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Macarena Moralejo Ortega

Federico Zuccari e la sua scuola in Umbria:


il contributo pittorico manierista
e il ruolo dell’Accademia degli Insensati di Perugia *

Alla maniera degli Zuccari. Un’etichetta di comodo in Umbria.


A me pare che alli pittori non deba essere imputato l’intrisicho del animo loro,
quando nelle loro pitture non vi siano ritratti, nè nominati in scritto persona
alchuna (Federico Zuccari a Francesco i de’ Medici, Roma, 24 novembre 1581)

L’attività di Federico Zuccari (1539c.-1609) come pittore e spe-


cialista in teoria dell’arte in Umbria è conosciuta a partire dal suo
intervento nel Duomo di Orvieto, realizzato insieme a due suoi
coetanei ed amici, Girolamo Muziano (1528/1532-1592) e Cesare
Nebbia (1536-1614) 1. Conviene ricordare che, fra il 1559 e il 1560,
la bottega di Taddeo Zuccari (1529-1566), alla quale apparteneva
suo fratello Federico, diede inizio nel famoso tempio di Orvieto ad
una serie di affreschi – peraltro mai completati – dedicati alla Vita
attiva e alla Vita contemplativa, insieme ad alcune storie della vita
di san Paolo. I reggenti della cattedrale, in seguito alla morte di
Taddeo nel 1566, chiesero poi a Federico, fra il 1568 e il 1569, due
opere: la prima, una rappresentazione dell’episodio neotestamentario
della Guarigione del cieco, la seconda, la Resurrezione del figlio della
vedova di Naim, entrambe destinate a diverse cappelle che volevano
evidenziare i miracoli salvifici di Gesù Cristo 2.

*  Il mio ringraziamento va all’avv. Giorgio de Petra per alcune osservazioni e sugge-


rimenti formulati sul contesto dell’arte e della cultura umbra tra xvi e xvii sec., ringrazio
anche la dott.ssa Cecilia Gamberini, per la collaborazione fornita nella revisione del testo.
1
 Si veda R. E. Mack, Girolamo Muziano and Cesare Nebbia at Orvieto, in « The
Art Bulletin », n. 56 (1974), pp. 410-413; R. Eitel-Porter, Disegni per Orvieto dell’Illustre
concittadino Cesare Nebbia, Orvieto, Istituto Storico Artistico Orvietano, 2004; Id., Der
Zeichner und Maler Cesare Nebbia (1536-1614), Munchen, Hirmer Verlag, Munchen.
2
 Cfr. G. Testa, La cattedrale di Orvieto Santa Maria Assunta in Cielo, Roma,
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Librería dello Stato, 1990, p. 107. Jacob Ma-

Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, cxi (2014), fasc. i-ii
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Nel percorso di Federico Zuccari modesta attenzione ha inol-


tre fin qui ricevuto una pala d’altare con la rappresentazione della
Madonna con il Bambino Gesù in trono circondata dagli angeli, in-
sieme a quattro Santi (posti nella parte inferiore, tra i quali sono
riconoscibili san Pietro e san Bartolomeo). L’opera, ubicata nella
cappella Farrattini del Duomo di Amelia, è stata presentata dalla
Acidini Luchinat come opera di Federico Zuccari e non di Taddeo
– tuttora così riconosciuta nella scheda illustrativa posta accanto
la pala stessa 3. La vicinanza geografica tra Orvieto ed Amelia, così
come la presenza attiva in entrambe le città dello scultore Ippolito
Scalza (1532-1617), autore dei monumenti funebri dei due vescovi
Farrattini nella stessa cappella, recò beneficio a Federico Zuccari
che, probabilmente, soggiornò per qualche periodo ad Amelia, fra il
1559 e il mese di ottobre di 1563 – data di inizio del suo viaggio a
Venezia – per compiere questo incarico 4. La commissione pittorica
richiesta dalla famiglia Farrattini ad Amelia ha quindi veicolato una
serie di ipotesi circa l’intervento di Zuccari e della sua bottega nella
decorazione dei palazzi Petrignani, Cansacchi e Battista Geraldini,
tutti in Amelia, con una proposta tuttavia rivisitata dalla storiografia

tham (1571-1631) fece anche un’incisione della Resurrezione del figlio della vedova
di Naim, nota agli esperti fondamentalmente per la presenza di un esemplare nel
Palazzo comunale di Sant’Angelo in Vado. Sono anche conosciuti, in originale o in
copia, molti studi di Federico Zuccari per questa pala. Si veda C. Acidini Luchinat,
Taddeo e Federico Zuccari: Fratelli pittori del Cinquecento, Milano, Jandi Sapi, 1997,
ii, p. 42, nn. 93-94.
3
 Ivi, i, p. 109 e figura n. 40, p. 133. Cristina Acidini sostiene che l’opera originale
si trovava nel 1895 nella residenza della famiglia Farrattini di Amelia, mentre nella
Cattedrale vi era una copia. Si veda anche G. Eroli, Raccolta generale delle iscrizioni
pagane e cristiane esistite ed esistenti nel Pantheon di Roma, Narni, Tip. Petrignani, 1895,
p. 447. La storica fiorentina segnala anche l’esistenza di almeno tre disegni preparatori
realizzati da Federico Zuccari per la pala d’altare. L’impianto generale della tavola, così
come suggerito da Laura Vanni, presenta assonanze con l’olio su tela con la rappre-
sentazione della Madonna degli Angeli visibile ancora oggi nel complesso monumentale
di Santa Maria dei Servi a Sant’Angelo in Vado. Cfr. D. Tontucci - S. Bartolucci
(a cura di), Zuccari, una dinastia di artisti vadesi. Sacro e profano alla maniera dei Zuccari,
Sant’Angelo in Vado, Comune di Sant’Angelo in Vado editore, 2010, pp. 98-99. Modelli
analoghi si trovano anche nella produzione di uno dei collaboratori più stretti del vadese
in questo periodo, lo spagnolo Pablo de Céspedes. Si veda P. M. Martínez Lara, Pablo
de Céspedes, estudio de los procesos de producción y asimilación entre Italia y España,
entre el Renacimiento y el Barroco, Sevilla, Università di Sevilla, 2012.
4
 Per la produzione di Ippolito Scalza, architetto e scultore di Orvieto si veda
M. Cambareri - A. Roca de Amicis, Ippolito Scalza, Perugia, Quattroemme, 2002.
Purtroppo non abbiamo molte notizie sul suo rapporto personale e professionale con
Federico Zuccari.
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più recente e che converrebbe estendere a tutta la regione, come più


avanti vedremo 5.
A questo proposito una visita in loco ha permesso di esaminare
gli affreschi dei primi due edifici. All’interno del palazzo Petrignani,
nella volta della prima sala, interamente decorata a grottesche, tro-
viamo dipinta al centro la scena biblica della Creazione di Adamo
ed Eva, la stessa raffigurazione presente nella cappella circolare di
palazzo Farnese a Caprarola anche se, in questa occasione, l’artista
copista – forse Livio Agresti (1508-1580), vecchia conoscenza della
famiglia Zuccari – si servì presumibilmente di una incisione di Cor-
nelis Cort, datata 1572 e realizzata su richiesta di Federico Zuccari
per diffondere il suo intervento a livello internazionale 6. Quanto a
uno dei due palazzi Cansacchi presenti in città – quello adiacente
all’Ospedale di S. Maria dei Laici 7 – si osserva che lo stesso conserva
ancora affreschi di ottima fattura, parzialmente attribuiti fin qui alla
scuola di Federico Zuccari e a Niccolò Circignani detto Il Pomaran-
cio (1530-1597). Rispetto alla distribuzione delle pitture all’interno
della residenza troviamo una prima sala, che possiamo denominare
d’ingresso, una seconda, che è il grande salone di rappresentanza, e
infine un’ulteriore saletta adiacente, forse già adibita a studiolo dei
Cansacchi. In queste sale – la prima e la terza astrattamente riferibili
alla maniera di Federico Zuccari – centrati sui fasti della famiglia
Cansacchi, a lungo intima di casa Colonna con cui partecipò, nel
corso del xvi secolo, a numerose campagne militari – sono dipinti
ritratti di importanti personaggi della vita pubblica del Cinquecento,
come Prospero Colonna, Pio v, Carlo v e don Giovanni d’Austria,
fra altri nomi della Chiesa e della società dell’epoca, scudi nobiliari,

5
  La giornata di studi (F. Marcelli - F. Nicolai, La decorazione dei palazzi di Amelia.
Testimonianza di cultura figurativa romana tra xvi e xvii secolo, Università della Tuscia)
dedicata alla decorazione dei palazzi di Amelia venne tenuta il 9 Aprile 2011 in vari
palazzi della città. Gli atti del convegno, a quanto mi risulta, non sono stati ancora
pubblicati.
6
  Nel Gabinetto dei disegni del Museo del Louvre si conserva uno studio circolare
sulla Creazione di Eva già segnalato in J. Gere, Dessins de Taddeo e Federico Zuccaro,
catalogo della mostra, Paris, Réunion des Musées Nationaux, 1969, n. 65. Per l’incisione
si veda J. C. J. Bierens de Haan, L’oeuvre gravé de Cornelis Cort, graveur hollandais 1553-
1578, Den Haag, Martinus Nijghoff, 1948, n. 1. Purtroppo manca ancora uno studio
approfondito del palazzo e dei suoi affreschi. Si veda per ora F. Bettoni, In gran parte
fantastici: gli affreschi nelle sale di Palazzo Petrignani ad Amelia, xvi-xvii sec., Terni,
Conoscere e Sapere, 2009.
7
 Sono grata al dott. Federico Bona Galvagno per la visita concessa al palazzo ora
di sua proprietà.
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grottesche e scene belliche e mitologiche; l’attribuzione delle due sale


a Federico Zuccari e bottega dovrà certamente essere approfondita 8.
Nel medesimo ambito territoriale dobbiamo collegare la pos-
sibile realizzazione, da parte di Federico Zuccari, di una seconda
pala d’altare con la rappresentazione della Madonna, Sant’Anna e il
Bambino Gesù, destinata al Santuario della Madonna della Quercia
a Narni, dove lo scultore Ippolito Scalza fu chiamato nel mese di
ottobre del 1601 a ideare il progetto dell’altare maggiore della chiesa,
intercedendo forse quest’ultimo nella contrattazione di questa opera
pittorica, che è molto simile, nella impostazione generale, a quella
descritta sopra ubicata nella Cappella Farrattini di Amelia 9.
Questi spostamenti in territorio umbro dell’artista si spiegano
– oltre che per la vicinanza con il grande cantiere di Caprarola, di
cui i due fratelli furono assoluti protagonisti per tutto l’arco dell’im-
presa – anche dalla nascita di Federico Zuccari, intorno al 1539,
nella località di Sant’Angelo in Vado nel Ducato di Urbino, al limite
territoriale con i domini dello Stato Pontificio di Perugia. A tale
proposito non possiamo dimenticare che la distanza fra Sant’Angelo
in Vado – luogo al quale appartenevano i vari membri della dinastia
Zuccari ed anche punto di incontro abituale di tutti coloro al di là
delle proprie circostanze personali e professionali – e Perugia è ad
appena cento chilometri. Il capoluogo umbro si trovava, inoltre,
nell’epicentro dei percorsi di viaggio, partendo dalla via Flaminia,
che attraversavano per un lungo tratto la regione umbra e che il pit-
tore percorse per trasferirsi in altre città del nord-est della penisola
e in altre situate nella Marca 10. Queste circostanze contribuiscono a
riaffermare l’ipotesi di una prossimità fisica ed emotiva dell’artista
con l’Umbria, anche se non sono stati fin qui rintracciati documenti
di archivio legati alle vicende propriamente familiari e alla sua car-
riera professionale, che possono evidenziare un plausibile periodo
di soggiorno a Perugia. La scoperta di un documento scritto dal

