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Impero e Chiesa nei secoli XII e XIII

Una fase di crisi e instabilità: le Crociate e le lotte per le investiture generarono


una fase di crisi delle due istituzioni universali: la Chiesa e il Sacro Romano Impero.
Crisi dell’Impero: prima crisi
primo momento di crisi avvenne quando, morto Enrico V, per la successione si
scontrarono due fazioni: i Guelfi Il (il nome deriva da Welf, capostipite dei
feudatari di Baviera); i Ghibellini (il nome deriva dal castello di Waiblingen,
residenza della dinastia degli Svevi). Lo scontro si risolse quando prese il potere
Federico I di Svevia Hohenstaufen, detto Barbarossa, imparentato con entrambe le
fazioni.
Crisi dell’Impero: II crisi
Come ben sappiamo, in Italia il controllo dell’Impero era indebolito da due fattori:
la presenza della monarchia normanna nel sud Italia; l’autonomia dei Comuni del
nord Italia: questi si comportavano come se non facessero parte del Sacro Romano
Impero, mentre invece erano sottoposti all’autorità imperiale. Un fatto eloquente
dimostra questa tesi: usurpavano le regalie, cioè i diritti dell’imperatore di
nominare i magistrati, coniare le monete, riscuotere tasse e convocare gli eserciti.
Federico Barbarossa aveva buoni motivi per intervenire in Italia. Due pretesti
furono abilmente sfruttati dal sovrano: 1) la Chiesa (papa Eugenio III prima; papa
Adriano IV dopo) chiese il suo intervento contro l’espansionismo dei Normanni e
contro il Comune di Roma, guidato da Arnaldo da Brescia, un monaco che metteva
in discussione il potere papale, il quale, secondo lui, non doveva occuparsi di
questioni politiche ma solo spirituali. 2) i comuni minori della Lombardia chiesero
il suo aiuto contro le mire espansionistiche del Comune di Milano.
La discesa di Federico I in Italia
I Comuni: Nel 1154 Federico scese in Italia e compì un gesto simbolico, ma
importante a livello psicologico e per la sua immagine: si fece incoronare re d’Italia
a Pavia. Poi convocò una Dieta a Roncaglia, (assemblea del Sacro Romano Impero
a cui partecipavano clero, nobiltà e rappresentanti dei Comuni): l’imperatore, che
sosteneva la superiorità del potere imperiale, tentò di sottomettere i comuni, ma
questi si opposero. Federico, senza una esercito adeguato, cedette.
Roma: A Roma riuscì a imporre la sua forza: fece giustiziare Arnaldo e rinnovò la
collaborazione con la Chiesa, sancita dalla incoronazione imperiale a Roma nel
1155 per mano di Papa Adriano IV.
Crisi dell’Impero: III fase
La situazione divenne nuovamente critica: 1) il papato si era riavvicinato ai
Normanni: con l’accordo di Benevento (1156) il Papa riconosceva i loro diritti
sull’Italia del sud, distruggendo le pretese di conquista del meridione da parte
dell’Impero; 2) l’atto dell’incoronazione imperiale aveva fatto credere al Papa che
l’imperatore fosse suo vassallo, cosa inaccettabile per un sovrano imperiale. 3)
perseverava l’usurpazione delle regalie da parte dei Comuni.
Federico decise di intervenire con una nuova discesa in Italia
La seconda discesa di Federico in Italia
Nel 1158, con un forte esercito, l’Imperatore convocò una nuova Dieta a Roncaglia,
nella quale impose:1) che gli fossero restituite le regalie 2) che in ogni comune del
nord Italia sedesse un governatore imperiale, senza alcun governo comunale
autonomo.
I comuni non accettarono e si arrivò allo scontro armato
Scontro armato e fine della crisi
Cremona e Milano furono rase al suolo tra il 1160 e il 1162. Nel 1167 si formò la
Lega Lombarda, formata da 22 comuni legati dal giuramento di Pontida, in cui si
sancì la volontà di combattere l’imperatore e rendersi liberi. Alla lega si unì anche
il Papa. In Italia si formarono orientamenti diversi: i sostenitori dell’imperatore
assunsero il nome, già esistente, di Ghibellini; i sostenitori del Papa erano i Guelfi.
(In effetti Federico, essendo Svevo, era già legato al nome dei Ghibellini; mentre
era logico che i suoi nemici assumessero il nome di Guelfi, come all’epoca della
lotta per la successione).
Nella Battaglia di Legnano del 1176 i Comuni, guidati da Milano, vinsero. Nel 1183
