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filosofia=immagine ancillare nei confronti della teologia, la filosofia serve a creare preambula

fidei. Insomma non si viveva la dimensione filosofica come dimensione autonoma ma


funzionare alla teologia (scienza di Dio, ma essa volta attraverso la liberazione, il cui testo
per eccellenza è la Sacra Scrittura: in particolare il nuovo testamento i quattro Vangeli
[perché sono i cosiddetti Vangeli canonici cioè stabiliti e resi validi dal magistero della
Chiesa e riconosciuti come testi imprescindibili dei quali non si può fare nemmeno e resi
fondamentali dal magistero, ricordiamoci anche gli atti degli apostoli e infine apocalisse,
intesa come la rivelazione oggi, l'annuncio della parusia e del del ritorno del divino tra gli
uomini]

La verità rivelata influenzava tutti gli ambiti: espressione culturale, la scienza (bestiario,
lapidario), la filosofia, la società, la storia (che per gli uomini del Medioevo dinanzi alla
centralità della teologia era disegno provvidenziale del divino in cui gli uomini lasciano le loro
orme come se ci fosse una teleologia cioè un finalismo in cui tutto fosse proiettato verso
l'aldilà)

La filosofia pur con questo valore funzionale, pur al servizio della teologia, aveva riferimenti
differenti:

1. Platone
2. Aristotele

Ma sono così diversi? Tra l'altro Aristotele era stato allievo di Platone.

Quale era il fattore caratterizzante del fradonismo? Era questa affermazione che il mondo
era copia, ovvero imitazione imperfetta delle Idee divine che rimanevano nell'uomo innate,
ma di cui l'uomo aveva una memoria non perfetta. Quindi c'era il cosiddetto innatismo del
vero che ciascun uomo aveva delle Idee che erano immagini della creazione.
Platone non parlava di creazione, ma parlava di un demiurgo (=di un artefice e l'uomo
aveva memoria e delle idee innate del demiurgo).
Su questo platonismo e su questa serie organica di costruzione filosofica che parte da
Platone, si innestano i mistici medievali, cioè viene cristianizzato quasi facilmente la figura
del demiurgo artefice, viene assimilata a quella del Creatore, e avendo delle Idee innate c'è
una conoscenza per intuizione, andiamo a riattingere alle Idee innate che sono richiamo del
demiurgo. Quindi questi ideali ascetico-critici, il platonismo attraverso l'opera di
Sant'Agostino giunge sino ai frati francescani, i quali privilegiano (e non escludono l'altro)
questo aspetto mistico ascetico che rattinge al platonismo.
Tutto questo trova il suo interprete più alto in Bonaventura da Bagnoregio che è un
francescano che vive tra 1221 e 1274.
Mediazione decisiva per il platonismo dell'origine è quella di Sant'Agostino, vescovo di
tagaste, teologo, grande mediatore della cultura cristiana per tutto il continente.

Aristotelismo (se prima era privilegiata la conoscenza per intuizione quindi gli aspetti
mistico ascetici) qui invece è la ragione nella sua pienezza. Con Aristotele parliamo di
razionalismo quindi non una conoscenza per divisione, ma una conoscenza per sillogismi:
cioè una conoscenza razionalistica.
Il contributo all’aristotelismo viene dalla conoscenza dei testi del grande filosofo Aristotele,
attraverso gli arabi, in particolare attraverso Averroè che privilegia gli aspetti naturalistici
legati anche alle sensazioni, anche al mondo naturale e alla scienza.
Non sempre la Chiesa si dimostrò disponibile, perché la mediazione degli arabi e di Averroè
rischiava di essere deviante e solo il progresso di tempo verso un XI-XII secolo
l'aristotelismo prese il sopravvento per merito di Tommaso d'Aquino, grande filosofo e
teologo (1224-1254).
Abbiamo una linea francescana cioè quella di Bonaventura da Bagnoregio e una linea
domenicana che è quella di Tommaso d'Aquino.

