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Dal trattato di Verdun alle crociate (4)

1) Il trattato di Verdun
Carlo Magno divenne re dei franchi nel 768. Nell’800 viene incoronato imperatore dal
papa Leone III. <<L’impero carolingio traeva la sua autorità dalla forza militare e dalla
consacrazione religiosa>>1. Il territorio era suddiviso in contee, con a capo il conte.
Quando si trovavano nelle zone di confine erano invece denominate “marche” (ad
esempio la Marca spagnola che stava di fronte all’Emirato arabo di Cordoba o la Marca
orientale, cioè la futura Austria) con a capo il marchese. Il punto è che <<queste
strutture amministrative erano assai deboli, se paragonate con la numerosa e preparata
burocrazia bizantina. Esse erano affidate ai rapporti personali fra l’imperatore e i
maggiori capi-guerrieri franchi e si basavano sul giuramento di fedeltà che questi gli
avevano fatto. Tale rete di fedeltà si mostrò insufficiente a mantenere l’unità dell’impero
e si disperse nei decenni successivi alla morte di Carlo Magno, avvenuta il 28 gennaio
814>>2. Un elemento di debolezza dei franchi era la consuetudine a dividere
l’eredità. Il problema non si pose alla successione di Carlo Magno (morto, lo ripetiamo,
nell’814) perché a sopravvivergli era rimasto solamente Ludovico (detto il Pio).
<<Ludovico (814-840) lasciò invece tre figli che presero subito a contendersi con le
armi l’eredità paterna, giungendo nell’agosto 843 ad accordarsi con il trattato di
Verdun su una spartizione. Carlo il Calvo ebbe il Regno dei franchi occidentali. A
Ludovico detto il Germanico toccò il Regno dei franchi orientali. Lotario I, il figlio
maggiore, ebbe un dominio composto da due parti: il Regno d’Italia con le regioni
centro-settentrionali della penisola, cui restava associata la corona di imperatore, e
un “Regno di mezzo” situato tra quelli di Carlo e Ludovico. Quest’ultimo si rivelò
poco vitale e si frammentò nei diversi ducati e contee dei Paesi Bassi, di Lorena,
Borgogna e Provenza”>>3. Gli storici si sono interrogati (ed ancora continuano a farlo)
sul “senso” del trattato. Sicuramente si trattò di un passaggio molto importante. Per
alcuni storici è in quel momento che si iniziano a delineare quelle che sarebbero
diventate la Francia e la Germania. Rimangono molti dubbi su questa interpretazione o
comunque va sicuramente molto ridimensionata, vediamo perché. Nel territorio toccato a
Carlo il Calvo (la Francia, per capirci) la zona a nord aveva una prevalenza franca,
mentre nella zona a sud la popolazione era in prevalenza gallo-romana. Inoltre mancava
la Bretagna (la zona più vicina all’Inghilterra). La <<Germania>> era <<solo l’insieme
dei quattro ducati che prendevano nome dalle diverse popolazioni prevalenti ed
erano uniti dalla comune dipendenza dai dominatori franchi: i franchi stessi in
Franconia, i bavari in Baviera, gli svevi e gli alemanni in Svevia, i sassoni in
Sassonia>>4. Per quanto riguarda l’Italia: <<il regno includeva […] solo il Centro-nord
(tranne Venezia, che continuava a dipendere da Costantinopoli) e si arrestava al
Patrimonio di san Pietro, su cui il papato esercitava una sovranità temporale. Le
regioni meridionali restavano invece estranee al potere franco, con un Ducato
longobardo di Benevento forte, gli autonomi principati campani e la soggezione di
Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia alla sovranità bizantina e all’influenza
culturale greca>>5.
Il titolo imperiale era associato alla corona d’Italia.

1 De Bernardi A., Guarracino S., La realtà del passato, vol 1 Dal Medioevo al Seicento, Pearson, Milano-Torino, 2014, p. 3 (la
sottolineatura è mia).
2 Ibidem.
3 Ivi, pp. 3-4 (quasi tutto il neretto e la sottolineatura sono miei).
4 Ivi, p. 5 (il neretto è mio).
5 Ibidem (il secondo neretto è mio).
1
Per quanto riguarda la futura Francia <<nel regno dei franchi occidentali la dinastia
carolingia durò formalmente fino al 987. Già alla fine del IX secolo però i re carolingi
avevano di fatto perduta la sovranità sulla metà meridionale del regno. La
Borgogna e la Provenza, che avevano fatto parte dei domini di Lotario, erano
divenute un regno indipendente, che in seguito orbiterà piuttosto sulla monarchia
tedesca che su quella francese. Nel sud-ovest si erano costituiti alcuni ducati e
contee dotati di larga autonomia, a partire da quello di Aquitania. Il regno di
Francia si divise in circa trenta signorie, che sarebbero divenute cinquanta alla fine
del X secolo>>6. Anche al nord il potere dei re era indebolito al punto che <<in diverse
occasioni la corona fu loro strappata dai conti di Parigi>>7.

