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ESISTENZIALISMO

Introduzione
Nella filosofia del novecento, un movimento di rilievo è l’esistenzialismo.
Esso si instaura soprattutto in Germania nel particolare contesto della crisi dovuta alla sconfitta
della grande guerra, che porta l’uomo in generale a una sfiducia nel progresso e a un’idea di
decadenza della società occidentale.
Allo sviluppo dell’esistenzialismo contribuiscono anche diversi autori letterari con i loro scritti,
come Dostoevskij, Kafka e Proust, che guardano con particolare sensibilità al problema
dell’esistenza.
Il maggior esponente di questa linea di pensiero in Germania è Karl Jaspers, che elabora una
filosofia intesa essa stessa come esistenza.

Il contesto storico-culturale
L’esistenzialismo è il contrarsi dello spazio proprio dell’indagine filosofica, stretta dalla crescita di
altri saperi, che le contendono lo spazio di indagine e la sfidano sul piano del metodo.
[In questo contesto prende vita il movimento teorizzato da Edmund Husserl, la fenomenologia,
programma di radicale rinnovamento della filosofia, di una sua rifondazione come sapere rigoroso
in cui scienza, vita e azioni degli uomini possano trovare il loro fondamento. ]
L’esistenzialismo è una corrente di pensiero che si riscontra nell’arte, nella letteratura e anche nel
costume. “Esistenzialismo” deriva da “esistenza”, termine kierkegaardiano inteso come apertura
all’altro da sé (ex-sistenza), e concentra l’attenzione sull’uomo singolo. Altri termini di Kierkegaard
entrano nel lessico dell’esistenzialismo, come “singolo”,“angoscia”,“finitezza” e “morte”, ma
vengono utilizzati al di fuori dell’originario contesto religioso. Il tema della morte sottolinea la
finitudine dell’uomo e del suo sapere: ma l’uomo finito dell’esistenzialismo è un uomo libero, la cui
libertà non è libertà di scelta, né libertà di creare, bensì libertà intesa come impegno e rischio
concreto del singolo che attraverso il suo agire definisce il senso della propria esistenza.
L’uomo finito è anche dotato di un corpo, di istinti, di pulsioni inconsce, in contrasto con
l’immagine dell’uomo tutto-ragione del positivismo.
Queste caratteristiche portano inevitabilmente l’uomo alla possibilità di realizzarsi e perdersi  da
qui il carattere pesante e angoscioso dell’esistenzialismo. Per questo la filosofia dell’esistenza non
può porsi come una ricerca distaccata e oggettiva., poiché chi la conduce è direttamente coinvolto
nella ricerca stessa.

KARL JASPERS

La vita e le opere
(1883-1969) Si laurea in medicina e si specializza in psicologia e psichiatria, di cui ottiene una
cattedra; progressivamente i suoi interessi si orientano verso la filosofia → Jaspers pubblica
“Psicologia delle visioni del mondo” che può essere considerato il primo testo dell’esistenzialismo.
Le successive opere sono “Filosofia” (la più importante), “Ragione ed esistenza”, “Filosofia
dell’esistenza” e “Fede filosofica”.
Si schiera contro il nazismo e tiene un corso in cui affronta il problema della responsabilità del
popolo tedesco nei confronti del nazismo e della guerra.

La chiarificazione dell’esistenza
Al centro delle sue tesi c’è la riflessione sull’esistenza umana: il compito dell’esistenzialismo è
cogliere il legame profondo tra ragione e esistenza, due momenti che, nella loro polarità, si
richiamano e si implicano reciprocamente → la ragione deve riferirsi all’esistenza se non vuole
perdersi nel vuoto intellettualismo della coscienza universale, mentre l’esistenza senza la luce della
ragione si appiattisce al livello della pura istintualità.
La ragione è necessariamente legata con la storicità e la finitudine umana, in quanto vive incarnata
negli uomini dentro una situazione storicamente definita; a sua volta l’uomo deve farsi consapevole
del limite della propria situazione per cercare di trascenderla e di elevarsi verso la verità (che non
può essere intesa come un qualcosa di dato) → Jaspers sostiene infatti che un equivoco di fondo
delle scienze e delle filosofie sia ridurre la verità alla dimensione dell’oggettività → la filosofia
deve dunque porsi come chiarificazione dell’esistenza, poiché l’esistenza non può essere
definitivamente oggettivata, ma solo chiarita.
Jaspers distingue l’esistenza (apertura all’altro da sé) dal semplice esserci delle cose (da-sein in
tedesco = esserci, essere qui) → le cose stanno ferme e immobili, chiuse in sé stesse, l’esistenza è lo
stare in rapporto con la trascendenza, con ciò che è altro da sé. → l’uomo è a metà strada: da una
parte è cosa tra le cose, dall’altro è esistenza.
L’attività filosofica consiste nel percorso che arriva a definire l’esistenza in rapporto con la
trascendenza, poiché se si provasse a definirla dall’interno si otterrebbe una ricerca infinita.

