n 5 Settembre/Ottobre 1998
EDITORIALE
E consacralo tempio della tua gloria,
dimora dello Spirito Santo.
(Luca Bonari)
La formazione della coscienza al discernimento,
per una vita secondo lo Spirito.
(Pier Davide Guenzi)
Spirito, anima e corpo: dinamismi umani e
discernimento vocazionale nella direzione spirituale.
(Giuseppe Sovernigo)
Il discernimento come vigilanza cristiana.
(Amedeo Cencini)
Discernimento comunitario, direzione spirituale e vocazione.
(Dino Bottino)
Uomo e donna nella direzione spirituale e nellaccompagnamento vocazionale.
(Gabriella Tripani)
Invito allincontro con un maestro della direzione spirituale:
attualit della pedagogia di Francesco di Sales.
(Romano Martinelli)
EDITORIALE
E consacralo tempio della tua gloria, dimora dello Spirito Santo
di Luca Bonari, Direttore CNV
LUCA BONARI
Ogni volta che celebriamo un battesimo questorazione desorcismo - collocandosi tra la liturgia
della Parola e la liturgia del Sacramento - rischia di dire molto a Dio ma troppo poco a noi. Eppure se la
lex orandi - come giustamente ci hanno insegnato i liturgisti e prima di loro i Padri della Chiesa -
lex credendi, forse, nella liturgia battesimale poche orazioni ci raccontano con altrettanta intensit il
senso di una vita credente...
Ma andiamo per ordine. Un numero speciale. Specialissimo. Lomaggio della rivista e lossequio del
Centro allo Spirito Santo - prima di tutto - e poi al Santo Padre che invita la comunit dei credenti a
riscoprire, in questo secondo anno di preparazione al Giubileo, la terza Persona della Trinit
Santissima.
Con una chiave di lettura particolare. Particolarissima. Quella della direzione spirituale. Come dire:
parlare di Spirito Santo significa anche parlare di un Dio che chiede una mano alluomo per poter
realizzare il suo disegno sulluomo. Il profilo pneumatologico del grande giubileo si coniuga col profilo
antropologico per cui la nostra riscoperta dellazione dello Spirito ha la tonalit del dinamismo di un
Dio che si fa chiamante e che si fa risposta nel cuore delluomo; e che per raggiungere tale obiettivo
reclama laiuto di chi tale dinamismo lo ha gi vissuto nella scelta del proprio stato di vita ed ora
dimostra la maturit della sua esperienza vocazionale prendendosi cura della crescita della vocazione
nel cuore dei fratelli.
Insomma siamo nel terreno squisitamente vocazionale. E la pastorale vocazionale trova in tutto ci
un momento centrale ed essenziale del suo servizio. Lo Spirito Santo in altre parole cerca guide
spirituali che sappiano aiutare i loro fratelli e le loro sorelle a rimuovere gli ostacoli che si frappongono
tra la Sua azione e la risposta docile e gioiosa di chi ascolta, scopre e aderisce.
Questo editoriale un po diverso dai soliti. Pi lungo, articolato. Quasi unintroduzione destinata a
creare il contesto nel quale si muovono - col necessario approfondimento - i contributi che alcuni amici
hanno offerto - in questi ultimi anni - ai nostri seminari sulla direzione spirituale e che ora vengono a
collocarsi nella rivista a servizio della crescita dei nostri animatori vocazionali che devono sempre pi
immaginarsi autentiche guide spirituali.
Articoler anche io il mio contributo in alcuni capitoli, creando cos - almeno credo - la cornice
necessaria perch il quadro sia definito e comprensibile. Il lettore - tengo a sottolinearlo - trover in
questo numero di Vocazioni contributi particolarmente impegnativi e un numero quasi doppio. Allo
Spirito Santo non potevamo fare un omaggio qualsiasi... Speriamo che tanto il Signore quanto il lettore
gradiscano questo gesto che, cammin facendo, si rivelato di profondo amore allo Spirito e di preghiera
al Signore.
