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Maria Francesca Carnea

LIBERT E POLITICA IN S. CATERINA DA SIENA


Nel corso dellet medievale il mondo avvertiva il bisogno di una spiritualit che compensasse le tribolazioni con la speranza, alleviasse il lutto con il conforto, riscattasse la prosa della fatica con la poesia della fede, risolvesse la brevit della vita nella continuit ultraterrena1. Centro della Toscana, Firenze, organizzatasi presto in Comune, luogo naturale di confluenza non solo commerciale e culturale, ma anche politico, attraverso la lotta interna tra Guelfi e Ghibellini, mirante sempre a un predominio in tutta la regione e fuori, ebbe durante il XIII-XV secolo il suo periodo doro: Dante, Giotto, Donatello, Leonardo, Savonarola, sono alcune espressioni del suo splendore. Al coro di questi grandi, in pieno Trecento, si aggiunge Caterina da Siena2 che, animata da una grande convinzione religiosa e da un alto amore per la sua terra, si avvede del mondo senza pace e senza luce; sente intorno a s il fremito della ribellione, gli orrori della guerra, le grida dempiet 3. Agli inizi del XIV secolo assistiamo poi a una gigantesca lotta per togliere a Roma la posizione di dominio spirituale. Filippo il Bello nello sconfinato suo orgoglio e nellodio contro Bonifacio VIII, odio alimentato dai suoi nemici Colonna, ebbe buon gioco quando il 5 giugno 1305, dopo la breve parentesi del pontificato di Benedetto XI, fu eletto papa Bertrando de Goth, arcivescovo di Bordeaux. La Cristianit, inizialmente, non sospett nulla; vi erano stati, infatti, altri pontefici francesi; non sospett nemmeno nel momento in cui, invece di prendere la strada di Roma, Clemente V si diresse verso Avignone. Tuttavia, quando nelle tre successive elezioni di cardinali, su ventiquattro eletti, ventitr furono francesi, la Cristianit comprese il grandissimo pericolo di spostamento della Curia pontificia oltralpe e cominci a chiedere, con insistenza, il rientro dei pontefici a Roma. La fama delle virt straordinarie di Caterina, che chiese con vigore il ritorno del papa nella sua citt, i suoi prolungati digiuni, le comunioni quotidiane, le estasi e le Lettere4 scritte a persone molto influenti, la sua parola ammonitrice a chi faceva il male e opprimeva le genti e teneva il papa lontano da Roma, scandalizzando la Cristianit, non erano cose da tollerarsi. Bisognava far tacere quella voce di donna, che avrebbe potuto trovare proseliti; dopo tutto

1. Cfr. W. Durant, da: Storia della Civilt - Il mondo Medievale- vol. I, Lepoca della fede, tomo III, ed. Araba Fenice, Cuneo, 1995, p. 384. 2. In relazione a tale periodo storico, si rinvia alle seguenti opere: A. Capecelatro, Storia di Santa Caterina da Siena e del Papato nel suo tempo (quinta ed.), Tip. Liturgica di S. Giovanni Desele, Le Febbre e Cia, Roma, 1886; E. Dupr-Theseider, I Papi di Avignone e la questione romana, Ed. F. le Monnier, Firenze, 1939; E. Dupr-Theseider, Il Medioevo come periodo storico, Ed. Patron, Bologna, 1968; E. Dupr-Theseider, Roma dal Comune di popolo alla Signoria pontificia (1252-1377), in Storia di Roma, vol. XI, a cura dellIstituto di Studi Romani, Ed. Cappelli, Bologna, 1952; L. Gatto, La Roma di Caterina, in La Roma di Santa Caterina da Siena, a cura di M. G. Bianco, Quad. L.U.M.S.A., Ed. Studium, Roma, 2001; L. Gatto, Viaggio intorno al concetto di Medioevo, Ed. Bulzoni, Roma, 1995; L. Gatto, Storia di Roma nel Medioevo, Roma, 1999; I. Taurisano, Lambiente storico cateriniano Siena, Firenze, Roma Amatrice (Rieti), Scuola Tip. Dellorf. Masch., 1934; I. Taurisano, S. Caterina da Siena, Patrona primaria dItalia la sua eroica pazienza, le sue preghiere per la Chiesa e per il Pontefice -, Libreria Ferrari, Roma, 1956; I. Taurisano, S.Caterina e il ritorno del Papa a Roma. Ottavario di Meditazioni in onore di S. Caterina da Siena, Vergine dellOrdine di S. Domenico, presso la direzione del Rosario Memorie Domenicane, Roma 1898.

3. Cfr. I. Taurisano, Lambiente , cit., pp. 57-67. 4. Cfr. L. Ferretti, Lettere di S. Caterina da Siena, Vergine Domenicana, tip. S. Caterina da Siena, 1918, voll. 5; da ora indicheremo con la sigla Lett.

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cosa importava a lei del come governavano i riformatori o i rettori del Patrimonio?; rimanesse a pregare, ma in silenzio e ad assistere gli infermi: la politica, la riforma, la pace o la guerra erano cose da uomini, non da donne, per cui fu mandata a Firenze a ravvedersi. Qui, invece, la sua popolarit divenne cos grande da prepararle la chiamata del 1376 e lonore di quella ambasceria ad Avignone da cui dipese, in parte, il ritorno del pontefice a Roma. Caterina si far sentire per mezzo delle sue Lettere, oltre che da papa Gregorio XI, da papa Urbano VI, dal re di Francia Carlo V, dal duca dAngi, da Giovanna I, regina di Napoli, dal re dUngheria e, inoltre, da molti cardinali, vescovi, uomini di Stato, da diversi frati e suore, da Signori, parenti, amici, artisti. Non vera persona che riuscisse a sottrarsi al suo ardore, alla testimonianza della sua carit, e anche ai suoi rimproveri quando erano meritati5 come avvenne per la regina di Napoli, Giovanna I, alla quale scriveva: Non ricchezza, n stato s grande, n dignit mondana, n baroni n popolo, che sono vostri sudditi quanto al corpo, vi potranno difendere dinanzi al sommo Giudice; n riparare alla divina giustizia6. Il suo insegnamento proporzionato ai diversi stadi della vicenda umana che conosce e accetta quali sono in se stessi, sia che si tratti di una madre di famiglia, di un sacerdote, di un gentiluomo o di un povero artigiano; richiede soltanto che ognuno sia fedele ai doveri del proprio stato. Lo stato delle anime pi variato di quel che non siano le condizioni esteriori della vita7 e la Santa tiene conto di ci. Proprio a questo riguardo ci dice che La citt dellanima ha tre porte principali: la memoria, lintelletto e la volont. Il nostro creatore permette che queste porte siano assalite e qualche volta aperte di viva forza, una sola eccettuata, vale a dire la volont. Spesso lintelletto non vede che tenebre, la memoria piena di cose frivole e passeggere, di pensieri confusi e disonesti, i sensi sono in preda a impressioni sregolate. La porta
5. Cfr. I. Taurisano, S. Caterina e il ritorno , cit., pp. 30-31. 6. Lett. n. 317, alla regina di Napoli, vol. IV, pp. 434-445. 7. Cfr. I. Taurisano, S. Caterina e il ritorno ..., cit., pp. 31; 66; 105106.

della volont cos ferma che n le creature n i demoni possono aprirla, se colui che la custodisce non lo consente. Tenete fermo adunque e lanima vostra sar citt sempre libera8. Avendo come pochi altri viva coscienza della sua libert e autonomia, Caterina si sent dunque, in ogni momento, parte dellintero corpo della Cristianit, responsabile dei mali che affliggevano la Chiesa9; si prodig, quindi, intensamente per la riforma della stessa. Che cosa intendeva la Senese per riforma e rinnovamento della Chiesa? Non certamente il sovvertimento delle sue strutture essenziali, la ribellione ai Pastori, la via libera ai carismi personali, le arbitrarie innovazioni nel culto e nella disciplina; al contrario, ella afferma ripetutamente che sar resa la completa bellezza alla sposa di Cristo e si dovr fare la riforma non con la guerra, ma con pace e quiete; con umili e continue orazioni, sudore e sangue dei servi di Dio10. Si tratta, quindi, di una riforma anzitutto interiore e poi esterna, ma sempre nella comunione e nellobbedienza filiale verso i legittimi rappresentanti di Cristo11.