la Pace di Costanza sanciva: 1) la libertà dei comuni di governarsi autonomamente;
all’imperatore spettava un mero riconoscimento formale; 2) l’imperatore promise
di non interferire più con i territori dominati dalla Chiesa. Conclusioni: la volontà
di ristabilire il controllo imperiale fallì; però, Federico, riuscì ad assicurare una
successione degli Svevi al trono normanno grazie al matrimonio del figlio Enrico VI
con Costanza d’Altavilla, erede normanna al trono di Palermo. Fu l’unico grande
successo della sua politica. Morì nel 1190, durante la III Crociata.
La crisi della Chiesa
Nel 1198 fu eletto papa Innocenzo III, continuatore della politica di rafforzamento
dell’autorità papale già iniziata precedentemente da Gregorio VII: il potere
temporale (impero) deriva dal potere spirituale (Papa), come la luce lunare deriva
dalla luce del sole. La sua politica, dunque, è la Teocrazia: potere dato da Dio
(Kratia: potere; theos: Dio).
Quale era il suo obiettivo specifico?
Evitare l’accerchiamento della Chiesa derivata dall’unione della corona di Sicilia
(normanni) con quella imperiale (Sacro Romano Impero). L’erede al trono era
Federico II di Sicilia, figlio del morto Enrico VI e di Costanza; il Papa cercò di evitare
che il piccolo Federico, affidatogli dalla madre, potesse diventare anche
imperatore; allora decise di appoggiare la candidatura al trono imperiale di un
avversario dei ghibellini, il guelfo Ottone di Brunswick, della casata di Baviera,
incoronato dal Papa nel 1209 con il nome di Ottone IV.
Ottone IV che garanzie dava al Papa?
In realtà, la libertà promessa non fu mantenuta e si arrivò allo scontro: 1)
Innocenzo III scomunicò Ottone IV nel 1210; 2) la corona imperiale, alla fine, fu
data a Federico II, il quale promise di non unificare i due regni, così da non
accerchiare il Papato.
Ottone IV reagì: mosse guerra a Federico II. Nella battaglia di Bouvines del 1214
Federico vinse.
Estendere il potere della Chiesa
In realtà, Innocenzo III rappresentò il culmine della Teocrazia: dopo di lui la Chiesa
visse un duro processo di crisi. Nell’ambito della Teocrazia, promosse la IV
Crociata, volta più alla conquista di Bisanzio che al Santo Sepolcro.
La Chiesa fu protagonista di scontri con diverse eresie (dal greco hairesis:
«deviazione dal pensiero ufficiale») che ne minavano il potere: movimenti di
purificazione che denunciavano il potere temporale della Chiesa e la sua
corruzione. Tra le eresie annoveriamo quella dei catari (termine greco che significa
«puri»), contro cui il Papa autorizzò una crociata: dal 1208 al 1211 si consumò un
massacro a cui parteciparono anche feudatari che volevano impadronirsi delle
terre confiscate agli eretici.
Il IV Concilio Lateranense
Ma l’esigenza di purificazione era ancora viva nel mondo cristiano: 1) Innocenzo III
decise di riformare la Chiesa per poter soddisfare la voglia di purificazione dei
fedeli, riaffermando la disciplina, la povertà e la semplicità. A tal fine, egli, nel
1215 convocò il IV Concilio Lateranense, una riunione di Vescovi, Abati, monarchi e
comuni. Dei settanta decreti papali, ecco le decisioni principali: 1. i feudatari
dovevano combattere le eresie nei loro domini 2. i fedeli dovevano denunciare le
eresie 3. confermò il «rogo» per gli eretici 4. perfezionò l’inquisizione, tribunale
della Chiesa dedito alla punizione delle eresie 5. confermò l’utilizzo della tortura 6.
Transustanziazione 7. Istituzione degli ordini mendicanti 8. Quinta crociata
Rinnovamento spirituale
In realtà, il concilio non realizzò alcun rinnovamento spirituale; L’intervento più
importante di Innocenzo III fu l’istituzione degli ordini mendicanti: ordini religiosi
costituiti da predicatori che diffondevano ideali di carità e povertà, per dare
testimonianza di rinnovamento spirituale della Chiesa, importante agli occhi dei
fedeli. Furono, insomma, fecondo strumento ideologico della Chiesa: l’esempio
pratico dato dai predicatori era molto efficace nel combattere le eresie. Nacquero
due ordini famosissimi: i francescani (fondati da Francesco d’Assisi) e i domenicani
(fondati da Domenico di Guzman).

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