tema largamente presente negli ultimi documenti pontifici e nel documento finale del Congresso
Europeo dello scorso anno. In modo particolare il S. Padre lo affronta con vigore e straordi naria
puntualit nel n. 19 di Vita Consecrata. Mi sembra opportuno riportare questo passaggio cos
significativo:
Una nube luminosa li avvolse con la sua ombra (Mt 17,5). Una significativa interpretazione
spirituale della trasfigurazione vede in questa nube limmagine dello Spinto Santo (Tota trinitas
apparuit: Pater in voce, Filius in homine, Spiritus in nube clara. S. Tommaso dAquino, S.Th. III, 45, 4
ad 2). Come lintera esistenza cristiana, anche la chiamata alla vita consacrata in intima relazione
con lopera dello Spirito Santo. lui che, lungo i millenni, attrae sempre nuove persone a percepire il
fascino di una scelta tanto impegnativa. Sotto la sua azione esse rivivono, in qualche modo,
lesperienza del profeta Geremia: Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre (20,7). lo
Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena; lui che guida la crescita di tale desiderio,
portando a maturazione la risposta positiva e sostenendone poi la fedele esecuzione; lui che forma e
plasma lanimo dei chiamati, configurandoli a Cristo, casto, povero e obbediente e spingendoli a far
propria la sua missione. Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante cammino di purificazione,
essi diventano, giorno dopo giorno, persone cristiformi, prolungamento nella storia di una speciale
presenza del Signore risorto. Con penetrante intuizione, i padri della Chiesa hanno qualificato questo
cammino spirituale come filocalia ossia amore per la bellezza divina, che irradiazione della divina
bont. La persona che dalla divina potenza dello Spirito Santo condotta progressivamente alla
piena configurazione a Cristo, riflette in s un raggio della luce inaccessibile e nel suo peregrinare
terreno cammina fino alla Fonte inesauribile della luce. In tal modo la vita consacrata diventa
unespressione particolarmente profonda della Chiesa sposa, la quale, condotta dallo Spirito a
riprodurre in s i lineamenti dello sposo, gli compare davanti tutta gloriosa, senza macchia n ruga
o alcunch di simile, ma santa e immacolata (Ef 5,27). Lo stesso Spirito, lungi dal sottrarre alla
storia degli uomini le persone che il Padre ha chiamato, le pone a servizio dei fratelli secondo le
modalit proprie del loro stato di vita, e le orienta a svolgere particolari compiti, in rapporto alle
necessit della Chiesa e del mondo, attraverso i carismi propri dei vari istituti. Da qui il sorgere di
molteplici forme di vita consacrata, attraverso le quali la Chiesa anche abbellita con la variet dei
doni, dei suoi figli, (...) come una sposa adornata per lo sposo (cfr. Ap 21,2) (PC 1) e viene arricchita
di ogni mezzo per svolgere la sua missione nel mondo.
Ges stesso daltra parte aveva affidato al suo Spirito, che noi avremmo ricevuto nella Pentecoste, il
duplice compito di rivelare e di rispondere (cfr. in proposito Gv 14,26; 14,17; 16,12-14). Tale
dinamismo prodotto dallo Spirito nel cuore delluomo pu essere ingrandito dal punto di vista
vocazionale attorno a quattro aspetti peculiari nei quali si rivela con chiarezza questa duplice azione.
Vivere dallo, nello, per lo Spirito diventa esperienza necessaria ed insostituibile in ogni cammino
che possa definirsi vocazionale e quindi pienamente umano. pi concretamente quella che
chiamiamo vita spirituale, esperienza di amore crescente, esperienza di crescente reciprocit di un
amore tra Dio che si fa dono (=Spirito Santo) e la persona umana che viene cos condotta in Cristo al
Padre. Per questo siamo venuti alla vita! Cos la vita si spiega in tutta la sua pienezza!
La vita spirituale diviene pertanto il vero ed unico contesto per il discernimento vocazionale e vero
ambito di riuscita della direzione spirituale stessa, che appare cos come aiuto alla rimozione degli
ostacoli che la carne frappone ad una piena e gioiosa esperienza di docibilitas vocazionale.
Unesperienza sponsale - dicevamo - aperta, docile, penetrata dalla vita era fin dal principio... Lamore
donato, lamore domandato, lamore incarnato in me: Se voi che siete cattivi sapete dare cose buone
ai vostri figli, quanto pi il Padre vostro celeste dar lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!
(Lc 11,13).
Solo se Dio mi trova disarmato - amava dire Von Balthasar - mi d il mio posto nella vita e nella
Chiesa! Lo Spirito mi chiede un abbandono totale per farmi propriet di Dio e per farmi pienamente
mio secondo il cuore di Dio: amministratore della sua stessa vita in me.
Il farsi della presenza di Dio nellesperienza delluomo perch la persona possa divenire quello che
non n automatico n simprovvisa. Lagire dello Spirito con i suoi doni, perch possa diventare
frutto nei comportamenti responsabili della persona ha bisogno dello stesso processo illustrato
sapientemente da Ges nella parabola del seminatore: un terreno reso buono dalla aratura, aperto e
disponibile ad accogliere il seme, il tempo necessario, la giusta concimazione e cos via. Insomma in una
storia damore, alla fedelt dellamore di Dio non pu non corrispondere un amore altrettanto deciso,
sicuro, costante da parte della persona umana. E qui entra in gioco la mediazione educativa.
