Le monarchie postcarolinge L’Europa continentale pur racchiudendo in sé le potenzialità di una futura ripresa, si presentava comunque statica rispetto al mondo bizantino e arabo. Questa polverizzazione dei poteri presentò la fusione di popoli che avevano fatto emergere veri e propri caratteri nazionali. Quindi dall’incontro di popoli come i latini, i celti e germanici iniziano a nascere le nazioni moderne (es. Francia e Germania). Dinastia sassone (Gli Ottoni) Carlo Magno aveva allargato il suo territorio anche sulla parte ad est del Reno, alemanni, bavari, e sassoni entrarono così a far parte della compagnia imperiale. Nel 843 l’eredità carolingia fu sparita, rimasero assegnati a un regno che andava dal Reno all’Oder e che venne denominato Francia Orientalis in quanto retto da un sovrano franco. All’interno del regno della Germania il substrato latino era molto tenue e accentrato nelle città lungo il Reno e il Danubio. Pian piano il regno si andò a formare e a configurare come una federazione di popoli tra i quali ne emersero alcuni che avevano un loro capo (duca). Si ebbero così vari ducati all’interno dei quali si andarono affermando le istituzioni vassallatico – beneficiarie. Tali ducati prendevano il nome dai popoli che li avevano costituiti, anche se la componente etnica si era andata attenuando nel tempo: I Franconi vicino al Reno Sassoni a nord est I Bavari a nord ovest Gli Svevi a sud ovest La corona del regno di germani era contesa tra questi quattro duchi e veniva assegnata per elezione (il re però non aveva un potere formale). Al trono tedesco venne eletto il duca di Sassonia Enrico detto “l’Uccellatore” (919 – 936), egli riorganizzo l’assetto amministrativo e militare, facendo costruire una vasta rete di fortezze. Nel 935 gli ungari vennero sconfitti e Enrico assoggettò i popoli slavi insediati tra l’Elba e l’Oder. In Germania, nel 936, il figlio di Enrico, Ottone I detto “Il grande”, della dinastia dei duchi di Sassonia, fu incoronato re di Germania ad Aquisgrana. Il suo ambizioso progetto era quello di indebolire la nobiltà con l'aiuto del papa. Per ottenere l'appoggio della Chiesa, nominò i Vescovi suoi vassalli, attraverso un giuramento vassallatico, come se fossero dei normali nobili. La mossa di far diventare i Vescovi anche Conti fu una mossa intelligente, perché i vescovi erano tenuti al celibato e quindi non potevano avere figli legittimi; in questo modo, quando i vescovi morivano, i feudi sarebbero ritornati nelle mani del re. Invece i nobili avrebbero tramandato i feudi ai loro figli e il re non avrebbe più potuto controllare quelle terre. Ottone I fece anche di più. Visto che i vescovi erano suoi vassalli, e quindi gli dovevano obbedienza, cominciò a nominare anche i vescovi – prerogativa che in realtà spettava al papa – facendo cominciare lo scontro tra papa e re. In seguito, Ottone I, per riportare l'ordine, scese in Italia, sconfisse facilmente i nobili e si fece incoronare re d'Italia. Subito dopo però dovette abbandonare in fretta la penisola a causa di un'invasione degli Ungari i quali furono sconfitti definitivamente da Ottone nel 955. In seguito si spinse fino nel sud Italia(Sicilia) per tentare di sottrarre territori agli Arabi ma fu sconfitto. Nel 962 Ottone I tornò di nuovo in Italia e si fece incoronare imperatore dal papa, rifondando l'impero, come quello carolingio. La differenza con l'impero di Carlo Magno – entrambi considerati sacri per via dell'appoggio della Chiesa – è che Carlo si servì dell'aiuto della nobiltà, Ottone invece dovette combattere le prepotenze dei nobili. Per cercare di porre un freno alla crisi del papato – ognuno nominava un papa tutto suo – Ottone I fece una legge chiamata “Privilegium Othonis” con la quale confermò tutte le donazioni fatte da Carlo Magno alla chiesa, ma in cambio stabilì che l'elezione del papa, per essere valida, doveva essere accettata solo dall'imperatore. Era una mossa molto furba perché avrebbe reso il papa inferiore all'imperatore. Al posto di questo privilegio, Ottone avrebbe difeso il papato dalla violenta e avida nobiltà romana. Facendo valere questa sua prerogativa, nel 963, Ottone I depose il papa in vigore e ne nominò uno nuovo. Riuscì a farsi riconoscere il titolo di imperatore anche dall'imperatore di Bisanzio; l'accordo fu sigillato dalle nozze del figlio di Ottone I, Ottone II, con la principessa bizantina Teofano. Alla morte di Ottone I, nel 973, gli successe il figlio Ottone II, che riprese i progetti di espansione nell'Italia meridionale, già inaugurati dal padre, ma nel 982 fu sconfitto pesantemente dagli Arabi e morì l'anno dopo. A lui successe il figlio Ottone III, che però all'epoca aveva solo tre anni, e l'impero fu retto dalla madre Teofano. Ottone III fu incoronato imperatore soltanto nel 996, all'età di sedici anni. Dopo esser diventato imperatore, fece nominare papa uno dei suoi precettori, stabilendo ancora una volta la superiorità