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LA SPAGNA DI CARLO V

E FILIPPO II
Carlo V (1500-1558)
• È nato nelle Fiandre (attuale Belgio) dall’unione di un
esponente degli Asburgo d’Austria con Giovanna “la
pazza”, regina di Spagna (figlia di Ferdinando d’Aragona
e Isabella di Castiglia).

• Diventa re di Spagna e imperatore di un territorio


amplissimo che comprende: Austria e Boemia (la regione
di Praga), Fiandre, Paesi Bassi e alcuni territori limitrofi,
Spagna e territori spagnoli (Regno di Napoli, di Sicilia e di
Sardegna e colonie nel Centro e Sud America). Si diceva
infatti che è “l’impero su cui non tramonta mai il sole”.
• Si contende il titolo imperiale con Francesco I di Valois (re di
Francia) e vince “comprandosi” la carica presso i grandi
elettori tedeschi, che avevano il compito di nominare
l’imperatore, grazie al sostegno economico dei banchieri
tedeschi, in particolare dei Fugger.

• Veniva visto come l’“uomo della Provvidenza” che avrebbe


potuto tornare guida di una Cristianità unita.

• Con lui ritorno in auge l’antica idea di Impero, che in Europa


sembrava essere definitivamente tramontata.
Ostacoli al progetto imperiale
OSTACOLI ESTERNI:
1) rivalità con la Francia di Francesco I
2) minaccia dei turchi ottomani

OSTACOLI INTERNI:
1) in Spagna non era benvoluto perché, essendo nato
nelle Fiandre, veniva percepito come uno straniero
2) i principi tedeschi, ormai convertiti al luteranesimo, si
opposero al suo progetto di accentramento politico e si
strinsero nella Lega di Smalcalda (1531), un’alleanza
militare (protestante e anti-cattolica)
L’Italia come terreno di scontro
L’Italia, il paese più ricco, popolato e colto nell’Europa del
tempo, fu il terreno di scontro tra Carlo V e Francesco I.
Carlo V voleva impossessarsi del Ducato di Milano perché
avrebbe permesso un collegamento diretto tra i domini
spagnoli e tedeschi, anche grazie al porto di Genova
(all’epoca parte del Ducato di Milano). Per il re di Francia
era perciò importante che Milano non cadesse in mani
spagnole, quindi scoppiò la guerra, in cui Francesco I subì
una grave sconfitta e fu fatto prigioniero da Carlo V, con
cui, per essere liberato, firmò un trattato con cui cedeva
Milano (e la Borgogna) a Carlo. Una volta liberato, tuttavia,
non mantenne fede al trattato.
La Lega di Cognac (1526)

Per paura di essere schiacciato dalla superiorità


dell’avversario, Francesco I diede vita a un’alleanza
antiasburgica, la Lega di Cognac (1526), alla quale
aderirono Firenze, Venezia, il Ducato di Milano, l’Inghilterra
e il papa Clemente VII, preoccupato dell’avanzata di Carlo
in Italia nonostante quest’ultimo si presentasse come
difensore della cristianità.
Il Sacco di Roma (1527)
Nel 1527 i mercenari al servizio dell’imperatore scesero in
Italia e, non essendo stati pagati, occuparono Roma e la
saccheggiarono, stringendo d’assedio il pontefice rifugiato
nella fortezza di Castel Sant’Angelo. Molti di loro erano
lanzichenecchi (dal tedesco Land, “terra”, e Knecht,
“servo”), mercenari tedeschi di fede luterana che odiavano
la Chiesa di Roma. Del Sacco di Roma approfittarono, ad
esempio, i fiorentini, che cacciarono i Medici (che erano
imparentati col papa). L’imperatore non fece nulla per
fermare l’assedio perché contrariato dalla partecipazione
del papa alla Lega di Cognac e perché non era in
condizione di pagare i lanzichenecchi, che perciò non gli
avrebbero dato ascolto.
La potenza spagnola in Italia
• L’anno successivo (1528) si raggiunse l’intesa tra
imperatore e papa: Carlo V s’impegnò a far restituire al
pontefice tutte le terre che gli erano state sottratte e a
ripristinare a Firenze il governo dei Medici, ottenendo in
cambio il riconoscimento dei suoi possedimenti in Italia e
l’incoronazione nelle mani del papa. La penisola italiana
era così sotto il controllo della potenza spagnola e
imperiale.

