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DAVIDE BALZANO

GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO

Introduzione
Il 9 luglio 1609, dopo una lunga vita sicuramente non priva
di avventure, si spegneva a Viadana, sua città natale, Girolamo
Menghi, uno dei più grandi (se non addirittura il maggiore) esorcisti
di tutti i tempi, dotto teologo e intellettuale.
Da allora la sua figura, per quanto assai ben conosciuta nell’am-
biente religioso sino alle soglie del diciottesimo secolo e altrettanto
nota tra i cultori dell’argomento, non è mai stata oggetto di un vero
e proprio studio, né antropologico, né filosofico, né storico.
Per quanto questo possa stupire, va detto che questo campo è tut-
t’oggi uno dei meno esplorati nell’ambito della ricerca e sono ben
poche le pubblicazioni che prendono in esame aspetti così speciali-
stici della storia del pensiero religioso; non è dunque così scandalo-
so che di quest’autore si trovino nelle librerie (se si è fortunati), solo
due testi, la ristampa anastatica della sua prima opera e una tra-
duzione di una successiva; «ho compiuto un primo passo in un
campo per lo più inesplorato»1, scriveva D. P. Walker nel suo scritto
(risalente al 1981) sugli esorcismi francesi e inglesi a cavallo del
diciassettesimo secolo, e lo stesso si potrebbe dire per la presente
ricerca, un’analisi certamente nuova di un personaggio ancora oggi
da scoprire nella sua interezza, da inserire appieno nel suo panora-
ma storico e da valorizzare per il contributo culturale che è in grado
di fornire.
Per questo motivo riportare alla ribalta una figura quale quella di
Girolamo Menghi è un’opportunità in grado di stimolare ulteriori
riflessioni su un’epoca e un settore che ha ancora molto da dare.

Girolamo Menghi da Viadana: la vita e le opere


L’epoca della controriforma, uno dei periodi più travagliati
della storia, fu caratterizzato da un continuo susseguirsi di avveni-
menti e dibattiti religiosi d’indubbio valore spirituale e intellettuale,
nei quali si distinsero figure, ecclesiastiche e non, che lasciarono
una pesante impronta della loro esistenza, permettendo agli stu-
diosi odierni di analizzarne la vita e il pensiero nei minimi dettagli

1
D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo: Francia e Inghilterra tra Cinque e Seicento,
Torino, Giulio Einaudi Editore, 1984, p. 4.
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(basti ricordare quella di Giordano Bruno, condannato al rogo nel


1600 proprio a causa delle sue idee poco consone alla dottrina cat-
tolica). Tra questi, tuttavia, ve ne fu uno la cui fama non mancò di
varcare i confini nazionali2, ma del quale si conosce tutt’oggi ben
poco, per quanto ci siano giunte in forma completa tutte le sue
opere: Girolamo Menghi, nato a Viadana nel 1529 e ivi morto all’età
di ottant’anni il 9 luglio 16093, fu una figura di spicco in campo
teologico e demonologico, autore di rilevanza assoluta nel campo
dell’esorcistica, arte in cui fu considerato massimo esperto sia pri-
ma che dopo la morte4.
Non si conosce l’ambiente in cui crebbe, né si sa se appartenesse a
una famiglia povera, benestante, tradizionalmente legata alla chie-
sa o meno; gran parte delle informazioni sulla sua vita sono reperi-
bili nella cronaca della Chiesa mantovana del minore osservante
Ippolito Donesmondi e nella lapide commemorativa che sin dal 1632
si stagliava nella demolita chiesa di San Francesco di Viadana; ol-
tre a queste fonti, esiste una gran quantità di documenti di origine
ecclesiastica dai quali trarre ulteriori notizie in grado di far luce
sulle peripezie che il frate viadanese affrontò e descrisse nel corso
della sua lunga esistenza5.
Di certo si sa che nel 1549, a soli vent’anni, entrò nell’ordine
francescano dei frati osservanti (allora detti “zoccolanti”), del quale

2
Alle idee dell’autore viadanese sembrano accostarsi più volte gli esorcisti francesi impe-
gnati, tra il XVI e XVII secolo, in numerosissimi rituali su indemoniati; nonostante questi fosse-
ro probabilmente svolti a fini puramente propagandistici per combattere l’eresia ugonotta, si
può constatare come sia la sintomatologia che l’esorcismo in sé segua fedelmente lo schema
tratteggiato da Girolamo Menghi. Per approfondire l’argomento si veda: P. LOMBARDO, Il secolo
del diavolo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005; D. P. WALKER, Possessione ed
esorcismo...cit.
3
G. MENGHI, Il flagello dei demoni, traduzione di L. Dal Lago, Vicenza, Neri Pozza Editore,
1997, p. 9. Vi è una discordanza tra quanto afferma Dal Lago e quanto riportato sulla lapide
commemorativa presente, sin dal 1632, nella demolita chiesa di San Francesco di Viadana, la
quale indica l’8 luglio come giorno della sua morte. È probabile che il Dal Lago abbia consultato
altri documenti su cui è riportata un’altra data.
4
Sulla figura di Girolamo Menghi e sui non unanimi giudizi sulla sua opera cfr.: A. PARAZZI,
Origini e vicende di Viadana e suo distretto, Viadana, Nicodemo Remagni, 1894-1899, vol. II,
p. 140; G. TASSONI, Girolamo Menghi o dell’arte esorcistica, «La Martinella di Milano», 1965,
fasc. 3, pp. 113-120; G. VOLPATO, Girolamo Menghi o dell’arte esorcistica, «Lares», LVII, lug. -
set. 1991, pp. 381-397.
5
Le indicazioni bibliografiche utili a una ricostruzione della vita di Girolamo Menghi si
trovano in Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi di Ottavio Franceschini, postfazione
della ristampa anastatica del Compendio dell’arte Essorcistica di Girolamo Menghi, Genova,
Ed. Nuova Stile Regina, 1987; informazioni pressoché analoghe sono rintracciabili nella nota
del traduttore di Luigi Dal Lago di G. MENGHI, Il flagello dei demoni...cit., pp. 9-10.
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avrebbe fatto parte sino alla morte6; l’epitaffio presente sulla sua
lapide, nonché i vari documenti che ne parlano, descrivono il mo-
naco viadanese quale religioso esemplare, dotto teologo, conosciuto
anche nelle sfere più alte della chiesa, autore ed esorcista di massi-
mo rilievo.
La sua formazione si protrasse per circa un ventennio, probabil-
mente nel convento bolognese dell’Annunziata, riconosciuto nel 1451
quale uno dei centri di studio ufficiali dell’Ordine7, luogo in cui le
conoscenze di carattere teologico del Menghi non conobbero limiti,
permettendogli di consultare autori di ogni epoca sapientemente
citati nelle diverse opere da lui redatte.
Erudito circa la tradizione cattolica, già segnato da un lungo ap-
prendistato e circondato da luoghi di fama esorcistica, quale il Duo-
mo di Modena, dedicato a San Gimignano, famoso per il suo potere
sui demoni o la catena di San Vicinio, conservata oggi a Sarsina in
provincia di Bologna e anch’essa celebre per la sua efficacia nello
scacciare i maligni, Girolamo Menghi poté finalmente intraprende-
re una carriera, quella dell’esorcista, che gli avrebbe dato la fama di
cui tutt’oggi gode.
Dacché ebbe modo di agire in modo indipendente, il frate divise la
sua vita tra l’attività di scrittore e quella di sacerdote itinerante al
servizio dell’umanità nella lotta contro il diavolo, un nemico reso
ancor più manifesto dalla pesante atmosfera creatasi in seguito alle
varie iniziative intraprese dalla Chiesa in nome della Controriforma.
Molti dei casi da lui affrontati o conosciuti tramite i resoconti di
altri individui vengono esposti nei suoi stessi scritti, e fanno capire
quale fosse la mentalità con cui egli svolgeva la sua pratica: Girolamo
Menghi «tende a vedere dovunque influenze diaboliche, anche nelle
malattie fisiche, nelle avversità metereologiche e in ogni altro tipo di
calamità»8. Non esiste per lui alterazione fisica o dello spazio che
non possa avere origine nell’intervento demoniaco, e compito
dell’esorcista è quello di mettere in fuga il demone per eliminare la
sua influenza maligna.
L’istruzione, le modalità d’azione e le accortezze che i sacerdoti do-
vranno conoscere per intraprendere questa strada vengono accura-
tamente elencate e descritte nelle cinque principali opere del frate
di Viadana, uscite tutte nell’ultimo quarto del XVI secolo, ma riviste
e ripubblicate anche in seguito.
La prima di queste è il Compendio dell’arte essorcistica et possibilità
6
Ogni riferimento a vita e opere di Girolamo Menghi è ripreso dalle fonti citate in nota 3.
7
O. F RANCESCHINI , Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi (1529-1609),
postfazione...cit., pp. III-XIX.
8
G. MENGHI, Il flagello dei demoni...cit., p. 10.
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Frontespizio del volume di Girolamo Menghi, Compendio dell’arte essorcistica,


