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I PAESI DI LINGUA TEDESCA (A.

DESTRO)

CAPITOLO 1 – MOMENTI DI STORIA


La storia di una nazione inizia con la sua nascita e nell’800, periodo di movimenti nazionali, si cercò di
individuare il momento esatto della nascita della nazione tedesca e lo si trovò nella “Battaglia di
Teutoburgo” del 9° sec. d.C., quando il principe Armin dei Cheruschi sconfisse i romani che all’epoca erano
conquistatori del centro Europa. Oggi, il concetto di nazione ha perso la sua carica enfatica e si cercano,
dunque, i processi politici che hanno portato alla nascita del “Deutsches Reich” prima e del “Deutschland”
dopo.
La parola “deutsch” compare per la prima volta tra il ‘700 e l’800 per designare la lingua che si parlava nella
parte orientale del Regno Franco (Franchreich), formatosi sotto Carlo Magno nel 9° sec. e che lo divise poi
nell’806 ai suoi due figli, dando origine alla Francia e alla Germania: questi due regni entrarono in guerra
subito dopo la morte di Carlo Magno e la tregua fu firmata nell’843 con un trattato redatto sia in francese
che in tedesco.
I confini politici tra i due nuovi regni combaciavano con i confini linguistici, per questo motivo la parola
“deutsch” fu usata anche per designare il popolo che abitava nella zona orientale, ma per darle un
significato politico dobbiamo aspettare il 14° sec. quando il Regno Franco d’Oriente fu proclamato “Heiliges
Römisches Reich deutsches Nation”, ovvero, “Sacro Romano impero della nazione tedesca”.

Alto Medioevo.
Dopo la morte di Carlo Magno, il Regno Franco d’Oriente attraversò un forte momento di crisi interna:
durante il suo regno, infatti, conti e marchesi erano feudatari ai quali lui affidava dei feudi, che ritornavano
indietro dopo la sua morte; uno dei suoi successori, Carlo il Calvo, permise loro di passare i feudi in eredità
ai figli, dando così inizio all’anarchia feudale, fenomeno in cui i feudatari imposero il loro potere al re.
Questo dominio finì con Ottone I che revocò questo diritto e diede, invece, più potere agli uomini di Chiesa
che non potevano cedere i loro poteri a nessun erede: in questo modo si indebolì il potere feudale e si
rafforzò quello ecclesiastico. Inoltre, Ottone I fu considerato anche il salvatore del cristianesimo poiché nel
955 sconfisse a Lechfeld gli ungheresi, allora invasori pagani d’Europa, così nel 962 ottenne a Roma la
corona d’imperatore, sottomettendo il Papa al suo potere e dando origine ad un nuovo impero cristiano,
con territori che comprendevano la Germania e parte dell’Italia settentrionale.
Ben presto lo Stato della Chiesa non accettò più la supremazia dell’impero e tale contrasto ebbe il suo apice
con Papa Gregorio VII che emanò il Dictatus Papae nel 1075 nel quale stabiliva la supremazia del Papa su
ogni potere terreno. A quel tempo l’imperatore era Enrico IV, che continuò ad eleggere vescovi provocando
la sua scomunica da parte di Gregorio VII e liberando così i suoi sudditi dall’obbligo di obbedienza e fedeltà.
Di questa scomunica ne approfittarono i feudali tedeschi che si ribellarono all’imperatore costringendolo,
quindi, ad andare a chiedere il perdono al Papa a Canossa, grazie anche alla mediazione di sua cugina, la
contessa Matilde. Questo nuovo assetto indebolì l’impero rafforzando, invece, i feudatari tedeschi che
imposero l’elezione del nuovo imperatore tramite l’elezione dei principi elettori e al sorgere dei comuni
nell’Italia settentrionale.
L’ultima ripresa dell’impero si ebbe con la dinastia degli Svevi e il suo primo imperatore, Federico
Barbarossa, che cercò di ristabilire il potere sui comuni in Italia riportando perfino una sconfitta a Legnano
nel 1776 contro le truppe militari della Lega Lombarda; la tregua si ottenne con la pace di Costanza firmata
nel 1183 con la quale i comuni si impegnavano a sottomettersi all’Impero che ne riconosceva la loro
autonomia. Grazie al matrimonio combinato tra suo figlio Enrico VI e Costanza d’Altavilla, il suo regno si
estese anche ai territori normanni dell’Italia Meridionale, fino alla Sicilia: proprio qui nacque suo nipote
Federico II che, divenuto imperatore nel 1220, organizzò il suo regno ex-novo concentrando il potere nelle
sue mani, destituendo tutti i feudatari e gettando le basi per una nuova economia e una buona difesa
militare. La base di questo nuovo stato moderno sorto sotto una forma di assolutismo illuminato fu la
Costituzione di Melfi, promulgata nel 1231.
La riorganizzazione dell’Impero avvenuta per mano di Federico II accentuò il divario tra i comuni
settentrionali e l’Imperatore e molti di questi comuni, sicuri dell’appoggio del Papa, si riunirono in una
nuova lega antimperiale, i Guelfi, che andò a scontrarsi con la lega dei comuni fedeli all’imperatore, i
Ghibellini. Tale lotta cessò soltanto alla morte di Federico II nel 1250, dopo la quale seguì un periodo di
interregno per portò alla definitiva frantumazione del Regno.

Basso Medioevo.
Il periodo dell’Interregno finì con l’elezione imperiale di Rodolfo d’Asburgo nel 1273, dando via all’ascesa
degli Asburgo che divennero la più grande famiglia imperiale d’Europa a mantenere la corona imperiale fino
al 1806, quando Napoleone abolì il Sacro Romano Impero. Gli Asburgo abbandonarono ogni pretesa di
controllo sui comuni italiani, cercando invece di arginare le tendenze di frantumazione dei territori tedeschi
causate anche dai grandi feudatari riuniti nella Lega dell’Hansa.
L’imperatore doveva far fronte anche alla nascita delle città intese come nuovi centri economici e di scambi
commerciali; vennero incentivate anche le attività finanziarie svolte dai banchieri che diventarono figure
ricche e potenti, come il banchiere di Augusta, Jakob Fugger, che prestò denaro all’allora Re di Spagna Carlo
per aiutarlo a comprare i voti dei 7 principi elettori ed eleggerlo così nuovo imperatore del Regno Franco
d’Oriente con il nome di Carlo V. il suo nuovo regno comprendeva territori che arrivavano fino alle colonie
spagnole in America e la sua idea di regnare comprendeva il desiderio di unire tutti i suoi sudditi nel nome
di un’unica religione e di un unico sovrano; tuttavia, le diversità linguistiche e culturali impedirono questo
progetto, poiché l’Europa si divise in cattolici e protestanti e il suo regno fu diviso fra altri due membri degli
Asburgo, Filippo e Ferdinando.

Nascita della Confederazione Elvetica.


Secondo la tradizione, la storia della Svizzera inizia con il “Giuramento di Rütli” tra i cantoni di Uri, Schwyz e
Unterwalden, situati lungo il lago dei Quattro Cantoni, stipulato per sancire l’indipendenza dal Sacro
Romani Impero, che voleva imporre il suo potere sul territorio svizzero per le sue vallate che erano
diventate strategicamente importanti per lo scambio di merci.
Dopo la morte dell’Imperatore Rodolfo IV, seguì un periodo di instabilità politica e, per questo motivo, i tre
cantoni si giurarono reciproca assistenza in caso di guerra senza però andare ad intaccare le reciproche
amministrazioni e giurisdizioni: sin dall’inizio fu chiaro, quindi, che si trattava di una confederazione tra stati
autonomi piuttosto che di una nazione unitaria.
Dopo la vittoria dei confederati sull’esercito asburgico, furono stipulati accordi con Lucerna, Zug, Berna,
Zurigo e Glarus; nel 1481, dopo le guerre di Borgogna, entrarono nella confederazione anche Friburgo e
Solothun; nel 1499 fu firmata la pace di Basilea che metteva fine alla guerra con la Svezia, sancendo così
una ulteriore indipendenza dall’Impero. Con l’annessione di Basilea e Appenzell, nel 1530 la Svizzera aveva
raggiunto più o meno le dimensioni odierne.

Mercenari e neutralità della Svizzera.


A partire dal 15° sec., molti svizzeri si arruolarono come mercenari negli eserciti esteri, guadagnandosi la
fama di soldati invincibili, anche se questo poteva voler significare che molti compatrioti si fronteggiassero
sul campo di battagli in eserciti opposti.
Questa situazione subì una battuta d’arresto quando gli svizzeri, alleati di Massimiliano Sforza, subirono una
sconfitta contro le truppe francesi e veneziane, sancendo il primo passo verso la neutralità, che venne
dichiarata proprio in quella occasione; la neutralità svizzera consentiva agli altri eserciti di continuare a
rifornirsi di mercenari. Nel 1674 venne proclamata la neutralità armata, ma il fenomeno dei mercenari
continuò fino alla fine ella guerra di successione al trono spagnolo nel 1709.

Lutero e la riforma protestante.