8
  Attualmente, da parte della proprietà, è in corso una ricerca accurata sull’attribu-
zione di tali affreschi, che sono certo da ricollegare all’ambiente pittorico del manierismo
romano ed umbro della seconda metà del Cinquecento; per il salone si è fatto recente-
mente accenno, oltre che al Circignani, a Francesco Salviati (1510-1563) e alla sua maniera.
9
 Cfr. A. Novelli, In casa dell’Illustrissimo Bernardino Scotti, Roma, Campisano,
2013, pp. 121-123. Una riproduzione a colori dell’opera attribuita a Federico Zuccari è
nell’apparato fotografico del libro, tavola xv.
10
  Si veda M. de Vecchi Ranieri, Viaggiatori stranieri in Umbria: 1500-1915, Perugia,
Volumnia, 1986.
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primogenito dell’artista, Ottaviano Zuccari (Firenze, 1579 - Urbino


c. 1629) intitolato Viaggi di Federico Zuccari, e pubblicato recente-
mente, offre notizie sugli spostamenti più importanti del pittore legati
alla commissione delle opere più prestigiose, ma trascura qualsiasi
dato in merito a quelli più brevi, come potrebbe dedursi dai viaggi
da Roma a Perugia o da lì a Sant’Angelo in Vado 11. Inoltre, non
disponiamo di una descrizione accurata fatta dall’artista della città di
Perugia o di altre località delle regione, anche se Federico Zuccari
dedicò una parte della sua attività narrativa alla descrizione dei luo-
ghi che visitava a motivo delle committenze che descrisse nelle lettere
aperte, pervenuteci sotto forma di manoscritto o stampate da lui stesso
all’inizio del Seicento 12. Risulta eloquente il fatto che le visite a Peru-
gia, nella casa del suo intimo amico Federico Barocci (1535-1612?) 13,

11
 BAV, Urb. Lat. 1657, fol. 539-540v. Si veda ora in M. Moralejo Ortega, Nuevos
datos acerca de los viajes de Federico Zuccari (1539?-1609) por las cortes europeas: Las
aportaciones inéditas de Ottaviano Zuccari, primogénito del artista in: El arte y el viaje,
2012, Madrid, csic, pp. 17-33; Id., Marginalidad en el ámbito de la literatura artística:
La figura de Ottaviano Zuccari, 1579-1629 in: Mirando Clío. El arte español espejo
de su historia Actas del xviii Congreso del ceha, Santiago de Compostela, Universidad,
cd-rom, pp. 1122-1138.
12
 F. Zuccari, Diporto per I’ltalia. All’Illustre et Eccellente Sig.r Pierleone Casella,
Torino, 6 Febbraio 1606; Diporto per l’Italia. All’Illustre et Eccellente Sig. Cavalliero
Gio. Bologna Scultore, Torino, 18 Aprile 1606; Diporto per l’Italia. Al molto Illustre et
Eccellente Sig. Federico Barocci, Torino, 30 Maggio, 1606; Il passaggio per l’Italia con la
Dimora di Parma (...), Bologna, 1608; Passata di Bologna e Ferrara del Signor Cavalliero
Federico Zuccaro al (...) Sig.r Pierleone Casella, Bologna, 17 Gennaio, 1609. Quanto alle
lettere aperte scritte dalla Spagna si veda: A. Vázquez Martínez, La venida de Federico
Zuccaro a San Lorenzo del Escorial, in « Boletín de la Sociedad Española de Excursio-
nes », n. 50, 1946, pp. 117-131; Id., Nuevos datos sobre Federico Zuccaro, in « Boletín de
la Sociedad Española de Excursiones », n. 59, 1951, pp. 41-56. Altre considerazioni in
M. Moralejo Ortega, La teoria artística de Federico Zuccari: Antecedentes y repercusiones
en la tratadistica moderna, tesi di dottorato, 2008, Universidad Pontificia Gregoriana -
Universidad de Valladolid. Un’analisi del metodo di scrittura dello Zuccari di queste
lettere in: Ead., Nuevas noticias entorno al matrimonio de Francesco de Medici y Bianca
Cappello (1579). Una carta abierta por Giovanni Mario Verdizzotti y el papel de Felipe ii
en el asunto, in J. Martinez Millan - R. Rodríguez Cueva (coord.) La dinastía de los
Austria. Las relaciones entre la Monarquía Católica y el Imperio, Madrid, ed. Polifemo,
2009, iii, pp. 1729-1768; Ead., Open letters: Circulating information about Art and
European and Literary Networks, in Sources: Material resources for Early Modern Court
History. Art, Text and Space (1550-1800), Universiteit Gent-Katholieke Universitet Leuven,
2010 (in corso di stampa).
13
  Si veda per il rapporto tra i due artisti la bibliografia riportata nell’ultimo saggio
di B. Cleri, Federico Barocci e Federico Zuccari: Due botteghe a confronto, in Sacro e
Profano alla maniera dei Zuccari, pp. 65-81.
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fossero frequenti, sopratutto se teniamo in conto la testimonianza di


Lione Pascoli:
Barocci aveva gran genio con Perugia, e co’ Perugini, ed andava di
quando in quando a passarvi la state e si fermava in casa di Simonetto Ana-
stagi, ch’era uno tra que’ nobili cittadini, che più degli altri si dilettava allora
di pittura, e di raccolte di quadri. Con lui strinse Federigo forte amicizia, e
gliene fece alcuni [...] 14.

Nonostante la mancanza di notizie documentate sui soggiorni di


Federico Zuccari a Perugia, sappiamo che il pittore fu membro a
pieno diritto della locale Accademia degli Insensati 15 e, per questo,
frequentò alcune delle sessioni celebrate in città. Inoltre, la docu-
mentazione che abbiamo analizzato recentemente su Ottaviano Zuc-
cari, suo primogenito, ci informa della iscrizione di questi agli studi
giuridici presso l’Università di Perugia, città nella quale risiedette
almeno fino al 1602 16. La scelta dell’ateneo non sembra casuale:
qui vivevano alcuni degli amici di suo padre che appartenevano al
cenacolo accademico e l’ambiente locale era, forse, più favorevole
alla famiglia rispetto a Bologna, che aveva un prestigioso Studio,
ma dove Federico non godeva di una buona reputazione 17. Per di
più troviamo documentata la presenza in Umbria di Giovampietro
Zuccari, cugino o nipote di Federico (ma non di lui fratello), anche
lui nato a Sant’Angelo in Vado, che lavorò come intagliatore, fra la
sua città di nascita, Roma e, soprattutto, a Perugia 18.

14
 L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini scritte e dedicate alla
Maestà di Carlo Emanuele Re di Sardegna, in Roma, per Antonio De Rossi, 1732, p. 168;
la segnalazione su Simonetto Anastagi risulta molto indicativa poiché questi era anche
molto amico dello scultore Flaminio Vacca (1538-1605), altro membro della cerchia
degli Zuccari, e non possiamo scartare la possibilità di uno o vari incontri tra il vadese
e il prestigioso architetto Simonetto Anastagi.
15
 Vedi ampiamente infra.
16
 Federico Zuccari inviò al duca di Urbino, Francesco Maria ii della Rovere una
lettera il 2 luglio del 1597 nella quale sollecitava la protezione per suo figlio Ottaviano,
che si era ritrovato in mezzo a controversie legali mentre studiava a Perugia. Si veda per il
documento G. Gronau, Documenti artistici urbinati, Firenze, 1936, pp. 239-240. Ottaviano
Zuccari appare in un atto notarile del mese di maggio del 1602 come iud, insigne doctor.
La notizia si trova su un documento di compravendita di una residenza familiare a Roma.
Si veda in: ADS di Roma, Trenta Notai Capitolini, notaio M. Saraceni, 30.5.1602, f. 958.
17
 R. Zapperi, Federico Zuccari censurato a Bologna dalla corporazione dei pittori, in
« Städel Jahrbuch », 13 (1991), pp. 177-190.
18
 Giovampietro Zuccari lavorò come intagliatore di legno presso l’Oratorio dei
disciplinati di San Francesco a Perugia dove realizzò il Seggio del Priore e il banco dei
regolari, così come un’immagine di Dio Padre per l’ingresso all’Oratorio e degli angeli,
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Conviene anche ricordare che l’abbondante storiografia locale


sull’Umbria dal Seicento agli inizi del Novecento menziona il nome
di Federico Zuccari e della sua scuola di pittura con il fine di ren-
dere magnificente la committenza e la produzione pittorica della zona
e, di fatto, sono rintracciabili numerose notizie, tuttavia a dir poco
scarsamente documentate, che alludono all’intervento del pittore e
del suo gruppo di lavoro in varie residenze private, ubicate sia nei
centri urbani, sia nelle campagne. In questo modo, certe caratteristi-
che formali, tematiche o narrative sviluppate da Zuccari e dalla sua
cerchia furono copiate, con delle impronte più personali, da parte di
artisti umbri ed anche da stranieri stabiliti nella regione. Purtroppo la
quasi totale assenza di monografie su ognuna di queste residenze ha
permesso fino ad oggi che ancora si parli di numerosi interventi nel
territorio, in realtà molto lontani dall’essere considerati come opere
autografe di Federico Zuccari e del suo entourage.
La questione ha risvegliato negli ultimi anni l’attenzione degli
storici e degli storici dell’arte specialisti della pittura manierista in
Umbria, anche se l’ambito di lavoro richiederebbe uno studio più
ampio sulla nozione di copia/rielaborazione/imitazione come con-
cepita da parte degli artisti locali rispetto agli affreschi ideati dai
fratelli Zuccari in altre residenze della nobiltà, fondamentalmente
nei territori dello Stato Pontificio, e nell’attuale regione Lazio in
particolare. A questo proposito, la storiografia locale ha menzionato
il suo intervento nella decorazione affrescata e quindi denominata
Sala Zuccari, ubicata nel Palazzo comunale di Spello, prima noto
come Palazzo Baglioni 19, nel centro della località situata tra Foligno
e Assisi. Tutto ciò a dispetto delle pubblicazioni più recenti che
hanno avanzato la possibilità di altro nome come artefice della sala:
Ascensidonio Spacca detto Il Fantino di Bevagna (1557-1646), un
pittore locale che conosceva molto bene le novità artistiche intro-
dotte dall’ambito manierista romano, quelle che caratterizzarono la
produzione di Cesare Nebbia, Girolamo Muziano, Federico Barocci
e certamente proprio Federico Zuccari e anche se le guide locali

queste ultime oggi disperse. Nella chiesa del Santo Suffragio di Perugia si conserva an-
che una sua immagine del crocefisso in legno. Si veda D. Tonti, La plastica e l’intaglio
del legno nell’opera di Giovampietro Zuccari (1578-1643), in Sacro e Profano alla maniera
dei Zuccari, pp. 228-259.
19
 Si veda la tesi di laurea di G. Proietti Bocchini, La “Signoria” dei Baglioni a
Spello: interventi architettonici sul territorio, Università degli Studi di Perugia, Facoltà
di Lettere e Filosofia, a.a. 1995-1996.
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attribuiscono ancora gli affreschi alla dinastia di artisti di Sant’Angelo


in Vado 20. In più, la possibilità che tale programma decorativo si
svolgesse intorno al 1589 sembrerebbe escludere la partecipazione di
Federico Zuccari al progetto, giacché lo stesso rientrò nella penisola
italiana all’inizio di quell’anno dopo un lungo soggiorno alla corte di
Filippo  ii in Spagna (1585-1589) e subito trascorse un breve periodo
a Pozzuoli, ma, sopratutto, doveva allora avere altre preoccupazioni
e doveri da affrontare, dopo tanti anni di assenza dalla capitale
pontificia.
Notizie analoghe circa l’intervento decorativo dell’artista si tro-
vano nelle vicinanze di Foligno a partire dal mecenatismo della
famiglia Elisei, in varie residenze della loro proprietà in zona. Oltre
al palazzo che costruirono nel centro di Foligno all’inizio del Sette-
cento, quando ebbero, nel 1699, la concessione del titolo marchio-
nale da parte di Cosimo iii de’ Medici, possedevano anche il castello
di Pale e una villa a Montefalco, decorata, a quanto risulta, da af-
freschi di Federico Zuccari, notizia 21, tuttavia, che non è verificabile
documentalmente; a Montefalco, non si ha memoria alcuna di questa
villa. La storica dell’arte Liliana Barroero e il suo gruppo di lavoro
hanno anche analizzato di recente l’erronea attribuzione alla scuola
degli Zuccari degli affreschi che decorano varie sale della Villa Clio
a Carpello 22, costruita soltanto a metà del Seicento, le cui pitture,
quindi, non possono essere ricondotte a Federico Zuccari. In questo
senso le loro ricerche convengono con la datazione dell’edificio al
1670 circa e con l’intervento dell’artista genovese Giovanni Andrea
Carlone, insieme a Niccolò Giuli e Giovanni Antonio Vincenti 23.