L’inafferrabilità del mondo e la parzialità del cosmo


Secondo Jaspers il trascendimento può avvenire in tre direzioni diverse (che richiamano la
tradizionale tripartizione filosofica di mondo, anima e Dio).
→ l’esistenza è sempre esistenza nel mondo, costituita dalla consapevolezza di essere una “cosa”
del mondo tra le altre. Da qui deriva l’idea di esistenzialismo come ricerca di un orientamento nel
mondo. Questa ricerca però non troverà mai un esito definitivo, in quanto passa da una cosa all’altra
all’infinito, ottenendo la conoscenza di oggetti nel mondo, ma non la comprensione del mondo (che
rimane trascendente e inaccessibile). → si costruisce allora un’immagine di mondo totale e
generale, che non corrisponde al mondo: Jaspers la chiama “un cosmo”, rispetto al quale il mondo
rimane trascendente. Infatti la comprensione del mondo nella sua totalità non potrà mai avvenire,
nonostante ci si allarghi a nuove aperture e conoscenze → Jaspers riprende il concetto di infinito
che avvolge tutto (di cui parlava Anassimandro) e sostiene che ogni esistenza storicamente situata
sia colpevole, in quanto sconta la parzialità che la caratterizza e la da essere questa singola cosa
concreta.
La ricerca mira al mondo come totalità omnicomprensiva, ma riesce a raggiungere solo un cosmo,
cioè una sola prospettiva definita rispetto alla totalità dell’idea di mondo che è irraggiungibile.
Il mondo si frammenta dunque nella molteplicità delle prospettive, ciascuna delle quali pretende di
porsi come assoluta.
Per superare questo problema bisogna abbandonare il piano della conoscenza oggettiva e spostarsi
su quello dell’analisi esistenziale. L’essere umano deve cogliersi come esistenza in rapporto alla
trascendenza e cercare il proprio orientamento: in questo trascendimento l’esistenza si richiama a sé
come esistenza possibile, cioè come apertura a ciò che non è già immediatamente dato.

L’analisi esistenziale
L’esperienza si solleva oltre il puro esserci nel mondo e tende a realizzarsi sulla base di possibilità
che non sono già definite, ma devono essere cercate. Per l’esistenza non tutto è già deciso, quindi si
parla di esistenza aperta al possibile: essa è essenzialmente libertà e decisione. L’esistenza è
chiamata a decidere: l’uomo, in quanto esistente, è ciò che sceglie di essere. In realtà la possibilità
dell’esistenza è un’impossibilità: io non posso scegliere tra essere me stesso e non essere me stesso.
Ogni esistenza è unica e irripetibile, e si manifesta e si realizza solo nel rapporto di comunicazione
con le altre esistenze → solo nella comunicazione con le altre esistenze acquisisce la propria
identità. La comunicazione vera però è impossibile, perché ogni esistenza, chiusa nell’ambito
definito della propria situazione, non può realmente condividere con le altre esistenze una verità
comune, e perché la verità dell’essere trascende l’esistenza e si sottrae ad essa.
→ nella ricerca di una chiarificazione dell’esistenza si riconosce che l’essere, in quanto non
oggettivabile e trascendente, non è una possibilità dell’esistenza: Jaspers individua delle situazioni
limite in cui si verifica il “non-poter-non”, come dimostrazione che l’essere non è una possibilità
dell’esistenza. Nelle situazioni limite l’uomo scopre che all’interno del suo stesso io qualcosa lo
trascende, cioè qualcosa su cui egli non può esercitare alcuna influenza: egli si scontra allora con
l’impossibilità radicale della sua esistenza, cioè il suo non-poter-non morire.
L’esistenza è perciò destinata a finire insieme a tutte le sue possibilità, e di fronte ad esso la ragione
è costretta al silenzio.

L’annuncio dell’essere
Il silenzio della ragione non deve essere inteso come un vuoto, poiché apre una nuova possibilità di
interpretazione e di ascolto dell’essere.
L’essere nonostante rimanga trascendente e inoggettivabile si annuncia come immagine di essere
autentico nel mondo per l’esistenza possibile, configurandosi come simbolo. Tale simbolo deve
essere ascoltato come il suo linguaggio. → il mondo si presenta alla nostra facoltà di intuire e e
interpretare come una scrittura cifrata, in cui ci viene rivelato qualcosa della trascendenza, anche se
in modo inadeguato. Quest’idea di interpretazione porta Jaspers a pensare che la verità sia
contemporaneamente unica e molteplice: unica perché coincide con il mio stesso esistere
individuale, molteplice perché è in tutte le esistenze. La verità dell’esistente è per ciascuno la scelta
di sé, e quindi è solo sua (al contrario della verità oggettiva delle scienze che era impersonale e
unica per tutti). Ciascun esistente può cogliere la verità solo nella propria specifica situazione
storica di volta in volta, cioè il singolo esistente coglie una verità a sua volta singola.
→ Jaspers si chiede se esistano innumerevoli singole verità, ciascuna vera in se stessa e sottratta
alla comunicazione o se sia possibile che una verità singola sia nello stesso tempo comunicabile ad
altri: Jaspers risponde che 1)se si insiste sull’idea di unità della verità si arriva a concludere che, in
quanto una, la verità deve essere unica per tutti, aprendo la via al fatalismo e al dogmatismo; 2) se si
insiste sull’idea di singolarità della verità si afferma necessariamente una pluralità di verità, con
esiti scettici e relativistici.
La soluzione è riconoscere che le verità diverse dalla mia, sono verità di altri. Le esistenze sono
molte, e ciascuna esistenza non esclude altre esistenze,anzi convive con esse.
→ il singolo come riconosce la verità della propria esistenza nella propria verità, può riconoscere la
nella verità altrui la verità dell’altra esistenza.
Bisogna quindi pensare a una totalità aperta di verità che si sviluppa insieme alle molteplici
esistenze: il compito arduo e infinito degli uomini è quello della ricerca della verità altrui.

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