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SANTA CHIARA DA MONTEFALCO

MONACA AGOSTINIANA (1268–1308)


NEL CONTESTO SOCIO–RELIGIOSO FEMMINILE
DEI SECOLI XIII–XIV
Atti del Congresso internazionale
in occasione del VII centenario della morte
di Chiara da Montefalco († 1308-2008)

Montefalco – Spoleto, 25-27 settembre 2008

a cura di
ENRICO MENESTÒ

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO


SPOLETO
2009
ELVIO LUNGHI

Le immagini di Chiara: arte sacra in Valle Umbra


tra XIII e XIV secolo

Ritengo necessaria una premessa sul percorso seguito, una premessa


di metodo. L’anno Duemila pubblicai un libro intitolato “La Passione
degli Umbri”, al cui interno mi occupavo di Crocifissi del tardo Me-
dioevo conservati in chiese e musei di questa regione. Poiché per for-
mazione e per professione appartengo alla categoria degli storici dell’ar-
te, in un primo tempo mi ero limitato a raccogliere fotografie di scul-
ture lignee, dividendole per fasce cronologiche e per gruppi stilistici.
Ma quando mi fu chiesto di tradurre questa collezione d’immagini in
un libro, mi sembrò riduttivo ricavarne un repertorio della scultura li-
gnea medioevale in Umbria, in quanto avevo constatato come un buon
numero di questi Crocifissi fosse ancora oggetto di devozione per i le-
gami intercorsi con alcune straordinarie figure di donne e di uomini:
Angela da Foligno, Giacomo da Bevagna, Vanna da Orvieto, Marghe-
rita da Cortona, Francesco d’Assisi. Le biografie dedicate a questi santi
erano piene di notizie sulle visioni estatiche da loro provate davanti a
queste immagini, che traevano spunto dall’aspetto materiale di queste
sculture o dalle caratteristiche iconografiche di questi dipinti, per risa-
lire ai tormenti patiti dal Cristo sul legno della croce. Altri Crocifissi
erano appartenuti a fraternite di Disciplinati, che li avevano esposti nel
corso di sacre rappresentazioni della passione di Cristo e che ci hanno
tramandato i testi in volgare umbro che si cantavano o si recitavano
davanti a queste croci. L’occasione ghiotta fu quella di mettere a con-
fronto parole e immagini, dove a volte le immagini erano state com-
missionate per accompagnare gesti e detti, e a volte i gesti e i detti
erano stati sollecitati dalla contemplazione di queste immagini 1.

1
E. LUNGHI, La Passione degli Umbri ∼ Crocifissi in legno in Valle Umbra tra Medioevo e
Rinascimento, Foligno, 2000.
280 ELVIO LUNGHI

In quel libro mancava un capitolo dedicato a Chiara della Cro-


ce, perchè nel monastero di Santa Croce di Montefalco non avevo
trovato alcuna immagine della passione di Cristo, dipinta o in rilie-
vo, risalente ai tempi della santa: se ve ne fu una, non si conservò;
se andò perduta, non ne restò memoria. Non che mancassero inda-
gini sull’immaginario figurativo di santa Chiara. Nel 1981 Chiara
Frugoni dedicò un’accurata lettura alla leggenda scritta da Berenga-
rio di Saint-Affrique, per sottolinearvi numerose situazioni che pre-
sentavano evidenti analogie con l’iconografia 2, ma le prove prodot-
te per affermare che « anche per Chiara possiamo parlare di influen-
ze iconografiche che compongono, in maniera simile, le sue espe-
rienze mistiche » 3, furono trovate nelle testimonianze dei miraco-
lati della santa o in situazioni analoghe vissute da personaggi con-
temporanei. Da questi studi di Chiara Frugoni ricavai moltissime
suggestioni, ma la pista da me seguita chiedeva oggetti in loco e
prove verificabili.
La chiesa e il coro del monastero di Santa Croce di Montefalco
furono più volte ricostruiti nel corso dei secoli. Nelle ricostruzioni
andarono perdute le immagini che già contenevano, salvo alcuni di-
pinti con l’immagine di santa Chiara risalenti al XV secolo 4. Del-
la chiesa esistente al tempo di Chiara si è salvata la decorazione
della tribuna absidale della chiesa esterna, sotto la quale si legge la
data 1333. Piuttosto che parlare con Chiara, questi affreschi parlano
di Chiara. Sembra invece che provenga dal soppresso monastero di
Santa Maria Maddalena il bellissimo Crocifisso dipinto su tavola
che viene mostrato ai visitatori del chiostro 5 (Fig. 1). In seguito

2
C. FRUGONI, « Domine, in cospectu tuo omne desiderium meum »: visioni e immagini in
Chiara da Montefalco, in S. Chiara da Montefalco e il suo tempo. Atti del quarto Convegno di
studi storici ecclesiastici organizzato dall’Archidiocesi di Spoleto (Spoleto, 28-30 dicembre
1981), a cura di C. LEONARDI e E. MENESTÒ, Perugia - Firenze, 1981, pp. 155-175. Vedi
anche ID., Le mistiche, le visioni e l’iconografia: rapporti ed influssi, in Temi e problemi della mi-
stica femminile trecentesca. Convegni del Centro studi sulla spiritualità medievale (Todi, 14-
17 ottobre 1979), Todi, 1983, pp. 137-179.
3
FRUGONI, Domine cit. (nota 2), p. 168.
4
S. NESSI, Primi appunti sull’iconografia clariana dei secoli XIV e XV, in La Spiritualità
di S. Chiara da Montefalco. Atti del I Convegno di studio (Montefalco, 8-10 agosto 1985),
a cura di S. NESSI, Montefalco, 1986, pp. 313-338.
5
P. SCARPELLINI, Un capolavoro del Trecento umbro, in Paragone, 279 (1973), pp. 3-31.
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 281
ad un recente restauro, non credo si possano sollevare dubbi sull’ap-
partenenza di questa croce al catalogo del ‘Maestro espressionista di
Santa Chiara’ – prima del restauro il nome più accreditato è stato
quello di Puccio Capanna – e la sua collocazione cronologica negli
anni che seguirono l’attività di Giotto nel transetto della chiesa in-
feriore di Assisi, cioè dopo il 1309-1311. Si spiega così la sensibile
differenza con la croce dipinta dallo stesso pittore che si conserva
nel museo di San Francesco a Montefalco, che dipende dal momen-
to stilistico di Giotto nelle storie di san Francesco sulla parete me-
ridionale della chiesa superiore (ante 1296). Nel pubblicarla, Pietro
Scarpellini aveva proposto un confronto con un San Francesco fram-
mentario della Pinacoteca Comunale di Assisi, parte di grande Mae-
stà proveniente dalla parete esterna della chiesa di San Niccolò che
si affacciava sulla piazza del Comune di Assisi. Di questo dipinto
fanno frequente menzione gli archivi cittadini, in quanto il Comu-
ne provvedeva all’olio per una lampada che vi ardeva perennemente,
secondo una consuetudine attestata la prima volta nel febbraio
1339 e ancora in voga nel 1503. A questa immagine sacra si è vo-
luto riferire il contenuto di un documento del settembre 1318, nel
quale viene menzionata una Maestà sita « in platea (...) iuxta pala-
tium maioris Syndici », che potrebbe fornire un importante termine
ante quem per l’attività di Simone Martini ad Assisi 6. Se non fosse
che il documento fa il realtà riferimento ad un palazzo che aveva a
pianterreno un macello per la vendita delle carni; edificio che può
essere identificato nel « Palatium novum Comunis Assisii », che
ospitava sul lato a valle le botteghe dei beccai 7. Sembra dunque
più verosimile una datazione per la Maestà nel quarto decennio del