Un ministero ecclesiale
Prima del direttore, con e a servizio del direttore, contesto di verifica per il direttore la comunit
cristiana. In essa, a partire da essa e a servizio di essa si pone lesperienza della direzione perch il
ministero della direzione spirituale si collega direttamente alla responsabilit educativa della Ecclesia
Mater, fecondata dallo Spirito e destinata a generare figli a Dio (cfr. in proposito Ap 21,1-7.24-27;22,1-
5.17).
Un ministero indispensabile per diventare quello che siamo perch la compagnia offerta dal
Signore al destino di trascendenza e di trasfigurazione della persona umana. Come sarebbe possibile,
altrimenti, il verificarsi di quanto afferma San Paolo: Chi conosce i segreti delluomo se non lo spirito
delluomo che in lui? Cos anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito
di Dio. Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto
ci che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza
umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Luomo naturale
per non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non capace di intenderle,
perch se ne pu giudicare solo per mezzo dello Spirito. Luomo spirituale invece giudica ogni cosa,
senza poter essere giudicato da nessuno. Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da
poterlo dirigere? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,11-16). Di particolare necessit e
spesso urgenza la direzione spirituale in quella fase delicata e inevitabile che va tra percezione e
decisione vocazionale. Nella vocazione di Samuele si legge questa singolare esperienza (cfr. 1 Sam 3,1-
10) che ci racconta di un fanciullo che abita nel tempio e pur tuttavia la chiamata flebile, ci si
confonde con facilit... Sar proprio Eli a mettere sulle labbra di Samuele la risposta giusta. E fiorir la
straordinaria storia dellultimo giudice di Israele e della pi grande figura di profeta e di guida
spirituale dei capi e del popolo.
Mi sembra che il contesto per i necessari sviluppi di natura teologica, psicologica, metodologica che
adesso seguiranno, sia stato sufficientemente creato. Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno
collaborato alla realizzazione di questo omaggio allo Spirito Santo educatore del suo popolo.
La formazione della coscienza al discernimento, per una vita secondo lo
Spirito
di Pier Davide Guenzi, Docente di Teologia Morale a Novara
PIER DAVIDE GUENZI
La prospettiva di questo contributo intreccia, alla ricerca di un equilibrio attraverso lo svolgersi del
pensiero, tre termini ampiamente utilizzati nella presente stagione ecclesiale: formazione, coscienza e
discernimento. Laccostamento, che potrebbe risultare in prima battuta ovvio, in realt impone un percorso
pi ampio alla luce di alcune considerazioni di fondo.
La massiccia introduzione di questo termine nei documenti magisteriali, come nella pubblicistica non
ha giovato ad una comprensione piena dellidea sottesa alla formazione e alle difficolt che tale processo
comporta nellattuale contesto socio-culturale. Non a torto si parlato dellidea di formazione come di una
specie di imperativo categorico della pastorale, cio di unindicazione puramente formale, non
compiutamente sviluppata nelle sue determinazioni materiali corrispondenti e in riferimento alla pi
affermata prassi pastorale tradizionale. Pi in profondit la centratura ricorrente sullidea di formazione
sembra collegarsi con unidea del soggetto sganciato dalla sua collocazione concreta e dal pi ampio
contesto socio-culturale in cui si attua linsorgere ed il consolidarsi della sua personalit prima di ogni
deliberazione esplicitamente tesa ad unazione specificamente formativa. Comunque limpegno della
formazione sottintende una presa a carico del soggetto in un tempo, lattuale, in cui i processi di
omologazione culturale rendono instabile ed ambiguo ogni progetto antropologico, specialmente quello
aperto alla prospettiva vocazionale. Il ripiegamento sullimmediato, sui singoli problemi che pesano sulla
persona in modo sproporzionato, fino al limite del disagio psichico, profila un impegno ad accogliere quelle
proposte che appaiono immediatamente funzionali e funzionanti per risolvere tali problemi, per alleggerire
o schivare il peso di una decisione che impegni alla ricerca di un fondamento oltre limmediato. La stessa
formazione spirituale, che alla base di una progettualit vocazionale, appare non di rado mortificata in
quanto viene risolta nella linea dellapprendimento di una tecnica o nella plasmazione di una facolt
particolare della persona e non come una modalit di accesso, attraverso leducazione degli affetti e
dellagire effettivo, ad una vita secondo lo Spirito in cui lorizzonte teologale si saldi su quello virtuoso e
morale. Cos ogni discorso sulla formazione della coscienza al discernimento sembra esposto a questa
logica tecnicistica pi che allacquisizione di una globale sapienza di vita1.
