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Kierkegaard

1813-1855
Indicazioni biografiche
❖ Nasce nel 1813 a Copenhagen in una famiglia profondamente
religiosa. Religiosità permeata dal senso del peccato, acuito dalla
morte prematura della madre e di alcuni fratelli, disgrazie
interpretate dal padre come effetto di un’oscura colpa
❖ Intraprende studi teologici, nella locale università, intrisa di
hegelismo. Si laurea nel 1840 con l’intento di diventare pastore
protestante, scelta che non porterà mai a compimento.
❖ Nel 1840 si fidanza con Regina Olsen, ma nel 1841 rompe il
fidanzamento senza apparenti motivazioni; la responsabilità di
questo gesto lo tormenterà per il resto della sua vita.
❖ Negli ultimi anni di vita si impegna in una dura polemica con la
chiesa protestante danese, accusata di una fede solo formale
❖ Da sempre fragile di salute, muore nel 1855
Una vita «sofferta»

❖ Sensibilità caratteriale acuita dal sentimento religioso dà ad ogni


evento biografico una risonanza drammatica
❖ Ne deriva la tendenza spasmodica a interrogarsi sulla propria
esistenza, aprendo orizzonti nuovi al pensiero e dando una forte
connotazione emotiva, autobiografica e personale alla riflessione
❖ Sentimento di sofferenza esistenziale che lo fa sentire
– Estraneo agli altri uomini, che nutrono altre preoccupazioni
– Destinato all’infelicità
Le critiche a Hegel
❖ Irriducibilità del reale al razionale, al pensiero che racchiude tutto
nel concetto, nel sistema, nell’universale: ad esso sfugge la
singolarità di ciascun essere umano e la drammaticità
dell’esistenza
❖ La dialettica hegeliana è «finta» in quanto pretende di superare le
contraddizioni della realtà nella sintesi delle opposizioni
(dialettica quantitativa o dell’et et), che dunque non sono
veramente tali, mentre la dialettica reale dell’esistenza è fatta di
alternative radicali che richiedono una scelta, quindi l’esclusione
di una delle opzioni (dialettica qualitativa o dell’aut aut)
❖ Quindi il pensiero hegeliano è incoerente rispetto alla realtà
dell’esistenza ed è inutile per l’uomo che ha bisogno di una
filosofia per l’esistenza orientata al futuro
La filosofia del singolo

❖ La filosofia ha come compito indagare la singolarità, irriducibile


all’universalità del pensiero e del sistema
❖ Al centro della riflessione vi deve dunque essere l’esistenza, che
è proprio il modo d’essere del singolo essere umano
❖ Verità soggettiva dell’esistenza vs verità oggettiva dei sistemi:
– il singolo deve trovare la «sua» verità, una verità che consiste
nelle sue decisioni, nelle sue scelte e che si mantiene nello
spazio del rischio e dell’incertezza
«Come prima cosa non confondiamo lo sviluppo della “Storia universale” dello
spirito umano con gli individui singoli!»

«Ciò che importa è di intendere a che cosa io sono destinato, di intendere che cosa
Dio vuole propriamente che io debba fare; ciò che importa è di trovare una verità
che sia verità per me, di trovare l’idea , per la quale io possa vivere e morire. A che
cosa mi gioverebbe pertanto, se io trovassi una così detta verità oggettiva; se io mi
erudissi attraverso i sistemi dei filosofi e, posto che venga richiesto, se io potessi
passarli tutti in rivista […]- se essi non avessero per me stesso e per la mia vita
nessun significato più profondo?».