Nella visita di mons. Lascaris del 1713, conservata nell’Archivio Vescovile di Spoleto, è
descritta nella cappella interna del monastero di Santa Maria Maddalena una « jmaginem
Ss. Crucifixi picta in tabula ». Era tradizione che questo Crocifisso miracoloso fosse porta-
to dalla Terra Santa da un gruppo di pellegrini appartenenti al Terz’Ordine francescano;
vedi LABORATORIO MEDIEVALE ASSISI, Puccio Capanna, Assisi, 1989, pp. 66-67 (scheda di E.
Lunghi).
6
F. TODINI, B. ZANARDI, La Pinacoteca Comunale di Assisi - Catalogo dei dipinti, Firenze,
1980, p. 52; F. BOLOGNA, Conclusioni (e proposte), in Simone Martini. Atti del convegno (Sie-
na, 27-29 marzo 1985), a cura di L. BELLOSI, Firenze, 1988, p. 248.
7
E. LUNGHI, Immagini di Assisi nell’arte. Vedute della città di san Francesco nella pittura
umbra dei secoli XIII-XVIII, Assisi, 1998, pp. 49-53.
282 ELVIO LUNGHI

Trecento, alla quale epoca dovrebbe risalire il Crocifisso di Monte-


falco. Ne esce rafforzata l’identificazione nel gruppo anonimo di di-
pinti raccolti intorno agli affreschi di Santa Chiara ad Assisi di un
pittore di nome Palmerino, che il 4 gennaio 1309 restituì ad Assisi
una somma di denaro per conto di Giotto di Bondone da Firenze.
Comunque vada, quando fu dipinta questa croce la badessa Chiara
era già morta da qualche tempo.
Tra le reliquie di santa Chiara c’è un solo oggetto che potrebbe
risalire ai primi tempi del monastero di Santa Croce, una croce reli-
quiario in argento dorato in forma di croce greca, con terminazioni
trilobe e gemme con pietre dure incastonate (Figg. 2-3), che con-
tiene un frammento del legno della croce di Cristo e molte altre re-
liquie, identificate da un’iscrizione incisa con una grafia piuttosto
rozza e imprecisa. La forma della croce, la decorazione in pietre du-
re, ma soprattutto la grafia della scritta, tornano identiche in una
croce reliquiario che si conserva all’interno del protomonastero di
Santa Chiara ad Assisi. La differenza più vistosa con la croce di
Montefalco è la presenza in una delle due facce della figura di un
Crocifisso, che è stata ottenuta incavando una sorta di alone intorno
al disegno inciso. L’iconografia di questo Crocifisso è stata studiata
da Irene Hueck, che vi ha ravvisato « un tipo introdotto dal giova-
ne Giotto e subito imitato anche dai pittori locali ». Per poi con-
cludere:« La croce dovrebbe risalire alla fine del Duecento, se non
ai primi del Trecento, ed è questa l’opera di oreficeria che più si
avvicina alla pittura contemporanea in Umbria » 8 (Figg. 4-5).
Non si hanno ulteriori notizie, a parte la presenza in un inventario
delle reliquie di Santa Chiara ad Assisi compilato dopo il 1381 9.
Il riconoscimento del manufatto, proposto da Irene Hueck, come

8
I. HUECK, L’oreficeria in Umbria dalla seconda metà del secolo XII alla fine del secolo
XIII, in Francesco d’Assisi. Storia e Arte, a cura di R. RUSCONI, Milano, 1982, pp. 174,
184-185.
9
« Una crux de argento in qua est: de ligno vere crucis Christi. De canna cum qua
fuit Christus verberatus tempore passionis sue. De spongia ubi cecidit sanguis Christi. De
cuna Domini nostri Iesu Christi. De sepulcro Christi. De capillis et vestimento beate vir-
ginis Marie. De reliquiis sancti Iohannis Baptiste. De capillis sancti Iohannis Evangeliste.
Et de reliquiis sancti Georgii martiris. »; L. BRACALONI, Le sacre reliquie della Basilica di S.
Chiara in Assisi, in Archivum franciscanum historicum, 12 (1919), pp. 406, 413. Vedi anche
E. LUNGHI, La decorazione pittorica della chiesa, in M. BIGARONI - H.R. MEIER - E. LUNGHI, La
Basilica di S. Chiara in Assisi, Perugia, 1994, pp. 258-259.
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 283
« Arte umbra, fine del XIII - inizi del XIV secolo », può essere
esteso alla croce reliquiario di Montefalco.
Certamente quest’ultima era a Montefalco prima della morte di
Chiara, se possiamo riconoscerla tra le povere cose presenti nella
cella della badessa morente rammentate nella biografia di Béranger
de Saint-Affrique:
« Dopo alcuni giorni, una monaca pose una croce di fronte a Chiara che giaceva a
letto. Quando Chiara la vide disse « Perché è stata posta lì quella croce? ». Le rispose
una delle monache: « Chiara, abbiamo posto questa croce per l’immagine rassomi-
gliante di Cristo Crocifisso e perché contiene molte bellissime cose ». Chiara disse:
« Sorella, non occorre che mettiate la croce per me, perché io l’ho nel cuore la croce
di Cristo ». E questo con voce sommessa ripeté frequentemente » 10.

Berengario apprese la notizia da suor Giovanna di Egidio da


Montefalco, che fu vicina a Chiara nella sua ultima malattia e ne
prese alla morte il posto di badessa. La testimonianza di suor Gio-
vanna riportata dagli atti del processo di canonizzazione contiene
alcune significative differenze rispetto al racconto di Berengario,
che fa dedurre che dovesse trattarsi di una croce reliquiario, priva
della figura del Crocifisso e di ridotte dimensioni, se poteva stare
comodamente sopra una cassa 11.

10
BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara da Montefalco, a cura di ROSARIO SALA, note di
Silvestro Nessi, OSA, Roma, 1991, p. 97. Si segue l’edizione latina edita da M. FALOCI
PULIGNANI, Vita di S. Chiara da Montefalco scritta da Berengario di S. Africano, in Archivio
storico per le Marche e per l’Umbria, 1-2 (1884-1885), 2, p. 225: « Post dies autem aliquos
quedam domina in Clare iacentis oppositum posuit quandam crucem. Quam cum Clara
vidisset dixit. Quare est ibi posita crux ista? Et fuit per unam dominarum responsum.
Clara istam crucem ibi posuimus propter Xpi crucifixi similitudinem et quoniam plures
optime (reliquiae?) sunt in ipsa. Clara dixit. Soror non opus per me crucem deferre quo-
niam ego in corde meo habeo crucem Xpi. Et hec verba submissa voce frequentius
iteravit ».
11
E. MENESTÒ, Il processo di canonizzazione di Chiara da Montefalco, con la prefazione di C.
Leonardi e un’appendice storico-documentaria di S. Nessi, Firenze, 1984, p. 73: « ... quedam do-
mina eiusdem monasterii portavit quandam crucem ad cellam ipsius Clare et posuit eam
ex opposito lecti eius super unam cassiam. Et postea ipsa Clara videndo quod ipsa crus
non erat in loco ita reverenti sicut decebat, dixit eidem testi: “Quare est posita ibi ista
crux?” Et ipsa testis respondit sibi: “Clara mea, quia sunt ibi multe bone res, portavimus
huc”. Et tunc Clara dixit ipsi testi: “Soror, non opportet, quia ego habeo intus in corde,
intus in corde habeo” ».
284 ELVIO LUNGHI

Tre secoli dopo Battista Piergili affermò senza ombra di dubbio


che la croce che Chiara fece portare via dalla sua cella era quella
che viene ancor oggi mostrata alla devozione dei fedeli. Nel riper-
correre la scarna cronaca degli ultimi giorni della santa, Piergili
svelò l’identità della suora che aveva messo la croce nella sua cella e
fece il nome del benefattore che aveva donato la croce reliquiario al
monastero, il cardinale Giacomo Colonna:
« Questo solo fu notato di particolare, che havendo Suor Agnese presa quella
Croce piena di Sante Reliquie, che già fu donata all’istessa B. Chiara dal Cardinal
Giacomo Colonna, la portò nella camera, dove giacea la Beata, e quivi la collocò
sopra una cassa di legno, che stava incontro al letto; la qual Croce essendo stata
veduta dalla Beata Chiara, domandò la causa, perché ivi fusse stata messa; e di-
cendole Suor Agnese, che l’havea portata, per esservi dentro le Sacre Reliquie,
che ella sapeva: soggiunse Chiara. Sorella, questa Croce non stà in luogo decente:
a me non bisogna, perché tengo Giesù Christo mio, Crocifisso dentr’il cuor
mio » 12.