Inquadramento storico-sociale del medioevo

A voler considerare la vita della Santa Senese, non solo dalle cose interiori, che di sicuro ne abbellirono lanima, ma anche dallattinenza che Lei ebbe con il papato e con la societ, necessario, anzitutto, che si guardino le condizioni del tempo in cui visse12. Volgendo uno sguardo alla met del XIV secolo, un fatto che domina tutti gli avvenimenti del tempo nella Chiesa evidentissimo: il seggio del supremo pontificato, dellapostolo Pietro collocato in Roma e che da Roma imper per

8. Lett. n. 313, al Conte di Fondi, vol. IV, pp. 399-409. 9. Cfr. Adriana Cartotti Oddasso, La Santa di Fontebranda e lobbedienza, Oss. Romano, 30 aprile 1971. 10. Cfr. Angiolo Puccetti, S. Caterina da Siena- Il Dialogo della Divina Provvidenza -, ed. Cantagalli, Siena, 1992; da ora indicheremo con la sigla Dial., cap.15, pp. 57-59; cap. 86, pp. 173175. 11. Cfr. A. Samor, S. Caterina, la Chiesa e il Papa, quad. cateriniani, n. 4, ed. Cantagalli, Siena, 1971, p. 10. 12. Cfr. A. Capecelatro, Storia di S. Caterina ..., cit., p. 8.

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quattordici secoli sulluniverso cattolico, si trovava trasferito in una citt della Provenza, Avignone. Questo fatto fu astutamente procurato da re Filippo il Bello di Francia che, sminuita la maest di Bonifacio VIII e del mitissimo suo successore Boccasini, papa Benedetto XI, volle di nuovo incutere timore alla Chiesa e lo fece intromettendosi nellelezione del pontefice successivo. Ne usc vincitrice, allora, la parte francese e la Chiesa ebbe come pontefice il guascone Bertrando de Goth che trasfer la sede apostolica in Avignone. Gli italiani cominciarono allora a ritenere che quella fosse la cattivit babilonese del papato13; grandi spiriti come Dante Alighieri e, poco pi tardi, Francesco Petrarca, presero a battersi invocando il ritorno del papa in Roma che soleva avere due soli, il papa e limperatore . Sotto il regno di Filippo il Bello, che aveva tenuto testa a una personalit della grandezza di Bonifacio VIII, la soggezione di Clemente V sar, presso a poco, totale, onde non senza ragione stato affermato che lunico periodo in cui si pu parlare veramente di una cattivit della Chiesa, appunto il suo pontificato. Pi energico fu papa Giovanni XXII che seguir una propria politica. Morto poi il grande monarca capetingio, segue un periodo di diminuito prestigio francese e, difatti, papa Benedetto XII penser seriamente di abbandonare la Francia per tornare in Italia. Subentrano per nuovi fattori che tendono a mantenere invariata la rotta seguita fino ad allora: la gallicizzazione sempre pi accentuata del collegio cardinalizio; lo scoppio delle ostilit francoinglesi che impegnano moralmente questo papa e i suoi successori a restare in Avignone per tentare di porre fine alla guerra che, tra laltro, rende impossibile la crociata, alla quale la Chiesa non cessa mai di pensare; le cattive e sempre meno invitanti condizioni del dominio del Papa in Italia per cui, ogni pontefice, dovr subordinare qualunque progetto di ritorno al ristabilimento dell autorit della Santa Sede tra quelle irrequiete popolazioni, e al conseguimento delle necessarie garanzie di sicuro soggiorno per la Chiesa14.

Avignone, acquistata il 12 giugno 1348 per 80.000 fiorini, insieme al Contado Venassino, da Giovanna I dAngi15 diveniva, pertanto,la sede legalmente accertata della Chiesa. Si arricch di residenze sontuose e di edifici sacri, mentre il palazzo del Papa si accrebbe di stupende costruzioni e arredamenti16. Passarono cos i pontificati di Clemente VI, di Innocenzo VI. A questultimo, che ha la fortuna di poter disporre di un grande uomo politico e diplomatico, come il cardinale Egidio Albornoz, dato di ricostruire la sovranit pontificia nelle terre della Chiesa. Con la fine disastrosa del primo periodo relativo alla guerra dei Cento Anni, il prestigio politico di casa dAngi parzialmente ridotto e lascendente morale e politico della Francia sub una battuta darresto. La morte di Roberto dAngi e lavvento della debole e incostante Giovanna I, contribuirono allora ad accrescere il pensiero che il ritorno a Roma si potesse effettuare, dapprima quasi in via di tentativo, sotto Urbano V, e definitivamente con Gregorio XI17. In un certo senso il periodo avignonese la risultante di due elementi storici: lattrazione esercitata dal regno di Francia e dalla sfera di interessi francesi e il richiamo che viene da Roma, la sede millenaria del papato. Esaminando latteggiamento che i papi di Avignone, luno dopo laltro, assunsero nei riguardi del ritorno a Roma, si deve riconoscere che nessuno di loro, eccezione fatta forse, per il solo Clemente VI, che anche il papa pi tipicamente avignonese, escluse mai la possibilit del ritorno. Tale problema era di soluzione non facile, anzi assai difficile e intricata, perch presupponeva lavvento di una diversa situazione occidentale e italiana, e portava con s uno spostamento di posizione politica di grande delicatezza. Poi implicava gravi responsabilit, in quanto toccava punti di essenziale importanza per la vita della Chiesa, quali la tutela della sovranit in Italia e della sua indipendenza nel
zione). 15. Fu certo un magnifico affare per la Curia, ma in quel momento la bella regina peccatrice aveva bisogno di tutta lindulgenza da parte del papa. 16. Cfr. E. Dupr-Theseider, Roma dal Comune ..., cit., p. 630. 17. Cfr. E. Dupr-Theseider, I Papi..., cit., p. XI (da introduzione).

13. Cfr. E. Dupr-Theseider, Roma dal Comune , cit., p. 714. 14. Cfr. E. Dupr-Theseider, I Papi , cit., pp. X-XI (da introdu-

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campo temporale in tutta la Cristianit; la situazione dei rapporti fra pontefice e collegio cardinalizio, come tra Curia e popolazioni italiane che, nella loro esasperazione, minacciavano lo scisma; lattuazione dei disegni politici di portata internazionale, come la composizione del dissidio franco-inglese, la lotta contro il flagello delle compagnie di ventura, la preparazione della crociata. Si era insomma creata una serie di grandi problemi interdipendenti che sarebbero stati avviati verso la soluzione con un gesto solo: labbandono di Avignone18. Si pu definire questo insieme di fatti con unespressione unica: la questione romana, avvalendoci, sia pure in modo improprio, di una formula con la quale, cinque secoli pi tardi, si intender indicare il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa. Lespressione riferita al Trecento, tuttavia, non fuori posto, perch fin da allora i primi regni nazionali, in parte autonomi, poich superiorem non recognoscentes, affrontano il problema dei loro rapporti con la Chiesa. Il papato per riacquistare il suo pieno ascendente sul mondo cristiano, sarebbe dovuto ritornare a Roma, sciogliendo quel suo rapporto con lo Stato nazionale francese. Alle molteplici difficolt si aggiungeva quel clima profetico, di rivelazioni, quellindirizzo escatologico che tendeva, nel complesso, allora a favorire il ritorno a Roma, visto sotto laspetto del compimento di un ciclo prestabilito dalla Provvidenza. Col passare degli anni e specie dopo che, nel 1370, era andato fallito il primo tentativo di ritorno, messo in atto da Papa Urbano V, i motivi pro e contro si accumularono e sintrecciarono in modo tale che parve un miracolo della Provvidenza che Papa Gregorio XI, il 17 gennaio 1377, rimettesse nuovamente piede e stabilmente nella citt di Roma. Non senza un profondo significato per il fatto che questo pontefice sia stato confortato, almeno in parte, nellestrema decisione dalla parola di S. Caterina da Siena19; infatti, la buona intenzione di Gregorio XI di tornare a Roma non si traduceva in atto e la
18. Cfr. E. Dupr-Theseider, I Papi..., cit., p. XXXVIII (da introduzione). 19. Cfr. E. Dupr-Theseider, I Papi..., cit., p. XXXIX-XL (da introduzione).

