INTRODUZIONE
Romani 4
Paolo intende affermare una vera causalità della risurrezione di Cristo in rapporto
alla giustificazione: le voci discordanti provenivano tutte da un certo disagio a far
rientrare una tale affermazione negli schemi abituali della teologia della redenzione. Ma
tuttavia una nuova questione si pone: cioè se tali considerazioni riguardano in realtà il
trattato de Christo redemptore, dove si ha l’abitudine di parlare della sola redenzione
oggettiva, fondata esclusivamente sulla categoria del merito. Si potrebbe quasi dire che
esso è stabilito per accostare la risurrezione alla sola redenzione soggettiva.
Il teologo P. Prat si esprime come se egli la collegasse alla sola redenzione
soggettiva, così conclude la sua esposizione con una citazione di Newman dove questi
oppone chiarissimamente la riconciliazione, operata dalla morte di Cristo sulla Croce, e la
giustificazione, operata dall’invio dello Spirito Santo: «L’opera di Cristo comprende due
cose: ciò che egli ha fatto per tutti gli uomini e ciò che egli fa per ciascuno di loro; ciò
che egli ha fatto per noi e ciò che egli fa nel cielo; ciò che egli ha fatto in persona e ciò
che egli fa mediante il suo Spirito: egli riconcilia offrendo se stesso sulla croce, egli
giustifica col mandarci il suo Spirito».
Ora, è certo che una sintesi della redenzione fondata sulla causalità meritoria
permette di distinguere nettamente fra un aspetto oggettivo, in quanto Cristo ha meritato
la nostra salvezza, e un aspetto soggettivo, in quanto questi meriti ci sono applicati
mediante la fede e i sacramenti, e pertanto salvaguarda pienamente l’opera propria di
Cristo contro quelli che tendono a considerare solamente la parte dell’uomo, divenuto,
grazie all’esempio di Cristo, capace di salvarsi da se stesso.
Morte E Risurrezione: Unico Mistero Di Salvezza
Un’attenzione troppo esclusiva accordata alla resurrezione potrebbe suggerire che
questo ritorno della umanità a Dio in Cristo si è operata un poco alla maniera di un
processo di ordine biologico. È evidente che l’Uomo-Dio compie un tale ritorno per un
atto di libertà. Per san Giovanni come per san Paolo, è mediante un atto di obbedienza e
di amore, che Cristo, è «passato» egli stesso e ci ha fatti «passare» con lui al Padre. Anzi,
la morte di Cristo ha un valore di redenzione, non perchè essa costituisce un processo di
ordine biologico, ma perchè essa è l’espressione suprema dell’amore e dell’obbedienza.
Morte e risurrezione si trovano indissolubilmente unite: la morte implica già la
risurrezione. Si tratta di due aspetti di un solo e unico mistero, un poco come la
remissione dei peccati e la infusione della vita divina, come san Paolo lo suggerisce
precisamente in Rom 4, 25. Si sa con quale forza il Nuovo Testamento inculca questa
indissolubile unità.
Come la tradizione ha tenuto a sottolinearlo, mediante la sua morte, è vero, Cristo
ci ha riuniti a Dio, ma in quanto questa morte è il supremo atto di amore e dunque
essenzialmente una vittoria sulla morte. Vediamo come la Scrittura presenta lo schema,
del ritorno a Dio: nei due casi morte e glorificazione di Cristo restano strettamente
associate. Così ricordiamo quella che dice san Paolo che Cristo «è stato consegnato per i
nostri peccati e che è risuscitato per la nostra giustificazione» (Rom 4, 25).
Romani 6
Effettivamente Dio ha avuto compassione di noi per mezzo di Cristo perchè, non
peccando più in avvenire, non solo procuriamo a noi un merito, ma su di noi facciamo
anche regnare la sua grazia. Toglie invece il regno alla grazia di Dio e lo consegna al
peccato colui che ritorna di nuovo all’uomo vecchio, cioè ai costumi della vita passata. È
per du e motivi che abbiamo ricevuto la misericordia: sia perchè fosse annientato il regno
del diavolo sia perchè fosse predicata la sovranità di Dio a quanti non ne avevano
conoscenza, e proprio per questo ci è stata richiesta onestà di vita. Colana testi patristici
ambrosiaster pag 146
I prossimi versetti mostra il completamente rifiuto del peccato; il battesimo come
l’espressione della morte per peccato è di rissurezione nella grazia. Il battesimo non
contraddice la fede, ma completa: esso muore per il corpo, esso rinascere nello spirito.
Senza peccato, Cristo aveva un corpo come il nostro, appartenendo nel ambito del
peccato, ma diventando spirituale Egli appartiene solo nel ambito divino. Il battesimo non
distrugge il peccato. Fino quando il corpo non diventerà immortale, il peccato può
recuperare il posto, «Infatti l’anima che ha peccato, è detto, essa stessa morra» (Rom 6,
9). Il risultato è l’obbligattivita di rispettare il nostro corpo.
«Ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rom 6, 23).
In questo ultimo versetto apostolo dichiara che questo dono è stato dato a noi da Dio
mediante Cristo Signore nostro, affinchè rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo di
nessun altro se non di suo Figlio. Sfsarsit
Colossesi 1, 24
L’autore di Colossesi tratta qui della natura, del contenuto e dei pericoli del
ministero del Vangelo. Egli presenta un’immagine idealizzata, collocata in modo vago
nella realtà storica del ministero di Paolo. «I ministri che soffrono per la comunità
cristiana lo fanno con gioia, seguendo l’esempio di Paolo» (Fil 1,18; 2,17). Essi
continuano a sperimentare nella carne le tribolazioni che Cristo ha sperimentato della
sua rissurezione, perchè queste tribolazioni non sono finite con la sua morte. Si può
dire, quindi, che i suoi ministri completano ciò che ancora manca alle sofferenze di
Cristo. Come quella di Cristo, così la loro sofferenza è accettata a vantagio del suo
corpo, la Chiesa (cf. v. 18).
La parola di Dio è chiamata un «mistero» che è rivelato ora ai santi (cf. v. 2),
ma che precedentemente era nascosto. Quello più specifico del mistero è Cristo stesso
che attraverso, la predicazione diventa presente agli uditori, i pagani secondo il piano
di Dio. Dio volle far conoscere la ricchezza e la speranza della gloria, che è Cristo.
Questo è lo stesso Cristo che i ministri proclamano, e questo avviene esortando e
insegnando a «ogni» persona con «ogni» sapienza, così che «ogni» persona sia resa
perfetta. La perfezione viene soltanto «in Cristo», cioè, all’interno del suo corpo e non
al suo esterno (Fil 3, 12-15). La perfezione in Cristo è il fine del ministero, il quale è
sia lavoro che lotta, ma che deve essere compiuto sotto la potente forza dell’energia di
Cristo che è all’opera nei suoi ministri.
In definitiva, questa è la conoscenza del mistero di Dio che è Cristo, poichè è in
lui che «tutti» i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti.
Galateni 6
Benchè alcuni abbiano ceduto alle pressioni del giudaizzanti (Gal 5, 4),
rimangono tra i Galati altri che vivono secondo lo Spirito. Paolo si rivolge a queste
persone e le spinge ad adempiere perfettamente la legge di Cristo aiutandosi
vicendevolmente con benevolenza per condividere il peso di qualsiasi problema che si
presenti.
Il versetto 6 si stacca dal contesto: sembra infatti essere senza legami con
quanto precede e segue. Si tratta, di fatto, di un’osservazione eminentemente pratica. Il
versetto è indirizzato a coloro ch vengono istruiti (catecumeni) e insiste perchè queste
persone condividano tutto ciò che hanno con il loro istruttore, cioè, perchè diano un
contributo finanziario o di altro genere per mantenere il loro maestro.
I prossimi versetti esortano i lettori ad essere fedeli a uno stile di vita guidato
dallo Spirito piuttosto che a uno dominato dalla carne. Queste esortazioni non
descrivono ciò che uno dovrebbe attendersi in ricompensa per un tale comportamento.
Ciò e abbastanza normale in un contesto di famiglia. La generalizzazione di Paolo
sintetizza qui bene questo concetto.
Poi vediamo che Paolo ripete le sue critiche ai giudaizzanti che continuano a far
pressione sui Galati perchè si facciano circoncidere, mentre essi stessi non
obbediscono interamente alla Torah. Essi cercano solamente una soddisfazione
personale e il raggiungimento di un scopo di cui vantarsi diffusamente.
La fierezza e il vanto di Paolo stanno nella redenzione operata dalla passione e
morte di Gesù. Unito a questo avvenimento e avendone compreso il significato, Paolo
ha rigettato uno stile di vita misurato su osservanze esterne della legge, ed è stato
creato di nuovo. Questa è ciò che conta realmente. Coloro che hanno accettato questo
tipo di stile di vita come un modo di vivere significativo sono realmente il popolo
eletto di Dio, l’Israele di Dio, l’autentica comunità cristiana. Ad essi Paolo invia
auguri di pace e di misericordia.
Le sue righe finali sono concise come il saluto di questa lettera. Il suo corpo
mostra già le conseguenze fisiche delle sue fatiche e sofferenze nel ministero (2 Cor
11, 23-35). La benedizione finale è insolitamente breve e formale, benchè addolcita,
delicatemente dal suo appellativo affettuoso «Fratelli». Anche in chiusura Paolo fa un
ultimo tentativo per riattivare il loro radicamento emotivo al Vangelo che egli aveva
predicato.
CONCLUSIONE