Et possibilità delle mirabili, & stupende operationi delli Demoni, et de i Malefici.
Con li rimedi opportuni alle infermità Maleficiali, Venezia, Paolo Ugolino, 1601.
Viadana, Biblioteca Comunale “Luigi Parazzi”, Fondo Antico.
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delle mirabili et stupende operationi delli demoni et de’ malefici; con


li rimedij opportuni alle infermità maleficiali, stampato a Bologna per
i tipi di G. Rossi nel 15769 e ampliato nel 1582 e nel 1601; l’opera è
dedicata a Giulio Feltri della Rovere, l’allora protettore dell’Ordine
Francescano, e, pur essendo la prima da lui scritta, può senza dub-
bio essere considerata l’opera più importante di quest’autore, dato
che racchiude tutto il sapere menghiano, esplicando in modo esau-
riente ogni aspetto della teologia demonologica e fornendo gran parte
delle informazioni necessarie al sacerdote esorcista.
Il modello del Compendio ricalca pesantemente quello di un’opera
ecclesiastica decisamente più conosciuta e diffusa, cioè il Malleus
Maleficarum di I. Sprenger e H. Institoris, trattato la cui influenza
sarebbe giunta sino alle soglie del settecento riscuotendo un suc-
cesso pressoché unanime.
Composto tra il 1486 e il 1487, quest’ultimo si divide in tre parti, le
quali esaminano e forniscono le indicazioni fondamentali circa il
trattamento di una strega: nella prima si discute della reale esi-
stenza delle fattucchiere, si confutano i miscredenti, si espone come
queste collaborino col diavolo, i loro rapporti e le operazioni da esse
svolte; nella seconda parte si elencano i rimedi e le precauzioni ap-
provate dalla Chiesa utili a chi decidesse di affrontarle; nella terza e
ultima infine viene redatta la metodologia con cui condurre un pro-
cesso di stregoneria.
Allo stesso modo, il Compendio viene diviso in tre libri, ognuno rela-
tivo a un preciso ambito della teoria di Girolamo Menghi: il libro
primo descrive l’origine dei demoni, le loro capacità, il modo in cui
irretiscono gli uomini e agiscono sul mondo e il perché fanno tutto
ciò; il successivo è denominato «Dove si tratta delle mirabili e stu-
pende operazioni dei malefici, fatte con l’aiuto diabolico»10 si occupa
invece della figura della strega, «ovvero strigimaga»11, cioè di quegli
individui, principalmente donne, che stringevano patti col diavolo o
sfruttavano i poteri dei demoni per insidiare altri uomini; la terza è
dedicata ai rimedi utili a combattere sia i primi che i secondi, e
fornisce anche qualche indicazione al sacerdote sul «modo che deve
tenere l’esorcista nello scongiurare»12.
9
Vi è in questo caso una leggera discordanza tra quanto riportato da Ottavio Franceschini e
Luigi Dal Lago, poiché quest’ultimo indica il 1579 quale data di pubblicazione; è tuttavia molto
probabile che egli si riferisse a una seconda edizione, evidentemente quella da lui esaminata, dal
momento che la copertina originale del Compendio non lascia dubbi e riporta proprio il 1576
nella dicitura MDLXXVI.
10
Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 74.
11
Ibidem.
12
Ivi, p. 291.
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Dopo appena un anno, sempre per i tipi di Giovanni Rossi, viene


alla luce la seconda composizione del Menghi: il Flagellum daemo-
num, seu exorcismi terribiles, potentissimi, efficaces. Remedia proba-
tissima in malignos spiritus expellendos fatturasque et maleficia
effuganda de obsessis corporibus. Cum suis benedictionibus et omni-
bus requisitis ad eorum expulsionem, dedicato al cardinale Gabriele
Paleotti, vescovo di Bologna.
Anche questa volta il testo è diviso in due sezioni: viene difatti espo-
sta precedentemente la «dottrina bellissima e necessaria agli esorcisti
per scacciare gli spiriti maligni dai corpi degli indemoniati»13, indi-
rizzato specificatamente al sacerdote, alla preparazione che questi
deve avere e ai tranelli che i demoni escogitano per ingannare
l’esorcista, quindi vengono trascritti sette «esorcismi terribili e po-
tentissimi»14. Nelle versioni latine, inoltre, a questi erano spesso uniti
i remedia probatissima in malignos spiritus expellendos15, una serie
di provvedimenti sia spirituali che sensibili in grado di agevolare la
liberazione dell’ossesso.
Risale invece al 1584 il Fustis daemonum, adiurationes formidabiles,
potentissimas et efficaces in malignus spiritus fugandos de oppressis
corporibus humanis. Ex sacrae Apocalypsis fonte variisque sanctorum
Patrum fausta, complectens… Opus sane ad maximam Exorcistarum
commoditatem nunc in lucem editum, anch’esso composto da un’in-
troduzione teorica e una raccolta di esorcismi. Quest’opera stam-
pata a Bologna da Giovanni Rossi viene dedicata a Francesco Gon-
zaga, eminente figura ecclesiastica e ministro generale dell’Ordine
Francescano.
La terza raccolta di esorcismi esce nel 1588 ed è intitolata Eversio
daemonum e corporibus oppressis, cum divorum, tum aliorum
auctorum potentissimo set efficaces in malignos spiritus propulsando
set maleficia ad energumenis pellenda, continens Exorcismos. Ab
innumeris mendis, quibus tam temporum iniuria, quam hominum in-
curia scatebant expurgatos, variisque Documentis ac Rubricis, cum
suis Benedictionibus exornatos… nunc primum in luce edita, segui-
ta, nel 1596, dal Fuga daemonum, adiurationes potentissimas, et
Exorcismos formidables, atque efficaces, in malignos spiritus
expellendos et maleficias ab energumenis pellenda. Ex Sacris Canticis
variisque nostrae Fidei Mysteriis, necnon ex Sacrorum Patrum
aucthoritatibus fausta pulcherrime continens… Opus sane ad
maximum Exorcistarum commoditatem oppressorumque utilitatem