Senese poteva osservare come rapido procedesse lo sgretolamento del dominio pontificio e il distacco spirituale delle popolazioni italiane della Chiesa; era, dunque, necessario che il Papa ritornasse al pi presto a Roma. La Santa invia, proprio allora, una lettera a Gregorio XI20, che conteneva un ammonimento del quale la coraggiosa severit ci stupisce. Lesortazione ad: ...uccidere el vermine dellamore proprio di s medesimo, il quale uno vermine che guasta e rode la radice dellarbore nostro assume un preciso significato, ancor pi perch egli era notoriamente indulgente verso i propri parenti e verso i suoi rappresentanti in Italia. Caterina ci insegna che necessario saper essere fermi nei proponimenti e detter la massima: spesso la piet grandissima crudelt. Non vi lettera che Ella invii al pontefice che non lo esorti infatti a comportarsi virilmente; mentre quelle inviate al collerico Urbano VI, saranno tutte un invito alla calma, allindulgenza. Per accelerare lavvento del ritorno del papa, Ella prende poi una grande decisione: recarsi alla Curia per vincere le ultime esitazioni del papa, che non possedeva la giusta energia per superare gli ostacoli che quelli della Curia gli opponevano21. Bast, forse, anche un solo colloquio per influenzare positivamente il Papa e per trasferirgli la certezza che il ritorno a Roma fosse voluto da Dio22. Dalla tradizione cateriniana ricaviamo un episodio: la partenza per Roma gi decisa: nel mare di Marsiglia stanno allancora le galee mandate da Genova, da Venezia, dalla regina di Napoli. Intorno al Papa si scatenata lultima battaglia: i cardinali, il popolo dAvignone, i parenti del papa, implorano, minacciano, scongiurano. Ancora una volta agisce sul pontefice un sottile veleno. Gregorio XI si rivolge alla Mantellata senese; non vuole un consiglio, ma chiede, anzi le impone, per obbedienza, che gli riveli la volont di Dio. Caterina allora lo rimanda al consiglio della propria coscienza; gli rammenta il voto chegli aveva fatto da cardinale - voto che nessuna persona
20. Lett. n. 185, a Gregorio XI, vol. III, pp. 158-167. 21. Cfr. E. Dupr-Theseider, I Papi ..., cit., pp. 204-207. 22. Cfr. A. Alessandrini - Il ritorno dei Papi da Avignone e S.Caterina da Siena - Arch. Deput. romana stor. p. LVI (1933).

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vivente conosceva - di riportare, in pratica, la sede papale a Roma, quando fosse stato eletto pontefice. Gregorio XI si inchina, pertanto, alla decisiva rivelazione della volont divina23. Il 17 gennaio 1377, dopo lultima sosta a Corneto24, Gregorio XI rimetteva piede in Roma per rimanervi e ivi mor il 27 marzo 1378. Venne allora eletto papa Urbano VI. Tuttavia le rivalse di cardinali che non avevano accettato lidea di lasciare per sempre Avignone, condussero presto allelezione di un secondo pontefice, Roberto di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII25. Lo scisma della ribellione dei cardinali avignonesi al papa italiano divider lintera Europa in due campi, in due obbedienze, luna devota al papa di Roma, laltra al papa dAvignone26. Solo con Martino V, di casa Colonna, che riprender saldamente in mano il timone della navicella di S. Pietro, la Chiesa si avvier definitivamente a diventare una entit territoriale concreta entro la compagine degli Stati italiani.

Magistero di libert e politica

Ci si pu domandare, a questo punto, quale intervento possa avere avuto una donna semplice come la Senese e quali compiti possono esserle stati affidati; troviamo la risposta che ci indica, tra laltro, come grande sia luomo di fede, nel passo del vangelo di Matteo: Dio mentre tiene nascosti ai sapienti ed accorti i suoi disegni segreti, li rivela invece ai piccoli. (Mt 11,25)27.

23. Questo episodio risulta dalla deposizione di fra Tommaso Caffarini al Processo per la canonizzazione di Caterina da Siena. Cfr. I. Taurisano, S. Caterina e il ritorno del papato a Roma, memorie domenicane, 1929. 24. Dove Caterina gli indirizza la Lett. n. 252, vol. IV, pp. 49-54. 25. Salutati, Ep. X, 4, individua esattamente i moventi politici di questa scismatica seconda elezione, fatta vel odi uominis italici, vel studio proprie nationis, vel summi pontificatus ambitione. Pi semplicemente la Cron. Di Pisa (R.I.S., XV, col. 1075) perocch lo papa li aveva ammoniti e corretti di cose che non erano dovute, elli s li appuoseno che non era vero papa, e voleano andasse a tener la corte a Vignone, perch la maggior parte delli cardinali erano franciosi . 26. Cfr. E. Dupr Theseider, I Papi ..., cit., p. 234. 27. Cfr. B. Mondin, Cultura cristiana e missione storica dellEuropa, in: Filosofia e Cultura nellEuropa di Domani, B. Mondin (a cura di), Citt Nuova Editrice, Roma, 1993, p. 38. Cfr. G. Cottier, I valori che hanno fatto lEuropa, in : Il nuovo areopago, n. 35, 1990, p. 26.

Certo che la Senese senza aver avuto nessun maestro umano, fu cos riccamente riempita da Dio di doni di sapienza e di scienza (1Cor 12,2), da diventare efficacissima maestra di vita. Non fu solo una grande contemplativa che visse le esperienze mistiche pi elevate, ma contemporaneamente appare una donna dazione volta a impegnare tutte le sue doti dintelligenza, di cuore, di volont, in molteplici attivit sociali. Contemporaneamente si trov ad essere donna di preghiera e dazione, di unazione certamente insolita per una popolana del Medio Evo; le sue infatti non erano solo opere assistenziali o caritative, ma interventi di pacificazione tra popoli, trattative diplomatiche tra Santa Sede e governi. Il suo pensiero politico ebbe come base e punto di partenza, il riconoscimento del valore e della dignit della persona umana e della strumentalit della societ rispetto al destino eterno della persona. Secondo Caterina, la societ civile doveva essere in funzione e al servizio delluomo e perci non poteva avere altra finalit che quella di favorire e di rendere possibile il completo sviluppo delle persone. Fine della societ, per lei, non fu linteresse di alcuni, di un gruppo, di una fazione, di un partito, ma il bene universale e comune che assicurava alla vita sociale un ordinato sviluppo. Primo requisito indispensabile richiesto ai governanti fu la capacit di governare se stessi. Virt importanti, a questo fine, furono la carit e la giustizia28. Pertanto, tra i tanti protagonisti della storia, certamente un posto di prima grandezza occupa la nostra domenicana, che fu tutta intenta a svolgere unopera non immediatamente di carattere religioso, ma addirittura politico, di riconciliazione e di pace29. Ella abbatt tutte le convenzioni sociali del suo tempo, nonch le ristrettezze mentali, anche ecclesiastiche, riguardo alla donna, e si pose su tutti i fronti

28. Cfr. M. Liana Mattei, Pensiero Politico di Caterina - uneredit per oggi -, da: Ave Maria Bollettino Bim. della Congr. delle Suore Domenicane di S. Caterina da Siena, ottobre 1995, pp. 111-113. 29. Cfr. M. Castellano, S. Caterina da Siena e lEuropa; quad. Cateriniani n 30, ed. Cantagalli, Siena, 1985, p. 3.

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dove luomo combatte in favore della verit, della giustizia, della pace, senza giudicare nulla come impossibile, difficile, inadeguato, alla sua condizione di donna del popolo e, inoltre, analfabeta30. La vergine senese attese a una vasta opera di pacificazione31. S. Caterina da Siena, ha detto Giovanni Paolo II, conobbe proprio la parola della riconciliazione e la pronunci in un tempo difficile per la Chiesa e il mondo. La sua opera conciliatrice e di pace ebbe come dimensione non solo Siena e lItalia, ma si pu dire lEuropa. Certo che la domenicana si mosse in una visione ampia della sua missione e, potremmo dire, con la mentalit europea, che aveva assorbito fin da piccola nella sua stessa citt natale. Per noi uomini del XXI secolo, soggetti alla mentalit dei nazionalismi esasperati, dei confini politici divenuti barriere, non semplice pensare a unEuropa nella quale tutti si consideravano, in qualche modo, concittadini di quello che era o era stato un medesimo Impero e si muovevano liberamente da un paese allaltro; Siena stessa era una delle tante citt-stato di quel tempo ed era in relazione per i suoi commerci con i maggiori centri dEuropa; il latino era ancora la lingua ufficiale comune a tutto lOccidente, nonostante laffermarsi delle lingue volgari. La cultura europea era unitaria, malgrado le divisioni politiche e comunali. Pur serbando ognuno la propria nazionalit, che anzi comincia allora ad accentuarsi, gli uomini del secolo XIV non si consideravano ancora come forestieri luno con laltro; si sentivano coinvolti in un destino piuttosto comune e non avevano difficolt a vivere insieme.

30. Cfr. G. Anodal (a cura di), S. Caterina da Siena, Patrona dItalia, una sfida per la donna di oggi; ed. Studio Domenicano, 1990, pp. 86-87. 31. Se il tempo della prima giovinezza di lei era stato quello dei dolci colloqui nellintimo, entro la cella della sua casa, con lo sposo divino, ma anche quello delle grandi tentazioni, in cui Caterina aveva imparato che la virt si acquista e si perfeziona nel crogiolo della prova, nel tempo della giovinezza pi matura, invece, Ges linvita a ritornare in mezzo agli uomini, a scendere direttamente e personalmente in quel campo di battaglia che il mondo. A lei Ges ricorda che con due piedi bisogna camminare e con due ali volare verso Dio. Cfr. G. Anodal (a cura di), S. Caterina..., cit., p. 157.