Come fosse venuto a conoscenza del nome del donatore, Piergili


lo spiegò in un’altra pagina del libro. Nell’elencare il nome dei pre-
lati che avevano tenuto Chiara in concetto di santità, e che erano di
casa a Montefalco, nominò alcuni personaggi autorevolissimi, come
Angelo Tignosi, Nicolò da Prato, Napoleone Orsini, Giovanni da
Morrovalle, Giacomo e Pietro Colonna. I più affezionati a Chiara
furono però i due cardinali della potente famiglia romana dei Co-
lonna. Il più giovane, Pietro, chiese di essere accolto come oblato
del monastero. Giacomo offrì in dono alcune sante reliquie, tra le
quali un dito di sant’Anna e « una Croce piena di sante Reliquie:
che si conserva fino a’giorni nostri nel Monastero di s. Croce », del-
la quale era notizia in un inventario dei beni della sacrestia 13.

12
B. PIERGILI, Vita della B. Chiara detta della Croce da Montefalco dell’Ordine di S. Agosti-
no, Foligno, 1640, p. 210.
13
Ibid., p. 184: « Donò all’istessa B. Chiara il medesimo Cardinale una Croce piena di
sante Reliquie: che si conserva fino a’ giorni nostri nel Monastero di s. Croce; dal contatto
della quale molti confessano di haver riceuto gratie di sanità. In essa croce vi sono l’infra-
scritte reliquie / Del legno della s. Croce. / Della Culla di Giesù Christo. / Del sepolcro
dell’istesso. / Delli capelli di Maria sempre Vergine. / Del velo, e cintura dell’istessa Ma-
dre di Dio. / Delle Reliquie dei dodici Apostoli. / Delli capelli di Santa Maria Madalena. /
Delle Reliquie di san Stefano Protomartire. / Delle Reliquie di s. Lorenzo Martire. Si tro-
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 285
Non fu questa di Montefalco la sola croce reliquiario ad essere
stata donata da Giacomo Colonna a chiese dell’Umbria. Si ha noti-
zia di una seconda croce tra le reliquie del Sacro Convento di San
Francesco ad Assisi e di una terza nel convento dei frati della Ver-
na 14. È verosimile che anche la croce del protomonastero di Santa
Chiara ad Assisi sia un dono del cardinale Colonna. Eventualmente
si potrebbe dubitare sui tempi e sulle cause di questi doni multipli.
Sembra che Giacomo Colonna fosse in familiarità con Chiara già
dagli anni immediatamente successivi la fondazione del monastero
di Santa Croce 15. Chiara, che era dotata del dono della profezia, gli
aveva predetto lo scontro con Bonifacio VIII, che lo avrebbe privato
del cappello cardinalizio nel 1297, e la successiva reintegrazione per
mano di Clemente V 16. In seguito all’abdicazione di Celestino V
(dicembre 1294), i cardinali Giacomo e Pietro Colonna non si erano
opposti alla successione con Benedetto Caetani, ma ben presto le re-
lazioni tra le famiglie baronali dei Colonna e dei Caetani si fecero
tese. Il 3 maggio 1297 Stefano Colonna, – fratello di Pietro – s’im-

va un Inventario antico nella sacristia del Monastero, il quale sempre si è conservato nel
cassettino, dove si conserva la detta Croce, nel quale sono notate le soprascritte Reliquie
con queste parole. In ista Cruce sunt multae solemnes, quas misit venerabilis Pater, & Dominus
Iacobus de Columnia S.R.E.G.B. Clare adhuc viventi pro magna reverentia. In primis ... »
14
D. WALEY, Colonna, Giacomo, in Dizionario biografico degli italiani, 27, Roma, 1982,
p. 313. L’inventario del 1338 della sacrestia del Sacro Convento di Assisi descrive « una
crux de argento deaurata, cum ligno vere crucis, et ymagine Salvatoris relevata, et cum
pede de argento deaurato, simplici, et lapidibus pretiosis; quam misit dominus Iacobus de
Columpna »; vedi L. ALESSANDRI - F. PENNACCHI, I più antichi inventari della sacrestia del Sa-
cro Convento di Assisi, in Archivum Franciscanum Historicum, 7 (1914), p. 77, n. 15.
15
S. NESSI, Chiara da Montefalco, Angela da Foligno e Iacopone da Todi, in S. Chiara da
Montefalco e il suo tempo. Atti del quarto Convegno di studi storici ecclesiastici organizzato
dall’Archidiocesi di Spoleto (Spoleto, 28-30 dicembre 1981), a cura di C. LEONARDI e E.
MENESTÒ, Perugia - Firenze, 1981, pp. 3-31 (14-17).
16
PIERGILI, Vita della B. Chiara cit. (nota 12), p. 147: « Predisse al Cardinale Giacomo
Colonna, che gli saria stato levato il cappello Cardinalizio, & poi con suo honore gli sareb-
be stato restituito; come a punto avvenne: poiché Papa Bonifazio Ottavo privò Giacomo
del Cardinalato, e da Papa Clemente Quinto gli fu restituito, come a disteso narra France-
sco Cirocco nella Vita promulgata di questo Cardinale, e degli altri Colonnesi ». Berenga-
rio racconta che « Chiara predisse anche la deposizione del cardinale Giacomo Colonna: in-
fatti in una rivelazione lo aveva visto andare per luoghi nascosti e solitari, senza il cappel-
lo rosso, come un uomo in fuga ». Vedi anche BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara cit.
(nota 10), pp. 61-62.
286 ELVIO LUNGHI

padronì di un convoglio che trasportava un ingente tesoro che ap-


parteneva al pontefice. Nella spiegazione che seguì tra Bonifacio
VIII e i due cardinali, questi non accettarono le condizioni imposte
alla famiglia e il 10 maggio dello stesso anno pubblicarono nel ca-
stello di Lunghezza un manifesto che negava la legittimità dell’ele-
zione. Alla provocazione Bonifacio rispose deponendo dalla carica i
due cardinali e proclamando la crociata contro i Colonna e i loro
sostenitori. Tra questi si trovò coinvolto nella difesa di Palestrina il
poeta francescano Jacopone da Todi, che passò in carcere il resto del
pontificato di Bonifacio VIII e vi scrisse alcune delle sue laude più
drammatiche. I due cardinali sfuggirono all’arresto e si resero irre-
peribili; sembra che trovassero rifugio in una zona impervia dell’I-
talia centrale o forse addirittura a Perugia. Solo in seguito alla mor-
te di Bonifacio VIII († 1303) caddero le accuse rivolte ai Colonna,
mentre al contrario salirono di tono le accuse contro il defunto
pontefice, anche se non fu loro immediatamente restituito il cappel-
lo cardinalizio. Fu soltanto con l’elezione di Clemente V che Giaco-
mo poté riottenere la sua carica (dicembre 1305), alla quale seguì la
nomina a cardinale di San Lorenzo in Lucina 17.
All’interno di questa cornice storica parrebbe difficile sostenere
che la croce reliquiario sia arrivata a Montefalco negli anni compre-
si tra il 1297 e il 1303, anche se è pur vero che la stessa Chiara fu
accusata di avere parteggiato per i Colonna contro il papa. Forse li
aiutò nel corso della latitanza? Come interpretare allora la sua fred-
dezza alla scoperta della croce all’interno della sua cella? In chiave
letterale, potrebbe darsi che la badessa non condividesse la conclu-
sione violenta dello scontro che oppose i Colonna ai Caetani – è
tradizione che fosse Sciarra Colonna a schiaffeggiare Bonifacio VIII
ad Anagni il 3 settembre 1303 – che deporrebbe in favore della
cronologia più tarda. Ma cercando una giustificazione in chiave al-
legorica, potrebbe darsi che Chiara non avesse bisogno della inter-
mediazioni di immagini e che gli fosse sufficiente ripetere « Non
agio paura cicha, che io agio Ihesu Christo mio crucifisso entro lo
core mio » 18. Che è un modo per dire, in dialetto umbro, di avere
fatta propria l’esortazione rivolta dall’apostolo Paolo ai cristiani del-

