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Patrologia I

È detta anche στρωματεις cioè insieme, raccolta di dati e informazioni, e questa prima parte del
corso arriverà fino al 325, cioè al concilio di Nicea.
Tutti i padri della letteratura fino al III secolo riflettono e scrivono sul Vecchio e sul Nuovo
Testamento, su quella che si chiama Divina Rivelazione, e si distinguono in:
 Apostolici
 Apologetici
Entrambe le tipologie risalgono a subito dopo gli apostoli. Questo periodo aureo va dal concilio di
Nicea (325) a quello di Calcedonia (451)
 Gnosticismo
 Arianesimo
 Nestorianesimo
 Monofisismo
Queste sono solo alcune delle eresie che aiuteranno in realtà a definire sempre più e sempre meglio
il mistero e la dottrina della Chiesa. San Efrem in oriente e sant’Ambrogio in occidente (detto anche
il pavone dei padri orientali) contribuiranno anche sul piano della musicale. La patrologa classica è
questo insieme di riflessioni che vanno dal I al VII secolo d.C.
Nella patrologia orientale siriaca ci sono padri che fanno onore al loro nome, così come in occidente
abbiamo Tertulliano, Cipriano, Agostino, Leone Magno e Gregorio Magno che, insieme alla
teologia orientale, hanno sviluppato la teologia del mistero. Dal primo secolo si sviluppa una
autocoscienza della Chiesa in pellegrinaggio secondo il momento storico di quel tempo, secondo il
pensiero storico e la cultura del tempo, fino ad arrivare all’Editto di Milano del 313 d.C. con cui
Costantino concede la libertà di culto anche ai cristiani, fino a farla diventare con Teodosio
religione ufficiale dell’impero nel 380 con l’Editto di Tessalonica. Non tutti quanti però
abbracciano il cristianesimo per fede o amore: c’è infatti anche un discorso di convenienza che,
però, va a discapito dei veri cristiani.

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Introduzione

Chi sono i padri e chi invece gli scrittori ecclesiastici?


Vincenzo di Lerins della Gallia meridionale (che si presentava con lo pseudonimo di Peregrinus),
nel suo Commonitorium del 434, appare come un semi-pelagiano, egli afferma che, per essere padre
scrittore ecclesiastico, ci vogliono 4 caratteristiche:
1. Ortodossia: diretta dottrina secondo la Chiesa.
2. Santità di vita: l’intelligenza e la conoscenza non bastano.
3. Approvazione ecclesiastica: la Madre Chiesa deve approvare che questo scrittore ha tutte le
carte in regola.
4. Antichità: un padre di oggi, per quanto bravo ed approvato sia, non può essere un padre
scrittore apostolico.
Questi devono quindi essere approvati come maestri della fede e vivere in spirito di unità e
comunione di vita, devono possedere vera dottrina cattolica ed essere sottomessi al Papa in unità di
pensiero e di sentimento. Tutti coloro che non posseggono interamente queste quattro caratteristiche
non possono essere padri scrittori ecclesiastici.

Con il nome Padri della Chiesa, si indica in senso largo i capi della Chiesa che erano vescovi,
arcivescovi, metropoliti, i quali dovevano tutelare l’autorità disciplinare e dottrinale; in seguito,
questo titolo venne attribuito a tutti coloro che lottano contro gli eretici e le eresie. Costoro sono (o
dovrebbero essere) i difensori della fede. La patrologia include e si estende anche agli scrittori
ecclesiastici, i quali sono come i padri della chiesa ma in loro manca uno o parte delle quattro
caratteristiche necessarie per essere padri. Con il termine padri della chiesa si è progressivamente
inteso il senso di:
 Padre della fede.
 Maestro della fede (con parole, scritti, testimonianze di vita).
 Rappresentante della traditio.

Metodologia della ricerca patristica

Fonti (pp. ix-xviii del libro di Altaner)

CCCM Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis


CChG Corpus Christianorum Series Graeca
CChL Corpus Christianorum Series Latina
2
CSCO Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium
CSEL Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum
GCS Die griechische christliche Schriftsteller
MGH Monumenta Germaniae Historica
NBA Nuova Biblioteca Apostolica
PG Patrlogia. Series Graeca
PL Patrologia. Series Latina
PLS Supplementum Patrologiae Latinae (3 voll.)
PO Patrologia orientalis
PS Patrologia syriaca
SCh Sources chretiennes

Dizionari
DPAC Dizionario Patristico e Antichità Cristiane
DThC Dictionnaire de Théologie Catholique
LTL Lexicon Totius Latinitatis (di Egidio Forcllini)
PGL Patristic Greek Lexicon (Lampe, Oxford)
ThLL Thesaurus Linguae Latinae

Cosa significa patrologia? Studio dei padri. Fu usato per la prima volta dal teologo luterano
Giovanni Gerhai nel 1653 ed indicava con questo le prime collezioni di patrologia, ovvero di:
 Eusebio di Cesarea crea una lista di padri della Chiesa fino al 324. Egli ha dimostrato che la
fede è razionale, non priva di logica e preparata da Dio dall’eternità fino all’avvento di Cristo
che ne è il culmine. Da una parte rifiuta ciò che nella filosofia greca è contro la fede cristiana.
 Girolamo, che estende la lista fino al suo tempo, con il De viriis illustribus seleziona gli
uomini ortodossi nella vera fede.
 Gennadio di Marsiglia continua il De viris illustribus di Girolamo fino al 480.
 Gelasio, con il Decretum Gelasianum che appartiene al VI secolo, estende la lista fino a suo
tempo e contiene sia i padri approvati che quelli non.
 Isidoro di Siviglia (618), semi-pelagiano, scrive anche lui un’opera di nome De viriis
illustribus e prende in considerazione gli uomini di Dio spagnoli.
 Ildefonso da Toledo (VII secolo) scrive ance lui un De viriis illustribus, ma con un interesse
più prettamente nazionale.

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 Sigelberto di Gembloux, monaco benedettino che scrive De viriis illustribus. Pur essendo già
nel tempo medievale, non riporta alcun autore bizantino.
 Fozio di Costantinopoli (858) è uno dei più grandi intellettuali bizantini e a Costantinopoli ha
creato la biblioteca myriobiblon e vi aggiunge le notizie dei padri della Chiesa dall’inizio fino
a suo tempo, raccogliendovi anche oltre 250 opere pagane e cristiane.
Come si può vedere, dopo la Sacra Scrittura e la Liturgia, questo ambito di studio è sempre stato
nella mente degli uomini di Chiesa. Se si vuole mettere un limite cronologico alla patrologia in base
all’antichità, per gli occidentali i padri risalgono fino ad Isidoro di Siviglia (636); per gli orientali
invece si arriva a san Giovanni Damasceno (739). Alcuni autori preferiscono spostare invece il
tempo dell’antichità fino al 1054 (scisma tra la chiesa d’oriente e d’occidente).
Quale era la lingua usata per scrivere i testi da parte degli scrittori ecclesiastici?
 Il greco della koiné dialektos, che si espanse dal III al VI secolo. Il greco bizantino che si
espande dopo continua sulla scia della koiné. Il greco era anche la lingua della Chiesa e dei
concili. È solo nel IV secolo che, accanto al greco, si iniziano ad usare le altre lingue locali.
 Sebbene già in uso dal II secolo con Tertulliano, dal IV secolo il latino inizia a sostituirsi al
greco. Nascono così autori che, pur conoscendo il greco o meno, scrivono direttamente in
latino e questo crea problemi nella comprensione. È Tertulliano che inizia a tradurre i termini
tecnici in latino. I martiri scillitani del 180 è uno dei testi latini più antichi che conosciamo ed
è completo. Nel 150 anche il Pastore d’Erma è già in latino, così come gli Atti e la Lettera di
Clemente romano.
 Dal IV secolo si inizia ad usare pure il siriaco al posto del greco. Tra gli autori che ricorrono
al siriaco si ricorda l’abate Efrem il siro.
 Si affaccia anche l’armeno, formata in modo scritto (prima era solo orale) grazie a Gregorio
l’illuminatore (IV secolo).
 Dall’egiziano si forma il copto, la lingua prima solo orale e poi introdotta per iscritto dai
monaci (IV secolo).
A livello di diffusione geografica, il cristianesimo è stato diffuso dalla diaspora giudaica: dove
scappavano gli ebrei, scappavano anche i giudei cristiani (ritenuti in origine una setta ebraica). Con
la distruzione di Gerusalemme del 70 e la persecuzione del 135, abbiamo una grande migrazione a:
 Nord (Galilea) e da lì poi verso la Siria (Dura Europos), la Transgiordania (Pella) e la
Mesopotamia (Edessa).
 Altra migrazione è al sud verso l’Egitto (Alessandria) e la Libia.
 A nord-est si va verso la Turchia odierna (Antiochia).

