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ANTONIO BRUSA FEDERICO II E GLI ERETICI Nelle pagine che seguono si esamina un problema che non ha mancato di interessare gli storici: il sorgere dell’Inquisizione nel trentennio che, andando pressappoco dal 1220 al 1250, vede T'imperatore Federico II da una parte e i papi Onorio III, Gre- gorio IX ed Innocenzo IV dall’altra, lottare aspramente, tra Laffermarsi vittorioso del Comune e l’imperversare dell’eresia. La nostra storia ha un inizio: Eger, 1213. Qui Federico II fece al papa Innocenzo III un giuramento che nelle raccolte di documenti @ ricordato come Promissio Egrensis: « Daremo il nostro valido aiuto per sradicare l’errore dell’eretica pravita » '. E’ uno dei primi documenti ufficiali dei rapporti tra Santa Sede ed il nuovo imperatore. In esso @ gia presente il tema dell’eresia, argomento scottante per il vecchio Innocenzo III che si premurd di parlarne chiaro — subito — con il suo « pupillo ». Eppure questi, immediatamente prima della « promessa » pone la frase, trata dal Vangelo, ma che qui di evangelico ha ben poco, que sunt Cesaris Cesari et que sunt Dei Deo. Sembra che egli av- verta una confusione di potere. E’ il primo a farlo: nelle aren- ghe dei documenti anti-ereticali precedenti & accettata pari pari, per convinzione © per politica poco importa, la teoria delle due spade o qualche immagine simile. Tuttavia era pur sempre un impegno formale del?impe- ratore. Per la prima volta i due poteri si univano per dare il via alla comune caccia all’eretico. L’importanza di questo avve- | HurtapBrésorces J. L. A., Historia diplomatica Friderici IL (d’ora in poi citata H. B.), I, Paris 1852, pp, 269-270:. « erate Super eradicando heretice 289 he Ja «promessa” fu riportata testual- e ; s S e, in seguito, pote generare la in qualche modo I’atto di nascita del tri he Saad ‘Sicilia’ Essa, invece, fu solo Vinizio di torio i : s A y, i Je cui battute, aspre o diplomaticamente astute, ci un ee o alcosa di preciso sulla natura delle eresie in ire qui i possono a si sa quali furono le conseguenze pratiche di —. sa) div posizione. Per trovare net documenti rima pre: : , Seal elle notizie sugli eretici, dobbiamo passare ad una let tera di papa Onorio TIT ai Milanesi, scritta nel 1216*. , F? un petiodo in cui corte ancota buon sangue tra il papa e Vimperatore. Se ne ha conferma il 23 aprile 1220, alla dieta di Francoforte, in cui venne pubblicata una costituzione anti- ereticale che sarebbe stata preparata da Onorio TI1*. Questa venne tibadita con l’edizione della Constitutio in Basilica Beati Petri, inviata, secondo Lea, dal papa, € che riporta il canone Ill del Concilio Lateranense del 1215°. Vi si minacciavano il bando, la confisca, V’invalidita ai pubblici uffici agli eretici ¢ la guerta ai signori che entro un anno non avessero intrapreso la lotta contro le eresie. Vi si stabiliva anche un abbozzo di pro- cedura inquisitoriale ad mandatum Ecclesiae. Siamo, dunque, nimento fu cosi ee “ mente al Concilio di Lio convinzione © bunale inquis! 2M. G. H., Constitutiones et acta publica imperatorum m1, ed. 1 Welland (dora in poi citata Const), Hannover tesuoesy ce is pean ay Istoria della citta e regno di Napoli detto anche di ee aa a mie Boe «Istituendo [Federico] particolarmente nel bundle dell Leguispiona ey promesss fatta al pontefice Innocenzo IHL, i tt oon la noticia Tee Atos ne ia... ». Questa deduzione pud essere collegata A mio Amabile ci da circa la presenza dei Domenicani in- 1, Cittd di Castello 1892, Pen aa santo Officio dell’Inquisizione in Napoli, Istoria civile del regno di afferma di a P Le gno di Napoli, x Wer tratto da GIANNONE sta edition, non ho tiscon gels XVIL, Napoli 1777, cap, IV, ma che, in que Onont TIL Registrum, in, MGH,, Epistulae i . saeculi XIII, I, ed. C. Ro- one 1 stats EE see XII), Betlin 1883, p 2. as Eel X, Paris 1946 ab ortaine, in Fircue A-Marmn V., Hi- 1 p. 301, : : 1, Phil t M P. 1065: Lea Hi, Philadelphia 1887, p, 322° ©" 4 History of the Inquisition in the M. Ax 290 in una linea di pieno accordo, anzi @ il momento da le direttive, zelo, papa che fino a questo on Da parte dell’imperatore c’é solo lo dichiarato fin troppo ardentemente, ed una continua riaf- fermazione dell’autorita imperiale. Ma a dispetto dei buoni pro- Positi, non vi furono né guerre antiereticali, n& retate di reprobi, né bandi: nulla. Lidillio fu di breve durata: Fridericus, cum bona habuis- Set inicia, mortua matre ab iniquis pervertitur’, riferira un cto- nista veneziano con un fare ingenuo, che perd porra bene in risalto l'improvviso mutamento di situazione. Ormai Federico & imperatore e pud dare libero sfogo a quel suo desiderio di autonomia che abbiamo notato serpeggiare nei documenti sopra riferiti. Gid alcuni anni prima aveva dato dei segni di questo suo spirito indipendente, quando ad Aquisgrana sponte se crucis caractere insignivit*. Ora prende in mano le redini della lotta antiereticale: Roma diu titubans mundi desinet esse caput’ e pubblica la sua prima costituzione contro gli eretici nel 1224”. Gli studiosi hanno discusso molto intorno a questo docu- mento, perché sarebbe il primo in cui viene comminata la pena del fuoco. Credo, ipvece, che l’aspetto nuovo del documento sia nella motivazione che Federico adduce per spiegare la sua intromissione in una regione (la Lombardia) che non era sotto jl suo effettivo controllo ed in una materia nella quale chi det- tava legge era la Curia: @ dominio constituti utriusque iuris auctoritate muniti. Federico risolve, cosi, a suo favore quel pericolo di confusione che aveva riscontrato fin dal tempo della > Anpreaz Danputt, Chronica, ed. E, Pastorello, in RS. XI, parte T, . 290. Len eames seen Gap seanonCFPEnicon RELN Gh Av GardayEARIS XII (d’ora in poi citata Rice. De 5. Germ.), Bologna 1937, ad a. 1215, P. Moe unior Di CoLtoxe Chronicon, ed, C. HolderEgger, in MGH., §S XXVI, Hannover 1882, ad a. 1221, p. 628. E’ un passo di un Ee $3 eco che il eronista attribuisce a Federico TI, nel quadro di un’originale Bertaglia in versi che fa svolgere tra lui ed il papa. 10 Const., IL, p. 126. 291 a i a inoltrarsi, addirittura, in una pol. fom arvalsran il titolo di Pfaffen ie, tica di tipo ei i ei lo gratificavano gli avversari, (imperatore dei preti) di a In quello stesso anno, nello stesso mese, egli publica un documento che svela allo storico A veto contenuto della sua politica. Il documento riguarda YEuropa nordorientale, terra allora di missione. L’imperatore appoggia vivamente la penetra zione cattolica, ma usa qua e 1a alcune parole che pongono jn una luce alquanto strana il suo zelo apostolico: egli accoglic sotto la sua protezione sia l’avventato catecumeno sia i suo; beni; questi sara libero dalla giurisdizione degli antichi re, ma sara tenuto al rispetto dell’Impero romano, come tutti gli altri uomini liberi (= occidentali)". Sarebbe superfluo aggiungere che sei anni pit tardi il paese, pressappoco Ia costa meridionale del Baltico, dalla Prussia all’Estonia, cadde in potere dell’impera- tore”. E’ difficile, quindi, credere ad una sua politica di « sa- crestia », anche quando volge le sue premure a « conservare ¢ favorite lo stato di tranquillita della Chiesa lombarda » ". Onorio III non si lascid trarre in inganno. Nella lettera che egli indirizzd ai Comuni di Brescia, di Modena e di Rimini, non fece alcun cenno a questa nuova costituzione che pure, con la sua severita, doveva apparire la pitt adatta a sterilizzare le numetose foveae hereticorum". Maisonneuve, benché questa ossetvazione sia sua, al momento di esporre i motivi di tale op- Posizione papale la attribuisce ad una avversione per la pena del 1 i o aes rad bce tae PP» 425 88.: « Post susceptam fidem cum omni imperii' protetione... suscipimus... eximimus in tenuto conto di «quod ad_impe- = Posset». Anche qui il prologo ac ordini religiosi, SONNEUVE Hl % pp. 224-248, Hi, Biudes sur les origines de U Inquisition, Paris 1960 292 fuoco. Bisognerebbe, innanzitutto, porre in chiaro che la fama di innovatore in questo campo & assolutamente immeritata da parte di Federico II. Bisognerebbe risalire ai tempi di Gregorio Magno, quando Basilio Mago fu bruciato vivo", oppure, per restare nei limiti del basso Medioevo, a re Roberto di Francia, che nel 1022 brucid dieci canonici catari ¢ (forse per questo) fu detto il Pio. Dodici anni pid tardi, Girardo di Monforte aveva Vonore di essere il primo eretico ad essere bruciato in Italia (da Ariberto di Intimiano) e, se cerchiamo la pena del fuoco codi- ficata in legge, la troviamo a Colonia, nel 1146". Non risulta che questi persecutori furono disapprovati pubblicamente dalla Chiesa. E’ vero che questa pretese di essere estranea ad ogni atto violento " e che con la formula dell’animadversio debita trovd un metodo elegante per consegnare il malcapitato reprobo al braccio secolare; ma quando si pensa che uno stesso autore ec- clesiastico definisce questa formula poena qua anima evertitur de corpore*, non si pud non riconoscere tutta la vicenda come farisaica e dare, con Amabile, alla frase in questione una « signi- ficazione ributtante ». Se, quindi, la Santa Sede dimostrd di non gradire la costi- tuzione del 1224, non fu per una sua avversione al sangue. Ono- tio III dal 1217 al 1224 aveva pubblicato un totale di dician- nove documenti contro gli eretici della Provenza. In questi esal- \s Grucorir Macnt, Dialogi, ed. U. Moricca, in F.S.I., $8. saec. VI, Ro- a 1924, p. 31. sion ; ree Lacarve G., La naissance de Vésprit laique au déclin du M.A. I, Paris 1956, pp. 185-186. Pet Girardo di Monforte eft. Tharino Da MuLano, Tee ia di Ugo Speroni nella confutazione di Mastro Vacario, Roma 1945, pp. 434439. oop, cit, I, pp. 223:224: eanone del Concilio Lateranense Ik proibizione di assistere a spargimenti di sangue. : (1215) oon a Pevemenicr Directorium Inguisitorum, pacte TI, p. 162, citato Aenea op. cit, T, p. 10 nota, Fracus A-Manrin V., op. city p. 295: da Amapiiala fu. approvata dal Concilio Lateranense del 1215. Cfr. Manst ques ocronum Concilorum nova et amplissina collet, XXII, Graz 1961, col. 986. 