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Il Feudalesimo

NASCE UN NUOVO IMPERO NEL CUORE DELL’EUROPA

Il giorno di Natale dell’anno 800 a Roma il papa Leone III incoronò Carlo


“imperatore dei romani”. Dopo secoli, in Europa era rinato un impero, che si
ispirava a quello romano e cristiano di Costantino e Teodosio. Infatti Carlo Magno
proteggeva Roma e la sua Chiesa: riteneva che la religione fosse un elemento che
poteva tenere uniti i popoli dell’Impero. Egli non era solo un conquistatore, ma anche
un evangelizzatore, perché favoriva – o imponeva con la forza – la conversione dei
popoli vinti al cattolicesimo. Il nuovo impero venne perciò detto “sacro” perché
consacrato dalla benedizione del papa ed è chiamato dagli storici Sacro romano
Impero
L’Impero di Carlo unificò sotto uno stesso potere politico e un’unica cultura
molti territori e popolazioni diverse. Questi territori e queste popolazioni, di origini
latina, germanica e slava, sono il nucleo fondamentale dell’attuale Europa. Le
parole “Europa” ed “europei” cominciarono a essere utilizzate proprio in documenti
dell’VIII secolo. Nell’Impero di Carlo si fondevano diverse eredità:

 la cultura latina e l’ammirazione per la passata grandezza di Roma; la lingua


latina continuò a essere usata come lingua della cultura, mentre le popolazioni di
numerose aree dell’Impero parlavano lingue derivate dal latino: francese, italiano,
spagnolo ecc.;
 il cristianesimo, la religione che unificava tutti i popoli dell’Impero;
 la cultura germanica, cioè le lingue, le abitudini, i modi di vivere e di
governare dei popoli cosiddetti “barbari”.

Il centro politico e culturale dell’Europa non si trovava più sul Mediterraneo, ormai


terra di confine con gli arabi, ma sul Reno, il fiume che per secoli aveva
rappresentato il confine tra i romani e i “barbari”.
IMPERATORE O PAPA: CHI HA IL POTERE?
Nell’VIII secolo, chi aveva il diritto di governare le terre dell’Europa occidentale
era l’imperatore bizantino, perché era l’unico erede degli imperatori romani. Ma ai
tempi di Carlo l’Impero bizantino era retto da una donna, Irene, la madre
dell’imperatore Costantino VI. Irene aveva deposto il figlio, lo aveva fatto accecare
e lo aveva mandato in esilio. Per la mentalità dell’epoca una donna, per
giunta usurpatrice, non poteva legittimamente esercitare il potere imperiale. Allora,
sia il papa Leone III sia Carlo decisero di cogliere l’occasione: l’incoronazione di
Carlo rappresentava un vantaggio per entrambi. Leone III, infatti, pensava che il
potere religioso fosse superiore a quello dell’imperatore: incoronando Carlo faceva
comprendere che era lui, il papa, a concedere il potere all’imperatore. Carlo,
invece, riteneva che il potere fosse dell’imperatore, e che il papa dovesse obbedirgli,
ma aveva bisogno del suo appoggio.
L’incoronazione di Carlo costituiva la premessa per lo scontro tra Papato e
Impero che avrebbe segnato tutti i secoli successivi del Medioevo.

Carlo Magno era convinto dell’importanza della cultura. Egli infatti aveva bisogno
che i governanti da lui scelti fossero colti e istruiti, per applicare le leggi e fare le
scelte giuste. Egli quindi raccolse attorno a sé dotti di ogni nazione e costituì con essi
la Scuola palatina, cioè “del palazzo”.

Inoltre, stabilì che nei vescovadi e nei monasteri si aprissero delle scuole in cui si


insegnava a leggere, scrivere e far di conto. Si appoggiò alle sedi religiose sia perché
erano già centri culturali importanti, e spesso gli unici presenti, sia per la loro larga
diffusione, che permetteva quindi di avere una scuola in ogni regione dell’Impero.

Sotto il regno di Carlo nacque anche un nuovo tipo di scrittura, più facile da leggere,
che si chiamò scrittura “carolina”.
L’IMPERO CAROLINGIO SI BASA SU RAPPORTI PERSONALI DI
FEDELTÀ

A differenza dell’Impero romano, l’Impero di Carlo Magno non possedeva una vera e
propria organizzazione amministrativa.

Il territorio era diviso in contee, che l’imperatore affidava ai conti. Questi ultimi
erano i suoi compagni d’armi, che gli giuravano fedeltà e in suo
nome amministravano la giustizia, riscuotevano i tributi e reclutavano i
soldati in caso di guerra. Quando una contea si trovava nei pressi di un confine e
doveva essere protetta dai pericoli di un’invasione straniera, prendeva il nome
di marca ed era affidata a un marchese, un capo con ampi poteri militari.