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 A nord-ovest verso l’Asia Minore (Grecia, Italia – Roma in particolare – Gallia, Spagna). Da
Roma ci fu poi l’espansione verso l’Africa.
La diffusione del cristianesimo fu anche grazie al giudaismo perché gli ebrei hanno migrato,
liberamente o in modo forzato, nelle zone dell’impero romano. E dove andavano, gli ebrei creavano
dei ghetti con al centro le sinagoghe, ghetti chiusi a chiunque non fosse ebreo. Questa chiusura ha
impedito la romanizzazione o la ellenizzazione. Quando poi le nuove generazioni non sapevano più
l’ebraico, si cominciò ad utilizzare il greco e così la Bibbia viene tradotta e poi letta in greco (la
LXX). Anche le preghiere ed i commenti iniziano ad essere in greco. Si verifica l’impatto tra gli
ebrei che non sanno più l’ebraico ed il greco, attraverso il quale entra la cultura greca.
Filone di Alessandria (90 a.c. – 45 d.C.) risente dell’esegesi fatta allegoricamente dagli stoici per
la interpretazione esegetica della Bibbia e del platonismo. Nonostante gli influssi filosofici greci,
Filone ed altri restano fedeli al tempio di Gerusalemme: si dimentica la lingua, ma non il centro.
Altro autore importante è Giuseppe Flavio di Gerusalemme (37 d.C. – 100 d.C.) che compone una
teologia politica incentrata su Israele ma con modo di scrivere e pensare della filosofia e della
politica greca.
Quando quindi i giudei cristiani fuggono, i pagani li considerano al pari di tutti gli altri ebrei –
ancora non si nota la distinzione – e vengono quindi accettati o rifiutati al pari di tutti gli altri ebrei.
I giudei cristiani si considerano eredi di tutte le promesse messianiche insite nell’Antico
Testamento. La loro visione del giudaismo è trascendentale/spirituale: essi pongono Cristo al centro
e nella Liturgia pongono al centro gli elementi ai quali Cristo aveva dato importanza. Si passa così
dal giudaismo al cristianesimo; la buona novella è annunciata innanzitutto nelle sinagoghe degli
ebrei e a tutti gli altri quando gli ebrei rifiutano. A motivo dell’incontro tra giudaismo-cristianesimo
con la cultura greca subentra il razionalismo ed i credenti convertiti iniziano ad essere razionalisti,
con gli influssi dello stoicismo (anima mundi – Logos, rettezza di vita), dell’epicureismo (il mondo
è prodotto dalle leggi scientifiche), dell’evemerismo (tutto ciò che sa di divinità sono personaggi
del passato mitologizzati) e dalla romanità (ritorno alla praticitas e non razionale, finalizzata ad
osservare la legge per salvaguardare l’impero). Subentra anche la critica basata sulla superstizione
e sulla magia, che inducono a sentire un’attrazione particolare ad un Salvatore che offriva una
salvezza pratica esterna e non spirituale. In alcuni centri, il monoteismo cristiano viene accettato ma
respinto in altri. Un sistema che aiuta la diffusione è quello delle comunicazioni postali, utili per il
commercio. Ci troviamo ancora in un’era di pace relativa, dove le persecuzioni sono solo locali e
limitate. Alessandro il macedone, con le sue conquiste, ha introdotto il culto della monarchia: il re è
considerato come dio e va adorato ed incensato. Tale culto è stato poi ripreso anche dagli imperatori
romani, che utilizzano la stessa teologia introdotta da Alessandro. Subentra così lo stato della
schiavitù e del degradamento della donna, una deficienza di valori in tutte le culture pagane. I
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cristiani all’inizio, come si diceva, sono considerati ebrei e sono accettati o respinti al pari degli
ebrei. La romanitas ha una diffidenza iniziale legata al fatto che gli ebrei cristiani hanno introdotto
nel sistema un’innovazione paradossale ed inaccettabile. La romanitas, che offriva ogni risposta e
soluzione anche alla domanda religiosa, guarda con diffidenza questi cristiani e li accusa di ateismo
perché non onorano l’imperatore dio in terra, imputando loro ogni responsabilità su tutti piani
negativi delle sfere sociali. La persecuzione, da Nerone a Domiziano, attacca i cristiani considerati
quindi atei.
Un altro fenomeno interessante sono le filosofie, che volevano demitologizzare tutto quello che era
l’apparato religioso antico ed offrivano gli strumenti ermeneutici per l’interpretazione scritturistica
ed il bagaglio teologico. Le filosofie offrono ai cristiani gli strumenti per meglio ragionare e
dimostrare che tra filosofia e rivelazione c’è continuità e relazione. Ecco la nascita degli apologisti,
che rispondono con la ragione a tutto ciò che è accusa. Abbiamo:
 platonismo: cerca la relazione tra invisibile e visibile, tra spirito e storia. Ma la teologia
cristiana, con l’incarnazione, demitologizza il platonismo ed il neoplatonismo.
 stoicismo: vede la storicizzazione del mondo attraverso l’anima mundi – logos, che seppur
sottile non è pura spiritualità.
Si arriva alla rottura tra Gerusalemme (fede) ed Atene (filosofia), che ha condotto ad un sentimento
di diffidenza verso la filosofia da parte di alcuni padri storici che la negano ma la usano (Ireneo,
Tertulliano e Cipriano). Nel giudaismo è importante la memoria, il ricordare, il non dimenticare; e
quindi non bisogna dimenticare Gerusalemme, madre della Chiesa. Anche la mitologia pagana ha
caro l’aspetto della memoria, che deve indurre a non dimenticare la cultura (nous). I cristiani si
ritrovano quindi a non dover dimenticare Gerusalemme e la cultura, pur senza assumere gli
elementi contro l’idolatria, l’irrazionalità e la legge. La cultura e la memoria vengono quindi
purificate per conciliare la cultura ellena ed ellenista con a fede. Nascono così le scuole o gli
orientamenti filosofici cristiani. In oriente abbiamo:
 La scuola siro-palestinese: di stampo semitico, simbolico, affettivo.
 La scuola antiochena: si cerca l’unità.
 La scuola alessandrina: dove l’influsso della cultura ellena, che diventa ellenista, è molto
forte. All’unità della scuola antiochena, ad Alessandria si preferisce la distinzione grazie
all’uso della filosofia e della nous.
In occidente, invece, abbiamo:
 La scuola gallica: che annovera Ireneo di Lione ed Ilario di Poitiers.
 La scuola romana: va contro ogni forma di politeismo ed adotta la monarchia e quindi il
privilegio dell’unità (come Antiochia ma con metodo differente).