2) La Germania: la nascita dell’impero tedesco


Nel regno dei franchi orientali, cioè, per intenderci, la <<Germania>>, nei decenni
successivi al trattato di Verdun <<si erano venute costituendo alcune dinastie autonome
nei cinque ducati maggiori (Sassonia, Svevia, Baviera, Franconia e Turingia), ai quali
bisogna aggiungere i due ducati di Lorena sorti dalla divisione della Lotaringia. La
suddivisione del territorio tedesco non si spinse però più avanti di così e non
raggiunse le punte di frantumazione feudale che si verificarono nel corso del X
secolo in Francia. I ducati restarono centri di potere regionale relativamente stabili,
mentre il re di Germania assumeva un peso effettivo molto maggiore di quello che
toccava nello stesso periodo ai re d’Italia e di Francia>>8. Questo dipendeva molto
dalla modalità di successione al trono che avveniva attraverso una elezione da parte dei
duchi e vescovi. Se all’inizio la corona era assegnata al duca di Franconia, dal 919 passa
al duca di Sassonia. Così i sassoni divennero l’elemento centrale del regno germanico.
Un momento di svolta nella storia della Germania e della corona imperiale è il 962.
Dopo una decisiva vittoria sugli ungari, Ottone di Sassonia torna in Italia (era già venuto
nel 950 per contendere la corona d’Italia a Berengario, marchese di Ivrea) e <<si fece
incoronare imperatore [lo ripetiamo, siamo nel 962] dal papa Giovanni XII (955-
964), restaurando l’antico impero cristiano di Carlo Magno. Già l’anno successivo
il nuovo imperatore depose il papa Giovanni XII: eletto alla carica religiosa più alta
dell’Occidente cristiano a soli sedici anni, accusato di omicidio, spergiuro, sacrilegio e
incesto, questi simboleggiava il basso livello morale toccato allora dal papato. La sua
deposizione fu l’inizio di una nuova politica di controllo degli imperatori sassoni sul
papato>>9. Ottone I, forte dei suoi risultati, cercò una impresa particolarmente
difficile: assoggettare sotto il suo potere l’Italia meridionale, dove sopravvivevano,
tra gli altri, i ducati longobardi e il potere bizantino. Riesce a sconfiggere i bizantini
ma il loro potere era talmente consolidato che alla fine preferì arrivare a patti con
loro. Nel 973 gli succede Ottone II che rimane in carica per altri 10 anni. I primi anni li
passa in Germania, dove i principi tedeschi mal capivano il senso di una monarchi
ereditaria. Capisce che il tentativo di assoggettare il potere papale stava fallendo e che a
Roma lo spirito di congiura insito nelle maggiori famiglie non era diminuito. Quando
decide di riscendere nel nostro meridione viene sconfitto dagli arabi in Calabria. Da
questo punto di vista possiamo dire che <<Ottone II era stato travolto dalla
complessità della politica meridionale>>10. Pochi mesi dopo il fallimento della
6 De Bernardi A., Guarracino S., L’operazione storica, vol 1 Il Medioevo, Mondadori, Milano, 1986, p. 224 (il neretto è mio).
7 Ibidem.
8 Ivi, p. 226 (il neretto è mio).
9 Ivi, p. 232 (il neretto è mio).
10 Ivi, p. 233 (il neretto è mio).
2
spedizione muore, lasciando come erede un figlio, Ottone III, che all’epoca aveva 3 anni.
Assunto il potere a 16 anni, voleva far rinascere la Roma imperiale, ma i patrizi romani
gli sollevano contro le plebi e lo costringono a fuggire da Roma. Poco tempo dopo
muore, senza eredi diretti. Il titolo passa ad Enrico II (1002-1024) che discendeva da un
ramo collaterale della famiglia. Con la sua morte si estinguerà la casa di Sassonia.

