Sei sulla pagina 1di 11

COMPLETO x stampa III bozza N.

1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 347

Teresianum 65 (2014) 347-357

La mistica evangelica
di papa Francesco.
una chiave della Evangelii gaudium
CaRLo LoRenZo RoSSeTTI1

«quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo


amore che ci dà dignità e ci sostiene, però, in quello stesso momento, se
non siamo ciechi, incominciamo a percepire che quello sguardo di Gesù si
allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo»
(eG 268).

Papa Francesco, nel suo esito pastorale e mediatico, risulta un “fe-


nomeno”. Spesso apprezzato per la sua vicinanza, talvolta criticato per
forme giudicate “demagogiche” e dissacranti… Siamo convinti che per
leggere più in profondità lo stesso atteggiamento del Pontefice giovi chi-
narsi con attenzione sulla sua vera e propria Esortazione apostolica (di-
ciamo “vera”, perché è un testo colmo di esortazioni, ammonimenti,
incoraggiamenti…) sulla gioia dell’evangelizzazione. a nostro parere si
trova lì, in filigrana, il “mistero di Francesco”, che è proprio la sua mi-
stica. Tale elemento potrebbe passare inosservato, perché, di fatto non co-
stituisce, come tale, né titolo di capitolo né di paragrafo del documento;
esso, però, è centrale e come il cuore pulsante di tutto il testo2. Si tratta
quasi di un leitmotiv che permea di sé l’argomentazione dello scritto e con-
tiene il nerbo della risposta ecclesiale alla rivelazione dell’amore divino ri-
proposto nel cap. I, iii (“dal cuore del Vangelo”).
questa “mistica” tipicamente “bergogliana” è tutta intrisa di spirito
francescano e ignaziano. L’ispirazione francescana è reperibile nell’enfasi
data alla gioia dell’essere figli del Padre celeste, alla fraternità come suo
immediato corollario comunitario e alla povertà come contrassegno del
possesso dell’unica vera ricchezza. L’afflato gesuitico emerge, invece,
nella spiritualità dell’Incarnazione (trovare dio in ogni cosa), nel discer-
nimento (che sta alla base stessa della proposta di una Chiesa in uscita) e

1
Rettore del Seminario missionario Redemptoris Mater di Lezha e docente di Teologia dog-
matica presso l’Istituto Filosofico-Teologico di Scutari (albania). c.lorenzo.rossetti@gmail.com.
2
a cinque riprese si menziona il termine “mistica” e ogni volta in contesti nodali, cf. eG 87,
92, 124, 237, 272.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 348

348 CaRLo LoRenZo RoSSeTTI

nel primato o meglio “valore ultimativo” conferito alla Maior Gloria di


dio. a questo si aggiunge una speciale ma determinante coloritura lati-
noamericana che si manifesta nel carattere festoso, comunionale e popo-
lare che papa Francesco vorrebbe vedere nella Chiesa.
Riassumiamo di seguito quelli che possono considerarsi i tre mo-
menti fondamentali della “mistica” che soggiace alla Evangelii gaudium:
1) la gioia della fede; 2) la testimonianza dell’annuncio e della fraternità;
3) la glorificazione del Padre.