20
 Si conoscono pochi dati sul pittore e la sua produzione; si veda B. Ponti -
C. Ponti, Ascensidonio Spacca “Il fantino di Bevagna”, Perugia, Effe, 1998.
21
 La notizia rispetto a questo possibile intervento è in L. Marcucci - M. Villani,
Atlante del Barocco in Italia: Umbria, Roma, De Luca, 2012, p. 351; la scheda sugli
Elisei, a firma di Saverio Sturm, testualmente recita: « Alla nobile famiglia appartenevano
anche famose residenze extraurbane, come quella presso il castello di Pale [...] o la villa
di Montefalco, decorata da affreschi di Federico Zuccari e arricchita da giardini e giochi
d’acqua, entrambe oggetto di visite di personaggi celebri in viaggio verso il territorio di
Loreto, come Cristina di Svezia (1656), il granduca di Toscana, Cosimo iii de’ Medici
(1695) e la principessa Violante di Baviera (1714) ».
22
  Per l’attribuzione alla scuola di Zuccari si veda E. Bianchi, Intorno le pitture del
casino, possedute dai signori Antonini Berardi in Carpello (presso Fuligno) attribuite ai
fratelli Zuccari, Torino, Unione Tipografica Editore, 1876; M. Faloci Pulignani, Guida
illustrata di Foligno e dintorni, Foligno, Campitelli, 1909.
23
 Si veda L. Barroero - F. Bettoni - G. A. Carlone, Giovanni Andrea Carlone in
Umbria: gli affreschi di Villa Clio, Foligno, Orfini, 1998. Si veda anche l’opinione di
federico zuccari e la sua scuola in umbria 779

Simili congetture sono scaturite, così come ha ricordato Giovanna


Donadoni nella sua tesi di dottorato, intorno alla decorazione della
loggia del Palazzo degli Unti, a Belfiore nei pressi di Foligno. La
struttura architettonica, modificata durante gli ultimi anni, è stata
restaurata nel 2006 e tale intervento ha permesso di ripristinare il
loggiato recuperando la scarsa decorazione affrescata preesistente. La
storiografia locale aveva attribuito questo ornamento alla scuola degli
Zuccari e così manifestò Michele Faloci Pulignani, che vide l’insieme
nel 1893 e, quando ancora la loggia era aperta disse: « A Belfiore,
presso Foligno, vedesi una bella fabbrica con una grande loggia
dipinta secondo il gusto degli Zuccari » 24. Attribuzioni analoghe le
troviamo da ultimo nella stessa tesi di dottorato 25 sul presunto inter-
vento del pittore e del suo entourage nella villa di Girolamo Fabri
a Trevi 26, dopo la tradizionale (e unica) attribuzione del Natalucci,
insieme al Barocci e al Salimbeni, a Federico Zuccari 27.
Giorgio de Petra, autore di una recente monografia sul palazzo
Tempestivi di Montefalco, costruito alla fine del Cinquecento da
Cherubino (ii) Tempestivi, cameriere segreto di papa Clemente viii
Aldobrandini, ha evidenziato la tradizione storiografica locale che
aveva riportato alla scuola zuccaresca l’esecuzione degli affreschi del
monumentale salone con Storie della genesi, virtù cardinali, stemmi,
grottesche, e le ulteriori stanze adiacenti (con la Sala dei Cardinali,
ove sono raffigurate le Fasi del giorno e i Continenti allora cono-

T. Valenti, Gli autori degli affreschi della villa Clio Carpello, in « Gazzetta di Foligno »,
xxxviii (1923), 6 ottobre.
24
 G. Donadoni, Ville e residenze di campagna nell’Umbria del Cinquecento, tesi di
dottorato, Università degli Studi Roma Tre, a.a. 2008-2009, pp. 101-102. Si veda anche
la bibliografia precedente citata dall’autrice.
25
 Ead., pp. 151 e ss.
26
 Come recentemente ricordato, la villa venne costruita alla fine del ’500 per
Girolamo Fabri (figlio) « del dott. Marco Fabbri capo not. dell’A.C. e decano degli
offizi, circa il 1600, per solazzo della sua vecchiaia, della posterità e della patria »
(così: D. Natalucci, Historia Universale dello Stato Temporale ed Eclesiastico di Trevi,
ms. 1745, pp. 91-92 ed. orig., pp. 76-77, riediz. a cura di C. Zenobi, Foligno, 1985); in
merito alla attribuzione degli affreschi lo steso cronista locale così individuava l’edificio
e i possibili autori dei dipinti: « et il vago e delizioso casino alla piazza della porta del
Lago già dei sig.i Venturini, Onofri e Roncalli di Foligno. Adesso de’ sigg Carrara di
Terni; vagamente dipinto nelle volte delle sue stanze da finissima mano, creduta da
alcuni del Zuccari e del Baroccio, da altri del Salimbene; ornato con iscrizioni, statue
e balaustre di pietra ».
27
 Sulla identificazione dell’autore del ricchissimo ciclo di affreschi presenti nella
villa rinvio ora al contributo, in questi stessi atti, di Bruno Toscano.
780 macarena moralejo ortega

sciuti) e ancora la lunetta della prima loggia della residenza, con


raffigurazione allegorica della Scienza e della Abbondanza, unita
allo stemma vescovile dei Tempestivi 28. Tutti questi affreschi, pro-
babilmente eseguiti a più mani, sono riferibili a un periodo com-
preso tra il 1603 e il 1605 e sono ora ricondotti a quella pittura
di paesaggio che aveva visto a Roma, in Paul Bril (1554-1626) un
eminente caposcuola e nel suo epigono Tarquinio Ligustri (1564-
1615/1621) – come da un antico spunto di Claudio Strinati – un
possibile esecutore materiale degli affreschi di Montefalco, insieme
ai suoi collaboratori variamente citati nel testo. In merito all’attribu-
zione dell’autore di questo primo gruppo di affreschi 29, la mancanza
di documenti di archivio e di notizie su un eventuale soggiorno di
Federico Zuccari in zona, non permette di affermare – né tuttavia
di escludere in assoluto – l’intervento del maestro di Sant’Angelo in
Vado negli affreschi voluti da Cherubino Tempestivi nella sua sun-
tuosa dimora; in quella casa si ricorda del resto una visita nell’edi-
ficio di Federico Zeri che, entrando nel salone, alzò gli occhi e sem-
plicemente esclamò: Zuccari.
Descrizioni simili intorno all’intervento zuccaresco erano peraltro
nate anche a proposito del magnifico Palazzo Cesi di Acquasparta,
una delle residenze più importanti della regione, progettata come
palazzo della famiglia umbra all’incirca nel 1561-1564 e definitiva-
mente attribuita all’architetto Gian Domenico Bianchi (1567-1618) 30.
La costruzione, ultimata intorno al 1579, presenta uno stretto legame
architettonico con celeberrimi modelli romani precedenti e contem-

28
  G. de Petra, Il palazzo di Cherubino Tempestivi a Montefalco. Storia e arte in un
palazzo gentilizio umbro del xvi secolo, Perugia, Deputazione di Storia Patria per l’Um-
bria, 2013, pp. 264-276. Per la paternità del palazzo riferita al Vignola – attribuzione
definitivamente tramontata per l’accertata delimitazione temporale della realizzazione
dell’edificio, senza dubbio riferibile al 1593-1610 e oggi sostituita (ivi, pp. 220-227) con
quella – almeno nella sua ideazione generale – di Giacomo della Porta (1532-1602),
a lungo architetto della famiglia Aldobrandini – e degli affreschi agli Zuccari si veda
anche la bibliografia precedente: G. Bragazzi, La Rosa dell’Umbria. Ossia piccola guida
storico-artistica di Foligno e città contermine: Spello, Assisi, Nocera, Trevi, Montefalco,
Bevagna, Foligno, 1864, riedita da RHA, 2008; G. Angelini Rota, Spoleto e il suo terri-
torio, Spoleto, Panetto e Petrelli, 1920; G. Urbini, Spello, Bevagna, Montefalco, Bergamo,
Istituto d’Arti Grafiche, 1913.
29
  La lunetta della seconda loggia, con l’impresa del card. Cesare Facchinetti, allora
vescovo di Spoleto, unita alle armi Aldobrandini-Pamphilj, risulta invece databile tra il
1671 e il 1683.
30
 A. Biagetti, L’architetto del palazzo ducale di Acquasparta, in « Bollettino della
Deputazione di storia patria per l’Umbria », xxxi (1934), pp. 93 e ss.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 781

poranei, come la Farnesina di Baldassare Peruzzi, il Palazzo Farnese


di Antonio da Sangallo e le numerose residenze ideate nei dintorni
di Perugia per la famiglia della Corgna. Gli affreschi che decorano
alcune delle sale, con scene bibliche e mitologiche, sono stati at-
tribuite in passato alla scuola degli Zuccari. Una prima analisi de-
gli affreschi, circa venti anni fa, ha suggerito (G. Sapori) il nome
di un pittore umbro del Barocco, Giovanni Battista Lombardelli
(1535/1540-1592); più recentemente Maria Barbara Guerrieri Borsoi
ha fatto il nome dell’urbinate Riccardo Ripanelli quale autore della
Genealogia dei Cesi, di cui alla seconda fase (1624) degli interventi
pittorici dell’edificio 31, che oggi, in parte riaperto al pubblico, ren-
derà finalmente possibile uno studio veramente approfondito sull’ab-
bondante rappresentazione pittorica, riportata in ben tredici sale 32.
La storica dell’arte Giovanna Sapori fu anche una delle prime a
rigettare la presenza come pittore di Federico Zuccari e della sua
scuola nel programma decorativo costruito dalla famiglia della Cor-
gna sulle rive del lago Trasimeno, nel feudo di famiglia a Castiglione
del Lago. Il palazzo familiare si rifece al gusto del tempo e Ascanio
della Corgna scelse come programma un variato repertorio di rap-
presentazioni dei classici, eroi e favole dell’antichità, nelle quali non
mancarono delle allusioni alla storia della propria dinastia. Giovanna
Sapori e altri studiosi hanno dimostrato che nella decorazione del pa-
lazzo lavorarono il già citato Niccolò Circignani detto Il Pomarancio
e Gian Antonio Pandolfi 33.
Lo studioso Alessandro Novelli si è occupato di recente di
esaminare le circostanze intorno alle quali si costruì il Palazzo di
Bernardino Scotti nella città di Narni, così come della decorazione