3) La lotta per le investiture


Come abbiamo già visto <<gli imperatori tedeschi fin dal tempo di Ottone I erano stati
fortemente interessati al corretto funzionamento dell’ordinamento ecclesiastico, e ciò
non solo per motivi religiosi, ma anche perché vescovi, abati e rettori di chiese erano un
prezioso sostegno del potere imperiale>>11. L’autorevolezza dell’imperatore Enrico III
gli aveva permesso di guidare di fatto il movimento di riforma del clero. Alla sua morte
(1056), però, lasciava un figlio di 6 anni e durante la sua minore età i reggenti erano
privi di autorevolezza. In questi anni, quindi, il papato ne approfitta per rafforzarsi
politicamente. Nel 1066 Enrico IV assume il potere e <<si rese subito conto delle
conseguenze che i recenti provvedimenti adottati dal papato avrebbero avuto sul piano
politico, privandolo del controllo delle sedi vescovili e delle grandi abbazie,
indispensabili per controbilanciare la potenza dell’aristocrazia laica>>12. Intanto nel
1073 Ildebrando di Soana diventava papa con il nome di Gregorio VII (1073-1085).
Personalità fortissima, <<già nel 1075, in un testo noto come Dictatus papae, il
pontefice mostrava di ritenere la sua giurisdizione estesa anche all’ambito
temporale, attribuendosi la facoltà di deporre non solo i vescovi, ma anche
l’imperatore. Si affacciava così l’idea di una monarchia universale incentrata sul
pontefice romano, al quale avrebbero dovuto far capo tutti i poteri, sia spirituali
che temporali: una concezione che apparve inaccettabile a un sovrano quale Enrico IV,
non meno risoluto ed energico del pontefice. Ne nacque una lunga lotta, passata alla
storia come “lotta per le investiture”, che i due contendenti combatterono sia con le armi
sia attraverso quelle che noi oggi definiremmo “campagne di stampa”>>13. Come prima
cosa credo sia necessario specificare che l’espressione “investire” <<era usata
nell’epoca feudale per indicare il conferimento di un beneficio o di un potere, cui
corrispondeva un atto di sottomissione nei confronti dell’autorità che faceva la
concessione>>14. Il problema nasceva quando ad essere “investito” era il vescovo,
perché in quel caso c’era sia l’elemento temporale che spirituale. In un certo senso si può
dire che <<nel 1075 Gregorio aprì la cosiddetta “lotta per le investiture” vietando
espressamente che l’imperatore avesse qualsiasi parte nell’investitura dei vescovi>>15.
Il conflitto fu subito feroce: Enrico IV impone il proprio vescovo di Milano e nel
1076 fa dichiarare deposto il papa, che, da parte sua, lo scomunica invitando i
sudditi a considerare nullo il loro giuramento di fedeltà all’imperatore. Nel gennaio
1077 Enrico IV capisce di non poter sostenere la scomunica papale e si reca nel
castello di Canossa a chiedere perdono. Gregorio VII non voleva cedere ed infatti si
rifiuta di riceverlo; l’imperatore rimane 3 giorni a piedi nudi in mezzo alla neve in abito
da penitente e dopo le insistenze della stessa Matilde di Canossa lo riceve concedendogli
il perdono e la revoca della scomunica. Poco dopo però i due riprendono le ostilità:
Gregorio VII lo scomunica nuovamente ed Enrico IV nomina un altro papa: Clemente
11 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Milano, 2000, p. 250.
12 Ivi, p. 253.
13 Ivi, pp. 253-254.
14 De Bernardi A., Guarracino S., La realtà del passato, vol 1 Dal Medioevo al Seicento, cit., p. 27 (il neretto è mio).
15 Ibidem.
3
III, dal quale si fa incoronare imperatore. La lotta per le investiture prosegue oltre la
morte dei due protagonisti e termina nel 1122 con il concordato di Worms. Questo fu
un compromesso: l’imperatore avrebbe mantenuto l’investitura temporale (beni e
funzioni pubbliche connesse alla carica di vescovo); il papa avrebbe avuto il diritto
esclusivo dell’investitura ecclesiastica (consacrazione e consegna dei simboli del
potere spirituale, cioè l’anello ed il pastorale, il bastone con l’estremità superiore
ricurva). Anche se fu un compromesso, si può dire che, di fatto, ad avere la meglio
era stato il papato: le investiture che spettavano all’imperatore avevano perso ogni
aspetto sacrale ed erano diventati dei semplici atti politici ed amministrativi; il
papato accrebbe il suo potere sulla Chiesa ed il suo ruolo di autorità suprema della
cristianità.