1. La gioia della fede: contemplare Cristo incarnato

La mistica di papa Bergoglio non affonda le sue radici in iperura-


nici spiritualismi o dure ascesi o teoriche speculazioni; essa si riallaccia
piuttosto direttamente al più autentico e genuino dato neotestamentario: il
“mysterion” cioè «Cristo in mezzo a voi» (Col 1,26)3, il Logos sarx che si
vede, si ode, si tocca nell’esperienza della koinonia (cf. Gv 1,14; 1Gv 1,1-
4).
Il punto di partenza è quindi il gaudium provocato dalla libera ac-
coglienza del Vangelo, ossia dalla fede assimilata. essa è adesione cor-
diale, spontanea, profonda, alla Rivelazione dell’amore salvifico di dio
manifestato in Gesù Cristo incarnato e crocifisso. Lì si svela tutto l’amore
folle del Deus Caritas per ogni uomo e per tutto l’uomo. La Risurrezione
di Gesù dà fondamento eterno alla verità di questo amore. «La salvezza
che dio ci offre è opera della sua misericordia. non esiste azione umana,
per buona che possa essere, che ci faccia meritare un dono così grande.
dio, per pura grazia, ci attrae per unirci a Sé. egli invia il suo Spirito nei
nostri cuori per farci suoi figli, per trasformarci e per renderci capaci di ri-
spondere con la nostra vita al suo amore» (eG 112). Tale amore trasforma
dall’interno e rivela all’essere umano il suo valore sacro e la sua dignità
infinita (cf. eG 178). esso ci fa
«riconoscere che ogni persona è degna della nostra dedizione. non per il
suo aspetto fisico, per le sue capacità, per il suo linguaggio, per la sua men-
talità o per le soddisfazioni che ci può offrire, ma perché è opera di dio,
sua creatura. egli l’ha creata a sua immagine, e riflette qualcosa della sua
gloria. ogni essere umano è oggetto dell’infinita tenerezza del Signore,
ed egli stesso abita nella sua vita. Gesù Cristo ha donato il suo sangue pre-
zioso sulla croce per quella persona. al di là di qualsiasi apparenza, cia-
scuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e la nostra
dedizione. Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio,
questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. È bello essere
popolo fedele di dio. e acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti
e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!» (eG 274).

3
dal punto di vista biblico, merita ancora rifarsi a R. Penna, Il “Mysterion” paolino, mor-
celliana, Brescia, 1978.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 349

La mISTICa eVanGeLICa dI PaPa FRanCeSCo.una ChIaVe deLLa EVANGELII GAUDIUM 349

alla base vi è quindi la fede nella verità dell’incarnazione salvifica


e nella sua “prosecuzione” ecclesiale: «questa salvezza, che dio realizza
e che la Chiesa gioiosamente annuncia, è per tutti, e dio ha dato origine a
una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. ha scelto
di convocarli come popolo e non come esseri isolati» (eG 113)4. Siamo qui
agli antipodi «di una spiritualità intimistica e individualistica, che mal si
comporrebbe con le esigenze della carità, oltre che con la logica dell’In-
carnazione» (eG 262)5. Il vero mistico è colui che crede e vive la “pre-
senza” divina in questo mondo. È quindi una mistica-spiritualità che parte
dalla contemplazione di Cristo, del suo farsi prossimo all’umanità, del suo
assumere la carne.
«Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto
dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue
richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’au-
tentica fede nel Figlio di dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dal-
l’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la
carne degli altri. Il Figlio di dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla
rivoluzione della tenerezza» (eG 88).

Potremmo dire che per Francesco “ubi caro humana, ibi caro Chri-
sti”.
Scaturisce da questa visione uno slancio all’esodo da sé per incon-
trare l’altro. accogliere questo messaggio d’amore (kerygma) significa,
infatti, lasciarsi abbracciare in un movimento di unione con Gesù e imita-
zione di Lui. alla gioia della fede nata dalla contemplatio Jesu segue na-
turalmente la conformazione a lui (la imitatio Christi), il partecipare alla
sua vita, ai suoi sentimenti, alla sua dedizione, al suo “sguardo”6, che si
volge con amore verso ogni uomo. Come verrà ribadito in merito all’as-
similazione del Vangelo: «è urgente ricuperare uno spirito contemplativo,
che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene
che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova» (eG 264). È evidente
l’indole cristologica della proposta bergogliana: Gesù sta al centro di que-
sta mistica. Tutto cambia mediante l’incontro personale con lui. nulla è più
“la stessa cosa” (cf. eG 266). La fede autentica è quindi “esperienza” di
essere amati, perdonati, eletti: Miserando atque eligendo, come recita il
motto episcopale di Bergoglio! e questo compete a tutti i battezzati, a tutta
la Chiesa, convocata a una spiritualità “in uscita”7. Il cuore della vita in-
teriore (mistica) cristiana, nata nell’amen pronunciato all’annuncio di Cri-
sto crocifisso e risorto, come vittoria sul male e sulla morte, trova il suo