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 La scuola africana: che cerca una teologia di sintesi.
Tra queste scuole ci sono stati anche conflitti e guerre di pensiero, non solo punti di unione.

Che cosa significa teologia patristica? E che cosa invece letteratura cristiana antica?
Per teologia patristica si intende il pensiero teologico dei padri e degli scrittori ecclesiastici. Per
letteratura cristiana antica si intende invece la ricostruzione scientifica di tutto quello che i
cristiani colti avevano scritto sulla realtà di Cristo nella varie aree linguistiche, quindi è la
ricostruzione del pensiero cristiano presente in alcune opere.
Qual è la relazione dei padri e degli scrittori ecclesiastici con la sacra scrittura? Si tratta di un
rapporto tra parola e risposta alla parola, che è la patristica. La sacra scrittura è per gli autori
ecclesiastici ed i padri, sia di matrice giudaica, greca o africana, l’unico punto di riferimento
normativo, esegetico, metodologico, unitivo. I padri quindi formano il canone biblico. Circolava
poi un canone biblico elaborato dai padri tra loro prima che fosse approvato quello ufficiale. I padri
distinguono già nei loro scritti tra scritture canoniche e scritture deuterocanoniche, come anche
tra scritture apocrife. I padri in prima persona vivono la liturgia divine e, al contempo, la formano.
Fondamentali sono i sacramenti, in particolare l’eucaristia (partecipare all’unico pane significa
vivere in comunione con la Chiesa) e i sacramenti di iniziazione (in particolare battesimo e
penitenza). Si elaborano così le prime formule di fede e le omelie. L’omiletica è la prima fonte per
la teologia cristiana, luoghi in cui elaborare teologia e catechesi. I primi padri vivono una
ecclesiologia eucaristica o una eucaristia ecclesiologica (dove c’è Chiesa c’è eucaristia). Si
articolano poi i ministeri ecclesiastici, alcuni di essi utili o fondamentali per il sacramento della
penitenza. I sacramenti sono introduzione alla vita e all’appartenenza della Chiesa: senza di essi non
c’è ammissione. Omicidio, adulterio e apostasia erano i 3 peccati mortali di allora. La lex credendi
passa quindi dalla Liturgia alla vita di ogni giorno (lex vivendi): si passa quindi dall’ortodossia alla
ortoprassi alla otozoé. In questo contesto viene elaborata la teologia in modo diretto ed indiretto nei
suoi punti principali.
 Diretta: tutto ruota attorno a Cristo Gesù (Cristologia), alla Trinità e alla Pneumatologia, ai
sacramenti, al simbolo della fede.
 Indiretta: uno dei primi temi indiretti è la mariologia, poi l’ecclesiologia, gli angeli e
l’escatologia.
Compaiono anche le eresie, ovvero parzializzazione della verità ed ostinato rifiuto del resto.
L’incontro/scontro con la cultura giudaica ed ellenistica porta ad un rifiuto nel vivere come loro, ma
questo aiuta anche il favorire delle eresie. Nel 1054 l’eresia porta allo scisma ed alle istituzioni
distinte delle chiese. Tutti i cristiani, eretici e non, cercavano l’approvazione di Roma per avere il
sigillo della verità dalla loro parte. Roma è importante ed è chiesa madre perché lì furono
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martirizzati Paolo e Pietro e lì si trova il successore di quest’ultimo. La relazione con Roma, pur
avendo ogni chiesa la propria autonomia nella liturgia e nel modo di viverla, è fraterna e questo
conduce al simbolo degli apostoli, che risale al VI secolo, ed è un condensato di teologia cristiana.
Già Rufino nel IV secolo cita il simbolo apostolico esistente prima di lui. Gli apostoli, secondo la
tradizione o la leggenda, prima di essere sparsi nel mondo intero, dopo aver ricevuto lo Spirito
Santo avrebbero avuto l’ispirazione di creare per iscritto un compendio della fede e quindi mettere
per iscritto gli elementi essenziali della fede per tutti cloro che sarebbero oi stati credenti. Il cedo
apostolico è quindi riassunto in 12 punti che diventano regola della fede: ognuno di loro avrebbe
scritto un punto e poi lo avrebbe discusso con gli altri prima di mettere tutto per iscritto. Già
Girolamo al IV secolo conosce questo simbolo, anche se noi ne abbiamo traccia solo dal VI secolo.
Nel 1438, al Concilio di Ferrara, Marco Eugenico di Efeso ha messo in discussione questo simbolo
apostolico in quanto falso. Gli studi successivi hanno provato invece l’esistenza di questo simbolo,
dal quale anzi nacquero traditio e reditio. Il famoso simbolo del pesce con l’acrostico Ιχθύς
risalirebbe ai passi:

At 8,39
39
ὅτε δὲ ἀνέβησαν ἐκ τοῦ ὕδατος, πνεῦμα κυρίου ἥρπασεν τὸν Φίλιππον, καὶ οὐκ εἶδεν αὐτὸν οὐκέτι ὁ
εὐνοῦχος, ἐπορεύετο γὰρ τὴν ὁδὸν αὐτοῦ χαίρων.
39
Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di
gioia, proseguiva la sua strada.

Rm 1,3-5
3
περὶ τοῦ υἱοῦ αὐτοῦ, τοῦ γενομένου ἐκ σπέρματος Δαυὶδ κατὰ σάρκα, 4 τοῦ ὁρισθέντος υἱοῦ θεοῦ ἐν
δυνάμει κατὰ πνεῦμα ἁγιωσύνης ἐξ ἀναστάσεως νεκρῶν, Ἰησοῦ Χριστοῦ τοῦ κυρίου ἡμῶν, 5
δι’ οὗ
ἐλάβομεν χάριν καὶ ἀποστολὴν εἰς ὑπακοὴν πίστεως ἐν πᾶσιν τοῖς ἔθνεσιν ὑπὲρ τοῦ ὀνόματος αὐτοῦ,
6ἐν οἷς ἐστε καὶ ὑμεῖς κλητοὶ Ἰησοῦ Χριστοῦ,
3 4
che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con
5
potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore;
per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in
tutte le genti, a gloria del suo nome,

1Cor 15,3
3
Παρέδωκα γὰρ ὑμῖν ἐν πρώτοις, ὃ καὶ παρέλαβον, ὅτι Χριστὸς ἀπέθανεν ὑπὲρ τῶν ἁμαρτιῶν ἡμῶν
κατὰ τὰς γραφάς.
3
A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri
peccati secondo le Scritture.

1Pt 3,18-22

8
18
ὅτι καὶ Χριστὸς ἅπαξ περὶ ἁμαρτιῶν ἔπαθεν, δίκαιος ὑπὲρ ἀδίκων, ἵνα ὑμᾶς προσαγάγῃ τῷ θεῷ,
θανατωθεὶς μὲν σαρκὶ ζῳοποιηθεὶς δὲ πνεύματι· 19
ἐν ᾧ καὶ τοῖς ἐν φυλακῇ πνεύμασιν πορευθεὶς
ἐκήρυξεν, 20
ἀπειθήσασίν ποτε ὅτε ἀπεξεδέχετο ἡ τοῦ θεοῦ μακροθυμία ἐν ἡμέραις Νῶε
κατασκευαζομένης κιβωτοῦ εἰς ἣν ὀλίγοι, τοῦτ’ ἔστιν ὀκτὼ ψυχαί, διεσώθησαν δι’ ὕδατος. 21 ὃ καὶ ὑμᾶς
ἀντίτυπον νῦν σῴζει βάπτισμα, οὐ σαρκὸς ἀπόθεσις ῥύπου ἀλλὰ συνειδήσεως ἀγαθῆς ἐπερώτημα
εἰς θεόν, δι’ ἀναστάσεως Ἰησοῦ Χριστοῦ, 22 ὅς ἐστιν ἐν δεξιᾷ θεοῦ πορευθεὶς εἰς οὐρανὸν ὑποταγέντων
αὐτῷ ἀγγέλων καὶ ἐξουσιῶν καὶ δυνάμεων.
18
perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per
19
ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare
20
l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella
sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone,
21
otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora
salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da
22
parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio,
dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