• Con la pace di Cambrai (1529) Carlo V e Francesco I si


divisero le rispettive sfere d’influenza: l’imperatore
rinunciava alle sue pretese sulla Borgogna, mentre il re
di Francia gli riconosceva il possesso di Milano.
La minaccia ottomana

L’egemonia di Carlo era tuttavia minacciata dagli ottomani,


che avevano raggiunto la massima espansione sotto il
regno di Solimano con l’assedio della città di Vienna e la
conquista di Tunisi da parte della pirateria turca. Il sultano
strinse un’alleanza con la Francia in chiave antiasburgica:
non era mai avvenuto che un re cattolico si alleasse con gli
“infedeli” contro un altro re cattolico.
La Lega di Smalcalda (1531)

Alla morte di Francesco I gli succedette il figlio Enrico II,


che riprese la guerra con l’impero asburgico, spostando il
teatro del conflitto dall’Italia alla Germania, appoggiando
contro Carlo V i principi luterani della Lega di Smalcalda.
Consapevole del fatto che, nell’Europa delle monarchie
nazionali, l’impero rappresentava un’istituzione ormai
superata, Carlo V decise di risolvere per via diplomatica il
conflitto coi principi tedeschi.
La pace di Augusta (1555)

Carlo arriva quindi a firmare la pace di Augusta (1555),


che riconobbe ufficialmente la divisione della Germania tra
cattolici e luterani secondo il principio cuius regio eius
religio (“la religione corrisponda a quella di chi domina il
paese”), in base al quale i sudditi di ogni Stato erano
obbligati a seguire la religione scelta dal loro principe. Per
la prima volta nella storia, due forme di religione, la
cattolica e la luterana, ottenevano uguale riconoscimento
legale. Gli altri movimenti nati dalla riforma (calvinisti,
anabattisti…) furono invece esclusi dall’accordo.
Abdicazione e morte di Carlo V

Un anno dopo, Carlo V abdicò dividendo l’Impero in due


parti: al fratello Ferdinando I lasciò la corona imperiale, le
terre degli Asburgo, Boemia e Ungheria; al figlio Filippo II il
Regno di Spagna con Milano e i tre Viceregni di Napoli,
Sicilia e Sardegna, le colonie americane e i Paesi Bassi
spagnoli (comprendenti le Fiandre). Si ritirò poi in un
monastero fino alla morte (1558).
La pace di Cateau-Cambrésis (1559)

La guerra tra Francia e Impero proseguì anche tra Enrico II


e Filippo II, alleato con l’Inghilterra. Le potenze erano però
ormai stanche di combattere e arrivarono a firmare la pace
di Cateau-Cambrésis (1559), con cui alla Spagna fu
riconosciuto il dominio sull’Italia, salvo alcune città del
Piemonte, tra cui Torino, e il Marchesato di Saluzzo. La
Savoia fu attribuita a Emanuele Filiberto di Savoia.
La figura di Filippo II
Il nuovo re di Spagna, Filippo II, fu colui che volle applicare
con maggior forza i principi della Controriforma. Restò al
potere per oltre 40 anni e, a differenza del padre, che viaggiò
tutta la vita attraverso i suoi domini europei, non si mosse
mai dalla Spagna e decise di trasferire la sede della corte a
Madrid, facendo costruire il palazzo dell’Escorial, metà
convento e metà fortezza, da dove prendeva le sue decisioni
destinate a un impero immenso. Si dedicava in modo molto
meticoloso al lavoro, il che rallentava i processi decisionali e
rallentava la macchina amministrativa e di governo. Per
questo fu chiamato il re prudente. Durante il suo regno ci fu
un grosso problema di circolazione delle informazioni,
essenziale per il coordinamento di territori molto lontani dal
centro del potere.
Autoritarismo e corruzione

