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1 Cfr. B. Cogo, Antonio Corradini. Scultore veneziano. 1688-1752, Este 1996 (con la bibliografia precedente). 2 M. G. Bottari, S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, Milano 1822 (ristampa A. Forni 1979), II, p. 125. 3 L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al secolo XIX, Venezia 1818, III, pp. 96, 110-111.
er tracciare la fortuna critica dello scultore veneziano Antonio Corradini (Venezia 1688 Napoli 1752)1, presente a Udine
con alcune delle sue statue di altissima qualit, sono esemplificative due citazioni molto note. La prima tratta da una lettera indirizzata a Francesco Gaburri, conoscitore darte fiorentino, dal pittore Antonio Balestra nel Natale del 1717. Il Balestra scriveva: Ancor qui in Venezia abbiamo di presente un giovane scultore, chiamato Antonio Corradini, che si porta assai bene, ed ha fatto una statua duna Fede col capo e Faccia velata, che una cosa che ha fatto stupire tutta la citt, a riuscire ed uscire con tanta grazia dun tal impegno, di far con il marmo apparire un velo trasparente, oltre la figura tuttavia graziosa, ben vestita e ben disegnata2. Nella seconda citazione, scritta un secolo dopo da Leopoldo Cicognara nel suo libro Storia della scultura, la lode del Balestra si trasforma in un duro criticismo. Secondo lo storico ottocentesco il solo merito delle statue velate di Corradini parlando della donna velata in casa del Marchese Manfrin consiste nella meccanica imitazione del velo che ricuopre la sottoposta figura. Il Cicognara sottolinea anche i difetti e le stravaganze di questo quanto arditissimo, e abilissimo lavoratore del marmo, il quale era altrettanto infelice nei concetti e nella composizione dei suoi gruppi 3. La lode del Balestra corrisponde allinizio della carriera internazionale dello scultore veneziano, carriera che non ha confronto con altri esponenti della stessa arte nella laguna. Durante la sua permanenza nella citt natale le sue opere ornavano gi le corti di
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4 Cfr. per es. A. Bacchi, in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova (a cura di A. Bacchi e S. Zanuso), Milano 2000 (Repertori fotografici, 11), p. 737, fig. 380. 5 G. Pavanello, Le statue della chiesetta di villa Baglioni a Massanzago, Arte Documento, 17-19 (Venezia, le Marche e la civilt adriatica, a cura di I. Chiappini Di Sorio), 2003, pp. 483-485. La statua, menzionata nelle fonti nel 1749 risale probabilmente alla seconda met degli anni Trenta. 6 A parte alcune statue, gi pubblicate (cfr. e. g. Cogo, Antonio Corradini..., pp. 224-225), si possono per es. menzionare ancora una statua sulla facciata di San Gaetano a Padova, una nel Duomo di Capodistria /Koper/ e una nel Duomo di Fiume /Rijeka/. 7 Per la discussione su alcuni imitatori cfr. Cogo, Antonio Corradini..., pp. 299-300. A parte le opere molto note di Innocenzo Spinazzi, scultore formatosi a Roma ed attivo a Firenze (Fede Velata nella S. Maria Maddalena de Pazzi), e a Napoli di Giuseppe Sanmartino (presente anche a Trieste, al cimitero di SantAnna, con la Religione, scolpita per Forio dIschia nel 1786 e per lungo data per perduta; cfr. P. Goi, Il Seicento e il Settecento, in La scultura nel Friuli- Venezia Giulia, II. Dal Quattrocento al Novecento (a cura di P. Goi), Pordenone 1988, pp. 136, 138, fig. 3), si pu menzionare anche la statua della Castit di Matys Bernard Braun a Kuks in Boemia, un riflesso dellattivit del Corradini a Vienna e per Praga, oppure, se la datazione nel 1719ca vera, frutto di un contato diretto con Venezia (cfr. per es. O. J. Blaz ic ek, Italienische Impulse und Reflexe in der bhmischen Barockskulptur, in Barockskulptur in Mittel- und Osteuropa, a cura di K. Kalinowski, Poznan 1981, p. 115, fig. 8). 8 Cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 165-169. 9 Cfr. A. Radcliffe, Montis Allegory of the Risorgimento, Victoria and Albert Museum Bulletin, I/3, 1965, pp. 25-38; Cogo, Antonio Corradini, pp. 299-300, fig. 112. 10 Tra le pubblicazioni sucessive cfr. per es. S. Guerriero, Episodi di scultura veneziana del Settecento a SantAndrea della Zirada, Venezia Arti, 10, 1996, pp. 57-60; M. De Vincenti, Piacere ai dotti e ai miglio-