4
Si citano qui dal Vaticano II, Gaudium et spes, 22 e Lumen gentium, 9.
5
Il testo è imprestato da GIoVannI PaoLo II, Novo millennio ineunte, 52.
6
Vedere le cose in Cristo cf. anche eG 268; il tema era già ricorrente in FRanCeSCo, Lumen
fidei 18, 21, 22, 46, 56, 60.
7
Cf. eG 1; 20-24; 111-134.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 350

350 CaRLo LoRenZo RoSSeTTI

fulcro nella “certezza interiore”, «quello che si chiama “senso del mi-
stero”», ossia il «sapere con certezza che chi si offre e si dona a dio per
amore, sicuramente sarà fecondo. […] La sicurezza che non va perduta
nessuna delle opere svolte con amore, non va perduta nessuna delle sin-
cere preoccupazioni per gli altri, non va perduto nessun atto d’amore per
dio, non va perduta nessuna generosa fatica, non va perduta nessuna do-
lorosa pazienza» (eG 279).
Come accennato, tale conoscenza/contemplazione della fede, (po-
tremmo dire theôria), impone di per sé, o meglio suscita immediatamente
e spontaneamente una rivoluzione etica: la nuova ortoprassi del seguire
«il cammino luminoso di vita e di sapienza» tracciato da Cristo (cf. eG
194) e del quale il Signore rimane il supremo esempio:
«Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci intro-
duce nel cuore del popolo. quanto bene ci fa vederlo vicino a tutti! Se par-
lava con qualcuno, guardava i suoi occhi con una profonda attenzione
piena d’amore: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10,21). Lo
vediamo aperto all’incontro quando si avvicina al cieco lungo la strada
(cf. Mc 10,46-52) e quando mangia e beve con i peccatori (cf. Mc 2,16),
senza curarsi che lo trattino da mangione e beone (cf. Mt 11,19). Lo ve-
diamo disponibile quando lascia che una prostituta unga i suoi piedi
(cf. Lc7,36-50) o quando riceve di notte nicodemo (cf. Gv 3,1-15). Il do-
narsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile che ha
contrassegnato tutta la sua esistenza» (eG 269).

La spiritualità cristiana è inizialmente “passiva”: il lasciarsi amare,


guardare: la fede è un “videri a Deo”, un lasciarsi guardare da Cristo. La
fede manifesterà poi la sua vitalità e “attività” mediante la carità che da
essa sgorgherà8.

2. Testimonianza evangelica: communicatio Christi

alla gioia evangelica seguono soprattutto due testimonianze, o me-


glio due portati di una medesima esperienza misterica: «l’amicizia con
Gesù e l’amore fraterno» (eG 265). La prima realtà include di per sé l’an-
nuncio testimoniale di Cristo (kerygma), la seconda consiste nel vivere la
fraternità come incontro con Cristo nel fratello in mezzo alla comunità.

2.1. Annuncio kerygmatico

a più riprese l’esortazione apostolica ribadisce quanto espresso in


un’importante intervista: «La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in pic-
cole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo an-

8
Cf. Gal 5,6 («la fede resa effettiva [energoumenê] mediante la carità») citato in eG 37.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 351

La mISTICa eVanGeLICa dI PaPa FRanCeSCo.una ChIaVe deLLa EVANGELII GAUDIUM 351

nuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. e i ministri della Chiesa devono in-


nanzitutto essere ministri di misericordia»9. Il fedele, sedotto da Cristo,
non può non essere araldo di quel «tesoro di vita e di amore che non può
ingannare», ovvero di quella «verità [che] non passa di moda» (eG 265).
amante di Gesù che lo ha amato incondizionatamente, il cristiano «sente
la necessità di parlare della persona amata, di presentarla, di farla cono-
scere» (eG 264). La preghiera, la frequentazione della Parola, l’adora-
zione, la meditazione riaccenderanno l’entusiasmo di evangelizzare (cf.
eG 262). La mistica missionaria proposta da papa Francesco è semplice-
mente quella del comunicare un bene ricevuto, una buona notizia, sempre
nuova e sempre fresca, perché feconda per l’eterna novità di dio (cf. eG
11-13). Sapendo pure che quanto più si comunica tale tesoro, tanto più lo
si possiede e di esso si gioisce.
«Solo grazie a quest’incontro – o reincontro – con l’amore di dio, che si
tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e
dall’autoreferenzialità. Giungiamo a essere pienamente umani quando
siamo più che umani, quando permettiamo a dio di condurci al di là di noi
stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero. Lì sta la sorgente del-
l’azione evangelizzatrice. Perché, se qualcuno ha accolto questo amore
che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di co-
municarlo agli altri?» (eG 8)10.