31
 G. Sapori, Il palazzo Cesi di Acquasparta e la rivoluzione scientifica lincea, Pe-
rugia, ed. Delta, 1992; si veda quindi M. B. Guerrieri Borsoi, Il mecenatismo artistico
di Federico Cesi il Linceo, in « Studi di Storia dell’arte », 21, 2010 (2011), pp. 89-128.
32
 E si veda ora il contributo di Carla Benocci in questi stessi atti.
33
 G. Sapori, Artisti e committenti sul lago Trasimeno, in « Paragone », (1982),
393, pp. 27-61; Ead., I della Corgna mecenati del lago, in B. Toscano (a cura di), Tra-
simeno: Lago d’arte, Torino, Seat, 1994; E. M. Stella, Novità e precisazioni su Palazzo
della Corgna a Città della Pieve: la sala del concerto, in « Storia dell’arte », 80 (1994),
pp. 5-22; J. Lange, Un parnaso crudele e stravagante: gli affreschi del “mondo alla rove-
scia” in palazzo della Corgna a Castiglione del Lago, in « Art e dossier », 7 (1992), 69,
pp. 32-36; W. Pagnotta, I della Corgna e il loro palazzo, ivi, 7 (1992), 69, pp. 37 e ss.
Si veda anche lo studio più recente di M. P. Palomba, Il Palazzo ducale della Corgna di
Castiglione del Lago, la villa-castello di Salci: esempi di residenze nobiliari nel territorio
Trasimeno-Pievese, in Perugino e il paesaggio, Milano, Silvana ed., 2004, pp. 219-239.
782 macarena moralejo ortega

affrescata del piano nobile ed ha rigettato la presenza della scuola


di Zuccari come artefice, come proposto dal Cotini in una breve
descrizione dell’interno dell’edificio 34. In questo modo, e in base al
ritrovamento di nuovi documenti, egli ha suggerito il nome dell’arti-
sta Alessandro Torresani (1530-1590c.) e della sua bottega 35.
Fin qui gli affreschi; quanto ai lavori su tela o tavola realizzati da
Federico Zuccari conservati nella regione o che sono stati menzionati
nella storiografia locale è possibile trovare il nome della famiglia
dell’artista nell’opera Brevi notizie delle pitture et sculture che adornano
l’augusta città di Perugia, un saggio scritto da Giovanni Francesco
Morelli, pubblicato nel 1683. A questo proposito, e nonostante non
appaia il nome del pittore di Sant’Angelo in Vado nel corpo del te-
sto, abbiamo rintracciato nell’appendice, intitolata Breve aggiunta delle
pitture che si contengono nelle case di alcuni particolari, la menzione
di un’opera di Taddeo Zuccari, fratello maggiore di Federico, nella
galleria dei dipinti della prestigiosa famiglia degli Oddi di Perugia 36.
Serafino Siepi ricordò anche, nella sua celebre descrizione di
Perugia, l’esistenza di un quadro con la rappresentazione de La
Annunciazione, dipinto da Taddeo Zuccari, conservato presso la
raccolta del Palazzo Bracceschi 37. Baldassare Orsini (1732-1832),
prestigioso storico umbro, aveva già segnalato, nella sua Guida al
Forestiere per l’augusta città di Perugia, che Federico Zuccari aveva
dipinto per l’altare maggiore della cappella dell’Ospedale di Santa
Maria della Misericordia una pittura con la Strage degli Innocenti, e
che tale notizia venne ripresa da Giorgio Vasari 38. Cesare Crispolti
(1563-1608), contemporaneo e forse amico di Federico Zuccari, così
come eccellente conoscitore degli artisti residenti in città durante il
Cinquecento, segnalò nella Raccolta delle cose segnalate, che l’opera
che si trovava sull’altare, una tavola, era stata invece realizzata da
Giovanni Battista Ignoni (1528c.-1608), pittore modenese, colla-

34
 G. Cotini, Guida turistica della città e del territorio di Narni, Roma, A.Be.T.E.,
s.d., p. 39.
35
 A. Novelli, In casa dell’illustrissimo Bernardino Scotti: questioni architettoniche e
figurative nella Narni del Cinquecento, Roma, Campisano, 2012.
36
 Cfr. G. F. Morelli, Brevi notizie delle pitture et sculture che adornano l’augusta
città di Perugia, 1683, rist. Perugia, Volumnia 1973, p. 145.
37
 S. Siepi, Descrizione topologica-istorica della città di Perugia, Perugia, Garbinesi
e Santucci, 1822, i, p. 166.
38
 Cfr. B. Toscano (a cura di), B. Orsini, Guida al forestiere per l’augusta città di
Perugia, 1784, Treviso, Canova, 1973, pp. 80-83; Siepi, Descrizione topologico-istorica,
p. 458.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 783

boratore abituale della famiglia della Corgna nelle imprese artistiche


in Umbria 39.
Inoltre abbiamo anche riportato alla luce delle notizie sulla pre-
senza di un’opera dipinta da Federico Zuccari, e conservata a Perugia
almeno fino alla fine dell’Ottocento, con la rappresentazione di Ve-
nere nella conchiglia che misurava all’incirca mezzo metro/un metro di
altezza per sei metri di larghezza e che si valutò in 150 lire, lo stesso
prezzo di tassazione di opere realizzate da Moroni, Guercino, Gior-
gione o dai membri dalla scuola di pittura di Raffaello. Quest’ope-
ra, oggi non rintracciabile, potrebbe essere messa in relazione, a li-
vello tematico, con quella realizzata su richiesta di Vincenzo Gonzaga
a Mantova, nell’anno 1604 e conosciuta attraverso un poema scritto
dal carmelitano Cherubino Ferrari, uno degli amici più cari di Fe-
derico Zuccari 40. Proprietaria di questa Venere nella conchiglia – e
tante altre opere – era la famiglia perugina della Penna, che, molto
probabilmente, acquistò una parte della collezione dei dipinti del
Crispolti, morto nel 1608, partendo da un vantaggioso matrimonio
fra membri delle due famiglie. Ascanio della Penna (1607-1664),
primo ideologo di questa collezione, che si distinse nella società
dell’epoca per il gusto squisito, fu il principale artefice della pinaco-

39
 L’attribuzione a Giovanni Battista Ignoni fu segnalata probabilmente dopo la
revisione del testo di Crispolti da parte di M. Guardabassi nel suo Indice-Guida dei
monumenti, Perugia, Boncompagni, 1872, p. 178. L’abside è stata ristrutturata com-
pletamente, ma lo scrittore Walter Bombe assicurò di averla vista negli anni Venti del
Novecento. Si veda W. Bombe, Pittori non perugini, (1923-1928), pp. 14-15. Un’analisi
di questo possibile equivoco in L. Teza (a cura di), C. Crispolti, Raccolte delle cose
segnalate: la più antica guida di Perugia (1597), Firenze, Olschki, 2001, p. 207, n. 229.
Serafino Siepi nella Descrizione (pp. 455 e 458), parla della presenza nella cappella
battesimale di un « quadretto dipinto a olio su lavagna rappresentante il Battesimo di
Costantino, creduta opera di Federico Zuccari », così come della Strage degli innocenti
sull’altare maggiore « opera che offre in lontananza su di una loggia prospettica il re
Erode spettatore dello infando sterminio ».
40
 Cfr., C. Ferrari, Rime sopra diversi bellissimi soggetti del Rev. Padre Cherubino
Alberti da Milano, Milano, 1614, p. 23. Il poema appare riprodotto nel prologo da una
delle opere scritte da Federico Zuccari: Lettera a prencipi et signori amatori del disse-
gno, pittura, scultura et architettura, Mantova, 1605, fol. 4: Per una Venere ignuda fatta
dall’istesso Sig. Cavaliere (Federico Zuccari) al Serenissimo Signore Duca di Mantova. Per
l’opera appartenuta ai Gonzaga si veda il catalogo pubblicato da A. Luzio, La galleria
dei Gonzaga venduta all’Inghilterra nel 1627-1628: Documenti degli archivi di Mantova
e Londra raccolti ed illustrati, Milano, Cogliati, 1913, pp. 92, 152, 186, dove l’opera di
Federico Zuccari viene così descritta: « Un quadro grande dipintovi Venere et Adone ai
piedi morto, e sententi a morte in cingiaro con diversi amorini, opera di F. Z. stimato
scudi 80, L. 480 ».
784 macarena moralejo ortega

teca di famiglia. Purtroppo, i dati sull’esistenza del dipinto di Zuccari


nel Palazzo della Penna di Perugia si conoscono solo grazie ad un
inventario redatto alla morte di Fabrizio della Penna Crispolti (1779-
1838) dal notaio Giacomo Antonini. L’esame di questo inventario fu
compilato insieme ad una monografia intitolata Catalogo e stima dei
quadri appartenenti al Signore Cavaliere Fabrizio della Penna, Barone
Crispolti di Perugia fatto dal Signore Cavalier Giovanni Battista Wicar
nel mese di ottobre del 1826 41.
Il pittore Giuseppe Carattoli (1753-1850), che conosceva alla per-
fezione la collezione della Penna, scrisse anche un breve memorandum
il 29 agosto 1838, nel quale si occupò della divulgazione di alcuni dei
dipinti che erano stati dimenticati negli inventari precedenti. L’ultimo
discendente della dinastia, Fabrizio Ricci della Penna, soffocato dai
debiti, chiese la redazione dell’ultimo catalogo, quello destinato alla
vendita della collezione, a Roma nell’anno 1875, che disperse tutto il
patrimonio, anche il dipinto fatto dallo Zuccari, oggi irrintracciabile 42.
L’esistenza di notizie intorno alle attività di Federico Zuccari
nell’ambito della pittura affrescata nelle residenze della nobiltà umbra
o la presenza di tele e tavole di sua fattura nelle collezioni locali,
deve completarsi con i dati apparsi saltuariamente nella storiografia
locale sul suo contributo alla decorazione di spazi sacri. Quindi, si
è parlato dell’intervento della scuola zuccaresca negli affreschi situati
nella Cappella dell’Annunciazione della chiesa di Santa Maria degli
Angeli, presso Assisi, promosso dalla committente Laura Pontani
Coli, una possibilità tuttavia, al giorno d’oggi, difficilmente sosteni-
bile 43. Si è suggerito anche il nome di Federico Zuccari come pittore
del ciclo di affreschi realizzato per la chiesa di Santa Margherita, e
dedicato alla santa omonima, a Narni, attribuzione con scarso fon-
damento, giacché il committente, Aurelio Amigazzi, commissionò la

41
 Cfr. C. Belloni, La quadreria della Penna nel Palazzo dei Tre Archi, in E. Gui-
doni, F. F. Mancini (a cura di), Il Palazzo della Penna di Perugia, Venezia, Marsilio,
1999, pp. 59-75.
42
  Ibidem.
43
 Si veda C. Guasti, La Basilica di Santa Maria degli Angeli, Firenze, tip. Mariano
Ricci, 1882, p. 124; A. Cristofani - L. Leonelli, Guida d’Assisi e suoi dintorni, Assisi,
tip. Sensi, 1884, p. 94; E. Zocca, Assisi, Roma, La Libreria dello Stato, 1936, p. 33.
Il gruppo di storici dell’arte – L. Barroero, V. Casale, G. Falcidia, F. Pansecchi e
B. Toscano – autori del volume Pittura del ’600 e ’700: Ricerche in Umbria, Roma,
ed. Canova, 1980, ha difeso la possibilità di un intervento da parte dei seguaci di Fe-
derico Barocci, come Benedetto Bandiera, Scilla Pecennini e Simone Ciburri. Si vedano
le immagini in questo volume: pp. 216-224 e p. 409.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 785

decorazione probabilmente agli inizi del Seicento, durante la tappa


in cui il pittore era fuori Roma, sempre in viaggio, impegnato con
altri incarichi perfettamente datati 44. Curiosamente, se rivediamo la
produzione di Federico Zuccari troviamo soltanto una testimonianza
scritta analoga sull’esecuzione di una santa Margherita, oggi dispersa,
destinata alla Cattedrale di Cordoba (Spagna), notizia trasmessa dal
famoso scrittore delle vite di artisti spagnoli, Antonio Palomino, nella
descrizione della vita dell’artista 45.
Una errata attribuzione ai fratelli Zuccari si ritrova anche nella
vecchia bibliografia riguardante la Chiesa domenicana di Santa Ma-
ria Maggiore a Narni dove lavorarono, dopo un felice ritrovamento
dei documenti, due artisti fiamminghi attivi nella zona nella seconda
metà del Cinquecento: Marten Stella e Gilles Cognet, i veri autori
degli affreschi con Storie della Genesi 46. Il conte Giovan Battista
Rossi Scotti segnalò anche, nella sua Guida illustrata di Perugia, che
la scuola degli Zuccari si sarebbe occupata degli affreschi della sagre-
stia dei canonici nella Cattedrale di Perugia, una possibilità scartata
dagli studi più aggiornati con l’intervento del pesarese Gian Antonio
Pandolfi nel 1573 47.
L’analisi delineata finora ci permette di evidenziare dunque che
la fama e il prestigio di Federico Zuccari suscitarono una profonda
ammirazione e provocarono il desiderio di emulazione nella regione
da parte di artisti locali. Inoltre la storiografia ha provato ad attri-
buire alla scuola zuccaresca una serie di progetti con l’obiettivo di
potenziare il patrimonio artistico regionale. In alcune occasioni, tale
ammirazione si ripercuote favorevolmente nella copia, da parte di
artisti locali, in relazione ad argomenti iconografici resi popolari dal
vadese durante il suo percorso artistico. A questo riguardo il Palazzo
Bartoletti di Spoleto, poi Onofri e oggi Mastrolia, fu decorato dal
pittore umbro Benedetto Bandiera (1557-1634) con Scene mitologiche,

44
  Si veda G. Eroli, Descrizione delle chiese di Narni e suoi dintorni, Narni, Tip. Pe-
trignani, 1898, pp. 350 e 354.
45
 A. Palomino, Vidas, ed. de N. Mallory, Madrid, Alianza Forma, 1985, p. 75.
Si veda per l’edizione originale Id., El Museo pictórico y escala pictórica, Madrid, 1715-
1724, vol. i-iiii.
46
 Si veda G. Sapori, Van Mander e compagni in Umbria, in « Paragone », xli
(1990), 483, pp. 1-48.
47
  G. B. Rossi Scotti, Guida illustrata di Perugia, 1878, rist., Perugia, Rodana, 1988,
p. 35.
786 macarena moralejo ortega

paesaggi e grottesche in varie sale. La studiosa Brunella Teodori così


riferisce in un saggio pubblicato nel 1979:
Se esaminiamo infatti la vasta decorazione ad affresco eseguita a Spoleto,
nel 1587, nel Palazzo Bartoletti, da Benedetto Bandiera è evidente come il
riferimento a Barocci sia del tutto sproporzionato e inopportuno [...]. Nell’at-
mosfera così popolaresca degli affreschi, i contenuti culturali sembrano essere
soltanto quelli locali (e molto diluiti) quelli romano-zuccareschi, accademici,
tipici d’altra parte della maniera “di mezzo” per la componente zuccaresca  48.
A giudizio di Brunella Teodori, gli affreschi furono firmati e datati nel 1587,
datazione che rende impossibile attribuirli a Federico Zuccari, che si trovava
dalla fine del 1585 in Spagna come pittore di corte di Filippo ii; le ultime
proposte, in questo senso, segnalano anche il nome di Benedetto Bandiera.