Dal 12°-13° sec. i popoli europei erano in attesa di una riforma religiosa e che la Chiesa si avvicinasse di più
al Vangelo, anche perché gli uomini di Chiesa stavano sempre più allontanandosi dalla fede, addirittura,
Papa Leone X nel 1517, mise in vendita le indulgenze in Germania, i cui ricavati sarebbero serviti per la
costruzione della Cupola di San Pietro. Una voce di protesta fu levata dal monaco Martin Lutero che affisse
alla porta della Chiesa di Wittenberg (Sassonia) uno scritto di 95 Tesi dove spiegava come doveva essere,
secondo lui, il rapporto tra Dio e fedeli e come gli uomini di Chiesa dovessero sollevarsi dal ruolo di
mediatore tra le due parti: ebbe così inizio la cosiddetta “Riforma” che condusse numerosi cristiani ad
allontanarsi dalla Chiesa di Roma. La dottrina di Lutero contrastava apertamente con la tradizione cristiana
e, per questo motivo, Lutero fu scomunicato dalla Chiesa di Roma nel 1521 e fu anche condannato al bando
dall’Imperatore Carlo V. Lutero fu protetto dal principe Federico di Sassonia che lo ospitò gratuitamente nel
suo castello, dove Lutero tradusse la Bibbia in tedesco, affinché tutti potessero comprendere la parola di
Dio. In pochissimo tempo furono stampate migliaia di traduzioni e Lutero ottenne un enorme seguito.
Tuttavia, non tutti i seguaci erano mossi sinceramente dalla fede, in molti infatti erano attratti dall’idea
della riforma solo per poter giustificare le rivolte di carattere sociale: i contadini volevano usare i princìpi
cristiani della Riforma per chiedere l’abolizione della servitù della gleba e la riduzione delle tasse e, così
facendo, nel 1524 ebbe inizio la guerra dei contadini. Anche se Lutero non appoggiava le forme di violenza,
i principi approfittarono del momento per impadronirsi delle proprietà della Chiesa.
Quando Carlo V nel 1529 mise di nuovo al bando Lutero, i principi protestarono in difesa dei loro diritti e da
allora vennero chiamati “protestanti” tutti quelli che accolsero le idee luterane: nel 1531 i conflitti tra
protestanti e cattolici sfociarono in una guerra che ebbe fine solo nel 1555 con la pace di Augusta, con la
quale la Germania fu divisa in stati cattolici e protestanti. I principi avevano il permesso di scegliere
liberamente la propria religione e di imporla ai proprio sudditi: quelli che non accettavano tale imposizione
dovevano abbandonare il paese.
I cattolici cercarono di contrastare le idee protestanti con una “controriforma”, anche se l’obiettivo
principale era quello di appianare i contrasti tra le due fedi, così venne invocato un concilio che ebbe luogo
a Trento, dove però non fu raggiunto nessun accordo, dando così inizio ad un lungo periodo di guerre di
religione, come fu per la guerra dei 30 anni (1618-1648) che vide schierati tra i cattolici gli Asburgo
d’Austria, il re di Spagna e i principi cattolici tedeschi, e tra i protestanti i principi tedeschi protestanti, la
Danimarca, la Svezia, l’Olanda, ma anche la cattolica Francia che voleva appropriarsi dei territori degli
Asburgo.
Dopo la fine del conflitto, la Germania fu il paese che pagò le conseguenze maggiori: popolazione ridotta,
territori devastati dalla guerra e carestie. La guerra si concluse con la pace di Westfalia e gli Asburgo
perdettero quasi tutti i loro territori.

La riforma protestante in Svizzera.


In Svizzera la riforma ebbe inizio con Huldrich Zwingli che, nel 1525, si insediò a Zurigo e predicò per la
libera interpretazione della Bibbia, l’abolizione del celibato per i preti e la secolarizzazione dei beni
appartenenti alla Chiesa; la completa conversione si ebbe con l’arrivo di Calvino a Ginevra nel 1536, anche
in seguito all’uso delle armi in Svizzera occidentale nel 1528, dopodiché la popolazione svizzera si divise per
un terzo in cattolici e per due terzi protestanti, aumentando il contrasto con gli stati dell’Impero a nord
della Svizzera che erano cattolici. Nonostante ciò, la Svizzera non prese parte alla guerra dei 30 anni e la
pace di Westfalia segnò la sua indipendenza definitiva e la nomina a stato sovrano indipendente
dall’Impero.
La riforma ebbe importanti conseguenze dal punto di vista economico: si sviluppò la manifattura casalinga;
così facendo, nel corso del ‘700 la Svizzera, con le sue produzioni tessili e agricole, si collocava al secondo
posto in Europa per le tecniche produttive.

Impero turco e Austria.


Nel corso del 16° sec. l’Impero turco si era esteso nei Balcani fino all’Ungheria e nel 1683 arrivarono fino
alle porte di Vienna, passando per l’Albania e la Dalmazia. I principi polacchi aiutarono Vienna a difendersi
dall’attacco dei turchi e, successivamente, si formò una “lega santa” austro-polacca che attaccò l’impero
ottomano su molti fronti ottenendo una vittoria. Ne seguì la pace di Carlowitz nel 1699 con la quale i turchi
cedettero l’Ungheria all’Impero Asburgico.

Lo stato Prussiano.
Nel 17° sec., per difendersi dall’attacco di Luigi XIV, l’Impero Germanico si riprese dalle conseguenze della
guerra dei 30 anni grazie al fronte unico dei principi tedeschi. Federico Guglielmo, della stirpe degli
Hohenzollern, fece la fortuna dello stato prussiano grazie ad una politica di rigore e prudenza, alla bonifica
di boschi e paludi, al miglioramento delle strutture amministrative e all’accoglienza che riservarono agli
Ugonotti francesi (cacciati dalla Francia perché protestanti) ai quali permise libertà di culto religioso in
cambio di forza lavoro. Grazie a questa ripresa economica, Federico Guglielmo strappò il ducato di Prussia
dalla dipendenza del regno di Polonia.
Il duca di Prussia divenne re di Prussia di nuovo grazie alla politica di Luigi XIV: in Spagna, nel 1655, il re era
Carlo II d’Asburgo che non aveva eredi per la sua successione, così verso la fine del secolo gli altri sovrani
europei avevano stipulato dei trattati di spartizione che volevano sia far rispettare i diritti ereditari dei
Borboni di Francia e degli Asburgo d’Austria, sia mantenere la pace in Europa. Tuttavia, Carlo II stipulò un
testamento dove affidava il trono o a Filippo V nipote di Luigi XIV, o a Carlo Asburgo figlio dell’imperatore
Leopoldo I: dopo la morte di Carlo II, Luigi XIV esortò il nipote ad accettare l’incarico senza però rinunciare
ai diritti di successione al trono francese. Questa decisione mise in allerta tutti i sovrani europei che
formarono un’alleanza contro la Francia composta da Inghilterra, Olanda, Impero Asburgico e Prussia: fu
proprio in questo frangente che Federico I di Prussia fu eletto Re.
Più della sconfitta della Francia, l’evento che segnò la fine della guerra fu la morte del nipote di Leopoldo I,
l’erede al trono di Vienna: a quel punto, l’erede diretto divenne Carlo Asburgo, colui per il quale si stava
combattendo questa guerra. Gli altri stati europei non avevano più interesse a favorire gli Asburgo e
vennero stipulati due trattati di pace (Utrecht e Rastadt) che stabilivano il primato inglese sui mari, la
cessione dei Paesi Bassi e dei domini francesi in Italia agli Asburgo e l’ascesa al potere della Prussia e del
suo re Federico Guglielmo I.

Maria Teresa e Federico II.


Nel 1740 salirono al trono Maria Teresa d’Austria e Federico II di Prussia, innescando una nuova serie di
instabilità in Europa, infatti, Federico II si impossessò subito della Slesia, facendo diventare la Prussia
l’effettiva concorrente dell’Impero Asburgico per il controllo dei paesi germanici. La situazione peggiorò con
la guerra dei sette anni scoppiata perché l’Austria aveva concentrato le truppe in Boemia per permettere
alla Russia di invadere la Prussia orientale, ma Federico II anticipò le loro mosse invadendo la Sassonia
(retta dal re di Polonia). Tuttavia, la difesa era ben schierata e arrivò addirittura ad invadere i territori di
mezza Prussia.
Federico II evitò il totale tracollo solo perché Inghilterra e Russia dovevano concentrare la loro attenzione
su questioni interne, così, nel 1763, venne stipulata la pace di Hubertsburg, che si limitava a riportare la
situazione com’era prima della guerra ma, di fatto, faceva notare come Federico II avesse reso la Prussia
una potenza temibile.

Assolutismo illuminato.
Sotto Maria Tesa e sotto Federico II si realizzò in Austria e in Prussia l’ASSOLUTISMO ILLUMINATO, che
portò una serie di innovazioni nei due stati.
L’Impero Asburgico, indebolito dalle guerre e dalla frammentazione culturale, attuò una politica
uniformatrice e centralizzata, secondo la quale vennero tolti i poteri alle assemblee regionali, venne
imposto il pagamento delle tasse alle alte cariche dello Stato che prima erano esentate e venne imposta la
lingua tedesca come unica lingua ufficiale. In Prussia, l’assolutismo illuminato si basava sul pensiero
illuministico: Federico II applicò il pensiero filosofico in politica. Il suo ideale era quello della “ragion di
Stato”, ovvero, nello stato lui vedeva un valore assoluto che non si poteva violare in nessun caso, anche a
costo della vita. Per lui poteva essere professata qualsiasi religione, purché non venissero messe in
discussione la solidità dello Stato, le gerarchie sociali e l’ordinamento dell’esercito. Inoltre, investì sulla
cultura e l’istruzione e venne migliorata l’agricoltura.

Stati tedeschi tra Rivoluzione Francese e restaurazione.


