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PENNA ROMANO, Le prime comunità cristiana.

Persone, tempi, luoghi, forme, credenze,


Roma, Carocci, 2011, 15x22cm, 310 pp.

a) Il perché dell’elezione di quel commento;


Ho fatto la scelta di questo libro, ad ampliare il mio conoscimento sulla nascita delle
prime comunità cristiane. I cinque sostantivi presente nel sottotitolo dalle opera hanno
attirato l’attenzione come possibile indicatore della profondità che l’autore vuole offrire al
lettore.
b) Si presente un breve riassunto dei contenuti;
L’opera nasce con l'intento di formare un quadro storico-culturale delle origine
cristiane, offrendo un elaborato approccio storico limitato a partire da Gesù di Nazaret e i suoi
primi gruppi in terra d’Israele, fino a primi decenni del II secolo. Esso è organizzato in dodici
capitoli. I primi tre capitoli si occupano dell’inizio del cristianesimo fino al passaggio da Gesù
alla fase post-pasquale. L'autore si sofferma su un concetto fondante per la nostra
comprensione di chiesa universale. Le prime comunità cristiane non c'era il termine chiesa
ma "le chiese" che ripresentavano vari gruppi di uomini e donne credenti in Gesù come
Cristo e Signore. Il concetto di chiesa è stato sviluppato progressivamente nella storia
cristiana. Il Gesù storico, infatti, “non è accessibile senza la mediazione della/e chiesa/e!
Sicché la conoscenza del Gesù storico implica pure necessariamente l’acquisizione di
conoscenze riguardanti la vita e l’inculturazione della/e chiesa/e” (p. 194).
La forma di diffusione del primo cristianesimo fu in 3 modi: la prima per mezzo dei
predicatori itineranti, come fu lo stile di Gesù, con attuazione nel confini d'Israele, Cesare
Marittima, Samaria, i destinatari dell'annuncio erano i Giudei e gentili. La seconda tipologia
in territorio di Antiochia di Siria, l'annuncio è aperto ai Gentili. La terza fu la missione
giudeo-cristiani in comunità ecclesiali già esistenti, con oggetti di "correggere", chiese della
Galazia di Corinto e forse di Roma (p. 58-59).
Del capitolo 4 in poi, Penna approfondisce ogni comunità cristiana, offrendo un
profilo culturale, ecclesiale e comunitario. Le chiese spingono la missione del’annuncio del
vangelo.
Penna si sofferma sulle comunità giudeo-cristiane, la vera matrice di tutte le forme di
cristianesimo, che avrà sopravvivenza fino al secolo IV, e presta particolare attenzione alla
Chiesa di Gerusalemme, che si suddivide nei gruppi di Ellenisti (erano etnicamente
appartenenti al giudaismo, ma non di origine locale-palestinese, altri provenivano dalla
diaspora occidentale) ed Ebrei (allude ai cristiani locali di lingua semitico-aramaica).
All’interno della comunità cristiana; nasce un conflitto che portò il primo scisma
confessionale nella storia della chiesa: “l’istituzione dei Sette” (Cfr. At 6,1-7) e ad una
espulsione degli Ellenisti stessi da Gerusalemme. Gli Ellenisti formularono una
interprestazione critica nei riguardi della funzione salvifica del Tempio e della Legge, la legge
mosaica non perde il suo valore, essa tende ad essere radicalizzata nelle esigenze etiche, e
sull’insegnamento e dell’autorità di Gesù; ed arrivarono a interpretare la morte di Gesù come
un evento escatologico unico e irripetibile, che produce la remissione dei peccati. Alla Chiesa
di Roma di origine non strettamente apostolica, con profilo dottrinale soprattutto giudeo-
cristiana, è organizzata in una struttura non clericale, fortemente orientata verso l’ortoprassi
della carità e dove non condividono più le riunioni sinagogale. L’antipaolinismo, sarà una
caratteristica costante nella comunità giudeo-cristianesmo. Infine ad Antiochia di Siria
l’autore sottolinea: 1) dove per la prima volta il vangelo è stato annunciato ai Greci pagani e
la per la prima volta i discepoli di Gesù furono chiamato “cristiani”; 2) si riconosce l'efficacia
salvifica universale della morte di Cristo; 3) quanto al concetto di “chiesa”, si diede spazio
all’azione diretta dello Spirito più che a una organizzazione gerarchica; 4) è da dove partì il
primo impulso missionario sulla circostanza esterna negativa (quella della persecuzione di
Gerusalemme contro gli “Ellenisti”) (pp.61-115).
Nelle comunità paoline, il centro dell’identità cristiana è la figura di Gesù, come
sostituto della Legge mosaica, in quanto ritenuta finalizzata alla giustificazione (cfr. Rm
10,4). Come conseguenza, sua missione giudeo-cristiana, predica la giustificazione nella
fede in Cristo crocifisso-risorto. Perciò è possibile una nuova creazione, essa consiste
nell’unione di ambedue Giudei e Greci in Cristo, “non c’è differenza” (Rom 3,22), Dio di
Gesù riconciliò a sé non soltanto Israele ma l’intero kosmos (cfr. 2Cor 2,19). Paolo ritiene che
Gesù (Cristo e Signore) sia l’iniziatore di una nuova stagione della storia e di una nuova
identità antropologica dalle ricadute universalistiche. Cristo rappresenta il superamento della
disuguaglianza tra Giudei e Gentili. Egli ritiene che sia ormai Cristo e non più la Torah a
configurare la nuova comunità degli eletti di Dio. In Paolo suo stilo di evangelizzazione
composto per suoi collaboratori nell’apostolato di uomini e donne, che le qualificano come
“santi”. Paolo cambia il concetto di santità, come un puro dono di Dio, fatto al momento del
battesimo e in base alla fede “santificati in Cristo Gesù” (1Cor 1,2; 1,30); suoi sinonimi sono
quelli di giustizia, riconciliazione, redenzione, libertà: termini che implicano un’azione di Dio
e che indicano una novità, costituiva dell’identità del credente stesso. Non si tratta di una
santità a dimensione morale, intesa come frutto del impegno e dello sforzo umano, si tratta
della gratuità di una condizione antropologica che viene dall’alto, contro i stoici o pelagiani
che riducevano l’uomo come una mera conquista proveniente dal basso. Paolo usa il termini
santi (cfr.Rom 1,7; 1cor 1,2) come valenza d’identificazione sociale perciò di riconoscimento
dalla loro profonda dignità. Dunque per Paolo la redenzione operata da Cristo, ha eliminato
ogni differenziazione, la schiavitù sociale viene abolita una chiamata ad accogliere il schiavo
“come fratello carissimo, come me stesso” (Fm 16,17). Questa apertura nelle prime comunità
cristiana genera problema di relazione: In Corinto, si trova due importanti problemi: 1) gli
avversari “infiltrati” che si tratta di alcuni predicatori giunti dall’esterno, giudeo-cristini, che
predicano un Gesù diverso, uno Spirito diverso, un altro vangelo (cfr. 2Cor 11,4). Dove Paolo
le riferisci come “ministri di Satana” (2Cor 11,14-15). Essi lo calunniano dicendo che è
aggressivo nelle lettere ma debole di presenza fisica, che è ignorante e incapace nell’arte
retorica, che è umanamente interessato. Paolo di fronte a questa situazione, ribatte dicendo di
avere sempre rifiutato le dissimulazioni vergognose, evitando di comportarsi con astuzia e di
falsificare la parola di Dio. 2) Le divisioni. Affrontata in (1 Cor) che si esprimono “Ciascuno
di voi dice: Io sono di Paolo, Io sono di Apollo, Io di Cefa” (cf 3,3). Paolo risponde
sottolineando che il fondamento dell’identità cristiana non è ridotto a sapienza umana, ma
sono la croce di Cristo e il suo annuncio a fondare e garantire l’unità ecclesiale. Su che
riguarda i ministri, l’Apostolo scrive che Paolo, Apollo, Cefa non sono altro che servitori,
mediante i quale avete creduto, è Dio il padrone, Apollo e Paolo sono soltanto suoi
collaboratori (3,9). Paolo promuove la ministerialità nella chiesa e in questo contesto formula
per prima volta la definizione della chiesa come “corpo di Cristo” (1Cor 12,28). Nella prime
comunità cristiane ci sono varie comunità unite nella fede di Gesù Cristo (pp 115-167).

