifestazione della poesia delle origini. Oggi il giudizio di superiorit non del tutto condiviso, ma non si pu negare che il Cantico delle creature o di Frate Sole vanta, sia pure di poco, una priorit cronologica rispetto alle esperienze coeve che vanno dalla Scuola siciliana alla Scuola toscana, dal Dolce Stil Nuovo alla poesia realistica e borghese, dalla poesia comica alla poesia didascalica, aspetti tutti ugualmente importanti della cultura medioevale perch ognuno testimonia la poliedricit e la vivacit di un secolo a torto ritenuto di oscurantismo e di barbarie. Ci che distingue la poesia religiosa il suo carattere di popolarit, in quanto destinata soprattutto al popolo e non nel senso di poesia incolta, rozza, ma nel senso crociano di poesia semplice, immediata, spontanea, lontana dagli artifici formali della poesia darte (Scuola siciliana e toscana) . Lo stesso Croce, del resto, dice che il pi umile canto popolare, se un raggio di umanit vi splende, poesia , e pu stare a fronte di qualsiasi alta e sublime poesia . Il carattere di popolarit nella poesia doveva assolvere, oltre che ad una finalit religiosa, anche ad una finalit politica e sociale perch le folle non attingessero dalla religione solo il conforto alle sofferenze della vita e la speranza nella salvezza eterna, ma anche la forza e il coraggio a lottare per una societ nuova, impegnata ad abbattere le frontiere feudali, fondata sul rispetto della persona

umana, sullamore, luguaglianza, la giustizia, la libert che sono i principi ispiratori del Cristianesimo autentico. La letteratura religiosa contribu alla diffusione del volgare che, pur mantenendo caratteristiche regionali, dimostr lesigenza, da parte dei ceti meno colti, di affrancarsi dal latino. In Italia, comunque, lautonomia dal latino un processo di elaborazione pi lento che altrove per le radici pi profonde con la cultura di Roma Si pensi che gi nel XII secolo si era affermata in Francia la letteratura in lingua doc (Provenza) e in lingua doil (Francia centro - settentrionale), mentre del 960 il primo documento in volgare italiano, il famoso Placito Cassinese, che la testimonianza resa ad un notaio da un anonimo cittadino in una controversia tra il Monastero di Montecassino e un certo Rodelgrino da Pisa. Sao ko kelle terre per kelli fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. Prima di trattare di S. Francesco dAssisi e di Jacopone da Todi, bisogna accennare al clima politico e religioso del tempo che vive la crisi profonda delle due grandi istituzioni del Medioevo: lImpero e il Papato. I Comuni, dopo aver vinto a Legnano, nel 1176, limperatore Federico 1 Barbarossa, e aver ottenuto il loro riconoscimento con la pace di Costanza, erano teatro di continue lotte civili. Le classi sociali erano continuamente le une contro le altre nella difesa di contrastanti interessi in un alternarsi di scontri armati, di odi e di vendette .Lo stesso San Francesco, nella sua giovinezza, prese le armi in favore di Assisi contro la rivale Perugia. Dora in poi, lImpero inizier il suo declino e a nulla varranno i tentativi di Federico II di unire sotto una

sola corona i territori europei dal Baltico alla Sicilia perch non riuscir ad opporsi al Papato e a domare la ribellione dei Comuni. Lopera di Federico II si realizzer, come vedremo, nelle Costituzioni melfitane, ispirate alle norme del Corpus iuris di Giustiniano, intese a rafforzare lunit del suo Regno contro le autonomie locali, e la prepotenza dei baroni e nella cultura. Il suo successore e figlio naturale, Manfredi, riprender lo stesso disegno politico, ma trover lopposizione del Papa, Clemente IV, che chiamer in suo aiuto dalla Francia Carlo dAngi. Questi sconfigger Manfredi nella battaglia di Benevento, nel 1266, e lo stesso Imperatore morir sul campo di battaglia. Agli Svevi si sostituiranno gli Angioini, essendo irrilevante il tentativo di Corradino, lultimo discendente della Casa sveva, di trovare una rivincita. Sar sconfitto appena due anni dopo, nel 1268 a Tagliacozzo, rinchiuso nel Castel dellOvo, a Napoli, e ivi decapitato in Piazza del Mercato. La Chiesa, per la politica teocratica dei papi, era diventata ricca e potente, in contrasto con lo spirito evangelico delle origini. La vita corrotta e mondana degli ecclesiastici offriva alle masse popolari facile pretesto per agitazioni e movimenti ereticali (Catari, Patari, Valdesi, Gioachimiti) Le eresie, che in sostanza miravano ad una riforma morale della Chiesa, spesso sfociavano in movimenti contrari allortodossia cattolica come nel caso dei Catari che, oltre ad auspicare un ritorno alla purezza delle origini e alla povert evangelica, ispirandosi ad un certo Manicheismo, vedevano nel mondo la lotta tra il Bene e il Male identificati nel Dio del Nuovo e del Vecchio Testamento.