L’assolutismo illuminato terminò alla fine del ‘700 a causa dell’onda rivoluzionaria che era partita dalla
Francia e aveva invaso tutta l’Europa. La Rivoluzione Francese proponeva come ideali la separazione dei tre
poteri e la libertà e l’uguaglianza di tutti i cittadini: l’Austria e la Prussia si sentirono immediatamente
minacciati da quest’ultima e cercarono aiuto proprio al re di Francia Luigi XVI.
Le truppe austro-prussiane invasero la Francia, dove l’esercito di Napoleone, però, riuscì a contenere
l’offensiva a addirittura riuscì ad ottenere vittorie anche nei territori italiani nel 1796, arrivando ad occupare
Milano nel maggio dello stesso anno. Egli avrebbe continuato la sua discesa vincente in tutta la penisola se
non si fosse aperto un altro fronte di guerra nei territori della Germania del sud, chiese quindi la pace con
l’Austria.
Nei territori tedeschi la battaglia di Napoleone fu più difficile e, nella Pace di Campoformio stipulata con
l’Austria dovette cedere Venezia, ma ottenne in cambio la Lombardia e molti territori tedeschi alla sinistra
del Reno.
Tuttavia, Napoleone trasformò la giovane Repubblica Francese di nuovo in un impero ereditario, spazzando
via gli ideali della rivoluzione: questa mossa allarmò tutti i sovrani europei, creando numerose tensioni
politiche che sfociarono nelle “Guerre Napoleoniche” (1804-1815) che portarono al crollo definitivo del
Sacro Romano Impero di Nazione tedesca.
L’interesse maggiore di Napoleone era conquistare l’Inghilterra, con la quale si erano alleate la Russia, la
Svezia, l’Austria e il Regno di Napoli, e nel 1805 ottenne proprio contro l’Austria una vittoria ad Austerlitz e,
proprio mentre aveva intenzione di attaccare l’Inghilterra invadendo l’isola, la sua flotta navale venne
sconfitta a Trafalgar dal generale Nelson. In ogni caso, Vienna venne occupata dai francesi e l’Austria
dovette cedere il Veneto al Regno d’Italia – attraverso la pace di Presburgo – e, inoltre, la Baviera e
Württemberg ottennero l’indipendenza dall’Austria perché si erano alleati con Napoleone. Un’altra impresa
di Napoleone fu la creazione della “Confederazione del Reno”, un’alleanza di stati germanici protetti
dall’imperatore francese e sottratti dall’influenza austriaca: fu questa la vera fine del sacro romano impero.
Contro questa alleanza si schierarono la Russia, la Prussia, l’Inghilterra e la Svezia: la Prussia venne battuta e
invasa dai francesi e la Russia abbandonò l’Inghilterra per accordarsi con Napoleone, in questo modo, egli
non aveva più avversarsi in Europa. Ben presto nacque un nuovo sentimento di rivoluzione che si mostrava
insofferente al predominio napoleonico in Europa: questo ROMANTICISMO POLITICO metteva in rilievo
l’autonomia del singolo e del popolo e richiedeva delle profonde riforme dei sistemi assolutisti. Questo
nuovo sentimento era profondamente radicato in Prussia, il cui desiderio era quello di abbattere le barriere
feudali e instaurare una nuova società di stampo borghese: a tutto ciò si aggiunse la rottura dell’alleanza
franco-russa con conseguente guerra che decimò l’esercito francese con l’inverno del 1812 e la definitiva
sconfitta di Napoleone a Lipsia nel 1813.
Per rimettere ordine nei regni d’Europa, fu indetto il Congresso di Vienna nel 1814 dal cancelliere austriaco
Metternich, il cui scopo era quello di ritornare ai regimi monarchici cancellando ogni traccia della vecchia
rivoluzione: iniziò così il periodo della RESTAURAZIONE che unì gli stati tedeschi nella “Confederazione
germanica”, che si riuniva nella dieta di Francoforte ed era presieduta dall’Imperatore d’Austria Francesco I.
Nella confederazione germanica si manifestarono tendenze reazionarie che portarono al ripristino dei
vecchi sistemi e, nell’ottobre del 1817, in occasione del tricentenario della riforma luterana, le
manifestazioni religiose presero sempre più sembianze politiche e la loro massima espressione si ebbe con
il “Vormärz” che durò dal 1830 al 1848, anno in cui scoppiò la rivoluzione in tutti gli altri stati tedeschi e i
popoli rivendicavano la loro nazionalità e indipendenza dall’impero asburgico.

La nascita della Repubblica Elvetica.


la riforma di Martin Lutero aveva creato una forte differenza tra le città dominate da nobili e patrizi e i
cinque cantoni rurali. Il potere era concentrato nelle mani dei nobili e i contadini vedevano negarsi i loro
diritti sempre di più. Questa situazione aveva provocato nel 1653 una breve ribellione dei contadini di
Lucerna, Berna, Solothurn e Basilea e, tre anni più tardi, era sfociata nella guerra di Villmergen; tuttavia, fu
l’invasione dei francesi nel 1798 a mettere fino all’antico regime elvetico.
Napoleone organizzò la Confederazione Elvetica in una Repubblica Elvetica secondo il modello centralistico
francese, ripartendo il territorio in 19 cantoni e stabilendo il governo centrale a Berna. In quello stesso
anno scoppiò una rivolta tra gli unitari (favorevoli al nuovo assetto) e i federalisti (favorevoli alla sovranità
dei cantoni): per porre fine agli scontri, Napoleone promulgò nel 1803 una nuova Costituzione con la quale
affermava una certa autonomia ai cantoni, l’uguaglianza tra di loro e vietò l’acquisto delle cariche
pubbliche.
Con il congresso di Vienna venne riconosciuta alla Svizzera l’indipendenza sia politica che territoriale
rispetto agli altri Stati europei: alcuni territori vennero persi, altri furono acquisiti e in tutto la Repubblica
Elvetica contava 25 cantoni. Tuttavia, con la Restaurazione tornò il potere in mano ai nobili e fu abolito il
diritto di libertà d’industria. Con il Congresso venne riconosciuta ufficialmente la neutralità della Svizzera e
il “divieto” di combattere qualsiasi conflitto.

Industrializzazione e rivoluzione del 1848 in Germania.


Nella prima metà dell’800 in Germania prese piede il PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE anche grazie
all’Unione Doganale del 1834 che riuniva molti stati tedeschi e la Prussia in un’unica comunità economica al
fine di favorirne lo sviluppo.
Questa unione favorì da un lato uno slancio economico di industriali e investitori, ma anche una crisi
economica delle fasce più deboli della società a causa delle nuove apparecchiature industriali che
soppiantavano il lavoro degli operai.
Il malcontento generale sfociò nella Rivoluzione del 1848 che ebbe inizio dapprima a Parigi e dilagò poi in
tutta Europa Occidentale: negli stati tedeschi i rivoluzionari pressavano per avere la monarchia
costituzionale e fu creato, così, il Parlamento di Francoforte nella Chiesa di San Paolo che doveva creare
l’unità nazionale.
Anche in Prussia il sovrano Federico Guglielmo IV dovette accettare la Costituzione e appoggiare il
parlamento di Francoforte. In questo Parlamento si delinearono due correnti: quella dei “grandi tedeschi” –
che volevano includere l’Austria nel nuovo stato tedesco – e quella dei “piccoli tedeschi” – che volevano la
Prussia al posto dell’Austria. I piccoli tedeschi ebbero la meglio e offrirono la corona al Re di Prussia che
però rifiutò un titolo offerto “dal basso”, indebolendo il governo fino a determinarne il suo scioglimento nel
1849.
Anche in Austria scoppiò la rivoluzione, con la maggioranza del popolo che chiedeva la Costituzione e i
contadini che chiedevano l’eliminazione dei ceppi feudali, mentre la borghesia si proponeva come nuova
forza politica e, così, l’imperatore dovette promettere la Costituzione.
La stessa cosa accadde a Venezia e a Milano, dove i popoli stavano cercando di creare dei governi
autonomi: in questo caso, l’imperatore non aveva la minima idea di come gestire queste crisi senza
frammentare l’impero austriaco e, sentendosi alle strette, abdicò in favore di suo nipote Francesco
Giuseppe (il marito di Sissi, ndr) che regnò fino al 1916 e negò ogni aspirazione di autonomia nazionale
concentrando tutto il potere a Vienna, anche se abolì i vincoli feudali e instituì un’unione doganale tra le
varie regioni.
Nel Lombardo-Veneto tutti i tentativi furono messi a tacere dall’imperatore e dal maresciallo Radetzsky con
l’imposizione di nuove tasse che indebolirono la sua economia. Inoltre, Federico Guglielmo IV di Prussia
riprese i tentativi per ottenere l’unità degli stati tedeschi e creare poi un’unione federale con gli altri
principi tedeschi di cui sarebbe voluto essere il capo per poi prendere il controllo su tutto il territorio
tedesco: tuttavia, l’Austria non aveva alcuna intenzione di sottostare alla Prussia (che, nel frattempo, aveva
già mobilitato l’esercito) e le impose nel 1850 la “Convenzione di Olmütz”, secondo la quale la Prussia
doveva rinunciare ad ogni smania di potere.

Sonderbund e nuova costituzione svizzera.