Lo Stato di Filippo II era il più autoritario d’Europa: il


sovrano godeva di poteri assoluti ed era anche, di fatto,
capo della Chiesa. L’Inquisizione spagnola poi
dipendeva direttamente dalla Corona anziché dal papa.
L’attività governativa della corte era supportata da una
serie di Consigli, analoghi a ministeri. Migliaia di funzionari
lavoravano al loro interno, reclutati con la vendita delle
cariche, meccanismo che favorì la corruzione.
Difficoltà economiche sotto Filippo II
• L’affluenza di grandi quantità di oro e argento estratti nelle miniere
di Perù e Messico non portò allo sviluppo economico della Spagna,
che non seppe sfruttare l’opportunità perché la classe dirigente
spagnola aveva forti pregiudizi contro le attività imprenditoriali,
essendo legata ancora agli ideali cavallereschi, e praticava ancora
uno stile di vita caratterizzato da lusso e sprechi.
• Si verificò così il fenomeno dell’aumento dei prezzi: all’incremento
della domanda di merci, determinato dalla maggiore disponibilità di
metalli preziosi, non corrispondeva un adeguato incremento
dell’offerta, che l’apparato produttivo spagnolo non era in grado di
assicurare. I prezzi, quindi, aumentarono, danneggiando gran parte
della popolazione; la domanda invece si riversò sui mercati esteri,
arricchendo i produttori di altri paesi. Così il debito pubblico
spagnolo aumentava sempre di più: per ben tre volte, sotto Filippo II,
fu dichiarata la bancarotta.
I pirati e la battaglia di Lepanto (1571)
• Nel Mediterraneo si intensificavano scontri tra Spagna
cristiana e impero ottomano, che prendevano anche la
forma di conflitti tra la pirateria musulmana (pirati
barbareschi) e quella cristiana (es. Cavalieri di Malta).
• La tensione aumentò con l’occupazione da parte
musulmana dell’isola di Cipro, allora dominio veneziano.
In risposta a ciò, il mondo cattolico riuscì a costituire una
Lega santa, della quale facevano parte il pontefice,
Spagna e Venezia. Nel 1571 le due flotte si scontrarono
nella battaglia di Lepanto, in acque greche, che terminò
con una totale disfatta dei turchi, che fino a quel momento
erano percepiti in Occidente come imbattibili.
La persecuzione dei moriscos
• In Spagna la lotta contro i turchi, vissuta con uno spirito di
crociata, si tradusse nella brutale persecuzione dei
moriscos, i musulmani battezzati, discendenti dalle
popolazioni arabe che un tempo avevano occupato la
Spagna. Accusati di essere rimasti, nonostante la loro
conversione, segretamente legati alla loro vecchia fede
islamica, furono sempre più emarginati e perseguitati, fino a
essere espulsi dalla Spagna (come già era accaduto agli
ebrei nel 1492).
• Ciò causò un enorme danno all’economia spagnola, in
quanto i moriscos, artigiani e commercianti, rappresentavano
un ceto sociale molto dinamico: la loro scomparsa, in una
società altrimenti statica e poco dedita ad attività artigianali e
commerciali, ebbe un effetto economico disastroso.
Portogallo e Paesi bassi spagnoli
• Nel 1580 Filippo II divenne anche re del Portogallo,
unificando sotto la sua Corona tutta la penisola iberica.
• Fortificata quest’unione, cercò di accrescere la sua
influenza nell’Atlantico e di collegare meglio il cuore
dell’impero ai Paesi Bassi spagnoli. Tuttavia, gli abitanti
di queste zone non tolleravano la presenza spagnola per
ragioni di tipo fiscale (forti tasse), politico (si opponevano
alle intromissioni del governatore spagnolo nelle questioni
interne) e religioso (erano calvinisti, non cattolici). Filippo
II iniziò una politica di persecuzione a danno dei calvinisti
e inserì uomini di sua fiducia nelle istituzioni.
La nascita delle Province unite (1588)
• Queste politiche miopi e rigide portarono gli abitanti delle Fiandre alla
rivolta. Il re inviò allora nella regione il migliore dei suoi generali, il duca
d’Alba, che cercò di ristabilire l’ordine punendo i rivoltosi. La rivolta si
trasformò tuttavia in una vera e propria guerra: l’oppressione spagnola
era riuscita a far nascere un legame tra le varie province,
tradizionalmente rivali.
• I ribelli furono appoggiati anche dai nobili, che non appoggiavano i
metodi degli spagnoli, a partire dal più celebre e ricco nobile dei Paesi
Bassi, Guglielmo d’Orange, che fu nominato dai ribelli governatore
delle province del Nord, ormai sottratte al dominio spagnolo, mentre le
province del Sud rimasero sotto il dominio spagnolo.
• Dall’unione delle province del Nord nacque, nel 1588, la Repubblica
delle sette province unite (comunemente detta Olanda, dalla provincia
più importante della Repubblica), che si proclamò indipendente dalla
Spagna, anche se l’indipendenza sarà ufficialmente riconosciuta solo
alla fine della Guerra dei Trent’anni (1648).

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