La crisi del Papato raggiunse il culmine con Bonifacio VIII, appartenente alla nobile famiglia dei Caetani, che successe al breve pontificato di Celestino V, un umile eremita che non certo per vilt, come vuole Dante, ma perch incapace di compromessi, rinunci al soglio pontificio. Bonifacio instaura un vero regime di assolutismo papale e interviene nelle vicende di Firenze a sostegno dei Guelfi Neri contro i Bianchi che riconoscevano pari dignit allImperatore. Poi si scontra con la monarchia francese di Filippo IV il Bello che aveva imposto delle tasse al clero francese per sostenere la guerra contro lInghilterra che occupava una regione a nord est della Francia (la guerra dei Centanni). Di fronte al rifiuto del re di recedere dalla sua decisione, il Papa gli lancia contro la scomunica con la bolla Unam Sanctam. In risposta, Filippo manda Guglielmo di Nogaret a capo di milizie che, insieme a Sciarra Colonna, ( i Colonna erano tradizionali nemici dei Caetani ) invadono il palazzo di Anagni, dove il Papa subisce il famoso schiaffo e di l a poco muore per lumiliazione subita. Il Papato cadr sotto il controllo della monarchia francese e avr inizio il triste periodo della cattivit avignonese che durer oltre 72 anni, dividendo la cristianit Ci soffermeremo su S. Francesco dAssisi e Jacopone da Todi perch la loro poesia, a differenza di quella di altri scrittori religiosi, si pu ritenere universale ed eterna in quanto i sentimenti che vi si esprimono trovano validit in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Bonvesin de la Riva e Giacomino da Verona, per citare ad esempio i pi noti, nelle loro rispettive opere che sono il De

Jerusalem celesti e de Babilonia civitate infernali e il Libro delle tre scritture , si muovono in un ambiente strettamente medioevale per linsistenza su certi temi caratteristici del tempo, come la concezione della vita terrena intesa solo come passaggio verso la vera vita dopo la morte, il senso ossessivo del peccato con le visioni apocalittiche dellInferno che aspetta i dannati e le delizie del Paradiso che premia i buoni.

S. FRANCESCO DASSISI (1182-1226)


S. Francesco nacque nel 1182 ad Assisi, dal ricco mercante Pietro Bernardone e da madonna Pica, una nobildonna provenzale. Visse la sua prima giovinezza nella spensieratezza e nel lusso, partecipando attivamente alla vita della sua societ e coltivando anche la passione per le armi. Stanco di quel genere di vita, scopr ben presto, dopo una crisi spirituale, la sua vera missione: rinunci a tutti i suoi beni, scelse la povert come sposa, e cominci la sua predicazione di amore e di pace. Ebbe presto numerosi seguaci e la sua regola, che

comprendeva la professione di povert, di umilt e la rinuncia ad ogni bene materiale, fu approvata prima dal papa Innocenzo III e poi da Onorio III. Fu travagliato, sin da giovane, da malattie e sofferenze dogni genere e si dice che avesse composto il Cantico delle creature dopo una grave malattia agli occhi che gli fece rischiare la cecit. Mor ad Assisi nel 1226. Nell XI canto del Paradiso , nel cielo del Sole, tra gli spiriti sapienti, Dante, per bocca di S. Tommaso dAquino, domenicano, tesse lelogio a S. Francesco, descrivendone con esattezza il luogo della nascita Intra Tupino e lacqua (il Chiascio) che discende dal colle (Gubbio) eletto dal beato Ubaldo fertile costa dalto monte (il Subasio) pende

Di questa costa, l dovella frange pi sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange Per chi desto loco fa parole, non dica Ascesi (Assisi), ch direbbe corto, ma dica Oriente se proprio dir vole.

