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ISTITUTO DI SPIRITUALITÀ

VELICEA IULIAN GABRIEL


164495

ARB 210: La Trinità Negli Scritti Giovannei

DOCENTE:
PROFESSORESSA JOJKO BERNADETA

ROMA 2017
Sintesi del corso

Chi non ama non ha conosciuto Dio, poichè Dio è amore.


Lo scopo di tutta l’opera di Giovanni è la fede dei lettori, perchè attraverso la fede
possano raggiungere la vita. Alla rivelazione di Dio si risponde essenzialmente nella fede e
nell’amore.
Il tema principale nell’opera giovannea, è la Trinità. La Trinità spunta nei scritti di
Giovanni come un grande affresco dell’amore del Padre in comunione con il Figlio.
La fede in Dio Uno e Trino, che ci ama e vive in mezzo a noi, questa è essenziale per
vedere la nostra dignità profonda, per dare la testimonianza e per trasmettere la nostra fede.
Il mistero della Trinità è strettamente collegato all’amore di Dio e alla risposta di fede da
parte dei Cristiani.
Lo scopo del corso è di investigare il punto di vista di Giovanni le relazioni intra-
trinitarie, come sono presentate nella sua opera.
L’amore di Dio, Uno e Trino, è il dono che richiama alla fede autentica e profonda.
Il tema dominante è un invito di passare, da una fede debole, alla fede fortificata e
comunicata in un modo chiaro. Per Giovanni la fede, non può essere separata dall’amore.
L’evangelista guidato dallo Spirito-Paraclito era consapevolmente sensibile ai bisogni
d’una Chiesa particolare ed anche d’un pubblico futuro molto più ampio.
Ci sono le differenze, alcune parole importanti nel Vangelo che non si trovano mai nelle
Lettere. Per esempio kyrios, «signore», krinein, «giudicare», zētein, «cercare».
Nel Vangelo Gesù stesso presenta la sua morte come il trionfo, l’innalzamento e la
glorificazione. Nelle Lettere sono esplicitate le conseguenze della morte di Gesù, il carattere
sacrificale.
Nel Vangelo si pone accento sull’escatologia realizzata, invece nelle Lettere si sottolinea
di più l’escatologia finale, e la manifestazione e ritorno di Gesù alla fine dei tempi nella sua
parusia (1 Gv 2, 28).
Il Vangelo è un racconto della storia di Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Nelle lettere
troviamo, un discorso di carattere polemico, che aiuta, sfida i destinatari, già credenti, nella loro
fede genuina.
Agnello di Dio. Il sostantivo «agnello», ricorre due volte nel quarto Vangelo, e venti otto volte
nell’Apocalisse. In ambedue opere, l’Agnello riferisce a Gesù. Nel Vangelo l’espressione
«Agnello di Dio», nella testimonianza di Giovanni Battista, è legata con l’eliminazione del
peccato del mondo, con il battesimo dello Spirito Santo e con il titolo «Figlio di Dio».