Il concetto di discernimento, sotteso alla terminologia della tradizione biblica e spirituale, insiste in una
prospettiva di maturazione dellidentit cristiana a confronto con loggettivit della situazione. Listanza
del discernimento spirituale - come si fatto rilevare - nasce dallesperienza che il cristiano fa della sua vita
di fede in Cristo, nella chiesa e nel mondo. La complessit delle situazioni in cui chiamato a vivere e ad
agire per attuare il progetto di Dio [...] gli impongono una considerazione attenta degli impulsi e delle
motivazioni che lo portano ad operare determinate scelte. Inoltre, ci che bene per uno, non bene per
un altro, e ci che meglio per uno non lo sempre per un altro. Da qui il problema: come riconoscere i
segni di Dio in una determinata situazione e soprattutto di fronte a certe scelte? 5. Si pone cos listanza del
discernimento che nellaccezione biblica, attestata dal termine dokimzo, indica limpegno a soppesare, ad
esaminare e verificare quanto posto davanti alla persona. Laltro termine, abitualmente connesso al primo,
diakrno, segnala, piuttosto, il processo di giudizio, di separazione di ci che pu apparire in prima istanza
confuso, di considerazione attenta degli elementi in vista di una decisione posta davanti alla persona. In
ogni caso si tratta di distinguere per chiarire la vera natura o le vere intenzioni di qualcuno o di qualcosa, di
separare ci che mescolato e si presta alla confusione, per stimare e valutare nel modo giusto prima di
prendere una decisione. E la parola di Dio ci consiglia di esercitare questa operazione non con una norma e
un criterio meramente umani, ma badando al giudizio e al gradimento di Dio6. In questa accezione al
discernimento verrebbe attribuito quanto compito della coscienza morale del cristiano, particolarmente
davanti allagire e al rilevamento delle sue intenzioni e motivazioni. Occorre, allora, riconoscere che alla
luce di unattenta considerazione circa la natura della coscienza morale, bisogna riferirsi al discernimento
pi che semplicemente come a pratica da applicare, piuttosto come a uno stato, a una modalit di essere,
quella segnalata dalla maturit cristiana e dalla vita secondo lo Spirito, che diventa costitutiva della
persona e che comunque pu essere educata attraverso laccompagnamento spirituale. Educare al
discernimento e compierlo con la persona che viene accompagnata significa mettere in atto quelle
dimensioni della coscienza personale che lo Spirito vivifica e rende operanti. Il cristiano impegnato ad
attuare il discernimento colui che raggiunge la libert nello Spirito che lo rende competente circa la
plasmazione della sua vita buona attraverso la doverosit dellagire, ma anche lo apre ad una dispo sizione
sintetica di s attraverso la scelta di una vocazione specifica 7.
Alla luce di queste note che sembrano scoraggiare piuttosto che sostenere un itinerario che sar
evidentemente parziale cerchiamo di cogliere la relazione tra coscienza e discernimento, e lazione
formativa e auto-formativa che sembra imporsi, alla luce di tre caratteristiche proprie del costituirsi della
coscienza e dellapplicazione del discernimento che appaiono suscettibili di doverosi processi di
formazione.
Un primo tratto del discernimento, che svela anche una struttura di fondo della coscienza morale,
rintracciabile nellatto dellascolto della Parola di Dio. Appare stretto il legame tra discernimento e ascolto
della Parola di Dio tanto da proporsi come la chiave essenziale di ogni discernimento spirituale e il
primo strumento di un buon discernimento spirituale8.
La qualit di questo discernimento operato dalla Parola di Dio segnalato in modo esemplare
dallesperienza della Lectio divina che, accanto allelaborazione del senso teologico aperta dallesegesi,
mira ad un livello pi profondo a situare il testo come elemento di mediazione e di parola nella
comunicazione attuale tra Dio e luomo. la presenza ininterrotta dello Spirito nella lettera della
scrittura a far s che la parola biblica, da questi incessantemente ispirata diventi la parola che Dio ci
rivolge concretamente oggi9. Levento della Parola sotto lazione dello Spirito fa s che lappello di essa
non si limiti ad illustrare una verit di Dio, ma ad aprire al riconoscimento di chi Dio che si comunica
attraverso di essa e di come si comunichi nella modalit di un appello personale, capace di non lasciare
inalterato il cuore delluomo.