Intorno al XIII secolo, ci fu la nascita di due nuovi ordini religiosi: quello francescano di
San Francesco d’Assisi e quello dominicano di Domenico de Guzman.
Entrambi rinunciarono all’isolamento praticato dalle forme di vita monastica precedenti e
concepirono il servizio di Dio come azione nel mondo, infatti in questi nuovi ordini si parla
di frati al servizio della comunità.
Inizialmente la Chiesa ostacolava questi due ordini, ma a partire dal 1216 per quello
domenicano e dal 1223 per quello francescano li accettò.
Questi ordini “mendicanti” sono stati molto importanti per aver difeso ed aiutato i più poveri
e per aver favorito lo sviluppo della cultura, della letteratura laica e cittadina; questo
perchè furono capaci di introdurre un mondo nuovo e diretto di comunicare con i fedeli,
utilizzando il volgare.
Fondamentale fu anche la loro lotta contro i movimenti ereticali.

La Chiesa adotta l'aristotelismo di San Tommaso che prende il nome di Tomismo; la scuola
tomistica diventa prevalente all'interno della Chiesa cattolica e il tomismo diventa dottrina
della Chiesa.
Organizzandosi, dice il tomismo, la cristianizzazione del pensiero aristotelico e privilegia la
ragione e il razionalismo quindi noi abbiamo due versanti molto differenti (ci furono anche
battaglie non solo ideologiche anche per conquistare una cattedra a Parigi).
Quindi la ragione è autosufficiente almeno nel mondo sensibile, questa affermazione aveva
odore di eresia, perché se la ragione autosufficiente nel mondo sensibile significa che anche
in altri ambiti può diventarlo e questo mette in crisi il magistero della Chiesa e il primato della
teologia.

Ci sono aristotelici averroistici, come Sigieri di Brabante, subito tacciati di eresia e eliminati.

La sintesi della Chiesa è operata in nome del tomismo con riconoscimento anche della via
intuitiva acetica e una mediazione sono un esempio tra il francescanesimo di San
Bonaventura da bagnoregio e domenicani e il tomismo di San Tommaso d’Aquino.

Se noi andiamo a leggere Dante Alighieri nella sua Commedia (divina a partire da
Boccaccio) noi vedremo un'asse portante che il tomismo ma ho fortissime inserzioni di
francescanesimo: Dante studierà sia presso la scuola dei domenicani che presso la scuola
francescana e dedicherà come dodicesimo canto a Francesco d'Assisi.

La ricchezza della filosofia se pure funzionale alla teologia, se pure ancillare nei confronti
della teologia, è ricca di riferimenti che afferiscono e risalgono a due grandi filosofi: Platone
e Aristotele.

Dante scriverà la Divina Commedia come viaggio, per cui è una metafora straordinaria in cui
si parte dall'intimo alla tribuna dell'universo, cioè dal degrado e dalla corruzione di Satana, e
attraverso le sofferenze egli giungerà al trionfo nel Paradiso. Perché il critico subito aveva
stabilito che quello di Dante era a casa itinerario (mentis in deum) cioè un lungo percorso
della mente perché è come se dal limitatezza dell'uomo riuscisse a immergersi
nell'onnipotente Dio, ed è una forma che fa attenzione ai razionalisti.

Alla Chiesa spettava la prerogativa di interpretare le Sacre Scritture, quindi gli uomini della
Chiesa erano o esegeti (colui che interpreta il testo sacro all'interno del magistero della
chiesa) o apologeti (difensori della fede che difendono la centralità della rivelazione del
magistero della Chiesa e si scagliano contro gli eretici).
I due grandi ordini che nascono, sono nel nuove colonne su cui si regge la grande
costruzione del popolo di Dio, la chiesa come sposa di cristo, i poveri, l'attenzione ai minimi
della terra, agli esclusi, ai disegnati e la conoscenza per intuizione anche mistico è difesa
della fede.