Di fronte a Caterina vi era unEuropa divisa politicamente, ma unita dalla cultura umana e cristiana, che i secoli precedenti avevano elaborato32, ed Ella seppe, in un secolo molto difficile e denso di vicende che lacerarono dallinterno anche la compagine ecclesiastica, indicare le vie per la conciliazione e lordine. La sua fu una dottrina, si pu dire, in certo modo, una filosofia politica e oggi, pi che mai, si avverte il bisogno di riscoprire la purezza delletica, della politica, della filosofia. Caterina insegna ed esorta a vivere la politica con purezza di intenti, con grande forza morale, con orizzonti vastissimi, con un alto senso del bene comune33. Si direbbe che Dio la ispira a essere estremamente carica di dignit e di forza dialettica, perfino polemica, molto competitiva, talvolta esasperatamente contrattuale, nei confronti dei potenti della terra per ottenere risultati validi alla causa della Chiesa, della societ, del mondo, del buon governo della collettivit34. Variando di lettera in lettera, ella esalta la memoria, lintelletto, il cuore, quindi i sentimenti delluomo. Tutti questi fattori, componenti della personalit spirituale delluomo, finiscono per relativizzarsi di fronte alla costruzione di un altare esaltante per reggervi il fattore volitivo. Caterina totalmente presa dalla sua profonda convinzione circa il libero arbitrio delluomo; finisce per diventare estremamente rigorosa sul piano del giudizio morale, perch non accettando altro che un uomo totalmente libero, poich cos voluto da Dio Creatore, la conseguenza non pu che essere quella di addossargli le colpe per tutte le possibili sue deviazioni morali. In tal modo, indulgente fino allo spasimo di fronte al pentimento e alla conversione, diventa per estremamente rigorosa sul piano del giudizio morale. Sublimando tutto, la Senese sublima anche lazione come proiezione attiva della volont, figlia di questa e madre

32. Cfr. M. Castellano, S. Caterina ..., cit., pp. 4-7. 33. Lett. n. 37, a Stefano Meconi: La margarita della giustizia sempre riluca nei petti vostri, lavandovi da ogni amor proprio, attenendo al bene universale della vostra citt e non propriamente al bene particolare di voi medesimi; vol. V, pp. 279-284 34. Cfr. P. Pajardi, Caterina la Santa della Politica, ed. Martello, Milano, 1993, pp. 9; 11; 13; 62.

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delle opere dellazione. Ciascuno possiede i talenti che riceve e di quelli risponde e non daltro, con la conseguenza che non vi un metro di perfezione uguale per tutti, ma, anzi, ciascuno ha il proprio massimo raggiungibile nel concreto della condizione umana specifica in cui si trova; qui insiste, in particolare, il suo pensiero: una realistica concezione dellimpegno delluomo verso il suo personale perfezionamento. Caterina pu sembrare a volte assolutista, integralista, perfino in qualche caso supponente e, ancora, non priva di qualche atteggiamento darroganza; in realt pervasa da una profondissima umilt e da un grande senso della realt della condizione umana. Pu dare limpressione di essere utopistica e, invero, esprime la sua infinita ambizione perch luomo, il singolo uomo, dia il meglio di s, sotto la sferza della volont35. La sua voce insiste sullimpegno. Ciascuno deve fare secondo le sue forze: impegno della creatura umana giovarsi dei propri talenti. Torna il mito della volont; non gi la mera intenzione, ulteriore punto dattenzione, ma lintenzione, seguita dallimpegno comportamentale36; non soltanto il comportamento esterno, pur importantissimo, ma anzitutto latteggiamento interiore profondo, della mente e del cuore ha una sua innegabile rilevanza. Si vuole evidenziare come ci che consente alluomo la scelta, ossia luso della libert o il libero arbitrio, sia la ragione unita alla fede; la ragione come lume delluomo, spiega la sua efficacia nellambito dellempirico, del contingente e, in sintonia con il pensiero di Tommaso dAquino, punto su cui torneremo, Caterina non mortifica ma esalta il valore della ragione, cosicch, quando luomo trascende lempirico ed il contingente, anche per lei, come gi per lAquinate, la fede che interviene per aiutarlo ad ascendere. Ella parler pertanto di libert

come tesoro che Dio ha dato nellanima37; nel suo operare ci indica come luomo sia dunque libero ed perci protagonista della sua storia. Lanima libera nelle sue scelte: Lanima ch fatta damore e creata per amore alla immagine e similitudine di Dio, non pu vivere senza amore; n amerebbe senza il lume. Onde se vuole amare, si conviene che vegga38. Caterina, dunque, fanatica del libero arbitrio, lo anche della meritocrazia39. E convinta dellassoluta libert personale e morale delluomo; nello stesso tempo, poich in prima persona lo sperimenta, convinta della tesi del libero arbitrio e, quindi, come tutti i pensatori di tal tipo, uninnamorata del tema della responsabilit morale dello stesso, del suo rendiconto esistenziale, dei suoi meriti come dei suoi demeriti40. Per Caterina luomo costruttore della propria vita, sia pure ovviamente con laiuto della grazia divina. Nelleconomia generale della costruzione della persona umana, la Senese pone laccento sul momento volitivo41. Ci tipico degli interventisti, dei cultori dellazione, degli adoratori dellintervento delluomo sul mondo: tutta la sua vita lo attesta, in particolare colpisce quella decisione di intraprendere il viaggio ad Avignone per andare a rilevare il papa. La libert data da Dio alluomo, si presenta alla mente di Caterina come un atto di smisurata bont e destrema responsabilizzazione. Ella puntualizza che nessuno e niente, e soprattutto neppure il demonio, pu costringere una crea-

35. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., pp. 83-84. 36. Lett. n. 69, a Sano di Maco in Siena: Qui sta la smisurata bont di Dio il tesoro che egli nellanima, del proprio e libero arbitrio, che monio n creatura il pu costringere a uno mortale, se egli non vuole, vol. I, pp. 394-395.

manifeha dato n dipeccato

37. Nessuna cosa pi propria a noi del libero arbitrio, che la nostra Santa chiama tesoro, e Dante: lo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando, ed alla sua bontate pi conformato, e quel chei pi apprezza fu della volont la libertate di che le creature intelligenti e tutte e sole furon e son dotate. Parad. c.V, v. 19-25. 38. Lett. n.113, alla Contessa Benedetta figlia di Giovanni dAgnolino Salimbeni, vol. II, pp. 279-307. 39. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., p. 85. 40. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., p. 250. 41. Dial., parte I 2, cap. 14, p. 57: Allora lanima, come un bel vaso, disposta a ricevere e aumentare in s la grazia, poco o molto, secondo che le piacer di ben disporsi... Quando sar giunta al tempo della discrezione, potr darsi al bene o al male, secondo che piacer alla sua volont, a cagione del suo libero arbitrio.

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tura al peccato mortale se la creatura non vuole; con saggezza estrema fa dire idealmente a Dio lindicazione morale:io ti ho creato senza di te; ma non ti salver senza di te42.

bisogno per costruirsi dimpalcature esteriori, ma deve elevarsi sul fondamento suo proprio, di creatura damore, intelligente e libera. Dio ha fatto luomo libero e potente sopra di s45. S. Tommaso, per passare al suo pensiero cui pi di una volta la santa senese sembra rifarsi per vie misteriose, che lo studioso neppure lontanamente pu indagare e che si presenta, nello stesso tempo, toccante per le riflessioni di un uomo di fede, non ha scritto unopera nella quale si possano trovare organicamente, tutti insieme, riuniti, gli argomenti riguardanti la sua dottrina sociale, perch egli non stato un politico in senso stretto46. LAquinate non ha lasciato nessun trattato di dottrina politica n di scienza della societ in senso moderno. Tuttavia, da almeno quattro opere fondamentali, vale a dire i Commenti allEtica e alla Politica di Aristotele, lopuscolo De Regimine Principum e la Summa Theologiae, si pu desumere un quadro abbastanza chiaro del pensiero politico tommasiano47. Nella concezione tomista, la politica appare come scientia civilis48. Essa appartiene al dominio della filosofia pratica, in altre parole al settore delle scienze morali, ossia delle scienze dellagire. S. Tommaso dAquino, daccordo con una lunga tradizione proveniente da Aristotele, concepisce luomo come essere politico e sociale per natura49; questo principio della natu45. Lett. n. 177, a Pietro Cardinale Portuense, vol.III, pp. 117125. 46. La stessa idea la troviamo in E. Flori, Il trattato De regime principum e le dottrine politiche di S. Tommaso, Bologna 1927, p. 51; cfr. G. Invitto, La citt delluomo. Il pensiero politico di S. Tommaso, Cavallino di Lecce 1991, p. 13. 47. Cfr. R. Rybka, Lattuazione del bene comune nel pensiero politico di S.Tommaso dAquino, in Angelicum, LXXVII 2000, pp. 477-478. 48. Tommaso dAquino, In Libros Politicorum Aristotelis Expositio, Marietti, Romae, 1951, Prooemium S.Thomae, 5: Omnium enim quae ratione cognosci possunt, necesse est aliquam doctrinam tradi ad perfectionem humanae sapientiae quae philosophia vocatur. Cum igitur hoc totum quod est civitas, sit cuidam rationis iudicio subiectum, necesse fuit ad complementum philosophiae de civitate doctrinam tradere quae politica nominatur, idest civilis scientia, p. 1. 49. Tommaso dAquino, Summa Theologica, Typis Petri Fiaccadori, Parmae, 1852, I, q. 96, a. 4: Primo quidem, quia homo naturaliter est animal sociale: unde homines in statu innocentiae