293 Non ci si deve meravigliare se la lettera di papa Onorio all’im- peratore, del 22 novembre del 1226, dietro le esortazioni alla lotta contro le eresie nel territorio di Arles, non tratti che del Possesso reale di quella zona”, Né si pud credere al mellifluo interessamento di Federico IT verso la stessa Chiesa, paupertati compatiens, quando Voggetto della lettera ad essa indirizzata € un profanissimo pedaggio sul Rodano”, Sono considerazioni che bisogna tener presenti nell’esame di questi anni immediata- mente precedenti la crociata, L'imperatore indice una dieta a Cremona (1226) i cui scopi, oltre al raggiungimento della pace, di prammatica per ogni riunione ad alto livello, sono: la cto- ciata in Terra Santa e la distruzione dell’eresia™, Un program- ma solo apparentemente pervaso da spirito missionario, dal mo- mento che l’imperatore attribuisce ai Lombardi le stesse carat- teristiche degli eretici (protervia, temerarietas, pertinacia) e li minaccia delle stesse pene *. Tutto cid non pud significare soltanto un aditato « fare d’ogni erba un fascio », ma un riconoscere certe oggettive carat- teristiche in comune. Ne sono una riprova la politica papale fino- ra esaminata che, per mantenere un’utile alleanza coi Lombardi non infierisce sulle eresie, ¢ la stessa opposizione dei Lombardi alla dieta di Cremona, perché in essa si esaminava anche tale questione *. Risultano, ora, chiari gli avvenimenti dell’anno suc- cessivo quando, iniziati i sospirati preparativi per la crociata, il papa consiglid finalmente ai Lombardi di accettare le costitu- zioni di Federico, e l'imperatore ritird le sue accuse di eresia o, almeno, non ne fece pitt cenno ”. Ai fini del nostro lavoro non ci interessa stabilire se alla 2 Id., I, p. 243. 3 HB, IL, ad a, 1231, p. 221. ¥ Const., II, p. 136. 2 Tbidem, da confrontare con Id., p. 107. ‘ % Cartyte R. A., Medieval political Theory in the West, tr. it. di S. Cotta, II pensiero politico medievale, U1, Bari 1967, p. 257. 1 EE saec. XIII, I, pp. 246 ss.; Const., II, pp. 142-145. 295 jo II, avvenuta in quello stesso anno, prevalse i Onorto nella papale. Cid che effettivamente impor- la tesi imperiale ° al Jotta antiereticale il predominio degli ta é Paver riscontra i campo, cioé, che anche i pitt « avanzati » interessi politici, ae di « spiritualitd popolare ». sotto | : . Pete fosse concreta la volonta papale di combattere gli ti eS messo in evidenza dal fatto che le costituzioni di Fede- ereticl rico furono approvate quando (e a condizione che) l’unico che avrebbe potuto farle rispettare andd in Terra Santa a combat- tere gli infedeli. La situazione divenne critica al ‘momento del titorno dell’imperatore, nel 1229. Le sue legittime (dal suo punto di vista) ritorsioni nei confronti della Chiesa Provocarono Ie ire di questa. E, cosi, dapprima Federico venne minacciato di scomunica come eretico e, qualche mese pitt tardi, con la bolla Excommunicamus et anathematizamus venne effettiva- mente scomunicato ™. Questa condanna, tuttavia, non costitui- sce un momento importante della storia che andiamo delineando. Il clow di questi primi anni del pontificato di Gregorio IX é nel brusco puntare l’obbiettivo sull’Italia meridionale. Che vi fossero degli eretici non doveva essere cosa del tutto ignota a chi reggeva il potere. Tuttavia, fatta eccezione per una notizia, che ricaviamo da Pietro Giannone e di cui ab- biamo gid detto, abbiamo pochissimi dati sull’Inquisizione nel eel eee viene fatto risalire un privilegio di ae i legli inquisitori di aaele "4 beni degli eretici dovevano essere divisi in tre parti, fra Papa, inquisitori e fisco”. Ci sia permesso di dubit: Imeno di queste clausole di spartizione testimoni di eS ralita del Notoriamente « PARC a F peer tap insolita libe- ‘ederico II. Antonio Ama- Palermo, secondo il a aa Saec. XIII, Li PP. 2, 318 s5,; H. 1598, p. 197: it Parano, (ms € Progressu. “i me el ent Pa, Se, Taunt Nai la. In AMABILE A,, op. cit., Mees a eae eas B., III, Paris 1856, p. 157. 296 che queste due cittd Sono vicine a Roma? ®, Inizia, dunque, la gata per la repressione delleresia, Nel febbraio di quello stesso anno, a Rot tici patari, altri, tecassino, ma sono bruciati alcuni ere- i convertiti, vengono inviati a Cava e a Mon- dove in ben chiuse celle potranno cantare la gioia del- la fede ritrovata. L’imperatore non & da meno ed invia a Napoli Lando arcivescovo di Reggio ed il suo marescalco Riccardo a Proprio mentre arrivano, inviati dal papa, i Domenicani. E’ da notare, in questa duplice azione, come venga saltata Ia gerarchia locale, estromessa da una lotta che troppo a fondo doveva scendere nella vita cittadina. E’ un particolare che si ud dedurre anche dalla lettera di benvenuto che Pietro arcive- Scovo di Napoli indirizzd ai Domenicani. In questa, dopo le * Amante A., op. cit., I, p. 46: trae tale appunto dagli « istoriografi dellOrdine domenicano » senza altre precisazioni Ciroccareito B., Antistitum praeclarum Ecclesiae pera anes 4postolorum temporibus ad hanc usque aetatem et annum MD A 1753, pp. : : ee a at Dp. 268 55. « Super quo tanto vehement ansiamar quanto | Vicinior apostolica ae imperiali Sedi tanti superstitionis invenitur erroris. -® Rice, De S$, Gera, op. cit., ad a, 1231, p. 173. 297 ’Ordine, sono nominati i veri pro- ry, erto Giffredo, car- + di questa escalation: il papa ed un c , motori di q resentato come « braccio destro » i sresbitero di S. Marco, presen E ann Ledate L’istanza antiereticale, dunque, proviene dal- “ : ; i ; a fas cio’ dal papa, o da chi, nella sua posizione di consi- esterno, , gliere (o delfino?) ha tutto Pinteresse nell’esternare il suo zelo. Non risulta che questa /abis eretica abbia suscitato V inor- ridimento della popolazione, che, anzi, permetteva ed assisteva a prediche pubbliche degli eretici, come @ riferito anche nei documenti precedenti. Nemmeno la gerarchia locale aveva preso provvedimenti, forse per amore del quieto vivere o forse per non andare incontro ad una certa ostilita popolare. Infatti, ac- cantonata questa ed assuntisi i Domenicani I’onere dell’Inquisi- zione, il rancore popolare non tardd ad esplodere in una som- mossa della quale ci parla Chioccarello e la cui gravita possiamo dedurre dalla lettera di Gregorio IX citata dallo stesso: « ...sfon- data la porta della chiesa, ferirono a morte alcuni frati e, se non fossero intervenuti dei soccorsi, avrebbero ucciso molti altri frati ed incendiato la casa, come avevano minacciato ». Una vera © propria battaglia alle cui origini, & forse inutile sottolinearlo, Sono alcuni filij Belial cives neapolitani credentes hereticorum *. A Napoli non ci fu la vasta ecatombe che Limperatore do- de ga wena at aan Some Pe babilmente perch si rifts ag) ys Satbanae, ma pitt pro- tutavano di pagare i tributi“. Non era encomiastiche celebrazioni del * Tn Citoccarenio B ci wistarum domini papae ay senetiine, 12% Marci presbiteri catdinalis, Id, p. 154; « tract é » Pe 156: « sussulti autem auctoritatem Vinh deeeeilis| pattis domini Giffredi (II) Sancti tis, caclect® PObis assistentis a dextris...» i con® ianuis, quosdam de fratribus ipsorum a sté in aliqui heretici”, mmaginare aspramente contesi dai due cacciatori. Questa concorren ‘a, ad un stesura dei due rispettivi codici, ed il codice melfitano, per il qu giuristi in un vero tour de pit alto livello, fu presente nella quello canonico di Gregorio 1X ale l'imperatore impegnd i suoi vero force di nove mesi®. Ebbene il titolo 1, B delle Costituzioni melfitane tratta de Hereticis et Patarenis ” feyancora una volta, il punto fondamentale di questo @ non nella gravita delle pene, ma nel tipo di procedura inquisitoriale in esso stabilito. Nel momento, cio’, in cui il papa aveva tentato una sua intromissione negli affari del regno, limperatore sta- bilisce che gli eretici vengano ricercati da parte di suoi ufficiali e che solo in seguito vengano esaminati da ecclesiastici *. Che questo fosse il nucleo della contesa tra imperatore e papa & dimo- strato dalla puntualita con cui Gregorio IX organizzd il sistema ecclesiastico dell’Inquisizione: immediatamente dopo la pubbli- cazione delle Costituzioni melfitane “. Dal semplice raffronto con la costituzione che Federico in- vid in Germania ® si deduce come non & questione ormai di pene o di severita nella lotta, ma di procedura. Difatti, per le pene, troviamo un perfetto allineamento papa-imperatore: morte per gli eretici e prigione perpetua per i convertiti. Ma in Germania, citata Porruast, R.P.R.), 9030 (29 ottobre 1232). Per gli Staedingen, Fri- soni del Weser, eretici paganeggianti ed antiautoritari, distrutti tra il 1232 ed il 1234, vedi Bruumever K-Tuecuir H., Storia della Chiesa, I, Brescia 1962, p. 341 : Rice. De S. GeRM., op. cit., 38 Coun W., Das Zeitalter der Normannen in di G. Libertini, Catania 1932, pp. 143-144. 