dell'imperatore sul papa. Ottone III si pose l'obiettivo di riformare l'impero e soprattutto di riportare Roma al centro d'Europa. Il suo trasferimento a Roma, però, fece arrabbiare sia la nobiltà tedesca che quella romana; la nobiltà tedesca si sentì abbandonata e pensò che il centro dell'impero non fosse più la Germania; la nobiltà romana invece non voleva un imperatore potente tra i piedi altrimenti non avrebbe potuto fare di testa propria. Nel 1001 Ottone III fu costretto da una rivolta ad abbandonare Roma e l'anno successivo morì di malattia, per la gioia dei nobili di mezza Europa. I duchi tedeschi assegnarono la corona del regno di Germania e Benedetto VIII la corona imperiale a Enrico II di Baviera. Dovette sostenere molte lotte contro i signori feudali per affermare il proprio potere e quello della monarchia sia in Germania, sia in Italia. Aveva fondato nel 1007 il vescovato di Bamberga per farne un centro di irradiamento di evangelizzazione nell'Europa centrale. Uomo di grande integrità morale e di fede profonda, si adoperò, insieme con Benedetto VIII, a promuovere la riforma ecclesiastica (concilio di Pavia del 1022). Nel frattempo cominciò un profondo rinnovamento della Chiesa; in mezzo ad un clero e ad un papato corrotto, ignorante e violento, una parte della Chiesa si era interrogata su come riportare la Cristianità sulla retta via. Il punto di partenza del rinnovamento furono i monasteri, come ad esempio quello di Cluny, fondato in Francia nel 910. I monaci di Cluny si sottrassero dalla gerarchia del vescovo (i quali venivano eletti dall’imperatore) e dissero di ricevere ordini soltanto dal papa. Silvestro II Nel periodo tra X e XI secolo, la situazione della chiesa occidentale era complessa, in diverse aree europee era soggetta a pesanti condizionamenti da parte del mondo laico. La tradizione che prevedeva l’elezione dei vescovi da parte del clero e del popolo di ciascuna diocesi, era un ottimo pretesto per le aristocrazie che imponevano scelte secondo la loro. L’importanza politica delle funzioni vescovili e abbaziali dava origine: la simonìa (compravendita di cariche ecclesiastiche) e il nicolaismo (trasmissione cariche a parenti prossimi). La simonia faceva sì che vescovi potenti e spregiudicati potessero acquisire una vasta autonomia tanto da sottrarsi sia al potere temporale sia al potere spirituale. Sotto l’impero di Ottone III il rapporto con il papato si era rafforzato, facendo innalzare al trono pontificio suo cugino Gerberto, che assunse il nome di Silvestro II (nome ripreso dal papa di Constatino). Quest’ultimo era nato in Aurillac, e intorno a lui si creò una leggenda, secondo la quale venne visto come un mago o combutta col diavolo. Egli fu anche interessato al diritto e alla politica: come ecclesiastico si sforzava di distinguersi come apprezzato consigliere dei potenti, durante il suo soggiorno a Reims. Fu in quei momenti che godette della protezione da parte della casa regnante di Germania, di Ottone III. Papa Silvestro II promosse l’evangelizzazione delle genti slave, sostenne l’istituzione delle loro chiese nazionali, riconobbe Stefano I come re della nuova nazione cristiana, quella ungherese. Fu costretto a lasciare Roma nel 1001 insieme al suo imperatore Ottone III cacciato dai ribelli; poté ritornare soltanto dopo la morte di questi, al prezzo di un’umiliazione nei confronti dei nuovi padroni (famiglia dei Crescenzi). Morì nel 1003. Le funzioni monastiche e vescovili A partire dal IX secolo, il monachesimo conobbe una crescita importante e i monasteri divennero custodi della cultura e propagatori della fede nelle aree di recente evangelizzazione (es. Sassonia). Il merito di questo rilancio è dovuto a Ludovico Pio, il quale comprese l’importanza insita nell’unificazione delle regole che governano la vita monastica del suo tempo. Egli individuò questo fattore nella regola benedettina, che cercò di farla accettare a tutti i monasteri. Con il concilio di Aquisgrana nel 816 sembra trionfare l’idea di un monachesimo imperiale e la regola benedettina divenne il fattore unificante nella vita monastica. Tuttavia i monasteri di frontiera e anche quelli nel cuore della cristianità pieni di ricchezza, erano preda degli ungari, normanni e saraceni. Ad esempio riuscirono nel 846 a profanare il sepolcro di San Pietro a Roma. Questa insicurezza aveva allentato i rapporti fra i poteri laici centrali e periferici. Le comunità monastiche e episcopali tendevano a intrecciare rapporti con le realtà istituzionali laiche dell’area in cui si trovavano. Rispetto a quelle episcopali, quelle monastiche erano spesso indipendenti, in quanto direttamente legate a Roma. I vescovi dei secoli X e XI, provenienti da famiglie aristocratiche, potevano essere figure di alto profilo, ma spesso erano personaggi mondani, dediti alla guerra e alla caccia e consideravano l’investitura come un lucroso affare, vedevano la loro diocesi come una rendita.