evangelizzare non è fare opera di propaganda e proselitismo, ma


solo prestare la propria voce all’amore di Cristo per l’umanità. È Lui il
Soggetto dell’evangelizzazione (cf. eG 12). Sicché, la missione non è un
dovere, un peso, è piuttosto l’irradiarsi di un’amicizia: far conoscere agli
altri un amico buono e benefico.
amato e inabitato da Cristo il cristiano si scopre eo ipso missiona-
rio e vuole portare Cristo verso coloro che Cristo già ha fatto suoi con la
sua Incarnazione; di più, è egli stesso “missione”: «la missione al cuore del
popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso to-
gliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qual-
cosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi.
Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo
mondo. Bisogna riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale mis-
sione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (eG
273). L’evangelizzazione è un movimento di “dilatazione di Cristo”, di
espansione dell’Incarnazione. L’evangelizzatore porta Cristo a Cristo,
porta l’evangelo di Gesù, all’uomo già redento da Gesù, che misteriosa-
mente sta attendendo che gli si riveli Cristo come sua verità più profonda11.

9
Intervista a p. a. Spadaro, 19/08/2013 in L’Osservatore Romano, anno CLIII, n. 216,
21/09/2013. Sulla decisività del “primo annuncio” vedi eG 160, 164, 177, 178.
10
Vedi pure eG 10ss.
11
Vedi eG 265 con rimando a Redemptoris missio, 45.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 352

352 CaRLo LoRenZo RoSSeTTI

«Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con
Lui è più facile trovare il senso di ogni cosa. È per questo che evangeliz-
ziamo. Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, sa che
Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente
Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (eG 266).

2.2. Il “vivere insieme”: “fraternità mistica” e “essere popolo”

nel cap. II della Evangelii gaudium, a proposito delle “tentazioni”


degli evangelizzatori (l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la mondanità
spirituale e la conflittualità interna), il Papa prospetta una “spiritualità mis-
sionaria” che sappia evitare l’individualismo, la crisi di identità e il de-
clino di fervore. ma al centro del discorso sta la positiva affermazione di
un grande “Sì alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo”. ed è qui che
emerge con forza il tema della mistica, detta esplicitamente «mistica di
vivere insieme». Il Papa insiste sull’urgenza di
«scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di in-
contrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa
marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fra-
ternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo
modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori
possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti… uscire da se stessi per
unirsi agli altri fa bene » (eG 87).
«quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cer-
care il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità per ricevere i più bei re-
gali del Signore. ogni volta che ci incontriamo con un essere umano
nell’amore, ci mettiamo nella condizione di scoprire qualcosa di nuovo ri-
guardo a dio. ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro,
viene maggiormente illuminata la fede per riconoscere dio. Come conse-
guenza di ciò, se vogliamo crescere nella vita spirituale, non possiamo ri-
nunciare ad essere missionari…Può essere missionario solo chi si sente
bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri.
questa apertura del cuore è fonte di felicità, perché “si è più beati nel dare
che nel ricevere” (At 20,35)» (eG 272).