Dopo il Congresso di Vienna, la Confederazione Elvetica era ritornata alla situazione precedente con
differenze religiose, disuguaglianze sociali e disaccordi tra stati e città. La rivoluzione parigina del 1830
incoraggiò il popolo svizzero a contrastare i privilegi degli uomini di chiesa e delle poche famiglie
aristocratiche e fu proprio Zurigo ad accettare la prima costituzione liberale, seguita da Berna nell’anno
seguente.
Tuttavia, la mancata unificazione di pesi, misure e valute e la mancata istituzione di leggi di tipo
commerciale e civile spinse i cantoni cattolici della Svizzera centrale a formare la “Lega Separata”
(Sonderbund) che fu vista come un’alleanza militare e che trasgrediva, quindi, il patto confederativo: nel
1847 i contrasti tra le due fazioni opposte culminò nella guerra civile, la Sonderbundskrieg.
I cantoni liberali ottennero la vittoria e nel 1848 fu varata la nuova costituzione (che ha fatto da base per
quella attuale) la quale affermava definitivamente i diritti civili e divideva il potere in due camere elettive,
sul modello degli Stati Uniti.
Con la nuova regolamentazione e la nuova Costituzione, la Svizzera segnò una netta ripresa economica del
paese che, nel 1950, risultava essere la seconda potenza economica d’Europa.

Prussia e Impero Asburgico.


Nel 1848, il nuovo Imperatore Guglielmo I e il nuovo cancelliere Otto Von Bismarck riuscirono a unificare il
territorio tedesco sotto il controllo prussiano.
Bismarck ottenne questo risultato sopprimendo ogni tendenza liberale del suo popolo, ogni suggestione
democratica tipica del romanticismo ottocentesco e con il tradizionale militarismo prussiano.
Il sentimentalismo nazionale tedesco aiutò Bismarck a vincere la guerra contro la Danimarca nel 1864 che,
fino a quel momento, aveva il controllo su dei ducati abitati da popolazione tedesca, e a liberarsi dalle
limitazioni imposte dalla Convenzione di Olmütz. Questa situazione causò attriti tra la Prussia e l’Austria,
con Bismarck che dichiarò guerra agli austriaci nel 1866 e ottenne una vittoria nella battaglia di Königrätz,
costringendo l’Austria ad accettare la nuova formazione della Confederazione della Germania del Nord
(Norddeutscher Bund) con a capo la Prussia.
Per questo motivo, l’Austria, estromessa da ogni gioco politico, dovette legarsi all’Ungheria, tenendo in
comune il sovrano, alcuni ministeri, ma due parlamenti separati; tuttavia, nel nuovo IMPERO AUSTRO-
UNGARICO, rimase sempre palpabile il problema delle nazionalità oppresse.

Guerra franco-prussiana e II impero tedesco.


Dopo l’unificazione degli stati tedeschi del Nord, Bismarck riprese subito le intenzioni di guerra: sapeva,
infatti, che se avesse voluto formare un forte stato europeo doveva annientare la Francia.
L’occasione si presentò nel 1870, quando restò vuoto il trono di Spagna: sia la Francia che la Germania
presentarono il loro candidato. Il candidato tedesco non andò giù ai francesi e l’imperatore chiese a
Guglielmo I di non presentare più candidature future.
Il messaggio con il quale i francesi fecero questa richiesta fu manipolato da Bismarck per far credere al
popolo che la Francia si fosse posta con autorità e che la Prussia avesse rifiutato rompendo ogni rapporto
diplomatico: la vicenda ferì l’orgoglio nazionale dei due paesi e la Francia si sentì letteralmente umiliata e
dichiarò guerra ai prussiani nel 1870.
La supremazia dell’esercito prussiano fu chiara fin da subito e la Francia si arrese nel gennaio del 1871 con
la firma di un armistizio a Versailles. Proprio nella Reggia di Versailles, Bismarck dichiarò nella sala degli
specchi la nascita dell’IMPERO FEDERALE GERMANICO e riconobbe Guglielmo I come suo imperatore.

Industrializzazione in Svizzera e politica fino alla I guerra mondiale.


Nel corso degli anni ’60 dell’800, si andò rafforzando un movimento di opposizione contro i liberali,
composto da artigiani e contadini e intellettuali democratici. Furono proprio quest’ultimi ad ottenere la
revisione della Costituzione federale nel 1874.
In quegli anni, in Svizzera si stava attraversando un periodo di crisi nel settore dell’agricoltura: questa
situazione comportò una ristrutturazione in molti settori dell’economia nazionale; l’agricoltura passò
dall’esportazione dei cereali e si specializzò nei prodotti lattiero-caseari, l’industria chimica e meccanica
sostituì quella tessile e andò creandosi un forte sistema bancario.
Anche in Svizzera non vi era un vero e proprio proletariato, negli ultimi anni dell’800 nacque una vera e
propria questione sociale che portò all’abolizione del lavoro infantile nelle fabbriche e la riduzione a 11 ore
lavorative e fu istituito l’ispettorato nelle fabbriche. Nel 1880 i liberali e i conservatori si unirono contro il
movimento operaio socialista che andava rafforzandosi.
Pur restando sempre neutrale, all’interno del territorio si consolidò un forte contrasto in coincidenza della
Prima Guerra Mondiale che vedeva contrapposti la Svizzera tedesca e la Svizzera francese e italiana e, a
causa della crisi operaia post I guerra mondiale, ci fu una radicalizzazione del movimento operaio, che
culminò con lo sciopero generale nel novembre 1918. I liberali approfittarono di questa situazione per
allearsi col movimento dei contadini e ottennero il 14% dei seggi alle elezioni dell’anno successivo.

Le alleanze di Bismarck.
Nel 1870, il cancelliere del secondo Reich tedesco era Bismarck, il quale cercò di rafforzare il potere tedesco
alleandosi nel 1873 con l’Austria e la Russia attraverso il “patto dei tre imperatori” e, per impedire alla
Francia di contrattaccare o di allearsi con l’Inghilterra, Bismarck spinse i francesi alla conquista della Tunisia.
L’Impero Austro Ungarico era rimasto fuori da questo gioco di alleanze perché era troppo impegnato a
reprimere le insorgenze delle minoranze che pretendevano gli stessi diritti degli austriaci e degli ungheresi;
gli unici interessi dell’impero furono dirottati sulla politica estera e, nello specifico, sul mondo balcanico
dove, tuttavia, dovette scontrarsi con gli stessi interessi della Russia.
Con la crisi dell’Impero ottomano, la Russia estese il suo controllo sull’est Europa e, nel 1878, preoccupato
dall’espansione dei russi, Bismarck convocò il Congresso di Berlino, il cui scopo era quello di annullare in
qualche modo i vantaggi ottenuti dai russi con la vittoria sulla Turchia. Quindi, la Russia potette mantenere
solo il controllo sulla Bessarabia, mentre l’Austria prese possesso della Bosnia e dell’Erzegovina.
Tuttavia, l’Austria, allarmata dalla nuova politica espansionistica della Russia, strinse un patto difensivo con
la Germania, la Duplice Alleanza, visto che il precedente patto era ormai nullo. Preoccupata dalla politica
francese, l’Italia si avvicinò alla Germania e all’Austria stabilendo così la Triplice Alleanza.
In tutto questo la Germania, non volendo inimicarsi la Russia, stabilì con essa un patto segreto, la
Controassicurazione, dove si impegnava a fermare i suoi alleati austriaci in caso di attacco ai Balcani e,
contemporaneamente, la Russia doveva mantenersi neutrale in caso di attacco francese contro i tedeschi.

La politica tedesca di Guglielmo II.


Nel 1888, dopo la morte di Guglielmo I, salì al trono suo figlio e Bismarck dovette dimettersi; Guglielmo II
abbandonò la politica interna e si dedicò alla politica mondiale con un occhio di riguardo all’Africa e all’Asia.
In questo modo la Germania fece cadere nel dimenticatoio tutti gli accordi stipulati da Bismarck e la Francia
e la Russia si allearono nella “duplice intesa”, dividendo di fatto l’Europa in due blocchi militari. A questo
patto si aggiunse l’Inghilterra.