Continuando nel canto, Dante sottolinea, in maniera quasi ripetitiva, il rapporto Francesco-Povert a cui, come alla morte le porte del piacer nessun disserra e per amore della quale in guerra del padre corse. Per Momigliano, Francesco non il poverello di Assisi, ma il Grande della Povert e lo stesso critico vede nella sua morte fra una cerchia di poveri frati e sul grembo della terra, pi che un trapasso, unassunzione. S. Francesco assume un atteggiamento in antitesi nei confronti della societ del suo tempo: contro lodio e la guerra dei cavalieri, proclama lamore e la pace; contro la cupidigia e la ricchezza dei mercanti, esalta la povert e il distacco dai beni terreni; contro ledonismo della societ ricca, mette in luce la letizia cristiana che consiste nel sopportare serenamente la sofferenza per amore di Cristo; contro lo stesso ascetismo medioevale che rifiutava il mondo, esalta la bont delluniverso perch opera di Dio e che va amato per giungere a Lui. Questo atteggiamento per non lo isol dalla societ, altrimenti non si spiegherebbero lentusiasmo e le energie spirituali che scaten tanto che, oltre un secolo dopo la morte del Santo,

venivano composti da un anonimo toscano, i Fioretti che sono una rievocazione di alcuni episodi della vita del Santo e che conservano in tutta la loro freschezza il fascino del francescanesimo primitivo. S. Francesco si rese interprete e moderatore dellansia diffusa di rinnovamento religioso che, come abbiamo visto, tendeva a sfociare in movimenti ereticali. La religione era essenzialmente per lui la religione di Cristo, un uomo vissuto tra gli uomini ai quali aveva rivelato le verit eterne con parabole semplici ed accessibili. Come Cristo, S. Francesco am tutto ci che umano: non solo i santi, ma anche i peccatori, non solo le tortore, ma anche il lupo, non solo la vita, ma anche la morte. Rnan, scrittore e critico dell800, defin il Cantico delle creature come le plus beau morceau de posie religieuse dpuis les evangiles. Sono convinta che S. Francesco non fu poeta per scelta e che il Cantico sia , pi che una poesia, una preghiera nata - come dice il Getto- da un atto religioso per cui quello che puo sembrare scarno ed incerto, si giustifica e si illumina di una sua interiore ricchezza. Il cantico scritto nel volgare umbro, o meglio, lassisiate illustre, in prosa ritmica che richiama i salmi dell Antico Testamento anche nel contenuto. Nel libro di Daniele si legge: lodate il Signore, o celesti, Sole e luna lodatelo, lodatelo tutte, o fulgide stelle. Il tema centrale la gloria di Dio presente in tutto ci che Egli ha creato, per cui , lodando le creature, si loda il Creatore. Proprio in questo sta la novit rivoluzionaria del componimento: la terra, disprezzata dallascetismo medioevale, si riempie di una luce nuova perch vi si scopre lorma del Creatore.

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Il Cantico si apre con tre aggettivi Altissimu, onnipotente, bon Signore che esprimono in sintesi lessenza stessa di Dio: la grandezza, lonnipotenza e la bont a cui fa riscontro linadeguatezza umana nullo homo ene dignu de te mentovare. Segue la suggestiva rassegna degli elementi naturali chiamati fratelli e sorelle, visti nella sola loro bellezza ed utilit che dimostrano la bont di Dio: dapprima il sole bellu et radiante, poi la luna e le stelle in cielo le hai formate pretiose et clarite et belle poi gli elementi dellatmosfera frate vento, laere et nubilo et sereno et onne tempo, ed ancora lacqua humile et pretiosa et casta , frate focu per lo quale enallumini la notte e poi la nostra madre terra la quale ci sostenta e ci governa . Nella seconda parte, pi didascalica, c luomo nel suo dramma di peccato e di redenzione; di qui linvito a perdonare le offese e a sopportare ogni sorta di infirmitade et tribulazione , per amore di Cristo e ad aspettare la nostra sora morte corporale dalla quale nullo homo vivente pu scappare . Questa immagine crudamente

realistica, senza eufemismi, perch fa parte della suprema legge universale ed conforme ai disegni imperscrutabili di Dio.