«L’etica isola momentaneamente il singolo, esigendo da lui che egli esista


eticamente. Non fanfaroneggia di milioni di generazioni, non prende l’umanità a
casaccio, così come la polizia non arresta la pura umanità. L’etica ha a che fare con
l’uomo singolo; e, beninteso, con ogni singolo»

«Ogni conoscenza essenziale concerne l’esistenza, e solo la conoscenza, che si


riferisce essenzialmente all’esistenza, è anche una conoscenza essenziale».
La comunicazione indiretta
❖ Ricorso a pseudonimi nella pubblicazione degli scritti.
❖ Eteronimi con cui Kierkegaard dà nome a aspetti diversi di sé, a
vite possibili
❖ Motivazioni
– Irriducibilità dell’esistenza all’universale = messa in scena di
diverse possibilità d’esistenza che incarnano la soggettività
della verità.
– Finalità maieutica: il ricorso a personaggi che incarnano scelte
e prospettive produce il coinvolgimento del lettore e lo attiva
nella ricerca del proprio percorso esistenziale; non offre un
pensiero già compiuto, ma una sollecitazione a riflettere e a
impegnarsi nel proprio percorso
L’esistenza

❖ Esistenza è modo d’essere specifico dell’essere umano


che ne produce la singolarità
❖ "Ex-sistere": emergere-da = non predeterminata:
INDETERMINATEZZA
❖ E' caratterizzata dalla POSSIBILITA’
❖ La possibilità è effetto della LIBERTÀ
❖ L’esistenza si determina in base alle SCELTE del
singolo
L’angoscia, la possibilità, la libertà
❖ La possibilità è categoria poco rassicurante, poiché «nella
possibilità tutto è ugualmente possibile» ovvero nulla è
determinato, già orientato
❖ L’angoscia
– è pertanto il sentimento che segna costitutivamente l’essere
umano, dettato dal fatto che esso è un ente possibile
– Deriva dalla libertà di scelta («vertigine della libertà») ed è
coscienza di tale libertà, ovvero coscienza della condizione
esistenziale dell’essere umano, sospesa tra essere e nulla, tra
possibilità di potere essere, che è anche possibilità di poter
peccare.
– differisce dal timore, che ha un oggetto determinato, poiché è
il timore del possibile, cioè dell’indeterminatezza in cui è preso
il nostro agire nel mondo
L’angoscia, la possibilità, la libertà
«Se l’uomo fosse soltanto un animale o soltanto un angelo non avrebbe
possibilità di provare l’angoscia. Ma l’uomo è una sintesi ed è per
questo che sente l’angoscia, e l’uomo è tanto più grande quanto più
l’angoscia è profonda. Non si tratta qui dell’angoscia come di solito
è intesa, l’angoscia di ciò che è esterno, l’angoscia di ciò che è al di
fuori dell’uomo, si tratta dell’angoscia che l’uomo stesso produce nel suo
intimo. È secondo questo significato che bisogna intendere le parole del
Vangelo quando in esso si dice che Cristo era angosciato fino alla morte e
quando si dice ciò che egli disse a Giuda: «Ciò che devi fare fallo presto».
Nemmeno quelle parole terribili, che angosciarono lo stesso Lutero
quando su di esse predicava, «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai
abbandonato?», nemmeno queste parole esprimono con tanta forza il dolore
come quelle che abbiamo ricordato. Queste ultime infatti