4) Piccola panoramica e Federico Barbarossa


Per i regni dell’Europa del periodo intorno all’anno Mille si esita ad usare la definizione
di “Stato”. Vediamo perché. Per quanto riguarda il potere: nello Stato è accentrato,
mentre nei regni del periodo il sovrano non aveva una influenza forte e diretta sui propri
sudditi visto che il potere era disperso nelle mani dei conti e di chi aveva il castello.
Ritorna qui quello che abbiamo visto nella lezione introduttiva: la frammentazione del
potere medievale. Per quanto riguarda la difesa il sovrano medievale doveva fare
affidamento ai feudatari ed ai cavalieri, mentre uno Stato ha il proprio esercito. Infine i
sovrani avevano pochissimo potere di tassazione (tipico dello Stato) visto che
dipendevano dalle proprietà personali. Per tutti questi motivi, volendo essere rigorosi, è
meglio utilizzare l’espressione “monarchie feudali”.
Della Francia abbiamo già parlato. Altro importante regno del periodo era il ducato di
Normandia (regione della costa atlantica della Francia). Nella metà dell’XI secolo i
normanni conquistano l’Inghilterra, portando in quell’isola il sistema feudale. C’era,
però, una particolarità: <<la monarchia inglese [normanna] conservò autorità e potere,
perché accanto ai grandi vassalli anche tutti i retro vassalli [cioè i valavassori] furono
tenuti ad aggiungere alla fedeltà al loro signore l’omaggio diretto prestato al re>>16.
Oltre a questo <<la situazione dei re normanni presentava un altro aspetto particolare:
come duchi di Normandia essi erano vassalli del re di Francia, ma come re
d’Inghilterra, fino al principio del XIII secolo, gli restarono assai superiori quanto a
potenza politica>>17. Un altro regno importante dell’Europa del periodo era quello della
Germania. Abbiamo già visto che non aveva conosciuto una frammentazione feudale
come la Francia, ma dall’altra parte non poteva vantare un’unità politica paragonabile a
quella inglese. Comprendeva alcuni territori ad est dell’Elba, il Regno d’Italia ed il
Regno di Borgogna. Come abbiamo già visto, <<la lotta per le investiture aveva avuto
l’effetto di indebolire l’autorità del re di Germania nei confronti dei duchi e dei vescovi
che lo eleggevano>>18. Anche la contesa per la corona da parte delle varie dinastie
l’aveva indebolita. Una importante svolta si ha con Federico I di Svevia
(soprannominato dagli italiani Barbarossa) che divenne re nel 1152 e nel 1155
venne incoronato imperatore dal papa. In sintesi <<le direttrici della sua politica
miravano a pacificare la situazione interna della Germania e a ripristinare in Italia
un’effettiva autorità regia, cui era collegato il titolo imperiale>>19. A noi adesso
16 Ivi, p. 29.
17 Ibidem.
18 Ivi, p. 31.
19 Federico I di Svevia, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2010, vol. 1, pp.
602-603, p. 602 (il neretto e la sottolineatura sono miei).
4
interessa la sua politica verso l’Italia. Abbiamo già visto la nascita e gli elementi
essenziali dei comuni italiani. Prendiamo in considerazione tre protagonisti: Federico
Barbarossa; i comuni italiani ed il papa. In linea di massima possiamo dire che gli ultimi
due sono alleati contro l’imperatore. Nel 1158 torna in Italia per riaffermare i suo diritti
sui comuni lombardi ed in particolare su Milano, che fu costretta a pagare una forte
multa ed a riconoscere l’autonomia di Como e Lodi. Nel frattempo emana una carta dei
diritti sovrani imperiali, formalmente riconosciuta anche dai rappresentanti dei comuni.
In realtà, nonostante l’accettazione formale, i comuni non volevano rinunciare alla loro
autonomia. L’alleanza tra il papa ed i comuni spinse Federico Barbarossa ad un nuovo
intervento contro Milano, che stavolta fu rasa al suolo (siamo nel 1162). <<Molti dei
comuni padani posero allora da parte le loro rivalità (ma non Pavia, che rimase
costantemente dalla parte dell’imperatore) e nel 1167 si unirono con i milanesi in una
lega, che venne via via allargata a gran parte della Lombardia, del Veneto e
dell’Emilia, con il sostegno di Alessandro III>>20. Si tratta del “giuramento di
Pontida” oggi conosciuto al vasto pubblico grazie alla Lega, che si richiama a tale
evento. <<Lo sviluppo della lega lombarda e la rinascita di Milano furono favoriti dal
fatto che dal 1168 al 1174 Federico fu trattenuto fuori dall’Italia dagli affari
tedeschi>>21. Al ritorno pone sotto assedio Alessandria (città che assume questo nome
in onore del papa Alessandro III), ma la città resiste. Nel 1176 i comuni sconfiggono
l’esercito di Federico Barbarossa nei pressi di Legnano (altro simbolo utilizzato
spesso dalla Lega). Con la pace di Costanza del 1183 <<i comuni conservarono gran
parte delle regalìe (i diritti e i poteri regali che spettavano al rex) nelle città e nel
territorio extraurbano. In particolare, ai comuni si riconosceva il diritto a fortificare le
mura cittadine e a estendere sul contado gli arruolamenti per l’esercito comunale. I
consoli dovevano però ottenere il riconoscimento imperiale per esercitare i loro poteri,
che avevano la durata di cinque anni>>22. Detto in altre parole, la pace di Costanza del
1183 <<costituì un sostanziale riconoscimento, da parte di F[ederico], delle libertà
cittadine di contro alla loro formale accettazione della sovranità imperiale e al
pagamento di un tributo>>23.

5) Lo scisma d’Oriente del 1054


Ora torniamo ad occuparci del mondo religioso. Partiamo dalla definizione di “scisma”:
<<nelle Chiese cristiane, separazione volontaria di un gruppo di fedeli della
comunità ecclesiastica per motivi in prevalenza disciplinari (mentre il dissidio
dottrinale viene di solito ricondotto al concetto di eresia). Tra gli s[cismi] più
significativi nella storia della Chiesa si ricordano lo s[cisma] d’Oriente (1054), che
ruppe l’unità tra la Chiesa latina e la Chiesa greca e fece nascere la Chiesa
ortodossa, e lo s[cisma] d’Occidente (1378-1417), che portò alla contemporanea
elezione di più pontefici e fu superato solo con l’elezione di Martino V>>24.
In un certo senso si può dire che l’Europa medievale è divisa tra quella che definiamo
per comodità carolingia e quella bizantina. <<L’antagonismo fra l’Oriente greco e
l’Europa carolingia ebbe ancora modo di manifestarsi attraverso i conflitti fra la chiesa
romana e quella greca: la prima si denominava cattolica, dall’aggettivo greco