2.2.1. La mistica della fraternità


«Si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce,
nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù
crocifisso quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stan-
carci mai di scegliere la fraternità (eG 91).
«Lì sta la vera guarigione, dal momento che il modo di relazionarci con gli
altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una fraternità mi-
stica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo,
che sa scoprire dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del
vivere insieme aggrappandosi all’amore di dio, che sa aprire il cuore al-
l’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 353

La mISTICa eVanGeLICa dI PaPa FRanCeSCo.una ChIaVe deLLa EVANGELII GAUDIUM 353

buono. Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un «piccolo gregge»


(Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità
che sia sale della terra e luce del mondo (cf. Mt 5,13-16)... non lasciamoci
rubare la comunità!» (eG 92).

Generata dal mysterion di Gesù, la fraternità mistica, prima di essere


una démarche etica, scaturisce fondamentalmente da un atteggiamento
“contemplativo”. essa muove da un nuovo sguardo sull’altro: il prossimo
visto come fratello amato infinitamente da dio in Cristo, impreziosito dalla
grazia della creazione e ancor più della redenzione. «Confessare un Padre
che ama infinitamente ciascun essere umano implica scoprire che “con ciò
stesso gli conferisce una dignità infinita”. Confessare che il Figlio di dio
ha assunto la nostra carne umana significa che ogni persona umana è stata
elevata al cuore stesso di dio» (eG 178; cf. pure eG 274). Ciò vuol dire
cogliere la presenza stessa di «Gesù nel volto degli altri» (eG 91) e «sco-
prire dio in ogni essere umano» e contemplare la «grandezza sacra del
prossimo» (eG 92). Come detto, il primato della contemplazione quale
«cammino di riconoscimento dell’altro» insegnato da Gesù stesso (eG
194) si fa poi «attenzione rivolta all’altro “considerandolo come un’unica
cosa con se stesso”12. quest’attenzione d’amore è l’inizio di una vera pre-
occupazione per la sua persona e a partire da essa desidero cercare effet-
tivamente il suo bene… L’amore autentico è sempre contemplativo, ci
permette di servire l’altro non per necessità o vanità, ma perché è bello, al
di là delle apparenze» (eG 199).
Si può dire, tornando a eG 92, che tale ethos fraterno consta di due
momenti: il momento “negativo” o passivo consiste nel concretissimo
amore al prossimo con paziente carità e perdono costante, ossia capacità
di accoglierlo con i suoi difetti, con i suoi peccati: «sopportare le molestie
del vivere insieme». La dimensione positiva o attiva sta invece nel «cer-
care la felicità degli altri», ossia promuovere l’altro, volere la sua gioia, e
questo non solo a misura nostra, ma con la misura di dio («come la cerca
il loro Padre buono»). Si riconosce qui tutto l’insegnamento biblico ed
evangelico dell’amore al prossimo come «a se stessi» (Lev 19,18; mc
12,31), ma anche della riprova dell’amore a dio nell’amore del fratello
(cf. 1Gv 4,20). Il presupposto teologico e cristologico fonda l’amore verso
l’altro visto come intimo di me stesso e porta poi a «vivere il Vangelo della
fraternità e della giustizia» conforme alla Rivelazione che
«insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incar-
nazione per ognuno di noi [cf. Mt 25,40; 7,2; Lc 6,36-38]...L’assoluta prio-
rità dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti

12
Il rimando è qui a s. Tommaso: «amans aestimat amatum quodammodo ut unum sibi vel
ad se pertinens» (Summa theol. II, II, 27, 2). La carità non è solo volere il bene dell’altro, ma anche
vero e proprio “affectus unionis”; in questo sta la dimensione intrinsecamente “erotica” dell’agape (cf.
già BenedeTTo XVI, Deus caritas est, specie nn. 7, 9-10).
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 354

354 CaRLo LoRenZo RoSSeTTI

principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per
fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla do-
nazione assolutamente gratuita di dio…Come la Chiesa è missionaria per
natura, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità effettiva per il
prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (eG 179).

Si noti, en passant, che è da questa mistica della fraternità (cui già


accennava il Papa neo-eletto il 13 marzo 2013) che dipendono i valori fon-
danti della giustizia e della solidarietà (specie verso i poveri) che permeano
tutto il cap. IV della nostra esortazione.