FRANCESCO D’ASSISI
Francesco nacque ad Assisi nel 1182 in una famiglia appartenente alla classe borghese. Il
padre era un ricco mercante che gli diede il nome di Francesco per omaggiare la terra di
Francia che lo rese ricco. Non era un illetterato come hanno ipotizzato ma aveva una cultura
approfondita sia nell'ambito filosofico, sia nell'ambito letterario: conosceva (essendo la
mamma francese) bene la letteratura provenzale, il romanzo in lingua d’oil, era insomma
una persona colta.
Durante il periodo della giovinezza egli mostrò propensioni per il mestiere delle armi e nel
1204 rimase prigioniero nella guerra tra Assisi e Perugia, purtroppo però si ammalò a
Spoleto e in questo modo riuscì a ritornare nella sua città natale.
Da questo momento in poi iniziò un periodo di travaglio interiore che lo portò nel 1206 a
mutare le sue abitudini di vita: infatti si ritirò in un eremo dedicandosi alla cura dei lebbrosi.
L’anno dopo, suo padre lo accusò davanti al vescovo e in quell’occasione Francesco si
spogliò degli abiti che indossava proprio per dimostrare il distacco rispetto alla vita
precedente una vita di lusso e di divertimenti e dichiarando di riconoscere come padre solo
“colui che è nei cieli”. A questo punto egli venne vestito con un sacco che diventerà il suo
saio ed ebbe successivamente il permesso dal Papa di creare l’ordine dei francescani (molto
importante per le innovazioni portate all’interno della Chiesa).
Iniziò una nuova vita che lo portò anche a distaccarsi dalla lingua latina (lui ha composto
diverse opere preghiere omelie di latino) e il cantico è l'unico testo che risulta dall’indagine
filologica attribuibile pienamente al santo, Gli ultimi anni della sua vita, egli li trascorse in
preghiera e solitudine, inoltre sono caratterizzati da dolore fisico e da preoccupazioni sorte
all’interno dell’ordine.
Egli inoltre ricevette le stimmate e la certificatio che consiste in una visione di Dio in cui
viene approvato il suo operato e gli viene preannunciata la sua salvezza eterna.
Morì nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226.

IL PROGETTO FRANCESCANO
Il progetto francescano si incentrò sul rinnovamento della fede cristiana attraverso qualsiasi
canale di comunicazione con i fedeli, fu così che nacque la figura del fratello francescano
(frate che girava per le strade e le piazze come un giullare narrando e inscenando storie). Il
presupposto di questa esperienza stava nella convinzione che ogni fenomeno terreno fosse
manifestazione di Dio.
Da questa religiosità e dalla loro nuova visione del mondo nacque la prima grande
produzione in lingua volgare italiana (la quale era legata al rinnovamento spirituale e alle
esigenze della predicazione pubblica e ha trovato come grandi interpreti San Francesco
d’Assisi e Iacopone da Todi).
IL CANTICO DI FRATE SOLE
Fu il più grande capolavoro di San Francesco composto nel 1224, quando il santo, dopo una
notte trascorsa tra il male che lo affliggeva agli occhi e il tormento dei topi, avrebbe avuto
una visione divina, che lo faceva certo della salvezza eterna.
Secondo alcuni, il cantico si divide in tre fasi:
1. 1224
2. 1225
3. 1226 (ultime 4 strofe, secondo una fonte, sono state scritte alla vigilia della sua
morte).
Il testo nasce come preghiera composta dal santo e messa a disposizione dei fedeli, inoltre
è costituito sul modello dei salmi e mantiene una matrice colta, però è rivoluzionario perché
è composto in volgare umbro ed è destinato alla recitazione pubblica accompagnato dalla
musica come un canto gregoriano (ad ogni sillaba corrisponde a una nota massimo due
note).
La prosa pertanto è ritmica, ricca di assonanze e di allitterazioni (suddivisa in versetti
sull’esempio dei Salmi biblici) quindi si presentava ad essere cantato, inoltre il ritmo è
dettato da quelli che sono i contenuti del canto e dall'emozione che vibra quando noi lo
leggiamo, parliamo quindi schema che dipende dalla emozioni che il Santo prova.
Il ritmo è vario ed è più sostenuto e più intenso laddove Francesco vuole sottolineare
alcune verità o alcune emozioni perché questa poesia è una poesia che sgorga non da una
ricerca letteraria, anzi è un canto unico anche se lui si ispira ai salmi, alle preghiere liturgiche
(Salve regina e credo) però non c'è nessun testo nell'antico testamento in cui tutta la natura
partecipa coralmente a questo canto in onore e per amore del suo creatore quindi le
creature poi sono legate da un legame intimo fraterno.
San Francesco è pertanto il primo nella letteratura mondiale che usa il termine di
fratello/sorella per: il fuoco, l'acqua, la terra, la pioggia e addirittura chiama sorella anche la
morte. Questo può destare stupore perché Francesco si entusiasma tanto per la bellezza del
creato e poi chiama sorella morte, la quale pone fine a questa visione meravigliosa che è
immagine della bellezza e della potenza di Dio.