39 Const. IL, pp. 282 s.; H. B., IV, Pa “ Lea H. C,, op. cit., 1, pp. 322, 325 it., I, p. 183 nota ‘ 3 aa es 13 St Mandatum de bereticis teutonicis persequen- ‘onst., I, pP- i dis, ad. a. 1232. ad a, 1231, p. 174. Sizilien, Leipzig 1920, tr. 1854, pp. 5 ss 299 ragione di temere del papa, anzi vi si ap- ttata senza battere ciglio la tesi ecclesia- anzi nominando uno dove Federico non ha i rolta, & accet tere | poggia talvolta, eee aa eRe asciando largo spazio ai Domenic mominando Sr es] priore di Wiirzburg, inquisitore capo *. — i essi, fluo confermare che nello stesso anno 1232, nella lettera in- Pevta al vescovo di Caserta, Timperatore insist® che l’Inquisi- a venisse effettuata sub suo et iustitiarii Terrace Laboris te- stimonio “. Il fatto era che, mediante il sistema inquisitoriale, basato su accurate investigazioni, su delazioni e, soprattutto, provvisto del terribile deterrente delle pene spirituali e corporali, si aveva Ja possibilita di esercitare un vasto controllo sia su potenti trop- po altezzosi, sia sulla grande massa di nullatenenti presso la quale prosperavano Jusores taxillorum (giocatori di dadi), jocu- latores, falsarii e tutto quell’insieme di pseudolavoratori, ritratti nei « bassi » di Eduardo De Filippo. Uomini, che allegri scrit- tori di « pezzi di colore » narrano (con quanta verita non lo sanno nemmeno loro) « vivere di fantasia», ma che un qual- siasi profeta sorto tra di essi poteva eccitare pericolosamente. E” questo il periodo degli Allelujanti, tra i quali, ci avverte fra’ Salimbene, si mescolavano truffatori e burloni®, Nelle Assise di Messina del 1221 vennero promulgate delle leggi che tenta- vano una regolamentazione di questo « sottobosco »: esse ter- ia j hs Movrient B., Ricerche sulla crisi della monarchia siciliana nel sec. XIII vaso ambing Paaee GeestaAilferenziazione deve essere inquadrata nel. pid GCemzimbito della politica fredericiana, che si sforza di creare in Teall mania due diversi organismi politici. eis, # Rucc, De S, Germ, op, cf oR 5 » Op. cit., ad a, 1233, p. 186. P- 109 (ane in De ADAM, Chronica, ed. G. Scala, T, Bari 1966, ad a. 1228 indocile» che Piero! fORet* vert citata SaLinpENe). E" lo. stease. « vuleos c nella prima crociata, In MresseRMaw rane nei secc. XI e XII, in L’eremiti- , Milano 1965, p. 176. Lazzart F., Movi- Studi storici », XII (1971), > 300 minano con |’am; izi nar _ ‘MMonizione che tutti costoro, gi iat glioni, prostitute, giocolii ie ees ieri_non infra: Bordi . ingano |; { a uell’ordine di ; . 8 ‘a pace im, q il COse che Federico IL tentava di costruir eat! e nel suo 4“ regno *, Ebb da mo quando Tommaso D’Aquino una giustificazione della pena dj : . Ripvenc a eretici, il para- : i" ‘ne in mente & qui ‘ 3 i malfattori: se questi vee em? & quello con i falsariie a BONO giustiziati & logico che lo siz anche quelli”, ae E’ comprensibil is le . wet iP ; che 1 Imperatore non possa parlare in tali unt nel prologo giustificativo delle Costituzioni * a una complicatissima teoria che vede Cristo, la Tri- nita e damo Impegnati a conferirgli ogni potere, e terminera il suo teologizzare, attribuendosi la facolt di uccidere sotto l’egi- da della « lesa maest4 »: un termine talmente vasto e per il quale furono, nella storia, eliminate cosi differenti categorie di persone, che non pud essere considerato chiaro. Gli uomini uc- cisi per questa legge ed i motivi per i quali vennero uccisi sono molto meno ammantati di retorica: uomini poco importanti, nullita alle quali il cronista si preoccupa appena di dedicare un aliqui e di cui nessuno si é curato di tramandare i nomi. Le costi- tuzioni antiereticali erano il frutto della politica di controllo di questa massa popolare, la stessa politica per la quale, obbedendo alla regola del bastone ¢ della carota, Federico II offriva il 26 dicembre del 1232, a S. Germano, un sontuoso pranzo per 500 poveri ”. i 5 In quegli stessi anni la Sicilia, oppressa dal regime poli- . Eli. co- 4 Rice, De $. Genm., op. city ad a. 1221, p. 94; a a 1231, p 17%; ‘i : ' egal te delle Inquisizioni in ottemperanza a tali Vengono eter aate ciNo. Summa theologica, 2a 2ae, quaesio IT, ad teria, in Corvero F., Gli osservanti, Fenomenologia delle norme, Nase 1967, p70 Bainron R., La riforma protestante, Torina 1958, pp. 691s & beeen ¢ si T che li Anabattisti fossero condannati p Bptare come sa | Donate ano ia pace clvile, Purtoppo Vimpuesione ont ale» puta nella legge non eta questa, bensi la loro pratica battesim Ur Be IV, Paris 1854, pp. 588 # Ricc. Dr S$. GERM., ad a, 1232, p. s 301 ita economiche, esplose in una ri- contingenti avvers! ri . la conting’ domd ferocemente. Distrusse Centuripe assedid Messina ¢, fattisi consegnare umita, li brucid come ziesco e di volta che l’imperatore ene deportd gli abitant i capi della rivolta dietro p eretici °. Pronta la replica papale: abbia bruciato come eretici alcuni ch * ma erranti dovevi considerare » "- Su queste parole gli studiosi hanno costruito le loro inter- pretazioni, ticonoscendo di volta in volta una politicizzazione del fatto religioso (da parte di Federico II), una analogia tra Jesa maesta ed eresia e concludendo in generale che « l’eresia € la tibellione sono due facce dello stesso delitto » *. Sono con- siderazioni che, pur essendo giuste, sono incomplete. Esse sot- tintendono la volonta positiva di Federico II di confondere i due termini: eretici-erranti. Di qui i fiumi di inchiostro corsi a spie- gare le cause « razionali » di tale equiparazione. La triste vi- cenda di Messina, insomma, e le altre centinaia di vittime inno- centi (= non eretiche) sarebbero il frutto della volubile suscet- tibilita di un tiranno, Non @ stato considerato che eretici ed erranti (che vuol dire ribelli) potevano essere obbiettivamente sullo stesso piano. Era Gregorio IX che in quel momento poli- tico, e tentando di cogliere in fallo l’imperatore, operava una distinzione che, pur avendo fondamento sul piano logico, di fatto non era mai stata presa in considerazione. romessa di incol «In verita ci consta che tu e, offendendo Ia tua maesta, non eretici, 0 Z ons oe 5] GerM., ad a, 1232, p. 185; Conn W., op. cit., pp. 183 ss Fah 444 ss.:_« Veruntamen expedit quod sub hereticorum ics i ie gia pro firmamento fidei, ut asseris, incendio sunt ea fe tuam celsitudinem offendendo, non heretici sed © Tal j a Pere G,. fe ie Proposte da eminenti studiosi, quali: rico II, Fitenze 1968, pp, eco ‘ederico II (1951), in Carlo Magno. Fede- Federico II, in La covsis 37; Giunta F., La politica antie ae y sistenza nel Med, i antiereticale di Fano A, | lioevo, Bari 19 ‘ ' Tne Aa, Hides inperislerdi Federico I, Pitense 1027, 1g eee Pu giosi e sette ereticali nel Medic » Pp. 145; Votre G., ze 1955, p. 129, lioevo, sece, XI-XIV (1922), Fi- 302 Quando trent’, ‘anni prima Innocenzo III proclamava l’ana- Jogia tra lesa maes ta ed eresia, non stabiliva soltanto un’equa- zione di comodo: per il mondo medievale i due piani, quello religioso e quello politico, spesso di fatto si confondevano. Abbiamo gid visto come l’unica volta che Onorio THI in- tervenne contro l’eresia a Milano, fu in occasione di una insu- bordinazione di quella citi. Per lo stesso Onorio III, Simone di Montfort, pur essendo eretico, & rebellis®. Pit. chiaramente ancora i Fanesi, che furono scomunicati per certe loro male- fatte, nel 1222, tamquam heretici nuntiari poterant “. Gli Stae- dingen che non pagano i tributi e non riconoscono l’autorita, sono sobillati dal demonio ¢ percid devono essere sterminati. Nel gennaio del 1234, nella stessa citta di Messina, Fede- rico IT dava un ordine definitivo al sistema dell’ Inquisizione. Era un editto che regolava il sistema delle diete, alle quali dove- vano partecipare boni homines, ecclesiastici e rappresentanti im- periali. In queste dovevano essere denunciati i Patari e gli ere- tici che fossero stati scoperti*. La Chiesa, come organo indi- pendente, veniva esautorata. Dopo il 1234 la contesa si sposta nuovamente in Lombar- dia. Qui la situazione papa-Comuni-imperatore & sempre in con- tinua tensione. La vita non é certamente delle pitt tranquille: irruit igitur formido et pavor super civitates Y talie *. L’avveni- mento centrale di questo decennio 30-40 é la battaglia di Corte- nuova che da all’imperatore il predominio politico sull’Italia settentrionale, La repressione delle eresie continua con quelle caratteristiche che abbiamo individuato precedentemente. C’& 5 Pormast, R.P.R., 5657 (3 gennaio 1218), 54 EE saec. XIII, 1, p. 42 (17 agosto 1222). 55 Ricc, De S. GERM., ad a. 1234, p, 187, 5 Marrnaer Paristensis Chronica Maiora, ed. F, Lieberman, in M.G.H., SS XXVIII (d’ora in poi citata Marr. Paris.), Hannover 1888, ad a. 1237, p. 140. 