La I° Guerra Mondiale.
Il motivo principale che causò lo scoppio della I° Guerra Mondiale fu l’assassinio il 28/06/1914 di Francesco
Ferdinando, arciduca dell’impero austro-ungarico e possibile erede al trono, compiuto da due nazionalisti
servi. Il gesto fu causato dal fatto che FF era un sostenitore di quel trialismo che mirava a inserire
definitivamente la nazionalità slava nell’ambito austroungarico, mentre gli slavi ambivano all’annessione
con la Serbia.
Per reprimere qualche possibile nuova insurrezione degli slavi, l’Austria presentò un ultimatum alla Serbia,
in cui le chiedeva di riconoscere la sovranità austriaca a discapito degli slavi. I serbi, ovviamente, non
poterono accettare e il 28 luglio 1914 l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Questo implicò la mobilitazione
della Russia e della Francia contro i serbi e la Germania dichiarò immediatamente guerra alla Francia e alla
Russia. La Germania, inoltre, aveva intenzione di concentrarsi solo sul fronte russo e per questo motivo
attaccò la Francia dal Belgio (violando la sua neutralità) e ottenne una vittoria schiacciante che le costò,
tuttavia, la perdita del consenso dell’opinione pubblica. L’ultima mossa della Germania accelerò
l’intervento dell’Inghilterra in appoggio alla Francia e alla Russia con il suo arsenale e la sua flotta navale.
Inizialmente l’Italia si dichiarò neutrale, ma avviò le trattative con l’Austria quando si fece concreta la
possibilità di ottenere in cambio dei territori di interesse, tuttavia l’Austria non si mostrò disponibile e
l’Italia avviò subito le trattative con l’Inghilterra, stipulando il “patto di Londra”. Con questo patto l’Italia si
impegnava ad attaccare quelli che ormai erano i suoi ex-alleati e, il 24 maggio 1915, dichiarò guerra
all’Austria.
La Germania subì due sconfitte: contri i francesi nella battaglia della Marna e a Tannenberg, quando i russi
invasero la Prussia. Dopodiché la guerra si fermò nelle trincee, dando tempo alle forze dell’Intesa di
preparare la controffensiva bellica.
Nel 1917 in Russia scoppiò la rivoluzione: Lenin e Trotzkij, messa la fine al regime zarista, volevano tagliare
corto con la guerra per concentrarsi sui conflitti interni e firmarono con la Germania la pace di Brest-
Litovsk, con la quale alcune province russe vennero ridotte in condizioni di vassallaggio e la Russia pagò
ingenti indennità di guerra.
Nello stesso anno ci fu anche l’intervento degli Usa contro la Germania che aveva minacciato di far partire
gli attacchi marittimi col rischio di attaccare anche le navi mercantili americane. Il 1° aprile 1918 l’Austria
perse la battaglia di Vittorio Veneto e firmò l’armistizio, il governo tedesco fu sfiduciato dalla sinistra,
Guglielmo II abdicò e la Germania, diventata una repubblica, firmò l’armistizio finale con l’Intesa.

I trattati di pace.
A Parigi, nel 1919, furono stipulati gli accordi post-bellici: il trattato di Versailles obbligò la Germania a
restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia; cedette alcuni territori al Belgio e pagò tutti i debiti di guerra; con
il trattato di Saint-Germain l’Austria divenne una Repubblica e perse tutti i territori del regno.
L’Italia ottenne il Trentino, l’Alto Adige, Trieste e l’Istria.

La Germania dal ’15 al ’49: la Repubblica di Weimar.


Nel periodo immediatamente dopo la fine della I°GM, la Germania visse un profondo periodo di crisi sia
economica che sociale: le somme da pagare come risarcimenti di guerra erano incredibilmente alte, a cui si
andava ad aggiungere la mancanza di risorse interne, completamente esaurite durante i conflitti. Inoltre, la
Costituzione di Weimar, emanata nel 1919, era piuttosto debole anche se aveva una matrice democratica.
Il nuovo governo era stato formato dai socialdemocratici, un partito che si allontanava completamente
dalle tendenze rivoluzionarie e lasciava libero campo a qualsiasi forma di espressione politica, lasciando che
venissero addirittura formati dei partiti antidemocratici.
Furono proprio i partiti antidemocratici sia di estrema destra che di estrema sinistra a porre fine alla
Repubblica di Weimar. Il picco della crisi si toccò tra il ’22 e il ’23, quando l’inflazione aveva raggiunto picchi
esorbitanti e non si riuscì a pagare le sanzioni alla Francia che, di conseguenza, occupò la Ruhr, la zona più
sviluppata della Germania. Fu proprio in questo momento che la Hitler abbozzò un primo tentativo di colpo
di Stato nel novembre del ’23, forte anche dei risultati che Mussolini aveva raggiunto in Italia.
La crisi ebbe fine nel ’24 quando, grazie al piano di Dawes, gli Stati Uniti finanziarono la Germania e
investirono sul territorio, rendendo però i tedeschi economicamente dipendenti dagli americani.
A guidare questa ripresa fu il cancelliere Gustav Stresemann che nel 1925 firmò a Locarno un accordo con
cui la Francia non poteva “infierire” ulteriormente sulla Germania e doveva smilitarizzare la zona del Reno,
ma la sua vittoria più grande fu l’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni.
La fine della Rep. di Weimar iniziò nel 1929, quando gli Usa ritirarono gli investimenti alla Germania a causa
delle crisi economica mondiale. In mezzo alle nuove tendenze antidemocratiche, a destra nacque il nuovo
PARTITO NAZIONALSOCIALISTA (NSDAP) che seguiva le orme del partito fascista italiano: nel ’32 il partito
ottenne la maggioranza e il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler fu eletto cancelliere. Ebbe così fine la Rep di
Weimar e iniziò il Terzo Reich.

La rivoluzione legale di Hitler.


Solamente due giorni dopo la sua elezione, Hitler convinse il presidente del Reich Hildenburg a sciogliere il
parlamento per avere via libera alla realizzazione dei suoi scopi, come l’approvazione delle “leggi speciali”,
che limitavano i diritti civili fondamentali, come la libertà di stampa e le riunioni di giornali, specie se di
sinistra.
Il passo successivo alla creazione della dittatura fu la promulgazione delle “leggi del pieno potere”, che
concentravano il potere esecutivo e legislativo nelle sue sole mani. Il parlamento fu praticamente costretto
ad approvare queste leggi, sancendo il suo scioglimento e così Hitler governò senza il parlamento dei
Länder. Nel maggio dello stesso anno Hitler vietò tutti i sindacati e l’organizzazione di tutti i partiti all’infuori
del NSDAP e, successivamente, iniziarono prima le persecuzioni ai suoi dissidenti e poi quelle agli ebrei
(olocausto). Quest’ultimi, a meno che non avessero i mezzi economici per fuggire, furono deportati nei
campi di concentramento e uccisi. Anche molti esponenti culturali, come Thomas Mann ed Einstein,
dovettero lasciare la Germania.
Con la morte di Hildenburg nel 1934, Hitler divenne anche capo del Reich, il Führer, il capo assoluto che non
doveva far riferimento a nessun’altra autorità.

Austria e Svizzera tra le due Guerre.


Dopo la fine della I°GM, l’Austria dovette subire le imposizioni del “trattato di pace di Saint Germain”, con il
quale perdeva numerosi territori, riconosceva la sovranità nazionale dell’Ungheria, della Cecoslovacchia e
della Jugoslavia e le fu impedito di annettersi alla Germania come Deutsch-Österreich. Anch’essa, come la
Germania, dovette accettare una costituzione democratica che era fortemente attaccata dalle forze
antidemocratiche. La crisi economica grave fu evitata grazie alla Società delle Nazioni, in cui l’Austria entrò
a far parte nel 1920, tuttavia, non ci fu quel periodo di ripresa che visse tutta l’Europa nel ’23, favorendo la
nascita di movimenti antidemocratici di destra che sfociarono anche qui in un regime totalitario. Il fautore
di questa nuova politica fu Engelbert Dollfuss, eletto cancelliere nel ’32, che riuscì a creare un movimento
unitario di matrice antidemocratica, grazie al quale il cancelliere creò la sua dittatura senza sottomettersi a
Hitler. Questa iniziativa trovò l’appoggio dell’Italia e di Mussolini, che sostenne l’Austria quando Hitler
cercò di attaccarla e, anche se Dollfuss fu ucciso, il suo successore Schuschnigg continuò la sua politica.
Anche la Svizzera subì dei cambiamenti nel suo assetto dopo la I°GM: nel 1920 entrò a far parte della
Società delle Nazioni e si fece riconoscere svincolata da qualsiasi impegno militare e, in questo modo,
manteneva la sua “neutralità differenziata”. Si crearono anche delle forze antidemocratiche di destra, ma il
loro successo fu del tutto arginato dai partiti borghesi.

Hitler e la Grande Germania.