17
A. PARAVICINI BAGLIANI, Bonifacio VIII, Torino, 2003, passim.
18
MENESTÒ, Il processo di canonizzazione cit. (nota 11), p. 72.
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 287
la chiesa di Corinto, di portare scritta la parola di Cristo « non con
l’inchiostro ma con lo Spirito del dio vivente, non su tavole di pie-
tra ma sulle tavole di carne del vostro cuore » (II Cor. 3.3).
Questo aspetto mi fa distinguere Chiara dalla conterranea An-
gela da Foligno 19. La prima passò quasi tutta la vita tra le mura di
un monastero, salvo recarsi alla grata per rispondere alle richieste
dei postulanti, a volte assai petulanti. L’altra si divise freneticamen-
te tra una chiesa e l’altra, tra l’ascolto di una predica e la contem-
plazione di un’immagine sacra, seguita da un nugolo di ammirato-
ri. In un passo del Memoriale Angela descrisse la pena provata nel
ripensare al dolore sopportato da Cristo a causa dei chiodi che lo
avevano crocefisso, dei quali aveva sentito affermare che ne avevano
stracciato le carni configgendole nel legno della croce. Allora desi-
derò vedere un po’ di quella carne di Cristo confitta nel legno, e
provò un tale dolore davanti alla pena di Cristo che non riuscì a
stare eretta ma piegò il corpo e il capo sopra le braccia, come se
fosse anche lei crocefissa 20. In quel « quos ego audiveram dici » c’è
tutto il debito di Angela verso i suoi consiglieri spirituali o verso
l’ascolto di prediche che si tenevano davanti a Crocefissi realistici
gotici, che proprio in questi anni cominciavano ad essere introdotti
nelle chiese della penisola in sostituzione tanto del modello icono-
grafico del Christus triumphans della tradizione romanica, dominante
nelle regioni prossime a Roma, quanto del modello bizantino del
Christus patiens, diffuso grazie all’adozione da parte degli ordini
mendicanti di più recente fondazione.
Anche a Foligno i vescovi e i chierici che predicavano in catte-
drale invitavano i fedeli a piangere con Maria, e per ottenere un ef-
fetto realistico si avvalevano del soccorso di immagini particolar-
mente cruente. Sul finire del XIII secolo fu vescovo di Foligno Pa-
parone de Paparonibus. Da frate Predicatore non poteva che condi-

19
Su Chiara e Angela, vedi NESSI, Chiara da Montefalco cit. (nota 15), pp. 3-51.
20
L.THIER - A. CALUFETTI, Il libro della beata Angela da Foligno (Edizione critica), Grotta-
ferrata, 1985, pp. 192, 194: « Quadam vice cogitabam de magno dolore quem Christus
sustinuit in cruce et cogitabam de clavis illis, quos ego audiveram dici quod clavi illi de
manibus et pedibus eius carnem portaverunt intus in ligno. Et desiderabam videre vel sal-
tem illud parum de carne Christi quod portaverunt clavi in ligno. Et tunc habui tam ma-
gnum dolorem de illa poena Christi, quod non potui stare in pedibus, sed inclinavi me et
se et inclinavi caput super brachia mea quae proieceram in terra ».
288 ELVIO LUNGHI

videre per la croce di Cristo la stessa devozione che portò il confra-


tello Giacomo Bianconi a esporre un Crocifisso deforme e sangui-
nante nella chiesa del convento di Bevagna (Fig. 6). Lo stesso per la
croce di Orvieto che mandò in deliquio la beata Vanna, o per la
croce di Firenze davanti alla quale pregava la beata Villana. Il Cro-
cifisso che era in quei tempi in cattedrale c’è tornato di recente, in
seguito al restauro, ed è stato di nuovo esposto all’altare della cap-
pella del Sacramento, l’antica sacrestia, da dove l’aveva tolto nel
1904 monsignor Faloci Pulignani, per fare posto ad una edicola di-
pinta da Nicolò Alunno destinata a contenere un Crocifisso trecen-
tesco, utilizzato per le loro devozioni dai confratelli di Santa Maria
della Misericordia. Il Crocifisso della cattedrale è di un anonimo
maestro, noto agli studi sotto lo pseudonimo di ‘Maestro della cro-
ce di Visso’, uno scultore attivo nel primo quarto del Trecento nel-
le città dell’antico Ducato (Fig. 7). Il confronto con un Crocifisso
intagliato dallo stesso autore che si conserva nella chiesa dei frati
Predicatori di Spoleto, di fronte al quale avvenne un episodio mira-
coloso riferito negli atti del processo di canonizzazione di Chiara
della Croce, mi consiglia per la croce di Foligno una data non lon-
tana dall’anno 1300. Le croci del ‘Maestro della croce di Visso’ non
hanno l’aspetto orribile dei Crocifissi della valle del Reno, e nem-
meno delle croci presenti nelle chiese dei frati Predicatori di Beva-
gna, di Orvieto o di Firenze; ma seppero offrire lo stemma di una
immagine moderna ai laudesi umbri che levavano dolci lamenti in
direzione della croce, sotto lo sguardo ammirato del pubblico che
assisteva al canto delle laude. Proprio nella piazza antistante la
chiesa concessa ai frati Predicatori dal vescovo Paparone, Angela as-
sisté una volta ad una rappresentazione della passione.
Nella chiesa di Santa Margherita di Cortona si conserva un ter-
rificante Crocifisso gotico doloroso, del quale parla diffusamente il
biografo di Margherita da Cortona. Questa croce appartenne in ori-
gine alla chiesa di San Francesco di Cortona. Davanti al Crocifisso
cantava le sue laude una compagnia di laudesi che faceva capo alla
chiesa dei frati Minori. Margherita si unì al pubblico come fece
Angela nella piazza di Foligno 21 (Fig. 8). Al contrario, Chiara pro-

21
LUNGHI, La Passione cit. (nota 1), pp. 65-90.
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 289
vò un evidente fastidio verso le crude rappresentazioni realistiche
della passione di Cristo che in quel tempo erano esibite dai Disci-
plinati umbri nel corso delle loro pubbliche penitenze, fino a con-
dannare queste pratiche come eretiche e a ravvisarvi un’influenza
demoniaca:
« Disse anche [suor Tommasa di Angelo da Montefalco] di aver udito santa
Chiara raccontare quello che aveva visto al tempo in cui la valle spoletana era
percorsa da gruppi di uomini nudi che si flagellavano per città, ville e castelli, e
dicevano che facevano questa penitenza per amore di Dio. Apparve in visione a
santa Chiara una grande casa al cui interno c’era un demonio in forma di croce-
fisso, circondato da una grande folla riverente. Dal crocefisso usciva un fuoco che
incitava la folla ai vizi e all’amore carnale. Santa Chiara raccontò questa visione a
[suor Tommasa] e alle consorelle, e disse a [suor Tommasa]: “Vedrai che da que-
sta congregazione di disciplinati uscirà molto male”. Passato un po’ di tempo, da
questi disciplinati si staccarono alcuni individui che seguivano e insegnavano
l’errore dello “Spirito di Libertà” » 22.