Fil 2,5-11
5
τοῦτο φρονεῖτε ἐν ὑμῖν ὃ καὶ ἐν Χριστῷ Ἰησοῦ, 6 ὃς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τὸ
εἶναι ἴσα θεῷ, 7 ἀλλὰ ἑαυτὸν ἐκένωσεν μορφὴν δούλου λαβών, ἐν ὁμοιώματι ἀνθρώπων γενόμενος· καὶ
σχήματι εὑρεθεὶς ὡς ἄνθρωπος 8 ἐταπείνωσεν ἑαυτὸν γενόμενος ὑπήκοος μέχρι θανάτου, θανάτου δὲ
σταυροῦ· 9 διὸ καὶ ὁ θεὸς αὐτὸν ὑπερύψωσεν, καὶ ἐχαρίσατο αὐτῷ τὸ ὄνομα τὸ ὑπὲρ πᾶν ὄνομα, 10 ἵνα ἐν
τῷ ὀνόματι Ἰησοῦ πᾶν γόνυ κάμψῃ ἐπουρανίων καὶ ἐπιγείων καὶ καταχθονίων, 11
καὶ πᾶσα γλῶσσα
ἐξομολογήσηται ὅτι κύριος Ἰησοῦς Χριστὸς εἰς δόξαν θεοῦ πατρός.
5 6
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non
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ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
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diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi
9
obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al
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di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto
terra, 11 e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre.

Più antico del simbolo apostolico è la testimonianza della lettera a Trallos di sant’Ignazio di
Antiochia: (100 circa), dove parla della discendenza da Davide da Maria.
A Roma, nel 200, abbiamo il rito romano del battesimo risalente a Ippolito, il quale riporta una
formula di credo che, per il modo in cui è scritta, pare a lui anteriore.
I giudeo-cristiani avevano la fede in Cristo come messia e profeta. Ecco allora che questi cristiani
giudei seguono delle correnti diverse: ebioniti, cristiani giudaizzanti (che mescolano cristianesimo
e pratiche giudaiche esistenti), cristiani irenisti (pacifici), giudei di dualismo gnostico (un Dio
dell’AT e un Dio del NT), giudei che formano delle sette con riti misterici di mescolanza
ebionita e gnostica; ma c’era anche la comunità ortodossa nella fede (di retta fede) guidata da
Giacomo fratello del Signore. Questa comunità, secondo gli studiosi, scomparve dopo la distruzione
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di Gerusalemme, ma gli influssi dei giudei si sono fatti sentire fino al IV secolo nelle zone di
immigrazione di cui si è già detto. C’è quindi un bipolarismo tra ebrei convertiti al cristianesimo e
i pagani divenuti cristiani. Gli scrittori ecclesiastici di cultura pagana hanno cercato di dialogare
con la parte giudaica ed hanno cercato di capirne le radici: vennero respinti solo i riti giudaici che
non erano più conformi alla nuova figura di Cristo, ma non vi è stato rifiuto dell’AT e della sua
bontà. Abbiamo quindi, nella fede:
 Gli ortodossi che accettano l’AT ma che respingono i riti giudaici non più conformi;
 Gli eterodossi che invece credono un po’ a loro modo.
Gli apocrifi furono per lungo tempo combattuti. In essi troviamo la teologia dei giudeo-cristiani.
All’inizio vi è mescolanza tra apocrifi e teologia dei pagani. Nel Concilio di Nicea si è cercata una
formula che cercasse di tenere conto della parte giudaica e di quella greca.

LA DIDACHÉ
ALTANER, PP. 82-SS.
L’insegnamento del Signore attraverso i 12 apostoli alle nazioni (Διδαχὴ κυρίου διὰ τῶν δώδεκα
ἀποστόλων τοῖς ἔθνεσιν) è il titolo originale, ma è oggi comunemente abbreviato Didaché. È il
documento più importante dopo il periodo degli apostoli ed è stato composto circa nel 70 da uno
sconosciuto giudeo-cristiano (lo si capisce dal contenuto, dal modo di enumerare i giorni alla
maniera giudaica ed è pieno di ebraismi per essendo scritto in greco). Nel 97 circa alcuni passi
vengono inseriti nella Lettera di Barnaba. Costituisce la testimonianza più antica della legislazione
ecclesiastica e fu perciò incorporato nelle Costituzioni Ecclesiastiche successive. È stato iniziato in
Palestina e forse completato in Siria perché afferma di vedere nascere il grano sulle colline, cosa he
avveniva solo in Palestina. Nel IV secolo in Siria si leggevano brani della Didaché nella liturgia,
risultando quindi un testo sacro. Lo si può pertanto considerare il primo catechismo cristiano ed è
ritenuta molto importante presso scrittori antichi come Erma (150), Clemente Alessandrino (145-
216), Origene (185-255), Atanasio e Eusebio. Atanasio consiglia la lettura della Didaché per
l’istruzione dei catecumeni. Nel XII secolo la Didaché perde la sua importanza e se ne perdono pure
le tracce a livello storico e chi viene dopo non lo conosce più. Nel 1883 la Didaché ritorna alla luce
grazie ad un metropolita greco di Nicomedia, Filoteo Briennios, scoprendola su un manoscritto di
pergamena del 1056 trovata nel patriarcato di Costantinopoli ed oggi conservata al patriarcato greco
di Gerusalemme. In altri testi del III secolo se ne trovano parti in latino e su papiri del IV secolo
scoperti in Egitto; un vescovo della Georgia, Geremia, ha tradotto la Didaché in lingua georgiana da
un testo greco del 430. È quindi un testo che unisce tutte le chiese antiche e le varie aree e
comprende 16 capitoli che riguardano:

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 La Chiesa, che adunerà tutti popoli dai 4 angoli della terra nel regno di Dio (sinassi);
 I sacramenti si menzionano 4 sacramenti, ovvero:
1. Battesimo
2. Penitenza
3. Eucarestia: bisogna spezzare il pane ringraziando il Signore, ma occorre essersi confessati
in anticipo in modo che il sacrificio sia puro e se ci sono contrasti è bene riconciliarsi
prima del sacrificio.
4. Ordine: occorre imporre le mani a diaconi e vescovi che sono degni del Signore e che
devono essere onorati dall’assemblea accanto ai profeti ed ai maestri
 L’escatologia
 Precetti morali mostrano la scelta tra la via che conduce al peccato e alla morte e alla vita che
conduce alla vita. Bisogna quindi vegliare nell’attesa dell’escathon di Gesù Cristo.
Vi è nella Didaché l’influsso giudeo-cristiano ed esseno.