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JACOPONE DA TODI (1236-1305)


Jacopo de Benedetti nacque a Todi, in Umbria, da nobile

famiglia. Il suo nome fu trasformato in Jacopone forse per dileggio da alcuni che vedevano strane bizzarrie nella sua vita di penitente, ma pi probabilmente da lui stesso per autodisprezzo. La sua vita presenta tre momenti distinti. Nella prima ci appare come brillante notaio e uomo di mondo, sposato con la nobildonna Vanna dei Conti di Coldimezzo. La tragica morte della moglie trasform radicalmente la sua vita e inizi la seconda fase caratterizzata dallandare

peregrinando come penitente, da terziario francescano, vivendo di elemosina e sopportando serenamente privazioni, umiliazioni e

mortificazioni dogni genere. Durante questo periodo fu protagonista di episodi stravaganti al limite della pazzia. Amava essere insultato e schernito dalla gente. In una sua celebre lauda O Signor per cortesia invoc da Dio ogni sorta di malattie, ricorrendo ad immagini macabre, spinte fino alla trivialit. La terza fase inizia dal suo ingresso nellordine francescano come frate laico. Partecip ai contrasti tra gli Spirituali, pi intransigenti e fedeli alla rigida povert delle origini, e i Conventuali che, favoriti dal papa Bonifacio VIII, erano propensi a mitigare la rigidit della regola di S. Francesco. Egli si schier con i primi , ponendosi in contrasto con la Chiesa e con il papa contro il quale si alle con i Colonna. Per questo fu scomunicato e imprigionato per cinque anni. Assolto dalla scomunica da Benedetto XI, si ritir in un convento umbro dove mor nel 1305.

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Jacopone autore di laude, inni in cui si celebravano la gloria di Dio, Cristo, la Vergine, i Santi. Le laude erano cantate nelle processioni dalle Confraternite , associazioni laiche dette dei Laudesi, mentre le raccolte di laude costituivano i laudari, che rappresentano lembrione delle sacre rappresentazioni, che avranno successo nella Firenze del 300 quando saranno opportunamente ampliate. Jacopone scrisse un centinaio di laude dove si nota in genere una violenza esasperata dei sentimenti espressi con un linguaggio scomposto, iperbolico, convulso, esmesurato sia nel disprezzo del mondo e delle sue vanit, sia nellamore verso Dio. Fa eccezione il Pianto della Madonna .ritenuto da Apollonio la pi bella lauda drammatica delle origini, anzi il pi bel dramma sacro di tutte le letterature. Il dolore della Vergine non tema nuovo nella poesia religiosa, ma il merito di Jacopone consiste nel ridurre ai sentimenti pi semplici il senso religioso della Passione e, quindi, di offrire un testo di accessibile piet e di forte concitazione senza ricorrere ad effetti troppo atroci e sconvolgenti, valorizzando piuttosto i toni pi delicati e familiari. E una lauda dialogata in cui primo protagonista appare il nunzio che, con il tono staccato del cronista, descrive alla Madonna le fasi della passione, dalla cattura alla crocifissione. La narrazione si alterna al dialogo drammatico tra Maria con Pilato, col popolo, che funge da coro e grida al crucifige , e infine con Cristo che, prima di morire, affida la madre allamore e alla piet dellapostolo Giovanni. Testimoni muti sono Giovanni e la Maddalena. Il componimento si chiude col corrotto, il lamento funebre di Maria.

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Al centro della lauda sta la figura della Vergine, donna de Paradiso solo nel primo verso, madre tenera e disperata nei versi successivi, la cui grandezza sta nellessere madre umana, madre e basta. Il nunzio, la folla e lo stesso Ges sulla croce restano

personaggi marginali per dare risalto agli aspetti drammatici della vera protagonista : la sorpresa, lingenuit, la dolcezza, lo strazio, lamore materno che non conosce ragioni al di fuori di se stesso. Cos la Madonna, accettando la missione di farsi madre di Cristo, si fatta carico del dolore di tutte le madri private dei loro figli. E perci Ella, nel piangere il figlio divino, si sente soprattutto donna quando lo chiama con la voce, laccento, le immagini di una madre ferita e fuori di s: O figlio, figlio, figlio figlio amoroso giglio, figlio, chi d consiglio al cor mio angustiato? Figlio, occhi jocundi, - figlio co non respundi? Figlio, perch tascundi al petto o sei lattato? Anche nella Madonna, come in ogni mamma, la maternit, privata del suo frutto, si ripiega sulla sua prima stagione, nel tempo in cui il figlio era una tenera creatura che poppava al suo seno. .E il figlio a sua volta, dallalto della croce, le risponde con semplicit umana quando tenta di distoglierla dalla sua disperazione per indurla a riprendere la sua vita e a rivolgerla ad altri scopi. Mamma, perch te lagni? voglio che tu remagni, che serve i miei compagni, - chal mondo agio acquistato E poi laffida a Giovanni ed ella prorompe nel grido finale dello strazio materno:

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Figlio, lalma t uscita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, - figlio attossicato! Figlio bianco e vermiglio, - figlio senza simiglio Figlio, a chi mapiglio, - figlio, pur mhai lassato!

Lumanizzazione del divino ci fa sentire tutti, credenti e non, pi vicini e partecipi al dramma della Croce, il pi tragico e disperato tema dellarte di ogni tempo, da Cimabue a Giotto, da Michelangelo al Perugino, dal Mantegna ai pi moderni come Guttuso, Gaugain, El Greco.

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LA SCUOLA POETICA SICILIANA


La Scuola poetica siciliana rappresenta il primo esempio di poesia darte in Italia, immune da ogni scopo morale o religioso. Questa poesia fu detta siciliana da Dante nel De vulgari eloquentia non perch i suoi rappresentanti fossero solo siciliani, ma perch fior a Palermo, nella splendida corte di Federico II, una corte sfarzosa, colta e tollerante dove convenivano dotti dogni disciplina, di ogni razza, di ogni religione, tutti attratti dal fascino dellImperatore, uomo colto detto stupor mundi per la spregiudicatezza e la modernit delle sue idee. Limpero di Federico II va esaminato sul piano politico e sul piano culturale. Fallito il tentativo politico di unire sotto una sola corona i territori europei dal Baltico alla Sicilia, per lopposizione del Papa e dei Comuni, Federico cre in Sicilia uno stato fortemente accentrato, anticipando la struttura assolutistica degli stati moderni e ne difese lautonomia di fronte alle ingerenze della Chiesa, dalla quale fu pi volte scomunicato e ritenuto eretico. I suoi nemici lo videro come lincarnazione dellanticristo per cui Dante lo colloca tra gli eretici. Le Costituzioni melfitane che furono promulgate a Melfi nel 1231, rappresentano il documento pi significativo per capire la politica di Federico II. Esse non sono il frutto di una precisa ideologia politica, ma nacquero dal bisogno di restaurare la legge che, a causa dellassenza del re dalla Sicilia, era stata gravemente compromessa. Le leggi si

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ispirano al Corpus juris di Giustiniano e sono esclusive emanazioni della volont imperiale a cui affidato il mantenimento della pace e della giustizia. Esisteva un Parlamento che non aveva per facolt deliberative, come non era consentito ai comuni di eleggere i propri rappresentanti. Anche le prerogative degli ecclesiastici erano limitate dalle leggi federiciane e i chierici erano sottoposti ai tribunali comuni. Migliorano le condizioni della donna e anche le meretrici potevano appellarsi alla clemenza dell Imperatore. Chi avesse fatto loro violenza era condannato a morte. Erano severamente puniti coloro che rapinavano le donne, quelli che non le soccorrevano in caso di violenza, le madri che facevano mercato delle figlie. Fu abolito il duello. Rimaneva la pena di morte solo per i delitti di lesa maest. Fu vietata la pratica dellusura tranne che per gli Ebrei. Pesanti furono le tasse per finanziare le ingenti spese militari. Sul piano culturale, Federico riusc ad amalgamare le culture pi diverse, facendo di Palermo il centro di confluenza della civilt mediterranea, araba, bizantina. Nato a Jesi, nelle Marche, da padre germanico e da madre normanna, fu aperto sia alle tradizioni germaniche che a quelle romanze. La sua cultura spaziava in tutti i campi: dal diritto romano alla filosofia, dalla scienza allarte. Conosceva il latino, il greco, larabo, il francese, il tedesco e i volgari italiani. Linteresse per la cultura lo port a fondare lUniversit di Napoli e a favorire la letteratura e le arti. Fu anche fondatore della Scuola siciliana di cui fu esponente, componendo opere di squisita eleganza. La poesia siciliana non tuttavia originale perch riproduce i motivi e le forme della poesia provenzale. Abbiamo visto come la