San Pietroburgo e Dresda e la sua carriera continu a Vienna, Roma e Napoli. Durante il Settecento le donne velate di Corradini divennero modelli da seguire: il pi famoso dei seguaci era sicuramente Antonio Gai, che nel 1730 scolp una figura velata per laltare maggiore della chiesa veneziana di San Vidal4. Anche Giammaria Morlaiter, unaltro degli scultori di primo piano del Settecento veneziano, si presenta con una figura dello stesso tipo, la Fede, nellaltare nella chiesetta di Villa Baglioni a Massanzago, recentemente pubblicato da Giuseppe Pavanello5 Linvenzione corradiniana del velo che ricopre e scopre il volto e il corpo femminile non fu copiata solo nelle statue di grandi dimensioni scolpite da maestri di spicco, ma anche in quelle pi piccole, in marmo, pietra e legno, scolpite o modellate da seguaci poco noti o imitatori del maestro6 La maniera del Corradini ebbe eco anche fuori del confine della Serenissima, e precisamente nelle tappe della sua carriera Vienna, Roma e Napoli7 Anche nellOttocento, nonostante le parole di disprezzo dei critici8, la meccanica imitazione del velo continuer a suscitare interesse tra gli scultori, come per esempio Raffaele Monti9. Dopo decenni di studi su Antonio Corradini nel Novecento e la monografia scritta da Bruno Cogo nel 199610, alcuni aspetti stilistici e iconografici delle opere del Corradini restano ancora troppo poco studiati. Tra questi annoveriamo senza dubbio la formazione dello scultore, lo sviluppo della sua invenzione della donna velata, nonch i problemi della committenza, la sua posizione privilegiata tra gli scultori veneziani simile a quella di uno scultore di stato e non da ultimo le ragioni e i modi dei suoi spostamenti
ri. Scultori classicisti del primo 700, in La scultura veneta del Seicento e del Settecento. Nuovi studi (a cura di G. Pavanello), Venezia 2002, pp. 236243; M. Klemenc ic , Appunti sul neocinquecentismo nella scultura veneziana del Settecento, in Alessandro Vittoria e larte veneta della Maniera. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Universit di Udine, 2527 ottobre 2000 (a cura di L. Finocchi Ghersi), Udine 2001, pp. 236-242. Nuove schede enciclopediche: B. Cogo, in Saur. Allgemeines Knstlerlexikon. Die bildenden Knstler aller Zeiten und Vlker, 21, Mnchen Leipzig 1998, pp. 290-291; S. Zanuso, in La scultura, pp. 726-730; M. Klemenc ic , in Encyclopedia of Sculpture (a cura di A. Bostrm), New York London 2004, pp. 369-371.
11 M. Weber, Das Standbild Kaiser Karls VI. im Prunksaal der Nationalbibliothek in Wien: ein neuentdecktes Werk des Venezianers Antonio Corradini, Zbornik za umetnostno zgodovino, n. s. XLI, 2005, in corso di stampa. 12 A parte la menzione nella voce dellAllgemeines Knstlerlexikon (B. Cogo, in Saur, p. 290), le statue sono ancora in attesa di una pubblicazione, in corso di preparazione da parte di Michael Knuth, che ringrazio per la fotografia delle statue. Per le informazione sulle statue cfr. anche W. Bode, H. v. Tschudi, Beschreibung der Bildwerke der christlichen Epoche, Berlin 1888, pp. 78-79, cat. 266-267, tab. XVI. 13 H. Grandsart, Ferrires dcouverts, Connoissance des Arts, 535, 1997, p. 40; Zanuso, in La scultura, p. 727. 14 De Vincenti, Piacere..., pp. 240, 270-271 (figg. 37-39).
tra Austria ed Italia, tra Roma e Napoli. In generale restano da approfondire alcuni interi periodi della sua attivit soprattutto a Vienna e Roma. Questo dimostrato anche dalla recente acquisizione del corpus delle opere dello scultore: la statua dellimperatore Carlo VI scolpita tra il 1732 e il 1736 per la posizione centrale nella Biblioteca del Corte, la Prunksaal nel Hofburg di Vienna, studiata dalla studiosa viennese Monika Weber11, le due statue allegoriche della Ricchezza e Gloria (fig. 1) del Bodemuseum di Berlino, provenienti da collezione Pajaro e dunque della produzione veneziana di Corradini, attribuite allo scultore dal conservatore del museo Michael Knuth12, i due gruppi di Dresda, la Verit e la Scultura, scoperti recentemente, ora nella collezione Rotschild nel castello di Ferrires-en-Brie in Francia13, infine Arianna e Bacco di una collezione privata in Scozia14. Proprio lo stato della conoscen-
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za del corpus di Corradini dimostra che la situazione degli studi sullo scultore non soddisfacente. Lasciando da parte alcune sculture di attribuzione assai discutibile, dovuta alla bibliografia precedente, e presenti sotto il nome dello scultore ancora nel libro del Cogo15, si possono elencare non poche opere assenti invece dalle pubblicazioni monografiche sul Corradini, sebbene note da tempo agli storici locali delle zone di loro provenienza. Tra queste, forse la pi importante unaltra donna velata, la Fede, collocata in una delle sale del palazzo reale La Granja a San Ildefonso in Spagna e secondo ricerche locali risalente agli anni Venti del Settecento16. Tra le opere dellattivit veneziana dello scultore si inserisce anche una terracotta della Galleria nazionale di Praga: il bozzetto per il gruppo il Tempo che scopre la Verit, scolpito verso il 1719 per il Grosser Garten di Dresda17. Anche durante il suo soggiorno a Roma a Napoli, lartista era evidentemente pi attivo di quanto si
Fig. 2 A. Corradini, San Romualdo, Eremo di Monte Giove, Fano.