Hitler proseguì nella creazione del Terzo Reich, e lo fece uscendo dalla Società delle Nazioni, con lo scopo di
attuare una politica estera aggressiva per estendere i territori tedeschi verso est.
Anche l’Italia di Mussolini aveva gli stessi desideri espansionistici e inizialmente i rapporti con Hitler erano
molto tesi, specie quando Mussolini appoggiò Dollfuss contro l’ostruzionismo di Hitler. I rapporti tra i due
migliorarono quando la Società delle Nazioni condannò Mussolini per la sua politica espansionistica in
Etiopia e, essendo la Germania fuori dalla SdN, poté astenersi dal voto per le sanzioni e Mussolini rinunciò
ai suoi piani in Austria e, addirittura, appoggiò Hitler quando quest’ultimo occupò con le truppe la zona
smilitarizzata del Reno.
Dopo queste vicende i rapporti tra la Germania e Italia si rafforzarono notevolmente e, nell’ottobre del
1936, nacque l’Asse Roma-Berlino, patto con il quale la Germania rinunciò ad ogni pretesa sul
Mediterraneo e l’Italia lasciò campo libero alla Germania in Austria. Ad avere la peggio da questo accordo
fu l’Austria, che dovette accettare un ministro degli Interni proposto da Hitler e, dopo le dimissioni di
Schuschnigg, il nuovo ministro degli Interni formò un nuovo governo e il 12 marzo 1938 l’Austria fu annessa
al Reich.
In tutto questo trambusto, la Svizzera rivide la sua posizione con la Società delle Nazioni e ottenne di nuovo
la neutralità totale e decise comunque di mantenere pronto il suo esercito nel caso Hitler avesse deciso di
invadere i suoi territori.
Con l’accordo di Monaco stipulato nel 1938 Hitler ottenne il territorio dei Sudeti, ma nonostante avesse
promesso a Francia e Inghilterra di tralasciare la Cecoslovacchia, invase i suoi territori l’anno seguente. Nel
frattempo, i rapporti con Mussolini si fecero ancora più intensi e venne stipulato il Patto d’Acciaio, con il
quale i due dittatori si promettevano aiuto reciproco e Hitler stipulò un accordo anche con Stalin (patto
Hitler-Stalin) con il quale entrambi si impegnavano nella non-aggressione, ma che serviva in realtà a
dividersi la Polonia.
Fu proprio il 1° settembre 1939 che Hitler attaccò la Polonia (nonostante l’Italia non fosse pronta dal punto
di vista bellico) e, due giorni dopo, l’Inghilterra e la Francia dichiararono guerra alla Germania e, così, ebbe
inizio la II° Guerra Mondiale.
Ben presto, la Germania ottenne numerose vittorie in molte battaglie e invase gran parte dell’Europa;
l’unico paese che era stato risparmiato fino a quel momento era la Svizzera, perché il suo territorio
montuoso era difficile da conquistare e perché i tunnel del San Gottardo e del San Bernardo erano
indispensabili per l’asse.
Rincuorato dalle vittorie che stava ottenendo Hitler e convinto che la vittoria finale fosse ormai alle porte,
Mussolini entrò in guerra il 10 giugno 1940. Fu firmato così anche il “Patto Tripartito” con la Germania,
l’Italia e il Giappone, il quale prometteva ai tedeschi il controllo sull’Europa continentale, agli italiani il
controllo del Mediterraneo e ai giapponesi il controllo su tutta l’Asia.
Tuttavia, la Germania iniziò a subire le prime sconfitte in campo aereo da parte dell’Inghilterra e questo
costrinse Hitler a rivedere il suo piano e ad attenersi a quello originale, ovvero, cercare spazio vitale a est:
ruppe quindi il patto “Hitler-Stalin” e invase i territori dell’Unione Sovietica il 22 giugno 1941. Questa nuova
offensiva sembrava portare la vittoria nelle mani di Hitler, fino a che non arrivò l’inverno del ’41 che mise a
dura prova l’esercito tedesco sia per il clima che per la controffensiva dell’esercito sovietico.
Dal ’41 in poi, gli avvenimenti per la Germania andarono sempre peggiorando, a partire dagli Usa che
entrarono in scena firmano la “legge affitti-prestiti” che permetteva all’Inghilterra di prendere in affitto le
armi e di restituirle ma, specialmente, agli Usa preoccupava sempre di più l’egemonia del Giappone e della
Germania in Asia ed Europa che, a questo punto, minacciava anche gli americani. Fu così che l’11 settembre
1941 l’Asse dichiarò guerra agli Usa, mettendosi contro le più grandi potenze mondiali.
Le Germania subì un’ulteriore sconfitta nella battaglia di Stalingrado e, allo stesso tempo, Mussolini non
riusciva ad ottenere più vittorie sul campo, e con lo sbarco degli alleati in Sicilia il regime fascista crollò
definitivamente il 25 luglio 1943 e l’8 settembre dello stesso anno fu annunciato l’armistizio.
La resa italiana diede una piccola speranza alla RESISTENZA TEDESCA ANTINAZISTA che si riunì nel ’43 in un
gruppo chiamato “Weisse Rose”, formato da socialdemocratici e vecchi militari che non appoggiavano il
regime. Questo gruppo attentò alla vita di Hitler senza riuscire ad ucciderlo, anzi, da questo episodio Hitler
ne uscì ancora più forte e represse ulteriormente ogni minima forma di insurrezione.
Nonostante ciò, la Germania subì il colpo finale degli alleati quando il 6 Giugno ’44 sbarcarono in
Normandia e aprirono un nuovo fronte di guerra lungo tutto il confine ovest. Si vide messo alle strette ad
est da Stalin, a sud e a ovest dalle truppe inglese e americane e nei cieli con i bombardamenti degli stessi
americani che rasero al suolo Berlino.
Il 30 aprile 1945 Hitler si suicidò e il 7 maggio il generale Dölnitz firmò l’armistizio.

Il dopoguerra: verso le due Germanie.


il 5 giugno 1945 Usa, Unione Sovietica, Inghilterra e Francia presero il controllo della Germania rifiutandosi
di riaffidare la gestione del paese alla vecchia classe dirigente. I tedeschi diventarono così uno strumento in
balia della politica di questi paesi e fu divisa in due stati: la REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA (BRD), a est,
una nazione ricca con una forte economia, e la REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA (DDR), a ovest, con
un’economia debole e totalmente nelle mani dell’Unione Sovietica.
Questa divisione fu l’effetto più evidente della guerra fredda che si era scatenata tra le potenze occidentali,
in primis l’America e la stessa Unione Sovietica.
Gli interessi delle due fazioni vennero fuori con la “conferenza di Potsdam”, dove sostanzialmente si decise
per la demilitarizzazione e la denazificazione della Germania, con l’intento di ricostruire una politica tedesca
utile agli accordi internazionali. Le frontiere vennero ridefinite allo stesso modo in cui erano prima
dell’intervento di Hitler, ad eccezione del confine a ovest che fu fatto risalire all’altezza dei fiumi Oder e
Neisse.
La decisione più importante fu la divisione della Germania in quattro zone di occupazione, una per ogni
potenza: alla Gran Bretagna andò la zona nord-occidentale, agli Stati Uniti andava parte del territorio
centrale, alla Francia andò la zona sud-ovest e la Saar, mentre all’Unione Sovietica andò la zona centrale e
quella nord-orientale. Per fare in modo che ci fosse sempre un rapporto pacifico tra queste fazioni, fu
istituito un consiglio di controllo affidato ai comandanti delle truppe alleate, con sede a Berlino.
Ogni decisione che veniva presa doveva essere approvata all’unanimità da tutti i membri e questo rese
impossibile al consiglio di approvare i provvedimenti e ogni alleato cercava di fare gli interessi della propria
zona.
Questa situazione sfuggì di mano agli Stati Uniti che smisero di considerare la Germania come un paese da
aiutare, ma come un alleato nella guerra fredda contro l’US: essi avevano intenzione di arginare il
comunismo di Stalin che voleva mettere le mani nella zona ovest della Germania. Fu per questo motivo che
gli USA fecero di tutto per rinforzare l’economia e la politica della Germania dell’ovest, per renderla un
forte alleato a tutti gli effetti.
Il PIANO MARSHALL, sviluppato dal Ministro degli Esteri americano nel ’47, aveva come fine proprio la
ricostruzione e la ripresa economia della Germania e, soprattutto, unì la zona americana con quella inglese
e francese, riducendo a due le zone di occupazione, quella e ovest e ad est.
A est, Stalin non aveva alcun interesse nel fortificare la DDR, ed è per questo motivo che quel lato della
Germania continuava ad essere depredato e smantellato in nome delle riparazioni di guerra. Il confine tra
queste due nuove Germanie così diverse tra loro fu chiamato “la cortina di ferro”.

La Repubblica Federale tedesca (BRD).


Il motivo per cui la Germania occidentale si riprese fu la riforma monetaria: con la circolazione del nuovo
marco tedesco l’inflazione diminuì e l’aumento dei prezzi cessò, favorendo la ripresa economica. La riforma
monetaria provocò una crisi gravissima ad est: i sovietici avevano intenzione di far circolare la loro moneta
anche nella parte occidentale di Berlino, quella occupata dagli americani, e per questo motivo bloccarono
tutte le vie di comunicazione terrestre con la città, convinti che questo avrebbe spinto gli americani a
cedere la loro parte della città all’US. Le potenze occidentali risposero al blocco con il “ponte aereo”,
ovvero, rifornendo di ogni genere la città dagli aerei.
La nuova costituzione fu emanata il 23 maggio 1949 e nel 1952 la BDR ottenne la piena sovranità persa
dopo la guerra e la sua costituzione fu chiamata “legge fondamentale”.
Essa proibiva ogni movimento che minacciava la democrazia, mentre il suo modello economico era
“l’economia liberale di mercato”, che portò in breve tempo la Germania ovest al miracolo economico,
caratterizzato da una forte industrializzazione, la quale richiese l’impiego dei Gastarbeiter.

La Repubblica Democratica tedesca (DDR).


La Repubblica Federale tedesca nacque il 7 ottobre 1949 ed era organizzata secondo il modello sovietico. Il
partito maggiore era nato dall’unificazione dei democratici e dei socialisti. L’economia era pianificata, con
espropriazione delle industrie e la statalizzazione dell’agricoltura ed era costantemente in crisi, soprattutto
perché mancavano gli investimenti e perché la DDR pagava i debiti di guerra all’US.
La crisi economica sfociò in una rivolta dei lavoratori il 17 giugno 1953, che fu repressa dai sovietici con
l’invio dei carri armati.
Un altro segnale di insoddisfazione verso il governo della DDR era la continua emigrazione a ovest, resa
possibile dai confini aperti e liberi, ma nel 1952 la BRD ottenne una restrizione di questa condizione e
l’unico punto di confine non controllato era quello di Berlino.
Per impedire la fuga ad ovest, il 13 agosto 1961 la DDR fece costruire il famoso “Muro di Berlino”, che
divideva la città in due e che fu abbattuto soltanto nell’89.

Il dopoguerra svizzero.
Dopo la II°GM, la Svizzera, restata sempre neutrale, abbandonò man mano il suo isolamento e fornì aiuti
umanitari ai paesi in guerra, si impegnò per attuare una politica improntata sulla pace e diventò membro
dell’ONU.

La Repubblica Federale in occidente.