La coscienza come luogo della percezione della personalit dellappello che costituisce
lidentit della persona
Dalle osservazioni recepite circa il discernimento come movimento di accoglienza della Parola di Dio
ascoltata, che dischiude alluomo una capacit di penetrare la propria storia di vita come luogo in cui
ricercare i segni della salvezza, e della coscienza raccolta nella sua originaria costituzione dialogica,
vengono a prospettarsi alcune indicazioni circa il compito formativo che possono essere sommariamente
sintetizzate.
Lazione formativa si profila cos come educazione allascolto di s e come esplicitazione della verit
personale attraverso lo sviluppo del dialogo con Dio. Circa lascolto occorre ribadire che esso pi di un
fatto tecnico. piuttosto un atto antropologico, un atto, cio, in cui la persona si dispone nella sua globalit
davanti alla Parola. Latto di ascoltare predispone nella persona un atteggiamento globale di ricettivit in
cui prendono parte tutte le dimensioni che la costituiscono: la componente affettiva che polarizza
lattenzione della persona con tutto il suo mondo interiore, la sfera dellintelligenza che permette di
comprendere la Parola, cio di tenere presso di s quanto ascoltato come cosa preziosa per la costituzione
effettiva della persona, la volont che riapre la vita della persona a stare dietro alla parola perch la
promessa in essa celata possa essere esibita nella realizzazione pratica della vita stessa. Lo sviluppo di
questa capacit di ascolto impone anche un atteggiamento nella guida spirituale di accordarsi nella sua
azione alle segrete ispirazioni dello Spirito ed insieme a riconoscere il compiersi del miracolo di un cuore
educato dallascolto come realt che si realizza nella vita di un fratello o di una sorella a lui o a lei affidati.
Questo impone nella guida lautenticit della sua esperienza di ascolto che lo abilita a porsi in attenzione
delle mozioni che lo Spirito pone nella persona accompagnata. Cos, come segnala con particolare
penetrativit A. Louf, il cuore dellaccompagnatore trasale, allorch toccato da una parola di Dio nella
Scrittura, quello stesso cuore che palpita e trasale in ugual modo quando, attraverso le parole e i
sentimenti condivisi di un fratello o di una sorella, si manifesta allaccompagnatore qualcosa del desiderio
dello Spirito santo che allopera in loro23.
Si impone cos alleducatore il delicato compito di formare allarte di ascoltare, aiutando la persona a
ritornare presso di s e presso la propria interiorit come luogo di risonanza della Parola ed in cui lanelito
di chiarezza circa la propria vita prende corpo. Accanto alleducazione dellascolto, cos si pone lopera di
educazione alla domanda da rivolgere a Dio e alla sua Parola. C un domandare che segnala ancora nella
coscienza il desiderio di sottrarsi allincontro, di restare nella logica del confronto, per evincerne
limproponibilit dellappello. C un domandare che rassomiglia alla logica dellaffronto, del porre in
giudizio la Parola alla luce della propria personale e precaria visione di Dio. C infine un domandare che,
al di l di ogni ansia preoccupata per lesito di quanto verr rivelato, gi disponibile al distacco, al lasciare
la roccaforte acquisita della propria certezza. C un domandare che sa rischiare lincertezza e il suo dolore
e che, fidandosi della Parola, porta allaffidamento di s alla Parola come garanzia data alla prosecuzione
nella via della fede. Uninterpellazione umana capace di sorprendersi comunque della qualit della risposta
divina che porta luomo ad uscire da s fino al limite (confine) di s in cui incontrare con verit e libert il
Dio della vita24. Educare la domanda cos porta anche ad educare la qualit relazionale e dialogica della
coscienza personale. C un dialogo di coscienza che sembra ancora prigioniero della figura
dellingiunzione dellAltro che chiede senza promettere. C un dialogo che invece porta ad un inevitabile
scontro interiore tra la tendenziale espansione del proprio bisogno nella forma egoistica della consumazione
dellAltro o dellimporsi limitante dellAltro sulla mia libert. C, infine, un dialogo che porta la persona a
scoprirsi originariamente pensata a realizzare se stessa attraverso di esso ed in cui emerge come la fiducia
da accordate allAltro non che atto secondo, conseguente alla libert e alla fiducia che lAltro ha
dischiuso rivolgendosi a lei. Nellunico spazio del dialogo la coscienza matura se stessa, anche se questa
maturazione e il mantenimento del dialogo stesso, esige la consapevolezza di s nei termini della doverosit
della conversione, oggetto della considerazione seguente.
Accanto alleducazione della domanda e del dialogo si pone la corrispettiva educazione alla capacit di
rispondere o corrispondere e la misura di tale corrispondenza si attua nel discernimento della volont di Dio
come atto di amore, oggetto della terza parte di questo contributo.
