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Federico II (1194-1250) Stupor mundi.

Federico II è probabilmente la più interessante e controversa figura di monarca del


Medioevo. La sua vita coincide con l’apogeo della civiltà medievale in Occidente ed è
stata sempre al centro di diverse letture e di un dibattito che non si è mai esaurito. Di
volta in volta Federico II è stato visto come l’iniziatore di una concezione laica e
moderna del potere, come un figlio del suo tempo, come un nemico della Chiesa,
come un cattolico devoto. Un cronista inglese, Matteo Paris, così riporta la sua notizia
della sua morte:
“in quel tempo morì Federico, il più grande principe del mondo, e anche colui che stupì e cambiò il
mondo”

Se caliamo questa affermazione nel XIII secolo ci rendiamo conto che non è positiva
come a prima vista potrebbe sembrare. Voler cambiare il mondo, che per la mentalità
medievale è la manifestazione della provvidenza di Dio, è quasi come bestemmiare.

Già i contemporanei tuttavia, anche i detrattori, ne ammiravano la personalità e la


straordinaria erudizione come è testimoniato da uno dei suoi numerosi soprannomi :
“stupor mundi”.

Inizialmente il sovrano fu soprattutto percepito dai suoi contemporanei, e in primis


dai suoi nemici, come “il re dei preti” per la sua contiguità con la politica di Innocenzo
III che nei primi anni della sua vita ne condiziona non solo la linea politica ma tutta la
sua formazione essendone oltre che il mentore politico anche il precettore e il custode.
Federico II fu incornato ad appena due anni re di Sicilia mentre la madre Costanza
d’Altavilla rinunciava a ricongiungere il suo regno nel sud Italia al Sacro Romano
Impero Germanico. Il padre Enrico VI era già morto da alcuni anni. Alla morte della
madre il piccolo Federico andò sotto la custodia del papa Innocenzo III. Politicamente
Innocenzo III era ossessionato dal rischio del ricongiungimento del regno di Sicilia con
la Germania e questa linea politica fu seguita da Federico nei primi anni del suo regno.
D’altra parte Innocenzo aveva bisogno di lui nella lotta contro Ottone di Brunswick, un
candidato alla corona imperiale che Innocenzo aveva inizialmente appoggiato e che poi
aveva tradito la sua fiducia. Innocenzo puntò allora su Federico che, dopo la sconfitta
del rivale nella battaglia di Bouvines, poté ottenere la corona di Germania.
Federico I Hoenstaufen Ruggero II d’Altavilla
(Imperatore dal 1154 al
Fondatore del regno di Sicilia nel
1190) 1130

Enrico VI di Svevia
Costanza d’Altavilla
(Imperatore fino al
Ultima sovrana normanna
1197)
di Sicilia
Federico II Sacro romano
imperatore e re di Sicilia dal
1220

Con la sconfitta di Bouvines (1214) Ottone si ritirò nei suoi possedimenti della bassa
Sassonia e Federico poté essere incoronato Imperatore. Il re inglese alleato con Ottone
I, Giovanni Senzaterra, dovette tornare a mani vuote in Inghilterra e affrontare l’ostilità
dei baroni.

Prima di morire il papa riuscì a strappare a Federico la promessa di mantenere le due


corone separate incoronando il figlio Enrico, un bambino di appena cinque anni, re di
Sicilia.

Tuttavia alla morte di Innocenzo, nel 1216, Federico si considerò sciolto dalla sua
promessa.
Le fasi della lunga vita – per gli standard dell’epoca - di Federico sono scandite dal suo
atteggiamento verso i diversi papi che si avvicendarono al soglio pontificio.
Il successore di Innocenzo, Onorio III non aveva affatto l’energia del predecessore.
Non era ossessionato dal consolidamento del proprio potere temporale e aveva come
unico sogno la riconquista di Gerusalemme. Fu infatti durante il suo pontificato che
Federico ottenne, sia pure in via straordinaria e con la promessa di non estendere la
concessione ai successori, di riunire le due corone del suo vastissimo regno. In cambio
Federico doveva partire per la crociata e riconquistare Gerusalemme alla cristianità.
Era il 1220.
È a partire da questo periodo che Federico II si dedica a riorganizzare il regno di
Sicilia che conobbe con lui il suo massimo splendore. Appena insediatosi a Palermo
fece abbattere tutti i castelli costruiti abusivamente e limitò di molto le prerogative dei
baroni e le autonomie cittadine.
Fondò in quegli anni l’università di Napoli che porta ancora oggi il suo nome e vietò ai
suoi sudditi di andare a studiare o ad insegnare a Bologna, dando anche agevolazioni
agli studenti meno abbienti che si recavano a Napoli. La Federico II può essere
considerata la prima università statale del mondo.