Il restauro del 1995 evidenzia il debito contratto con Federico


Zuccari nella copia fedele di una delle sue opere per il tetto di una
delle sale, La verità rivelata dal tempo. Non si tratta di una copia
della scena de La Calumnia, come è stato segnalato nella scarsa bi-
bliografia precedente, ben conosciuta per il trattarsi di una pittura
emblematica dell’artista vadese della quale fece due copie, la prima
conservata a Hampton Court, e la seconda presso la collezione Cae-
tani di Roma, ed anche una nota incisione. Ci riferiamo, invece, ad
un piccolo particolare decorativo della cornice de La Calumnia, che
fu utilizzato come argomento per un dipinto, e che alla morte di
Federico Zuccari venne identificato nell’inventario del suo legato per-
sonale 49. Purtroppo non conosciamo né la datazione né l’ubicazione
attuale di quest’opera firmata da Zuccari mentre siamo al corrente
del tema per le due versioni incise richieste dal pittore, la prima,
fatta da Pieter Valck nel 1575 e la seconda nella quale Bandiera
trovò l’ispirazione in Philippe Galle 50.

48
 Un’analisi del suo profilo e dei vincoli con Federico Barocci è in C. Galassi,
Benedetto Bandiera, in A. M. Ambrosini Massari e M. Cellini (a cura di), Nel segno di
Barocci: Allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena, Milano, ed. Spa, 2005, pp. 322-325.
Si veda anche B. Teodori, Aspetti del baroccismo perugino: Benedetto Bandiera, Felice
e Vincenzo Pellegrini, in Arte e musica in Umbria tra Cinquecento e Seicento, Atti del
xii convegno di studi Umbri, Perugia, Università degli studi, 1981, pp. 275-299. L’autri-
ce allude anche al ruolo di tramite della maniera zuccaresca attraverso una serie di
personaggi legati al mondo romano ed umbro, come Nebbia, Circignani, Lombardelli
e Van den Broeck.
49
  W. Korte, Der Palazzo Zuccari in Rom. Seim freskensmunck und seine geschichte,
Leipzig, Heinrich Keller, 1935, p. 83.
50
  Si conoscono due disegni preparatori del tema, uno conservato presso la Galleria
degli Uffizi di Firenze e il secondo conservato presso l’Ashmolean Museum di Oxford.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 787

Altri confronti sono stabiliti da parte di esperti dell’arte manie-


rista nella regione e la produzione di artisti locali, come Tommaso
Maurizi, artefice di una Assunzione della Vergine, datata 1602, che
ripete lo stesso schema compositivo utilizzato da Federico e Taddeo
Zuccari, sebbene in questa occasione il posto scelto fu la chiesa di
Santa Maria delle Lacrime a Trevi 51. Simili considerazioni si sono
fatte intorno alla pittura dell’Adorazione dei Magi che si trova nella
chiesa di Santa Maria Delibera di Cerreto di Spoleto, che riprende
l’esecuzione di Federico Zuccari per la Cappella Grimani a San
Francesco della Vigna di Venezia, diffusa a partire dell’incisione di
Cornelis Cort 52.
La presenza di Federico Zuccari come pittore in Umbria, nono-
stante non sia ancora stata rintracciata da documenti presenti negli
archivi della regione, dovrebbe dunque essere affermata con certezza,
sopratutto tenendo presente una serie di episodi storici e culturali
legati alla vita. Attraverso la sua figura si ha l’avvento della pittura
moderna, prima ad Orvieto, insieme a Girolamo Muziano e Cesare
Nebbia, e poi tramite la Chiesa della Controriforma che si occupò
della promozione, grazie alla fondazione o il rinnovamento parziale
degli edifici di culto sul finire del Cinquecento. Tale impresa, di
lunga durata, interessò tutta l’area umbra, dimostrando anche una
veloce capacità di espansione e penetrazione. In questo senso, la mar-
cata vocazione devozionale che si coglie nella pittura regionale dalla
fine del Cinquecento è stata incoraggiata dalla presenza di figure di
spicco esponenti delle tendenze ufficiali dell’arte sacra, come Cesare
Nebbia, Durante Alberti, Santi di Tito e lo stesso Federico Zuccari 53.
Inoltre, da Roma si diffusero, grazie ad una catena di episodi di tipo
sociale, religioso e culturale una serie di stili “pseudoufficiali”, come
la grande decorazione tardomanierista e “giubilare” inaugurata dalla

Altre notizie riguardanti l’argomento in Acidini Luchinat, Taddeo e Federico Zuccari,


vol.  ii, pp. 57 e 58.
51
 P. Caretta - C. Metelli, Ricerche in Umbria, 3: La Teverina umbra e Laziale,
Roma, ed. Canova, 2000, p. 141.
52
 Cfr. il catalogo Bartsch, iii, 1854, n. 232 e 1980, p. 209. Si vedano anche le
riflessioni sul tema in: Barroero-Casale-Falcidia-Pansecchi-Toscano, Pitture del Seicento
e del Settecento: Ricerche in Umbria, p. 492.
53
  Si veda per un’analisi sul collezionismo, il mercato e gli argomenti pittorici scelti
dagli artisti di questo periodo il saggio di M.C. Bianconi, Committenza e collezionismo
fra xvi e xvii secolo, in Storia illustrata delle città dell’Umbria, Perugia, Milano, Elio Sel-
lino, 1993, vol. ii, pp. 497-512. La storica ricorda che una stampa di Federico Zuccari
appare menzionata nell’inventario del perugino Francesco Guidalotti.
788 macarena moralejo ortega

scuola dei fratelli Zuccari nelle ville urbane e di campagna nei pressi
dello Stato Pontificio che ebbero un grande successo nel territorio
umbro con imitazioni, repliche e copie 54.

Federico Zuccari Accademico a Perugia.


[Gli accademici] volevano con questo nome mostrare al mondo di essere in-
sensati, cioè di non attendere alle cose sensuali, ma, quelle fuggendo, esser solo
intenti alla contemplazione delle cose celesti et divine, onde questo nome dovrà
significare quasi il medesimo che contemplativi.
Cesare Crispolti, Príncipe de la Accademia degli Insensati 55.

L’artista vadese diventò membro dell’Accademia degli Insensati di


Perugia, fondata nell’anno 1561, in una data ancora da precisare e
lui stesso ce ne parla nei suoi scritti, così come appare nella dedica
e nella presentazione poetica dei due libri che conformano il suo
corpus estetico: L’idea de’ pittori, scultori ed architetti (Torino, 1607),
dedicati rispettivamente al duca di Savoia e al duca di Urbino. In
precedenza, nella Lettera a prencipi et signori amatori del disegno,
pittura, scultura ed architettura, una pubblicazione edita a Mantova
nell’anno 1605, Federico Zuccari adoperò il soprannome che aveva
utilizzato nelle riunioni accademiche, Il Sonnacchioso, nella propria
copertina dell’opera, omettendo la sua appartenenza all’Accademia
di San Luca di Roma ed anche all’Accademia del Disegno di Fi-
renze dove era stato ammesso nel lontano 1565. Il soprannome gli
permise di salvaguardare la sua vera identità ed anche di introdurre
delle modifiche ad una espressione pronunciata a Perugia preceden-
temente, in modo tale da renderla pubblica attraverso la narrazione
scritta utilizzando il genere letterario della “lettera aperta”, come in
altre occasioni. Si trattava, inoltre, di un testo più trasgressivo e co-
raggioso dell’italiano, nel quale non solo parlava di disegno, pittura,
scultura e architettura, ma anche richiedeva l’apertura di accademie

54
 Si veda Una ricerca tra centro e periferia: la pittura del ’600 e del ’700 in Um-
bria, in Il Barocco Romano e l’Europa, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,
1992, pp. 659-674; Pittura del Seicento: Ricerche in Umbria, Milano, Electa, 1989;
La pittura in Umbria meridionale dal Trecento al Novecento, Terni, Provincia di Terni,
1993; F. F. Mancini, La pittura in Umbria nel Cinquecento, in La pittura in Italia:
Il Cinquecento, i, Milano, Electa, pp. 369-386.
55
 C. Alessi, Elogia Virorum Illustrium Augustae Perusiae, 1595 ca. Il discorso
si conserva presso la Biblioteca Comunale di Perugia, ms. 1212, fol. 212. Un’analisi
dell’attività delle accademie a Perugia è in E. Irace, Le accademie e la vita culturale, in
Storia illustrata, ii, pp. 481-496.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 789

pubbliche nel territorio italiano a partire dal sostengo dei principi e


di altri notabili locali.
La sua condizione di Accademico Insensato compare anche nella
pubblicazione dei discorsi pronunciati presso l’Accademia di San
Luca di Roma, durante il periodo in cui ebbe il ruolo di principe, fra
il 1593 e il 1594, e che furono riuniti dal segretario dell’istituzione,
Romano Alberti, a richiesta di Federico Zuccari, e pubblicati a Pavia
con il titolo Origine e progresso del disegno, nell’anno 1604 56.
Dal nostro punto di vista, Federico Zuccari desiderava che fosse
conosciuta da tutti la sua appartenenza ad una istituzione di presti-
gio, vincolata strettamente con lo Stato pontificio per la sua ubica-
zione a Perugia e che inoltre raggruppava importanti rappresentanti
della vita culturale, religiosa e sociale non solo del territorio umbro,
ma anche degli stranieri come lo stesso artista. In questo senso si
potrebbe parlare della stretta convivenza di illustri umanisti, reli-
giosi e uomini di arte e lettere romani e perugini nella Accademia
degli Insensati concepita come una sorta di battistrada prima della
creazione di altre più rinomate durante il Seicento 57. La mancanza
di documenti riguardanti l’ammissione dei membri all’istituzione ci
ha condotto a riflettere sulla data dell’ingresso presso l’Accademia
dell’artista vadese. Uno dei testi che possiamo utilizzare per stabilire
la data ante quem è il discorso pronunciato da un membro dell’istitu-
zione, il benedettino Ventura Venturi 58. Si tratta dell’opuscolo deno-