Secondo alcuni il canto è dipartito:


● prima parte (versi 1-22) in cui appunto ci sono tutte le creature che elevano questo
cantico al signore per magnificare la sua bontà, il suo amore per tutte le creature;
● seconda parte (versi 23-33) che presenta la frase “guai a quelli ke morranno ne le
peccata mortali” la quale è una frase che rappresenta quasi un aspetto di carattere e
negativo nel senso che c'è un'ammonizione a prendere coscienza di quello che
accade nel mondo non soltanto di bearsi di contemplare la sua bellezza ma di
comprendere la responsabilità che noi, uno per uno, abbiano nel mondo di non
compiere atti contro Dio, contro la natura, ma soprattutto contro i nostri fratelli perché
sono loro che noi abbiamo di fronte.
Certamente immaginiamo di avere un padre nei cieli, ma abbiamo sempre a che fare con il
nostro prossimo e ci sono purtroppo ancora oggi degli aspetti veramente eclatanti in cui
manca non soltanto l'amore, ma anche il senso dell'importanza, del rispetto per la vita
dell'altro; e quindi Francesco ammonisce coloro che trasgredendo la volontà di Dio
calpestano la natura, calpestano gli altri e non sanno perdonare.

La parte finale, invece, è incentrata sulla tematica del perdono e dell'umiltà, quindi
nell’essere tanto umili da saper perdonare anche quelli che ci fanno del male così come il
Signore perdona noi, ed è in questo modo che noi non avremo più paura della morte ecco
perché essa diventerà nostra sorella, che ci aiuterà, ci prenderà per mano e ci porterà verso
il Signore in questa seconda vita: secondo Francesco se ci siamo comportati bene ci si
aprirà la visione beatifica di Dio e anche di tutti coloro che sono nella sua casa come i nostri
antenati e i nostri parenti che non ci sono più, ma non spiega bene cosa accadrà a coloro
che non rispetteranno la volontà di Dio, tratteranno male i loro fratelli, vorranno male alle
creature più umili della terra perciò dice guai.
Il linguaggio ha delle cadenze della regione di Francesco cioè dell'Umbria, quindi è un
volgare umbro nobilitato non nelle parole più strettamente dialettali perché lui desidera che
questo cantico venga diffuso in tutto il territorio nazionale.
Questo desiderio di farsi comprendere fa si che Francesco usi uno stile paratattico in cui le
proposizioni principali dominano sulle subordinate; ci sono alcune subordinate che sono
molto importanti perché quando Francesco usa alcune relative “la quale è multo utile” / “per
lo quale enallumini”, vediamo che c'è un'amplificazione del significato della proposizione
principale.

Un'altra problematica riguarda l'uso della preposizione “per” che può avere più significati:
● per mezzo;
● complemento di mezzo con il significato di attraverso;
● a causa;
● il terzo significato di “per” corrisponde al “par” francese che significa “da” quindi ha un
valore di complemento d'agente e in questa prospettiva è ancora più efficace perché
la lode è fatta da tutte le creature che vengono personificate e che hanno delle
qualità che non sono di semplici oggetti materiali ma hanno un fascino e uno
splendore che le pone a simboli di una realtà superiore, di una realtà spirituale.