13
G. MENGHI, Il flagello dei demoni...cit., p. 11.
14
Ivi, pp. 45-167.
15
Ivi, p. 10.
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Frontespizio del volume di Girolamo Menghi, Flagellum daemonum, exorcismos


terribiles potentissimos, et efficaces, Venezia, Domenico Maldura, 1584. Il libro
è rilegato con Fustis daemonum, adiurationes formidabiles, potentissimas, &
efficaces in malignos spiritus fugandos de oppressis corporibus humanis,Venezia,
Domenico Maldura, 1584. Viadana, Biblioteca Comunale “Luigi Parazzi”, Fon-
do Antico.
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Frontespizio del volume di Girolamo Menghi, Tesoro celeste della gloriosa madre di
Dio Maria Vergine. Nel quale si ragiona del vero Culto, & adoratione, che si deve alle
Sacrosante Imagini, Bologna, eredi Giovanni Rossi, 1607. Viadana, Biblioteca Co-
munale “Luigi Parazzi”, Fondo Antico.
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nuper in lucem editum. Cui etiam addita sunt eiusdem Auctoris


Remedia in malignos spiritus expellendos stampata a Venezia dagli
Eredi Giovanni Varisco e indirizzata nuovamente a Francesco
Gonzaga, divenuto nel frattempo vescovo di Mantova.
Visto il grande numero di citazioni che si susseguono nel corso del-
le sue opere, non è difficile risalire a quali fossero le principali fonti
cui s’ispirò: oltre al già nominato Malleus Maleficarum, sicuramente
Silvestro Priero e Paolo Grillando occupavano un posto particolare
nella sua biblioteca, ma accanto a essi vi erano Sant’Agostino, col
suo De Cive Dei, Michele Psello, autore bizantino dell’undicesimo
secolo, dal quale viene ripresa la classificazione dei demoni in base
agli elementi naturali. Un posto di particolare importanza viene inol-
tre riservato a San Tommaso, le cui Sentenze vengono considerate
una pietra miliare nella storia del pensiero cattolico, e a San
Bonaventura, principale commentatore di queste ultime, al quale si
aggiunge, pur essendo preso in considerazione meno spesso, Ales-
sandro da Hales.
L’ultimo, immancabile, riferimento del Menghi è chiaramente quel-
lo ad Aristotele, spesso denominato semplicemente “il filosofo”, il
quale, nel XVI secolo, rappresentava ancora il massimo picco del
pensiero umano e non poteva essere ignorato dal alcun intellettuale.
Oltre a questi, vanno ricordati alcuni scritti minori del viadanese,
testimoni comunque della sua vasta cultura: nel 1592 redige un
commento della regola di San Francesco, intitolato Giardino delitioso
de i Frati Minori e pubblicato a Bologna da Giovanni Rossi, due anni
dopo propone la traduzione della Summa Angelica di Angelo di
Chivasso (Venezia, 1594), e infine, due anni prima dalla morte,
pubblica a Bologna da Giovanni Rossi nel 1607 il volume Tesoro
celeste della gloriosa Madre di Dio Maria Vergine.
Un aspetto interessante dell’opera menghiana è ravvisabile nell’ana-
lisi delle autorità cui egli dedicava i suoi lavori: come si può notare,
essi sono tutti indirizzati a personalità cattoliche d’indubbio rilievo
(vescovi, protettori dell’Ordine Francescano…), fatto che avrebbe
permesso al frate viadanese di raggiungere una certa fama nell’am-
biente cattolico, consentendogli di ottenere posizioni di discreto li-
vello nelle gerarchie ecclesiastiche e di interloquire con le massime
cariche delle stesse.
Dato che la sua area d’azione era fondamentalmente il territorio
bolognese e dintorni, è in quest’ambito che ottenne i posti più
prestigiosi: nel 1587 e nel 1589 venne difatti eletto definitore della
provincia, col compito, insieme ad altri tre frati, di sorvegliare e
avallare le decisioni del ministro provinciale; poco meno di dieci
anni dopo, nell’ottobre del 1598, acquisì infine la massima carica a
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livello locale, cioè, appunto, quella di ministro della provincia di


Bologna. A un anno dalla scadenza di quest’ultimo mandato, tutta-
via, alcuni dissidi e dei disordini all’interno dell’Ordine parevano
mettere in pericolo la permanenza del viadanese in tale carica; a
conferma della sua notorietà in ambiente ecclesiastico, fu lo stesso
papa Clemente VIII a pretendere che egli giungesse alla fine del suo
mandato, dopo che già due anni prima lo aveva indicato quale la
persona più indicata per questo ruolo.
Le conoscenze “alte” di cui era munito il Menghi, riflettono tuttavia
assai bene il carattere elevato delle sue opere scritte, le quali, per
quanto vengano presentate come utili a chiunque volesse intrapren-
dere la carriera dell’esorcista, sono inevitabilmente dotate di carat-
teristiche stilistiche e sostanziali incomprensibili, o meglio, tali che
una persona priva di un’istruzione notevole difficilmente avrebbe
realmente compreso. Non è un caso che autori successivi, quali ad
esempio Floriano Canale, prete bresciano vissuto nel XVII secolo e
autore di un trattatello intitolato Del modo di conoscer et sanare i
maleficiati del 1638, indichi insieme ad alcuni altri, proprio Girolamo
Menghi quale autore fondamentale per chi volesse approfondire le
tematiche demonologiche16.
Le fortune del grande esorcista non furono tuttavia sufficienti a
escludere scossoni e ostacoli alla sua carriera, la quale, sul finire
del XVI secolo, cominciò a vacillare e a incontrare sempre più dis-
sensi; si conoscono difatti due casi in cui l’operato del Menghi si
risolse in fallimento: durante l’esorcismo di una religiosa di nobile
famiglia furono gli stessi parenti a interrompere il trattamento per
evitare scandali in società e lo stesso esito si ebbe in seguito a un
esorcismo durato sei mesi in una non meglio precisata località
padana, alla fine dei quali, riunita una congregazione di teologi e
medici, si decise per la malattia naturale, contro il fermo parere di
Girolamo Menghi, convintissimo che si trattasse di una posses-
sione17.
Il colpo di grazia venne dato probabilmente quando le gerarchie
cattoliche delegarono a un collegio di teologi ogni decisione sui casi