DISCERNIMENTO COME DINAMISMO DI CONVERSIONE
Appare altrettanto immediato, quanto il rapporto con lascolto della Parola di Dio, il legame tra
discernimento e conversione. Il processo di conversione, in questa prospettiva, da pensarsi come una vera
e propria riorientazione continua della dimensione intellettuale, morale e teologale della propria vita a ci
che la Scrittura chiama, in modo generico, la volont di Dio. Occorre pertanto, a partire da un testo
capitale della riflessione di Paolo, istituire un confronto tra discernimento e conversione a partire da
unaccezione ampia di essa, capace di profilarla in modo complessivo. Sii viene cos ad abbracciare il
modo di accedere delluomo alla comprensione di s e del mondo, lorientamento attraverso i beni al bene
complessivo della persona e ad unadesione piena, nella forma dellamore di risposta, a Dio,
significativamente espressa dallobbedienza alla sua volont, e pi radicalmente, superando una rilettura
estrinsecistica di questa volont, a partire dalla conformazione cristica della propria esistenza come atto di
dono da parte di Dio ed insieme di scoperta che impegna le energie spirituali delluomo.
In un passaggio della lettera ai Romani che apre alla sezione parenetica, Paolo si impegna a collegare
strettamente il discernimento alla conversione. Egli infatti mostra come la capacit di discernere la volont
di Dio richiede una nuova sensibilit spirituale, precisamente quella che ci data attraverso levento della
nostra conversione. Evento la cui portata antropologica, nel senso pi forte del termine, poich
concerne luomo nella sua totalit25.
Vi esorto dunque, fratelli, perla misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente,
santo e gradito a Dio; questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalit di questo secolo,
ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volont di Dio, ci che buono, a lui
gradito e perfetto (Rm 12,1-2).
Lesortazione paolina, fatta con lautorit dellapostolo e la sensibilit del fratello nella comune fede,
condotta alla luce della misericordia di Dio. Questa designazione mette in evidenza molto pi di un
semplice attributo divino bens la sua azione di grazia verso lumanit peccatrice 26 che Paolo ha
sviluppato in modo argomentativo nella prima sezione della lettera attraverso la proclamazione del Vangelo
di Cristo e della grazia. Cos in modo simmetrico la volont di Dio, al di l di unastratta ed estrinseca
proclamazione di un diritto di Dio sulluomo, precisamente che luomo acceda, attraverso il
discernimento e la conversione, a questa esperienza di misericordia che egli ha dispiegato nella storia della
salvezza del popolo ebraico, come nella coscienza di ciascuno (cfr. Rm 1, 18ss., ma pi propriamente Rm
2, 14-15) e che ha realizzato compiutamente nella salvezza di Cristo. Questa significazione della volont di
Dio come misericordia ci che intima alluomo la conversione possibile solo alla luce dellesperienza
dellevento di grazia e precisamente facendo valere questa grazia come esigenza che raggiunge luomo e lo
dispone appunto al sacrificio di s, allofferta di s come tratti qualificanti in modo pi preciso la
conversione. Queste espressioni rappresentano un punto di riferimento obbligato per esprimere la realt
simbolica della fede cristiana in cui ladesione di fede si salda nel culto e nella logica sacramentale e
nella disposizione della vita secondo la dimensione del dono di s non ridotta sbrigativamente in senso
spiritualistico ed individualistico, ma a partire dalla cifra della corporeit, dalla somaticit come
riassuntiva dellunit della persona e delle sue relazioni mondane. Tale offerta di s allora trova la sua
possibilit di realizzazione attraverso il doppio imperativo espresso nel versetto 12, 2: non conformatevi
alla mentalit di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente. Sono evidenziati un
negativo e un positivo che ben configurano la dinamica di conversione verso lofferta di s. Si tratta
di non assumere, fare proprio lo schema di questo mondo, che si applica esternamente sulluomo
snaturando la nuova realt del cristiano, ma accogliere, nel livello pi profondo e da qui nella realt della
vita somatica, la nuova immagine di Cristo nel cui mistero i cristiani sono stati inseriti attraverso la
trasformazione battesimale (cfr. 2 Cor 3,18). Lesercizio del discernimento si impone cos per riconoscere
sia tale nuova immagine, sia quanto essa sia ancora sottoposta alla mentalit di questo secolo, profilando
cos il compito della conversione come impegno continuo, di vigilanza, di distanza critica, perch la libert
di fondo del cristiano non ricada nella vecchia logica del mondo o della carne. Si tratta cos del
rinnovamento della mente. Dietro lespressione greca (nous) sta pi di una dimensione semplicemente
intellettualistica, ma sembra profilarsi lo spirito, il cuore delluomo in cui si determina una vera e propria
intuizione spirituale che posta alla radice delle scelte del soggetto, alla capacit di valutare e vagliare
attentamente per poi passare alla decisione27.