Nella biografia di Berengario e nelle testimonianze del processo


è assente la chiave anagogica, che cercava l’intermediazione di im-
magini mimetiche o illusionistiche, di pietra o di legno, o dipinte
sul vetro o su muri, per ascendere a Dio « per visibilia ad invisibi-
lia ». In tre diversi passi Berengario scrisse che Chiara, quando era
rapita in estasi, restava diritta rigida come una statua 23, nel senso
della immobilità. Situazioni come questa, cioè di statue dall’aspetto
molto rigido, possiamo ancora trovarne in chiese e musei dell’Um-

22
MENESTÒ, Il processo di canonizzazione cit. (nota 11), pp. 211-212: « Dixit etiam dicta
testis reddendo causam sui dicti, quod audivit a dicta sancta Clara quod ipsa sancta Clara
viderat quodam vice, tempore quo per patriam vallis spoletane fustigabant se homines nu-
di et ybant de civitatibus, villis et castris catervati in turba fustigando se, dicentes quod
hoc faciebant propter penitentiam et reverentiam Dey, ipsa sancta Clara habuit quamdam
revelationem et vidit quod in quadam domo magna stabat quidam demon in modum cru-
cifissi, et populus magnus circa ipsum crucifissum, exibendo eidem crucifisso reverentiam
et videbat quod ab isto crucifisso egrediebatur quidam calor qui videbatur incedere popu-
lum circustantem ad vitia et carnalitates. Quam visionem dicta santa Clara retulit ipsi tet-
si et quibusdam aliis sororibus; et dixit eis, precipue ipsi testi, quadam vice: “Or, videbi-
tis quod de ista congregatione fustigatorum multum malum exibit”. Et post aliquod tem-
pus de numero istorum fustigatorum exiverunt et surresserunt quidam sequentes et do-
centes errorem de libertate spiritus ».
23
BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara cit. (nota 10), pp. 22, 40, 42.
290 ELVIO LUNGHI

bria, ma quanto si lasciò turbare Chiara dalla contemplazione di un


legno intagliato? Di visioni provocate da immagini si parla in due
soli casi riferiti negli atti del processo del 1318. Il primo ebbe per
protagonista Margherita di Carcassonne. Mentre pregava all’interno
della cattedrale di Spoleto, fu elevata in spirito e vide Chiara ai pie-
di del Cristo crocifisso. Chiara baciava il chiodo confitto sui piedi
del Cristo, dal quale chiodo usciva un grande splendore, superiore a
quello del sole, che penetrava nell’anima di Chiara e la faceva
splendere quanto quel chiodo 24. Il secondo caso ebbe per protago-
nista Festa di Benvenuto da Camerino, un frate dell’Ordine dei Pre-
dicatori. Da tempo malato, come seppe della morte di Chiara, dei
molti miracoli da lei compiuti e dei segni della passione trovati nel
suo cuore, si recò davanti al Crocifisso che era nella chiesa dei frati
Predicatori di Spoleto e pregò Dio che per i meriti di santa Chiara
lo liberasse da questa infermità; come poi avvenne 25. Questo Croci-
fisso esiste ancora nella chiesa di San Domenico di Spoleto (Fig. 9).
È una scultura a grandezza naturale del ‘Maestro della croce di Vis-
so’, che si data nei primi anni del Trecento 26. Dello stesso scultore,
ma di un’epoca leggermente posteriore, è un Crocifisso nella catte-
drale di Spoleto 27, ma si ha notizia che la cattedrale conservasse in

24
MENESTÒ, Il processo di canonizzazione cit. (nota 11), p. 65: « Et dum stetisset in ora-
tione in Ecclesia Maiori spoletana, fuit in elevatione spiritus et videbatur ipsi Margherite
videre Christum crucifixum et ad pedes eius erat s. Clara predicta et tenebat os suum ad
pedes eius super clavo qui erat in pede Christi crucifixi et de illo clavo exibat magnus
splendor, maior quam sol qui splendeat, [et] intrabat et penetrabat animam s. Clare et vi-
debat quod anima supradicte Clare refulgebat sicut splendor cavi predicti ». Teste suor
Giovanna di Egidio da Montefalco.
25
Ibid., p. 314: « Tandem cum audivisset illo tempore a multis quod eo tempore pa-
rum antem decessisset dicta sancta Clara et diceretur de ea multa miracula, et quod erant
reperta signa passionis in corde suo, ipse testis yvit ad crucem et crucifissum in ecclesia
fratrum Predicatorum in civitate Spoleti et rogavit Deum quod meritis beate Clare pre-
dicte liberaret eum a dicta infirmitate... ».
26
G. PREVITALI, Due lezioni sulla scultura ‘umbra’ del Trecento: II. L’Umbria alla sinistra
del Tevere. 3. Tra Spoleto e L’Aquila: il ‘Maestro della Madonna del Duomo di Spoleto’ e quello
‘del Crocifisso di Visso’, in Prospettiva, 44 (1986), pp. 9-15 (10).
27
E. LUNGHI, I cicli pittorici, le opere d’arte medievali e la cappella di Sant’Anna, in La cat-
tedrale di Spoleto. Storia Arte Conservazione, a cura di G. BENAZZI e G. CARBONARA, Milano,
2002, pp. 241-251 (250).
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 291
antico un gruppo monumentale di una Deposizione romanica 28, e
comunque parrebbe ovvio proporre il confronto tra la visione rice-
vuta da Margherita e Crocifissi su tavola dei secoli XIII e XIV con
le figure di santa Chiara d’Assisi o di san Francesco d’Assisi che ba-
ciano i chiodi che trafiggono i piedi di Cristo, presenti in numerose
chiese dell’Umbria 29 (Fig. 10). In questa sede preferirei evitare di
proporre confronti con situazioni verosimili: lascio irrisolto il rico-
noscimento del Crocifisso davanti al quale sostò in preghiera Mar-
gherita all’interno del duomo di Spoleto.
Chiara preferì esprimersi nella lingua dei poeti, tanto da com-
muoversi fino a cadere in estasi nell’udire le voci dei laudesi che
passavano sotto le mura del monastero, cantando con lacrimosi versi
la passione di Cristo. Racconta Berengario:
« ... durante quel tempo quando sentiva parlare di Dio o cantare, la sua anima
veniva subito tanto attratta che il corpo perdeva tutte le sue potenze: per questo
le monache avevano grande cura che non si parlasse di Dio se avesse potuto sen-
tire Chiara. Se poi per strada o in altro luogo vicino al monastero alcuni cantava-
no delle laudi, le monache mandavano subito a pregare i cantanti di non cantare
nei pressi del monastero » 30.