303, attivita papale nei primissimi periodo, quando, cio®, attenzione dell'impera- la risoluzione dei problemi del regno che questo @ il periodo degli 231) e che il papa, sia pure en passant, Pattivita di Federico in una lettera in ta del 1229. L’anno seguente il papa eriale e quella della Chiesa nel cui durre la repressione ”. Sono con- ino da Romano, filoimperiale, | mantenimento di un atteg- da notare un intensificarsi. dell anni di questo itta concentrata ne} tore é tu , dimenticare di Sicilia, Non bisogna accordi di Ceprano (L riconosce effettivamente cui prende atto della crocia accomunera la dignita imps comune interesse bisogna con temporanee le esortazioni ad Ezzel a lottare contro le eresie, pur ne giamento a lui politicamente ostile *. Questa ripresa dell’attivita antiereticale papale (ma sempre ridotta rispetto alla parallela attivita nel resto dell’Europa) & testimoniata da vari interventi a Padova, Piacenza, Firenze, per- sino a Milano, citta alla quale il papa dedicd nel 1234 un inte- resse del tutto particolare. Vi proibi la predicazione ai laici, editto chiaramente indirizzato contro gli eretici, e sciolse i fedeli da ogni obbligazione contratta nei confronti di questi ia Ge perd un motivo completamente nuovo: i Domenicani. Il papa tende ad ignorare le getarchie e le autorita locali, cosi come ab- biamo visto accadere per Napoli. Nel 1232 invia in Lombardia Alberico ed a Brescia Guala Ronio“. Anche la lettera indiriz- zata a Milano, che abbiamo citato or ora, riguardava l’ingresso ° EE saec. XIII, 1 l ec. XIII, I, pp. 363 ss, (12 ottobre 1231); Id. «Di sits Fclesiae et Imperit sublimitas amplentur DR et cin inate heretic pravitas evanesct», eae aA nee {1 settembre 1251), 8793 (2 settembre 1231) a Antonio « malleus hetetioram »y pet Plater v. Eftcee atid, ns . am 4, P- )s per Firenze v. Porruast, R.P.R, 9170 (28 aprile 1233); accogliere gli staturi antler 9334, 9675, 9676, SO et amtieteticali; pet Milano v, Bortiast, R.P.R © EE saec, XIII, 1, V,, op. Gt, 302, PE! 296 88\Per notizie sui » P. 302, sui due v. Fiicre A-MARTIN 304 } t i : f : dei Domenicani. E’ evidente che la Santa Sede tende ad un’opera di centralizzazione attraverso un sistema di controllo gestito senza mediazioni gerarchiche “, Lo scopo primo dell'azione papale & sempre quello politico, come appare dagli avvenimenti di Mantova del 1235. Qui gli advocati, viri nephandissimi et alii fautores heretice pravitatis, hanno ucciso il vescovo Guidotto. Il papa, considerando pro- babilmente che le sue timostranze non otterranno alcun effetto, invoca subito Vintervento dell’imperatore. La vicenda ha un epi- logo insolito per chi & abituato a vedere gli eretici mandati al rogo per direttissima: il pagamento di una cauzione e tutto & finito. Non & molto azzardato supporre che, nel comprensibile pentimento di aver invitato Federico ad un’azione nel cuore del- la Lombardia, il Papa abbia immediatamente ridimensionato i suoi propositi di intervento. Linvito ad intromettersi nelle cose della Lombardia era assolutamente superfluo per Federico. Egli stava preparando un ingresso in grande stile, secondo il suo solito. Italia hereditas mea est, proclama nel giugno del 1236 € continua ribadendo i suoi propositi di distruzione nei confronti dei nemici di Cristo: Saraceni, eretici e, manco a dirlo, i Milanesi, Il tutto in una lettera nella quale, restituendo la cortesia sopra descritta, si premura di invitare il papa in suo aiuto, trincerandosi dietro un toccante solus sum et homo sum, alla cui sincerita credera Huil- lard-Bréholles, ma non il pitt astuto Gregorio IX. Questi, in. fatti, da una parte assicura che vuole favorire, piuttosto che im- pedire il suo proposito “, ma dall’altra gli proibisce diligenter di entrare in forze in Italia“. Poi, nell’anno seguente, tenta di pre- © De Lacarbe G., op. cit, I, pp. 72 ss.: « [gli Ordini mendicanti) sca valeano la gerarchia dipendendo totalmente dal papa ». @ EE saec. XIII, 1, pp. 534 s., 536 88., 564 ss, (28 novembre 1235), © H.B., IV, p. 881. Peri giudizi dell’editore vedi nel commento alla stessa, EE saec. XIII, I, p. 600. Marr. Panis, ada. 1236, p. 133, 305 20, ereticali di Federico, inviando ibili iniziative anti z cedere Je prevedibili iniz che eta la codifice- in Lombardia Ia bolla Ile bumani Fates zione del metodo inquisitoriale ecclesiasti Tibe ro all’imperatore La battaglia di Cortenuova da campo libe! ae % li pubblica a Cremona tre costituzioni IL 14 maggio del 1238 egli pubblca - ee antiereticali e ne ripete la pubblicazione cited un mes f Pp it Verona. Con poche aggiunte queste sono la ber i as le gid pubblicate nel 1231; esse verranno ancora riedite Panno successivo, a Padova, poco prima del puntuale arrivo della sco- munica “. Vi troviamo un accurato elenco delle eresie proscritt: Passaginos, Josephinos, Garatenses, Albanenses, Franciscos, Ba- gnarolos, Commixtos, Waldenses, Bancarolos, Comminellos, Va- rinos, Ortolenses, cum illis de Aqua Nigra. Vengono ribaditi l'Inquisizione per officiales nostros ed il rapporto che abbiamo gia rilevato: sicut et alii malefactores®. Poteva essere il momento buono per una lotta contro gli eretici, qualora a dettarla fossero stati i propositi di purifica- zione della Chiesa che facevano bella mostra di sé nei documenti di ambedue le parti. Ma per i capi ecclesiastici il fattore pura- mente religioso appare talmente Poco importante che viene su- bordinato ad ogni altra considerazione politica ®, Si comincia percid con un’azione che miri a scalzare le basi dell’avversario, « In quegli stessi tempi (1238) la fama dell’im- Peratore viene alquanto offuscata », scrive Matteo Paris: « Cir- colavano voci che avesse detto parole di che anzi si potevano definire senz’altro e fa con sospetto ai suoi amici arabi, fascino aveva il torto di essere saraceni dubbia fede cattolica, retiche ». Si guardava alle sue concubine il cui 10”. Gli si attribuiva, in- “ Mansi D, maggio 1237), Jaga » XXIIL, 74, n. 9. Porruast, R.P.R, 10362 (20 © Const., IL, pp. 280, ‘i «Cont, 1 Pe 280, 282, 284 H. B., V, Paris 1857, pp, 215, 286 ss, © Maisonneuve H., P. Sit pp. 255-257. 4: 1238, p. 147: « Biusdem is curri » ad a, 123 que temporis ¢ Sticl nimis est: obfuscata, Imponcbatur enim nae fine, il libro De tribus impostoribus”, che non essendo mai stato scritto aveva il duplice pregio di poter contenere ogni sorta di nefandezze eretiche e di poter essere attribuito a chiunque si volesse screditare. « E tutto questo i suoi avversari, che tenta- vano di offuscare la sua fama, cercavano di probare iudiciis multis »”. E? una vera e propria azione capillare, condotta nel momento giusto contro chi stava diventando troppo potente. Lo studioso deve riconoscere una mente organizzatrice ad un’azione cosi tempestiva, senza trincerarsi dietro una comoda, quanto in- dimostrata, volubilitd della folla. Ineffabilmente Matteo Paris conclude: Si peccabat vel non, novit ipse qui nichil ignorat. Nello stesso tempo il papa tenta di serrare le fila della sua gerarchia, con la riedizione, il 20 maggio 1238, della bolla Ille bumani generis, appena sei giorni dopo le leggi di Cremona, Un episodio che racchiude in sé questi due motivi della politica papale, @ quello del legato di Palestrina, Sorano. Questi é inviato dal papa in Provenza ad organizzare la lotta contro le eresie, ma @ sconfessato dall’imperatore, perch® viene fideles no- stros a fide pervertere™. Questi inviati del papa erano vescovi o pitt spesso frati mendicanti, che avevano il duplice compito di applicare ’Inquisizione e di sollevare Vopinione publica con- tro Pimperatore, magari facendo citcolare quelle voci cui fa cen- no Matteo Paris *. vacillans in fide catholica dixerit verba, ex quibus elici poterit non tantum fidei imbecillitas, quin immo heresis et blasphemie enormitas execranda » 71 Auprict Monactt Tum Fontrum Chronica, ed. P. Scheffer-Boichorst, in MGH,, SS XXIII, Hannover 1874, p. 944: attribuisce all’imperatore il li- bello in questione, ma questa @ solo una delle biasimevoli diciassette cose di cui lo incolpa. @ Marr. Paris., p. 147. 3 HL B., V, p. 269 (1238 in fine). 4 Micuakt, Geschichte des Deutschen Volkes seit dem dreixeuter Jabr- underts bis um Ausgange des Mittelalters, U1, Leipzig 1897-1915, p. 96 (mostra Pinfluenza dei frati_mendicanti ¢ det loro terziari nella lotta contro VImpero), in De Lacarve G., op. cit., I, p. 72, nota 8, in cui viene anche detto: «1 Mendicanti avevano creat nell’opinione pubblica un movimento favorevole a tutte le posizioni papali ». 307 per un’accusa ufficiale di eresia i resto Tuttavia ancora Pp ; " iale ‘ 4. confronti dell’imperatore: forse & pericoloso dichiarare ere nel ico T’altro detentore del potere, forse Vopinione pubblica non ico a : cora ben preparata. Le probabilita che questa accusa aveva & ant di essere creduta possono essere dedotte dal comportamento di Luigi IX, che si adoperd in vari tentativi di pace tra i due con- tendenti. « E’ difficile credere che egli li avrebbe fatti se avesse dato un peso qualsiasi alle accuse di eresia mosse contro Fede- rico II » *. Cosi la « periodica » scomunica del 20 marzo 1239 ag- giunge ai soliti motivi delle liberta ecclesiastiche, Vepisodio del legato di Palestrina, Vinvasione delle terre pontificie, le chiese private dei loro sacerdoti, la colpa (sic) di non aver spogliato dei Joro beni Templari ed Ospedalieri (avrebbe rimediato Filippo il Bello) e, tocco decorativo, ’oppressione delle vedove e degli orfani ™, Come si vede l’eresia non compare tra le cause di sco- munica. Lo stesso si deduce dalle accuse di Gregorio IX all’im- peratore, che riempiono ben cinque pagine di Matteo Paris nel- Yedizione dei M.G.H.”