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Innocenzo III :
a. la prima fu esercitata, con grande durezza, nella crociata contro gli Albigesi e
con largo ricorso al Tribunale dell’Inquisizione che fu istituzionalizzato
proprio da Innocenzo III nel 1215,
b. la seconda trovò le sue più significative espressioni nell’atteggiamento
assunto nei confronti del francescanesimo e del domenicanesimo,
movimenti che furono ricondotti (non senza sussulti e contrasti) nell’ambito
dell’obbedienza e dell’ortodossia.
La politica italiana ed europea di Innocenzo III
2. Sconcertanti furono anche gli esiti della crociata che Innocenzo III
bandì contro gli eretici della Provenza, i catari albigesi. Dopo aver
represso l’eresia con spietata durezza, ed aver saccheggiato e devastato, tra il 1209
ed il 1213, alcune città, la guerra di Innocenzo III si protrasse a lungo, snaturandosi
ancora; si concluse con l’annessione delle province meridionali al regno di Francia e
con la distruzione della civiltà provenzale. A porre fine all’egemonia culturale del
Mezzogiorno francese concorsero i signori feudali della Francia settentrionale, che
colsero l’opportunità offerta dalla crociata per estendere la propria influenza su
territori rimasti fino a quel momento autonomi.
Federico II di Svevia
2. Sin dagli anni Venti del secolo i comuni del Nord, timorosi
dell’egemonia sveva, avevano rinnovato una lega difensiva e, stretta
alleanza con il Papa, avevano innalzato contro l’imperatore la bandiera
guelfa. Anche questa volta allo schieramento dei comuni guelfi si
contrappose lo schieramento delle città ghibelline : Pisa, Parma, Treviso,
Padova, Verona, Vicenza erano le più importanti. Nel corso degli anni Trenta si
combatté ovunque in Italia. A Cortenuova (tra Bergamo e Brescia) Federico II
inflisse ai comuni ribelli una pesante sconfitta (1237); ma lo scontro non decise le
sorti del conflitto. Il papa Gregorio IX (prima di lui vi fu Onorio III, successore
di Innocenzo III) lanciò a Federico una nuova scomunica nel 1239 (la prima
l’aveva ricevuta sempre da Gregorio IX perché non si decideva ad andare in crociata
in Palestina). A questo punto Federico II invase lo Stato della Chiesa, minacciò
Roma, rese impossibili i lavori del concilio che doveva deporlo.
1. Scomparso Federico II, la sua eredità fu raccolta in Italia dal figlio Manfredi,
mentre in Germania, Corrado IV, cercava di sostenersi contro i rivali che
insidiavano la sua successione. Manfredi era reggente d’Italia in assenza del fratello e
durante la minorità di Corradino, figlio (troppo giovane per governare) di Corrado IV. Alla
morte di Corrado IV, nel 1254, Manfredi fu costretto ad abbandonare la Sicilia
a Innocenzo IV. Tra parentesi, dopo la morte di Corrado IV, vi fu il cosiddetto
Grande interregno in cui dal 1254 al 1273, non vi furono imperatori del Sacro Romano
Impero. A questo punto Manfredi si ribellò a questo stato di cose e già nel 1257, si era
impadronito di tutta l’Italia meridionale e della Sicilia. Dopo aver fatto spargere la voce che
suo nipote Corradino era morto, si fece incoronare re di Sicilia nel 1258 ma venne
immediatamente scomunicato dal papa Alessandro IV A questo punto, messosi alla testa
dei ghibellini italiani, invase gli Stati Pontifici. Per alcuni anni impose un governo allo
stesso tempo energico e umano, ma il nuovo papa Urbano IV predicò una crociata contro
di lui. La minaccia di un rinnovato dominio svevo in Italia indusse il pontefice
Urbano IV ad offrire nel 1263 l’investitura del regno di Sicilia a Carlo d’Angiò,
signore di Provenza e fratello del re di Francia Luigi IX. Fu una scelta, quella del
pontefice, ricca di conseguenze.
2. Incoronato a Roma re di Sicilia nel 1265 dal papa Clemente IV, francese, Carlo d’Angiò
mosse alla conquista del regno. Non fu un’impresa facile, perché Manfredi,
abbandonato dai baroni, si trovò a lottare contro forze soverchianti e cadde sul
campo di Benevento nel 1266. Un estremo tentativo di recuperare l’eredità degli
Hohenstaufen, compiuto dal giovane Corradino di Svevia (figlio di Corrado IV e
quindi nipote del grande Federico II) che aveva 16 anni, fallì miseramente. Il nipote di
Federico II, battuto a Tagliacozzo (in Abruzzo), fu decapitato a Napoli nella piazza del
Mercato nel 1268.