Il passaggio dal I al II secolo significò un importante cambiamento nella comunità. A


livello esterno: la conquista romana di Gerusalemme e posteriore distruzione del Tempio
nell'anno 70, danno l'inizio ad un periodo di persecuzioni che si intensificarono attraverso
dell'imperatore Domiziano. Altro elemento consiste nella parusia del Signore. Questi fattori
esterni forzarono all'interno della comunità l'aumento delle produzioni scritte di generi
apocalittici, pseudepigrafiche: lettere della tradizione Paolina, i Vangeli sinottici, gli scritti
giovannei. Se consolidò l'identità cristiana con conseguente sviluppo della ministerialità nelle
chiese caratterizzate da una grande varietà di opinioni. Dopo la definitiva distruzione di
Gerusalemme nel 135 d.C., occorse un graduale distanziamento dell'unicità di Israele e
crescente influenza di potere della chiesa di Roma alle altre chiese imponendo la sua propria
interpretazione del messaggio cristiano. L'ortodossia è espressa nella formazione e
accettazione di un canone delle Scritture, dove esclude tutti gli altri scritti e con atteggiamento
meno tollerante alle eresie (p. 259-266). Penna, conclude la sua opera indicando che "In
questo modo le chiese (o la chiesa) diventano il luogo in cui la multiforme sapienza di Dio,
attuata in Cristo Gesù traluce e si manifesta al mondo intero” (p. 273).
c) Valutazione personale;
Lo stile di Penna è segnato per via della sua accurata ricerca culturale-storico-biblico-
etimologico, sostenuta per mezzo di una amplia bibliografia conclusiva. Il testo è ricco di
riferimenti ed analisi documentarie in cui hanno lo scopo di mostrare al lettore il DNA del
cristianesimo come la nascita di varie comunità cristiane, e dove sono indicate nei loro aspetti.
I vari rimandi dell’autore, per me, sono diventati degli elementi di difficoltà per
comprensione del testo, forzando leggere il riferimento biblico oppure alla rilettura del testo
per ottenere una migliore comprensione. Dall’opera, ho potuto imparare che nelle prime
comunità cristiane ci sono varie “chiese” unite nella fede di Gesù Cristo. Dalle lettere paoline
emergono dati interessanti e anche sorprendenti, ad esempio stupisce la rapida diffusione del
cristianesimo che in pochi anni arriva a Roma. Sorprende anche l’originalità di Paolo nella
interpretazione di Gesù (che unisce Giudei e Greci), della ecclesiologia (legge e tempio), la
nuova interpretazione dei “santi” e pure il modo in cui Paolo affronta le problematiche
comunitarie.
L’autore sviluppa in modo brillante, offrendo molto materiale al lettore di modo ad
ampliare la sua conoscenza sul tema e allo stesso tempo una guida nella riflessione sul nostro
agire come Chiesa oggi; materiale per una riflessione che offre importanti contributi per una
Chiesa missionaria ed ecumenica.

Marcelo Morais de Araujo Souza

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