Raffronto del pensiero politico tra Caterina da Siena e Tommaso dAquino

Nelle Lettere di Caterina emerge in qual misura la dignit personale delluomo sia il fondamento, la sicurezza e il valore della sua abilit politica. La societ, ci si evince con chiarezza, non un ente per s stante, ma costituita dalla unione - Unitas Ordinis, direbbe S. Tommaso dAquino (Politicorum I, 1) - degli individui, di creature che precedono la societ e la formano. La libert per S. Caterina, attributo essenziale della persona: Questo dolce padre, avendo creata lanima, egli le dona il tesoro del tempo e il libero arbitrio della volont, perch arricchisca43; condizione della sua vita morale; intesa non come assenza dobbligazioni e di limiti, ma come liberazione delluomo dalla servitudine del peccato, che gli d la capacit di attuare positivamente il bene. Negli scritti cateriniani frequente linvito a salire sopra di s, ad assidersi sulla sedia della coscienza e tenersi ragione, quasi giudice in tribunale. Luomo il primo giudice di se stesso perch la luce della ragione, confortata dalla luce della fede, gli fa distinguere il bene e il male; responsabile verso la societ perch il suo contributo al bene comune varier dal negativo al positivo secondo luso che egli avr fatto della libert. Questo principio dichiarato allinizio stesso del Dialogo: Lanima non pu fare vera utilit... al prossimo, se prima non fa utilit a s, vale a dire davere e acquistare la virt in s44. Il cammino delluomo verso la sua pienezza, non ha

42. Lett. n. 148, a Pietro Marchese del Monte: O carissimo figliuolo, noi vediamo che Dio ha armato luomo dun arma ch di tanta fortezza, che n dimonio n creatura il pu offendere; e questa la libera volont delluomo; vol. II, p. 410. 43. Lett. n. 131, a Niccol Soderini, vol. II, pp. 343-348. 44. Dial., Proemio, cap. 1, pp. 25-26.

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rale socialit e politicit delluomo, significa che gli esseri umani si associano per esigenza della loro stessa natura50: socialit e politicit sono connaturati allessere umano. In altre parole, le forme essenziali della vita associata sono necessarie alluomo per perfezionare la sua natura umana su tutti i livelli: fisico, morale, spirituale. Gli esseri umani, essendo per natura animali sociali e politici, si associano per attuare il bene comune, cio il fine della loro societ. Questa naturale socievolezza degli uomini non diminuisce in nessun modo la loro razionalit, ma al contrario opera in suo favore. Grazie ad essa ogni persona pu uscire dalla chiusura del proprio egoismo, superare il gioco degli istinti e rivolgersi verso un bene comune di tutta la comunit in cui vive. Questo naturale stimolo allapertura, al fine comune della societ, garantisce a ogni individuo la piena realizzazione della propria vocazione come persona51. Elemento di grande importanza nel pensiero politico di S. Tommaso che il vero bene individuale pu essere attuato solamente nella societ52. Non esiste il bene individuale se non inserito nel bene comune. In tal modo il bene comune per essere attuato da tutta la comunit deve diventare il bene nostro, il bene di ciascuno di noi. Solamente cos esso pu essere desiderato e amato da ciascuno come il mio bene e, di conseguenza, attuato in modo vero e pieno come bene comune di tutti53. Nella persona di Caterina si evince la sua continua attenzione ai fatti e agli avvenimenti del giorno, nella Chiesa, negli Stati italiani, in Europa, e nel Mediterraneo, allora esposto alla pisocialiter vixissent , p. 384. 50. Tommaso dAquino, De Regimine Principum, Marietti, Torino, 1948, Liber I, cap.1: Naturale autem est homini ut sit animal sociale et politicum in multitudine vivens, magis etiam quam omnia alia animalia, quod quidam naturalis necessitas declarat, p. 1. 51. Cfr. J. Maritain, I diritti delluomo e la legge naturale, Milano, 1977, p. 9: Il bene comune [...] la buona vita umana della moltitudine, di una moltitudine di persone, ossia delle totalit carnali e spirituali insieme, e principalmente spirituali, bench accada loro di vivere pi sovente nella carne che nello spirito. 52. Tommaso dAquino, Summa Contra Gentiles, Marietti, Romae, 1961, vol. III, Liber III, cap. 117, num. 2894-2900, pp. 175176. 53. Cfr. R. Rybka, Lattuazione del bene ..., cit., p. 491.

rateria e alle incursioni dei turchi; in lei vivissimo il senso del dover essere e ha fede nelle possibilit di tradurre in azione, per il bene dei cittadini, la conservazione dello stato e la stessa riformazione della Chiesa, con laiuto della grazia54. Caterina, nel giudizio sulla politica ci dice: niuno stato si pu conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia senza la santa giustizia55. Questaffermazione della fragilit dogni costruzione umana che prescinda dalla grazia la radice di un giudizio negativo anche su ogni politica che sia priva di santa giustizia, mentre la suddetta giustizia pu essere il principio informatore, risanatore e perfettivo dellattivit umana in tutti i campi, anche in quello politico, secondo leconomia dei rapporti tra natura e grazia, che S. Tommaso dAquino fiss nella famosa formula della Grazia che suppone e perfeziona la natura56, formula che egli stesso ha poi applicato e sviluppato in tutta la sua antropologia che possiamo riassumere in tre punti: a) vi un rapporto positivo tra virt acquisite e virt infuse, tra etica e carit, tra prudenza e sapienza e in particolare, tra le due leggi - naturale e soprannaturale - e tra le due citt o civilt, quella politica e quella religiosa soprannaturale57; b) vi una necessit morale della grazia divina per compiere in tutti i campi, anche in quelli della cultura, della vita associata, della politica, il bene umano integrale, vale a dire correlazionato e convergente al vero fine delluomo58; c) in ordine a questo fine tutte le virt umane e quindi tutta la loro attivit, anche nel campo

54. Cfr. R. Spiazzi, Il Magistero Politico di S. Caterina da Siena nel quadro della tradizione cristiana in confronto con la dottrina di S. Tommaso dAquino, ed. Cantagalli, Siena, 1972, pp. 3; 6. 55. Dial., cap. 119, p. 243. 56. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., I, q. 1, a. 8, ad 2, p. 3. 57. Cfr. Commentum in quatuor Libros Sententiarum Magistri Petri Lombardi vol. I, Typis Petri Fiaccadori, Parmae, 1856, III Sent. D. 33, q. 1, a. 4, p. 265; Summa Theologica, cit., I, q. 98, a.1, ad 3, p. 387. 58. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., II, q. 109 spec. aa. 2, 4, 8, pp. 429; 431; 434.