3. Nel Mezzogiorno Carlo d’Angiò non seppe conquistare i favori dei sudditi. Il
nuovo sovrano eliminò i baroni ed i funzionari che, sin dal tempo dei Normanni e degli
Svevi, governavano il regno e mise al loro posto i suoi fedeli francesi. La rapida e brutale
sostituzione di tutta una classe dirigente provocò nel paese molti odi. L’avversione e le
proteste furono esasperate dal fiscalismo, reso necessario per far fronte alle spese
militari. L’inquietudine era forte soprattutto in Sicilia.
4. In questa situazione di disagio bastò un episodio di tracotanza per suscitare a Palermo, nel
Lunedì di Pasqua del 1282, una sollevazione popolare. Nella rivoluzione detta del
Vespro la protesta contro il malgoverno straniero si mescolò al desiderio isolano di
autonomia. Palermo si costituì a comune, la rivolta si estese a tutta la Sicilia : feudatari e
città si coalizzarono contro il comune nemico ed i Francesi furono costretti a lasciare l’isola.
Ritiratisi in Calabria, già tentavano la riscossa, quando gli insorti decisi a non ricadere
sotto il loro giogo, invocarono in soccorso Pietro III re d’Aragona. Quest’ultimo era
impegnato in una politica d’espansione mediterranea e, da tempo, guardava con interesse al
regno meridionale. Il 31 agosto 1282 sbarcò a Trapani e, pochi giorni dopo, fu acclamato
re a Palermo.
1. I Francesi non poter0no metter piede in Sicilia, ma iniziò una lunga guerra tra
Angioini ed Aragonesi. Lo scontro si concluderà nel 1302 con il trattato di
Caltabellotta, per il quale venne riconosciuto ai re aragonesi il possesso della
Sicilia. La Sicilia fu così attratta nell’orbita della Spagna. Si tenne quindi i suoi re aragonesi
chiudendosi in un isolamento provinciale : la gloriosa civiltà musulmana-normanno-sveva
inaridì. Il potere regio decadde non a vantaggio delle città, ma a beneficio dei nobili e dei
baroni; iniziò un lungo periodo di servitù e di miseria.
La monarchia in Francia
3. Il quadro divenne ancor più complesso quasi un secolo dopo, quando, nel 1154,
salì al trono d’Inghilterra un pronipote di Guglielmo il Conquistatore, Enrico II
Plantageneto. Al nuovo re, già erede per parte di padre (Goffredo Plantageneto)
della contea d’Angiò (a sud del Ducato di Normandia, sempre in Francia) e per parte
di madre (Matilde figlia di Enrico I, a sua volta figlio di Guglielmo il Conquistatore) del
ducato di Normandia, la sposa Eleonora duchessa d’Aquitania, aveva portato
in dote grandi e ricchi feudi nel sud-ovest francese (per esempio il grande e
ricco Ducato d’Aquitania). A questi territori andava aggiunta la Bretagna. Si costituì, in
tal modo, quello che fu chiamato il dominio plantageneto-angioino : il re d’Inghilterra
disponeva di due terzi del territorio francese, mentre i Capetingi controllavano ormai poco
più della regione che si estende tra Parigi e la città di Orléans.
4. Si era creata una situazione troppo pericolosa perché quei sovrani non
dedicassero tutte le loro forze a strappare, uno ad uno, ai Plantageneti i
loro feudi in Francia. Fu quindi vanto di Filippo II Augusto, re di
Francia dal 1180al 1223, l’aver fatto del figlio di Enrico II, Giovanni II
Plantageneto (re dal 1199 al 1216), un sovrano che, almeno in Francia,
era ormai Senza terra. Perduta la Normandia e l’Angiò, Giovanni Senza
terra tentò di porre un argine ai successi francesi, alleandosi con il re di Germania
Ottone di Brunswick. Il conflitto anglo-francese, a questo punto, si intrecciò con le
lotte per la corona imperiale. Scesero in campo, come si è visto, il papa Innocenzo
III ed il giovane candidato al trono imperiale Federico II di Svevia. La vittoria dei
franco-svevi nella pianura di Bouvines nel 1214 risolse le sorti della guerra. L’esito
della battaglia, oltre ad aprire a Federico di Svevia la strada dell’incoronazione
imperiale, rimosse l’eventualità di un’egemonia anglo-germanica sul continente ed
ebbe un’importanza decisiva nella storia della Francia e dell’Inghilterra. Impose
infatti una battuta d’arresto all’ambizione dei Plantageneti, al progetto cioè di
creare un grande regno anglo-francese a cavallo della Manica.