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Nell’Apocalisse, «l’Agnello» è ucciso, ma vivo per sempre, è il combattente vittorioso contro le
forze del male fino alla loro distruzione. Il più buon esempio sono i martiri.
Lògos. «Lògos di Dio» nel prologo del Vangelo e al «Lògos della vita» nella prima lettera di
Giovanni. Nell’Apocalisse, Gesù crocifisso e risorto, «vestito di una veste intrisa nel sangue, e il
suo nome si chiama: La Parola di Dio».
Riflettendo sulla testimoniaza del «discepolo che Gesù amava», siamo invitati a
riscoprire «chi è Dio» nella nostra vita. L’identita di ciascuno di noi si realizza nella
partecipazione personale alla vita di Dio stesso, affinchè Egli si manifesti attraverso la nostra
stessa vita. Lo Spirito Santo quale ci conduce a vedere Gesù il volto del Padre, perchè il suo
amore sia irradiato a tutti, con la testimonianza della nostra vita.
Nella prima parte dell corso nel Vangelo di Giovanni ci viene detto che l’evangelista ha
scritto tutto attraverso la testimonianza e i segni personali di chi annunzia, colui che deve aprirsi
alla fede, possa credere con certezza che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio. Solo in questa fede si
ha la vita eterna.
L’epilogo del Vangelo è un racconto di apparizioni di Gesù risorto in Galilea. Riassume
tutto il ministero di Gesù glorificato. Partendo con ricordo di una pesca miracolosa come
immagine della attività della Chiesa, è finendo con Pietro «il Discepolo che Gesù amava» come
le due figure importanti nella comunità giovannea.
La Trinità, centrale nel vangelo di Giovanni, costituisce il nucleo della risposta di fede da
parte dei credenti.
Nell Prologo, la gloria di Gesù è possibile grazie all’attivita glorificante dello Spirito
Paraclito che conduce la comunità dei credenti a vedere con gli occhi della fede la gloria del
Padre e del Figlio: «La gloria che tu mi hai dato, io l’ho data a loro» (17, 22).
Nella testimonianza di Giovanni a Gesù sullo Spirito, che «scende e rimane su di lui» (1,
32-34), l’evangelista introduce la relazione vitale tra il Padre, Gesù e lo Spirito Santo. Il Padre
dona il «segno» che permette a Giovanni di dare la testimonianza della discesa dello Spirito. Egli
è colui che batteza in Spirito Santo.
Per la comunità giovannea e per tutti i credenti, questo brano (1, 32-34) costituisce il
fondamento essenziale per la confessione della fede monoteistica, nel Dio che è il Padre in
relazione con Gesù, suo Figlio, e con lo Spirito Santo, che viene «dal cielo», rimane su Gesù, e
dopo rimane nei credenti per sempre. Lo Spirito testimonia che Dio abita in loro e che loro
dimorano in Dio.
La presenza del Paraclito, glorifica Gesù e il Padre, nei cuori dei cerdenti. I credenti sono
chiamati a rispondere nella fede alla rivelazione che viene dal Padre per mezzo di Gesù nello
Spirito Santo.
Noi credenti dimoriamo nel Padre e nel Figlio, come Gesù ha pregato il Padre:«che sia
anch’essi in noi» (17, 21). Qui siamo elevati alla vita del Dio Uno e Trino.

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Questa reciproca dimora di Dio Uno e Trino in noi, e la nostra dimora nel Padre e in
Gesù crocifisso-risorto, sono sperimentate oggi nella fede.
Nella seconda parte su le Lettere di Giovanni parliamo di progetto salvifico di Dio quale
si è realizzato mediante Gesù Cristo, nell’azione continua dello Spirito Santo, per noi cristiani,
che ne siamo i beneficiari. Siamo in comunione con il Padre e con Gesù, perchè siamo guidati
dallo Spirito, dotati dai suoi doni con l’unzione e «il germe divino».
Grazie allo Spirito, siamo in grado di essere sempre più coscienti della nostra dignità,
consapevoli di «essere in Dio»: «noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo» (5, 20).
Il Gesù della fede cristiana non è un idea teorica, una conoscenza misteriosa; è una
persona concreta, conosciuta «nella sua carne». È colui che si identifica con «la Vita» e che ha
dato la vita divina; la vita eterna a noi, credenti.
L’ultima parte nell’Apocalisse si parla di una «maternità cristo-genetica», quella di
Maria, è essenziale, unica, nei riguardi di tutta la Chiesa. In parallelo con la maternità
cristologica di Maria, che si attua nella vita dei credenti, c’e anche una maternita della Chiesa.
Come la Chiesa che ha ricevuto Cristo da Maria, così il popolo di Dio dona al mondo lo stesso
Cristo, il Figlio di Dio e il Figlio di Maria.

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