pensasse, come si pu dedurre dalla statua di San Romualdo (fig. 2) scolpita nel 17461747 per lEremo di Monte Giove presso Fano nelle Marche18, o da alcune statue presenti in Italia meridionale, come per esempio langelo di S. Domenico a Soriano Calabro del 17501751, pervenutoci in stato frammentario19. Tra alcuni con-
20 De Vincenti, Piacere..., pp. 237-238. 21 Cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 49-50, 164-177, 182. 22 De Vincenti, Piacere..., p. 237. In precedenza, la stessa identificazione stata sostenuta anche da A. Binion, La galleria scomparsa del maresciallo von der Schulenburg, Milano 1990, p. 127. Per i documenti cfr. P. Goi, Torretti e gli altri nei mausolei Manin di Udine, in Studi Forogiuliesi in onore di Carlo Guido Mor, Udine 1983, pp. 253-254 (non citato dal Cogo). Per Monumenti Manin, cfr. M. Frank, Virtu e fortuna. Il mecenatismo e le committenze artistiche della famiglia Manin tra Friuli e Venezia nel XVII e XVIII secolo, Venezia 1996 (anche per un quadro generale della committenza della famiglia) e M. De Vincenti, Sui monumenti Manin del Duomo di Udine, in Venezia Arti, 11, 1997), pp. 61-68 (per una rilettura del programma iconografico dei monumenti), con la bibliografia precedente. Infatti, non poche volte le importanti opere darte, prima di essere esportate da Venezia, sono state offerte ad una pubblica visione sulla Piazza di S. Marco (F. Haskell, M. Levey, Art exhibitions in 18th Century Venice, Arte veneta, XII, 1958, p. 180), nel caso di Corradini anche la Religione, arrivata in Russia nel settembre di 1722, ma prima esposta secondo Sava Ragusinskij, lagente del zar russo nella chiesa di San Marco. (cfr. S. O. Androsov, Pietro il Grande e la scultura italiana, Sankt-Peterburg 2004, p. 367).
tributi sul Corradini, pubblicati dopo la monografia del Cogo, di notevole interesse anche per la questione delle statue in Friuli soprattutto larticolo di Monica De Vincenti sugli scultori classicisti del primo Settecento, dove, tra laltro, la studiosa veneziana propone una rilettura del famoso passo del Balestra sopra citato. Questo di fatti, come segnala la De Vincenti, rileva tutti gli elementi dellarte del Corradini pi ammirati dai contemporanei: lestro inventivo, la componente del grazioso, la qualit del disegno, la maestria capace di rendere nel marmo con tecnica audacissima lillusione della realt20. Secondo gli studi precedenti, e a partire dal primo Ottocento, la donna velata ammirata dal pittore veronese sarebbe da identificare con il marmo nella collezione Manfrin, dispersa verso la met del Ottocento e identificata recentemente, almeno in forma dubitativa, con la statua velata del Louvre (fig. 3)21. La De Vincenti propone per lidentificazione della statua con la Religione (fig. 4), commissionata a Corradini dai conti Manin per loro monumenti nel Duomo di Udine. Infatti, la data della lettera del Balestra, 25 dicembre 1717, corrisponde molto bene alle date rinvenute da Paolo Goi tra le carte Manin: il 22 dicembre 1717 le statue del Corradini per il monumento menzionate come la Fede e la Fama sono evidentemente state appena scolpite, poich in questa data furono costruiti due cassoni per la loro spedizione a Udine e il 18 maggio del 1718 furono donate 75 lire al fratello di Corradini, Giovanni Battista, per la posa in opera delle statue22. Secondo la proposta di Monica De Vincenti, lopera pi nota del Corradini in
15 Tra queste sono da menzionare almeno le quattro statue delle virt sui due altari laterali nella chiesa di San Carlo Borromeo a Vienna, databile verso la met degli anni Trenta (cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 290-293), ma non di mano del Corradini. Quattro piccole statue del duomo di Rovigo (cfr. ibidem, pp. 178-180) sono gi state avvicinate a Jacopo Contieri (M. Klemenc ic , Scultori veneti nel Settecento a Lubiana, in Arte, storia, cultura e musica in Friuli nelleta del Tiepolo. Atti del Convegno internazionale di studi (Udine, 19-20 dicembre 1996), a cura di C. Furlan e G. Pavanello, Udine 1998, p. 109. 16 Pubblicata come opera del Corradini da T. Lavalle Cobo, La estatua de La Fe velada del Palacio de
La Granja, obra de Antonio Corradini, Archivo espaol de arte, LXII/246, 1989, pp. 211-216. Secondo le fonti la statua fu donata alla regina Isabella Farnese dal nunzio Aldobrandini, il quale ha tenuto la sua posizione a Roma tra 1720 e 1731. Se questo sia vero, si apre il problema dei legami tra Corradini e Roma gi negli anni Venti. La statua documentata in Spagna nel 1746 e menzionata con il nome dellautore gi in un inventario del 1773 (M. J. Herrero Sanz, Localizacin de las esculturas del Palacio Real de La Granja de San Ildefonso segn los Inventarios Reales, Reales Sitios, XXXVII/144, 2000, pp. 17, 24). 17 Il bozzetto (altezza 34,5 cm), proveniente dal fondo di bottega dello scultore praghese Ignc Platzer, stato pubblicato in una rivista tedesca