Di questa predisposizione nel comporre laude fece notizia suor


Giovanna di Egidio da Montefalco nella testimonianza riferita dagli
atti del processo, e fu la sola a parlare apertamente di quanto Chia-
ra amasse cantare, la sola a trascrivere le consonanze e i versi che
compose in volgare umbro, e che non cessò di cantare fin quasi al-
l’ora della morte:
« Il giorno della festa di san Lorenzo, [suor Giovanna] e altre suore di cui non ri-
cordava il nome, portavano Chiara attraverso il dormitorio perché non si sollevas-

28
Ibid., p. 248.
29
E. LUNGHI, Il Crocifisso di Giunta Pisano e l’icona del ‘Maestro di San Francesco’ alla
Porziuncola, Assisi, 1995, pp. 47-63.
30
BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara cit. (nota 10), p. 43. FALOCI PULIGNANI, Vita
di S. Chiara cit. (nota 10), 1, p. 609: « Nam quando in illo tempore audiebat de Deo dici
aliquid vel cantari, statim tantum eius anima trahebatur quod corpus omnes potentias ad-
mictebat, et ideo domine monasterii summopere cavebant scilicet ne Clara audiente de
Deo aliquid loquerentur. Et si per viam vel loca aliqua vicina monasterio aliqui laudes
cantabant, domine statim mictebant illis cantantibus et eos rogabant ne prope monaste-
rium decantarent ».
292 ELVIO LUNGHI

se in estasi tanto da morirne, perché temevano che potesse morire a causa di que-
ste estasi. E mentre la portavano, questa guardò [suor Giovanna] in faccia e co-
minciò a cantare con voce chiara e forte, e diceva: “Tucti noi ci aligriano et can-
tiamo Te Deus laudamus, che Yhesu mio me revole”. E poi disse: “Tucta vita
enterna me s’apparechia, che me se revole” » 31.

Ininterrottamente Chiara non cessò di ripete « Non agio paura


cicha, che io agio Ihesu Christo mio crucifisso entro lu core mio »,
fin quando suor Giovanna la riaccompagnò nella sua cella:
« Allora [suor Giovanna] fece segno alle altre donne che uscissero. Una volta
uscite, quando [suor Giovanna] restò sola con Chiara nella cella, Chiara cominciò
a cantare dolcemente e a rallegrarsi. Interrogata [suor Giovanna] sul contenuto
del canto di Chiara, rispose che non riuscì a intendere bene, salvo che Chiara in
quel canto nominava la città eterna con i suoi giardini e le strade, con i servitori
e i servizi, e diceva:
“Que servitia te fanno li santi?
amor, fante servitia de canti”.
Diceva ancora: O Segnore qui sci salli, et que sunt le scale per que sci salli? non
se po salire, Segnore, se no qui è enflammato da amore”. E più tardi:
“Quello strumento amore vorria sonare,
l’anema mia na tua vedere entrare”.
Disse [suor Giovanna] che Chiara continuò a dire molte altre parole e a cantare
con grande letizia. Quelle parole le diceva con consonanze e con versi bellissimi,
ma [suor Giovanna] non poteva ricordare le frasi e nemmeno riuscì a intenderle.
Disse anche queste parole: “Amor mio Ihesu Christo, che me sguardi con uno
sguardo tanto puro che me tragi, tanto [che] l’anima mia non se po tenere che
non se vengna [a te]”. Più tardi guardò [suor Giovanna] con uno sguardo tanto
lieto, che sembrava quasi ridesse. E le disse: “Sora, io me scontragi ad uno amico
si fedele, en Ihesu Christo mio, che m’ha dicto che me ne vada a lui e l’anima
mia se n’è tanto ennibriata che non se ce po tenere”. Disse molte altre parole alte
e bellissime, che non riusciva a ricordare » 32.

31
MENESTÒ, Il processo di canonizzazione cit. (nota 11), p. 71: « Et in festo sancti Lauren-
tii ipsa testis et quedam alie domine illius monasterii, de quibus non recordatur, porta-
bant ipsam Claram per dormitorium, ut ipsam Claram in aliquo moverent ab illa elevatio-
ne, ne deficeret, quia timebant ne deficeret in istis elevationibus. Et ipsa Clara dum por-
tabatur respexit ipsam testem per faciem et incepit cantare clare et alta voce et dicebat:
“Tucti noi ci aligriano et cantiamo Te Deus laudamus, che Yhesu mio me revole”; et po-
stea dicebat: “Tucta vita enterna me s’apparechia, che me se revole” ».
32
Ibid., pp. 72-73: « Et tunc ipsa testis fecit signum aliis dominabus quod recederent.
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 293
« Il problema è che quelle cose – come tutte le cose più prezio-
se, mi sembra di capire – sono di una natura tale che non si può
corazzarle né armarle senza fargli perdere la loro natura, e quasi
neanche difenderle. Il sostegno dei seguaci le irrigidisce, i discorsi
ben costruiti e argomentati le rendono quasi irriconoscibili, la ripe-
tizione le consuma. D’altra parte, raramente s’impongono da sole,
non sono mai appariscenti o clamorose, e quello che hanno di vero
bisogna scoprirlo in prima persona; si diffondono per contagio, in
pratica, da un contesto all’altro, e chi tenta di saltare questi passag-
gi rischia di mancarle » 33. Sono parole di Luisa Muraro, riprese da
un libro recente dedicato al linguaggio dei mistici, e qui in parti-
colare alla « teologia favolosa » delle donne nell’età di mezzo. Chia-
ra da Montefalco non vi è nemmeno nominata, ma queste parole la
potrebbero vestire a pennello. Morta Chiara, le consorelle le cerca-
rono in petto una giustificazione letterale a quel suo ripetere « io
agio Ihesu Christo mio crucifisso entro lu core mio » – ma suor
Giovanna non ebbe il coraggio di assistere alla dissezione – non
contentandosi delle analogie con l’allegoria paolina di avere scritto
la parola di Cristo: « non con l’inchiostro ma con lo Spirito del dio
vivente, non su tavole di pietra ma sulle tavole di carne del vostro

Et post recessum earum, ipsa teste existente in cella sola cum Clara, Clara incepit cantare
dulciter et letari. Interrogata quid dicebat ipsa Clara cantando, dixit quod ipsa testis non
potuit bene intelligere, nisi quod Clara nominabat in illo cantu civitatem eterne et iardina
et stratas, et servitores et servitia, et dicebat:
“Que servitia te fanno li santi?
Amor, fante servitia de canti”.
Et postea dicebat: “O Segnore qui sci salli, et que sunt le scale per que sci salli? non
se po salire, Segnore, se no qui è enflammato da amore”. Et postea dicebat:
“Quello strumento amore vorria sonare,
l’anema mia na tua vedere entrare”.
Et dixit ipsa testis quod Clara multa alia verba loquebatur cantando cum magna leti-
tia, et illa verba loquebatur per consonantias sive per verssus pulcros sed ipsa testis non
poterat retinere, et etiam non poterat intelligere. Et dixit etiam hec verba: “Amor mio
Ihesu Christo, che me sguardi con uno sguardo tanto puro che me tragi, tanto [che] l’ani-
ma mia non se po tenere che non se vengna [a te]”. Et postea respexit ipsam testem per
faciem ita letam, quod quasi videbatur ridere. Et dixit ipsi testi: “Sora, io me scontragi ad
uno amico si fedele, en Ihesu Christo mio, che m’ha dicto che me ne vada a lui e l’anima
mia se n’è tanto ennibriata che non se ce po tenere”, et multa alia verba alta et pulcerima
dixit, de quibus ipsa testis dixit se non recordari ».
33
L. MURARO, Il Dio delle donne, Milano, 2003, p. 65.
294 ELVIO LUNGHI