3. L’estensione del territorio e l’avvento d’una società più complessa resero inadeguata la
vecchia struttura del governo centrale, la curia regis (il “consiglio del re”) con i suoi
ministeriales quasi tutti e quasi sempre di formazione ecclesiastica. Già al tempo di
Filippo Augusto cominciarono ad articolarsi entro la “curia” organismi forniti di
una competenza specifica, dediti alla giustizia ed alle finanze non necessariamente di
formazione clericale. In tali organismi operavano gli “uomini del re”, funzionari
retribuiti, notai, cancellieri computisti (i contabili, una specie di ragioniere
dei conti). Sorgeva insomma una classe dirigente che prendeva il posto di
quella feudale ed ecclesiastica. Nasceva insomma la burocrazia, componente
essenziale di uno Stato moderno.
4. La nuova organizzazione del governo si manifestò compiutamente al tempo del
nipote di Filippo Augusto, ovvero Luigi IX il Santo. La Chiesa lo aveva canonizzato
per l’esercizio esemplare delle virtù cristiane. Tale sovrano infatti univa ad una profonda
religiosità interna ed alla pratica costante delle opere di misericordia, un senso altissimo
della funzione regia. Ora, per garantire i sudditi dalle angherie delle corti locali
(tenute da nobili), il re istituì una suprema corte di giustizia, il Parlamento, al
quale un corpo di ispettori itineranti indirizzava gli appelli ed i reclami
provenienti da ogni parte del regno. Accanto al Parlamento (che era dunque un
supremo tribunale e non un’assemblea rappresentativa) sorse la Corte dei Conti, un organo
che regolava le finanze e deliberava sui contributi straordinari imposti di volta in volta al
paese. Non esisteva ancora un regolare impianto fiscale. Si mossero quindi i primi
passi verso una legislazione unitaria che avrebbe superato le consuetudini e
gli statuti locali.
Stati Generali : A partire dal XIII secolo le assemblee di nobili di origine feudale si
evolvono, con l’ingresso in esse di dignitari ecclesiastici e di rappresentanti della borghesia
cittadina. Nascono così i parlamenti generali, con competenze su tutto il territorio dello
Stato, e i parlamenti provinciali, con poteri più limitati e territorialmente circoscritti. I
parlamenti generali assumono nomi diversi : Cortes in Spagna, Parlamento in Inghilterra,
Stati Generali in Francia (qui i parlamenti erano invece organismi regi, con funzioni
giudiziarie ed amministrative). Al di là della diversa denominazione, la composizione è la
stessa ovunque. I parlamenti non rappresentano la nazione nel suo complesso, ma, come si
è visto, gli ordini o stati in essi presenti : nobiltà, clero e borghesia cittadina. Non erano
organismi stabili, ma venivano convocati in caso di necessità dal re, anche se là dove
acquistarono maggiore forza, come in Inghilterra, le convocazioni assunsero una certa
regolarità. I parlamenti avevano compiti consultivi, ma potevano farsi promotori di
richieste, petizioni; soprattutto ad essi spettava dare l’assenso all’imposizione di nuove
tasse o di contributi straordinari ed in tal modo potevano condizionare la politica del
sovrano. La nascita e lo sviluppo dei parlamenti nel Basso Medioevo dimostra che
all’epoca il potere dei sovrani è ancora limitato da altri poteri, diversamente dall’età
successiva nella quale i re, perseguendo l’assolutismo, tenderanno a limitare le prerogative
dei parlamenti o a non convocarli.
3. Il conflitto tra Filippo IV e Bonifacio VIII
a. alle tesi del diritto canonico che ripetevano il principio della superiorità
dello “spirituale”,
b. si contrapponevano, sulla base del diritto romano-imperiale, le teorie
dell’autonomia del potere dello Stato, e, come allora si cominciava a dire,
della sovranità nazionale.
2. Nella primavera del 1300 Bonifacio VIII convocò il Giubileo (si trattava
della concessione, fatta per la prima volta proprio da Bonifacio VIII, di una particolare
indulgenza plenaria, con la quale ai fedeli si offriva la possibilità di riacquistare la primitiva
condizione di innocenza e di liberarsi dalla schiavitù del peccato. L’indulgenza veniva
concessa a chi, assolto dai suoi peccati, si fosse recato sulle tombe degli apostoli Pietro e
Paolo). Fu un grande successo religioso, politico ed economico. Accorsero a Roma,
da ogni parte della Cristianità, folle di pellegrini ai quali era stata promessa la
remissione di tutti i peccati. Tale evento riaccese gli entusiasmi dell’universalismo
cristiano ed incoraggiò Bonifacio VIII a rinnovare il sogno teocratico di
Innocenzo III.