. Sembra che il papa si adoperi a com- pilare una lista delle colpe imperiali quanto pit lunga possibile, pur sentendo di non avere la forza politica di formulare |’accusa pit grave, quella di eresia. L’imperatore non perde tempo a sco- prire le carte dell’avversario. « Poiché perseguitiamo a morte i ribelli lombardi che egli invece ha predestinato alla vita, questa @ la causa per cui il pontefice apostolico si lamenta » ™. II papa non pud ormai addurre a difesa dei Lombardi la nota distinzione rebelles-infideles, perché la protezione di quelli comporta la di- % Cartyte R-A., oj vA., op. cit, TI, p. 331. * HB, V, pp, 286 ss. i Marr Paris., pp. 153-157. . B., V, ad a. 1239, pp, 348 ss.: «Cum Lombardos tebelles nostros ad mortem persequimur, quos 1 norten , quos ipse predestinavit ad vi Pontifex ipse apostolicus ingemiscit ». Se ae 308 fesa di questi, numerosissimi nell’bereticorum nidus Mediola- nensium mansio”™, La pressione contro Ia cittd lombarda si fa molto violenta in questo anno 1240, Lo si pud dedurre dalla Encyelica bellica contra Gregorium TX, in cui i Milanesi vengono ancora detti ribelli e si accusa il Papa di aizzarli, e dagli « Editti contro la convocazione del Concilio » nei quali Vimperatore assicura la sua amicizia per la Chiesa, ma nello stesso tempo afferma il suo diritto di difendersi dal romano pontefice ", La reazione dei Mi- Tanesi & illuminante. « Per terrore della pena, pit che per amore della virtt, bruciarono gli eretici che abitavano gran parte della loro citti, in modo tale da redimete la propria fama e da rispon- dere a testa alta alle accuse dell’imperatore. II numero dei loro concittadini risult® grandemente mutilato »". Abbiamo qui una conferma indiretta delle tesi imperiali sui rapporti tra societa milanese ed eretici. Solo che la prima, messa alle strette, non ebbe alcun ritegno nel fare dei secondi il capro espiatorio di un atteggiamento che era in toto eretico agli occhi del sovrano, Dando una scorsa agli epistolari pontifici, non si ha alcun sentore di una cosi violenta purificazione. E? quasi una coinci- denza matematica, se di matematica si pud parlare sfogliando le pagine della storia, che tutti i successi antiereticali di Federico IT non trovino alcun riconoscimento da parte pontificia. Manca un qualsiasi riflesso del gaudio (tutto cattolico) di sapere un eretico salutarmente purificato: la pagina che annota le inizia- tive di Gregorio IX per la difesa della fede nel 1240 & bianca. Ancora una volta rimaniamo perplessi sul diverso atteggia- ® Id., pp. 1075 ss.: lettera a Luigi IX, della fine dello stesso anno. ® Const., II, pp. 308 ss. (16 marzo 1240) e 318 ss. (13 settembre 1240). 8 Marr. Pants., ad a. 1240, p, 197: «(1 Milanesi..J formidine pene ius quam vittutis amore hereticos, qui civitatem suam pro magna. parte Ear cabn Gul feimam (eialcclneren eRe hae Tiberius re- sponderent, combusserunt, quam ob rem numerus eivium nimis est matilatus », 309 ; confronti del resto dell’Europa et mento che il pap@ assume ai a3 al 1238, U0 ee leidincitca Gregorio IX invia eens le eresie. Nel solo — vend ean . dieci; ora ai Domenicani, ora al re ela, ora BeUPD um ens di Ungheria. Pit: che un « seguire con sare ee & un dirigere le operaziont, ee ii Ja solita crociata ® Tn quel Jontano terzo mon ee a | ecutori contavano troppo poco per poter ae al do troppo potenti. Questi, percid, impensierire il papa divenendo tropp' 5 Pei han forniva loro tutto il peso del suo appoggio spiritu $ on che in seguito avrebbero continuato a meritare il titolo di di- lectus filius nobilis *. che culmineranno Leresia, lungi dall’essere debellata dal pogrom milanese, continua a prosperare. Ivo di Narbona scrive all’arcivescovo di Bordeaux, Giraldo, che i Patari di Lombardia vivono splendide ac voluptuose. Il cronista commenta che questa lettera avrebbe avuto sicuramente un grande effetto se non fosse stato per la lite tra imperatore e papa“: ma pare che ogni velleita pontificia in questo campo sia per incanto svanita. Maisonneuve nota che T'Inquisizione segna un periodo di stasi e definisce di poco conto Pattivita che svolgono i due inquisitori papali Ruggeri Calvagni ¢ Giovanni da Vicenza“. Al solito Pinformazione va confron- ‘ee ss uapisrtitls pontificia al di fuori dell’Ttalia, rn fn continua. Lo Mostrano i regesti che riporta- no di anno in anno i documenti antiereticali della Curia, indiriz- ® Pierro DeLta ViGNA, i réspondence de ae UILLARD-BréHoLtes I, L. A., Vie et cor in illis contratis Pierre de la Vigne, Paris 1862, p. 411: «Sic se gerunt maxime : ice pravitatis / sed partes Italie non inqui- Porrnas’ Batacint ee Boaz gennaio 1237, © 10688 (22 dicembre 1238). Pornuasy EPR a menicani di Bosnia del 10 ottobre 1233, % Marr. Paris., pp. 230, 233, ISONNEUVE HL, op. cit., p. 307, , in 310, destinatari. Cid testimonia ; nello stesso tempo, fornisce T'Inquisizione al di fuori dell'Ttalia. b Nel 1246 anche j Francescani iniziano Ta I i quisitoriale con la bolla Odore suavius ardinit®, sets Déromieu, pare che fossero chiama: oi tombe di Montségur di due anni lenze dei Domenicani * Secondo il tia tale compito dopo leca- prima, per temperare le vio- WARE ic ficrivecace - Ma dovevano avere un concetto inso- a = » se Roma stessa fu costretta ad intervenire in difesa di un certo Giraldo della Mota, processato dai troppo zelanti_neoinquisitori, perché in Lombardia aveva ceduto im- prudentemente alle lusinghe di una ben imbandita tavola eretica” A nord delle Alpi, dunque, tutto bene per I’Inquisizione, di cui bisogna a volte raffrenare lo zelo, Non si vede come Inno- cenzo IV possa scrivere ai suoi nunzi: Nec iuste quidem argui possumus, quod contra remotos hereticos omissis proximis, Lom- bardie et Tuscie, procedamus”. L’evidente difesa contro le ac- cuse imperiali & piuttosto maldestra, perché ne risulta una chiara ammissione: il papa non combatte gli eretici in Italia, ma li combatte al di fuori. La lettera prosegue addossando tale stato di cose all’attuale discordia con limperatore. Questo in fondo lo ammettevano tutti e, con un sospiro di sollievo, credo anche gli eretici. I] vero argomento che il papa adduce a suo favore do- i afferma che, prima del- vrebbe essere nella conclusione, dove eg che, Pr la lite in questione, la Santa Sede combatteva gli eretici. Asser- zione che, chi trovi ragionevole quanto abbiamo finora scritto, 46), Una lettera con uguale aio 12+ Heese 11245, ma @ inviata al Do- ws st, RP.R., ae in Porrnast, RP.R, incipit si trova nel 1244, menicani in Bosnia. : 8 Déromizu G., L’Inguisition, Paris 1946, p- a & Porruast, RPR., 12334 (12 ottobre 1246): Ie ji Navarra. San coset, pp. 380 ss. (26 novembre 1245). tera al ministro fran- Bil e una piccola amore © S 4 ii Po inate fra aie ue wpe Fimperatore distlga Facondo, ae ra intestine € s¢ la veda con gli eretici. a Je sue forze dalle lo vtotica. Ma perché il papa non Ja rivolge esortazione a ee : el documento 4 lui inviato due Cee a Re pit. o meno economiche, o i he tratta q —_ eo le mani dei suoi ambasciatori, che non be considera giorni non [’ha rassegnata ne +5 ot icevuti? ”. furono neppure ricevul : i } Sono domande che confermano il dubbio che sia una mossa propagandistica tesa a coprire il dato di fatto ., il Bee. ra, pet motivi politici, le eresie in Italia. Finché regnava F¢ rico II era improbabile che il papa promovesse una seria azione antiereticale in Lombardia. Era pericoloso fare all’imperatore la cortesia di eliminargli un tale nemico, ed era ugualmente peri- coloso permettergli una caccia incontrastata. Bosnia, Provenza e valle del Reno dimostravano come si consolidasse il potere di chi si serviva degli inquisitori. Era una cosa che Federico IT aveva capito benissimo ed andava attuando nel suo regno. An- cora nel 1242 egli bandiva delle Inquisizioni contro gli infe- deli, i giocatori di dadi et super multis aliis articulis”: editto analogo a quello precedente e che chiaramente si rivolge allo stesso strato di popolazione. ie Pier della Vigna in una sua satira colpisce I’Inquisizione eee yee a tremorem / quia multi E’ interessante ene ae aes fe pce ea 4 Peete ter iintit cenvcion ee tio, quanto la dffasione di uno stato di terres quale si pud ottenere tut a i stoldisterror ere quanto si possa aa Ed @ abbastanza guire, quando gli in la caccia all’ere- e, per mezzo del agevole compren- quisitori vengono * ode TL, pp. 328-330, Rice. Dr S$. Grp Nea, ® HuILtarDBrénouuys 4 £ i, Pe 212. te et é i E corréspondence, cit., p. 412. incitati a réchercher les cou, sur de simples rumeurs, Che Pier della Vigna o pubbliche rimostranze & to dubbio che se ne sc: ‘pables par une enquéte personnelle SANS atteindre une