SENSO DI NULLITÀ
Fare l'esperienza del limite significa prendere coscienza del proprio stato, della
propria natura ferita, e della propria caducità creaturale: col peccato originale l'uomo si è
allontanato da Dio, e Dio da parte sua, mediante il mistero dell'incarnazione di Cristo, ha
voluto sanare tale frattura e colmare il vuoto che si era venuto a creare fra sé e l’uomo.
San Paolo è stato colui che ha formulato in modo magistrale il contenuto teologico di
quest'esperienza:
La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa
infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui
che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù
della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo
bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto;
essa non è sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo
interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo (Rm
8,19-23).
La malattia e la sofferenza sono sempre state tra i problemi più gravi che
mettono alla prova la vita umana. Nella malattia l'uomo fa l'esperienza della
propria impotenza, dei propri limiti e della propria finitezza. Ogni malattia può
farci intravedere la morte (N° 1500).
ANGOSCIA ESISTENZIALE
CRISI DI MEZZ’ETÀ
Contenuto psicologico
Per tutti esiste una “transizione” a metà della vita, un processo di mutamento che
segna significativamente questa tappa. Tuttavia determinante è che il valore e il
significato di questo trapasso non si misuri dal grado di “turbolenza”, ma dal livello di
“trasformazione e sviluppo”.4 La crisi consiste precisamente nel fatto che ciò che è
vecchio sta morendo, e il nuovo non può nascere; in questo interregno compare una
grande varietà di sintomi: all’inizio la prima maturità sta morendo, ma il periodo della
maturità media non è ancora nata; il periodo tra questi due eventi, la transizione di mezza
età, è importante nella vita di ogni uomo e donna per diverse ragioni.
L’esperienza della propria mortalità è il cuore della transizione di mezza età. Gli
eventi che aiutano a confrontarsi con questa realtà sono: la morte o l’aumentata
dipendenza dei genitori, di parenti più vecchi, colleghi e amici; la morte inaspettata di
coetanei; il proprio declino fisico. Tra i sintomi caratteristici di questa età di transizione
di mezza età si possono indicare: sentimenti di depressione e di vuoto e il rimpianto delle
occasioni perdute, le decisioni prese o declinate, le esperienze fatte o evitate. È
importante che le persone di mezza età arrivino a rendersi conto che la saggezza attribuita
alla stabilità adulta è falsa.5
La persona si pone “per la prima volta” di fronte alla possibilità della propria morte.
È il tempo in cui si inizia a parlare con maggiore frequenza e preoccupazione della salute,
dei acciacchi fisici. L’infermità, prima vissuta come una visitatrice del tutto sporadica ed
estranea, ora comincia a inquietare, e spesso si insedia in casa non come una visita
passeggera ma come invasione permanente. Possiamo segnalare fra gli indici di declino
fisico: la diminuzione delle energie corporee, il tasso di colesterolo elevato, la fatica a
leggere da vicino, la memoria che comincia a giocare brutti scherzi, la pressione che si
altera in modi inspiegabili... Il declino fisico ci avverte che qualcosa di sostanziale sta
cambiando nel nostro ritmo vitale, che la vita comincia a collocarsi nell’orizzonte della
morte.
I fenomeni che rivelano il problema o la crisi, e che solitamente si presentano in
forma cumulativa sono: il tedio della quotidianità, il disgusto interiore, la mancanza di
gioia, la riduzione dell’auto-fiducia, la tendenza a dubitare maggiormente di sé,
l’aumento dell’insicurezza. Altri sintomi sono: scetticismo, aumentata preoccupazione
per se stessi, difficoltà nella vita di fede; sensazione di “aver ormai vissuto” un buon
tratto di vita che minaccia la speranza; incapacità di riposarsi (questa, in particolare, si
4 Cfr. CERDA F. J., “Dinamismi soggiacenti alla metà della vita. Chiavi di analisi”, in Vita
Consacrata, 28 (1992) 739.
5 SAMMON S. D., “Life After Youth: Midlife Transition and its Aftermath”, in Human
Development. 3 (1982) 15-25.
può considerare una vera e propria “malattia” della mezz’età, e manifesta l’inabilità a
stabilire una distanza adeguata tra sé e il proprio lavoro); desideri di “romperla” con il
proprio passato e ansia di cambiamenti significativi nella propria esistenza.