20 De Bernardi A., Guarracino S., La realtà del passato, vol 1 Dal Medioevo al Seicento, cit., p. 81 (il neretto è mio).
21 Ibidem.
22 Ivi, p. 82.
23 Federico I di Svevia, in Treccani storia, cit., p. 603 (il neretto è mio).
24 Scisma, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 2010, vol. 3, p. 392 (il
neretto è mio).
5
katholiko’s che significava “universale”, la seconda ortodossa, secondo la parola greca
che vuol dire “in possesso della retta dottrina”>>25. In effetti la Chiesa bizantina era più
conservatrice di quella occidentale. Il conflitto tra la chiesa romana e quella
ortodossa era legata a molti fattori: la rivalità nell’opera di conversione dei popoli
slavi; il rifiuto del patriarca di Costantinopoli di riconoscere il primato del papa; la
diversa interpretazione del dogma della trinità; una diversa visione di come andava
somministrata la comunione. Tutti questi contrasti si manifestano in modo
esplosivo <<nella crisi iconoclasta dell’VIII secolo, provocata dal rifiuto delle
immagini sacre da parte di consistenti settori del clero bizantino, e si accentuò fino
a produrre, nel 1054, la rottura definitiva: con lo scisma d’Oriente la chiesa di
Costantinopoli si separò dalla chiesa cattolica romana, dando origine alla chiesa
cristiana ortodossa>>26. In quella occasione <<il papa e il patriarca si scomunicarono
a vicenda, portando la cristianità a una rottura che aveva origini lontane e non è stata più
sanata>>27.

6) Le crociate
Partiamo dalla definizione: <<spedizioni armate condotte dai cristiani d’occidente
nei secc. XI-XIII per liberare i luoghi santi dagli infedeli; il nome deriva dall’uso
dei partecipanti di fregiarsi con una croce>>28. Prima di descriverle, diciamo subito
che all’origine delle crociate c’erano <<un insieme di motivi sociali, economici,
istituzionali e religiosi: la C[rociata] poteva assicurare terre e potere alla nobiltà,
mercati e commercio alle città marinare, prestigio al papato, e nel contempo
rappresentava una grande e concreta manifestazione di profonda religiosità>>29.
Ora concentriamoci su un Concilio: quello di Clermont-Ferrand del 1095. In quella
occasione <<il pontefice Urbano II, dopo aver deplorato le lotte fratricide tra i cristiani,
esortò chi vi era stato coinvolto a intraprendere un pellegrinaggio in Terrasanta come
mezzo di purificazione dei peccati e come occasione per recare aiuto alla Chiesa
orientale minacciata dagli infedeli>>30. Mi sembra interessante dare conto delle
interpretazioni di quel concilio. Del discorso fatto dal papa abbiamo la versione di
quattro cronisti, che scrivono in un momento successivo alla conquista di Gerusalemme
da parte dei crociati. Normalmente nei manuali e nei testi di storia si afferma che con
quelle parole (e qui cito uno dei manuali più usati nei licei, scritto da Giardina,
Sabbatucci e Vidotto) <<il pontefice Urbano II additò alla cristianità il vero nemico da
combattere […]. Combattere i miscredenti e rioccupare la Palestina era il dovere
prioritario di ogni vero cristiano, che in tal modo espiava anche i propri peccati>>31. Su
questa interpretazione (cioè che il papa abbia di fatto indetto la prima crociata) non tutti
sono d’accordo. Vediamo altre due interpretazioni. Secondo lo storico Andreolli <<ad
una spedizione in Oriente si era pensato fin dalla fine del X secolo ma la chiesa non
aveva mai bandito una C[crociata] anche perché i cristiani erano generalmente rispettati
dagli arabi. Anche l’appello lanciato dal papa Urbano II (1095) perché si soccorressero i
cristiani d’Oriente, non invocava probabilmente un’azione armata>>32. Forse ancora più