Il personaggio di spicco della BRD fu Konrad Adenauer che fu cancelliere fino al 1963, periodo in cui, col suo
partito, aveva la maggioranza assoluta data anche dalla famosa clausola del 5% introdotta con la Legge
Fondamentale, che impediva ai partiti che non raggiungevano la soglia del 5% delle preferenze di entrare in
parlamento e che aveva lo scopo di evitare frammentazioni politiche che tanto avevano danneggiato la
vecchia Repubblica di Weimar.
La linea politica di Adenauer seguiva l’integrazione occidentale, rifiutando la proposta di Stalin di riunificare
la Germania rendendola però neutrale; Adenauer, invece, voleva allineare la sua politica a quella degli Usa
con un modello democratico.
Questa decisione spinse molti comunisti e socialisti a rifugiarsi nella DDR, poiché vedevano nel suo assetto
politico un’opportunità per i loro ideali e, tra i più famosi, ricordiamo Erick Honecker, che divenne poi capo
di stato della DDR. Ritornando alla BRD, nel 1956 il partito Comunista divenne anticostituzionale, causando
la totale mancanza di figure di spicco della sinistra.
In campo internazionale la BRD entrò a far parte della NATO nel ’55, nel ’57 fece parte dei membri
fondatori della Comunità Europea e firmò i Trattati di Roma.
Con la costruzione del Muro di Berlino la BRD decise quindi di intensificare i rapporti con la Francia e,
proprio quell’anno, Adenauer e De Gaulle firmarono il “Patto dell’Eliseo”, una sorta di trattato di pace tra i
due stati.

Il rapporto tra DDR BRD.


Subito dopo la II°GM, i rapporti tra le due Germanie erano sempre più difficili, soprattutto perché la BRD
continuava a coltivare la sua politica di integrazione internazionale, mentre la DDR continuava col suo
isolamento forzato e, in più, adottò l’obbligo del passaporto e di visto nel passaggio tra uno stato e l’altro.
Il primo segnale di distensione arrivò nel ’69, quando Willy Brandt, membro di una coalizione social-
liberale, divenne nuovo cancelliere della BRD e realizzò un nuovo ordinamento politico pacifico
intraeuropeo e di apertura verso i paesi dell’est verso la DDR.
Queste intenzioni si rivelarono proficue grazie al piano politico mondiale caratterizzato da grandi segnali
distensivi tra Usa e Russia e la Nato stava rinegoziando i trattati di Varsavia, così Brandt mise in atto una
“politica dell’est” che sfociò nell’incontro con il capo della DDR Stoph nel 1970 e la stipulazione dei “patti
dell’est”. Nello stesso anno fu firmato il “trattato di Mosca” che riconosceva lo status quo delle due
Repubbliche come due entità separate.
Nel 1971 le potenze vincitrici della II°GM firmarono “l’Accordo delle 4 potenze su Berlino” in cui
assicurarono il libero transito nella città e i trattati con l’est culminarono nel “Trattato intertedesco”,
firmato nel ’72, che ribadiva l’inviolabilità del confine tra le due Germanie e obbligava al rispetto
dell’indipendenza reciproca, anche se la BRD aspirava sempre all’unificazione. Era per questo motivo che la
DDR non era considerata come un paese straniero, ma come territorio nazionale tedesco, tenendo sempre
aperta una via per l’unificazione.
Il dopoguerra in Austria.
Soltanto nel 1945, guidata da Karl Renner, l’Austria tornò ad essere uno stato e, dieci anni dopo,
riconquistò la sua neutralità tra i due blocchi tedeschi e la funzione di mediatrice.
L’uomo politico che diede lustro all’Austria fu Bruno Kriesky, cancelliere dal ’70 all’83, un uomo
dall’immensa cultura e con un grande carisma diplomatico, che riaffermò l’antico ruolo da mediatrice
mondiale: fu infatti l’Austria ad agire di più per la mediazione del conflitto “arabo-israeliano”.
Questo nuovo ruolo dell’Austria fece in modo che Vienna diventasse luogo di congressi e conferenze
internazionali, nonché sede stabile delle Nazioni Unite dal ’79.
Tuttavia, dopo il ritiro a vita privata di Kriesky, si creò un pericoloso vuoto politico colmato da Jörg Haider
verso la fine degli anni ’80; quest’ultimo viene ricordato per la sua leva sul malcontento popolare e per le
sue tendenze xenofobe.

La riunificazione dei due stati tedeschi.


Nell’estate del 1989, in numerose città della DDR ci furono proteste dei cittadini scontenti del regime e
molti di essi cercarono di avere la protezione della BRD attraverso le ambasciate presenti in territorio
comunista.
L’allora cancelliere della DDR, Honecker, non ottenne nessun aiuto dall’Unione Sovietica, che in quel
periodo stava attuando una politica distensiva con l’occidente per mano di Gorbaciov e si limitò a liquidare
la faccenda come delle semplici proteste isolate. Di fronte a questa ulteriore chiusura da parte della classe
politica il malcontento aumentò ulteriormente e nel settembre ’89, approfittando delle aperture delle
frontiere ungheresi, i cittadini che si erano barricati nelle ambasciate riuscirono ad arrivare in BRD
attraverso l’Austria. Qui vennero accolti come connazionali, provocando un’ulteriore protesta dei cittadini
della DDR (la cosiddetta “protesta silenziosa”) che portò al blocco totale dello stato.
Quando il 9 settembre ’89 fu emanata una nuova legge sulla libertà di circolazione, Berlino fu presa
d’assalto dai cittadini in protesta della DDR che aprirono i passaggi di frontiera nella completa immobilità
dei funzionari che dovevano vigilare: il muro di Berlino fu abbattuto definitivamente e il regime dei
Hockener terminò il 18 dicembre ’89.
Da questo momento l’unico obiettivo comune era quello di unificare la Germania, tuttavia non sembrava
che gli stati alleati fossero d’accordo, infatti Gorbaciov considerava ancora la DDR come uno stato a sé che
credeva ancora nella loro collaborazione. Il popolo prese di nuovo in mano la situazione e il 15 gennaio ’90
150mila persone manifestarono a Lipsia chiedendo l’unificazione; fu così che l’8 marzo 1990 ci furono le
prime elezioni libere nella Rep. democratica e il nuovo capo di stato fu De Maizère.
Si avviò, dunque, il processo di unificazione partendo prima da quella economica, monetaria e sociale
decisa il 1° luglio dal cancelliere Helmut Kohl. Per accelerare l’unificazione fu deciso di fare aderire i Länder
alla federazione, così com’era previsto inizialmente dalla Legge Fondamentale; per questo motivo i Länder
storici, aboliti nel Terzo Reich, furono ricostituiti e annessi singolarmente alla Rep. Federale e l’antica Legge
Fondamentale divenne la nuova costituzione a tutti gli effetti.
Il 31 agosto 1990 le due Germanie firmarono il trattato di unificazione a cui tutte le potenze vincitrici
dovevano dare il consenso. L’unica debole opposizione fu costituita dall’Unione Sovietica e Gorbaciov diede
il suo consenso dietro alcune condizioni: la Germania doveva ridurre il contingente militare e doveva
finanziare il rientro dei militari sovietici che ancora stazionavano negli ex territori della DDR. Fu così che le
due Germanie e le potenze vincitrici firmarono il “Trattato due-più-quattro” nel quale confermavano la
nascita di una Germania unita sul territorio della Repubblica Federale, della Repubblica Democratica e di
Berlino. Gli stati vincitori non avevano più nessuna pretesa sulla Germania, che riacquistò la piena sovranità
e i pieni diritti dopo il crollo del regime nazista.
I PAESI DI LINGUA TEDESCA (A. DESTRO)

CAPITOLO 2: TERRITORIO, CLIMA E POPOLAZIONE


GERMANIA
Geografia politica.
Confina a nord con la Danimarca, a ovest con i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia, ad est con
la Polonia e la Repubblica Ceca e a sud con l’Austria e la Svizzera. Si estende su un territorio di 357021 km²
e ha circa 82milioni di abitanti. Dopo l’unificazione tra le due Germanie essa ha in tutto 16 Länder, ognuno
con una propria costituzione e con una propria autonomia riguardo questioni di interesse locale.
Il Land più grande è la Baviera, con Monaco capitale (la capitale della Germania è Berlino), il più ricco è il
Baden-Württemberg (Stoccarda), il più popolato è la Westfalia (Düsseldorf).

Geografia fisica.
Il territorio tedesco viene suddiviso per tradizione in tre grandi aree morfologiche: a nord, il BASSOPIANO
SETTENTRIONALE, un’ampia distesa pianeggiante che occupa un terzo del paese, rappresentato soprattutto
da zone paludose, fasce di brughiera e numerosi laghi glaciali; nel mezzo la REGIONE DEI RILIEVI CENTRALI,
composto perlopiù da catene montuose di media altezza ricoperte di fitti boschi, il cui monte più alto è il
Brocken che svetta proprio in mezzo alla Germania; a sud, L’ALTOPIANO SVEVO-BAVARESE, chiuso dalle Alpi
Bavaresi, costituito perlopiù da colline di origine glaciale e dove si trova, inoltre, il lago di Costanza, il più
rande della Germania, e il Zugspitze, il monte più alto della zona.
I fiumi più importanti della Germania sono il Reno, il Weser, l’Elba e l’Oder, che sfociano nel Mar del Nord e
nel Mar Baltico, ad eccezione del Danubio e dei suoi affluenti, che seguono tutti un percorso verso est. Il
Reno e i suoi affluenti rappresentano un vero e proprio simbolo nazionale: sorge sulle Alpi svizzere,
attraversa il lago di Costanza e tutto il paese fino a sfociare nel Mar del Nord, passando per l’Olanda,
attraverso un ampio delta; esso rappresenta anche un punto di confine con la Francia.
Nel Mare del Nord troviamo le isole Frisone orientali, le Frisone settentrionali e le Halligen, un gruppo di
isole famose per essere coperte dalle maree durante la stagione delle burrasche. Il Mar Baltico presenta
profonde rientranze, i Förde, e ospita l’isola tedesca più grande, Rügen, caratteristica per le sue scogliere di
gesso.

