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Commento: “La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato

riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”
Rm 5,5.

NOME: MARCELO MORAIS DE ARAUJO SOUZA


INDIRIZZO ELETTRONICO: MARCELO.MORAIS.SOUZA@GMAIL.COM

I. Motivazione personale

In questo momento in cui si apre per la Chiesa un tempo nuovo, la speranza,


costitutiva in ogni essere umano e un tema ricorrente e fondamentale nelle prime
comunità cristiane, oggi diventa un elemento a essere lavorato per la Chiesa di
fronte a una società digitale che ha cambiato il paradigma del tempo, dove non si
sa mai sperare perché si vive una esplosione d'informazione che rende difficile a
l'uomo di accogliere l'Amore di Dio riversato nei nostri cuori. La delusione spegne
il desiderio umano di cercare nuovi orizzonti sia nel contesto sociale come
religioso. C'è il bisogno di svegliare la speranza cristiana nel cuore dell'essere
umano.
È appunto per questa realtà che vorrei approfondire in questa frase paolina che
riflette su questo argomento.

II. Contesto letterario

Prossimo
Rm 5 ha una funzione ambivalente all'interno dell'argomento della lettera. Da una
parte, sembra introdurre una sezione nuova, intrecciata sui temi dello Spirito nei
cuori e della speranza escatologica. Dall'altra descrive una serie di considerazioni
di ordine retorico, vincolando il capitolo all'esposizione precedente, con contenuto
ampiamente dottrinale. In ogni caso, è possibile rendere conto della funzione di
Rm 5 nel suo contesto epistolare.
Questo capitolo è suddivisibile in due sottosezioni. In un primo momento (5,1-11),
Paolo presenta il valore e l'esito positivo della mediazione esercitata da Cristo,
tanto nel passato della sua morte in croce quanto nel futuro del suo intervento
escatologico. Nel momento successivo (5,12-21), egli stabilisce un inedito e
serrato confronto tra Cristo e Adamo per evidenziare il loro rispettivo, irriducibile
contrasto per quanto riguarda sia la loro rispettivo contrasto che riguarda sia la
loro fondamentale, antitetica funzione nei confronti dell'umanità sia l'opposta
condizione dell'uomo che a ciascuno dei due si rapporta1.
Le sezione 5,1-11 si collega direttamente alla sezione precedente, per questi
motivi: In generale si osservano che la stessa conclusione cristologica del c. 4
trova qui un recupero e uno sviluppo. La dimensione cristologica del discorso è
ora centrale, mentre il tema della speranza escatologica, viene fortemente
accentuato. In particolare, il segno più evidente del collegamento è che il concetto
di “giustificazione” (4,25), viene ora ripreso mediante il principio passivo
“giustificati” (5,1). Che l'evento della giustificazione è inseparabilmente connesso
con la persona di Gesù sia in 4,25 (“fu risuscitato per nostra giustificazione”), sia
in 5,1 (“giustificati... mediante il Signore nostro Gesù Cristo”)2.
Messaggio dell'apostolo
L'Apostolo afferma che la speranza, che non viene distrutta bensì ravvivata dalle
tribolazione, non ci porta alla delusione, alla vergogna. Perché la speranza nella
quale afferriamo ci troviamo nell'Amore di Dio riversato nei nostri cuori
attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato. Dunque a noi è stato dato lo Spirito
Santo, nel momento del battesimo. Lo Spirito Santo donato fa entrare l'amore di
Dio nei nostri cuori. Quest'amore è riversato nei nostri cuori, e perciò fa che la
nostra speranza nella gloria di Dio non venga delusa anche nelle tribolazioni della
vita. Tramite lo Spirito Santo, adesso è l'amore di Dio che regola e muove tutte le
nostre azioni. Proprio per questo, fa che quella speranza cui procede da Dio rende
più forte e non sia illusoria. L'uomo giustificato per la fede è afferrato nel fondo
1
Cf PENNA Romano, Lettera ai Romani. Introduzione, versione, commento, EBD,
Bologna, 2010. pp. 337-339
2
Ibid. pp. 340-341.
della sua persona dall'amore di Dio: perciò la speranza nella quale egli conduce la
propria vita e si ravviva anche e sopratutto nella tribolazioni, è una speranza
concreta ed infallibile. L'amore di Dio è poi tale che nessuna vicenda del mondo
può strapparcelo3.