I conti e i marchesi erano i vassalli del re, cioè i suoi uomini fedeli. Quando uno di
loro moriva, l’imperatore lo sostituiva con un’altra persona di sua fiducia.
L’organizzazione politica dell’Impero era quindi basata sul rapporto di fedeltà e di
dipendenza tra il re e i suoi vassalli. I vassalli dell’Impero potevano essere anche
religiosi, vescovi e abati, che proprio come i conti ricevevano dall’imperatore il
compito di amministrare un territorio o addirittura di seguirlo in battaglia durante le
campagne militari. Le contee e le marche erano abbastanza autonome e
avevano proprie leggi e istituzioni. L’Impero era composto quindi da tanti piccoli
poteri autonomi, che solo l’autorità e il prestigio dell’imperatore riuscivano a tenere
assieme. L’imperatore passava la maggior parte del suo tempo viaggiando con la sua
corte da un dominio all’altro e controllando conti e marchesi. Non esisteva neppure
una vera e propria capitale dell’Impero, anche se Aquisgrana (l’odierna Aachen,
nella Germania occidentale) era uno dei luoghi di soggiorno prediletti da Carlo.

Per controllare e amministrare i propri domini, però, non era sufficiente che Carlo
viaggiasse continuamente, perché l’Impero era molto vasto. L’imperatore allora si
faceva aiutare da alcuni funzionari con mansioni particolari: si chiamavano missi
dominici, che in latino vuol dire “inviati del signore”.

Questi funzionari dovevano sorvegliare i territori dell’Impero


e informare l’imperatore su quanto accadeva. Ogni anno, all’inizio della primavera,
l’imperatore convocava un’assemblea alla quale erano tenuti a partecipare tutti i suoi
più importanti vassalli. In questa occasione venivano annunciati i progetti delle
campagne militari e si emanavano quelle leggi, dette capitolari, che per volontà del
sovrano erano valide in tutti i territori dell’Impero.
Carlo Magno ridiede vigore all’antica consuetudine franca del vassallaggio: per
assicurarsi il controllo dei territori conquistati e per tenere a bada l’irrequieta nobiltà
franca.
Nel sistema feudale per “vassallaggio” s’intende il rapporto di dipendenza
intercorrente tra il signore e i suoi vassalli. In cambio di un feudo o beneficio –
solitamente un possedimento terriero – il vassallo assicurava al signore il suo
sostegno militare.
Il rapporto di vassallaggio non era un semplice contratto, ma un legame di ordine
morale sancito da un rito intriso di elementi religiosi. Il futuro vassallo, in ginocchio,
metteva le mani congiunte in quelle del signore, per dichiarare la sua volontà di
diventare uomo di un altro uomo (era questo l’atto di omaggio).
Il signore faceva quindi rialzare il vassallo, che prestava giuramento di
fedeltà posando la mano destra su un oggetto sacro e recitava un giuramento.
Al giuramento faceva seguito l’investitura: il signore consegnava al vassallo un
simbolo del feudo da lui concesso, per esempio uno scettro, un’insegna, un bastone,
una zolla erbosa, un guanto, un anello.
Il vassallo entrava così in possesso di un feudo (per questo l’organizzazione politica
che ne derivò è stata definita dagli storici contemporanei feudalesimo) come
usufruttuario; la proprietà era conservata da colui che faceva la concessione.
Il vincolo così consacrato non poteva essere violato: sul vassallo che fosse venuto
meno agli obblighi assunti si riversava la riprovazione collettiva e lo si bollava con il
marchio disonorevole di «fellone». Ugualmente riprovevole era un signore che non
rispettava gli impegni presi nei confronti del vassallo.
La diffusione del sistema feudale determinò la nascita di una nuova organizzazione
politica e  sociale, che giunse a maturazione intorno all’anno Mille.
Ai feudatari maggiori (conti, marchesi, duchi, vescovi), che erano vassalli diretti dei
sovrani, si affiancò via via una schiera di feudatari minori, a loro volta vassalli dei
feudatari maggiori, chiamati valvassori, dal latino vassi vassorum, cioè “vassalli dei
vassalli”, che a loro volta nominavano i valvassini.
In questo modo si diffuse e radicò capillarmente il feudalesimo.
In origine, il feudo era revocabile: alla morte del vassallo, o per altri gravi motivi, il
signore aveva il diritto di recuperare il beneficio e di assegnarlo ad altri. Si trattava di
un principio fondamentale che Carlo Magno e i suoi successori cercarono di
difendere contro le pretese dei feudatari.
Nel tempo, però, specie dopo la morte di Carlo Magno, i feudatari accentuarono la
tendenza a sottrarsi agli obblighi nei confronti del potere centrale.

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