esprimono la situazione nella quale Cristo già si trova, mentre le prime
invece indicano un rapporto con una situazione che ancora non si è
realizzata. L’angoscia è la possibilità della libertà. È soltanto questa
angoscia che, attraverso la fede, ha la potenza di educare e di
formare l’uomo in modo assoluto, smascherando tutte le illusioni e
annientando tutta la realtà finita [...].
Colui che è educato dall’angoscia è formato dalla possibilità, e
soltanto chi si forma per la possibilità è formato nel suo valore
infinito. È per questo che la possibilità è la più importante e la più
grave di tutte le categorie. Veramente è il contrario che si sente dire e
cioè che è la realtà che è grave, mentre la possibilità è leggera. Ma chi sono
coloro che fanno questi discorsi? Sono uomini disgraziati che mai hanno
saputo che cos’è la possibilità e che hanno invece dimostrato la realtà, la
realtà di non essere buoni a nulla e la realtà che non saranno mai buoni a
nulla. Uomini che se qualcosa credono di riconquistare è una possibilità che
già è stata, e che sembrava allora piena di fascino e di bellezza, mentre non
era, nel caso migliore, se non una giovanile sciocchezza di cui forse sarebbe
meglio vergognarsi. Comunemente quando si parla di possibilità in
questo senso e si dice che è tanto leggera, la si intende come
possibilità di fortuna o di felicità o di qualcosa di simile. Ma la
possibilità non è nulla di tutto questo, perché, così intesa, non è che
una falsa invenzione degli uomini da loro artificialmente imbellita perché,
nella loro corruzione, possano avere almeno una ragione di lamentarsi della
vita e della Provvidenza oppure un modo di darsi importanza di fronte a se
stessi. La possibilità vera non è questa perché nella possibilità tutto è
ugualmente possibile e chi veramente si è educato con la possibilità
ha compreso sia il piacevole che il terrificante [...].
Chi esce dalla scuola della possibilità ha imparato, meglio di quanto un
bambino non abbia imparato il suo abbecedario, che dalla vita non ha
assolutamente il diritto di pretendere nulla e che il terrore, la
distruzione e la perdizione, abitano uscio ad uscio con ogni uomo, ed ha
imparato qualcosa dall’esperienza dell’angoscia, che subito lo ha angosciato
fin dal primo momento – chi ha fatto questo darà un’altra spiegazione della
realtà. Egli loderà la realtà anche quando pesa nel modo più terribile sopra
di lui e dirà che è estremamente più leggera di quanto non fosse la
possibilità. È per questa ragione che la possibilità può educare e formare. La
finitezza e le situazioni finite del mondo nelle quali all’individuo è dato il
suo posto, sia che siano piccole o comuni o di importanza storica, educano
soltanto in modo finito. È sempre possibile ingannarle; è sempre
possibile trasformarle in qualcosa di diverso; è sempre possibile con
esse mercanteggiare e fuggirle in un modo o nell’altro; è sempre possibile
non impegnarsi fino in fondo ed evitare così di imparare da esse qualche
cosa in forma assoluta. Per imparare in maniera assoluta l’individuo
deve avere in sé la possibilità, e trovare da solo ciò da cui deve
imparare.