cuore » (II Cor. 3.3). Perché la lettera uccide, e lo spirito vivifica. E


finirono per riconoscere nella carne e nelle cavità del cuore le forme
della croce di Cristo, i flagelli, la lancia, la spugna, e di seguito
tutto lo strumentario della passione.
La novità del miracolo attirò folle crescenti di pellegrini, che cerca-
vano segni e chiedevano miracoli, e portò obbligatoriamente all’adatta-
mento della chiesa monastica in chiesa di pellegrinaggio, con uno spa-
zio nella chiesa esterna dedicato al culto di Chiara. La tomba doveva
essere sollevata da terra, se i malati che chiedevano grazie potevano
sdraiarvisi accanto, e doveva essere isolata dalle pareti se poteva essere
circondata dalla catena di candele che i miracolati offrivano in dono.
Sopra la tomba era posto un ritratto di Chiara. Ne abbiamo notizia
dalla testimonianza di una donna che era stata guarita in sogno. Inter-
rogata se avesse mai visto Chiara in vita, rispose che la santa gli era
apparsa nell’aspetto di una pittura che si trovava sopra il suo sepol-
cro 34. Non dispongo di elementi che consentano di dire se si trattò di
una tavola agiografica o di una statua con il ritratto della defunta, op-
pure della decorazione del coperchio che chiudeva la cassa funebre, a
similitudine della cassa rinnovata nel 1430 che si conserva tra le reli-
quie del monastero 35, o della cassa di santa Rita a Cascia, o della cassa
di sant’Ubaldo a Gubbio.
Di questa tomba si parla diffusamente negli atti del processo
del 1318, che se ci procurano un termine post quem non per il ritrat-
to perduto di Chiara, insieme dimostrano che non può esserci lega-
me alcuno con la decorazione delle pareti della tribuna, dove si leg-
ge la data 1333. Non fosse stata datata, sarebbe stato persino bana-
le collegare questa via della croce alla celebrazione di santa Chiara,
che fu proposta ai pellegrini in visita al suo sepolcro. Per fortuna il
pittore lasciò una scritta con la data e il nome del donatore, il caor-
sino Jean d’Amiel, già rettore del Ducato di Spoleto 36. Ci ha ri-

34
MENESTÒ, Il processo di canonizzazione (nota 11), p. 396: « Interrogata si nunquam vi-
dit dictam s. Claram quando vivebat, dixit quod non, sed apparuit sibi in forma cuiusdam
picture que est supra seppulcrum dicte s. Clare que representat dictam s. Claram, nisi hoc
tantum quod erat induta vestimentis albis et erat subgulata quodam velo circa gulam ».
35
S. NESSI, Un raro cimelio nel monastero di S. Chiara a Montefalco, in Commentari, 14
(1963), pp. 3-7.
36
S. NESSI, Un mecenate francese in Italia: Jean Amiel, in Studi Francesi, VII (1963), pp.
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 295
sparmiato discussioni oziose, anche se dimenticò di aggiungere il
suo nome e la sua origine.
La tribuna di Santa Croce raffigura una grande Crocifissione
sulla parete di fondo (Fig. 11); i simboli dei quattro Evangelisti
sulla crociera; a cornu Evangelii, sopra la dedicazione della cappella
con il ritratto del donatore ai piedi dei santi Biagio e Caterina d’A-
lessandria, sotto la morte di santa Chiara e il martirio di santa Ca-
terina d’Alessandria; a cornu Epistolae, nella lunetta l’Eterno benedi-
cente, al centro la beata Giovanna con Chiara bambina e l’appari-
zione di Gesù bambino a Chiara bambina, sotto san Biagio eremita
e in carcere, entro una edicola la Madonna col Bambino in trono e
il Cristo che segna con la croce il cuore di santa Chiara alla presen-
za della beata Giovanna. La decorazione proseguiva all’esterno della
cappella, ma se ne conservano sparuti frammenti.
I tre episodi dedicati a santa Chiara sono ripresi dalla vita di
Berengario di Donadio: uno ritrae il momento del trapasso e gli al-
tri due visioni mistiche. L’apparizione di Gesù bambino a Chiara
bambina (Fig. 12) è ambientata all’interno di una stanza. La Vergi-
ne vi compare davanti ad una tenda, diritta e immobile come una
statua, mentre apre un lembo del manto per mostrare il bambino.
Gesù benedice Chiara dall’aspetto di fanciulla che prega in ginoc-
chio ai suoi piedi. Nella disposizione delle figure il pittore si atten-
ne fedelmente al racconto di Berengario:
« Durante la fanciullezza a Chiara, mentre pregava, molte volte appariva la Beata
Vergine col bambino Gesù sotto il mantello, nell’aspetto della stessa età di Chia-
ra. Il bambino Gesù, esortato dalla madre, si avvicinava a Chiara, la prendeva per
mano e le infondeva mirabili consolazioni. Chiara, che lo vedeva con i suoi occhi,
voleva prenderlo e giocare con lui, ma il Bambino scappava ritornando dalla
mamma e lasciava Chiara in un grande desiderio » 37.

477-483; ID., Giovanni d’Amelio: un precursore dell’Albornoz, in Spoletium, 14 (1972), pp.


19-34.
37
BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara cit. (nota 10), p. 22. FALOCI PULIGNANI, Vita
di S. Chiara cit. (nota 10), 1, p. 589: « In ipsa etiam pueritia dum orabat, beata virgo
puerum Ihesum ut videbat coetaneum ipsi Clare sub clamide secum ducens sibi multo-
tiens apparebat. Et puer Ihesum volente matre et ducente accedebat deambulando ad Cla-
ram et eam aliquando capiebat per manum ac sibi consolationes mirabiles influebat. Clara
vero puerum Ihesum quem videbat et corporalibus oculis volebat capere, et secum ludere
296 ELVIO LUNGHI

Altrettanto fedele è la raffigurazione del momento del trapasso


(Fig. 13), al quale assistette il medico curante, il fratello di Chiara
Francesco e il cappellano del monastero fra Tommaso. Chiara rivol-
se parole di commiato al fratello e confessò i suoi peccati al cappel-
lano. Poi, volgendosi alle monache, disse:
« Voi fate di vivere con Dio, perché io vado a lui ». Appena detto questo, stando
col corpo eretto e senza alcun mutamento delle membra o dei sensi, esalò lo spi-
rito, rendendolo a Dio con tanta letizia che non si poté constatare che il corpo
nella separazione dell’anima subisse né ansietà né dolore » 38.

Il pittore ambientò la cella di Chiara all’interno di una stanza


dalle pareti rivestite di marmi preziosi. Chiara è rigidamente seduta
sopra un letto, con le mani in grembo. Intorno al letto sono dispo-
ste numerose suore, salvo due frati Minori che occupano il posto
centrale. Uno in ginocchio nel gesto dell’ascolto – il medico? – con
in mano l’ampolla utilizzata per l’esame delle orine. L’altro frate –
il fratello Francesco? – è in piedi, in un gesto di ammirazione e con
un libro in mano.
Il terzo episodio (Fig. 14) è egualmente tratto da un passo della
biografia di Berengario, il quale riferisce quante « persone degne di
fede che conobbero più profondamente Chiara ritengono che essa,
in diversi tempi, vide Cristo in tutti gli atti che compì durante la
sua vita terrena ». Una volta Cristo le apparve nelle sembianze di
un giovane di bellissimo aspetto:
« Giovane bellissimo, il Signore Gesù Cristo, vestito di vesti bianche, portando
sulla spalla una croce uguale per forma e grandezza alla croce in cui fu crocifisso,
apparve a Chiara in preghiera. E le disse: “Io cerco un luogo forte, nel quale pos-
sa piantare la croce, e qui trovo il luogo adatto per piantarla” e quindi aggiunse:
“Se vuoi essere mia figlia è necessario che tu muoia in croce”. Dopo questa visio-

vice versa. Sed puer Ihesum fugiebat a Clara et revertebatur ad matrem. Et in recessu Cla-
ram in magno desiderio dimictebat ».
38
BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara cit. (nota 10), pp. 102-103. FALOCI PULIGNA-
NI, Vita di S. Chiara cit. (nota 10), 2, p. 230: « Vos faciatis cum Deo quoniam cum ego
(sic) vado ad eum. Et hijs dictis in ipso istanti Clara sedens erecto corpore et nullam mu-
tationem membrorum vel sensuum faciens, emisit spiritum ipsum cum tanta letitia Deo
reddens quod corpus in recessu anime, nec in anxietatem substinere perpendi potuit nec
dolorem ».
LE IMMAGINI DI CHIARA: ARTE SACRA IN VALLE UMBRA 297
ne e rivelazione, Chiara diceva di credere che il Signore avrebbe fatto ancora
grandi cose nel monastero. Ma da ciò si crede con fondatezza che la vergine
Chiara, detta della Croce, abbia avuto la croce e tutti i segni della passione di
Cristo nel suo cuore, non solo come immagini nella contemplazione, ma anche fi-
sicamente e sensibilmente. Uno dei bracci trasversali della croce che portava nel
cuore aveva trafitto e perforato il cuore stesso fino all’esterno, come accertarono
tutti quelli che vollero vedere Chiara dopo la sua morte. La stessa Chiara, duran-
te la malattia per la quale passò da questo mondo, affermò cinque volte di avere
la croce di Cristo nel cuore » 39.