56
 R. Alberti, Origine et progresso dell’accademia del dissegno de’ pittori, scultori &
architetti di Roma [...] recitati sotto il regimento dell’Eccellente Sig. Cavaliero Federico
Zuccari et raccolti da Romano Alberti Secretario dell’Academia, Pavia, Pietro Bartoli,
1604. Si veda il poema scritto da Federico Zuccari a p. 11 e firmato come Sonnachioso
Accademico Insensato.
57
 Per un elenco completo delle accademie a Roma, Napoli e Firenze si veda
J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Naples, Rome, Florence: Una histoire comparée des
milieux intellectuels italiens (xvii-xviii siècles), Rome, École Française de Rome, 2005,
pp. 677-688.
58
 Il benedettino risiedette quasi tutta la sua vita presso il monastero di Monte
Oliveto presso Siena, anche se è possibile che si recasse spesso a Perugia per parte-
cipare alle riunioni dell’Accademia degli Insensati, dove utilizzò il soprannome de Il
Velato. Ventura Venturi pubblicò alcuni dei suoi scritti, fondamentalmente panegirici
e composizioni poetiche. Notizie sulla vita e sulla attività come scrittore e teologo in
M. Armellini, Bibliotheca benedictino-casinensis, Assisii, typis Feliciani, & Philippi Cam-
pitelli fratrum, 1731-1736, iv, p. 48 e J. François, Bibliothéque générale des écrivains de
l’Ordre S. Benoit par un religieux benedictin de la Congregation de St. Vannes, Bouillon,
aux depense de la Societe typographique, 1777-1778, ii, p. 187. Per un profilo biografico
aggiornato si veda E. Ardissinio, Poemi biblici del Seicento, Alessandria, ed. dell’Orso,
2005, pp. 11-13.
790 macarena moralejo ortega

minato Conclusioni diverse di D. Ventura Ventura da Siena academico


insensato detto il velato, le quali si disputaronno in publica accademia
de gl’Insensati, pubblicato a Perugia nel 1597 59. Il testo, strutturato
in trentotto punti, venne diviso in quattro sezioni e nell’epigrafe de-
dicata al disegno il benedettino analizzò una serie di riflessioni che
Federico Zuccari gli aveva segnalato in una delle riunioni accademi-
che che contribuirono ad introdurre degli elementi di analisi nuovi
e chiarificatori 60.
Una parte della lezione pronunciata dal benedettino fu anche ri-
prodotta nell’Origine e progresso della pittura, la raccolta dei discorsi
degli accademici romani sopra menzionata; una decisione presa con
totale sicurezza, da parte dell’artista vadese, consapevole del fatto che
Ventura Venturi aveva trattato nella sua locuzione alcune questioni
di particolare interesse intorno al disegno che potevano completare le
proprie riflessioni sull’argomento, considerando inoltre che si trattava
di una voce (quella del Venturi) con piena autorità in quell’ambito
ecclesiastico in cui doveva ratificare pubblicamente il suo contri-
buto. A questo proposito Romano Alberti, artefice della raccolta
dei discorsi dati alle stampe, dichiarò che si trattava di « parte delle
conclusioni del Rev. Ventura Venturi da Siena accademico insensato
detto il velato disputate in publica accademia dell’insensati in Perugia
tra molte altre decisioni morali e poetiche queste del disegno ».
Conviene evidenziare che la discussione sostenuta fra Ventura
Venturi e Federico Zuccari avvenne prima dell’anno 1597 nella sede
perugina e ciò offre informazioni preziose su come venivano impo-
state le riunioni e le conversazione tra i membri, con una elevata
presenza del clero. Il pittore, molto probabilmente, imparò a Perugia

59
 Abbiamo rintracciato due esemplari di questo discorso accademico, il primo
presso la Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo e il secondo presso la Biblioteca
Augusta di Perugia.
60
 Nella dedica al marchese Ascanio della Corgna di questa lezione, Ventura Ven-
turi manifestò: « [...] m’è parso ragionevole ancora proporre alcuni precetti et verità, i
quali secondo il parer mio si ricercano à formare un bello et perfetto Poema Heroico.
Ho aggionto, finalmente, alcune determinationi sopra il Disegno, si per l’occasione d’una
disputa incominciata nell’accademia nostra dal Sig. Federico Zucchari, pittore famo-
sissimo, com’ancho perché io so quanto a V. E. simil materia [il disegno] debba esser
grata, essendo principal fondamento dell’architettura & delle fortificationi, delle quali
lei di maniera si compiace, che di continuo professori simil’arte n’alimenta ». Si veda
V. Venturi, Conclusioni diverse di D. Ventura Venturi da Siena academico insensato detto
il velato, le quali si disputaronno in publica accademia de gl’Insensati, Perugia, apresso
Pietroiacomo Petrucci, 1597, fol. 4.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 791

il valore della nozione di conversazione civile, un’espressione resa


di uso corrente da Stefano Guazzo (1530-1593) nel suo trattato La
civil conversatione, pubblicato per la prima volta a Brescia nel 1574.
Lo scambio di idee a livello verbale fra gli accademici stabiliva un
primo livello di comunicazione al quale, come ha ricordato Lorenzo
Sacchini nella sua tesi di dottorato 61, se ne aggiungevano altri che
portarono spesso alla stesura scritta dei discorsi con l’aggiunta dei
contributi di altri membri, un procedimento che lo stesso Federico
adoperò nella Accademia di San Luca a partire del 1593.
L’imitazione di questo modus operandi da parte di Federico Zuc-
cari nel contesto romano, così come l’adozione del ruolo di principe
come la carica di massima autorità nella sede romana di San Luca,
ad imitazione di quella perugina, ci conduce a pensare al probabile
ingresso dell’artista nel cenacolo perugino prima ancora dell’apertura
dell’istituzione romana nel 1593. A nostro avviso il vadese avrebbe
utilizzato come riferimento tutto quello che aveva imparato a Perugia
per stabilire il funzionamento interno dell’istituzione romana, creata
all’insegna di quella umbra, e nei suoi scritti si sarebbe presentato
sempre come debitore degli Insensati, la prima accademia dove aveva
imparato ad articolare dei discorsi, discutere con gli altri membri e
riflettere sulla possibilità di dare alla stampa ciò che era stato dibat-
tuto oralmente.
Inoltre Federico Zuccari provò un grande interesse per la diver-
sità sociale, culturale e religiosa che distingueva l’Accademia degli
Insensati, almeno rispetto al modello conosciuto dell’Accademia del
Disegno di Firenze, molto meno eterogeneo e privo di personaggi di
spicco dell’ambito umanistico, religioso e letterario. La presenza di
illustri personaggi nell’entourage del cenacolo umbro, come Ascanio
della Corgna, al quale Ventura Venturi dedicò l’opuscolo menzionato
sopra, era anche un motivo sufficiente per il pittore che non poteva
che sentirsi orgoglioso di far parte di questo gruppo, uno spazio nel
quale poteva completare la sua formazione attraverso il contatto con
un gruppo socio-culturale molto vario. Non si trattava di uno spazio
idilliaco ed utopico e, secondo la nostra opinione, neanche poteva
considerarsi come un paradiso di libertà creativa, ma la nozione di
speculazione e dibattito stava alla base della sua programmazione, la
stessa che l’artista provò a stabilire a Roma.

61
 L. Sacchini, Verso le virtù celesti: La letterata conversazione dell’Accademia degli
Insensati di Perugia (1561-1608), Ph.D., Durham, University, 2013.
792 macarena moralejo ortega

In ogni caso, l’ingresso di Federico Zuccari nell’istituzione pe-


rugina fu veicolato dai contatti che aveva avuto in precedenza con
importanti figure della società umbra legate strettamente a questa per
la loro condizione di membri dell’istituzione accademica. A questo
proposito, il numero di artisti che appartenevano al cenacolo era
molto ristretto e in mancanza di un elenco completo, possiamo
nominare i pittori Cesare Nebbia e Giovanni Battista Lombardelli
(1535/1540-1592) 62 ed anche (probabilmente) gli scultori Flaminio
Vacca – membro anche dell’Accademia del Disegno di Perugia e
Principe di San Luca nel 1599, attraverso la sua amicizia con Simo-
netto Anastagi – e Tommaso della Porta Il Giovane, anche quest’ul-
timo amico personale dell’artista vadese. La menzione di questi
nomi ci offre già informazioni preziose sul desiderio dei fondatori
degli Insensati di creare un gruppo articolato di specialisti in varie
discipline e non una copia dell’altra accademia di spicco in città,
l’Accademia del Disegno, fondata dall’architetto Raffaello Sozi e dal
pittore Orazio Alfani nel 1573 sulle orme di quella fiorentina 63.
Federico Zuccari era anche al corrente delle ultime vicende
storiche della città giacché, come membro della bottega del fratello
Taddeo, aveva partecipato alla decorazione della Anticamera del
Concilio del Palazzo Farnese a Caprarola nella realizzazione di un
affresco intitolato Sottomissione di Perugia dopo la ribellione contra
la tassa sul sale, che raccontava uno degli episodi più importanti e
significativi della storia recente del municipio 64.
In più, gli importanti contatti con il vicino Ducato di Urbino
agevolarono probabilmente il modo in cui l’artista si avvicinò all’isti-
tuzione accademica. Guidobaldo ii della Rovere, duca di Urbino e
principale protettore di Federico, insieme al suo discendente, Fran-
cesco Maria ii della Rovere, mantenne uno stretto contatto personale
con il cardinale Giulio Feltrio della Rovere (1532-1578) 65. Urbino

62
 C. Giovanelli Caldari, Giovanni Battista Lombardelli, in Le Arte nelle Marche al
tempo di Sisto v, Milano, ed. Silvana, 1992, pp. 322-327. L’autrice non segnala l’appar-
tenenza del pittore all’Accademia degli Insensati.
63
  Si veda con bibliografia precedente F. Boco (a cura di), L’accademia riflette sulla
storia: Perugia e le origini dell’Accademia del Disegno, secoli xvi e xvii, Atti del Conve-
gno, Perugia, ed. Futura, 2011.
64
 Si veda l’iscrizione: pavlvs iii pontifex maximus/pervsiam post defectionem/ad
officivm atqve/obedientiam compellit/anno a partv virginis/mdxl.
65
  Si veda I. Verstegen, Reform and renewed ambition: Cardinal Giulio Feltrio della
Rovere, in Patronage and dynasty, Kirksville, Missouri, Ian F. Verstegen, 2007, pp. 89-108.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 793

e Perugia rafforzarono i loro legami durante le due tappe in cui il


cardinale Giulio Feltrio della Rovere, figlio di Francesco Maria i della
Rovere e di sua moglie Elena Gonzaga, ebbe la carica di legato pon-
tificio a Perugia: la prima da adolescente, nel 1548, e posteriormente,
nel 1560. Questa circostanza favorì i due artisti che godettero della
protezione assoluta della famiglia della Rovere durante la seconda
metà del Cinquecento: Federico Barocci e il suo omonimo Zuccari.
Nel caso che ci occupa, e secondo il trattatista Raffaello Bor-
ghini, il cardinale della Rovere commissionò a Federico Zuccari due
pitture nel 1572, una copia di una delle opere più emblematiche
di Raffaello: San Pietro in carcere, destinata alla sua residenza di
Fossombrone ed una Assunzione della Madonna, oggi dispersa 66.
La scelta del cardinale Federico Borromeo, da parte di Zuccari,
come protettore dell’Accademia di San Luca a Roma nell’anno 1593
dovrebbe, in questo senso, essere messa in rapporto con le pratiche
tutelari che il pittore aveva conosciuto nell’ambito del cenacolo de-
gli Insensati e che furono anche incoraggiate dai legati pontifici che
succedettero nell’incarico al cardinale della Rovere a Perugia.
Fra le amicizie personali dell’artista nella cerchia accademica
umbra, possiamo evidenziare vari personaggi che provenivano dal
mondo della politica, la letteratura o l’arte, sia quelli nativi del
territorio come gli stranieri. Uno dei meno noti, nonostante la sua
amicizia con il pittore vadese, era Grazioso Graziosi, l’agente del
duca di Urbino, Francesco Maria ii della Rovere a Roma, il quale
adoperò il soprannome di Lo Spaventato 67. Federico Zuccari e
l’agente diplomatico intrattennero una fitta corrispondenza, fonda-
mentalmente negli ultimi anni di vita dell’artista, nella quale parla-
rono delle opere commissionate dal duca, i prezzi dei colori ed altri
affari professionali, essendo molto probabile un loro incontro nelle
riunioni celebrate a Perugia 68. Gaspare Murtola, poeta e segretario
personale del duca Carlo Emanuele di Savoia, fu anche membro de-