gi nel 1926-1927 e dopo ancora alcune volte da Oldr ich J. Blaz ic ek. Cfr. O. J. Blaz c ek, in Ignc Platzer. Skici, modely a kresby z praz sk sochar sk dlny pozdnho baroku (Praha, Nrodn galerie, Jir sky Kls ter, prosinec 1980 nor 1981), Praha 1980 (Edice profily a pr ehledy, 38), p. 13 (cat. 2), fig.1 (con bibliografia precedente); Blaz c ek, Italienische Impulse..., pp. 122-123, fig.12. Per il gruppo di Dresda cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 241-243. 18 A. Narducci in http://www.comune.fano.ps.it/cultura/storia/m.giove/S toria.htm [1/7/2005]. Mentre non ho potuto consultare il libro Monte Giove. Un eremo camaldolese a Fano, a cura di M. Belogi, Fano 1996. 19 Calabria (a cura di R. M. Cagliostro), Roma 2002 (Atlante del Barocco in Italia), p. 709.
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si pu solo riconsiderare come le due statue si inseriscano nella cronologia del corpus del Corradini. Attraverso puntuali confronti tra opere simili, possiamo dedurre alcune peculiarit stilistiche dei vari periodi dellattivit dellartista. Le statue udinesi, la Religione del 1717, lArcangelo Raffaele e Sara, inoltre la donna velata del Louvre, i frammenti delle due statue a Petergof in Russia (la Fede del 1718 e la Religione del 1720/1722), la Donna velata di Ca Rezzonico, la Madonna col Bambino della chiesa delle Eremite a Venezia e SantAmbrogio di San Stae del 172025 dimostrano tutte una ricerca intensiva sulle tecniche per rendere naturalistico sia il corpo, coperto dal velo,
23 Per la Fama cfr. Goi, Torretti,
fig. 7. 24 Per la discussione della bibliografia sulle statue cfr. Cogo, Antonio Corradini..., pp. 68, 204-208, e Zanuso, in La scultura, p. 729; cfr. G. Mariacher, Lo scultore Antonio Corradini, Arte Veneta, I, 1947, pp. 203-216; A. Rizzi, Il Settecento. Storia dellarte in Friuli, Udine 1967, p. 29. Rimane molto interessante ancha la storia dellaltare della Confraternita delle Anime Purganti: secondo le conoscenze attuali sarebbe stato edificato alla fine del 600 e forse rifatto intorno a 1719-1720 (Cogo, Antonio Corradini..., p. 204). I tre puttini nella parte superiore sono stilisticamente collegabili con lambito marinaliano e si avvicinano alle opere di Angelo (de) Putti, attivo nel secondo decenio a Ljubljana e proprio intorno al 1719 trasferitosi a Ferrara. Per il Putti cfr. M. Klemenc ic , Francesco Robba in benes ko baroc no kiparstvo v Ljubljani, Ljubljana 1998, pp. 23-27.
Friuli dunque legata agli esordi della fama internazionale dello scultore. A parte le due statue per il monumento Manin, la Religione velata e la meno interessante Fama23, a Udine si trovano ancora due statue sullaltare delle anime nella chiesa di San Giacomo: larcangelo Raffaele e Sara (figg. 56). Di queste purtroppo non abbiamo notizie documentarie. La tradizione locale attribuisce una provenienza romana alle due statue fino ai primi anni Trenta del Novecento, quando si trova invece lattribuzione al Corradini. Gli storici darte, che in seguito hanno trattato il corpus dello scultore, si sono dunque posti il quesito sulla datazione delle statue udinesi: se siano state realizzate nel periodo quando Corradini scolpiva la Religione per il Duomo e quando, tra il 1719 e 1720, sono datati anche lavori di restauro nella chiesa di San Giacomo, oppure negli anni Quaranta, quando Corradini si trovava effettivamente a Roma. Nel 1947 Giovanni Mariacher fa risalire le statue ancora al periodo romano. Successivamente, soprattutto con Aldo Rizzi (1967), si propone una datazione subito dopo il 1720. Una conferma sar possibile soltanto dopo unattenta ricerca archivistica, sia per trovare i dati sulla Confraternita delle Anime Purganti che sul presunto committente, Giuseppe de Masotti24. Nel frattempo
25 Per le statue menzionate cfr. Cogo, Antonio Corradini, passim, nonch Androsov, Pietro il Grande 2004, pp. 184, 366-367. Si pu inoltre aggiungere che la datazione della Madonna delle Eremite va forse anticipata per qualche anno (nel Cogo, Antonio Corradini, pp. 195-197, datata 1721-1723), siccome sembra di precedere stilisticamente la Verginit della chiesa dei Carmini del 1722-1723. 26 Cfr. Cogo, Antonio Corradini, passim, nonch Zanuso, in La scultura, pp. 726-730.