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Francia possedesse una letteratura gi fiorente quando ancora da noi incominciavano a comparire le prime espressioni in volgare. E appunto in Provenza si era affermata la poesia occitanica (perch in lingua

doc) detta anche trovadorica (i poeti erano detti trovatori perch esperti nellarte del trobar, cio del poetare) o cortese (perch cantava lamore omaggio). Dalla poesia provenzale la Scuola siciliana riprende solo il tema dellamore, mentre ne esclude i temi morali, politici, civili e religiosi. Le ragioni di questa esclusione stanno, per alcuni, nel fatto che i poeti erano anche uomini politici che volevano trovare nellamore una piacevole evasione dalla realt; per altri, invece, il carattere autoritario del Regno non permetteva una poesia politica e civile che presuppone sempre la libert di pensiero e di espressione Ma forse la ragione pi plausibile il fatto che Federico II aveva sposato in prime nozze Costanza di Provenza, appartenente ad una famiglia di trovatori e, quindi, assimil i motivi e le forme di quella poesia, favorendone la diffusione nella sua corte. Il tema dunque della poesia lamor cortese, o amore omaggio, in cui luomo amante celebra le lodi di una donna astratta, certamente aristocratica, dotata di tutte le virt. Certo manca latteggiamento servile dello spasimante nei riguardi di una donna inaccessibile, fredda, indifferente, che rifletteva il rapporto tra la castellana e il suo vassallo, comera nella poesia provenzale, frutto di una diversa societ. Per quanto riguarda la forma, anche se non si tratta pi del trobar clus come ricerca del difficile, del complicato, delle frasi

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oscure, siamo comunque in presenza di uno stile ricercato, fatto di artifici retorici, virtuosismi letterari, raffinata eleganza. Le poesie, per, si somigliano tutte: fredde, impersonali, come si somigliano tutte le donne: distaccate, marmoree, chiuse ad ogni sentimento umano. I paragoni con la donna sono uguali per tutti i poeti: i fiori profumati, lacqua che disseta, lo specchio luminoso. E anche i poeti, quindi, sono difficilmente riconoscibili: Federico II, suo figlio Enzo, Pier della Vigna, Jacopo da Lentini, inventore del sonetto, Rinaldo dAquino, Guido e Odo delle Colonne, per citare i pi noti. Certamente dove c scuola non c poesia, ma il merito sicuro della Scuola siciliana lesigenza di una poesia raffinata e il tentativo di italianizzazione della lingua col superamento dei volgari regionali.

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LA SCUOLA TOSCANA
Dopo la caduta degli Svevi, la Scuola siciliana continua la sua tradizione in Toscana, lingua e di stile. I poeti riprendono i temi dellamor cortese, ma essendo liberi cittadini e non uomini di corte, estendono i motivi della loro poesia ad argomenti politici, sociali, civili e religiosi. Per quanto riguarda la forma, pur riprendendo gli artifici retorici della Scuola siciliana, i Toscani non adoperano pi esclusivamente il linguaggio convenzionale, raffinato, immune da dialettismi locali, ma una lingua ibrida, un misto di elementi latini, provenzali, francesi , siciliani. Per questo il linguaggio pi vivace e realistico, ma anche pi disarmonico per cui i poeti sono disprezzati da Dante che li chiama sectatores ignorantiae. Esponenti pi significativi della Scuola sono: Guittone dArezzo, Dante da Maiano, Bonaggiunta Orbicciani da Lucca. Il pi importante , senza dubbio, Guittone dArezzo, autore della prima lirica politica Dopo Montaperti in cui esprime il suo dolore per la sconfitta della guelfa Firenze, sconfitta che rappresenta il crollo della gloria, della libert, della grandezza, che avevano fatto di Firenze lerede di Roma. Spesso confusa con la Scuola toscana la Scuola di transizione che pu considerarsi lanticipazione del Dolce Stil Nuovo per la tendenza a spiritualizzare la donna e lamore, per il manifestarsi di sentimenti, come la nostalgia, il rimpianto, il desiderio. Anche lo stile conservandone in parte le caratteristiche di

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appare libero, chiaro, armonioso. Tra i rappresentanti ricordiamo: Chiaro Davanzati e Compiuta Donzella.