Clima.
Complessivamente la Germania ha un clima continentale temperato. Sulla costa e sul bassopiano
settentrionale le piogge sono abbondanti, con estati fresche e inverni non troppo rigidi. In generale, questo
clima viene definito “salutare” dai tedeschi.
Nei rilievi centrali soffiano venti forti e la neve ricopre tutte le cime, mentre nella Valle del Reno le
temperature restano più elevate del resto della zona, anche se è la zona antistante alla città di Friburgo ad
essere la più soleggiata del paese.
L’altopiano svevo-bavarese è caratteristico per i suoi inverni lunghi e rigidi, fatta eccezione per la zona
attorno al Lago di Costanza, il cui clima è mitigato dalla massa d’acqua. Una particolare caratteristica è data
dalla città di Monaco, il cui cielo può risultare per lungo tempo sereno grazie al vento caldo di Föhn
proveniente dalle Alpi.
Vi sono tre espressioni tipiche che si riferiscono a particolari eventi climatici tedeschi: “die drei Eisheiligen”
(i tre santi del ghiaccio) con riferimento ai 3 giorni di freddo di maggio; “die Schafskälte (il freddo delle
pecore) che corrisponde al periodo della tosatura a giugno e, infine, “Altweibersommer” (l’estate delle
vecchiette) con riferimento alle giornate miti di inizio autunno.
Flora e fauna.
Le foreste della Germania sono considerate dai tedeschi dei veri e propri monumenti nazionali e vengono
attuate numerose iniziative per preservare i paesaggi boschivi. A sud del paese i boschi sono caratterizzati
dai latifoglie e da grandi distese di conifere man mano che si sale a nord.
Una particolare attrazione tedesca è la fioritura del fiore dell’erica che avviene a fine agosto nella brughiera
di Luneburgo a nord di Hannover.
La Germania possiede 14 parchi nazionali, 5200 aree protette e 12 riserve della biosfera riconosciute
dall’Unesco.

Popolazione.
La Germania è uno dei paesi più densamente popolati d’Europa, anche se solo un terzo della popolazione
vive nei centri urbani, infatti la maggior parte dei tedeschi vive nei piccoli centri e nelle cittadine. Le città più
popolate sono ovviamente Berlino, Amburgo e Monaco, mentre le aree più densamente popolate sono
nella Ruhr e il bacino industriale, l’area che circonda Francoforte sul Meno, la zona attorno Mannheim e la
capitale con il suo entroterra.
Negli anni ’70 la Germania visse un momento di calo demografico dato dal calo della natalità. La crescita
demografica che seguì il periodo di calo è data soprattutto all’immigrazione. Oltre a questo elemento, la
Germania presenta un alto numero di stranieri grazie all’antica legge risalente al 1913 dello “ius sanguinis”,
che dava cittadinanza tedesca anche agli stranieri che avevano antenati tedeschi, indipendentemente dal
loro luogo di nascita e di residenza.
Questa legge è stata poi riformata successivamente, introducendo nel 2000 lo “ius soli” (legge del suolo)
secondo cui i nati in Germania da genitori stranieri stabilmente residenti sul suolo tedesco potranno
ottenere la cittadinanza più facilmente. Con l’immigrazione l’islamismo è diventata la terza religione del
paese.

AUSTRIA
GEOGRAFIA POLITICA E FISICA.
È un paese situato a sud dell’Europa centrale che confina a nord con la Repubblica Ceca, a est con la
Slovacchia e l’Ungheria, a sud con la Slovenia e l’Italia e a ovest con la Svizzera, il Liechtenstein e la
Germania. È l’unico paese europeo a non avere accesso al mare insieme al Lussemburgo.
Conta circa 8 milioni di abitanti, è una Repubblica Federale ed è composta da 9 Länder, ovvero, 9 regioni a
statuto autonomo. La capitale è Vienna.
Le Alpi Orientali, le Prealpi e i Precarpazi costituiscono il territorio austriaco. Il suo monte più alto è il
Großglockner, situato nella catena delle Alpi Taure. Le zone a nord delle Alpi e delle Prealpi sono
prevalentemente pianeggianti, favorendo l’insediamento di grandi città come Linz e Vienna lungo il corso
del Danubio. Alpi e Prealpi sono di formazione geologica recente, mentre il massiccio boemo, che ospita le
zone austriache a nord del Danubio, ha origine geologica molto più antica. Gli altopiani di granito
permettono il pascolo di pecore e la relativa produzione di latte ricco di calcio.

Fiumi e laghi.
Il Danubio, come abbiamo visto, è il fiume più lungo e importante d’Austria che l’attraversa da nord-est a
nord-ovest, dando vita a numerosi affluenti importanti, come l’Inn e il Salzach. I fiumi che nascono dalle
sorgenti delle Alpi sfociano nel Danubio. In tutti il territorio sono presenti numerosi laghetti di formazione
glaciale e nella zona più occidentale dell’Austria penetra dalla Germania una piccola sponda orientale del
lago di Costanza.
Clima, flora e fauna.
Data la sua posizione, l’Austria ha un clima di tipo continentale con tre varianti: nella parte orientale il clima
presenta temperature moderate e precipitazioni annuali; nelle regioni alpine il clima è rigido con estati
brevi, inverni lunghi e abbonanti nevicate; nel resto del territorio il clima è quello tipico di transizione
centro-europeo. Grazie a queste differenze climatiche, l’Austria ha sviluppato vari tipi di flora e un vasto
numero di foreste. La fauna è quella tipica dell’Europa centrale.

Sottosuolo.
Sono le Alpi a racchiudere la maggior parte delle ricchezze del sottosuolo: all’era geologica più antica
risalgono giacimenti di tungsteno; all’età media del pianeta corrispondono le risorse di piombo e zinco e
all’età moderna risalgono le grandi scorte di carbone.
In Stiria troviamo giacimenti di ferro e nelle zone adiacenti a Salisburgo si trovano numerose risorse di
salgemma. Un’altra importante risorsa economica dell’Austria è la ricchezza di energia idroelettrica favorita
dalla direzione dei corsi d’acqua e dal turismo, favorito da un’ottima gestione del territorio e delle reti di
comunicazione.

SVIZZERA
Confina a nord con la Germania, a est con l’Austria e con il principato del Liechtenstein, a sud con l’Italia e a
ovest con la Francia. Il suo territorio è prevalentemente montuoso, composto dalle Alpi, l’Altopiano e la
catena montuosa del Giura e, tra queste, troviamo oggi circa 1800 ghiacciai le cui acque fungono da forza
motrice per l’alimentazione dei bacini idroelettrici.
I fiumi svizzeri principali sono il Reno, che sfocia nel Mare del Nord, il Rodano e i suoi affluenti del Po', che
sfocia nel Mediterraneo, e l’Inn che sfocia nel Mar Nero. Quasi la totalità delle abitazioni svizzere è dotata
di impianti di depurazione dell’acqua, rendendo questa unica materia prima svizzera potabile ovunque.
Nel Ticino e nelle valli meridionali vi è un clima mediterraneo, caratterizzato da piogge abbondanti in
primavera e autunno; nel Giura e nell’Altopiano le estati sono umide mentre gli inverni sono freddi e secchi.
Le zone più secche sono le Alpi centrali e il Vallese, mentre in alcune zone la neve è presente tutto l’anno.
Data la loro vitale importanza per l’ambiente e per il turismo, i boschi sono estremamente protetti dagli
svizzeri, con un divieto di riduzione della superficie boschiva che vige dall’inizio del 20esimo secolo.
Le Alpi svizzere rappresentano anche il punto di incontro di grandi aree culturali e linguistiche: il francese, il
tedesco, l’italiano e il retoromanzo. Le prime due sono le lingue più diffuse sul territorio, mentre l’italiano è
parlato soprattutto in ambiente lavorativo dagli immigrati; il retoromanzo è una lingua che risale ai tempi
degli insediamenti del 13esimo secolo, quest’ultima lingua si è frantumata in più idiomi nel corso del
tempo, arrivando oggi ad essere parlata da poco più dello 0.5% della popolazione svizzera totale. Tuttavia,
ogni prodotto è descritto nelle tre lingue principali e ogni documento viene rilasciato in tutte e quattro le
lingue ufficiali.
La posizione cruciale nel cuore dell’Europa ha fatto sì che la Svizzera sia diventata, sin dall’antichità, luogo
di flussi commerciali e di transito dei pellegrini verso Roma; con l’apertura della Galleria del San Gottardo
nel 1980, la Svizzera ha il traforo automobilistico più lungo al mondo.
Nonostante la diminuzione del tasso di natalità degli ultimi anni, la Svizzera ha registrato negli ultimi due
decenni un aumento considerevole della popolazione, grazie soprattutto all’alta percentuale di stranieri e
all’immigrazione stabile.

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