2.2.2. “mistica popolare” ed “essere popolo”


ulteriore aspetto della mistica proposta da Francesco è la sua di-
mensione “popolare”. È palese qui il radicamento insieme post-conciliare
(cf. LG II) e latinoamericano dell’attuale pontefice (cf. Aparecida, 2007).
questo aspetto dell’essere e del vivere cristiano si radica nel dato biblico
e tradizionale del far parte del “popolo fedele di dio”13: «essere Chiesa
significa essere Popolo di dio, in accordo con il grande progetto d’amore
del Padre» (eG 114). Il Pontefice insiste molto sulla pietà popolare, ma usa
pure esplicitamente il lemma “mistica popolare”: «si tratta di una vera
“spiritualità incarnata nella cultura dei semplici”. non è vuota di contenuti,
bensì li scopre e li esprime più mediante la via simbolica che con l’uso
della ragione strumentale, e nell’atto di fede accentua maggiormente il
credere in Deum che il credere Deum. È “un modo legittimo di vivere la
fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari”; porta
con sé la grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stessi e dell’essere
pellegrini» (eG 124). altrove vien detto che «la “mistica popolare” acco-
glie a suo modo il Vangelo intero e lo incarna in espressioni di preghiera,
di fraternità, di giustizia, di lotta e di festa. La Buona notizia è la gioia di
un Padre che non vuole che si perda nessuno dei suoi piccoli. Così sboc-
cia la gioia nel Buon Pastore che incontra la pecora perduta e la riporta nel
suo ovile. Il Vangelo è lievito che fermenta tutta la massa e città che brilla
sull’alto del monte illuminando tutti i popoli» (eG 237). «Piccoli ma forti
nell’amore di dio, come san Francesco d’assisi, tutti i cristiani siamo
chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui vi-
viamo» (eG 216).
Intrinseca alla mistica della convivenza sta l’innegabile “piacere
spirituale di essere popolo” (eG 268) il quale implica
«il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di
scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una
passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo.

13
Cf. 1Pt 2,10 e tutto il cap. II della Lumen gentium. Il lemma “popolo fedele” ricorre ben
sette volte, cf. eG 96, 120, 126, 142, 144, 271, 274.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 355

La mISTICa eVanGeLICa dI PaPa FRanCeSCo.una ChIaVe deLLa EVANGELII GAUDIUM 355

quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo


amore che ci dà dignità e ci sostiene, però, in quello stesso momento, se
non siamo ciechi, incominciamo a percepire che quello sguardo di Gesù si
allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo.
Così riscopriamo che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vi-
cino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al po-
polo, in modo che la nostra identità non si comprende senza questa
appartenenza» (eG 268).

Il fascino per Gesù e l’assimilazione a lui come modello di fratello


in uscita verso gli altri, verso il popolo, porta a una vera e propria “empa-
tia”, già descritta nel nuovo Testamento14, atta a sostenere lo zelo per la
«costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. ma non
come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta
personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità» (eG 269). «Gesù
vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente
degli altri… affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esi-
stenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. quando
lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente e viviamo
l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un po-
polo» (eG 270). Gesù Cristo ci vuole come «uomini e donne del popolo.
questa non è l’opinione di un Papa né un’opzione pastorale tra altre pos-
sibili; sono indicazioni della Parola di dio così chiare, dirette ed evidenti
che non hanno bisogno di interpretazioni che toglierebbero ad esse forza
interpellante. Viviamole “sine glossa”, senza commenti. In tal modo spe-
rimenteremo la gioia missionaria di condividere la vita con il popolo fe-
dele a dio cercando di accendere il fuoco nel cuore del mondo» (eG 271).
La mistica fraterna e popolare de «l’amore per la gente» quale «forza spi-
rituale che favorisce l’incontro in pienezza con dio» (eG 272) è in se
stessa vivificante.
La controprova in negativo è che estraniarsi o evitare la mistica
della fraternità, del farsi prossimo, dell’essere popolo equivale a chiusura
e morte spirituale: «chiudersi in sé stessi significa assaggiare l’amaro ve-
leno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica
che facciamo» (eG 87). Senza tale amore si sta nelle tenebre, nella morte,
ignorando dio; «non si vive meglio fuggendo dagli altri, nascondendosi,
negandosi alla condivisione, se si resiste a dare, se ci si rinchiude nella
comodità. Ciò non è altro che un lento suicidio» (eG 272)15. Voler essere
cristiani senza la mistica dell’amore di Cristo che ci rende fratelli fa cadere
in un cupo moralismo: «se uno divide da una parte il suo dovere e dal-
l’altra la propria vita privata, tutto diventa grigio e andrà continuamente
cercando riconoscimenti o difendendo le proprie esigenze. Smetterà di es-
sere popolo» (eG 273).