16
Cfr. F. CANALE, Del modo di conoscer et sanare i maleficiati, Sala Bolognese, Arnaldo
Forni Editore, 1987, ristampa anastatica dell’edizione del 1638, “Al lettore”: «Perché l’autore
del presente libro ha cercato d’esser breve, chi desidera vedere di queste materie più diffusi
trattati può legger: […] Il Fustis Daemonum, del P. Girolamo Menghi. Il Compendio dell’arte
esorcistica divisa in due parti, del medesimo. […] Il libro detto fuga daemonum».
Per quanto non si sappia molto sulla vita di Floriano Canale, è indicativo il fatto che Girolamo
Menghi venisse indicato con ben tre delle sue opere insieme ad altre autorità di questi campo
quali Martin Delrio, Pietr’Antonio Stampa o Francesco Maria Guaccio.
17
O. FRANCESCHINI, Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi...cit., p. X.
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di possessione diabolica; nonostante questo, la fama di Girolamo


Menghi restò assolutamente immutata, difatti la Chiesa non negò
mai la sua perizia in tale campo e anche dopo la stesura del Rituale
Romano del 1614 sotto il pontificato di Paolo V, egli rimase uno dei
migliori interpreti dell’arte esorcistica, se non addirittura il princi-
pale esponente di questa pratica.
Successivamente, l’atteggiamento della Chiesa nei suoi confronti
mutò a causa delle indiscutibili sfumature superstizione presenti
in diversi accenni alle sue opere e per la mancata approvazione di
alcuni suoi esorcismi. Infatti, con decreto del Sant’Uffizio del 4 marzo
1709 i suoi testi furono proibiti18. Oggi, tuttavia, questa interdizio-
ne non è più vigente e quindi la circolazione e lo studio dell’opera
menghiana non è più sottoposta ad alcun veto, tantomeno spiritua-
le, neanche per persone credenti.

Il pensiero di frate Girolamo Menghi


Uno dei principali motivi per cui Girolamo Manghi intrapre-
se l’attività di scrittore dipende sicuramente dalle varie mentalità
religiose con cui si scontrò nel corso del suo apprendistato: nono-
stante il forte impegno con cui la Chiesa, anche grazie all’appoggio
ai vari ordini minori, si stava rilanciando nella società, gli elementi
di difficoltà per il cattolicesimo erano certamente non indifferenti.
Senza dubbio la diffusione delle dottrine luterane, pur avendo toc-
cato solo marginalmente l’Italia, aveva fatto breccia nelle comunità
spirituali (basti pensare alle sanguinosissime guerre di religione che
scossero la Francia nel XVII secolo); a ciò va aggiunto il fatto che in
molte zone della penisola, in particolar modo in quelle rurali o nei
paesini isolati, resistevano ancora superstizioni, tradizioni
folcloristiche e credenze di vario tipo, che si mischiavano con il cri-
stianesimo senza fornire un metodo, un’ideologia o un sistema stan-
dardizzato per affrontare determinate questioni, tra le quali la valu-
tazione e il trattamento dei casi di possessione.
Lo scetticismo circolante verso questo tipo di pratiche viene testi-
moniato dallo stesso frate di Viadana, quando, nel Capitolo III del
secondo libro del Compendio, afferma che:

18
La Sacra Congregazione dell’Indice ne proibì la lettura (Index 1786 p. 192) accusando il
Menghi di avere prestato «fede a tutti i fatterelli popolari in cui si narra essere comparso il
demonio in forma visibile: troppa credulità e anche superstizione», G. CASATI, L’indice dei libri
proibiti. Saggi e commenti, III, Milano, Pro Famiglia, 1939, p. 255. Cfr. anche A. GANDA, La
biblioteca dei Cappuccini di Viadana nella seconda metà del Settecento, «Vitelliana. Viadana e
il territorio Mantovano fra Oglio e Po. Bollettino della Società Storica Viadanese», III, 2008, pp.
175-232. Nell’inventario l’unica opera del Menghi presente figura fra i libri proibiti.
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alcuni hanno detto che il maleficio è una cosa finta, & che non si ritrova
alcuno maleficio se non nella opinione, & estimazione degli uomini, i
quali non conoscendo le cause d’alcuni effetti naturali, per essere occul-
te, attribuivano tali effetti all’operazioni degli uomini19.

O ancora, in un altro tratto:


non mancarono né mancano persone che con tutte le loro forze negano
che oggi ci siano ossessi, malefici e persone colpite da malefici. Sosten-
gono inoltre che tutte le malattie che si dicono causate dai malefici sono
invece naturali e i loro segni non rivelano l’esistenza di un maleficio, ma
sono segni naturali20.

È possibile che una delle persone cui il frate rivolgeva tale critica
fosse Levinius Lemnius, un medico e pensatore del XVI secolo, il
quale negava la possibilità che il diavolo potesse possedere un uomo.
Girolamo Menghi, nel capitolo settimo del Flagello riporta le moti-
vazioni addotte dai sostenitori di questa tesi: gli indemoniati, la cui
casistica comprende per altro in grandissima parte fanciulle abba-
stanza giovani, non sarebbero altro che «donne e ragazze soggette
agli umori dell’utero, che, a causa della debolezza del loro cervello
sono solite fare gesti simili a quelli degli ossessi»21.
Poco dopo, tuttavia, lo stesso frate, spiega quale sia l’errore com-
piuto da chi nega la possibilità dell’intervento diabolico nelle osses-
sioni: costoro, a sua detta, non capiscono che proprio questo tipo di
condizione avvantaggia i demoni, difatti essi «prendono possesso
più facilmente degli uomini e delle donne di debole cervello, piutto-
sto che di uomini assennati, allo scopo […] di non essere scoperti e
di non far ricadere su di sé le colpe dei delitti»22; inoltre «tormentano
le donne e le ragazze piuttosto che gli uomini per il fatto che cerca-
no di occultarsi sotto il pretesto degli umori uterini, che influiscono
maggiormente sulle donne e meno sugli uomini»23.
Attraverso i suoi libri, dunque, Girolamo Manghi tentò di fornire ai
sacerdoti uno strumento con cui affrontare questo tipo di fenomeni.
Questo sforzo è particolarmente evidente nella «Dottrina bellissima
e necessaria agli esorcisti», la parte introduttiva del Flagello, indub-
biamente lo scritto più “pratico” dell’esorcista viadanese, il quale,
sin dal sommario, ne fa capire la valenza: basterà citare alcuni titoli