I PADRI APOSTOLICI

Sono degli scrittori cristiani a cavallo del I e II secolo e che vengono subito dopo gli apostoli,
essendone i loro successori. Il nome risale al XVIII secolo. Il primo scritto in cui appare la citazione
dei padri dell’era apostolica è del 1672 dal libro di Cotelier, il quale raggruppava così gli scrittori
ecclesiastici Barnaba, Clemente Romano, Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne ed il Pastore
d’Erma. Il primo e l’ultimo di questa lista hanno un contenuto apocrifo, i tre rimanenti hanno nvece
un contenuto ortodosso e sono tutti in lingua greca. In seguito sono stati aggiunti Papia di Ierapoli e
l’ignoto dell’Epistola a Diogneto. A questi autori più tardi si aggiunse la Didaché. Gli scritti dei
padri apostolici di solito hanno un carattere pastorale la cui cura delle pastorali è vicina al Nuovo
Testamento: emerge allo stesso tempo la cultura personale e l’insegnamento di Gesù Cristo. Tutti
questi autori hanno la stessa immagine di Cristo e del suo insegnamento. Da questi scritti, oltre ala
persona e alla dottrina di Cristo, si trova anche la missione escatologica, due aspetti entrambi
rivolti a fini pastorali e, allo stesso tempo, all’unione mistica con Cristo. L’avvenuta di Cristo sarà
improvvisa e per qualcuno anche imminente. Essendo i padri occupati dalla pastorale, non scrivono
trattati veri e propri ma risposte alla realtà pastorale che vivono: non redigono verità di fede punto
per punto, ma argomenti e dichiarazioni di circostanza a seconda dei bisogni del momento di una
chiesa. Non vi sono quindi affermazioni dottrinali in modo organico, ma ciascuno scrive per un
motivo differente pur presentando una Cristologia ed un’escatologia uniforme. Sul piano

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dell’essenza dottrinale non c’è contraddizione: Cristo è figlio di Dio ed è impegnato nella creazione
del cosmo. Considerando ora solo quelli ortodossi:

CLEMENTE ROMANO
Risale a prima del 96 d.C. Alcuni autori ci parlano di lui e lo considerano successore di Pietro, il
terzo quindi dopo Lino e Anacleto. Ebbe un influsso non differente, eppure di lui oggi possediamo
solo la Lettera ai Corinzi. Clemente è considerato da Origene, Eusebio e Girolamo come il
collaboratore di san Paolo e questo collaboratore è nominato in Fil 4,3 il che suggerisce che egli
fosse vicino all’apostolo delle genti. Ma allora perché è solo il terzo papa e non subito dopo Pietro?
 Ireneo dice che avrebbe rinunciato per motivo della pace e che avrebbe ascoltato gli apostoli e
visto la loro tradizione (kerygma).
 Tertulliano die che Clemente ebbe l’imposizione delle mani da Pietro e ce avrebbe rinunciato
per amore della pace della chiesa ed essere il diretto successore di Pietro.
 Anche Policarpo cita la lettera di Clemente indirizzata alle comunità greche e che sarebbe
stata scritta tra il 96 ed il 98, cioè dopo la persecuzione di Domiziano. Abbiamo quindi il
primo intervento autorevole della chiesa di Roma verso un’altra comunità ecclesiale. Qui
bisogna segnalare che:
 Il papa è tenuto in considerazione dalle altre chiese ed interviene negli affari interni di una
chiesa locale.
 Si segnalano l’invidia e la gelosia, che porta alcuni membri della comunità di Corinto a
rivoltarsi contro i presbiteri. Vi è quindi il conflitto tra carisma e ministeri/istituzioni.
 Il papa si scusa per non essere intervenuto prima a causa della persecuzione di Domiziano.
 Si cita il martirio di Pietro e Paolo. Il primato quindi della chiesa romana qui affonda con
coscienza su ragioni storiche incentrate sulla morte dei due apostoli fondatori della chiesa
di Roma.
Clemente quindi intende restaurare l’autorità e la gerarchia locale, deposta dai ribelli invidiosi, e
così riabilitare il vero corpo di Cristo in tutte le sue membra (rimando alla Lettera ai Corinzi di
Paolo). La chiesa siriana considerava ispirata la lettera di Clemente ed era quindi parte del Canone;
secondo Eusebio, essendo ispirata, nel 175 la lettera di Clemente era ancora letta a Corinto durante
la Liturgia. Di Clemente ci sarebbe anche un’omelia, oggi però ritenuta spuria perché attribuita ad
un omonimo del 150. È l’omelia più antica che oggi possediamo e contiene un’esortazione alla
castità rivolta ai neo-convertiti. La lettera di Clemente contiene:
 Il primato petrino in relazione al martirio di Pietro e Paolo
 La taxis (ordinamento) della comunione delle chiese: per una buona comunione ci vuole
rispetto. Clemente usa il linguaggio paolino, quello veterotestamentario e militare dell’epoca,
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riferendosi alla letteratura giudeo-cristiana in particolare al secondo libro di Enoch ed al
Testamento dei Dodici Apostoli. Ciò fa sospettare l’origine giudaica di Clemente.
 Obbedienza come fondamento della taxis, dell’ordine, dell’armonia e della pace. È
importante osservare, oltre a queste cose, il canone liturgico con modestia e rispetto.
Clemente porta diversi esempi biblici di obbedienza: Enoch, Noé, Abramo, Lot, Raab
(prostituta che si salva a motivo della sua ospitalità al pari di Lot).
 Successione Apostolica: Dio, Gesù Cristo, invio degli Apostoli e poi i Vescovi ed i Diaconi.
 I ministeri, che sono di origine apostolica ma poi sviluppati successivamente secondo
riferimenti giudaici anche nella nomenclatura. Tutti quanti derivano ed hanno origine da Gesù
Cristo e tutti quanti escono da Dio.
 Esegesi scritturistica, per la quale Clemente si avvale di testi dell’Antico Testamento in
forma allegorica, facendone un’esegesi cristologica secondo il testo greco dei LXX. Vi
emerge la coscienza dell’ispirazione dell’Antico e del Nuovo Testamento. Per il Nuovo,
Clemente allude a Matteo, a Paolo e alla Lettera agli Ebrei, nel pieno rispetto della tradizione
giudaica. Un influsso particolare in Clemente, oltre al suo giudaismo ellenizzato, proverrebbe
dal Levitico: da come scrive pare che il tempio sia ancora in piedi ed esso è simbolico per la
taxis di cui parla. Ciò che lui scrive è quindi da riferirsi al culto del tempio quando ancora era
in piedi. Vescovi, diaconi e laici costituiscono la chiesa. Il gesto del ramo fiorito di Mosé,
quasi fosse il precursore degli Apostoli, costituisce quasi una sorta di inizio della fioritura
della Chiesa. Ma se i leviti sono ereditari a livello di sangue, nella chiesa l’ereditarietà
avviene per fede. La successione per Clemente è molto importante, così come il giudaismo
palestinese ed il midrashim di Geremia negli ambienti giudaico-cristiani. Egli analizza poi
tutti i personaggi gelosi dell’Antico Testamento, i modelli di obbedienza e poi anche quelli di
umiltà; si trova poi un riferimento persino ad un apocrifo cristiano.
 Influsso della filosofia stoica nell’armonizzare ed argomentare il cosmo. L’argomento
principale di questo punto sono i grandi ed i piccoli in coesistenza.
 Nell’ultimo aspetto legato alla Cristologia, si trova una preghiera di tradizione giudaica.
In questo autore giudaismo e ellenismo coincidono, egli si serve della LXX ma talvolta traduce
liberamente. Forse Clemente aveva un’altra fonte per i suoi scritti, ma questa è solo un’ipotesi.