66
 Si veda R. Borghini, Il riposo, 1584, p. 573: « In questo medesimo tempo fece
due quadri grandi a olio per lo Cardinal d’Urbino, nell’uno dé quali è San Pietro in
Carcere, e questo fu mandato a Fossombrone: e nell’altro è la Vergine assunta in cielo,
e questo servì per la Cappella del palagio di detto Cardinale in Roma ».
67
 G. Graziosi, Discorso del sopradetto signor G. G., detto lo Spaventato, recitato
pubblicamente nell’Accademia Insensata, sopra l’impresa del signor Insensato, ms. 1058,
cc. 77v-86v.
68
 G. Gronau, Documenti artistici urbinati, Firenze, ed. Sansoni, 1936, pp. 36, 46,
156, 157, 163, 188, 189, 194-198, 218, 224-229, 260.
794 macarena moralejo ortega

gli Insensati, dove adottò il soprannome de Lo Scioperato. Secondo


la nostra opinione, ebbe occasione di rafforzare i vincoli col pittore
durante la sua ultima tappa di vita, quando il vadese risiedeva alla
corte di Torino, fra il 1606 e il 1608, anche se si erano conosciuti
precedentemente, forse a Perugia, giacché il poeta gli dedicò alcuni
dei suoi poemi pubblicati in una antologia poetica nel 1604, mentre
Federico scelse una delle sue poesie per il prologo al primo libro de
L’idea de’ pittori (1607) 69.
Federico Zuccari intrecciò anche una stretta amicizia con il poeta
perugino Filippo Massini, L’estatico intento, il quale impiegò questo
soprannome per firmare una delle sue poesie, pubblicata nel pro-
logo all’opera Origine e progresso dell’Accademia del Disegno 70. Lo
scrittore, membro di altre istituzioni di prestigio, come l’Accademia
degli Affidati e quella degli Intenti, ebbe un legame prossimo con
Torquato Tasso e con Giovanni Battista Marino, il secondo anche
membro degli Insensati 71. Il contributo narrativo di Tasso, in ogni
caso, fu discusso con una certa frequenza fra gli Insensati e, benché
non disponiamo di dati sul rapporto personale che unì Federico
Zuccari con Tasso, conosciamo una notizia sul presunto ritratto del
letterato, richiesto dal cardinale Cinzio Passeri Aldobrandini all’artista

69
 Il poema pubblicato da Murtola come omaggio a Zuccari in L’idea de’ pittori
era stato stampato prima in una antologia poetica del letterato genovese. Si veda, Rime
del Signore Gasparo Murtola cioè sonetti, gli occhi, le lacrime, i pallori, i nei, i baci, le
veneri, gli amori dedicate all’Illustr. & Reveren. Monsign. Alessandro Centurione [...],
Venezia, ed. Roberto Meglietti, 1604, fol. 15: “Per un bellissimo ritratto della Madonna
fatto dal Signore Federico Zuccaro, pittor famoso”. Invece, l’artista vadese decise di non
riprodurre un altro poema, sempre del Murtola, nel suo corpus estetico e che era stato
pubblicato nella stessa antologia segnalata sopra: « pittor famoso & scrittor eloquente:
Le penne gareggiar con li pennelli zuccaro ben fai tu ne le tue carte,/et quanto possi la
Natura, e l’arte /scopri con pregi gloriosi, e belli/fortunati i pareti, e questi, e quelli/saffi
il pennello tuo fa in ogni parte,/et hor la chiara luce & hor comparte/la vita, e’l moto,
che la man tua di elli/scrive la penna accortamente, e scioglie,/i disegni, e l’idee di tai
splendori,/che forsi tale in Ciel non han le stelle/anzi volo t’impiuma et a le soglie/del
ciel ti porta infra i beati chori/a Dio vicino et l’altre cose belle ».
70
  Il madrigale che scrisse per il prologo alla edizione dei discorsi dell’accademia ro-
mana non appare nell’opera di F. Massini, Rime, Pavia, ed. Viani, 1609, mentre abbiamo
rintracciato un sonetto intitolato Al cavaglier Federico Zuccaro, Ritratto della Sua Donna,
pubblicato a p. 29. Altre discussioni sui rapporti tra Zuccari, Massini ed altri letterati in
R. Ferro, Ritrovamenti per la biografia di Girolamo Preti, in Studi di Letteratura italiana
in onore di Claudio Scarpati, Milano, Vita e Pensiero, 2010, pp. 429-435, 440.
71
 Si veda L. Jacobilli, Bibliotheca umbriæ sive de scriptoribus provinciæ, Fulginiæ,
apud Augustinum Alterium, 1658, p. 230 e G. B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori
perugini, Perugia, tip. Baduel, 1828, vol. ii, p. 92. Per il rapporto con il Tasso si veda
Massini, Rime, pp. 73, 80 ed anche il sonetto scritto dal poeta alla morte di Tasso, p. 155.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 795

vadese, forse avendo come intermediario il poeta Filippo Massini,


che conosceva entrambi molto bene 72.
Quanto al cerchio degli amici latinisti di Federico Zuccari, al di
là di Pierleone Casella, del quale ci occuperemo più avanti, conviene
evidenziare Girolamo Bossi, che condivideva col pittore la sua ap-
partenenza all’Accademia degli Insensati. L’umanista, nato a Pavia,
pubblicò il suo epistolario in lingua latina in vari volumi dal 1613
al 1626. Il primo volume contiene una lettera indirizzata al pittore
nella quale Bossi gli esprimeva la sua felicità per la pubblicazione de
L’Idea de’ pittori, scultori ed architetti  73.
Girolamo Bossi, sempre nella lettera, nominò anche il pittore
Cesare Nebbia, amico di entrambi, che aveva avuto occasione di
vedere sia nelle riunioni degli Insensati, sia durante il soggiorno di
Federico e Cesare presso il Collegio Borromeo di Pavia, nel 1604,
dove affrescarono una delle sale. Lo scambio di saluti e luoghi co-
muni si estendeva al pittore Giulio Maino, il quale, prima di lavorare
a Torino, aveva vissuto a Pavia e fu anche compagno di avventure
di Federico presso la corte di Carlo Emanuele di Savoia. La lettera

72
 T. Frigeni, Aggiornamento sul ritratto di Torquato Tasso di Federico Zuccari, in
« Bergomum », 84 (1989), pp. 169-174.
73
 H. Bossii, Epistolarium Ticinensis, Pavia, ed. Ardizonium & Rubeum, 1613,
fol. 22v-22r: « Hieronymus Bossius Federico Zuccaro s(alutem). Taurinum. Quod tuae
litterae humanitatis et elegantiarum plenissimae, cum libro, qui Pictorum Idea inscribitura,
fuerint a tabellario idibus octobris, die scilicet Virgilio natali, mihi redditae, peropportune
siquidem optassem eo ipso furore ad versus pangendos me rapi, quo idem poetarum prin-
cipes ad praeclara Aeneae facinora epico stylo cantanda ferebatur. Sed eiuscemodi rem
votis, ego non sum ausus exoptare, cum de monte Pimplaeo, ut Catulus ait, Musis fur-
cillis praecipitem eijciant. Tuas itaque laudes, quae melius fortasse versibus celebrarentur,
non omnino praeteribo, ut opusculum me scias legisse, et leviter attingam, ut quales et
quantas merueris, me cognovisse intelligas, cum facile earum magnetudini fatear concedere
ingenium meum. Ut in pingendo semper es Zeuxim imitatus, sic eiusdem more, qui apud
Crotoniatas ex multis eximiae formae virginibus, quod pulcherrimum erat, elegit, ut Hele-
nae simulachrum effingeret, in hoc libro conscribendo tu mihi fecisse videris. Ex singulis
etenim artibus libero homine dignis, tanquam ex praestantis speciei foeminis, quod maxime
ad rem tuam faciebat, maxima diligentia et notasti et excerpsisti, ut, Federice Zuccare, sac-
charo ipso et melle dulcior tua esset disputatio, cum tuam ipsam Pictorum Ideam formare.
Sic pennicillo, ut suis verbis inquit Tuscus poëta, opera facis digna, quae scribantur, res
calamo autem scribis digna, quae legentur. Sed ne in eorum me centuriam referas, qui, ut
Piccolominei dicto utar, quamquam longe maiora de te sentiam, plura non scribam, Vale.
Cesare Nebbiam, summae integritatis virum, cui pictori atque poetae “Quidlibet audendi
duplex est facta potestas”, meo nomine salutes velim. Julio autem Maino, Ticinensi nostro,
quem sempre merito suo praesentem dilexi, absentem desideravi, etiam atque etiam a nobis
proximis hilaribus expectari significabis. Iterumque, vale, Ticino pridie martii Benedicta-
lia »; ringrazio la prof.ssa Diana Gorostidi per la trascrizione.
796 macarena moralejo ortega

conferma che un esemplare del corpus estetico di Zuccari era stato


mandato dal pittore ad uno dei personaggi più potenti della cultura
pavese. Altre notizie della lettera rafforzano la possibilità che tra
Bossi e l’artista esistesse una grande complicità, giacché il letterato
dichiarò che il modello femminile da imitare in pittura era la pittura
di Helena, così come appare in un poema in lingua latina pubblicato
nel prologo de L’Idea de’ Pittori, di autore anonimo, e che propo-
niamo di identificare con lo scrittore di Pavia per il riferimento
anche alla mitica donna classica nella lettera. In più Girolamo Bossi,
sempre nella lettera, fa anche un intelligente gioco retorico con il
cognome del suo amico (Zuccaro/Zucchero) e dimostra ampiamente
le sue conoscenze sul motto classico del Ut pictura poesis descritto
da Orazio (ed altri) nella sua Arte Poetica. Una delle questioni che
rimangono invece in ombra è la datazione della lettera scritta da
Bossi a Zuccari, giacché il pavese dichiarò di aver ricevuto il trattato
del pittore ad ottobre, ma aveva posticipato il ringraziamento fino al
mese di marzo. Le indicazioni che fornisce intorno alla festività di
San Benedetto risultano molto rivelatrici, perché il 21 marzo indica la
data nella quale la chiesa cattolica celebrava la sua festività all’epoca.
Quanto all’anno di redazione della lettera questa venne scritta suc-
cessivamente al 1607, anno della pubblicazione de L’idea de’ pittori,
e all’anno 1609, anno di morte del pittore.
Risulta anche molto curioso osservare come nell’ampio verificarsi
di scambi di questo cerchio esistevano delle coincidenze tematiche
nella redazione di scritti di amici comuni di Federico Zuccari, ar-
gomenti che, inoltre, potevano anche oltrepassare l’ambito letterario
per arrivare al pittorico. Come esempio possiamo evidenziare l’opera
che Girolamo Bossi scrisse col titolo De Toga Romana Commentarius,
mentre il letterato Girolamo Petri, forse anche lui membro dell’Acca-
demia degli Insensati, oltre che scrittore di una composizione poetica
destinata al prologo dell’Origine e progresso del disegno (Pavia, 1604),
fu anche l’autore di una lezione, inedita, per l’Accademia degli Umo-
risti di Roma sul colore che doveva adoperarsi nella rappresentazione
artistica delle toghe classiche 74.