19
Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 88.
20
G. MENGHI, Il bastone dei demoni, in Il flagello dei demoni...cit., p. 280.
21
Ivi, p. 265, cap. 7: «Qui si dimostra che i demoni possono tormentare i corpi umani in
seguito alle preghiere dei maghi; si confutano poi gli argomenti dei detrattori dell’arte esorcistica
e si discute sulla scienza degli angeli buoni e di quelli cattivi».
22
Ivi, p. 267.
23
Ibidem.
GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 115

di capitoli, quali «La fede e la preparazione che devono avere gli


esorcisti prima di iniziare a scacciare i demoni», «le domande e gli
ordini che l’esorcista deve rivolgere ai demoni» o «come conoscere in
anticipo le astuzie del demonio e come porvi rimedio», per rendere
palese l’aspetto meramente concreto di queste nozioni, prive di quei
vagabondaggi teologici che costituivano invece la parte fondante del
Compendio.
Pur avendo dato la possibilità di apprendere e approfondire l’argo-
mento attraverso la semplice lettura, il frate non smette mai di av-
vertire i suo seguaci sulla reale via attraverso la quale si può giun-
gere al padroneggiamento di quest’arte: si tratta dell’esperienza, l’uni-
ca maestra in grado di porre nelle mani di un uomo le conoscenze
necessarie per affrontare il male dilagante nel mondo.
I demoni, difatti, sono di vari tipi, si mostrano all’uomo in mille
forme diverse, soffrono maggiormente alcuni gesti e parole rispetto
ad altri, usano tranelli, inganni, si lasciano manovrare da maghi e
stregoni malvagi e abietti; non sono insomma nemici facili da com-
battere.
Proprio per questo motivo è nell’atto pratico del rituale, più che in
quello teorico, che l’esorcista dovrà applicarsi osservando altri sa-
cerdoti più esperti di lui, prima di poter operare.
L’esorcismo, tanto per cominciare, va svolto solo nel momento in
cui si abbia la piena certezza di avere a che fare con un caso di
possessione; in questo caso il frate di Viadana appare in realtà,
soprattutto a un lettore della nostra epoca, piuttosto dispersivo, dal
momento che, nell’elencare i vari sintomi che un indemoniato po-
trebbe accusare, inserisce una serie incredibilmente lunga di eventi
di tipo medico; come egli stesso afferma d’altronde, «ci sono segni
veri e reali, che si possono distinguere da quelli naturali, soprattut-
to quando certe malattie sono sconosciute ai medici e questi non
sanno quali rimedi applicare per guarire il malato, oppure quando
le medicine utilizzate non giovano a nulla»24.
Altri due aspetti fondamentali da considerare per essere certi della
presenza dello spirito maligno sono la chiaroveggenza e la capacità
di parlare lingue straniere, il latino o il greco.
Quanto alla prima, Girolamo Menghi espone la sua teoria in parti-
colare nel capitolo IV del primo libro del Compendio, denominato
«Come i demoni conoscano le cose future contingenti, ove si tratta,
se essi possano conoscere i segreti e i pensieri del nostro cuore»; in
esso il frate spiega che questo tipo di abilità non è in essi privo di
limiti, bensì va considerato nell’ambito della permissione divina,
24
Ivi, p. 280.
116 DAVIDE BALZANO

secondo la quale non è concesso ad alcuna creatura di vedere ciò


che ancora non è accaduto:
la cognizione delle cose future contingenti, o che sono di Dio, oppure
che pendono da Dio e perciò quando alcune di queste cose vengono
predette, questo predire si chiama divinazione, perché è atto divino. E
poiché i demoni siccome superbi desiderano essere onorati come Dio,
grandemente si sforzano di mostrare di avere in sé tale atto divino; il
dire dunque che i demoni per sé stessi conoscano & sappiano con cer-
tezza le cose future contingenti, altro non è che attribuirgli quello che è
solo proprio di Dio & di conseguenza una falsa credenza & di diretto
contro la fede & con infedeltà, il più delle volte è aggiunta idolatria25.

Nel circoscrivere dunque la possibilità diabolica in quest’ambito,


Girolamo Menghi si arma delle tesi di tre autorità della chiesa, e
cioè San Tommaso, San Bonaventura e Sant’Agostino.
Secondo il primo, per quanto riportato dalle Questioni Disputate
alla questione XVI26, si può conoscere il futuro in due modalità: in
sé stesso, possibilità relegabile solo a Dio, e nelle sue cause, se-
guendo tre ulteriori operazioni; queste sono:
- «Secondo la possibilità o potenza loro», nel caso in cui gli eventi
possono essere e non essere.
- «Secondo la potenza & possibilità, ma anche secondo l’operazio-
ne & natura della causa attiva», quando i fatti avvengono neces-
sariamente.
- «Nelle lor cause & secondo la potenza loro & anche secondo la
causa attiva», se la causa, pur essendo certa, può essere ostaco-
lata in qualche modo nei suoi effetti.
La conoscenza delle cause, tuttavia, essendo più prossima a quella
del presente piuttosto che a quella del futuro, non è definibile come
“chiaroveggenza”, dato che queste, essendo appunto un atto pura-
mente divino, dovrebbe trascendere completamente dalle proprietà
dei corpi terreni e dai meccanismi tra essi presenti27; sembra quasi,
in questo caso, che il Menghi voglia spostare questo tipo di sapien-
za su un piano addirittura scientifico, mettendo in secondo ordine
quello trascendentale o spirituale. Egli stesso, d’altronde, seppur
con ben altra sfumatura, aveva spesso parlato di “scienza” dei de-
moni.
A proprio sostegno, il frate viadanese riporta dunque San Bonaven-
tura, il quale, nel commento alle Sentenze di San Tommaso, alla