Questo cantico è composto di 12 strofe olasse, di lunghezza diversa infatti ci sono strofe
con due versi e strofe con 5 versi, proprio perché non c'era un canone fisso. Inoltre queste
strofe sono ricche di assonanze (quando ci sono identità di suoni tra vocali) come ad
esempio soprattutto nella prima strofa la penultima sillaba dei primi dei quattro versi è ricca
di assonanze ci ci sono alcuni suoni ricorrenti come la “t” e la “p”. Poi c'è anche “Laudato
sii”che viene ripetuto molto volte e questa figura retorica viene definita anafora, la quale
serve per dare solennità ma vale anche come ritornello (riferimento alla musicalità del testo).
Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’
le laude, la gloria e l’honore et onne abbiamo tre aggettivi che si riferiscono al
benedictione. Signore, ovvero “Altissimo, onnipotente,
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu bon”, dove quest’ultimo è il più forte che ha
homo ène dignu te mentovare. l’accento più intenso e sottolinea la bontà di
Dio (gli aggettivi sono tripartiti).

Successivamente ritroviamo quattro


sostantivi che formano un climax anche se
PARAFRASI: hanno tutti una valore molto forte “la lode, la
A te Signore che sei altissimo, onnipotente, gloria, l'onore e ogni benedizione spettano
buono, a te sono dovute tutte le lodi, le a te”.
glorificazione, gli onori e ogni benedizione.
A te solo altissimo si addicono e nessun so’ →apocope
uomo è degno di menzionare il tuo nome.
“e/et” → polisindeto

“nullu”, “dignu” → allitterazione

troveremo anche alcuni latinismi come:


Questi versi rappresentano una premessa a “laude”, “onne”, “benedictione”, “nullu
tutto il Cantico, una PRAEFATIO (=valore homo”.
introduttiva) in quanto si tratta di un canto Sono presenti anche termini umbri come:
liturgico che si intonava anche durante le “Altissimu”, “konfàno” che vuol dire
funzioni sacre. spettano, “dignu te mentovare” (questa
espressione ci ricorda il 2° comandamento
“Non nominare il nome di Dio invano”.
Questa sembra una contraddizione in
quanto più volte lo chiama “Signore” ma
questo termine non è il nome di Dio ma è
un appellativo, in quanto il nome di Dio
nessuno lo conosce, per cui si usano
appellativi come “onnipotente” o “Signore”).

ène → epitesi (sillaba che si aggiunge


dopo) [se la sillaba si aggiunge prima si
chiama protesi]

Da questo momento in poi inizia il vero Cantico:

Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue La prima creatura a cui è affidata la lode di
creature, spetialmente messor lo frate sole, Dio è il signore di tutta la natura (il sole è al
lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu centro ed era simbolo di Dio).
è bellu e radiante cum grande splendore, Lo chiama “messor” il quale era un termine
de te, Altissimo, porta significatione. onorifico che veniva attribuito ai lari e a tutti
coloro che avevano un ruolo di primo piano
nella società medievale (duchi, principi), ma
accanto a questo epiteto della supremazia
del sole c’è anche il senso di fratellanza: il
sole è anche un nostro fratello, per cui non
va visto soltanto come un qualcosa che ci
sovrasta e ci condiziona ma è “frate”.
“et allumini noi per lui” è un’espressione che
PARAFRASI: ci fa comprendere come il sole sia al
Sii tu lodato, mio Signore, insieme a tutte le servizio di Dio per illuminarci.
tue creature, specialmente messer sole,
nostro fratello, il quale ci porta la luce del Anche in questa parte ritroviamo tre
giorno e tu ci illumini grazie a lui. Esso è aggettivi (“bellu”, “radiante”, “cum grande
bello, raggiante, con grande splendore, è splendore”) i quali formano un CLIMAX
simbolo di te, o Altissimo. (=parole consecutive. Esso può essere:
➢ ascendente, quando c’è
un’intensificazione del significato;
➢ discendente, quando da un
elemento molto alto si passa man
mano a quello sempre più umile)
attraverso questi tre aggettivi, è
possibile percepire l’emozione di
San Francesco (scrisse questa
poesia negli ultimi anni della sua vita
caratterizzati dalla cecità, per cui
questo splendore lui non lo vede
con gli occhi fisici ma con gli occhi
dell’anima per cui questo senso è
ancora più forte).