Oltre quindi a scontrarsi, con successo con i baroni riuscì a ricondurre all’obbedienza i
musulmani siciliani superstiti che costituivano ancora sacche di resistenza all’interno
dell’isola. La ribellione fu domata con ferocia inaudita. Tuttavia, alla conquista di
queste zone, militarmente controllate dai musulmani, non seguì il massacro o la
conversione forzata di quelle popolazioni come era prassi nell’Europa dell’epoca.
Federico II invece costrinse i superstiti a trasferirsi a Lucera, nella Puglia settentrionale,
piccola enclave musulmana in un regno cristiano, e li inserì a pieno titolo
nell’amministrazione imperiale, incaricandoli di fornire delle qualificate guardie del
corpo e dei corpi scelti dell’esercito.

Il processo di riorganizzazione doveva estendersi anche alle città del nord ma qui
l’opera di Federico II si scontrò con una opposizione molto più forte. Dopo aver
convocato una dieta a Cremona, nel 1226, per ridiscutere – e di fatto revocare - le
prerogative concesse ai comuni da Federico I, la lotta all’eresia e per preparare la
crociata, le più importanti città del nord, sotto la guida di Milano, ricostituirono la lega
Lombarda contro l’imperatore, lega che ottenne anche l’appoggio del papa che iniziava
a spazientirsi per i continui rinvii che subiva il progetto della crociata.

La dieta fu quindi annullata e i comuni avevano per il momento vinto la partita senza
colpo ferire.
Federico II non si limitò a fondare l’università di Napoli, che porta ancora il suo nome. Ridette vigore alla
scuola medica salernitana ed ospitò nella corte di Palermo poeti e scrittori che costituiscono la prima
generazione di poeti in volgare. La lingua usata da questi poeti era il volgare siciliano, ingentilito dal
provenzale. Una lingua letteraria quindi, coniata ad hoc e che apre la strada alla successiva scuola toscana.
Ammiratore e amico di letterati, poeti e scienziati fu lui stesso scrittore. Scrisse un libro sulla sua maggiore
passione, la caccia. Il de arte venandi cum avibus contiene molte interessanti osservazioni naturalistiche sul
comportamento degli uccelli raccolte dallo stesso Federico II durante le sue epiche battute di caccia. Battute
che in qualche occasione gli procurarono perfino la sconfitta come durante l’assedio di Parma che non esitò a
trascurare per recarsi a cacciare nella valle del Taro.
- Con Gregorio IX si apre un’altra fase dei rapporti, sempre più difficili tra
Federico II e il papa.

Gregorio IX salì al soglio pontificio nel 1227 ed era molto meno incline a tollerare le
dilazioni di Federico che stavolta si decise ad approntare i preparativi per la crociata,
sennonché stavolta a rallentare la partenza fu una epidemia scoppiata a Brindisi che
colpì gran parte del contingente lì radunato e lo stesso imperatore che dovette tornare
poco dopo aver salpato.

Il papa non credette alla malattia e lo colpì con la scomunica sciogliendo i sudditi dal
vincolo di fedeltà e fomentando contro di lui la ribellione dei baroni pugliesi.

Nonostante questa situazione di difficoltà Federico salpò alla volta di Gerusalemme


dove riuscì a trovare un accordo con il sultano al-Malik al-Kamil. Federico era un
uomo di straordinaria erudizione, parlava sei lingue tra cui il latino, il siciliano, il
tedesco, il francese, il greco e l’arabo, per cui poté condurre le trattative in maniera
impensabile per qualsiasi altro sovrano dell’epoca, anche in considerazione dei buoni
rapporti e la stima reciproca tra il sultano e il re cristiano. Buoni rapporti che
scandalizzavano il papa e lo convinsero ancora di più del fatto che Federico fosse una
sorta di anticristo. Per cui al suo ritorno, nonostante quello che oggi definiremmo un
successo diplomatico, la scomunica non fu tolta e Federico si trovò ad affrontare una
crociata che il papa aveva scatenato contro di lui.