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politico - hanno un valore reale, ma imperfetto e perfettibile, che attuato pienamente dalla carit59. La caritas, fiore della grazia, la forza animatrice della polis, il soffio vivificante dello IUS, la virt trasumanante - ma non disumanizzante - tutta la vita60. Per S. Tommaso, la politica non che lesercizio della prudenza, ossia della virt che indaga e predispone i mezzi in una giusta economia di rapporti col fine61. la cosiddetta prudenza politica che devono praticare i governanti (prudenza regnativa), ma che deve essere anche in tutti i cittadini giacch contribuiscono e collaborano, come attori consapevoli e responsabili, alla condotta della cosa pubblica62. Rinveniamo, altres, in S. Paolo il riferimento alla prudenza: Abbiate dunque, o fratelli, riguardo alla vostra condotta, che non sia da stolti, ma da prudenti (Ef 5,15); nel contempo, vi leggiamo anche lispirazione dei doveri verso il corpo sociale: Per la grazia che mi stata data, io dico a ognuno di voi di non stimarsi pi di quanto si deve, ma dispirarsi a sentimenti di giusta moderazione, ciascuno secondo la misura della fede che Dio gli ha dispensato. Come infatti abbiamo in un sol corpo pi membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, cos noi, bench in molti, formiamo un sol corpo in Cristo e siamo membra scambievoli gli uni degli altri. Or, avendo noi dei doni differenti, secondo la grazia che ci stata data: se si tratta del dono di profezia, si usi secondo la regola della fede; se del dono di ministero, si eserciti secondo le esigenze della rispettiva funzione; chi ha il dono di insegnare insegni; chi quello di esortare, esorti; chi dona, dia con liberalit; chi presiede, si dimostri premuroso; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia (Rm 12,3.8). Caterina pone come chiave di volta di tutta la sua dottrina etica e ascetica la discrezione, che

lessenza, se non lequivalente della prudenza63. Per lei, come per S. Tommaso, si tratta di una facolt di giudizio e di dettame interiore, da cui gli uomini sono regolati nella via della giustizia64. Ella invita: ...per vi dissi chio desiderava vedervi in perfettissima carit...e col lume di discrezione sapere dare ad ognuno...65. E, a maestro Andrea di Vanni: ...Siccome la carit perfetta di Dio genera la perfetta carit del prossimo; cos con quella perfezione che luomo regge s, regge i sudditi suoi...io desideravo di vedervi giusto e vero governatore66. Ma la prudenza, la discrezione, evidenzia la Santa, tocca il dolce e vero cognoscimento, cio la coscienza; dunque, non si d una buona politica - cristiana o laica che sia -, se non secondo una coscienza retta e giusta: il che significa formalmente e sostanzialmente discepola della verit67.

Pensiero reale e attuale

Possiamo dunque trarre, dalle opere di Caterina, i punti o le tesi fondamentali di una filosofia sociale: In questa vita mortale, mentre che siete viandanti, io vho legati con legame della carit: voglia luomo o no, egli ci legato. Se si scioglie dallaffetto della carit verso il prossimo, ci resta legato dalla necessit. Io volli che voi usaste la carit, o nellaffetto del cuore, o almeno negli atti esterni, cosicch se la perdete nellaffetto, per causa delle vostre iniquit, almeno siate costretti per vostro bisogno ad esercitarne gli atti. A questo io provvidi col non dare a ciascuno il saper fare tutto quello che gli bisogna in vita; ma a chi una parte, a chi unaltra, affinch luno abbia materia, per i suoi bisogni, di ricorrere

59. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., I, q. 65, a. 2, pp. 235-236. 60. Cfr. R. Spiazzi, Il Magistero ..., cit., p. 7. 61. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., I, q. 47, aa. 1-2, pp. 193-194. 62. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., II, q. 50, a. 2, pp. 204-205.

63. Dial., cap. 9: ...Discrezione non altro che una vera conoscenza che lanima deve avere di s e di me. In questa conoscenza la discrezione tiene fisse le sue radici. Ella come un rampollo, innestato e unito con la carit, pp. 43-44. 64. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., I, q. 79, a.13, pp. 317-318; I, q. 14, aa. 3, 5, pp. 60-63; I, q. 47, aa. 2, 6, 7, pp. 193-195. 65. Lett. n. 33, allAbate maggiore dellOrdine di Monte Oliveto, nel Contado di Siena, vol. I, pp. 183-189. 66. Lett. n. 358, a Maestro Andrea di Vanni Capitano del popolo di Siena, vol. V, pp. 232-237. 67. Cfr. R. Spiazzi: Il Magistero ..., cit., p. 8.

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allaltro. Cos lartefice ricorre al lavoratore, e il lavoratore allartefice; luno ha bisogno dellaltro, perch non sa fare quello che fa laltro. E cos dogni altra cosa68. Ogni creatura che dotata di ragione, ha la vigna in se stessa, cio la vigna dellanima sua, della quale il lavoratore la volont, mediante il libero arbitrio, durante il tempo di questa vita. Passato questo tempo, non pu pi fare lavoro alcuno, n buono n cattivo; invece, finch vive, pu lavorare la sua vigna, nella quale io lho messa69. Le Signorie sono prestate a tempo...secondo i modi e i costumi del paese, onde o per morte o per vita elle trapassano70. Pertanto, chi responsabile della Signoria prestata, insiste Caterina, deve porre se stesso interamente a servizio dei sudditi71 e ispirare la propria azione, a giustizia santa, con vera e propria umilt72. Pi che considerare un potere il comandare ritenuto un privilegio il servire. Per questo lobbedienza allautorit legittima un atto di giustizia. Ella ispirata, con altre lettere, ancora, esorta: Amatevi, amatevi insieme: che se fra voi fate male, niuni sar che vi faccia bene73; Lanima non pu fare vera utilit al prossimo, se prima non fa utilit a s, con lavere e con lacquistare le virt74. Se luomo non si corregge mentre chegli ha il tempo, spegne la margarita lucida della Santa giustizia, e perde il caldo della vera carit e obbedienza75. Caterina non fa che richiamare uomini di Stato
68. Dial., cap. 148, pp. 330-331. Si nota la consonanza di questa pericope con quanto scrive S. Tommaso in II-II, q. 40, a. 2. 69. Dial., cap. 23, pp. 65-66. 70. Lett. n. 123, ai Signori difensori della citt di Siena, vol. II, p. 303. 71. Lett. n. 96, a Pietro Canigiani in Firenze,vol. I, pp.142-150; N. 357, al Re dUngaria, vol. V, pp. 222-232. 72. Lett. n. 149, a Messer Pietro Gambacorti in Pisa, vol. II, pp. 415-419; n. 372, a Messer Carlo della Pace, il quale poi fu Re di Puglia, ovvero di Napoli, vol. V, pp. 303-311. 73. Lett. n. 377, aSignori Priori dellArti e al Gonfaloniere della Giustizia della citt di Firenze, vol. V, pp. 336-341. 74. Dial., Proemio, cap. I, p. 26. 75. Lett. n. 268, agli Anziani e Consoli e Gonfalonieri di Bologna, vol. IV, pp. 160-166.

e pastori della Chiesa alla loro responsabilit di governo, impegnati a far trionfare la giustizia76. Lei rivolge a tutti questi insegnamenti o richiami, a cominciare da Papa Gregorio XI, al quale non esita a ricordare che se ha preso lautorit deve usarla: ho lungo tempo desiderato di vedervi uomo virile e senza verun timore77. La giustizia come virt una cosa interiore, da attuare nellanima come ordine interno di tutto luomo, prima che esterno: conviensi che luomo che ha a signoreggiare altrui e governare, signoreggi e governi prima s. Come potrebbe il cieco vedere e guidare altrui?78. Nella Lett. n. 268, Ella mette in risalto una critica netta e rigorosa della politica dominata dallamore di s, radice dellingiustizia; una critica condotta fino in fondo, cio fino alle esigenze della verit che la base della giustizia e la chiave del bene comune. Per giungere al dominio di s nellamore di Dio, bisogna attuare lordine interiore delle tre potenze: memoria, intelletto, volont; quando questordine sia raggiunto, luomo pu governare gli altri. il principio e criterio da applicare allazione politica, pur tenendo conto della complessit delle varie situazioni in cui bisogna agire; anche la pace, come ragion dessere dello Stato rientra nel nuovo equilibrio delle virt, prodotto dalla carit79. Caterina condivide la concezione tomista della pace come fine e insieme condizione della convivenza, che lo Stato deve ottenere e tutelare; proprio per questo non ammette nessuna debolezza e ripete gli inviti alla fortezza, quando si tratta di difendere le popolazioni dallingiustizia o la Chiesa dalla divisione, se necessario anche con la crociata. Noi siamo in questa vita posti come in un campo di battaglia, e dobbiamo combattere virilmente e non schivare i colpi, n volgere il capo addietro, ma riguardare il nostro capitano,

76. Cfr. R. Spiazzi, Il Magistero ..., cit., p. 16. 77. Lett. n. 270, a Gregorio XI, vol. IV, p. 168. 78. Lett. n. 121, a Signori Difensori, e Capitano del Popolo della citt di Siena, essendo essa a SantAntimo, vol. II, p. 279. 79. Cfr. R. Spiazzi, Il Magistero ..., cit., pp. 19-22.