4. Di fronte alla fermezza del sovrano ed alla compattezza del suo popolo la bolla
pontificia cadde nel vuoto; a nulla valse la scomunica. A questo punto Filippo
inviò in Italia un suo funzionario. Guglielmo di Nogaret, con il compito di
costringere il papa all’abdicazione. L’incontro avvenne ad Agnani. Bonifacio resistette
alle ingiunzioni e “l’uomo del re” lo prese prigioniero (7 settembre 1303). Due giorni
dopo il popolo del borgo, sollevatosi a tumulto, liberò il vecchio pontefice che si ritirò a
Roma, dove morì un mese dopo, “rodendosi come rabbioso” come scriveva il cronista
Villani.
1. La progressiva perdita dei domini oltre Manica gettò in una crisi profonda la
casa regnante d’Inghilterra. Quando Giovanni II Senza terra sconfitto chiese nuovi
tributi, l’opposizione decise di passare alla lotta armata; gli abitanti di Londra aprirono le
porte della città ai ribelli e Giovanni dovette accettare la trattativa. Questa si tenne nel
giugno 1215. Il monarca, cedendo di fronte alle rivendicazioni dei baroni, giurò di
osservare le disposizioni della Magna Charta Libertatum, dell’atto, cioè, con il
quale i rivoltosi stabilivano i limiti del potere della corona .
2. Nel momento in cui venne formulata, la Magna Charta segnò una vittoria delle classi
privilegiate, la riscossa dei ceti feudali contro le tendenze accentratrici e modernizzatici
della monarchia; è però altrettanto vero che la Charta, proponendosi la tutela del diritto dei
singoli contro gli abusi del potere sovrano, anticipò un’esigenza fondamentale delle
moderne costituzioni. Il successore di Giovanni II Senza terra, Enrico III, che
governò l’Inghilterra dal 1216 al 1272, accettò di governare con la
collaborazione dei baroni e consentì che essi partecipassero al “Parlamento”, come era
allora chiamato il Consiglio del re.
1. Dopo la vittoria riportata sui Mori nel 1212 a Las Navas de Tolosa, nel
1236 fu liberata Cordova, nel corso degli anni Trenta fu la volta delle isole Baleari,
nel 1248 di Siviglia, sicché, nella seconda metà del secolo, tutta la Spagna era
tornata nell’Occidente cristiano e nella geografia politica della penisola erano
presenti cinque regni : Aragona, Castiglia e Leòn, Navarra e Portogallo; ai Mori
rimase il regno di Granada.
2. Ora, nel corso della lunghissima guerra la nobiltà, “la classe che combatte”,
era divenuta più potente che nelle altre regioni europee; la piccola nobiltà, poi, era
in Spagna molto più numerosa che altrove. L’ascesa dell’aristocrazia era stata
assicurata dalla distribuzione di enormi possedimenti nelle contrade
riconquistate. Nei latifondi si radicò il potere dei nobili. Questi furono
fortissimi e turbolenti in tutta la Spagna; sia nella Castiglia, la regione che era il
cuore delle tradizioni più antiche, sia nell’Aragona, ove i feudatari dovevano
convivere con una dinamica società mercantile e cittadina.
3. Nel 1346 la Dieta elesse all’Impero Carlo IV, re di Boemia e potente signore di
Moravia e di Slesia. Il nuovo imperatore stabilì la sua capitale a Praga, che
divenne presto una grande città, ricca di traffici ed illustre per cultura. In questo modo il
centro dell’Impero, che aveva sino allora gravitato sulle regioni renane, si spostò nell’area
danubiana. Gli anni di Carlo IV devono essere ricordati per una riforma costituzionale che
avrebbe avuto grande rilievo nella storia dell’Impero. Nel 1356 la successione al trono
fu regolata da un atto che prese il nome di Bolla d’Oro e che restrinse
l’esercizio del diritto di voto per l’elezione imperiale, a sette principi elettori
(non più quindi l’imperatore veniva eletto dal Reichstag, ovvero dalla Dieta). Quattro di
essi erano laici (il re di Boemia, il margravio di Brandeburgo, il duca di Sassonia, il conte
del Palatinato) e tre ecclesiastici (gli arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia). Si era
costituito, in tal modo, il gruppo dirigente della feudalità tedesca, l’elite che avrebbe dovuto
disporre delle sorti dell’Impero, ma gli avvenimenti mostrarono che l’esercizio effettivo
della sovranità imperiale avrebbe potuto dispiegarsi solo ove si fosse appoggiato alla
signoria territoriale ed alle risorse patrimoniali di una grande famiglia.