Alle vittorie sul campo seguirono le trattative e un accordo di pace stipulato a Ceprano
nel 1230 che stabiliva la cessazione delle ostilità, la revoca della scomunica, ma in
cambio imponeva a Federico di accettare la piena immunità, fiscale e giudiziaria del
clero siciliano e la nomina dei vescovi che sarebbe stata prerogativa di Roma, e non di
Palermo.

Proseguiva intanto l’opera di riorganizzazione del regno siciliano con l’emanazione nel
1231 delle Costituzioni di Melfi che vide all’opera i migliori giuristi del tempo come
Pier delle Vigne e Taddeo di Sessa.

Mentre al sud si distruggevano i castelli abusivi e se ne creavano di nuovi ed efficienti,


sottoponendoli ad uno stretto controllo imperiale, in Germania Federico largheggiava
in concessioni. Tuttavia la sua opera legislativa si estese anche a questa parte del regno
con l’emanazione della Costituzione di pace imperiale emanata a Magonza nel 1235 in
latino e tedesco. Federico dovette tornare in armi in Germania stavolta contro il figlio
Enrico che si era ribellato al padre. Enrico perse così ogni diritto alla successione che
venne conferita al fratello Corrado.
Intanto gli attriti con il papa e con i comuni del nord non si erano affatto esauriti e
riesplosero al ritorno di Federico da questa spedizione.

I comuni del nord erano infatti polarizzati in alleati dell’imperatore (alcuni comuni del
Friuli sotto la guida di Ezzelino da Romano) e gli altri e più grandi facenti capo alla
Lega Lombarda che raccoglieva comuni delle dimensioni di Milano, Bologna, Brescia,
Piacenza ecc. I comuni della lega subirono una cocente sconfitta presso Bergamo, a
Cortenuova nel 1237, ma Federico non seppe capitalizzare questa vittoria.

Intanto nascevano nuovi attriti con l’anziano Gregorio IX sulla Sardegna, isola la cui
reggenza Federico aveva affidato al figlio Enzo senza minimamente tenere in conto i
diritti che la Chiesa di Roma accampava su quello stesso territorio.

Il vecchio papa pertanto coalizzò di nuovo alcune città rivali, come Genova e Venezia,
contro l’Imperatore e lo colpì con una seconda scomunica.

Con la morte del papa e l’ascesa al soglio di Innocenzo IV la situazione non migliorò
affatto.
Gli ultimi anni della vita di Federico lo vedono impegnato a tessere una rete di
relazioni diplomatiche con altri sovrani (in particolare il re di Francia) per metterli in
guardia dallo strapotere papale, ma con scarso successo. Alcune città del nord, tra cui
Parma e Bologna abbandonarono il partito Ghibellino suscitando la reazione di
Federico che non sempre però riuscì a sconfiggerle. Nel caso di Bologna furono invece
i Bolognesi a catturare e incarcerare il figlio dell’imperatore, Enzo, che morì nelle loro
prigioni. Federico II moriva invece all’età di 57 anni presso Lucera, in Puglia.

L’eredità di Federico

Abbiamo già visto come il figlio legittimo di Federico, Enrico, si fosse ribellato al padre
perdendo tutti i suoi diritti alla successione. Non meglio andò con i figli naturali, morti
tutti precocemente. Il trono imperiale di Germania restò vacante fino al 1273 quando
una nuova dinastia si fece avanti, quella degli Asburgo, con il debole Rodolfo, che si
occupò soprattutto dei suoi diretti possedimenti. In Sicilia invece un altro figlio
naturale di Federico, Manfredi, cercò di ridare slancio all’iniziativa imperiale. Il papato
però abbandonò completamente gli Svevi puntando invece su Carlo d’Angiò, fratello
del re di Francia Luigi IX, detto il santo. Con l’aiuto del papa e dei banchieri toscani di
parte guelfa, Carlo riuscì a sconfiggere Manfredi che rimase ucciso nella battaglia di
Benevento nel 1266.

Per saperne di più: https://www.youtube.com/watch?v=glt7o_Q5qHw

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