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Cristo Crocifisso80. Anche oggi, senza confessionalismo ma col vigore di una coscienza cristiana illuminata e intemerata, la Senese insegna a tutti, anche ai politici, la carit che non solo il valore centrale delletica cristiana, ma anche la fonte inesausta di una vera civilt81. Ella, che come abbiamo visto, di formazione tomista, parte dal concetto fondamentale di dottrina sociale della dignit della persona umana. Se luomo segno altissimo dellimmagine divina, se questo segno dato dalla sua libert soprattutto, ecco allora che la societ degli uomini non pu avere altro tessuto connettivo che quello della carit, una carit ovviamente che va ben oltre una solidariet esistenzialmente necessitata. Per nulla priva di realismo, Caterina stigmatizza luomo, come figura che essa sa essere esistente, fornito didee deboli, come quella della mera conservazione82. Il bene comune trascende la prospettiva dei beni esclusivamente terreni e materiali, la loro gestione e il loro utilizzo nellinteresse della societ; investe, invece, tutti i fini delluomo ed il fine complessivo stesso della sua esistenza. Appare, dunque, molto importante come Caterina individui nella giustizia la matrice del bene comune. la giustizia, Ella lo insegn, che assicura il bene individuale e il bene comune. Anzi, dove v ingiustizia non pu esservi che disordine sociale ma anche grave danno per lo stesso individuo, perfino di colui che crede di raggiungere la felicit attraverso una disordinata ricerca di un bene particolare esaltato. Io Caterina ...scrivo a voi...con desiderio di vedere che sempre riluce nepetti vostri la margarita della santa giustizia, levandovi da ogni amor proprio, attendendo al bene universale della vostra citt e non propriamente al bene particolare di voi medesimi83. Anche la giustizia individuale deve essere coor80. Lett. n. 159, a Frate Ranieri, in Cristo, di Santa Catarina de Frati Predicatori in Pisa, vol. III, p. 27. 81. Cfr. R. Spiazzi, Il Magistero ..., cit., p. 25. 82. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., pp. 111-112. 83. Lett. n. 367, a Magnifici Signori Difensori del Popolo, e Comune di Siena, vol. V, p. 279.

dinata con la giustizia universale, perch la virt unica e unitaria cos come la carit84; se subisce uningiustizia il singolo, la subisce tutta la societ, per non dire poi di quando il bene comune universale gabellato per tale ma, in realt, copre un interesse personale del detentore del potere, il quale cos si sottrae al dovere di servizio e privatizza egoisticamente la funzione che la societ gli attribuisce unicamente nellinteresse collettivo. Vi sono altri che tengono il capo alto per il potere di signoreggiare, e in questo potere portano le insigne dellingiustizia, commettendo ingiustizia verso Dio, verso il prossimo, e verso se stessi85. Tutta lattivit pubblica di Caterina protesa, e qui stanno la sua universalit e, marcatamente, la sua attualit, a richiamare gli uomini a un mutamento, anzi a una trasformazione radicale intima della persona. Ella mostra di non credere molto alle modifiche di struttura di un sistema o di un ordinamento e tenta di fare breccia nelle menti e nei cuori: luomo prima di tutto. La politica, secondo la concezione cateriniana, trova la sua ragione e, allo stesso tempo, i rispettivi limiti, nella direzione della persona umana, rilevando che la societ al servizio delluomo e non gi luomo al servizio della societ, secondo anche una chiara tomistica concezione della sussidiariet del pubblico rispetto al privato86. E in gioco il destino delluomo, impegnarsi nella politica , per lui, un dovere; anzi, la dimensione sociale alluomo naturale tanto quanto la dimensione individuale. Certo la politica un mezzo e non un fine; una parte e non il tutto. La citt terrena non un possesso personale privato di chi la governa; in realt una citt prestata secondo quanto Caterina ci dice anche nelle sue lettere: Colui che signoreggia s, la (signoria) posseder con timore santo, con amore ordinato e non disordinato; come cosa prestata e non come cosa sua87. Ecco il senso del mandato, da cui nasce il senso del servizio. Chi pi pu, pi deve, e chi
84. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., pp. 13-14. 85. Dial., cap. 34, p. 84. 86. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., pp. 117-118. 87. Lett. n. 123, ai Signori difensori della citt di Siena, vol. II, p. 304 e ss.

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ha pi autorit ha pi doveri. Tre sono i peccati fondamentali delluomo politico e del pubblico amministratore: evitare la contesa, rimandare la decisione e tollerare il male88. Peccati che essa riassume nel: sonno della negligenza. Il pensiero espresso nelle Lettere continua: chi non sa governare se stesso, non pu governare gli altri89. in questo quadro che sinserisce per Caterina, con tomistica lucidit, il rapporto tra individuo e societ, nella chiave della libert e dellautorit attraverso lo strumento del potere. chiaro che lautorit non deve prevaricare sulla libert; di contro, il cittadino non pu sottrarsi allosservanza delle leggi e allobbedienza al governante se lautorit bene esercitata e il potere correttamente gestito, anche quando una parte della sua libert sacrificata in qualit e in misura proporzionate alla necessit di realizzare il bene comune. Tale sottomissione intesa come un atto di giustizia individuale e sociale, senza la quale lautorit si vanifica e regna il caos. Il senso del potere come servizio: la politica, in quanto gestione complessa di tutto il relazionale umano nella prospettiva del governo civile della societ, si presenta come condizione indispensabile nellesaltare la dignit delluomo, nel fornirgli gli strumenti per una vita migliore possibile, nel tutelare la sua libert, nel garantirgli la giustizia nei contatti umani, in definitiva nel rendere questo mondo il migliore possibile90. Caterina non esclude la disparit dopinioni, il pluralismo culturale e ideologico, quello che oggi diremmo partitismo; predica la tolleranza, la sostanziale unit, la capacit di superamento delle divisioni per realizzare i denominatori comuni. Sembra di poter immaginare la Santa come un personaggio forte e altissimo che punta lindice contro i governanti91, ma non tanto per accusarli, bens per esortarli a capire e a ricordarsi unidea essenziale: la citt, in altre

parole il potere civico, non data a loro per loro stessi; essa invece data loro in prestito perch ne facciano buon governo, in pratica esercitino correttamente il potere, per il servizio in favore dei governati. Non quindi un fatto arricchente, ma un fatto responsabilizzante. Luomo non nulla di per s e non possiede nulla, cos tutto ci che lo perch lo pu diventare, e lo pu diventare realizzando se stesso92. Dallideazione, pertanto, il passaggio verso lazione: non lazione in s che costituisce un valore, ma lazione in quanto elemento terminale ed insieme operante di un processo in cui mente, anima, cuore, si fondono per incidere sul mondo esterno, attraverso la chiave della volont93.

Una filosofia sociale

Luomo lessere dei bisogni e dei desideri, Caterina aveva compreso tutto questo profondamente; non solamente lessere economico, n pu essere soltanto quello politico. Luomo , piuttosto, un essere unico ed esclusivo, con la sua dignit, la sua ragione e la sua libert essenziale. Ha bisogno di ragioni esistenziali, dorientamento della libert, di valori per i quali possa trascendere se stesso94. Proprio perch libero, luomo chiamato ad assumersi le responsabilit che da un lato gli vengono dal suo essere inserito nella vita civile e dal fatto di essere un soggetto morale, capace di distinguere il positivo dal negativo, dallaltro gli derivano dagli impegni professionali. Il significato della vita umana e la sua dignit sono strettamente connessi a un agire responsabile ed quello a cui Caterina fa continuo riferimento. Approfondendo il quadro introduttivo, lanalisi si sofferma ora, volgendo lo sguardo in modo critico alla realt del nostro tempo, sul come sintenda connotata la giustizia. Con la perdita, a livello sociale e politico, di una
92. Lett. n. 68, vol. I, p. 381; n. 116, vol. II, p. 257; n. 123, vol. II, p. 297; n. 171, vol. III, p. 85. 93. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., p. 158. 94. Cfr. A. Lobato, 1992: Europa unita, utopia o realt? La Filosofia risponde, in Filosofia e cultura nellEuropa di domani, B. Mondin (a cura di), Citt Nuova Ed., Roma, 1993, pp. 124-125.

88. Lett. n. 123, ai Signori difensori della citt di Siena, vol. II, p. 304 e ss. 89. Lett. n.121, a Signori Difensori, e Capitano del Popolo della citt di Siena, essendo essa a SantAntimo, vol. II, p. 279. 90. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., pp. 125-126. 91. Cfr. P. Pajardi, Caterina ..., cit., pp. 148.