14
Cf. soprattutto 1Pt 3,8; Rm 12,16.
15
Simili espressioni si leggono nel Messaggio per la Quaresima 2014 e nell’Angelus del
mercoledì delle Ceneri 2014.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 356

356 CaRLo LoRenZo RoSSeTTI

3. Ad maiorem Dei gloriam

Infine, non si può non menzionare l’esito teocentrico di questa mi-


stica bergogliana. In essa risuona con forza il principio ignaziano della ri-
cerca della maggiore lode e gloria di dio Padre16:
«uniti a Gesù, cerchiamo quello che Lui cerca, amiamo quello che Lui
ama. In definitiva, quello che cerchiamo è la gloria del Padre, viviamo e
agiamo “a lode dello splendore della sua grazia” (Ef 1,6). Se vogliamo do-
narci a fondo e con costanza, dobbiamo spingerci oltre ogni altra motiva-
zione. questo è il movente definitivo, il più profondo, il più grande, la
ragione e il senso ultimo di tutto il resto. Si tratta della gloria del Padre, che
Gesù ha cercato nel corso di tutta la sua esistenza. egli è il Figlio eterna-
mente felice con tutto il suo essere “nel seno del Padre” (Gv 1,18). Se
siamo missionari è anzitutto…per la maggior gloria del Padre che ci ama»
(eG 267).

In conclusione, siamo di fronte ad una mistica di accoglienza, di


unione con Gesù Cristo, di partecipazione alla sua missione di incarna-
zione, di uscita incontro all’altro; mistica di contemplazione di Cristo nella
carne e nel volto del prossimo, che sfocia in spiritualità ed etica della co-
munione fraterna e dell’essere popolo con vivo amore alla gente nella con-
divisione con tutti, ma soprattutto con i più poveri e fragili.
Sintetizzeremo con questi connotati l’“essere in Cristo”: sapersi con
gioia amati gratuitamente; diventare missione uscendo da sé; comportarsi
da fratelli di tutti con e nel popolo a gloria di dio Padre. Come qualificare
tale mistica in cui temi ignaziani e francescani si intrecciano con note ti-
picamente latinoamericane? Ci viene in mente un solo aggettivo: “evan-
gelica”. ed è questa mistica evangelica che fonda la prassi,
l’insegnamento, i gesti e lo slancio di riforma portato dall’attuale succes-
sore di Pietro.

16
Cf. Esercizi spirituali, n. 1,6; 5,1; 215,1 ecc.
COMPLETO x stampa III bozza N.1-2-2014_Layout 1 26/02/15 15:41 Pagina 357

La mISTICa eVanGeLICa dI PaPa FRanCeSCo.una ChIaVe deLLa EVANGELII GAUDIUM 357

Abstract: The key to the thought and pastoral praxis of Pope Fran-
cis is to be found in the “mysticism” which runs through the apos-
tolic exhortation Evangelii gaudium (2013). This mysticism
consists in a deep Christocentric spirituality, rooted in the contem-
plation of Jesus, revealer of God’s love for every human being. di-
vine love seeks to be assimilated and shared, spreading forth among
people through a mysticism of shared life and fraternity. Ignatian
and Franciscan themes combine with characteristically Latin amer-
ican emphases (cp. the stress on the “People of God”); the decisive
inspiration however is the very Gospel itself.

Key Words: Pope Francis; Evangelii gaudium; Franciscan & Je-


suit mysticism; Christ’s contemplation; togetherness.

Potrebbero piacerti anche