IL DOLCE STIL NUOVO


Il Dolce Stil Nuovo la pi importante espressione della poesia del200. Con la sua concezione dellamore, come mezzo di elevazione spirituale e della donna, come anello di congiunzione tra la terra e il cielo, esso porta a compimento quel processo di spiritualizzazione dellamore che diventa alletica cristiana. Il termine e il significato di Dolce Stil Nuovo si deve a Dante, il quale, confermando a Bonaggiunta Orbicciani la sua identit nel XXIV del Purgatorio, nella cornice dei golosi, dice: I mi so un , che quando Amor mi spira, noto, e a quel modo chei ditta dentro, vo significando Il termine dolce indica lamore come sentimento dellanima e non pi come doveroso omaggio ad una donna spesso insensibile e lo stile nuovo rispetto a quello artificioso e convenzionale della poesia siciliana e toscana. La forma, quindi, pi chiara, pi semplice, aderente a quello che lAmore ditta dentro. Tuttavia, bisogna precisare, a scanso di equivoci, che non si deve dimenticare che il Dolce Stil Nuovo nasce in ambienti raffinati, dove non mancano espressione pi vicina

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elementi intellettualistici, sottili analisi e teorie sugli effetti dellamore. Questo nuovo indirizzo poetico sorge a Firenze, la citt pi progredita politicamente e socialmente nella II parte del 200, che avr, fino a tutto il 500, il primato culturale, letterario e artistico nel mondo. Iniziatore del movimento fu Guido Guinizelli, anche se il pi importante resta Dante. Altri rappresentanti sono Guido Cavalcanti, Lapo Gianni , Gianni Alfani, Cino da Pistoia. Gli elementi dottrinali del Dolce Stil Nuovo sono lidentit tra il cuore gentile e lamore, il concetto di nobilt, la donna angelo. La poesia Al cor gentil rempaira sempre amore, di G. Guinizelli, pu considerarsi il manifesto della nuova tendenza letteraria perch ne contiene i precetti fondamentali. La donna sempre eterea, quasi incorporea, come la luce. Per Guinizelli la lucente stella Diana che ha preso forma umana; per Dante la creatura venuta di cielo in terra a miracol mostrare .( Cfr. La Vita Nova ). Il Dolce Stil. Nuovo rappresenta la prima vera svolta della poesia in senso lirico che prepara il terreno al Petrarca e il volgare toscano sar elevato a dignit letteraria. In Cavalcanti presente anche il concetto dellamore-assalto come sentimento estremo che pu portare alla disperazione e anche alla morte.

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LA POESIA REALISTICA E BORGHESE


In contraddizione agli elementi idealizzanti della poesia stilnovistica, fior anche la poesia realistica, cos chiamata perch ritrae gli aspetti pi concreti, istintivi, sensuali della vita reale. La poesia realistica ebbe carattere comico, da intendere in senso dantesco, come stile medio, adatto a componimenti modesti, e giocoso per il tono scherzoso, caricaturale, furbesco. E una poesia che dobbiamo immaginare recitata non certo nelle corti raffinate, ma nelle bettole e nelle taverne, tra le risate di avventori spesso avvinazzati, amici del poeta di turno. I temi sono convenzionali : lamore nei suoi aspetti istintivi e sensuali, la donna volgare e sguaiata, al contrario della dama aristocratica della poesia cortese o della donna-angelo del Dolce Stil Nuovo, lelogio del gioco e del bere, la maledizione della miseria e della povert, la caricatura di personaggi noti, il disprezzo degli avversari, tutti temi che presuppongono un clima di libert garantito dalla civilt comunale. La poesia realistica non sorge per come reazione alla poesia stilnovistica perch essa era gi un genere letterario a s , il sermo jocosus, e ne troviamo traccia nei fabliaux e in canti goliardici, composti da studenti scanzonati. Poeti realistici sono Rustico di Filippo e Cecco Angiolieri. Il primo fu un popolano fiorentino ricordato per i suoi sonetti contro personaggi politici del suo tempo con temi sguaiati e volgari fino alloscenit. Nella sua irruenza non ha il senso della misura.