IGNAZIO DI ANTIOCHIA
Martirizzato tra il 107 e il 113. Era chiamato il θεοφορος perché portava Dio nella sua dottrina, nel
suo insegnamento e quindi nella vita e nella dottrina fino alla morte. Dopo san Pietro e Evodio, fu il
terzo vescovo della Siria e fu condotto a Roma sotto Traiano, probabilmente nel 107. Iniziò a
scrivere le lettere mentre ra in viaggio per Roma.
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 Lettera a Efeso
 Lettera a Magnesia
 Lettera a Tralle
 Lettera a Roma
 Lettera a Filadelfia
 Lettera a Smirne
 Lettera a Policarpo (al vescovo e non alle chiese)
È il primo teologo dopo l’evangelista Giovanni. uno dei punti più cari della sua dottrina è il
significato dell’episcopato: il vescovo è colui che vigila sulla gente e sulla fede per garantirne la
coesione e l’unità. Ignazio vuole patire il supplizio del martirio perché vuole divenire il vero
discepolo ed imitatore di Cristo, essere un alter Christus eucharisticus (frumento da masticare tra le
fauci delle fiere) per essere più vivo poi da morto e vivere nella gloria (teorie escatologiche). Da
queste 7 lettere possiamo conoscerne la destinazione:
 Mentre era Smirne, ha scritto le lettere a Efeso, Magnesia, Tralle e Roma;
 Mentre era a Troade, ha scritto le lettere a Smirne, Filadelfia e Policarpo.
In queste lettere vi è una forte presenza della dottrina cristologica e del mistero dell’incarnazione.
Vi era infatti a suo tempo il conflitto tra i giudei e gli gnostici che negavano l’incarnazione e la vera
umanità di Cristo. La gnosi (γνωσις conoscenza) era una convinzione, di cristiani e non, che
riteneva che per raggiungere la salvezza eterna ed alle idee iperuraniche occorreva utilizzare la
conoscenza e liberarsi dalla materia che è la prigione dell’anima e lo si fa liberandosi dalle
concupiscenze carnali (le persone erano divise in ilici o carnali, psichici e pneaumatici). Ignazio,
preoccupato per l’unità della Chiesa: l’episcopo è colui che garantisce l’unità ella fede e quindi
nella propria dottrina. L’esempio che Ignazio porta a riguardo è la chiesa di Roma che è il garante
supremo dell’unità della Chiesa. La chiesa di Roma è:
 Cattolica (è la prima volta che viene usata questa parola: anche se ci sono più chiesa, la
Chiese è una nel corpo di Cristo);
 Presiede in carità;
 Conserva il deposito della fede;
 È retta dai vescovi, che rappresentano gli apostoli, e dai diaconi;
Dove c’è Cristo, lì c’è la Chiesa Cattolica e senza il vescovo (che è il rappresentante di Cristo) non
deve essere fatto nulla. Occorre, come nel caso della musica e dell’architettura, essere bene
armonizzati sotto il proprio vescovo. I presbiteri sono il Sinedrio di Dio, il Collegio degli apostoli, e
senza i presbiteri non c’è Chiesa. I diaconi, per Ignazio, sono i servitori della Chiesa e sono la legge
di Dio, come Gesù Cristo in unità con i presbiteri ed i vescovi e mai da loro separati. Come la

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musica, essi devono essere armonizzati nelle corde della cetra, che è il vescovo. Questa unità si
verifica anche nell’eucaristica, ma occorre essere fervorosi e parteciparvi di frequente; tali adunanze
sono chiamate – in greco – συναγογη (andare insieme, raccogliersi) e la chiesa è αγαπη (amore…
anche se non facciamo altro che scannarci!). le categorie della Chiesa sono:
 Le vedove;
 Gli schiavi;
 Persone che svolgevano mestieri vietati dal cristianesimo;
 Gli sposati.
Ignazio non parla dei profeti e dei maestri ma solo di queste categorie. In questo autore abbiamo la
dottrina del monoteismo triadico: un unico Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

POLICARPO DI SMIRNE
Discepolo di Giovanni Evangelista, era molto fruttuoso come dice il suo nome. Era vescovo di
Smirne e venne visitato da Ignazio che poi gli scrisse una lettera. Discepolo di Policarpo fu Ireneo
di Lione. Nel 154 Policarpo si reca a Roma in segno di grande rispetto per la Chiesa e per discutere
con papa Aniceto e chiedergli che sia accolta la tradizione esistente in Asia che riguardava la
Pasqua giudaica, affinché fosse accolta la maniera di celebrarla secondo ciò che aveva insegnato
Giovanni. la controversia sulla data è stata affrontata ma non risolta perché Aniceto restò fermo
sulle proprie posizioni. Policarpo è rimasto tuttavia amico del papa ed è poi morto martire il 23
febbraio del 155. A Policarpo vengono chieste copie delle lettere ricevute da Ignazio, ma lui stesso
ne scrive diverse, in particolare ai confratelli nell’episcopato e nelle comunità adiacenti. L’unica
rimastaci oggi è quella ai filippesi, che oggi si crede fusa con altre lettere: il capitolo 13 forse
appartiene ad un’altra lettera. I temi trattati sono:
 Esortazione
 Dottrina riguardo l’organizzazione della carità della Chiesa
 Argomenti parenetici-morali: si rivolge ai diaconi spronandoli a vivere in maniera corretta e
raccomanda ai presbiteri di essere misericordiosi e giusti nel fare il bene e l’elemosina.
Entrambe le categorie, diaconi e presbiteri, vengono richiamati all’obbedienza csì come le
persone devono obbedire a loro. Si può cogliere forse in queste righe un sentimento
antigiudaico in quanto c’è chi nega la salvezza derivante dalla croce di Gesù.
 Invito a pregare per re, governanti e principi (per questo nelle chiese orientali si prega sempre
per il capo locale, anche se è malvagio), ma anche per i persecutori, i nemici della croce e per
quelli che ci odiano
 Escatologia finale derivante dal sacrificio di Cristo in croce.

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Venne martirizzato a 86-87 anni, vivendo la morte come imitazione alla passione di Cristo. È la
prima volta che si ha una descrizione tanto dettagliata su come un cristiano vivesse e testimoniasse
la sua fede e la pena di morte. È anche la prima reale testimonianza sul culto dei martiri da parte dei
cristiani. Un certo Marcione non l’eretico, sarebbe l’autore di una lettera antica che ne riporta la
morte. Policarpo eleva una preghiera a Dio affinché il suo sacrificio sia vissuto come olocausto e
quindi come eucarestia (rimando a sant’Ignazio): il calice della passione che Policarpo invoca di
bere è in vista della resurrezione che non abbraccia solo l’anima e la vita eterna ma anche il corpo.
Cristo è anche sommo sacerdote e Policarpo, in quanto vescovo si sente partecipe di questo
sacerdozio. Emerge dal discorso di morte la fede trinitaria (dossologia) di questo grande martire.

PAPIA DI GERAPOLI
Fu vescovo di Gerapoli, amico di Policarpo, ed ascoltò la predicazione di Giovanni Evangelista di
cui fu discepolo; viene descritto da Eusebio di Cesarea come un uomo assai mediocre! Un giudizio
tanto severo nasce dal fatto che Papia difendeva la teoria del millenarismo (credenza apocalittica
cristiana, peraltro già presente nel giudaismo, secondo la quale si realizzerà una nuova alleanza tra
Dio e gli uomini, che si concretizzerebbe in un reale rinnovamento di questo mondo e di una
risurrezione che avverrà 1000 anni dopo il regno di Cristo. Secondo Eusebio, Papia avrebbe
frainteso e male interpretato l’insegnamento degli apostoli). Papia preferisce non leggere i libri ma
ascoltare direttamente la voce di coloro che hanno visto e seguito il Signore. Grazie a lui sappiamo i
nomi di certi autori del Nuovo Testamento: Marco, interprete e traduttore di Pietro, scrive il
Vangelo in modo non ordinato secondo ciò che ricordava ma la sua preoccupazione è di scrivere in
verità e senza tralasciare nulla. Papia ha scritto anche di Matteo che avrebbe scritto in lingua ebraica
anche se il suo testo circola in lingua greca. Le figlie dell’apostolo Filippo si sarebbero trasferite a
Gerapoli, sarebbero state le maestre di Papia ed avrebbero raccontato i miracoli compiuti da Gesù
mentre loro erano con lui.