“de te, Altissimo, porta significatione.” vuol


dire “il sole è simbolo di te, o Altissimo”
questo si ritrova anche in Dante nelle sue
Epistole, e nel rigo 7 paragona l’imperatore
che era sceso in Italia a portare la pace e
l’ordine, ad un sole raggiante (=Dio).

Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le Anche qui c’è una tripartizione degli
stelle, in celu l’ài formate clarite et aggettivi (3 aggettivi posti uno di seguito
pretiose et belle. all’altro: ”clarite”,”pretiose”, “belle”), però in
questo caso non possiamo dire che ci sia
un climax in quanto gli aggettivi hanno lo
stesso valore e la stessa intensità; piuttosto
va notata la presenza del polisindeto “et”(il
quale è un termine in latino con la
consonante finale che rafforza ancora di più
il polisindeto), il quale indica come gli
PARAFRASI: aggettivi siano uniti dalla presenza di una
Sii lodato mio Signore, da parte di sorella congiunzione.
luna e le stelle per averle creato in cielo:
luminose, preziose e belle. “l” → allitterazione

“in celu l’ài formate” riferimento al


secondo libro della Genesi (7,19) quando
Dio creò le stelle in cielo.
pretiose → non perchè in sè hanno pregio,
ma perchè donano agli esseri umani la luce
ed illuminano la notte che altrimenti
sarebbe buia [metafora: notte=peccato]
Non a caso dopo il sole nomina la luna e le
stelle in quanto sostituiscono il sole nel
momento del buio.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et “per lo quale a le tue creature dài
per aere et nubilo et sereno et onne tempo, sustentamento.” = grazie all’alternanza di
per lo quale a le tue creature dài sole, vento, pioggia, si crea l’armonia ed è
sustentamento. resa possibile la vita di tutte le creature,
soprattutto delle piante che hanno bisogno
dell’acqua.
PARAFRASI:
Sii lodato, mio Signore, dal fratello vento e il “et” → polisindeto
tempo nuvoloso, il sereno ed ogni
variazione atmosferica per mezzo delle “vento”-”sustentamento” → rima
quali rendi possibile la vita di tutte le tue “vento”-”tempo” → assonanza
creature.

tra le strofe c’è un collegamento (acqua necessaria alle piante → sorella acqua)

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la “et” = polisindeto


quale è multo utile et humile et pretiosa et
casta. “pretiosa” → aggettivo dal valore emotivo
fortissimo in quanto a quei tempi era difficile
approvvigionarsi d’acqua, non c’erano più
PARAFRASI: gli acquedotti come al tempo dei romani.
Sii lodato, mio Signore, da sorella acqua la
quale è molto umile, utile, preziosa e casta. “casta” → fa riferimento alla purezza
dell’acqua non inquinata.

“aqua”-”casta” → assonanza

Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per In questa parte sono presenti addirittura 4
lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello aggettivi che indicano il fuoco: “bello”,
et iocundo et robustoso et forte. “iocundo”, “robustoso”, “forte”.

“et” = polisindeto
“l” → allitterazione
PARAFRASI:
Sii lodato, mio Signore dal fratello fuoco per “robustoso et forte” → due aggettivi di
mezzo del quale illumini la notte, e lui è significato simile comportano un
bello, gioioso, vigoroso e forte. rafforzamento di quell’aggettivo. Questa
figura retorica si chiama ENDIADI (=con
due aggettivi ci si riferisce ad un solo
concetto”).
collegamento con la filosofia antica: i 4 elementi che formavano il cosmo : aria, terra, acqua
e fuoco. San Francesco assimila questa cultura che traspare ma non ha voluto sfoggiarla, e
la esprime in maniera semplice in modo tale da essere compreso anche dagli analfabeti.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra La terra non è solo sorella, ma anche la
matre terra, la quale ne sustenta et nostra madre (così come il sole era il nostro
governa, et produce diversi fructi con signore/padre).
coloriti flori et herba.
“et”=polisindeto