accusation formelle”. il Suo signore Federico facessero di cid Plenamente comprensibile, ma & alquan- rio « andalizzassero veramente. Quel modello di Inquisizione doveva essere loro abbastanza gra possiamo prendere alla lettera laut aut che Pi Jancia alla Chiesa nella stessa satira: Aut haec Inquisitio in nobis committetur | aut in vos infamia tota convertetur”, Liinfamia, € appena il caso di dirlo, & quella dell’eretico che si poneva al di fuori del modello sociale minacciandone pericolosamente la so- pravvivenza ™, La repressione di questi gruppi disgregatori & di vitale im- portanza. Allo scopo & lecito servirsi, senza battere ciglio, di alcuni fra i peggiori criminali dell’epoca, sul tipo di Corrado ¢ di Gherardo di Marburg, per il cui assassinio (0 meglio esecu- zione) subito promosso a martirio, non si ha ritegno di into- nare il lamento di Geremia Vox in Rama, che nel vangelo (le combinazioni!) segue alla strage degli innocenti”. La Santa Sede aveva ben ragione di dolersi della perdita: i due inquisitori ave: vano un pregio essenziale nel loro mestiere, quello della fedelta. La repressione in se stessa non aveva alcun senso se non era Roma a dirigerla: un conto affidarla a dei frati che dipendevano in tutto e per tutto, veri domini canes, ed un altro lasciarla in appalto ad un autocrate quale Federico I. Abbiamo gia visto come si saltassero le gerarchie locali: figuriamoci se si accettava dito, tanto che er della Vigna % Friche A-Martin V., op. cit., X, p. 294. q BRE s J. L. A, op. cit., p. 410. i ES Ee acbven der christilichen Kirchen und Gruppen, B e " 1 loro “, Tibingen 1923, tit. di G. Sanna, TI ed Fienze 1949, p. 467° 911 M0 atteggiamento verso il mondo, 1 stato, la soceth, i indiiorenia, ft ~ gnazione o di ostilita, giacché essi non vogliono ea a eset ale ma evitarli ¢/o lasciarli sussistere come sono accanto a Se ‘Toto speciale societ’ ». *” Porruast, R.P.R., 9316 A-Martin V., op. cit., p- 322. (21 ottobre 1233). Sulle imprese dei due vedi 313 ore. Tanto pit. che questa due organismi accentra- iccolo del nostro. del 1244, pa- la mossa riso- a dell’imperator identici scop!: ¢ ndo allora pitt pic a riappacificazione i % i] papa tentd it Firenze", 1 P E alche eretico @ ? am ae 7. Se iiicte Furono necessarie una preparaz lutrice di Lione- 4 o le stret! terminazione senza precedent ae Roti pere diplomazia € dell’esercito Sg Pe eigtialdifesasdisTa ddeo a = Be site come vane furono le sue obiezioni em che, cio’, sull’accusa di cu non posset “9 nee tificari nisi esset dominus meus presens Innocenzo em ormai preso la decisione intorno alla quale tentennarono iiicenti i suoi predecessori. L’imperatore viene scomunicato, ma cid che pit conta viene dichiarato eretico. _ Le motivazioni di questo giudizio si possono in definitiva ricondurre a tre capi di accusa: disobbedienza a Gregorio IX, rapporti con i Saraceni, rapporti con Bisanzio"”. Un qualsiasi lettore dell’epistolario pontificio non fa che trovare, per lo spa- zio di venticinque anni, la continua ripetizione delle suddette accuse. Cid che stupisce in questa condanna @ che non viene Presentato nessun elemento nuovo, oltre a quelli che gid avevano fruttato ammonizioni, minacce e, quando andava male, scomu- niche. Federico aveva disobbedito a Gregorio IX: non era stato eae eam i er con Onorio IIT. E lo aveva soltanto Se cic I at oe paasection ps ? i tapporti col mondo 95 ante presenza ringom™ dagli stess! Cosi, dope te maglie della mu- ® Savino §., Il C, Tpotesi , ‘atarismo italic wl ote sla eronoloia del Catt ait eee. Sece. XIII © XIV ” Marr. Pants, p. 259 no, Firenze 1958, p. 125. UILLELMI De Nagy Sa Hannover lasages neh, Ludovici 1X, fice, SUED. Petché ci ADI nel Mansi eon Pate fini & pee a ues atteo Pati Bdelitesocontt uliiele cooks 314 che utilizziamo altrove, Dace » ed, i biamo dedorte greg roses in M.G.H., sulmano i vecchi erano di vecchia data ed erano stati a loro volta oggetto di rimbrotti e niche "". Rimangono le accuse che avesse di scomu: ie gono le accuse chi eee assessini (basbisbin) ed aves Me Asa, sa anni IIT Ducas Vatatze, impe- ratore di Bisanzio. Per quanto tiprovevole fosse stato il. prim avvenimento e per quanto scomunicato Vatatze™ ae Rees ceal ony atatze"", erano pur sem- Be ri Sas a ambito della sfera politica di quelli . pud nemmeno dire semplicisticamente che Vimperatore ormai era stato scomunicato tante volte che lo eepOLev benissimo accusare di eresia. Questa imputazione col- pisce, infatti, eos gui fidem Christi profitentur sed eius dogmata corrumpunt. Quindi non vi si cade per una somma di errori. E’ sufficiente aderire ad una delle falsae sententiae propriae*: cosa che nel concilio di Lione non ci si curd nemmeno di provare. La disamina dei capi di accusa potrebbe essere cosi lunga da far nascere il sospetto che essa sia, come la difesa di Taddeo di Suessa, inutile. Innocenzo IV aveva deciso: quindi Federico II era eretico. Non c’era bisogno di altre motivazioni. Per il mondo che il papa rappresentava, I’imperatore era out, per dirla in termini moderni: un rebellis per rimanere nel Medioevo. La riprova cosi lampante, cosi alla portata di tutti & che dopo Fede- rico 'impero declind definitivamente. Ma ci sorprende ancora di pit il fatto che a Lione i teologi non produssero, come facilmente avrebbero potuto fare, delle prove « dottrinali » dell’eresia. Gia Gregorio IX aveva tile- vato come eretica l’affermazione dell’imperatore: non esse apud Ecclesiam a domino Beato Petro et eius successoribus ligandi at- que solvendi traditam potestatem*. Si sarebbero potute ripor- 11 Nel 1228 fu definito addirittura « discipulus Machometi ». In Avprict Monacur Tatum Fonttu Chronic, cit. p. 92 2 MG Di aes, KILTs\ Tp. 622: Grock soiamatiek teense Y we ronan AguINaTis Summa theologica, Madrid 1963, 2a 2ae, questio IL. RsMLeoaaipapretyad'a, 1299).p) 1762nletiets dl Gregorian che si con clude con « dum heresim [imperator] ostendat ». 315 tta derivazione patara: in pau- ndata erat Ecclesia primitiva™; 1 Ecclesia", che sono il pre- onciliare di Federico. tare delle sue asserzioni di sospe' pertate quidem et simplicitatem fu oppure: wt prius statum reformare : Judio di un certo atteggiamento post F : Fa Sarebbe il caso, infine, di riconoscere ai teologi ne ci del tempo un’abilita nello scoprire detti ¢ Be coche en pit sottile di quella degli storici, che da Huillarc -Bréholles . poi hanno riempito volumi per l’appunto di tali scoperte. E’ difficile pensare che i censori romani abbiano sorvolato su tali indizi in un empito di generosita, inconsueto per loro e assolu- tamente da scartare nei confronti di Federico II. Forse @ pit logico supporre che quegli indizi fossero superflui dal momento che Paccusa era cosi grave. Questo pud spiegare anche perché Pimperatore venga scomunicato solo ora: é@ da stolti processare e condannare uno come ribelle, quando si @ meno potenti di lui. Nei precedenti documenti di scomunica |’imperatore era sempre accostato pericolosamente agli eretici, ma ogni volta Onorio III e Gregorio IX dovevano desistere dal loro proposito. Ora, in- vece, alle spalle di Innocenzo III c’é il santo re Luigi, e Lione si trova in un territorio bonificato da quarant’anni di lavoro do- menicano. Non ci sono nuove accuse: Federico & insubordinato att 5 ¢ ribelle ”, solo che il papa, finalmente, definisce il suo atteg- giamento eretico. 5 Be a di chiusura Innocenzo IV sembra prendere - i : a ae e nella lotta contro gli eretici lombardi quando ‘a nuova eresia, che « in special modo ha macchiato le 18 HB, 1, p. 48 (dicembre 1 2 Riches, i re 1227); & una lettera al re d’Inghi semi 1, » PP. 148-150: Encyclica de ssechtatentiattone aya 6 /GUILuELMt Di 4 Enger, in MGA Sh ie, EAURENTL, Historia Albigensium, ed. O Holder i XI, Hi erat ino » Hannover 1882, ad arr Peden eX rebels. Anelega eri gl 220) P. 600: «In Ecclesia erati « inobedientes quasi, ydolan ee ns li Stacdingen ibelli sono con- - In EMonts pr Mr NKONIS WERU- in MGH., SS XXIII, Hannover 1874, 316 citta lombarde » tra i cinque dolori della Chiesa "™ In effetti, fino al 1250 pubblicd appena tre document: nel 1248 contro Ezzelino da Romano, anche lui come il padrone assimilato agli eretici; un mandato a Giovanni da Vicenza, i cui progressi sono peraltro definiti da Maisonneuve insignificanti; ed un permesso ai Domenicani di Milano di accogliere gli eretici convertiti, edit to non certo tra i pid feroci ™. In pratica I’Inquisizione procede a rilento, peggio che prima del Concilio di Lione, Eppure ci si aspetterebbe che, dopo la condanna addirittura dell'imperatore, gli eretici, quelli veri, quelli che « corrompono i dogmi di Cri- sto », fossero sul punto di essere cancellati dalla storia. Taddeo di Suessa, al termine della sua perorazione, disse: ex hoc tempore cantabunt heretici, regnabunt Chorosmini (gli arabi] et insurgent Tartari"®. Le sue parole sono una lucida ana- lisi della situazione, senza orpelli teologici e pubblicitari. II papa voleva ridurre all’impotenza questi gruppuscoli devianti, ebbene c’era Federico che aveva gli stessi propositi e, soprat- tutto, i mezzi per attuarli. Una volta tolto di mezzo lui: canta- bunt heretici. Ma proprio in questa analisi cera la condanna di Federico perché era inammissibile che la Chiesa potesse lasciarsi sostituire a tutto vantaggio del suo avversario. D’altra parte, di fronte all’evidenza che i Lombardi erano i pit validi antago- nisti dell’imperatore, ogni velleita di purismo andava a farsi benedire. Dopo Ia definitiva scomunica l'imperatore assunse un at- teggiamento che ha portato gli studiosi a considerarlo ora ere- tico, ora riformatore piamente interessato alla risoluzione di pro- blemi ecclesiastici. C’2 chi lo vede impegnato nella riforma pau- % Marr. Paris., pp. 258 ss. z Porruast, R.P.R., 12899 (16 giugno 1248); 12566 (13 maggio 1247): 12273 (13 settembre 1246). 