Nonostante questi comportamenti difficoltosi, noi abbiamo indicato i principali, si
può affermare, paradossalmente, che in questa fase è osservabile una maturazione
qualitativa: si cominciano a raccogliere i frutti di anni di sforzo di lavoro, si possiede una
migliore esperienza della vita, si è appreso a distinguere l’essenziale dall’accessorio, si ha
un’accresciuta capacità di efficacia e un maggior senso di realismo. 6
Finalmente le soluzioni della crisi possono diventare un passaggio creativo, ma
anche occasione per innescare una fase distruttiva. Sono possibili quattro soluzioni:
- la soluzione creativa: porta a concentrarsi sull’essenziale, che si ritiene ancora
vitale e valido;
- la soluzione panica: è generata dalla coscienza che “sfuggono ormai” le occasioni
e si cerca una nuova espressione vitale cambiando lavoro, amicizie o luogo di abitazione;
- la soluzione rassegnata: evidenzia sempre più la perdita di gusto della vita (spesso
in questo periodo si sviluppano anche malattie psicosomatiche);
- la soluzione ipocrita: la persona nega ogni crisi e vive nascondendosi dietro
diverse maschere, non accettando mai la verità in se stessa.
La soluzione creativa
Per una soluzione creativa della crisi della metà della vita bisogna prendere in
considerazione due campi, quello della psicologia e quello della spiritualità, ambedue
importanti e reciprocamente intrecciati nel “viaggio” di tutta la persona verso una
“pienezza di significato”. In un articolo, F. J. Cerda propone dieci compiti di sviluppo che
lui giudica importanti in questa tappa:
1) Assumere il futuro. La consapevolezza che il tempo vissuto supera quello che
rimane da vivere, che il passato non può essere cambiato e che il futuro non rimane
aperto a tutte le possibilità, crea nella persona “a metà della vita” la sensazione di
irrequietezza o inquietudine. Il compito primordiale è di accettare il passato assumendo
realisticamente il futuro. Tale compito spinge la persona a diventare l’agente principale
della propria vita, a farsi carico di se stessa e far uso delle proprie capacità e limitazioni
in maniera più cosciente e deliberata.
2) Accettare i limiti. Nella transizione dei quarant’anni la persona è invitata a
riesaminate gli ideali importanti della giovinezza, a delimitarli nella misura della loro
concreta attuazione nelle scelte specifiche di amore, di lavoro e di significato. Il bilancio
onesto e credibile delle proprie capacità e dei propri limiti porta la persona alla serena
accettazione di se stessa e ad essere più indulgente con sé e con gli altri.
3) Affrontare l’invidia, la rivalità e il potere. A metà della vita il “meccanismo
comparativo” con gli altri diventa più acuto e suscita nella persona sentimenti di rivalità,
di invidia e un disperato attaccamento al potere. Per affrontare tali sentimenti è necessario
il riconoscimento gioioso dei talenti e dei meriti degli altri, con la disposizione positiva di
6 Cfr. CERDA, F. J., “Dinamismi soggiacenti alla metà della vita...”, cit., 741-743.
vedere se stessi come parte di un tutto. Di fronte al crescente bisogno di essere efficace
nelle proprie prestazioni, di avere una responsabilità significativa, di avere cura di
qualcosa o di qualcuno, la persona è chiamata ad agire con senso di corresponsabilità e
con l’esercizio del potere nello stile evangelico del servizio umile.
4) Integrare le forze opposte all’interno di se stessi. La persona, a metà della vita,
avverte in se stessa forze opposte, in psicologia chiamate “polarità della personalità”.
Esse, raggruppate in quattro coppie, costituiscono il centro degli sforzi della persona
impegnata nel processo di crescita adulta, verso una maturità che è il risultato di una
accresciuta coscienza e di una ritrovata armonia:
- giovane/vecchio: affrontare questa polarità significa abbandonare gli aspetti della
giovinezza inadeguati e assumere i valori della maturità.
- distruzione/creazione: è porre fine alla distruttività dentro e fuori di se stessi e
incanalare le energie personali in direzioni più creative.
- maschile/femminile: è riflettere sulla propria esperienza di esser uomo o donna
sperando il senso di inferiorità/superiorità.
- attaccamento (ambiente esteriore)/separazione (mondo interiore): è infine crescere in
interiorità e acquisire nuova conoscenza della propria unicità.
5) Affrontare il “mondo” con fedeltà. Un compito importante nella metà della vita è
quello di vivere con fedeltà i propri ideali durante gli inevitabili conflitti con il mondo
reale, così frequentemente minaccioso e contraddittorio. Questa fedeltà suppone la
responsabilità, da parte della persona, di essere ciò che dice di essere.