PARAFRASI: “r” → allitterazione


Sii lodato, mio Signore, dalla nostra sorella
madre terra, la quale ci mantiene e ci “herba” → inteso anche come piante
alimenta, e produce diversi frutti con fiori anch’esse fondamentali per il
variopinti ed erba. sostentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke


perdonano per lo tuo amore, et sostengo Dopo la lode da parte di tutte le creature, il
infirmitate et tribulatione. Signore viene lodato per coloro che sanno
perdonare, non dice espressamente “Sii
lodato mio Signore per aver creato l’uomo”
altrimenti sarebbe una lode generica di tutti
gli uomini, ma sottolinea la lode per gli
PARAFRASI: uomini che sanno perdonare per il tuo
Sii lodato, mio Signore, per coloro che amore, e lo fanno anche quando non
perdonano per il tuo amore, e sostengono dovrebbero.
malattie e sofferenze.
Questa particolarità di aver presentato
l’uomo dopo aver descritto la bellezza delle
creature, a noi parrebbe una stonatura e
invece questa è la lode più alta che possa
fare a Dio: pur nella sofferenza, bisogna
essere consapevoli dell’amore di Dio.

“et”=polisindeto

Beati quelli che ’l sosterrano in pace, ca Richiamo al Vangelo, in particolar modo alle
da te, Altissimo, sirano incoronati. Beatitudini.

PARAFRASI:
Beati coloro che le sopporteranno
serenamente, poichè da te Altissimo
saranno incoronati/premiati.

Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra La sorella morte loda il Signore. La morte
morte corporale, da la quale nullu homo del corpo, avviene anche attraverso delle
vivente pò skappare: guai a quelli che sofferenze (=collegamento logico con la
morrano ne le peccata mortali; strofa precedente).
Beati quelli che trovarà ne le tue santissime
voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà “guai a quelli che morrano ne le peccata
male. mortali” → con peccati mortali si intendono
i peccati molto gravi come: omicidio, furto,
PARAFRASI: tradimento, e coloro che compivano questi
Sii lodato, mio Signore, dalla nostra morte peccati, se non si fossero pentiti sarebbero
fisica, dalla quale nessun uomo può andati incontro a delle pene mortali molto
scappare, e guai a coloro che moriranno nel gravi le quali verrano poi raccontate e
peccato mortale. approfondite da Dante (proprio per questo,
Beati coloro che troveranno nelle tue alcuni sostengono che la Commedia di
santissime grazie (avranno obbedito Dante sia una sorta di proseguimento del
sempre ai tuoi comandamenti), che la Cantico). Inoltre questo è un riferimento al
seconda morte non farà loro del male. libro dell’Apocalisse.

trovarà → apocope

seconda morte: morte dello spirito

Laudate et benedicete mi’ Signore’ et Rappresenta il congedo del Canto, come se


ringratiate et serviateli cum grande dicesse a quest’ultimo: “vai e diffonditi tra la
humilitate. gente”. O dice alla gente:”andate e
diffondete questo canto”.

PARAFRASI: Secondo alcuni “Laudate et benedicete” è


Lodate e benedicete il mio Signore, un’espressione che si riferisce alle cose,
ringraziatelo e servitelo con grande umiltà. mentre per altri si riferisce ai fedeli, i quali
hanno il compito di propagare questa
buona novella.

“et” =polisindeto

Prima parola: “Altissimu” → dedicata al


Signore;
Ultima parola: "Humilitate" → descrive
l’essenza dell’uomo, innalzandolo verso
Dio.

La risposta ai catari
Ai tempi di Francesco d’Assisi, la Chiesa era sempre in guerra: promuoveva crociate per il
recupero della Terrasanta, ma anche contro i suoi nemici politici, gli eretici in generale e in
particolare i catari.
I catari (dal greco “catharòs”=puro) erano presenti nella Francia meridionale e nell’Italia
settentrionale e centrale, essi vivevano in modo molto semplice e povero ed inoltre erano
contrari alla guerra. Pensavano che esistessero due divinità, sempre in lotta fra di loro: il Dio
del bene, autore di tutto quello che è spirituale, e il Dio del male, autore della materia e di
tutte le cose create.
Alcuni studiosi hanno letto il Cantico come una risposta ai catari, in quanto si tratta di un
testo volto a mostrare la bontà di tutto il creato.

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