0 Marr. Parts., p. 268, in suo vecchio lo in esecuzione Uv i Abelardo, pit dista, seguace di ente assorto in una riforma cat- i ji Huillard-Bré- ica, fino a giungere alla poderosa costruzione E H a iG aspirazi i essere, h a tesa a dimostrare l’aspirazion€ di Federico a Ee ec 9 Cristo". Ma & forse meglio andare i destamente, un nuov: MM i nun epicurus (sic) come l’imperatore, che, seppure cauti Co! Pn c ppl non ha mai scritto il libro De tribus impostoribus, sara stato é non gliene importava niente. In effetti, egli scrisse a suo figlio Corrado che tentava di realizzare quella riforma della Chiesa che gli avrebbe dato pace “: ma se guardiamo attentamente le azioni intraprese a dare com- pimento a tale proposito, ticonosciamo immediatamente lo stile Hel yecchio ed irtiducibile politico. « Voleva che il papa, i car- dinali e tutti gli altri prelati fossero poveri e se ne andassero a piedi »'. In pratica emette una serie di editti di carattere pecu- niario contro il clero"’, una politica a lui non insolita e che solo un agente delle tasse giudicherebbe riformista. Che lo fa- cesse per atricchirsi e non quia erat bene catholicus, credo po- tessero immaginarlo tutti, senza dover ricorrere a privatissime confidenze di certi suoi segretari, come si premura di informarci il buon frate Salimbene "*. hiesa, mettend: ys Gl eristica della zi ticonosce arnal desiderio, chi lo i genericamente eretico 0 devotam perch Cirea il suo preteso avvicinamento alle correnti ereticali basterebbe ricordare un documento, che potremmo definire una sO! i issii rta di personalissimo De paupertate, dove accusa i Patari di ™ De Srerano A., Ri ; PUTT hn) ‘Jormatori ed eretici nel Medioevo, Palermo 1938, A Tl 325-3; é P76, Cane » PP. 325-326, Génuart. E., L’Italie mysti. am ais 1206, pens 1G,9P: sits pp. 132 ss, aa ae ha tae Hatin J A., Vie et corréspondance cit,, pet intero. WD. VL By Aer oe 1360, p. 176. 318 angiare ¢ bere alle spalle dei Cristiani”, Da astutissimo poli- tico presentd al pubblico le sue spoliazioni come una lotta idea- Jista si da attirarsi le simpatie dei vari ceti urbani, sempre avi- damente ostili alle ricchezze del clero ed anche di aleuni gtuppi lereticali', che! poterono giungere a vedere in lui un nuovo Cristo, in polemica verso il papa che in lui vedeva un anticristo. Alcuni decenni pitt tardi i Flagellanti ne fecero un loro fonda- tore, esibendo a prova di cid una lettera in cui il movimento st diceva originato in Sicilia da Federico II m Tutto cid. pud solo testimoniare il sucesso della politica imperiale: bisognerebbe forzare di molto la personalita dell’im- peratore per scorgervi una effettiva sensibilita alle istanze reli- giose. Basterebbe dare una rapida scorsa alla aneddotica che ne circonda la figura, per scoprire in lui Ja pitt assoluta indifferenza a tali problemi. Si circonda di Arabi, di Ebrei € di Cristiani, cui titoli di merito siano intelligenza e scienza, senza preoccuparsi della loro fede. Al suo seguito troviamo apolidi senza religione € dimora fissa, quali Mastro Teodorico, Arnaldo da Villanova, me dico, filosofo, astronomo ¢€ negromante, Michele Scoto, che ave- va fama di stregone. ‘A Gerusalemme riesce @ scandalizzare gli Arabi con il suo materialismo. Non si cura di cancellare le frasi anticristiane dalle preghiere musulmane e, tra i devoti scongiuri dei fedeli, permette agli ‘Arabi di visitare liberamente il tempio di Gerusalemme. Gli si attribuiscono bestemmie, scherni di vario tipo sull’eucarestia ed una spiccata tendenza, teorica € pratica, alepicureismo ™. 7 HB, VI, pp. 390391: «apud vos Christiant vel peregrini mendicant ut apud cos Patareni manducent ». 1 Coun N., The pursuit of the Millennium, London 1957, tr. it. di ‘A, Guadagnin, Vicenza 1965, p. 136; Pepe G., Lo stato ghibellino cit. P- 112. es Coun N., op. cit., p. 156. 20 Du Srevano.A., La cultura alla corte di Federico 11 imperatore, Bolo- gna 1950, pp. 41-42; Ganriett P., Federico II e la cultura musulmand, in « Rivista storica italiana ») LXIV, (1952), p. 10; Id., Storict arabi delle cro- tiate, Torino 1969, pp. 267, 270 ss.; Const., II, p. 165 (18 marzo 1229). 319 0 invid ad un filosofo arabo, a ko pon i ; dei suoi correligionar Invorno @ - sospetto agli occhi dei eu eee anche [ui vivament i do mande che suscitarono Se grande eco rrodossi, U4 serie dl iti Siciliani. Riguardano lim ol 7 c i Ques | . note come A 3} via. Qu: nc in quel eat sina, il 1w0g0 del paradiso € cost vi Qualcuno ita dell’anima, mortalita de in questi problemi dei riflessi catarl 0 en ag scorge in ques’ culativo, ovvero la negazione oe immortz Panticristianesim® ae rimanere con i piedi saldamente a: lis del mondo Pepe inquadra giustamente tali quesiti nel lor: corati a ae a Fite agivano delle menti speculatiy at Tonnes D’Aquino, Alessandro D’Hales, Alberto a [ tanto decantati problemi di Federico al loro confronto si fannc piccoli ed insignificanti. Federico non era assolutamente portat¢ a disquisizioni teoriche: il suo modo di ragionare era semplicc ¢ lineare, come i castelli che progettava, ed i Quesiti sembrano pit delle divagazioni oziose di chi «ridendo in se stesso di paradiso e di inferno, dai dogmi trae problemi ridicoli e stra- ni»™. A volte sembra rivolgere la sua ironia anche verso quella impalcatura teologica e roboante che egli stesso aveva contri- buito a creare intorno alla sua figura, Nel 1229 scrive all’emiro i elDin una lettera che presenta nel prologo una serie di ee ee che artivano a sedici, alew Pichon di deus din eee (© sarcastico, se si pensa che il sostegno in z F questione era gia . F Ds Cor gia stato ampiamente scomunicato ™. nun notevole c i ‘oraggio F ric E stati ‘8810 avverte il papa che i Saraceni sono i trasportati a Li 4 uucer Mane Ta, in mezzo ai Cristiani, per essere con- ™ Nise H., Pe, ; > Per la storinche at 2s Perla storia della vin P26, MB PPCVITL (1912), pp. ang erttuale di @ Pare G., Lo stato 5 Boutue P., L'ty, PP. 224-225, Per il testo, mezzi termini « traditore “ Federico II, in « Hi- citato da Conn W., op. cit. “ ic II, Paris 1965, a il papa viene chiamato senza ea » Storici arabi cit., pp. 276-277 vertiti™. Pochi anni prima, in un momento in cui si sentiva «difensore della fede », si era felicitato con lui per Pidea di in- viare dei Domenicani alla loro conversione”. Ma non aveva mosso un dito pet convertirli, non @ escluso per un poco edifi- cante interesse verso la cospicua tassa sugli infedeli™. TI suo atteggiamento verso gli Ebrei @ rivelatore delle sue convinzioni. Erano tempi in cui il titolo corrente che veniva loro attribuito era perfidus. Basterebbe citare la bolla di Gregorio IX Sufficere debuerat perfidie, indirizzata, allora ce n’era bisogno, a riempire di zelo antiebraico la Germania; © Vinvito di Inno- senza IV a Luigi IX perché bruci il Talmud, impia Judeorum perfidia™. AlPoccorrenza bene distinguere Cristiani da Ebrei attraverso espedienti (purtroppo noti ad una storia pit recente) quali: in medio pectoris (Ebrei) deferrant signum rotae cujus circulus sit latitudinis unius digiti, altitudo vero unius dimidii palmi di canna "Federico replica rilevando Vinfondatezza di ecuse quali il bere il sangue e cosi via, e avverte che ”e degentes potencioribus per violencia opprimantur. Egli & tenuto a far rispettare la legge, di fronte alla quale tutti, anche gli Ebrei, ono eguali™, quindi non sitiene pericoloso il Talmud, né per sequita gli Ebrei'®, Distrugge, invece, le opere di Gioacchino “he Fiore, che possono essere fonte di preoccupanti turbamenti nel popolo: Salimbene narra che un vecchio frate trafugd nel mH. B., ad a. 1236, p. 828. 25 Jd., IV, p. 457 1a Kanronowicz E. H., Kaiser Friedrich der Zweite, Betl tr. ingl. di E, O. Lorimer, New York 1957, p. 130 Pree aad HT Porruast, RP.R., 9112 (5 marzo 1233); 11376 : 5 ; ; (8 1 Mavs D. J., op. cit, XXIT, col. 791: Conctio di a - Const 1, ad a. 1236, p. 274: Privilegium et sententiam in favorem leorum. , Il, ad a, 1226, pp. 640-641: « Verum quia tam Christiani auam rim Judeis nostri in. primis justidisrebabendis debemus adesse sursci E., op. cit., I, p. 481: la Chi Fe ligione istituzionalizzata « ® un an Serene een ines oh 1 mo oggettivo, la setta it é - munione della volontarieta ¢ della adesione cosciente »...; peas a e ma « a parte alla comunione come membro indipendente » (Il corsivo & nostro). 