Durante la seconda metà del Seicento e la prima parte del Settecento, molti
paesi europeri avevano condotto la propria politica economia in base a
principi comuni.
Mercantilismo
La ricchezza di una nazione si identifica con la quantità d’oro e argento,
e in generale di monete metalliche in circolazione.
Lo stato deve intevernire direttamente nelle questioni economiche per
indirizzare il mercato.
Il mercato è indirizzato dall’alto
Si favoriscono le manifatture nazionali
Si applicano dazi doganali sulle importazioni
Fisiocrazia dal greco dominio della natura, si sviluppa sulla base di Francois
Quesnay
La ricchezza di una nazione si identifica nell’agricoltura
Lo Stato non deve intervenire nelle questioni economiche
Il mercato è libero, regolato dalle leggi di domanda e offerta
Non si favoriscono alcune produzioni su altre: vige la libera iniziativa
economica
Non si applicano dazi nè tasse eccessive
La lotta per l’egemonia in Europa
Nell’ultima parte del Seicento gli assetti politici cominciarono a mutare.
La Spagna e gli stati italiani erano entrati in una crisi economica e
politica sempre più profonda.
L’impero germanico era indebolito dalla frantumazione in centinaia di
potentati
Le Province Unite attraversavano una fase favorevole ma la crescita
economica dei decenni precedenti iniziava già ad esaurirsi.
La Francia del Re Sole si era imposta come modella dell’assolutismo
monarchico e aveva iniziato una serie di guerre con i paesi vicini con lo
scopo di ampliare i propri domini.
L’ Inghilterra dopo gli scompigli della rivoluzione si affacciava alla
svolta del nuovo secolo pronta a giocare un ruolo di primo piano.
Anche Stati di dimensioni più ridotte poterono espandersi, adottando politiche
agressive o sfruttando le rivalità e le debolezze regionali delle principali
potenze europee.
In Italia i duchi di Savoia, garantendo il loro appoggio alla Francia in diversi
conflitti, ingrandirono i propri domini e nel 1720 conquistarono il titolo di
re d Sardegna.
Ancora più emblematica fu l’espansione del ducato di Prussia retto dalla
dinastia degli Hohenzollern: divenne un regno nel 1701 e nel giro di un
decennio raddioppò la propria estensione. Ciò fu dovuto all’abilità dei suoi
sovrani, e in particolare durante il regno di Federico Guglielmo I detto il “Re
Sergente” e successivamente il figlio Federico II la Prussia si traformò in
una sorta di “Stato caserma”.
Le conseguenze
I trattati di pace firmati a Parigi e a Hubertusburg disegnarono una nuova
gerarchia internazionale.
Al vertice:
Gran Bretagna, una potenza marittima e coloniale in grado di dominare
i mari dell'intero pianeta;
la Prussia, che aveva dimostrato di essere la principale potenza
militare del continente europeo.
Gli altri grandi paesi del continente uscirono in qualche modo sconfitti dalla
guerra dei Sette anni.
La Francia fu estromessa dal Nord America e dalle più redditizie rotte
commerciali, e dovette ridimensionare i suoi progetti di espansione in
Europa.
La Spagna, pur conservando un impero molto esteso, era ormai una
potenza di secondo piano.
L'impero asburgico, pur non avendo subito grosse perdite, non poté
più considerarsi come l'unico paese guida del mondo tedesco.
L'impero russo dovette iniziare a fare i conti con la Prussia.
Inoltre, negli anni che seguirono, emerse chiaramente un'importante diffe-
renza: queste quattro grandi monarchie rimasero ancorate a una concezione
tradizionale e dinastica del potere politico, ben lontana dal dinamismo e
dall'aggressività che ispiravano le strategie della Gran Bretagna e della
Prussia.