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comune visione del bene, ci che resta un insieme dindividui con interessi particolari e fra loro discordanti, la cui convivenza garantita da un sistema di regole pratiche. In concreto, la giustizia non avendo pi alcun riferimento con il bene, ha perso il suo ruolo di virt, identificata con il sistema di leggi intersoggettive, destinate ad assicurare la convivenza civile. Essere giusto non significa dare a ciascuno ci di cui ha bisogno per realizzare il suo telos sostanziale come cittadino, bens significa limitarsi a un rispetto formale e giuridico delle regole comuni di vita. Ne consegue che, da una parte, il bene non compreso pi come unistanza complessiva e oggettiva di senso, esce dalla scena morale divenendo fulcro dinteresse soggettivo e di felicit individuale. Daltra parte la giustizia, come valore culturale della vita sociale e della cooperazione umana, diventata il luogo dellimparzialit e della morale legalitaria95. E in questo senso che si spiega la concentrazione delletica moderna e contemporanea. La domanda morale fondamentale si concentra su cosa ho il dovere di fare in rapporto agli altri, e trascura completamente il problema eudemonistico della libera e responsabile formazione morale di s, considerandolo legato a fattori empirici e soggettivi. Di contro, della virt della giustizia proprio riconoscere la pari legittimit delle pretese mie ed altrui volte al conseguimento della vita buona. Ne segue che non pu esserci vita buona per me se non c vita buona anche per gli altri: la giustizia inserita nelluniverso del bene96. Ecco come in questa analisi il modello cateriniano di governante, si rende attuale: quello di un uomo interventista, pur con riflessione e con prudenza, determinato, fermo e coerente. Un uomo che non indugia, che non proroga, che non procrastina, pulito moralmente, generoso nelloffrire le proprie energie alla causa; fidente solo nel bene comune. Lagire, lessere fermi e determinati, sono sorretti da verit, giu-

stizia, spirito del bene, annullamento dogni proprio tornaconto personale come di un interesse privato illecito ed inquinante che non conosce timori e non nutre speranza di vantaggi personali. Siate umili dice la Santa ai governanti. Governate prima voi stessi, perch se non imparate a reggere correttamente la vostra vita, non potete pretendere di ordinare quella degli altri97. Fate ogni cosa secondo ragione, alla luce della fede e nello spirito della carit, talch la stessa regola di giustizia a ciascuno il suo, suoni come sommo proposito di rispetto e di riconoscimento di ciascuno; non temete il dissenso di alcuno una volta che la vostra coscienza retta ed informata tranquilla, perch meglio essere giusti apparendo ingiusti che essere ingiusti apparendo giusti, e non disdegnate le tribolazioni che possono venire a causa del vostro retto comportamento. Vivete nello spirito della verit, essa il lievito con cui si condisce qualunque virt che non si appanna se vi la luce della verit98. Non distante, pertanto, da Lei e dal suo pensiero, ora riassunto, lo sforzo di ritrovare le radici comuni del patrimonio morale occidentale, non privo di senso, n di fascino, sempre in nome di una libert e di un agire politico pieno. Esiste uno spazio interessante tra narrazione e normazione, strettamente legati a tradizioni particolari, che apre la via ad una nuova universalit; uno spazio che proprio categorie come quella dei Diritti dellUomo o di natura, o di virt, possono gestire con creativit99. Il senso del concreto, del vero, del reale, del contingente, presente nellanimo e nella mente di Caterina. Proprio per questo essa soffre terribilmente, come qualunque idealista che verifica un eccesso di distacco tra il reale e lideale e, quindi, si rende conto dellenorme fatica che si deve fare per portare il reale allideale.

95. Cfr. M. Matteini, Macintyre e la rifondazione delletica, Citt Nuova Ed., Roma, 1995, p. 97. 96. Cfr. M. Matteini, Macintyre e la , cit., p. 96.

97. Lett. n. 121, a Signori Difensori, e Capitano del Popolo della citt di Siena, essendo essa a SantAntimo, vol. II, p. 279. 98. Cfr. P. Pajardi, Caterina..., cit., pp. 206-207. 99. Cfr. Teodora Rossi, Natura, Ratio, Ordo. Rilettura allinterno del discorso morale attuale, in Angelicum LXXII 1995, p. 384.

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Il carattere di una personalit politica si misura dalla grandezza del disegno e dalla complessit della sua azione; questa caratteristica assume nella Senese aspetti singolarmente marcati, tanto pi nella prospettiva disarmonica e complicata del vasto scenario della politica europea di quel tempo. Proprio qui viene a incidere decisamente come elemento darmonizzazione e dequilibrio. Attraverso tutta la sua esperienza di vita, Ella ci dona una penetrante dottrina teologica, unaffascinante ontologia e, nel contempo, una profetica dottrina sociale e politica. Pone la nostra attenzione e quella delle personalit del suo tempo, sul vero discernimento; ci coinvolge con la sua antropologia e con la sua pedagogia sulluomo, sul suo essere valore, sui suoi diritti. Vuole trascinarci con il suo insegnamento e la sua testimonianza verso la verit che nella persona operativit e dunque verso la libert che ne espressione esplicita. Ha ben chiaro come il fine della societ il bene universale comune cui il bene particolare deve essere subordinato; il bene comune, a garanzia del bene di ciascuna persona, dipende, Ella dice, dalla santa e vera giustizia: la sua margarita deve rilucere nei reggitori della cosa pubblica, affinch a ciascuno sia reso il debito suo100; evidenzia, cos, come tre siano le cose necessarie per ben governare101: la coscienza di possedere la Signoria come cosa prestata e non propria102; - il reggitore deve mantenere la santa e vera giustizia conservando in pace lo Stato e le citt103; la dilezione e lamore del prossimo. Ci ricorda inoltre che: il reggere gli altri, esige innanzi tutto la capacit di reggere se stessi, poich, chi non sa governare se stesso non pu governare gli altri; tiene presente il fatto che

c, per luomo di governo, il dovere di esercitare e consentire a tutti lesercizio del dono della libert. Tesoro e fondamento, il libero arbitrio che guida le tre potenze dellanima- memoria, volont, intelletto - verso ci che si ama104. Luomo, quindi, diviene davvero libero, anche politicamente, quando queste tre potenze possono esprimersi pienamente. Lispirazione filosofica, immersa necessariamente nella visione storica, suscita, nel contempo, una visione teleologica volta a recuperare un orientamento morale e unidentit politica. Si evidenzia quindi, una rifondazione delletica, che trova base e insegnamento nellopera stessa di Caterina da Siena, a sua volta ispirata dallinsegnamento dellillustre teologo e filosofo domenicano S. Tommaso dAquino, capace di incidere precipuamente, con la sua dottrina, nel sociale. Ci porta, necessariamente verso una visione antropologica atta a riscattare, rivalutandolo, lanimale sociale aristotelico, la sua libert e il suo essere innanzi tutto Persona: sostanza individua di natura razionale105 che, attraverso la volont e lintelletto, si manifesta in autentica e originale umanit. Riconoscere lenorme importanza che unanalisi della natura razionale e politica delluomo riveste per letica, porta a potenziare il concetto non solo della coerenza logica dellintelligibilit delle singole azioni, ma anche il profilo propriamente morale, relativo a una visione delluomo comesecutore libero e responsabile del fine sostanziale della sua natura, continuamente impegnato nel perfezionamento umano e morale di s. Questo linsegnamento precipuo che Caterina ci ha lasciato.106107

100. Lett. n. 311, a Signori Difensori del Popolo e Comune di Siena, vol. IV, pp. 382-389. 101. Lett. n. 235, al Re di Francia, vol. III, pp. 421-428. 102. Lett. n. 123, ai Signori difensori della citt di Siena, vol. II, pp. 297-307. 103. Lett. n. 350, al Re di Francia, vol. V, pp. 172181; n. 24, a Biringhieri degli Arzocchi Pievano dAsciano, vol. I, pp. 120-126.

104. Lett. n. 313, al Conte di Fondi, vol. IV, pp. 399-409. 105. Tommaso dAquino, Summa Theologica , cit., I, q. 29, a. 1, pp. 124-125. 106. Cfr. V. Maconi, S. Caterina da Siena e i Pontefici, Ass. Intern. Mariana, Roma, 1986, pp. 7; 9; 10; 12; 62. 107. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio , per la proclamazione di: S. Brigida di Svezia, S. Caterina da Siena, S. Teresa Benedetta della Croce, Compatrone dEuropa, 1 ottobre 1999: ...Lunit del continente, che sta progressivamente maturando nelle coscienze e sta definendosi sempre pi nettamente anche sul versante politico, incarna certamente una prospettiva di grande speranza. Gli

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Tributi riconosciuti a S. Caterina da Siena dai pontefici:


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certa Scientia ac matura deliBeratione deque aPoStolicae PoteStatiS Plenitudine Sanctam catharinam, virginem Sene Sem, eccleSiae univerSaliS doctorem declaramuS. giovanni Paolo ii - 1 ottobre 1999 Proclamazione delle comPatrone deuroPa: S. Brigida di Svezia; S. caterina da Siena; S. tereSa Benedetta della croce. roma, in S. Pietro, 21 del

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Bibliografia

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27.11.2010

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