che i diversi materiali delle vesti. La raffinatezza dei panneggi rivela una ricerca attenta della statuaria classica e cinquecentesca. Verso la fine di questo periodo, nei primi anni Venti, le ricerche stilistiche del Corradini prendono una nuova direzione. Per lo scultore diventa importante lintera composizione delle statue o dei gruppi pi che labilit tecnica nei particolari delle superfici. Questo rilevabile a partire dai gruppi di Dresda scolpiti dal 1719 al 1723, dove in alcuni, come per esempio il Tempo che scopre la Verit, dimostra ancora una vera raffinatezza nella modellazione collegandosi dunque al periodo precedente. Una ricerca intensiva sulla composizione prevale per gi nella Verginit del 17221723 della chiesa dei Carmini a Venezia (fig. 7), come anche nella Piet di San Mois del 1723 e nellAltare del Santissimo Sacramento del Duomo di Este degli anni 1722172526 La differenza tra i due periodi dimostrabile con il confronto tra le prime figure velate e la Fede velata dallaltare estense, alla quale decisamente manca la raffinatezza delle statue precedenti. Il periodo viennese degli anni Trenta, ancora poco studiato, dimostra una continuazione nella stessa direzione. Il periodo romano e quello napoletano sembrano invece riproporre un ritorno alle origi-
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27 Cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 296-301, 308-319. 28 T. Temanza, Zibaldon, edizione a cura di N. Ivanoff, Venezia - Roma 1963 (Civilt Veneziana, Fonti e testi, VI, Seria Prima, 3), p. 33; Cogo, Antonio Corradini, pp. 36-37, 60-62.
ni: Corradini esalta nuovamente labilit tecnica con le sue due famose donne velate, Vestale Tuccia (1743) del Palazzo Barberini a Roma e la Pudicizia (1752) della Cappella Sansevero a Napoli27. Il confronto tra queste due donne velate e quelle scolpite allinizio della sua carriera, dimostra una grande differenza: le due sculture tarde non hanno laria fresca e linventiva dei lavori giovanili, sembrano per pi sicure nellidioma stilistico conquistato ormai da lungo tempo dallo scultore. Proprio per questo, come gi detto, sembra pi giustificato collegare le due statue udinesi di Sara e Raffaele con il periodo intorno al 1720 piuttosto che con periodo romano di Corradini. Nonostante questa precisa definizione dei vari periodi nel corpus dello scultore, saranno in futuro da chiarire anche alcuni casi di statue che non si inseriscono bene in una tale periodizzazione, come per esempio la statua di S. Romualdo del 17461747 stranamente lontana dal virtuosismo delle donne velate di Roma e Napoli. Queste differenze vanno forse collegate con la questione iconografica, alla quale lo stile della scultura si doveva subordinare. Nonostante gli importanti contributi agli studi sul Corradini degli ultimi anni, uno dei temi da approfondire resta quello della formazione dellartista. Purtroppo ci mancano gli elenchi dei contratti di garzonato del periodo, quando Corradini cominci ad apprendere la sua arte. Negli scritti di Tomaso Temanza risulta per chiaro che il maestro dello scultore era Antonio Tarsia, pi tardi diventato suo suocero28. Tra le opere certe del Corradini lo stile del Tarsia quasi impossibile da decifrare, se non nellidea del neocinquecentismo e nel richiamo della statuaria cinquecentesca, alla quale il Tarsia comincia a guardare solo dopo il periodo di apprendistato del Corradini. La prima maniera di Tarsia, legata soprattutto al classicismo bolognese, si riconosce pi palesemente solo in una piccola statua della Fede del museo di Padova, recentemente riproposta da Paola Rossi come opera giovanile di CorraFig. 9 G. Bonazza, Maria Madallena, Museo Spencer, University of Kansas. Fig. 10 A. Corradini (?), Monumento a Giuseppe Maria Bottari, chiesa dei Frari, Venezia.