Il collegamento tra misericordia e volont di Dio e quello successivo tra offerta di s e
rinnovamento nella mente viene precisato nel testo paolino con alcuni attributi che possono arricchire la
nostra riflessione. Il sacrificio di s, che nel testo viene proposto, alla luce della nuova mente e
dellimmagine di Cristo impressa nel credente, nella linea dellobbedienza al Signore Ges, viene definito
come vivente, santo e gradito a Dio. Questi attributi possono essere visti in correlazione con latto
del discernimento della volont di Dio descritto nel versetto seguente come ricerca di ci che buono, a
lui gradito e perfetto. Si precisa, cos, come loggetto del discernimento della volont di Dio sia la
comprensione della nuova condizione dei credenti, non solo a partire dalla realt del dono, ma dellappello
alla realizzazione di esso, attraverso il compimento della volont di Dio. In dettaglio si accenna, in primo
luogo, ad un sacrificio vivente. Dietro questa espressione c pi che una semplice affermazione della
sostituzione dei sacrifici dellantica alleanza e del paganesimo. Si afferma che esso compiuto a partire
dalla nuova vita partecipata al cristiano nel battesimo e dunque nella pasqua di morte e risur rezione del
Cristo che da morti che eravamo per i nostri peccati, ci ha reso viventi e in grado di camminare in una
vita nuova (cfr. Rm 6, lss.). Tale caratteristica dei viventi designa appunto come ci che buono,
secondo la volont di Dio, precisamente che Egli non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e
viva. Ci che buono davanti a Dio che luomo viva davanti a lui. Cos il discernimento di ci che buono
deve condurre luomo a convertirsi per ritrovare precisamente come via, e dunque come cammino di
novit e come impegno etico, ci in cui consiste la sua bont, cio che egli viva realizzando la propria
conformazione a Cristo. Cos la scelta del bene, significativamente espressione della coscienza morale,
coincide con la scelta di ci che fa vivere luomo davanti a Dio, con la scelta del bene complessivo della
persona che appunto la piena espressione della sua vita, attraverso la scelta di quelli che sono i beni, che
orientati in una dimensione integrale, conferiscono la bont di vita (cfr. VS 13). Loggettivamente bene che
unifica ogni coscienza credente allimperativo della ricerca di ci che rappresenta la vita attraverso la scelta
corretta ed ordinata dei singoli beni, diventa, con la seconda caratteristica segnalata da Paolo, la
personalizzazione dei beni in vista di un progetto pensato per ciascuno, che non mai disgiungibile dalla
singolarit della propria storia di vita, e che viene ad elaborasi nellatto del discernimento di ci che
gradito, di ci che corrisponde in modo oggettivo alla soggettivit singolare pensata da Dio. Si rende, cos,
necessario un discernimento pi particolareggiato rispetto al bene della vita, quello, appunto, che porta a
disporre la propria vita secondo la conformit del proprio progetto. Infine lofferta santa indica come
tutta la persona destinata ad accedere alla vita santa, che va al di l dellopposizione tra sacralit e
profanit dellesistenza, ma trova il suo corrispettivo nella perfezione che, nella termine greco utilizzato
da Paolo, allude al traguardo finale dellesistenza: il compimento del desiderio delluomo e il dono di esso
da parte di Dio che fa partecipe luomo della sua perfezione (la santit come realt propria di Dio). La
volont di Dio per la perfezione insiste cos sulla forza attrattiva del fine che il discernimento deve
configurare come piena realizzazione della persona. In modo analogo nella pericope evangelica del giovane
ricco viene accostata una duplice volont corrispondente al progetto di Dio sulluomo: Se vuoi entrare
nella vita, osserva i comandamenti: (Mt 19, 17) e Se vuoi essere perfetto... vieni e seguimi (Mt 19, 21).
Il loro accostamento, in una logica progressiva o totalizzante per la persona interpellata, cos porta a vedere
come lunificazione di s possibile solo nella forma dellaccoglienza integra ed indivisa del Dio che si
rivolto agli uomini in modo integro e indiviso nel suo figlio Ges alla cui sequela si pone il discepolo e che
sortisce, come effetto, la destinazione e la dedicazione di s in modo integro ed indiviso al Dio
dellAlleanza e della Rivelazione e, in lui, ai fratelli 28. Cos il discernimento come conversione porta
insieme alla scoperta di Dio e allapertura di uno spazio in cui si intreccia la scelta oggettiva del bene per la
vita, la scelta strategica di ci che gradito a lui per la realizzazione della personale sequela, e lattrazione
del compimento di s come perfezione.