(S. Kierkegaard, Il concetto dell’angoscia)


La disperazione

❖ Disperazione è «malattia mortale» = propria dell’essere mortale,


finito, che non riesce risolvere il rapporto con la propria libertà
❖ Disperazione è il sentimento verso se stesso («disperazione di
sé») indotto dal fatto di essere un ente possibile e finito
– dettata dal non voler esser se stesso = rifiuto della finitezza e
ricerca di un impossibile infinito che getta nella disperazione
– dettata dal voler esser se stesso = cercare un compimento nel
finito, ricerca votata inevitabilmente allo scacco
❖ Unica via d’uscita dalla disperazione è la fede, assurda e
paradossale: rivoluzione interiore che apre alla trascendenza e
conferma l’unicità del singolo nella scelta
GLI STADI DELL’ESISTENZA
Modelli di vita
❖ L’esistenza si muove nella dimensione del possibile, pertanto
sono le scelte del singolo a determinarla.
❖ In base alle scelte si configurano modelli alternativi d’esistenza,
definiti stadi
❖ Gli stadi non sono fasi/passaggi necessari, ma possibilità
incompatibili la cui realizzazione dipende dalle scelte del singolo
❖ Ciascuno stadio è alternativo all’altro (aut aut): La dialettica della
scelta è radicale, ovvero intraprendere/cambiare modello di vita
comporta l’abbandono del precedente (vs conciliazione hegeliana)
❖ I tre stadi individuati da Kierkegaard sono:
➢ stadio estetico
➢ stadio etico
➢ stadio religioso
Lo stadio estetico
❖ Esistenza indirizzata al piacere in tutte le sue forme che nasconde un
tentativo di «distrarsi» da sé, dalla necessità di scegliere connessa alla
nostra natura di enti possibili
❖ Ricerca dell’eccezionale e dell’irripetibile che procura godimento
– Don Giovanni, Johannes il seduttore, coppia ammirata, Nerone…
❖ Il raggiungimento dell’oggetto del godimento si traduce però
immediatamente in noia
❖ Ciò produce la forsennata ricerca di un nuovo, ancor più esclusivo e
inaudito piacere che conduce nuovamente alla noia
❖ L’esteta non sceglie se stesso, cerca di sfuggire all’angoscia della scelta
provando a cogliere tutto ciò che è possibile = ripetitiva e vuota ricerca
dell’attimo di godimento che non dà continuità e significato all’esistenza
❖ La continua frustrazione del piacere agognato produce la disperazione:
sentimento della propria finitezza = dell’impossibilità di poter essere tutto
e quindi della vuotezza della continua ricerca del nuovo
❖ La disperazione è anche possibilità di superamento dello stadio estetico
Lo stadio etico
❖ Scelta di sé = cognizione della propria finitezza e determinazione
di sé mediante assunzione di responsabilità
❖ Responsabilità = farsi carico della propria scelta = assunzione di
compiti, doveri, consapevole adesione a valori per intima
convinzione, non per conformismo
– Impegno familiare, professionale (giudice Whilelm)
❖ Scelta che dà continuità all’esistenza che assume il suo valore
non nella novità dell’attimo, ma nella continuità della ripresa
La ripresa come chiave dell’etica
La speranza è un vestito nuovo fiammante, che non fa pieghe né grinze, ma non
puoi sapere se ti va, né come ti va, perché non l'hai mai indossato. Il ricordo è come
un vestito smesso, per quanto bello non puoi indossarlo, perché non ti entra più. La
ripresa è una veste che non si può consumare, che non stringe né insacca, ma
dolcemente aderisce alla figura. […] La ripresa è una sposa amata di cui non accade
mai di stancarsi, perché ci si stanca solo del nuovo, mai del vecchio e la presenza
delle cose a cui si è abituato rende felici. Ma riesce ad essere interamente felice
soltanto chi non si inganna col pensiero che la ripresa debba dargli qualcosa di
nuovo; chi si inganna con questo pensiero ben presto si stanca della ripresa. […] la
ripresa è il pane quotidiano che generosamente soddisfa. […] Chi vorrebbe essere in
balia di tutte le fugacità, di tutte le novità, che continuamente rinnovandosi
vengono a blandire e a svagare l'anima? […] La ripresa è una nuova categoria che
deve essere ancora scoperta. […] La dialettica della ripresa è facile, quello che si può
riprendere è già stato, altrimenti non si potrebbe riprendere, ma proprio in questo
essere già stato consiste la novità della ripresa. Quando i greci dicevano che
conoscenza è reminiscenza, intendevano: tutto questo che è, è stato. Quando si dice
che la vita è una ripresa, si intende: quel che è stato, sarà. Per chi non possiede la
categoria della reminiscenza o quella della ripresa, tutta la vita si dissolve in uno
strepito vano e vuoto. […] La ripresa è la chiave di ogni concezione etica.
(S. Kierkegaard, La ripresa)
Lo stadio etico: il pentimento

❖ Assunzione di doveri rischia di trasformarsi in conformismo, fuga


dall’angoscia esistenziale nell’adesione a modelli socialmente
riconosciuti
❖ Esito è la disperazione nella forma del pentimento: coscienza
dell’impossibilità di acquietarsi in un sereno equilibrio nella vita
moralmente virtuosa e dell’irriducibilità della «tendenza a
peccare», cioè a voler provare altre possibilità.
❖ Il pentimento è possibilità del superamento dello stadio etico
Lo stadio religioso
❖ La disperazione dell’uomo estetico e dell’uomo etico può condurre
a vivere interamente la propria finitezza = comprensione che è
impossibile «fare» se stessi senza l’infinito di Dio, totalmente altro
rispetto alla finitudine umana
❖ La scelta religiosa comporta la rinuncia al mondo (alla società,
alla morale, alla storia) nell’assoluto affidarsi a Dio
❖ Scelta della fede come salto rischioso = nessuna certezza, ma
scommessa su Dio che non è garantita da altro se non dalla fede
❖ Fede è abbandono totale a Dio, che trascende le norme dell’etica
– Fede è scandalosa, assurda, paradossale:
• Abramo vs versione pacificante del cristianesimo fornita
dalla chiesa protestante
• Nell’incarnazione, nella morte e resurrezione di Cristo si
esprime tale assurdità

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