dini29. Interessante, sebbene poco studiata, rimane la notizia sulla documentata presenza del giovane Corradini a Padova, dove nel 1709 si trattenne per un mese nella bottega dello scultore Giovanni Bonazza e fece alcuni lavori per Bortolo Verona30. Giovanni Bonazza si era trasferito da Venezia a Padova negli ultimi anni del Seicento e al tempo era gi riconosciuto come personaggio centrale nella scena della scultura padovana. La sua arte potrebbe aver esercitato un influsso sul giovane scultore veneziano e questo spiegherebbe la ricerca sulle possibilit offerte dalla modellazione delle superfici, tipica anche del Bonazza, sebbene da questi condotta con risultati molto diversi da quelli del nostro scultore. Poco dopo il soggiorno padovano, nella statua di SantAnastasia (fig. 8) di Zara, databile intorno a 1713, prima opera certa firmata del Corradini,31 possiamo notare una modellazione del volto e alcuni particolari, soprattutto gli occhi socchiusi, simili a tante opere del Bonazza o dei suoi epigoni32. A parte la statua di Zara, non abbiamo altre opere certe di Corradini prima degli episodi udinesi del 1716/171733. Esiste per unaltra opera a Venezia, databile al 1708, che potrebbe appartenere al periodo giovanile e di fatti non sembra ancora dimostrare richiami allo stile del Bonazza. Si tratta di monumento a Giuseppe Maria Bottari (fig. 10) ai Frari, attribuito a Francesco
29 P. Rossi, in Dal Medioevo a Canova. Sculture dei Musei Civici di Padova dal Trecento allOttocento, catalogo della mostra di Padova, Musei Civici agli Eremitani, 20/2 16/7/2000, a cura di D. Banzato, M. De Vincenti e F. Pellegrini, Venezia 2000, pp. 201-202, cat. 184; Klemenc ic , Appunti, p. 237. 30 Cogo, Antonio Corradini..., pp. 41-43. 31 Cogo, Antonio Corradini, p. 45, 153; R. Tomic , Barokni oltari i skulptura u Dalmaciji, Zagreb 1995, pp. 113, 116. 32 Come confronto vorrei presentare una Maria Madallena (fig. 9), stilisticamente chiaramente assegnabile a Giovanni Bonazza, ma ancora ignota agli studi veneziani e nella bibliografia attribuita allo scultore romano Bernardino Ludovisi. Per la statua al Museo Spencer, cfr. R. Enggass, Bernardino Ludovisi: A New Attribution, The Burlington Magazine, CXX/901, 1978, pp. 229-230; O. Minervino, Nuovi contributi su Bernardino Ludovisi scultore romano, in Sculture romane del Settecento, III. La professione dello scultore (a cura di E. Debenedetti), Roma 2003, p. 291 (nota 110), fig. 39. Per i confronti con il Bonazza cfr. S. Guerriero, Per lattivit padovana di Giovanni Bonaza e del suo valente discepolo Francesco Bertos, in Bollettino del Museo Civico di Padova, XCI, 2002 [2003], pp. 105-120; per Bonazza in generale M. Klemenc ic , in: La scultura..., pp. 702-704. 33 SantAnastasia la prima opera documentata del Corradini. La statuina della Fede di Padova rimane problematica come attribuzione, ma sembra possibile di inserirla nel periodo prima del 1717; e la collaborazione di Corradini nella statuaria sulla facciata di San Stae (cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 39-41, 148-150), testimoniata dalle fonti ottocentesche mi sembra problematica.
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Penso Cabianca34. Confronti con opere certe di questo periodo del Cabianca, per esempio con quelle di Cattaro /Kotor/, non confermano questa ipotesi35. Pi stringenti mi sembrano invece i legami con alcune opere del Corradini, con angiolini sulla tomba di S. Emma a Gurk e sullaltare del Santissimo ad Este36, anche se questa proposta di attribuzione deve ancora aspettare una conferma pi precisa. Un giudizio simile si presenta per unaltra opera, vicina alla produzione di Corradini, ma in questo caso sotto un pi forte influsso
Fig. 11 A. Corradini (?), Pittura, Castello di San Salvatore, Susegana.
34 Cfr. S. Zanuso, in La scultura, p. 712. 35 Per le opere di Cabianca nelle
Bocche di Cattaro e Dalmazia cfr. Zanuso, in La scultura, p. 711 (con bibl.), Tomic , Barokni oltari, p. 81ss.; M. De Grassi, Venecijanska skulptura u Boki Kotorskoj, Podgorica 2001, pp. 32 ss. 36 Cfr. Cogo, Antonio Corradini, p. 215 (fig. 59). 37 C. Ripa, Iconologia [Padova 1618], edizione a cura di P. Buscaroli, Milano 1992, p. 357. 38 S. Androsov, Pietro il Grande collezionista darte veneta, Venezia 1999, p. 227; Androsov, Pietro il Grande 2004, pp. 368-369; cfr. anche M. De Grassi, Lantico nella scultura veneziana del Settecento, in Antonio Canova e il suo ambiente artistico fra Venezia, Roma e Parigi (a cura di Giuseppe Pavanello), Venezia 2000, pp. 47-48, con la proposta di individuare il collaboratore del Corradini in unaltro scultore, attivo per la committenza Russa, Giuseppe Ziminiani.
ma in ogni caso dimostrano alcuni elementi stilistici di Corradini poco noti nelle altre sue opere. Soprattutto la Scribonia (fig. 12), con i cappelli con i riccioli stilizzati, occhi grandi e il sottile, trasparente panneggio sul seno, si avvicina alla Pittura. Alcuni di questi elementi si trovano anche nelle altre opere del Corradini, per esempio i riccioli stilizzati nella figura degli angeli di Este (fig. 13) e di Josephsbrunnen di Vienna39. Daltra parte dimostrano una certa dipendenza dai motivi bonazzeschi, come per esempio il modellato del volto e, nel caso della Pittura, anche il ta39 Cfr. Cogo, Antonio Corradini, pp. 213, 273 (figg. 57, 94). 40 Per i Bonazza e le loro opere cfr.