PSEUDO BARNABA
La sua lettera si colloca tra il 96 ed il 135, perché viene nominato l’imperatore Adriano (allora
sarebbe più corretto 117-135), e si colloca nel conflitto tra giudei e giudeo-cristiani. Avendo dei
parallelismi con le Odi di Salomone, questa lettera potrebbe essere meglio datata tra il 112 ed il
135. Si pensa sia stato scritto in Alessandria perché in esso vi è una lettura allegorica dei testi del
NT e perché Clemente alessandrino ed Origene lo attribuiscono all’apostolo Barnaba. Il testo è
tipicamente allegorico, come era uso in Alessandria. Mentre i giudei insistevano su una
interpretazione letteralistica, Barnaba punta invece su una allegorica. Si trova inserita questa lettera
nel codex sinaiticus (IV sec.), jerosilimitanum (1056), vaticano greco (IX-XI sec.), nella traduzione
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latina della Bibbia (III sec.) tuttavia è considerata apocrifa perché anche questo testo è millenarista.
L’autore non è certo essere Barnaba, ma un autore giudeo che non intendeva seguire e mettere in
pratica tutti i minuziosi comandamenti della legge e rivolge la lettera ai giudeo-cristiani, all’epoca
in cui i giudei chiedevano venisse riedificato il terzo tempio. Le ragioni sono di raccomandare i
giudei convertiti, o i loro proseliti, a Gesù Cristo e che non si piegassero a nuovi presunti messia
(siamo al tempio di Simon Bar Kokheba). Le fonti sono i testimonia polemici – dove si combatte
tutto ciò che sa di osservanza rigorosa giudaica – i testimonia messianici – dove si affronta il tema
di Cristo morto e risorto – e i midrashim cristiani derivanti dal mondo ebraico. L’autore di questa
lettera è ben preparato su tutti questi argomenti, ma li usa per una lettura ed interpretazione
cristologica in funzione della morte e resurrezione d Cristo. Dove nei finali si parla delle due vie
(discernimento tra bene e male), qualcuno vi ha visto la copia di un testo ebraico sulla vita morale.

PASTORE D’ERMA
Si data alla metà del II secolo circa. A Roma, dopo il battesimo, non si ammetteva alcuna penitenza
(lassismo vs rigorismo) ed il Pastore d’Erma si trova a doversi confrontare con questo problema.
Egli è favorevole alla remissione dei peccati dopo il battesimo e si basa come fonti sulla Didaché,
sull’Ascensione di Isaia (scritto oggi perduto), sul montanismo, sul Canone muratoriano (datato al
140). Le indicazioni sulla penitenza del Pastore dureranno fino al VI-VII secolo. Negli anni 90 deve
esserci stato un incontro tra il Pastore e Clemente romano poiché asserisce di aver ricevuto proprio
da lui il comito di pastore. Parlando della penitenza, l’autore scrive un trattato di ecclesiologia misto
di influssi giudeo-cristiani, ellenismi e latinismi (nel linguaggio). Il peccato per lui ha sempre una
dimensione ecclesiale, anche e vissuto segretamente o in solitudine. L’ecclesiologia è in vista della
penitenza attraverso 5 visioni.
1. La Chiesa appare come una donna vestita di bianco che annuncia che la remissione è
possibile dopo il battesimo. La Chiesa è presentata come una realtà antica cresciuta nella fede.
2. La Chiesa appare una donna vecchia, quindi matura ed esperta, che annuncia la remissione
dei peccati. La Chiesa è antica perché essa addirittura precede la creazione.
3. La Chiesa è una torre costruita sulle acque del sacramento battesimale.
4. La Chiesa è una giovane bella donna grazie alla remissione de peccati.
5. La Chiesa è un angelo che annuncia al Pastore i criteri della vita nuova attraverso 12 precetti
(concetti riguardanti il monoteismo, amare la verità, vivere la castità ma non per gli sposati
che anzi possono vivere le seconde nozze ed è questa la ragione per cui la chiesa bizantina
ammette le seconde nozze). Assieme a questi 12 precetti, l’angelo offre al Pastore anche 10
immagini per aiutare a comprendere che la penitenza è possibile dopo il battesimo.
I 12 precetti sono:
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1. Anche qui si parla delle due vie: c’è un angelo positivo nella via dritta ed uno malvagio in
quella di tenebra. Da qui nasce la tradizione di pregare l’angelo custode!
2. Bisogna essere timorati di Dio
3. Vivere senza vizi
4. Essere abbandonati nel Signore
5. Essere fermi nel seguire il Signore Gesù con fede.
6. Occorre poi vivere nella gioia e ricacciare la depressione;
7. È importante discernere le vere e le false profezie: il vero profeta è colui che è umile e parla
solo quando Dio o muove.
8. Infine, bisogna essere liberi da ogni desiderio cattivo.
Le 10 similitudini con cui viene descritta la penitenza:
1. Su questa terra siamo tutti stranieri ed ospiti.
2. La vite (preghiera del povero ricco nella preghiera) e l’olmo (preghiera del ricco povero
spiritualmente)
3. Alberi secchi: immagine degli abitanti di questo mondo tutti uguali perché in questo tempo
non si può distinguere il giusto dal peccatore. Gli alberi verdeggianti sono i giusti e quelli
secchi i peccatori: saranno distinti solo dopo la morte.
4. Immagine del digiuno.
5. Incarnazione come inabitazione dello Spirito Santo preesistente nella carne del Figlio, ma la
riflessione sulla Trinità è un poco confusa.
6. Le pecore saltellanti: immagine dei penitenti che possono saltare dalla gioia perché il loro
peccato è stato rimosso.
7. La penitenza e gli angeli cattivi che cercano di traviare l’uomo dalla conversione.
8. L’angelo con i rami del salice, simbolo dei vari peccatori che si convertono e tornano alla
Chiesa.
9. La natura divina dello Spirito Santo, considerato però figlio di Dio quindi le idee non sono
troppo chiare. La torre edificata questa volta sulla terra viene edificata grazie alla pietre
trasportate dalle giovani donne vergini. La roccia su cui si costruisce la torre (Chiesa) è il
figlio di Dio, ma anche la porta è il figlio di Dio. La porta è nuova ma la pietra antichissima:
la porta è nuova perché il figlio si è manifestato agli uomini di recente, la pietra è antichissima
perché il figlio esiste da sempre.
10. Immagine della casa che viene pulita e ripulita dalla penitenza.
Questo scritto è presentato come un continuo dialogo tra il Pastore d’Erma e le immagini che vede.
Il Pastore d’Erma, dopo il battesimo, ammette una sola penitenza e non di più. Il Pastore pare fosse

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uno schiavo sposato (con moglie linguacciuta e figli cattivi, forse immagine della Chiesa santa e
peccatrice) che è stato affrancato.

2 OMELIE PASQUALI (150 D.C.)


La prima è di Melitone di Sardi.
La seconda In Sactum Pascha
Si parla qui della data di Pasqua nel 14 di Nissan e non come si faceva a Roma nella domenica
successiva. L’accento di queste omelie è posto sulla passione del Signore, dell’ingratitudine del
popolo ebraico verso Cristo.