25 De Bernardi A., Guarracino S., La realtà del passato, vol 1 Dal Medioevo al Seicento, cit., p. 5.
26 Atlante storico del mondo, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 2008, p. 67 (il neretto è mio).
27 De Bernardi A., Guarracino S., La realtà del passato, vol 1 Dal Medioevo al Seicento, cit., p. 6.
28 Andreolli B., Crociate, in L’Enciclopedia, vol. 5, Utet, Torino, 2003, pp. 713-717, p. 713 (il neretto è mio).
29 Ibidem (il neretto è mio).
30 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, cit., p. 319.
31 Giardina A., Sabbatucci G., Vidotto V., Il mosaico e gli specchi, vol 3, Dal feudalesimo alla guerra dei trent’anni, Laterza,
Roma-Bari, 2012, p. 73.
32 Andreolli B., Crociate, in L’Enciclopedia, vol. 5, cit., p. 713.
6
netto è Giovanni Vitolo, uno dei più autorevoli medievisti italiani: <<si sarebbe trattato,
invece, di una generica esortazione del pontefice al pellegrinaggio, la quale avrebbe
prodotto un risultato, che egli stesso non era in grado di immaginare. Non era questa la
prima volta – né sarebbe stata l’ultima – in cui le parole o le azioni di un uomo avevano
la capacità di far esplodere le contraddizioni e i bisogni che la società del tempo
esprimeva in maniera ancora confusa. Se le parole del pontefice a Clermont-Ferrand
ebbero una vasta risonanza, fu perché la società europea della fine dell’XI secolo
era pervasa da un forte slancio espansivo, che, come abbiamo visto, si manifestava in
ogni campo: la popolazione era in aumento, nuove terre venivano messe a coltura, i
mercanti, soprattutto italiani, contendevano ai musulmani il controllo dei commerci
mediterranei, i cadetti delle famiglie aristocratiche erano alla ricerca affannosa di
un’adeguata sistemazione e quindi di nuove terre da conquistare. Tutto era poi condito
da un miscuglio confuso di ottimismo e di profonda inquietudine religiosa>>33. Inoltre è
sempre Vitolo a precisare che <<la richiesta di aiuto contro i Turchi, che l’imperatore
bizantino Alessio Comneno avrebbe rivolto ai cristiani d’Occidente, appare difficilmente
credibile, dato che egli aveva da temere più dagli occidentali che dai Turchi>>34. In
linea di massima possiamo dire che nell’XI secolo lo stato arabo era in crisi. <<Nella
Spagna era già cominciata (sec. X) la reconquista dei territori occupati dagli arabi
nel sec. VIII [che sarebbe terminata con la presa di Granada nel 1492]; nel
Mediterraneo occidentale Pisa toglieva la Corsica (sec. XI) e la Sardegna agli arabi,
mentre tra il 1061 e il 1091, Ruggero d’Altavilla occupava la Sicilia, araba dal sec. IX.
Nell’impero bizantino, invece, sotto la dinastia dei Comneni (1057) la situazione era
divenuta delicata a causa dell’avanzata dei turchi selgiuchidi in Palestina, Siria e
Anatolia>>35. Prima di affrontare in modo diretto le crociate è interessante fare una
riflessione sulla Palestina. Questa <<era, ed è, una regione piccola e di scarsa
rilevanza economica, ma la sua importanza ideologica, come abbiamo più volte
constatato, è sempre stata enorme. Ben tre religioni l’hanno scelta come punto di
riferimento simbolico: per gli ebrei, la Palestina è la terra promessa, il luogo dove
sorgono il Muro del pianto e il Tempio; per i cristiani, è la regione dove è nato il Cristo e
dove si trova il suo Santo Sepolcro; per i musulmani, è il paese della montagna di
Abramo, da dove Maometto salì al cielo. Questa caratteristica di terra costruita
mentalmente dall’uomo spiega anche il significato da “epopea” che le crociate assunsero
nella storia dell’Occidente>>36. E’ molto interessante anche notare che <<nei territori
a loro sottomessi i musulmani assicuravano ai cristiani libertà di culto e forme di
autonomia, che i loro correligionari residenti nei territori cristiani non si sognavano
neppure>>37.
Detto questo, è comunque indubbio l’impeto religioso che muoveva i crociati: accanto
alla voglia di conquista di nuove terre c’era un fervore religioso che si riversò anche
contro gli ebrei. Di questo fanatismo si fece interprete Pietro l’eremita che mise insieme,
nel 1095, la cosiddetta “crociata dei poveri”. Si trattava di un gruppo di poveri ed
emarginati, assolutamente privi di qualsiasi forma di organizzazione. Dopo aver
massacrato gli ebrei strada facendo, vennero massacrati dai Turchi. Urbano II,
preoccupato dalla partenza di fanatici che rischiavano di sconvolgere l’ordine sociale,