6) Rivalutare la propria struttura di vita. Questo nuovo sforzo di valutare la propria
esistenza ha due aspetti: cogliere i filo conduttore della propria vita e smontare schemi,
idee, stereotipi, problemi non risolti, per vivere l’essenziale. Frutto di tale bilancio è la
revisione e la riformulazione del progetto personale di vita che comprende l’impegno ad
approfondire le basi spirituali della propria vocazione.
7) Affrontare la perdita, il dolore e la morte. La crescita della persona a metà della
vita implica una trasformazione per il fatto di essere in rapporto con la sofferenza a vari
livelli: frustrazione dei progetti che hanno alimentato il meglio del proprio vissuto,
autocoscienza del peccato, malattie prolungate, strappi affettivi da vincoli profondamente
sentiti, tentazioni di esasperazione ed esperienza interiore di purificazione di Dio. È il
momento di saper scoprire il cammino della “santità”, che è saper apprezzare, e
assumere, la dimensione pasquale della propria vita e del proprio impegno.
8) Incanalare la propria energia e creatività. La persona a metà della vita deve
affrontare la sfida della “generatività”; è una chiamata a “promuovere la vita”,
all’espansine della capacità di “prendersi cura” nell’esercizio e nello sviluppo della
paternità/maternità spirituale. Ciò implica un genuino uscire dal proprio centro per il bene
degli altri, di essere capaci di attenzione per gli altri senza controllarli; richiede un amore
oblativo basato su una grande “flessibilità affettiva” che le permetta di rivolgere la
capacità di affetto verso persone, attività e ruoli nuovi.
9) Acquistare sapienza e flessibilità. La persona a metà della vita dimostra una
elevata sensibilità alle necessità dell’io interiore e si sente invitata all’autenticità e
all’autotrascendenza. Il compito della scoperta dell’io interiore può assumere forme
diverse: la modifica e la personalizzazione dei sogni della giovinezza, l’abbandono della
valenza tirannica del sogno e una crescita personale, più soddisfacente; il ricupero di un
sogno represso o ignorato e una radicale trasformazione personale per accogliere
“l’ultima opportunità”. La saggezza e la flessibilità renderanno la persona capace di
distinguere il vero dal falso, l’essenziale dall’accessorio.
10) Nascere di nuovo. La “nuova nascita” a metà della vita comprende tre aspetti di
maturazione della fede: il dubbio sulle proprie possibilità e sull’opera trasformatrice della
grazia; la necessità di considerare che “tutto è grazia”; il predominio della fede nel
processo della formazione. Questi tre aspetti mettono in evidenza il compito della
conversione intesa come processo continuo attraverso il quale le persone o i gruppi
orientano gradualmente la loro vita verso una coerenza con la trama centrale della fede
cristiana. La conversione diventa risposta a una iniziativa divina la cui irruzione non può
essere programmata; è “viaggio” verso Dio che coinvolge spiritualmente,
emozionalmente, intellettualmente, fisicamente, tutto l’essere nel processo di crescita e
maturazione.
L'esito positivo di questa ricerca della salvezza è l'umiltà nel senso che la persona
accetta la propria condizione umana e la propria incapacità di auto-redenzione e si orienta
verso Dio per ottenere salvezza. Il contenuto del volto umile è la presa di coscienza della
propria debolezza caratteriale, della propria “spina”, come lo elabora San Paolo.
Per poter valutare la natura spirituale dell’esperienza del limite, occorre
confrontarla con i criteri teologici che si applicano nel caso dell’esperienza della “notte
spirituale”. Possiamo ricavare alcuni criteri di base negli studi di due noti autori
contemporanei: Josef Sudbrack e Paul Mommaers.
7 SUDBRACK, J., Religiöse Erfahrung und menschliche Psyche, Grünewald, Mainz 1998,
52.
8 SUDBRACK, J., o.c., 53.
3) Il criterio di speranza. “L’angoscia può giungere misure patologiche. Nessuna
spiegazione psicologica o psichiatrica può smaltire questa angoscia fondamentale. Per
Teilhard però essa diventa una costante spinta verso nuova e sempre più attiva speranza
nel futuro di Dio. Teresa di Lisieux è diventata la Santa dei tempi nuovi proprio perché è
riuscita trasformare questa esperienza estrema del vuoto e della desolazione in
un’espressione dell’amore disinteressato.”9
La persona ha realizzato il volto umile quando può ripetere con San Paolo: “Mi
vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di
Cristo” (2Cor 12,9b).