25
Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 30.
26
Ivi, p. 26.
27
Ivi, pp. 27-28.
GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 117

distinzione VII questione III della II parte aveva suddiviso gli avveni-
menti futuri secondo tre possibilità di sviluppo:
- Alcuni eventi hanno una causa determinata e infallibile, dun-
que possono essere conosciuti sia da Dio che dagli uomini o dai
demoni.
- Alcuni hanno una causa determinata, ma fallibile, ma sono co-
munque alla nostra portata, come a quella demoniaca.
- Altri hanno una causa indeterminata e fallibile; la loro cono-
scenza spetta solo e unicamente a Dio o può giungere alle crea-
ture per divina rivelazione28.
Nonostante questo, gli spiriti maligni a volte affermano cose che poi
corrispondono alla realtà dei fatti; per spiegare tale fenomeno, al
viadanese torna utile ciò che Sant’Agostino aveva detto nel suo com-
mento alla Genesi: egli sosteneva che ciò fosse possibile secondo
quattro differenti modalità, e cioè per vivacità d’ingegno, se esami-
nano il nostro modo di vivere e giungono a determinate conclusioni
sulle nostre inclinazioni e stati d’animo; per esperienza, quando
determinano quale sia l’effetto a partire dalla sua causa; con frau-
dolenta cautela, cioè nel momento in cui, ingannandoci, predicono
qualcosa per poi compierlo loro stessi; per l’altrui dottrina se Dio o
gli angeli concedono loro di sapere qualcosa29.
I demoni, d’altronde, sono a conoscenza di tutto ciò che è avvenuto
nel passato e sta avvenendo nel presente; conoscono i peccati degli
uomini che non si sono pentiti, i furti, le nostre debolezze e paure,
sanno trovare gli oggetti nascosti, rubati o trafugati; se Dio glielo
permette possono anche vedere le cogitazioni dei nostri cuori.
Con questa lunga serie di argomentazioni Girolamo Menghi vuole
dunque dimostrare dei demoni che «eglino avere la scienza & cogni-
zione di tutte le cose naturali», e non si basano su una realtà tra-
scendentale e del tutto separata dalla sensibilità umana, bensì su
una mera analisi dei fatti e delle conseguenze cui essi portano,
laddove non sia presente l’intervento divino.
La chiaroveggenza è dunque un lato peculiare dell’opera menghiana,
poiché, sotto alcuni punti di vista, compara le possibilità diaboliche
a quelle umane, variandone solo la qualità, dato che gli orizzonti
nei quali si muovono tali creature sono infinitamente maggiori ri-
spetto a quelli cui può aspirare l’umanità; di essi comunque si può
dire che «eglino avere la scienza & cognizione di tutte le cose natu-
rali»30.
28
Ivi, pp. 28-29.
29
Ivi, pp. 30-31.
30
Ivi, p. 35.
118 DAVIDE BALZANO

Quanto alla capacità di parlare lingue ignote al posseduto, il frate è


piuttosto ambiguo: egli ammette che ciò possa avvenire, ma non
sempre; difatti
i demoni non parlano latino, greco o altre lingue perché questo alle volte
non gli è concesso da Dio, affinché la curiosità umana resti confusa: la
quale più si diletta d’udire curiosamente parlare il demonio negli spiri-
tati, che d’udire la parola di Dio per bocca del suo ministro31.

Tuttavia, nel capitolo IX del primo libro del Compendio egli afferma
che essi
in varie e diverse regioni & province […] sono pronti a mal fare agli uomi-
ni, per questo si esercitano & parlano con le lingue di tutte quelle genti,
in modo che i demoni che abitano tra noi in Italia possono parlare con
tutte le altre lingue; ma questo sogliono fare di rado & con grandissime
difficoltà32.

Essi, tuttavia, non ne hanno una propria, poiché per parlare tra
di loro non la usano, dunque è impossibile identificarne una ori-
ginaria33.
Oltre a questi due vi sono, come già detto, svariati sintomi di ordine
fisico e fisiologico:
I segni principali che una persona è nello stesso tempo maleficiata e
indemoniata sono la costrizione del cuore e della bocca dello stomaco:
agli ossessi sembra di avere un bolo sullo stomaco. Altri sentono puntu-
re nel cuore, come se fossero punti da aghi. Ad alcuni sembra che il
cuore venga come corroso. Talvolta sentono invece un grande dolore nel
collo e nelle reni, come se tali membra fossero lacerate da cani. Altri
ancora hanno l’impressione come di un bolo che sale e scende nella
gola. In certi casi la via generativa risulta bloccata. Alcuni hanno una
tale indisposizione di stomaco che rigettano col vomito tutto quello che
mangiano o bevono per il loro sostentamento. Altri percepiscono come
un vento freddissimo che come una fiamma scorre lungo il ventre. Certi
malati sono impediti di digerire il cibo. Ma il segno principale è quando
le medicine applicate non recano alcun giovamento al malato34.

Come dunque sottolinea lo stesso viadanese, l’elemento fondamen-


tale per convalidare la diagnosi di possessione sta nel fatto che i
farmaci preposti per tale tipo di sofferenze non abbiano alcun effet-
to; sono d’altronde noti almeno due casi in cui la medicina ufficiale
fallì e fu necessario ricorrere al famoso esorcista per guarire l’infer-
ma: a Reggio Emilia, nel 1574, intervenne per curare una ragazza
31
Ivi, p. 30.
32
Ivi, p. 55.
33
Ibidem.
34
G. MENGHI, Il bastone dei demoni, in Il flagello dei demoni...cit., pp. 283-284.
GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 119

ossessa da un demone dopo che il suo medico, non riuscendo a


farla stare meglio con i medicinali, aveva cominciato a pensare che
si trattasse di un’infestazione diabolica; lo stesso era accaduto l’an-
no successivo nella medesima città, quando un altro medico lo ave-
va interpellato per il caso di una nobile donna35.
Non bisogna poi pensare che a essere colpiti dai demoni siano solo
uomini peccaminosi o donne voluttuose; chiunque su questo mon-
do può essere preda del maligno, il quale tenta di portare l’uomo al
peccato in ogni momento e in tutti i modi possibili; egli, anzi, cer-
cherà con maggior vigore di impossessarsi di quegli individui dalla
retta vita, poiché in tal modo il sacrilegio sarà ancor più spiacevole
a Dio e il diavolo ne trattà maggior divertimento e forza.
Girolamo Menghi cita difatti due casi, seppur differenti l’uno dal-
l’altro, in cui le persone colpite erano persino due religiosi.
Il primo è quello di «un certo uomo in Boemia, d’una città chiamata
Dachono, il quale avendo un figlio unico e sacerdote; per causa
della sua liberazione (perché era posseduto dal demonio) lo con-
dusse a Roma»36. Il frate viadanese riporta l’intera dinamica di que-
st’evento, esponendo anche le motivazioni per le quali il demonio lo
aveva attaccato:
Perché, essendo interrogato da me, come contro il consueto modo di
parlare agli spiritati, per quanto tempo fosse capace di ragione; mi ri-
spose. Io solamente allora sono privato della ragione, quando voglio ce-
lebrare la messa oppure visitare i luoghi sacri; & tra tutte le altre cose
che il demonio con la mia bocca ha proferito nelle sue parole, questo ha
detto, che siccome fin’ora gli avevo fatto maggior dispiacere nel predica-
re al popolo; così egli ora per nessun modo mi avrebbe lasciato predica-
re; perché egli (per quanto riferiva il padre) era stato grazioso predicato-
re e amato da tutti37.