33 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, cit., p. 319 (il neretto è mio).
34 Ibidem.
35 Andreolli B., Crociate, in L’Enciclopedia, vol. 5, cit., p. 713 (la sottolineatura ed una parte del neretto sono miei).
36 Giardina A., Sabbatucci G., Vidotto V., Il mosaico e gli specchi, vol 3, Dal feudalesimo alla guerra dei trent’anni, Laterza,
Roma-Bari, 2012, pp. 73-74 (il neretto è mio).
37 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, cit., p. 320 (il neretto è mio).
7
promosse la partenza di una crociata “ufficiale”, che si mosse nel 1096. Questa volta a
partire era il fior fiore della feudalità: dal fratello del re di Francia a Goffredo di
Buglione, duca delle Bassa Lorena. Tutti loro si riunirono a Costantinopoli dove
l’imperatore Alessio Comneno fa di tutto per farli partire il prima possibile. Arrivano ad
un accordo: <<l’imperatore avrebbe fornito ai crociati viveri ed armi, ottenendo in
cambio la restituzione dei territori appartenuti in precedenza all’impero e il
riconoscimento della sua superiore autorità sulle formazioni politiche eventualmente
nate dalla vittoria dei Franchi>>38. Questa crociata nel 1099 <<dopo cinque settimane
di assedio […] giunse alla conquista di Gerusalemme, che fu accompagnata dal
massacro quasi totale della popolazione musulmana ed ebraica>>39. A capo del
Regno di Gerusalemme era Goffredo di Buglione, ma l’anno dopo muore lasciando il
Regno al fratello Baldovino. Fu lui a consolidare il Regno. Alla base del suo potere
possiamo individuare i crociati che non erano tornati e che avevano ricevuto un feudo
dal sovrano. I legami feudali, però, non riuscirono a creare una solidarietà nella
classe dominante, che aveva molte rivalità al suo interno. Un aiuto importante veniva
dai crociati che arrivavano ad ondate piuttosto regolari e dagli ordini monastico-militari
tipo gli ospedalieri di san Giovanni (oggi Cavalieri di Malta), i Templari ed i Cavalieri
Teutonici. Infine un altro aiuto importante veniva dalle città marinare italiane: Venezia,
Genova e Pisa. La prima crociata la possiamo datare dal 1096 al 1099. Il suo
successo è legato soprattutto alle lacerazioni del mondo musulmano. Poco dopo la
fine della crociata la situazione muta e nel 1144 cade Edessa (attuale Urfa, in
Turchia) capitale del principato conquistato da Baldovino di Francia (fratello di
Goffredo di Buglione). Bernardo di Chiaravalle organizza la seconda crociata (1147-
1149) riuscendo a mobilitare i più potenti sovrani occidentali (l’imperatore tedesco
Corrado III, il re di Francia Luigi VII, il re di Sicilia Ruggero II). Il problema della
seconda crociata era l’assoluta mancanza di unità d’azione, al punto che Ruggero II
preferì attaccare Bisanzio! Inevitabile, quindi, la sconfitta. Nel 1187 cade
Gerusalemme. L’effetto della caduta di Gerusalemme è una nuova mobilitazione che
porta alla terza crociata (1189-1192) dove partecipano tutti i più grandi protagonisti
dell’Occidente. Parte anche Federico I Barbarossa in persona, che muore nel 1190
proprio durante la crociata. Ad impegnarsi in modo risoluto fu soprattutto Riccardo Cuor
di Leone, re d’Inghilterra, che riesce a conquistare San Giovanni d’Acri (nell’attuale
Israele) e Cipro. Gerusalemme rimane in mano ai musulmani. Al di là del fervore di
alcuni sovrani e cavalieri, ormai le crociate diventano <<un elemento di un più
complesso gioco politico, che coinvolgeva il papato, l’impero e tutte le altre
formazioni politiche del tempo>>40. In generale <<nel bilancio delle crociate vanno
calcolate anche le conseguenze molto negative come la diffusione dello spirito
d’intolleranza, l’irrigidimento ulteriore dei musulmani nei confronti dell’Europa,
la rovina della Cristianità bizantina>>41. Tutto questo è particolarmente evidente
esaminando la quarta crociata (1202-1204). A promuoverla fu il papa Innocenzo III
(1198-1216) Egli <<Riprese e sistemò le concezioni teocratiche di Gregorio VII. Il papa
per I[nnocenzoIII] è vicario di Cristo, che è re dei re; il potere spirituale è superiore al
temporale, come l'anima al corpo, il Sole alla Luna; entrambe le spade spettano al
pontefice, ma egli concede l'uso d'una di esse all'imperatore, che è l'advocatus Ecclesiae.
38 Ivi, p. 321.
39 Ibidem (il neretto e la sottolineatura sono miei).
40 Ivi, p. 326 (il neretto è mio).
41 Giardina A., Sabbatucci G., Vidotto V., Il mosaico e gli specchi, vol 3, Dal feudalesimo alla guerra dei trent’anni, cit., p. 78 (una
parte del neretto è mio).
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Dovendo sorvegliare, ratione peccati, tutti gli uomini, il papa ha il supremo controllo su
tutte le azioni e può intervenire in ogni campo. A tali dottrine informò la sua
politica>>42. Non stupisce quindi che <<si fece promotore di una grande crociata,
con il duplice obiettivo di recuperare Gerusalemme ai cristiani e di ricondurre la
Chiesa d’Oriente sotto la sovranità pontificia>>43. A quest’ultimo obiettivo ci era
arrivato anche per la situazione dell’impero bizantino, economicamente schiacciato dal
predominio commerciale dei veneziani e molto indebolito dal potere dell’aristocrazia
fondiaria e dalle minacce esterne di slavi, barbari delle steppe, i vicini stati musulmani e
gli avventurieri normanni e francesi. Quando i crociati si riuniscono a Venezia nel 1202
vengono trasportati gratuitamente dal doge di Venezia. Dopo essere passati per Zara, il
doge convince i crociati a cambiare programma e puntare alla conquista di
Costantinopoli. A favorire la decisione fu Alessio: pretendente al trono imperiale
d’Oriente <<prometteva lauti compensi, partecipazione alla crociata e riunificazione
delle due Chiese sotto l’egemonia papale>>44. Nel 1203 i crociati si impadroniscono