Nel quadro è ritratto Gesù che incede sulla via del Calvario, in
abito da penitente, una corda al collo e la croce in spalla. Chiara è
in ginocchio davanti al Cristo, afferra la croce con entrambe le ma-
ni e ne spinge il piede contro il petto. Alle spalle del Cristo com-
pare la beata Giovanna, in piedi e con in mano un giglio emblema
della purezza. Nelle chiese francescane, l’iconografia della Sequela
Christi raffigurò san Francesco sui passi di Cristo nella via del Cal-
vario, con una croce sulle spalle. In Santa Croce di Montefalco è
Chiara che pianta la croce di Cristo nel suo cuore. Questa invenzio-
ne non trova precedenti nell’iconografia cristiana, ma risale alla fon-
te delle allegorie poetiche che tanto Chiara predilesse.
Vengo alla conclusione. Tra i beneficiati di Chiara figura Uber-
tino da Casale, il campione della parte spirituale del francescanesi-
mo nella semplificazione proposta da Dante nella Divina Comme-
dia. Nel 1305 il capitolo generale dei frati Minori approvò l’Arbor

39
BERENGARIO DI DONADIO, Vita di Chiara cit. (nota 10), pp. 45-46. FALOCI PULIGNANI,
Vita di S. Chiara cit. (nota 10), 1, p. 611: « Iuvenis quidam pulcherrimus dominus yhs
indutus albis vestibus deferens quandam crucem in humero similem et equalem in forma
et magnitudine vere crucis in qua ipse extitit crucifixus, Clare oranti apparuit. Qui et di-
xit ei. Ego quero locum fortem in quo possim crucem fundare, et pro crucis fundatione
hunc reperi locum aptum. Et ad hec ipse xpus adiunxit. Si vis esse filia, moraris in cruce.
Pro ista autem visione et revelatione, Clara credere se dicebat quod Deus in isto monaste-
rio ad hoc faceret magna facta. Existens autem verisimiliter creditur Claram virginem co-
gnominatam de cruce, crucem et cuncta passionis xpi insigna ex tunc in sui corporis corde
non solum ymaginatione contemplando sed etiam corporaliter et sensibiliter habuisse. Et
quia alterum crucis quem in corde gerebat brachium transversaliter cor ipsum transfixerat
et perforaverat usque exterius sicut post mortem Clare cunctis volentibus cernere fuit no-
tum. Ipsa etenim Clara in infirmitate quia transivit de hoc mundo, dixit quinquies se xi
crucem habere in corde ».
298 ELVIO LUNGHI

vitae crucifixae Jesu, una nuova vita di san Francesco che Ubertino
aveva scritto alla Verna e che era introdotta dalla vita di Gesù divi-
sa nei due momenti fondamentali dell’incarnazione e della passione,
alla quale seguiva un commento all’Apocalisse dominato dal ruolo
di Alter Christus e di Angelo del sesto sigillo attribuito a san Fran-
cesco. Questa complessa allegoria fu messa in figura nelle volte del-
la chiesa inferiore di Assisi, grazie alla protezione di Napoleone Or-
sini – altro personaggio legatissimo a Chiara – il cui stemma fu di-
pinto centinaia di volte alle pareti delle due cappelle sulle testate
del transetto 40. Tra il 1306 e il 1308, mentre era legato papale in
Toscana, Napoleone prese al suo servizio Ubertino e gli affidò im-
portanti incarichi, tra i quali la repressione della setta del Libero
Spirito denunciata da Chiara. Benché Chiara non abbia lasciato
scritti, è possibile cogliere una traccia della sua « teologia favolosa »
negli scritti di Ubertino da Casale, e attraverso questi nelle com-
plesse allegorie francescane che Giotto dipinse sulla crociera sopra
la tomba di san Francesco, dove troviamo alcune soluzioni iconogra-
fiche che saranno riprese negli affreschi di Santa Croce a Montefalco
(Fig. 15).

40
Sull’invenzione iconografica degli affreschi di Giotto ad Assisi dall’Arbor Vitae di
Ubertino da Casale, vedi E. LUNGHI, La perduta decorazione trecentesca nell’abside della chiesa
inferiore del S. Francesco ad Assisi, in Collectanea Francescana, 66 / 3-4 (1996), pp. 479-510;
ID., L’influenza di Pietro di Giovanni Olivi e di Ubertino da Casale nel programma iconografico
della chiesa inferiore di S. Francesco ad Assisi, in Collectanea Francescana, 67 / 1-2 (1997), pp.
167-188. Vedi inoltre N. BALDINI, Riflessi dell’“Arbor Vitae” di Ubertino da Casale nella pit-
tura del Trecento, in Ubertino da Casale: nel VII centenario dell’“Arbor Vitae crucifixae Iesu”, a
cura di G. ZACCAGNINI, Firenze, 2007, pp. 147-165.
E. LUNGHI TAV. I

Fig. 1 - Palmerino di Guido, Crocifisso, Montefalco, monastero di S. Chiara.


TAV. II E. LUNGHI

Fig. 2 - Arte umbra, fine del XIII - inizi del XIV secolo, Croce reliquiario,
Montefalco, monastero di S. Chiara.

Fig. 3 - Arte umbra, fine del XIII - inizi del XIV secolo, Croce reliquiario,
Montefalco, monastero di S. Chiara.
E. LUNGHI TAV. III

Fig. 4 - Arte umbra, fine del XIII - inizi del XIV secolo, Croce reliquiario,
Assisi, monastero di S. Chiara.

Fig. 5 - Arte umbra, fine del XIII - inizi del XIV secolo, Croce reliquiario,
Assisi, monastero di S. Chiara.
TAV. IV E. LUNGHI

Fig. 6 - Scultore tedesco fine sec. XIII, Crocifisso,


Bevagna, S. Domenico.

Fig. 7 - ‘Maestro della croce di Visso’, Crocifissso,


Foligno, Duomo.
E. LUNGHI TAV. V

Fig. 8 - Scultore inglese fine sec. XIII, Fig. 9 - ‘Maestro della croce di Visso’,
Crocifisso, Cortona, S. Margherita. Crocifisso, Spoleto, S. Salvatore.

Fig. 10 - Palmerino di Guido, Crocifisso, Montefalco, Museo di s. Francesco.


TAV. VI E. LUNGHI

Fig. 11 - ‘Maestro di S. Chiara’, Crocifissione,


Montefalco, S. Croce.

Fig. 12 - ‘Maestro di S. Chiara’, L’apparizione di Gesù


bambino a Chiara bambina, Montefalco, S. Croce.
E. LUNGHI TAV. VII

Fig. 13 - ‘Maestro di S. Chiara’, La morte di santa Chiara,


Montefalco, S. Croce.

Fig. 14 - ‘Maestro di S. Chiara’, Cristo pianta la croce nel cuore di santa Chiara,
Montefalco, S. Croce.
TAV. VIII E. LUNGHI

Fig. 15 - Giotto, Allegoria della Castità, Assisi, S. Francesco.

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