M. Klemenc ic , in La scultura, pp. 700-705, figg. 249-274.
del Bonazza. Si tratta di un busto (fig. 11) inedito, sito nel Castello di San Salvatore dei Conti di Collalto a Susegana, e che corrisponde molto bene alle parole di Cesare Ripa sulla personificazione della pittura: Donna bella, con capelli negri, & grossi, sparsi, & ritorti in diverse maniere, con le ciglia inarcate, che mostrino pensieri fantastici [] con una catena doro al collo, dalla quale penda una maschera [] Terr in una mano il pennello, & nellaltra la tavola37. Il busto, scolpito in marmo di Carrara, pu essere avvicinato ai due superstiti della grande serie di 18 busti scolpiti nella bottega del Corradini tra la fine del 1716 e linizio del 1717 per il Giardino dEstate. Scribonia, prima moglie di Augusto, e Petronia Prima, moglie di Vittelio sono purtroppo evidentemente un lavoro di bottega38,
glio della intera figura, in particolare con le opere dei figli di Giovanni Bonazza, Antonio, Tomasso e Francesco (cfr. per esempio per il busto il ritratto di Cardinale Rezzonico, scolpito per il Duomo di Padova da Antonio, per il volto Santa Lucia nella Madonna del Pilastrello a Lendinara, di Tommaso, e per i capelli anche Santo Stefano della parrocchiale di Montona /Motovun/, di Francesco)40. Sebbene questi legami con i Bonazza siano in linea con la nostra ipotesi sullinflusso degli scultori padovani nellopera del Corradini, nel contempo gettano unombra del dubbio sullattribuzione qui proposta. Se questa sar confermata, il busto potr essere datato verso il 1716/1717 vicino ai busti russi oppure, ma meno verosimilmente, vicino alle opere di Este e Vienna della met degli anni Venti, dopo il periodo della grande raffinatezza. La gran parte delle opere russe del Corradini, scolpite nel 17161717, andata dispersa durante lOttocento. In un album dei disegni, dove sono riportate tutte le statue della prima spedizione dei marmi da Venezia a San Pietroburgo, si trovano due busti provenienti dalla bottega dello scultore, di una tipologia sicuramente non
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41 Cogo, Antonio Corradini, pp. 154-160; per lalbum cfr. O. Neverov, Nuovi materiali per una storia delle sculture decorative del Giardino destate, Xenia. Semestrale di Antichit, 13, 1987, pp. 85-109. 42 Per i commitenti russi dei scultori veneziani cfr. Androsov, Pietro il Grande 2004, passim. 43 M. De Grassi, Pietro Baratta per le corti del Nord, Arte Veneta, 51, 1997, pp. 57-58, 55 (fig. 8). Per il Baratta cfr. M. Klemenc ic , in La scultura, pp. 690-692, figg. 201-217.
consueta o almeno un po diversa dagli altri busti nellalbum. La Venere (fig. 15) e la Pallade con la testa inclinata e con lo sguardo diretto verso cielo, sono purtroppo andate disperse41. Esiste per ancora un altro busto veneziano (fig. 14), ora a Oranienbaum, non pubblicato nel catalogo del Sergej Androsov e sicuramente non parte della spedizione del 1717 che potrebbe dunque risalire a qualche anno dopo, come anche le due statue velate del Corradini giunte a San Pietroburgo nel 1719 e 172242. Il busto stato pubblicato qualche anno fa da Massimo De Grassi e attribuito a Pietro Baratta, ma a mio avviso non mostra gli elementi stilistici di questo scultore toscano trasferitosi a Venezia nellultimo decennio del Seicento43. Anche qui si potrebbe pensare a qualche reminiscenza degli stilemi bonazzeschi nella modellazione del volto, ma soprattutto il vestito trasparente e aderente sul seno a richiamare le idee del Corradini. Al contrario dei busti di Petronia Prima e Scribonia, la qualit di questo busto rivela il mano del maestro e la pi minuta modellazione del panno bagnato e trasparente si avvicina al periodo raffinato del Corradini. Anche le pieghe del panneggio sotto il seno ricordano alcune sue soluzioni, come per esempio nellarcangelo di Udine
44 Il busto, presentato dal De Grassi come una probabile Virt guerriera, potrebbe rappresentare anche una Fortezza, ma nessuna di queste proposte corrisponde alle indicazione di Cesare Ripa. Una donna, vestita nella pelle di leone, potrebbe essere anche Onfale, la moglie di Ercole (cfr. la stampa del gruppo marmoreo di Ercole e Onfale, scolpito da unaltro veneziano, Filippo Catasio, pubblicato da De Grassi, Pietro Baratta, pp. 58, 60, fig. 14). Nel veneziano conosco solo unaltro busto (fig. 16) simile, anche questo nel castello a Susegana: stilisticamente diverso, dunque non del Corradini, ed anche di qualche decenio precedente; mutilato, senza testa, ma evidentemente dello stesso motivo iconografico. 45 A. Moschetti, I danni ai monumenti e alle opere darte delle Venezie nella guerra mondiale MCMXVMCMXVIII, Venezia 1932, pp. 219, 225, 230.