III. Commento esegetico

Il v.5 spiega la radice profonda della tensione del cristiano al di là delle sofferenze.
Quando Paolo scrive “la speranza non delude, poiché l'amore di Dio è stato
rivesto nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato”.
L'affermazione iniziale, che fa referenza a “speranza”, si connetta al vv 3b-4 “ci
vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza,
4 la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza” e la porta a
conclusione, enunciando finalmente il vero motivo del vanto cristiano. Il verbo
impiegato alla certezza della speranza è lo stesso che più avanti Paolo applicherà
alla solidità propria della figura di Cristo “Dice infatti la Scrittura: Chiunque
crede in lui non sarà deluso”(10,11). Come lo dica della speranza, è conforme il
tema frequente nel Salterio: “I nostri padri... sperando in te non rimasero deluso”
(Sal 22,6). La speranza cristiana, fondata sulla giustificazione per fede, implica in
sé un'incrollabile dimensione di saldezza, derivante dalla giustizia salvifica di Dio
stesso. E' per questo motivo che la speranza “ ”.
La seconda componente della frase introduce un nuovo motivo di solidità, di
sicurezza: “L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori”. Questa è la prima
volta Paolo parla di amore nella lettera, e lo fa utilizzando il concetto d'agape in
senso teologico, in quanto “Dio”. Il genitivo impiegato da Paolo possiede il valore
soggettivo (= l'amore con cui Dio ama noi), non oggettivo (=l'amore con cui noi
amiamo Dio), con connessione immediata con il dono dello Spirito Santo. Paolo
stesso ne dà spiegazione nel v.8 “Dio dimostra il suo amore per noi”. In entrambi i
3
Cf SCHLIER Heinrich, “Commentario Teologico del Nuovo Testamento. Lettera ai
Romani”, Paideia, Brescia, 1982, pp. 256-260.
casi si tratta di un'iniziativa unilaterale di Dio stesso in totale favore dell'uomo.
L'agàpe neotestamentaria, sta a indicare un amore totalmente gratuito, dove la
nuova giustizia è ottenuta per grazia, ora si dice che questo amore “è stato
riversato”. E' lo Spirito infatti che funziona come mezzo dell'effusione dell'agàpe
divina e anche, come segno della sua perdurante presenza. Dunque, non solo
l'agàpe di Dio è stato riversata nei nostri cuori, ma insieme a essa è stato donato
ma anche lo Spirito di Dio.
A questo proposito, si deve notare il costrutto “nei nostri cuori”, che sta a indicare
una presenza in profondità dello Spirito stesso nei credenti4.

IV. Applicazione

Nei nostri tempi, penso che esista un collegamento forte tra resurrezione e
speranza, dove la speranza è a la base della resurrezione. Si parte dalle speranze
che sono nel cuore dell'uomo, di non soccombere del tutto di fronte alle
sofferenze o anche alla morte. Credere nella resurrezione significa dare un
fondamento e affermare la vitalità delle nostre speranze. Come dice San Paolo,
che, se Cristo non fosse realmente risorto, la nostra speranza e la nostra fede,
sarebbe vana, cioè senza fondamento. Fu la speranza che fece la prima comunità
cristiana gridare “E' risorto, è vivo, è apparso”.
La Chiesa nasce da un moto di speranza e questo moto è necessario ricuperare
oggi, se vogliamo imprimere alla fede un nuovo impulso. Un poeta ha scritto un
poema sulle virtù teologali. Dice che le tre virtù teologali sono come tre sorelle:
due di esse sono grandi e una è, invece bambina. Sempre avanzano insieme
tenendosi per mano, con la bambina speranza al centro. Al vederle, sembra che
siano le grandi a trascinare la bambina, ma invece è tutto il contrario, è la bambina
che trascina le due grandi, è la speranza che trascina la fede e la carità; senza la
speranza tutto si fermerebbe.5
4
Ibid. pp. 349-353.
5
CH. Pèeguy, Il portico del mistero della seconda virtù, Gallimard, Parigi 1975, p. 538ss.
Lo vediamo nella vita quotidiana. Quando una persona arriva a punto di non
sperare veramente più nulla, è come morta. Spesso si dà alla morte, o si lascia
morire lentamente. Allora, ogni volta che rinasce un germoglio di speranza nel
cuore, è come un miracolo, tutto diventa diverso, pure se nulla è cambiato.
Donare speranza è la cosa più bella che si possa fare, così dobbiamo trasmetterci
l'un l'altro la speranza cristiana, dove l'oggetto della speranza è la risurrezione
dalla morte. Ma non solo una risurrezione escatologica, c'è anche una risurrezione
del cuore, quella di ogni giorno. Sperare vuol dire credere che questa volta sarà
diverso, è un cammino di conversione. Qui è il mistero “dell'amore riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo “, dunque non si tratta semplicemente di
un sforzo volontaristico, ma piuttosto è frutto della azione dello Spirito Santo,
dove l'agire umano è veramente dono del Spirito, Dio a messo nei nostri cuori il
suo stesso amore. Avviene come consolazione fronte a qualsiasi situazione de
sofferenze.
Vorrei concludere queste lavoro facendo riferimento ai diari di Etty Hillesum, una
giovane donna ebrea che nel 1942 si presentò volontariamente a un campo di
concentramento per essere lì di aiuto e condividere la sorte del suo popolo.
20 luglio (1942), lunedì sera, le nove e mezzo
“Mio Dio è un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà
un periodo diverso, un periodo di umanesimo. Vorrei tanto poter trasmettere ai
tempi futuri tutta l'umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie esperienze
quotidiane. L'unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi e di
prepararli fin d'ora in noi stessi. Vorrei tanto vivere per aiutare a preparare questi
tempi nuovi: verranno di certo, non sento forse che stanno crescendo in me, ogni
giorno?... E credo che quella preghiera mi abbia dato forza per tutto il giorno”.6

6
HILLESUM Etty, Diario 1941-1943, a cura di J.G. Gaarlandt, Adephi, 1996, p.179.

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