Il secondo, invece, era un grande religioso che aveva desiderato ar-


dentemente la possessione demoniaca per potersi liberare del vizio
di superbia che lo stava opprimendo e per poter mettere alla prova
la sua fede:
Essendo celeberrimo al mondo e sentendosi di essere tentato di vana-
gloria, e con gran forza facendo resistenza a tale peccato, nondimeno
per più essere umiliato, con tutte le viscere del suo cuore pregava Iddio,
che gli permettesse di essere vessato dal diavolo per spazio di cinque
mesi; il che, essendogli concesso da Dio, essendo incontinente tanto era
travagliato, bisognò legarlo e applicargli tutte quelle cose che si sogliono

35
O. FRANCESCHINI, Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi...cit., p. IV.
36
Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica, ...cit., pp. 156-157.
37
Ivi, p. 158.
120 DAVIDE BALZANO

applicare agli altri spiritati & vessati dal demonio; e finito che fu il quin-
to mese, totalmente fu liberato, tanto dalla vanagloria, quanto dal de-
monio38.

In questi due casi si espongono due concezioni della massima im-


portanza all’interno del sistema menghiano: la prima è che, come
sosteneva San Tommaso, «tale vessazione […] appartiene alla ragio-
ne della pena che della colpa; sappiamo per certo che le pene corpo-
rali di questa presente vita, non sempre sono date per punizione
della colpa; perché alcune volte non sono imposte a quelli che pec-
cano e alle volte sono date a quelli che non peccano»39.
Inoltre, come si nota nel secondo aneddoto, si capisce anche quale
sia il motivo per cui Dio permette che il demonio possa sfruttare un
simile potere: oltre che per punire i peccatori, il fatto che il male
agisca in modo fisico nel mondo fa sì che gli uomini di fede possano
esaltare la grandezza della loro spiritualità e in tal modo mettano in
risalto la forza del bene. A Dio, come afferma espressamente il
Menghi, «conviene lasciare operare la malizia del diavolo»40, per po-
ter far risaltare le azioni dei giusti.
Giunto dunque alla certezza circa la presenza del maligno, il sacer-
dote doveva iniziare i riti liberatori; diverse circostanze erano tutta-
via necessarie affinché questi sortissero effetto.
L’esorcista, innanzitutto, deve essere ben preparato circa tutte le
possibili astuzie del demonio, le sue abilità, i trucchetti che usa, il
modo in cui svolgere l’esorcismo; Girolamo Menghi riassume velo-
cemente tutte le conoscenze di cui devono essere in possesso tutti
coloro che volessero intraprendere tale mestiere:
L’esorcista abbia cura di conoscere tutto quello che riguarda l’arte
dell’esorcismo e anzitutto il modo che il diavolo adopera per entrare nei
corpi umani. Deve sapere se il malato è stato colpito da maleficio o no;
inoltre deve sapere quali sono i segni da cui si riconosce se qualcuno è
indemoniato o colpito da un maleficio; quali segni si manifestano quan-
do si esorcizza un ossesso; quale atteggiamento tiene il diavolo uscendo
dal corpo degli ossessi. Infine bisogna che si conoscano in anticipo le
malizie e gli inganni che usano i demoni per indurre all’errore l’esorcista,
cose tutte di cui abbiamo già parlato prima e che si trovano anche nel
nostro “Bastone dei Demoni”41.

Escluse le sue opere, non vengono mai fornite dall’autore altre indi-
cazioni su letture o scrittori particolari che potrebbero aiutare un
novizio nell’apprendere l’arte dell’esorcismo; la cosa più probabile è
38
Ivi, p. 154.
39
Ibidem.
40
Ivi, p. 73.
41
Ibidem.
GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 121

che, viste le conoscenze ecclesiastiche di alto rango di cui godeva, i


suoi principali seguaci fossero persone già versate in campo teolo-
gico, quindi le indicazioni implicite da lui fornite erano più che altro
i rimandi a San Tommaso, Silvestro Priero, San Bonaventura e
Sant’Agostino che il viadanese spesso operava; la pratica per stra-
da, altro elemento spesso indicato quale miglior modo di districarsi
tra le mille sfaccettature di questo mondo, restava il metodo miglio-
re per accrescere la propria abilità nella «più faticosa di tutte le
opere di misericordia»42.
Anche la rettitudine del sacerdote è un aspetto da non sottovaluta-
re: egli deve avere una fede ferma, salda nei suoi principi, priva di
alcun dubbio sui misteri di Cristo e della chiesa cattolica; deve con-
fessarsi e fare una costrizione dolorosa dei peccati, poiché se non
sarà completamente pentito delle sue azioni peccaminose, il demo-
ne potrà scoprirle e usarle per metterlo in difficoltà, togliergli credi-
to di fronte agli astanti, far vacillare il suo potere; ai demoni difatti
sono nascosti solamente quelli perdonati da Dio, i quali restano
all’infuori della loro podestà43.
L’esorcista deve poi essere conscio del fatto che è solo un mero stru-
mento di Dio; quando opera il rituale egli non deve aspettarsi nulla
di preciso, bensì deve rimettersi nelle mani del Signore e attendere
che Egli decida come intervenire su quell’evento.
Anche il modo in cui proferirà gli ordini e i comandi è fondamentale:
ciò va fatto con voce forte, sicura, risoluta, non debole o tremolante,
altrimenti i demoni rideranno delle sue parole invece che rimaner-
ne intimoriti44.
Un aspetto sorprendente sta nel fatto che, a detta del Menghi, non
è strettamente necessario che a svolgere il rituale sia un religioso,
bensì può farlo anche una persona qualsiasi; nel Compendio, al
capitolo IX del terzo libro, afferma che:
nel conferire di tutti gli ordini sacri si conferisce anche la podestà di
poter esercitare questo, ovvero quell’altro ufficio, verbi gratia, di leggere
l’epistola, il Vangelo e così di ciascun ordine; l’ufficio dunque del scon-
giurare quantunque appartenga all’esorcista, che ha tale autorità per
l’ordine; nondimeno lecitamente può essere fatto anche da quello che
non ha tal’ordine45.