74
  Cfr. H. Bossi, De toga romana commentarius (...), Pavia, ed. Frisius, 1614. Questa
opera fu ristampata nel 1671 ad Amsterdam. Per il discorso di Girolamo Preti pronun-
ciato presso l’Accademia degli Umoristi si veda BAV, Barb. Lat. 5346, fol. 1-19: Lezione
sopra il colore della toga antica de Romani recitata nell’Accademia degli Humorista di
Roma dal signore Girolamo Preti.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 797

Nell’ambito delle riunioni celebrate presso l’Accademia degli In-


sensati conviene anche sottolineare il contributo di Bartolomeo Zuc-
chi (1570-1630), storico e letterato di Monza, il quale probabilmente
ebbe anche un rapporto stretto con il pittore vadese 75.
Una delle principali opere del letterato, L’idea del segretario 76,
pubblicata nell’anno 1600, presenta, al di là delle somiglianze esi-
stenti col titolo scelto dal pittore per il suo trattato estetico nel 1607,
una serie di avvertimenti sulla pratica meccanica de’ L’arte della
scrittura, che molto probabilmente furono rivisti dall’artista, sempre
attento ad imparare le nuove tecniche di scrittura. A questo propo-
sito, Bartolomeo Zucchi dichiarò che il ragguaglio – uno dei generi
letterari preferiti dall’artista vadese – era la narrazione di un fatto che
poteva anche assumere la forma di un memoriale e che, in generale,
conteneva una serie di notizie di interesse pubblico o privato come
la salute, gli studi, il disegno dei palazzi, la descrizione di una città,
la produzione artistica o i giardini, argomenti questi che costituirono
anche il motivo di ispirazione di Federico Zuccari nella redazione
delle sue lettere aperte. La lettura de’ L’idea del segretario, non era
solo una fonte di consiglio per quelli che si iniziavano nell’arte della
scrittura a livello di nozione astratta, anche perche Zucchi stabilì dei
vincoli fra ogni modello letterario con degli esempi di ragguagli o
di lettere, distribuendo tutto l’insieme nel primo volume in funzione
delle loro tipologie. Ognuna delle lettere selezionate presentava una
struttura formale molto simile: una breve introduzione nella quale
Zucchi realizzò un breve profilo biografico del mittente e del destina-
tario della missiva, una sintesi dell’argomento della lettera e infine la
trascrizione dell’epistola, d’accordo con l’originale, nella quale doveva
apparire, se noto, il luogo e la data di spedizione. Una delle lettere
scelte da Zucchi, dal nostro punto di vista non a caso, fu quella che
Annibal Caro scrisse, il 2 novembre 1562, al pittore Taddeo Zuccari.
L’obiettivo era sottoporre all’artista delle istruzioni iconografiche

75
 Un profilo bio-bibliografico è in F. Argelati, Bibliotheca scriptorum, Mediolani,
in ædibus Palatinis, 1745, pp. 1702 e 2043; G. Ghilini, Teatro d’huomini, Venetia,
Guerigli, 1637, i, p. 25; F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano, nella stampa
di Francesco Vigone, 1672, p. 72.
76
 Cesare Crispolti, anche lui membro dell’Accademia degli Insensati, adoperò un
titolo molto simile per una delle sue opere: Idea dello scolaro, in Perugia, per Vincen-
tio Colombara, 1604. Si veda la edizione critica di F. Patrizi, La trattatistica educativa
tra Rinascimento e Controriforma: L’idea dello scolaro di Cesare Crispolti, Pisa, Istituti
Editoriali, 2005.
798 macarena moralejo ortega

circa la decorazione della stanza da letto del cardinale, conosciuta


come la Stanza del sonno o la Stanza dell’aurora nel palazzo di Capra-
rola 77. Questa lettera aveva assunto la categoria di lettera pubblica a
partire della stampa da parte di Giorgio Vasari nella vita di Taddeo,
probabilmente su richiesta proprio di Federico ed anche di Annibal
Caro nel suo epistolario. Non è invece conosciuta la scelta di Bar-
tolomeo Zucchi di riprodurre questo testo-chiave per l’iconografia
dell’ultimo Rinascimento, destinato anche a servire come prototipo
di imitazione fra le nuove generazioni di artisti 78.
Un altro umanista noto per il suo vincolo con Federico Zuccari
fu il sacerdote e latinista Pierleone Casella che divenne anche uno
dei suoi interlocutori nella redazione degli scritti di teoria dell’arte.
Il sacerdote faceva parte di una cerchia di esperti dell’antichità
classica residenti a Roma e molto vicini alla famiglia del cardinale
Alessandro Farnese 79, ma non si hanno notizie della sua appartenenza
alla Accademia degli Insensati 80. Le sue conoscenze dell’arte antica,

77
 A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, Firenze, Olschki, 1957-1961, iii,
n. 676; G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architettori nelle redazioni
del 1550 e 1568, ed. a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, v, Firenze, s.p.e.s., 1984,
pp. 576-585. Su Annibal Caro come consigliere iconografico si vedano: C. Davis, Vasari
e Annibal Caro “soggettista”, in Giorgio Vasari, a cura di L. Corti, Firenze, Edam, 1981,
pp. 124-129; e, soprattutto C. Robertson, Annibal Caro as Iconographer: Sources and
Method, in « Journal of the Warburg and Courtauld Institutes », xlv (1982), pp. 160-
181. Si veda anche G. Sapori, Dal programma al dipinto: Annibal Caro, Taddeo Zuccari,
Giorgio Vasari, in V. Casale, Storia della lingua e storia dell’arte in Italia. Dissimmetrie
e intersezioni, Firenze, ed. Cesati, 2002, pp. 199; E. Parlato, Hermathena a Caprarola, in
V. De Caprio - C. Ranieri, Presenze eterodosse nel Viterbese tra Quattro e Cinquecento,
Roma, ed. Izzi, 2000, pp. 159-191.
78
  B. Zucchi, L’idea del segretario dal signore Bartolomeo Zucchi da Monza academico
insensato di Perugia, rappresentata & in vn Trattato de l’imitatione, e ne le lettere di prin-
cipi, e d’altri signori, i-iv, in Vinetia, presso la Compagnia Minima, 1600; si veda la lettera
di Annibal Caro a Taddeo Zuccari, ivi, pp. 19-27. L’opera fu ampliata e ristampata in
varie occasioni all’inizio del Seicento. Abbiamo rivisto due edizioni, la prima, dell’anno
1600, e la seconda, del 1614. Nella monografia di U. Rozzo, Biblioteche italiane del Cin-
quecento tra Riforma e Controriforma, Udine, Arti Grafiche Friulane, 1994, p. 84 appare
citata una edizione pubblicata a Venezia nel 1606 che non abbiamo rintracciato.
79
 Si veda M. Moralejo Ortega, La corte del Cardenal Alessandro Farnese (1520-
1589) “parientes” y “familiares” españoles e italianos en el ámbito de las letras y las artes
in La visión del mundo en la tradición humanística: Autores, textos e imágenes, septiem-
bre 2011, Universidad de Salamanca.
80
  E. H. Gombrich, Pierleone Casella’ Elogia Illustrium Artificum of 1606, in « Journal
of Warburg and Courtland Institut », vol. 50, 1987, pp. 224-232; M. Moralejo Ortega -
P. D. Gorostidi, Artistas y humanistas en los escritos de Pierleone Casella: Pautas para un
estudio, en Libros con arte. Arte con Libros, Cáceres, ed. Consejería de Cultura y Turismo,
Junta de Extremadura - Universidad de Extremadura, 2007, pp. 519-529.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 799

l’emblematica e l’iconografia gli permisero di avvicinarsi al perugino


Cesare Ripa (1555/60-1645), anche lui membro degli Insensati. Infatti
Casella si occupò di disegnare, per il famoso libro della Iconologia
pubblicato da Ripa, la personificazione della Conversatione, che ap-
pare descritta come La Perfettione nella edizione del 1603, insieme
ad un’altra immagine di sua invenzione, La Concordia Maritale, uti-
lizzata proprio da Federico Zuccari per gli affreschi del suo palazzo
romano 81. L’attività di Pierleone Casella come epigrafista ebbe anche
rilievo per un altro personaggio dell’ambiente romano: lo scultore
Flaminio Vacca, al quale il Casella riferì delle notizie preziose che
furono poi riportate nell’opera: Memoria di varie antichità trovate in
diversi luoghi della città di Roma, dedicato al suo amico perugino
Simonetto Anastagi, noto membro della cultura umbra 82; e ancora la
figura di Simonetto Anastagi è da avvicinare a Federico Zuccari al
quale era noto come amico di Federico Barocci, di Flaminio Vacca
ed anche, probabilmente, del suo amico Domenico Theotocopulos
“El Greco” 83, del quale il perugino possedeva un dipinto con la
rappresentazione del crocifisso incorniciato in nero, così come ha
avanzato Cristina Galassi in un saggio sulla casa-museo di Simonetto
Anastagi a Perugia in cui è stata analizzata la sua collezione pittorica 84.

81
  C. Ripa, Iconologia overo Descrittione Dell’imagini Universali cavate dall’Antichità
et da altri luoghi, Roma, appresso Lepidio Facii, 1603.
82
 Per la pubblicazione di questo manoscritto si veda F. Nardini, Roma Antica,
Roma, G. Andreoli, 1704, pp. 1-24. Per la versione in lingua latina si veda B. de Mont-
faucon, Diarium Italicum (...), Paris, Anisson, 1702, ad vocem Vacca. In seguito si veda
C. Fea, Miscellanea filologica critica ed antiquaria, Roma, Puccinelli, 1790, pp. li-cvi.
Abbiamo rintracciato tre copie manoscritte del testo scritto da Flaminio Vacca negli
archivi e biblioteche romane. Per il nostro studio, e non avendo una edizione critica
del testo, abbiamo consultato la versione conservata presso l’Archivio Storico Capitolino
(Camera Capitolina, Cred. xiv, vol. 48, cat. 1197, fol. 15-42), con il titolo Ricordi di un
antiquario dall’anno 1500 all’anno 1594, Flaminio Vacca.
83
 Federico Zuccari e il cretese si conobbero probabilmente a Roma nell’ambiente
del cardinale Alessandro Farnese ed ebbero modo di ritrovarsi quando il pittore vadese
soggiornò alla corte di Filippo ii, e visitò la città di Toledo fra il 1585 e il 1589. Si
veda M. Koshikawa, El Greco and Federico Zuccari in El Greco in Italy and Italian Art,
Rethymno, University of Crete, 1999, pp. 357-371; per il regalo che Federico Zuccari
fece al pittore cretese a Toledo nel 1585 (un esemplare delle Vite vasariane), il ritrova-
mento della copia presso la collezione di Xavier de Salas e le annotazioni di entrambi
si veda F. Marias, El Greco y el arte de su tiempo. Las notas de El Greco a Vasari,
Toledo, Real Fundación, 1992.
84
 C. Galassi, La casa-museo di Simonetto Anastagi: Le stanze del collezionista, in
Case Museo in Umbria, Perugia, Fondazione Rainieri, 2013; Ead., Simonetto Anastagi
accademico e collezionista: Qualche considerazione, in L’accademia riflette sulla sua storia.
800 macarena moralejo ortega

Un contesto estremamente ampio, quindi, in relazione al quale, in


questa sede, non abbiamo nemmeno considerato che tipo di rapporti
il vadese ebbe con la nota Accademia del Disegno, fondata nel 1573
a Perugia, e dove l’importante numero di tecnici ed esperti nella
progettazione bellica non poteva non attirare l’attenzione di Federico
Zuccari, il quale si era anche occupato di questo argomento in un
memoriale scritto a richiesta del figlio ingegnere del Vignola 85; inoltre
il vadese probabilmente conosceva anche di persona i fratelli Danti,
noti architetti e teorici dell’arte umbri che, come il pittore, avevano
vissuto tanti anni a Firenze.
Per concludere è necessario sottolineare che i rapporti di Fede-
rico Zuccari con l’ambiente umbro restano ancora da studiare in
modo approfondito, sia nell’ambito delle committenze artistiche del
territorio, sia dei cenacoli accademici di Perugia dove il suo ruolo
come artista e teorico dell’arte è probabilmente da approfondire e
certamente da rivedere.

Perugia e le origini dell’Accademia del Disegno: secoli xvi e xvii, Perugia 2011, pp. 151-
172; si veda anche G. Sapori, Rapporto preliminare su Simonetto Anastagi, in « Ricerche
di Storia dell’Arte », 21 (1983), pp. 77-85.
85
  Si veda A. Lodovise - G. Trenti, I Vignola: Giacomo e Giacinto Barozzi, Vignola,
Fondazione di Vignola, 2004. Per il documento originale con l’adesione di Federico
Zuccari ai progetti ideati da Giacinto, e pubblicati per la prima volta a Perugia, si veda
BAV, Fondo Boncompagni, 32.
federico zuccari e la sua scuola in umbria 801

Fig. 1
Madonna con il Bambino Gesú in trono circondata daglie angeli insieme a quattro
Santi, tavola, Cappella Farratini, Duomo di Amelia, (Federico Zuccari)
802 MACARENA MORALEJO ORTEGA

Fig. 2 Fig. 3
Madonna, Sant’Anna e il Bambino Gesù, tavola di La verità rivelata dal tempo, affresco, Palazzo
altare, Santuario Madonna della Quercia, Narni, Bartoletti, poi Onofri, oggi Mastrolia, Spoleto,
(attrib. Federico Zuccari) (Benedetto Bandiera)
MaCaReNa MoRaleJo oRteGa

Fig. 1
Madonna con il bambino Gesú in trono
circondata daglie angeli insieme a quattro Santi,
tavola, Cappella Farratini, duomo di amelia,
(Federico zuccari)

Fig. 2
Madonna, Sant’anna e il bambino Gesù, tavola
di altare, Santuario Madonna della Quercia,
Narni, (attrib. Federico zuccari)

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