Verginit della chiesa dei Carmini a Venezia. Il busto, databile dunque intorno al 1720 o poco prima, rimane problematico per la questione iconografica44. A queste tre nuove proposte per il corpus del Corradini, vorrei aggiungere una quarta, un busto, forse il pi interessante e sicuramente il pi noto: si tratta del busto femminile del Castello di Susegana, tradizionalmente nominato Speranza (fig. 17). Il busto scolpito non in marmo bianco ma in una pietra verdastra, ed stato pubblicato dal Moschetti, nel libro sui danni subiti dai monumenti durante la prima guerra mondiale, con una forse tradizionale attribuzione a Tullio Lombardo45. Questa comprensibile poich il busto evidenzia lo stile del primo Settecento, quando una moderna reinterpretazione dei modelli cinquecenteschi era
Fig. 17 A. Corradini, Conversione, Castello di San Salvatore, Susegana. Fig. 18 C. Solari, Donna in angoscia, Victoria & Albert Museum, Londra.
46 A. Luchs, The London Woman in
Anguish, attributed to Cristoforo Solari: Erotic Patos in a Renaissance Bust, Artibus et Historiae, XXIV/47, 2003, pp. 155, 158, 171 (nota 4), che propone per il busto di Susegana una datazione verso la fine del 600 o nel primo 700.
alla moda. Recentemente stato pubblicato da Allison Luchs con un interessante confronto con la Donna in angoscia (fig. 18) del primo 500 gi attribuita a Tullio e adesso a Cristoforo Solari46. Ai richiami evidenti a questopera si possono aggiungere alcuni elementi vicini a Tullio stesso. Anche nella scritta sulla fascia del petto, un conoscitore del Settecento potrebbe riconoscere una citazione da Michelangelo.
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47 Si trovano per dai angeli sul Josephsbrunnen di Vienna, bambino dell Madonna delle Eremite, puttini in SantAndrea della Zirada ecc. (per gli ultimi cfr. Guerriero, Episodi, p. 60, figg. 4-5). 48 Ripa, Iconologia, p. 416. 49 Cfr. le stampe di Alexander Mair (I quattro Novissimi, prima del 1610). 50 Ripa, Iconologia, pp. 496-497. 51 Come notato gi dalla Luchs (The London Woman, p. 171, nota 4), esiste anche una versione del busto su un palazzo veneziano, Casa Busetto su Fondamenta Briati; cfr. A. Rizzi, Scultura esterna a Venezia, Venezia 1987, pp. 489-491, DD 229.
Si tratta dunque di un altro caso di neocinquecentismo e anche qui a mio parere attribuibile al Corradini. Un confronto utile per il panneggio si trova nelle opere del periodo intorno al 1720 e soprattutto nella Verginit (fig. 7) della chiesa dei Carmini. Lunico problema presentato dagli occhi incisi che non trovano spesso riscontro nelle opere del Corradini47. Anche qui il problema si potrebbe spiegare con una citazione da Tullio oppure come precisazione iconografica. Il busto in realt non presenta affatto la Speranza. A questa sicuramente legato, non solo per la scritta sul petto, In te domine, speravi, citazione dalla Vulgata, salmo 30 (come pure il penultimo verso del Te Deum), ma anche per il materiale con cui scolpita. Questo di fatti corrisponde alla definizione della Speranza in Ripa come donna, vestita di verde48. Per la scritta stessa e le lacrime negli occhi, segno evidente di qualcuno in angoscia, di qualcuno che spera nellaiuto di Dio, oppure pi precisamente di unanima in purgatorio in attesa di giudizio49, fanno parte di unaltra personificazione del Ripa, la Conversione (fig. 19): Una bellissima Donna di et virile, sar ignuda. ma da un candido, & sottilissimo velo ricoperta, terr ad arma collo una Cinta di color verde, nella quale sia scritto IN TE DOMINE SPERAVI, & non solo per terra saranno veste di grandissimo pregio & stima, Collane doro, & perle & altre ricchezze, [...] Star con il capo alto, & con li occhi rivolti al Cielo [...] versando copiosissime lagrime50. Nonostante alcune differenze, il busto rap-
presenta dunque la Conversione nella quale lo scultore ha sottolineato soprattutto il colore della Speranza, il verde51. Questi appunti sullattivit del Corradini in Friuli e altrove e queste quattro nuove proposte di attribuzione allo scultore dimostrano una volta in pi la necessit di continuare gli studi sullo scultore nonostante la recente monografia con ricerche sia archivistiche che stilistiche, sia contestuali che formali.
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