Poco dopo cita anche un piccolo aneddoto da lui conosciuto, di una


giovane vergine la quale era riuscita a guarire un uomo da un ma-

42
G. MENGHI, Il Flagello dei Demoni...cit, p. 12.
43
Ivi, pp. 12-13.
44
Ivi, p. 13.
45
Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 288.
122 DAVIDE BALZANO

leficio al piede con un’Orazione Domenicale e un simbolo apostolico


vale a dire con un Pater e un Credo46.
Affinché si possa essere certi di compiere nel modo giusto il rito,
Girolamo Menghi fornisce cinque indicazioni fondamentali da se-
guire per non cadere nella spirale della superstizione:
- La gloria di Dio va sempre considerata il fine principale.
- Non bisogna portare l’uomo al vizio, bensì placarne la brama.
- Il rituale deve essere svolto secondo la tradizione della chiesa
cattolica o seguendo la Sacra Scrittura.
- Bisogna essere certi che al gesto corrisponda l’effetto voluto.
- Non bisogna in alcun modo scatenare scandali47.
Vi sono poi sette ulteriori consigli, forniti dal Menghi, che l’esorcista
dovrà assolutamente tenere a mente se vuole sperare nella buona
riuscita delle sue azioni:
- Il praticante non deve usare parole di cui non conosce il signifi-
cato o correrà il rischio di invocare, anche solo inconsapevol-
mente, altri demoni.
- Non vanno utilizzati per lo stesso motivo nomi a lui sconosciuti.
- Non bisogna mai dire bugie o falsità; essendo questo un pecca-
to, il demonio ne trarrebbe potere.
- Non si devono porre sull’indemoniato cose vane; piuttosto è
meglio limitarsi al segno della croce.
- Il sacerdote non deve porre le sue speranze in nulla all’infuori
della podestà divina.
- L’esorcista sia concentrato sulle parole sacre che sta recitando;
qualsiasi altro fattore esterno non deve distrarlo in nessun modo.
- L’effetto che ci si deve aspettare è quello che Dio concede, quin-
di non bisogna avere aspettative di alcun genere48.
Un altro dettaglio fondamentale è il giorno scelto per l’esorcismo: la
domenica, dopo la messa, è il momento migliore per l’ufficio, ma
anche le festività, quali il Natale, la Risurrezione e l’Ascensione di
Cristo o la Pentecoste, sono più efficaci degli altri49.
Quanto al luogo, quello ideale è la chiesa, ove le nostre preghiere
sono più incisive e hanno più potere sui demoni, piuttosto che nelle
case private, posti in cui spesso ci sono “cose vergognose”; qualora
tuttavia, per qualsiasi motivo, il paziente non avesse modo di spo-
46
Ivi, p. 289
47
Ivi, pp. 279-281; vedere anche G. Menghi, Il Flagello dei Demoni...cit., pp. 31-32.
48
Ivi, pp. 282-283; vedi anche G. MENGHI, Il Flagello dei Demoni...cit, pp. 32-33.
49
G. Menghi, Il Flagello dei Demoni...cit., p. 40.
GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 123

starsi, ogni luogo andrà bene50.


Girolamo Menghi si mostra favorevole anche alla possibilità di agire
nella sfera pubblica, poiché «l’ordine dell’esorcistato è uno dei sette
ordini sacri della chiesa, che non agisce mai di nascosto, ma tutto
compie pubblicamente»51; lo stesso Gesù Cristo, ci ricorda il frate,
«cacciò i demoni dai corpi umani alla presenza della folla»52. Tale
pratica conserva poi, a livello religioso, un forte valore positivo per
la comunità che vi assiste, dal momento che «si può scorgere la
malizia dei demoni, si rinforza la fede, si manifestano la misericor-
dia e la potenza di Dio»53.
Prima che le orazioni e gli scongiuri abbiano inizio, inoltre, il posse-
duto deve fare una contrizione dei peccati e si deve confessare54;
anche l’eucarestia è della massima importanza, poiché il corpo di
Cristo «è un fuoco che brucia e arde contro gli spiriti maligni»55.
Emerge, da un simile studio, un fatto fondamentale: nonostante le
svariate pratiche, azioni, gesti, liturgie, che i preti e i sacerdoti pote-
vano svolgere, ogni cosa resta sempre e comunque sottomessa a un
unico potere: quello di Dio, il quale ha la podestà di decidere ogni
cosa e intervenire su tutto.
È in questo quadro che va inserito il meccanismo dell’esorcismo:
tale atto, difatti, resta, in un mondo in cui il demonio è ovunque e
Dio agisce sempre e in ogni luogo, l’unico strumento in possesso
dell’umanità per cercare di combattere la piaga diabolica, la sven-
tura maggiore in cui ogni persona potrebbe imbattersi.

Conclusione
Per capire il reale significato dell’opera di Girolamo Menghi,
è errato limitarsi all’erudizione e all’ampiezza di citazioni ecclesia-
stiche che si ripercorrono nell’arco delle pagine da lui scritte: biso-
gna piuttosto inserirle nel panorama culturale e religioso, incredi-
bilmente variegato, in cui agì il frate viadanese.
Egli non fu, difatti, solamente un esorcista, bensì rappresentò, in
un secolo dominato dall’incertezza, una risposta spirituale e antro-
pologica ai mille piccoli drammi interiori cui un uomo del XVI seco-
lo poteva imbattersi.

50
Ivi, pp. 39-40.
51
Ivi, p. 43.
52
Ibidem.
53
Ivi, p. 44.
54
G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 295.
55
Ibidem, vedi anche G. MENGHI, Il Flagello dei Demoni...cit., p. 22.
124

Sarebbe altrettanto inutile, se non puramente speculativo, cercare


di rintracciare un arco di patologie o eventi medici che possano
spiegare quali fossero in realtà le sofferenze che attanagliavano gli
individui cui si diagnosticava la possessione diabolica; al di là del
fatto che il livello dello sviluppo della scienza medica del tempo esclu-
deva tendenzialmente gran parte dei fenomeni psichiatrici, nonché
i disagi di ordine psicologico, va sottolineato come il frate di Viadana,
agendo sulla sfera interiore dell’uomo, avesse portato una serie di
rimedi, il più delle volte coronati, a sua detta, col successo, in grado
di lenire tali sofferenze.
Certamente il dovere di uno storico o di uno studioso, nell’imbatter-
si in questo tipo di dettagli, resta quello di considerare come falsa
ogni pretesa di presenza paranormale o demoniaca; tuttavia, come
afferma il famoso antropologo Ernesto De Martino «se e in che mi-
sura i poteri magici sono reali è questione che non può essere deci-
sa indipendentemente dal senso della realtà che qui fa da predicato
del giudizio. Ma questo senso può essere appreso solo entro la
individuazione del dramma storico del mondo magico»56.
Girolamo Menghi, insomma, è una figura dall’altissimo spessore
culturale, proprio perché, inserendosi prepotentemente nel mondo
in cui viveva, riuscì, con pratiche più o meno accettabili, a portare
un ventaglio di sicurezze laddove ogni cosa veniva presentata come
completamente esclusa dal potere umano.

ABSTRACT
The essay deals with Girolamo Menghi, personage who was not very
well known in the time of the Counter-Reformation, directly involved in
the religious dynamics shaking those years. The analysis of his life and
of his thought reflects the difficulties anyone would encounter when un-
dertaking the hard job of the exorcist.
The essay is divided into two parts: the first examines the life of Menghi,
his publications, the tasks he had been given and the ties he had estab-
lished during his whole life; in the second part the elements of his theory
are outlined: what preparation he would indicate to priests in order to
start the exorcist career, which were the typical symptoms of the pos-
sessed, how the ritual should develop. In the second part of the essay
the main points of his theological thought are also described.

56
E. DE MARTINO, Il mondo magico, prolegomeni a una storia del magismo, Torino, Bollati
Boringheri, 2007, p. 69.

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