di Costantinopoli e mettono al trono Alessio che però non è in grado di smorzare i
sentimenti di ostilità della popolazione verso gli occidentali e la Chiesa di Roma. Il
controllo allora lo assumono direttamente i crociati che saccheggiano la città, del resto
<<tra i crociati […] non erano in pochi a pensare che i bizantini, come dice un testo
dell’epoca, “non fossero per niente cristiani, e che ucciderli non fosse un male”>>45. In
questa situazione viene insediato un Impero latino d’Oriente molto debole, diviso
anche territorialmente: <<un quarto di esso, unitamente al titolo imperiale, fu
assegnato a Baldovino di Fiandra. Degli altri tre quarti la metà toccò a Venezia insieme
alla basilica di Santa Sofia, mentre la parte restante fu divisa in vari domini, assegnati in
feudo ai capi dei contingenti armati che avevano partecipato all’impresa. I più importanti
furono il regno di Tessalonica, il principato di Acaia e il ducato di Atene>>46. A rendere
debole questa formazione politica erano anche l’irriducibile ostilità della popolazione
verso gli occidentali e la Chiesa cattolica e l’insofferenza di Genova e Pisa verso il
predominio politico ed economico di Venezia nella zona. Nel 1261 Genova si allea con
Michele Paleologo, signore di Nicea (il più forte Stato bizantino che si era sottratto al
dominio occidentale) e riescono a rifondare l’impero bizantino con a capo lo stesso
Michele Paleologo, dando origine alla dinastia dei Paleologhi che rimangono la potere
fino alla conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453. Così già nel 1261
<<fu ristabilita la vecchia ortodossia greca, scissa da Roma. Le conseguenze del
Sacco di Costantinopoli, però, rimasero: i bizantini non avrebbero mai dimenticato
la violenza dei crociati, che sancì, di fatto, la definitiva spaccatura del mondo
cristiano>>47.
Le crociate successive non sono molto importanti e le possiamo trattare in modo più
sintetico. Come prima cosa ci possiamo chiedere: quante furono, in tutto, le crociate?
Sulla risposta gli storici si dividono tra chi ne conta 7 e chi 8.
La quinta crociata (1217-1221) guidata dal re d’Ungheria ebbe esito disastroso.
La sesta (1248-1254) e la settima (1270) sono legate indissolubilmente alla figura del re
di Francia Luigi IX, <<santificato dalla Chiesa dopo la sua morte. Il sovrano
42 Innocenzo III, in Treccani on line, scaricabile da: http://www.treccani.it/enciclopedia/innocenzo-iii-papa/ (la sottolineatura è mia).
43 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, cit., p. 326 (il neretto è mio).
44 Ivi, p. 327.
45 Giardina A., Sabbatucci G., Vidotto V., Il mosaico e gli specchi, vol 3, Dal feudalesimo alla guerra dei trent’anni, cit., p. 78 (la
sottolineatura è mia).
46 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, cit., p. 327.
47 Giardina A., Sabbatucci G., Vidotto V., Il mosaico e gli specchi, vol 3, Dal feudalesimo alla guerra dei trent’anni, cit., p. 78 (il
neretto è mio).
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francese può essere considerato l’ultimo vero esponente del movimento crociato,
dato che egli credette veramente nella perdurante validità dell’ideale della crociata.
Questo però non valse a impedire l’esito disastroso delle due spedizioni da lui
guidate>>48. Tra la quinta e la sesta crociata si situa una spedizione (1228-1229) sotto
il comando di Federico II di Svevia. Il manuale scritto da Giardina, Sabbatucci e Vidotto
la definisce a tutti gli effetti una crociata, quindi considerata come sesta. Quale era la sua
particolarità in virtù della quale secondo alcuni storici (tra cui il nostro Vitolo) non si
può definire “crociata”? Federico II era un sovrano colto ed aveva una simpatia
intellettuale verso il sultano del Cairo. Grazie a questa simpatia Federico II fa qualcosa
che rappresenta una sconfessione dell’ideale stesso della crociata: stringe un patto con il
sultano del Cairo grazie al quale Gerusalemme viene restituita nel 1229 ai cristiani
senza alcun combattimento, ma si sarebbero dovute smantellare tutte le fortificazioni.
Priva di difese, la città nel 1244 ricade in mano ai turchi. Nel 1291 cadono le ultime
città in mano ai cristiani (Tiro, Sidone, Beirut e S. Giovanni d’Acri). Una volta
tramontata l’idea di Crociata si fa strada l’idea di “missione” <<ossia di convertire gli
infedeli con la predicazione, come per la prima volta fece Francesco d’Assisi durante la
quinta crociata. Le C[rociate] dei secc. XIV e XV ebbero l’aspetto di campagne
difensive contro i turchi […]. Caduta Costantinopoli (1453), dell’ideale crociato rimase
solo il ricordo trasfigurato>>49.

BIBLIOGRAFIA
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De Bernardi A., Guarracino S., L’operazione storica, vol 1 Il Medioevo, Mondadori,
Milano, 1986.
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Pearson, Milano-Torino, 2014.
Federico I di Svevia, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da
Giovanni Treccani, Roma, 2010, vol. 1, pp. 602-603.
Giardina A., Sabbatucci G., Vidotto V., Il mosaico e gli specchi, vol 3 Dal feudalesimo
alla guerra dei trent’anni, Laterza, Roma-Bari, 2012.
Innocenzo III, in Treccani on line, scaricabile da:
http://www.treccani.it/enciclopedia/innocenzo-iii-papa/
Scisma, in Treccani storia, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni
Treccani, Roma, 2010, vol. 3, p. 392.
Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Milano,
2000.

48 Vitolo G., Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, cit., p. 328 (il neretto è mio).
49 Andreolli B., Crociate, in L’Enciclopedia, vol. 5, cit., p. 717.
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