SCRITTORI APOLOGETI
Con la metà del II secolo inizia il periodo dei Padri Apologisti. Costoro hanno coscienza di essere
differenti dagli altri, non sono sacerdoti né vescovi ma tutti laici.
Quadrato (123-129), autore di un’apologia diretta ad Adriano che stava vivendo in Asia Minore.
Aristide di Atene (stesso periodo), anche lui autore di un’apologia ad Adriano
Aristone di Pella (in giordana, non la Pella macedone), autore di un’apologia indirizzata a Papisco
(un giudeo che pare si sia poi convertito) in cui si parla dell’adempimento delle profezie realizzate
nell’AT.
San Giustino di Flavia Neapoli, oggi Nablus. Fu grande studioso e fondò a Roma la scuola
filosofica (138-161). Per lui è importante il fatto che in ogni persone esistono logoi spermaticoi,
cioè il logos è già insito nella persone ed attende risposta da essa.
Taziano il siro fu allievo di Giustino e grazie al maestro si convertì al cristianesimo e vede Gesù
come il vero filosofo. Essendo anche molto estremista, egli detesta la filosofia greca e valorizza
solo quella cristiana e, per tali ragioni, nel 172 fonda la setta degli ecratiti che era contro ogni forma
di eccesso o di libertà a favore di un rigorismo eccessivo ed estremo.
Milziade retore dell’Asia Minore
Apollinare di Gerapoli (161-180, periodo di Marco Aurelio)
Atenagora di Atene, contemporaneo di Taziano ma molto più equilibrato e moderato; interpreta la
filosofia greca in modo positivo e distingue la filosofia politeista, monoteista ed atea. Rispetta i
cristiani ed il loro modo di affrontare la vita
Teofilo di Antiochia ma di origine eufrate e con genitori pagani che lo hanno educato
ellenisticamente; si è convertito al cristianesimo dopo tanti studi ed è importante perché è il rimo ad
usare il termine Trias.

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Melitone di Sardi, considerato da Policrate di Efeso uno dei più grandi apologeti. Scrive
un’apologia a Marco Aurelio e considera l’impero romano universale perché il cristianesimo è
universale ed i cristiani sono sparsi per tutto l‘impero.
Epistola a Diogneto, di autore ignoto, ma finalizzata alla conversione di Diogneto stesso.
Ermia, pieno di scherni contro tutti i filosofi greci e pagani.
Sono tutti quanti autori del II secolo.

GLI APOCRIFI
Attraverso storia e fantasia, ma in modo più elegante, cercano di interpretare il misero
dell’incarnazione ed in particolare l’infanzia. Si possono distinguere tra gli apocrifi:
 Vangeli
 Atti
 Apocalissi
 Epistole
 Poesie (Inni e Odi)

ATTI DEI MARTIRI

 Il dato storico più autentico è il verbale dei tribunali (Atti Scillitani, Atti proconsolari di
Cipriano, Atti di Giustino).
 I rapporti dei testimoni oculari contemporanei sono coloro che sono vissuto in
contemporanea e che riportano quanto hanno assistito.
 Le leggende dei martiri, costruite in forma di favola, sono intessuti per dare forza e speranza
al popolo davanti al martirio e alla persecuzione.

IRENEO DI LIONE
Visse tra il 125 ed il 202 circa. Di lui abbiamo molte segnalazioni da parte di Eusebio e
dell’Epistolario della Chiesa, scritti però perduti riscontrati dagli scritti di altri autori. Egli si oppose
ai montanisti e agli gnostici (cercano di salvarsi da soli, senza Cristo, attraverso lo studio e la
conoscenza e si distinguono in ilici, psichici e pneaumatici; sono poi dualisti nella visione di Dio
demiurgica platonica e il Dio dei cristiani) e nella sua opera Adversus Haereses li combatte
apertamente) l’opera Epideixis (Dimostrazione) la conosciamo attraverso la traduzione armena. Vi è
poi la Lettera a Florino. Cresciuto a Smirne, nel 170 fu mandato in Gallia e nel 177 a Roma per
incontrare Eleuterio e poi diviene vescovo a Lione. Va a Roma una seconda volta per invitare il
vescovo Vittore a non opporsi alla data di pasqua orientale, come Policarpo fece prima di lui.

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Epifanio di Salamina e Eusebio riportano l’opera di Ireneo Adversus Haereses in lunghi brani. Si
tratta di un’opera in 5 libri in cui combatte gli gnostici.
1. Ireneo riporta il canone secondo l’ordine in cui nel II secolo si riconoscevano i libri ritenuti
autentici nella Bibbia e mostra l’importanza sia del VT che del NT.
2. Accanto alla Sacra Scrittura è importante e fondamentale la Sacra Tradizione: le scritture non
bastano, ma essere all’interno della tradizione è segno di autenticità.
3. Regula Veritatis attraverso riflessioni di:
 Cristologia
 Mariologia (riflessione sulla Eva e la nuova Eva)
 Pneumatologia
 Ecclesiologia (elenco della successione episcopale di cui Roma viene riportata come
esempio ed è importante la dimostrazione della successione a ritroso finché non si
giunge a Pietro e Paolo. Anche questa successione costituisce la Regula Veritatis)
 Trinità
 Antropologia (l’uomo è sarx, pneuma-psiche)
 Escatologia

DIDASKALEION DI ALESSANDRIA
Filone fece connubio tra filosofia greca ed ebraica, al punto che non si sa se sia un ebreo o un
greco! È un Didaskaleion cristiano, di cui sono autori Panteno, Clemente, Origene, Didimo il cieco,
Atanasio, Cirillo. In questa scuola abbiamo il primo catecumenato con cui questi autori fanno
conoscere Cristo: non è quindi una scuola intellettuale, ma a scopo pastorale.
Interpretazione tipologica ed allegorica della Sacra Scrittura, in particolare con Origene; la scuola di
Antiochia era invece tutta sulla letteralità della Scrittura.
Sviluppo del Monachesimo con i padri del deserto.
Anche degli occidentali (Girolamo, Rufino, Ambrogio, Ilario di Poitiers) si sono recati ad
Alessandria a questa scuola per essere illuminati e di fatto ne rimasero affascinati. Ma a causa di
alcune affermazioni di Cirillo mal interpretata dal monaco Eutiche si giunge al monofisismo.
Filone di Alessandria preparò la via a Clemente ed Origene per la Cristologia.

CLEMENTE ALESSANDRINO
Visse tra il 140 ed il 250. C’è chi dice che nacque ad Atene, dove studiò retorica e filosofia, per poi
mettersi in viaggio ad insegnare ciò che insegnava. In Palestina si converte al cristianesimo e nel
180 si reca ad Alessandria con Panteno come suo insegnante. Nel 200 circa insegna lui stesso ad
Alessandria, ma non era sacerdote. Clemente ceca di coniugare fede e scienza, teologia e filosofia.
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Clemente fu condannato nel IX secolo da Fozio (al pari di Origene che però è stato segnato nel VI
secolo) e le sue opere bruciate, tuttavia di lui conosciamo il Protrettico ai Greci – un invito ad
entrare per conoscere Cristo – il Pedagogo (come si deve vivere) e Stromateis (mettere i punti della
fede: il cristianesimo è presentato come la vera filosofia contro gli gnostici, aprendo così la
questione tra fides et ratio) ed anche certe note di scuola (vi sono riflessioni sul logos e sulle
potenze angeliche). Un’opera perduta invitava i giovani a seguire la filosofia cristiana come vera
rivelazione. È bene non sperperare tutti i beni al completo perché non si potrebbe comunque
supplire ad ogni povero. Inoltre egli è dell’idea d lasciare le opere incomplete per spingere gli
studenti ad impegnarsi ed immedesimarsi nell’autore. Clemente attinge dal pitagorismo e del
neoplatonismo: nell’AT Cristo fu profetizzato e nel NT perfezionato.

ORIGENE
Visse tra il 185 ed il 254. Nacque ad Alessandria, il padre Leonida è considerato un santo morto
martire nella persecuzione di Settimio Severo. Origene era ricco ma la persecuzione gli portò via
tutti i bene. Si guadagnò da vivere aprendo una scuola in cui insegnava grammatica. Nel 203 il
vescovo Demetrio lo invita ad essere maestro dei catecumeni e per poter insegnare rinuncia ai libri e
li vende per poter seguire la fede cristiana con una vita severa. Origene convinceva ed attirava: oltre
all’insegnamento testimoniava con la vita. Si è autoevirato perché ha male interpretato il passo di
farsi eunuchi per il regno dei cieli!

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