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Cecco Angiolieri, pi noto, nacque a Siena da buona famiglia e fu istruito nelle arti del Trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica) Condusse per una vita scioperata e viziosa, afflitta da un continuo bisogno di denaro al punto che, quando mor, i suoi figli rinunciarono alleredit per i debiti contratti. Scrisse 150 sonetti di cui, la maggior parte, di carattere amoroso; gli altri di carattere autobiografico e burlesco. I sonetti amorosi riguardano la sua storia damore con Becchina, figlia di un agevol cuoiaio, narrata con un realismo che sfiora la trivialit. Litigi, battibecchi concitati e volgari, gelosie, tradimenti, richieste di denaro da parte della donna, sempre avida e sboccata. Anche i sonetti autobiografici evidenziano gli idoli del poeta: la donna, la taverna e il dado. Lodio verso i genitori presente in vari componimenti: Si fosse morte, andarei da mio padre; si fosse vita, fuggirei da lui: similmentefariademimadre si legge nel pi famoso dei suoi sonetti, dove per la battuta finale: Si fosse Cecco, comi sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre, e vecchie e laide lasserei altrui mette in discussione il giudizio tutto negativo di una certa critica che vede in lui il precursore dei poeti maledetti. Per Croce, invece, si tratta di un cinismo dellesibizione.

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La poesia borghese cos detta perch riflette gli ideali della vita elegante e raffinata della ricca borghesia comunale, che si appropria degli ideali cortesi e cavallereschi, adattandoli alla mentalit del tempo. Questi ideali per vengono svuotati del loro significato etico religioso ( difesa della fede, della patria ) e presi nel loro aspetto frivolo, mondano, come il lusso, lo sfarzo, lo svago ( feste, balli, cacce, giostre), preludendo allaspetto edonistico del Rinascimento .Le forme poetiche singentiliscono rispetto alle forme rozze e triviali della poesia realistica. Folgre da S. Gimignano ci ha lasciato i sonetti dei mesi (14 ) e della semana ( 8 ) in cui lo scrittore propone per ogni mese e per ogni giorno della settimana divertimenti tutti materiali, ma riscattati dalla grazia e dalla raffinatezza delle descrizioni che evocano nostalgia per il mondo cavalleresco, ormai perduto per sempre. Russo lo definisce edonismo cavalleresco.

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LA PROSA DEL 200


Ben poca cosa la prosa del 200 rispetto alla poesia, ma

storicamente importante perch ci evidenzia gli sforzi fatti per elevare anche la prosa volgare a dignit letteraria. Alla sua formazione contribuirono i vari volgarizzamenti di opere latine e francesi. Lopera pi importante il Novellino, di un anonimo fiorentino, una raccolta di cento novelle scritte verso la fine del 200. La loro struttura esile e sembrano piuttosto schemi di racconti , destinati ad essere ampliati. Vi si narrano fiabe, leggende, fatti straordinari tratti dal mondo medioevale, dalla Bibbia, dal mondo greco e latino. Da ricordare anche il Libro dei sette Savi, anchesso di scrittore anonimo: sono quattordici novelle tenute insieme da una 'cornice, perch simmagina che le novelle vengano narrate ad un re da sette sapienti. Lespediente di legare le novelle con la cornice sar adottato dal Boccaccio nel suo Decamerone. Un posto a parte merita il Milione di M. Polo che, scritto originariamente in francese, appartiene alla letteratura universale E un libro di memorie autobiografiche nel quale i fatti reali e concretamente vissuti si collocano in unatmosfera di fiaba. Nella rievocazione dello scrittore, che nulla inventa, le cose che ha visto realmente diventano leggendarie. C nel racconto la descrizione di citt, di prodotti della terra, di animali che vi abitano, di usi , costumi di quelle genti remote, di cui venuto a conoscenza anche indirettamente e che egli ha accettato per veri o per verosimili.

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Accanto al narratore c per sempre Marco Polo, luomo esperto di merci e di traffici che fornisce interessanti notizie. Il libro rivela linteresse e il bisogno di orizzonti nuovi con quel gusto della ricerca e dellavventura che caratterizzer pi tardi il Rinascimento .

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BIBLIOGRAFIA

F. Desiderio Storia della letteratura italiana Signorelli Milano

C. Attalienti Il libro di letteratura Fratelli Ferraro Ed. Napoli

A.

Pompeati Letteratura italiana U T E T - Torino

U. Panozzo-G.Rainer Storia e testi della lett. ital. Paravia Torino

Dante Alighieri La Divina Commedia: Il Paradiso La Scuola Brescia

G. De Rosa Storia e societ Minerva italica - Bergamo

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