321 1240 a Pisa le opere di Gioacchino, proprio per sottrarle alla sua censura™, Federico & un uomo curioso, aperto, ma @ l’unico ad avere diritto (legibus solutus)" alla propria tolleranza. Questa, nei riguardi dei propri sudditi, @ solo una copertura che ignora con sufficienza certe diversitd di culto e di razza, @ una specie di aleatoria libertad di pensiero dietro la quale agisce una poderosa macchina repressiva, spietata con chi turbi la pax imperiale. For- se non a caso Federico usa parole come « quiete », « stato » « per non turbare la tranquillita », che si trovano ad ogni pie sospinto a giustificare certi suoi interventi '*. Credo che a questo si riferisse Gregorio IX, per l’occasione campione degli oppressi, quando si lamentd con limperatore: cur pauperes debent esse pacis expertes, ut in pace amaritudo amarissima sit eorum?™. Era appunto una lettera che riguardava le Costituzioni Melfitane, il codice che avrebbe regolato la pace augustea. Ora questa pace veniva infranta da una crociata che gli Ordini mendicanti proclamarono contro di lui. La risposta di Federico fu ferocissima. « Egli fu talmente molestato dalla Chiesa, che come disperato gettd il morso e le redini » ". Nel 1248 il papa aveva inviato in Puglia fra’ Simone de Monte Sarculo, « perché strappasse dal potere di Federico il regno di Puglia e di Sicilia »"*, ma questi lo prese e gli inflisse « diciotto supplizi ». L’ultimo particolare ci da una misura della ferocia di cui era capace Federico, quando qualcuno cercava di sollevar- ! Gépuarr E., op. cit., p. 205; Bonartt G., Gioachimismo e France- scanesimo nel dugento, Assisi 1924, p. 19. _ | Kanrorowicz E, H., The King’s two bodies, Princeton 1957, p. 136: @ interessante notare come in questo punto Federico II concordi con il teo- logo Tommaso D'Aquino, ' Chiarissimo il « subditorum status servari pacificus » di H. B., V, p. 50. ™ Td. III, p. 289. _ 18 Barractt Marct, Marcha, ed. A. F, Nassera, in R.I.S., XVI, parte IIL, Citta di Castello 1913, p. 8. 16 Sauimpene, I, p. 473. 322 gli contro il suo popolo. Prima di Lione si era limitato all’as- sassinio politico, come nel caso del vescovo Stavillano (Stanislao), debitamente canonizzato poi da Innocenzo IV". Ora adopera contro questi frati itineranti la stessa terminologia antiereticale, commina loro Videntica pena del fuoco e¢ li bandisce dal suo regno "*, Tuttavia Federico doveva combatterli anche in un altro modo, degno della sua astuzia. Egli poteva contare sul clero lo- cale, per trent’anni da lui addomesticato, e che gia nel 1227 all’epoca dell’interdetto, aveva dovuto dimostrare il suo ardore lealista ”. Percid fu forse uno dei sobillatori del generale solle- vamento del clero contro i frati mendicanti del 1250 ™. Un anno prima di morire Federico scriveva all’imperatore di Bisanzio, esprimendo tutta la sua invidia per chi non aveva da combattere contro la Chiesa’. Ma forse egli aveva il torto di non aver compreso chi fosse il suo avversario: la Chiesa era solo l’espressione di tutto un sistema di forze che lo respingeva e lo dichiarava eretico™. In un’epoca in cui il trasgressore era considerato un espulso dalla societa, se si voleva sopravvivere come « diverso » era di vitale importanza vincere ed essere il pit forte. Quando Federico mori, la Chiesa fu finalmente libera di agire senza concorrenti. Ripubblicd integralmente tutte le costi- tuzioni antiereticali di Federico, e la Lombardia conobbe con 7 [d,, I, p. 253 (1241-1243). Ducuisne L., Liber pontificalis, IL, Paris 1955, p. 455. 18H. B., VI, ad a, 1249, pp. 699 ss.: al conte di Caserta. Id., p. 67 al capitaneo del regno di Sicilia, contro i frati che portano lettere papali. Sauimpene, I, p. 488. 19 CaraBeLLese F., Il Comune pugliese durante la monarchia normanno- sveva, Bari 1924, p. 145; De Lacarpe G., op. cit., I, pp. 127-128; H. B., V, pp. 50-51. 0 Sarimpene, I, ad a. 1250, p. 581 “1H. B., VI, pp. 684 ss. 1@ Troetrscu E., op. cit., pp. 386 ss.: prospetta la Chiesa come « pode- 1050 edificio classista » che si congiunge con il « contemporaneo edificio clas- sista della vita sociale... in un organismo articolato in classi e in gruppi >: «il corpus mysticum », schema della societi medievale. 323 quale ritmo giungessero le disposizioni inquisitoriali (14 in due anni) quando il papa decideva di passare all’azione“. Ora j Lombardi non potevano pit: giocare sull’antagonismo tra i due poteri, e quelli che ieri erano stati difesi come rebelles, rima- sero dei perseguitabilissimi heretici. Il perfetto sistema inqui toriale di Federico fu rilevato interamente dalla Chiesa: essa che ora dipendevano i vari inquisitori. Carlo d’Angid, che dai rapporti col papa aveva tratto il suo sostegno, ora paga un augustale d’oro agli inquisitori domenicani ™. In un secolo ed in una citta (la Napoli del diciottesimo se- colo) penetrati dallo spirito della controriforma, l’abate Chioc- carello diceva una profonda verita quando, pieno di santo orgo- glio, scriveva: « Le leggi di Federico promulgate contra gli he retici non hebbero vigore se non dopo che eglino furono da’ sommi pontefici approvate » “*. A Federico non era rimasto che raccomandare sul letto di morte di portare a termine l’unica chiesa che, fra tanti castelli, aveva edificato . era da Che il papa o l’imperatore abbiano vinto e rispettivamente perso la varia e mutevole guerra, condotta per trenta lunghi anni, non & cosa che ci interessi. Non abbiamo la pretesa di eri- gerci a giudici di tale lotta e, francamente, ritenendo la cosa 18 Marsonneuve H., op. cit., p. 308. ™ Documents en iets des archives angevines de Naples, ed. A. Bouard, Paris 1935, documento del 18 febbraio 1282: a Jacques Teatin, inquisitore in Sicilia, vengono pagati quattro tari al giorno dal tesoriere del regno. i hota nel medesimo documento che Vinquisitore & «establi par la court de Rome en nostre regne de Sicile ». MS CyroccaRELLo B., De Sancto Officio Inquisitionis, ms anonimo attr’ buibile a tale autore ¢ databile all’epoca di Innocenzo XII. In due volumt di arte 84 € 106, con indici. Contiene nel I vol.: regesti ¢ doce. databili de 1269 al 1628 ed editi dallo stesso autore in Archivio della regia giurisdizione del regno di Napoli, Venezia 1721; nel II vol.: una storia apologetia e Santo Ufficio. Trovasi nella biblioteca della Facolta di Lettere ¢ Filoso! PUniversita di Bari. Vol. I, C. 69r. “ Ms HL B., VI, p. 789. Cf. anche Huriarp-Brénontes J. L. A, Vie ef corréspondance cit., n. 33. 324 del tutto inutile, lasciamo tale compito ai numerosi testi scola- stici, che contribuiscono validamente a formare la coscienza dei cittadini. Abbiamo esaminato Vinterminabile carteggio tra Federico II ed i suoi interlocutori ecclesiastici, ed alcuni momenti, a dire il vero, vivaci del loro dialogo. II nostro fine era di scoprire il perché di certe incongruenze, a nostro modesto avviso non sem- pre ben spiegate dagli storici: perché Federico II ha persegui- tato gli eretici; perché non @ riuscito a trovare un accordo col papa in tale azione; perché, pur essendo gli stessi i persecutori, gli eretici non sono stati, sempre e dovunque, combattuti alla stessa maniera; perché, é la domanda risolutiva, gli eretici sono stati perseguitati? Attraverso tali quesiti ci proponevamo di trarre dall’altisonante e borioso materiale rimastoci qualche an- notazione che desse corpo ad una schiera, quella degli eretici, condannata ad essere |’impersonale interlocutrice nelle Summae dei teologi medievali e moderni. Abbiamo cominciato col notare che le parole dei « grandi » avevano un valore molto relativo, corrispondendo solo appros- simativamente ai fatti che giustificavano. Le due Curie antago- niste si davano a foggiare lambiccati concetti che poi papi ed im- peratore non tenevano in alcun conto, affidandosi, nella loro politica, a ben pit realistiche valutazioni della societa. Cosi, dopo un certo periodo, si & visto lo scomunicato imperatore per- seguitare gli eretici, ed il Santo Padre omettere (ma l’omissione non era peccato?) di farlo. Abbiamo percid supposto che Vimpe- gnarsi o meno in questo campo non fosse dovuto esclusivamente ad uno stimolo spi tuale. I successivi avvenimenti hanno mostra- to Chiesa ed Impero contendersi con accanimento la direzione dell'Inquisizione. Non era affatto un problema di purezza di fede: Yeretico era li, minaccia vivente e concreta, talmente enorme che distruggerlo era affermarsi. Da questo la vicendevole invi- dia ¢ I’« inspiegabile » mancato accordo per una comune cro- ciata antiereticale, Federico I, uomo pratico ed esperto di bu- 325 rocrazia, riusci a costruire un sistema efficiente di repressione, che alla sua morte il papa, perdonando con magnanimita, rilevd e forni di imprimatur. E gli eretici? Non erano certo cost organizzati. Non credo che avessero una coscienza comune: lo prova il fatto che si osteggiavano perfino tra di loro. Cid che risulta @ che non fe- cero paura per le loro credenze, ma perché rappresentavano qualcosa di diverso dal tipo di subditus allora gradito: parossi- stici tentativi egalitaristici, desiderio di perfezione, audacia di critica. Un insieme di sussulti, ora vaghi ora esasperati, che provenivano da uno strato di popolazione insoddisfatta. Questo @ appena quanto si riesce ad intravvedere da una storia diplomatica, e non credo che Federico II o i papi avessero molto interesse a dircelo. 326

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