In questambito, in cui il discernimento viene a precisarsi come scoperta progressiva della volont di
Dio, si apre al cristiano la prospettiva della conformazione allobbedienza di Cristo in cui lofferta di s del
cristiano e, dunque labbandono della volont propria, trova la sua espressione positiva, superando cos un
deprecabile (quanto non evitato) riduzionismo di visuale che pare imporre precipitosamente allespressione
una coloritura volontaristica, al limite del vittimismo. Latto di rinuncia alla volont propria coincide con
labbracciare lobbedienza di Ges in cui il cristiano non trova solo il modello della propria obbedienza, ma
la ragione stessa di possibilit di ogni atto di ubbidienza. Solo un vero discernimento permetter
unobbedienza cristiana, cio un obbedienza che riproduca quella di Cristo, accettando di andare fin dove
Cristo stesso andato, nel mistero della sua Pasqua: stato obbediente fino alla morte (Fil 2,8). Ci
possibile solo nel caso di unobbedienza che coinvolga una certa profondit dellessere [...] Acconsentire a
obbedire in nome dellevangelo qualcosa che non si pu fare al di fuori della Pasqua di Cristo o senza che
questa obbedienza divenga una reale partecipazione alla sua morte e resurrezione. Obbedendo cos, si
celebra la Pasqua di Cristo. Nel senso pi forte del termine, il credente raggiunto da questa obbedienza
negli strati pi profondi del proprio essere, e non possibile che non ne esca radicalmente trasformato 29.
Cos tale nuova consapevolezza del credente per la quale la sua volont sgorga da una libert che dono
della Pasqua di Ges fa accedere ad una comprensione, o consapevolezza di s, formata dalla stessa
coscienza obbedienziale di Cristo che si pone per il credente come misura della propria coscienza. In questa
luce debbono essere viste anche le azioni dellobbedienza, tradizionalmente espresse attraverso il
riferimento alle indicazioni esterne di chi esercita una certa forma di autorit sulla persona, non come
semplici stratagemmi per la sicurizzazione della propria coscienza, e che dunque fanno restare luomo in
una forma di schiavit della legge, ma come espressioni interpretative della partecipazione allobbedienza
di Ges e comunque da sottoporre ad uninterpretazione che consenta di cogliere in modo adeguato ed
evidente il legame tra le varie obbedienze della vita e lobbedienza nella sua forma cristica. Partecipare
allobbedienza di Ges significa per il cristiano la dilatazione della propria libert, o meglio il poter
disporre di una libert pi grande capace di rendere ragione (anche in una prospettiva criticamente
avveduta) di quellesercizio limitato della libert che si impone sia attraverso il riferimento alla norma (che
segnala codificandola e misura concretizzandola loggettivit del bene), come alla volont altrui per
aderire pi perfettamente alla volont di Dio.
Laver accostato allidea di discernimento lesigenza della conversione porta a considerare unulteriore
dimensione della coscienza morale che viene a configurarsi come una nuova consapevolezza di s. Con
questa dimensione si intende accogliere, ma anche integrare, la rilettura dellaccezione psicologica della
coscienza come, appunto, consapevolezza di s. Tale consapevolezza per il cristiano non si comprende se
non a partire dalla novit della vita in Ges. Nella coscienza si segnala cos non una semplice risonanza
dellio, ma dellio in quanto reso conforme a Cristo e dunque partecipe della sua coscienza filiale. In questa
consapevolezza che il frutto radicale di un processo continuo di conversione si apre alluomo la capacit
per il Bene, lordinamento dei beni della vita in vista della personale adesione al bene e lo spazio della
vocazione come adesione integra e perfetta alla volont di Dio.
Non pu sfuggire a questo livello il delicato intreccio tra lattenzione ad alcune dinamiche psicologiche
e il quadro di fondo di unantropologia personale chiamata a segnalare lauto-trascendenza della persona
che si coglie non solo capace di scegliere i beni, ma di ordinarli in modo complessivo per riferimento al
valore e di trovare attraverso di essi il compimento buono della vita. In questa prospettiva loggettivit dei
valori morali risulta non da una posizione di partenza preconcetta [...], ma dalla constatazione di quali siano
le effettive possibilit per la libert del soggetto morale. La consistenza interna della personalit rende
possibile la scelta dei valori nella situazione come espressione di un pi ampio rispetto del valore della
persona stessa chiamata gradualmente alla propria maturazione attraverso lesercizio della libert di
scegliere ed aderire al valore. Cos i valori morali portano gradualmente nellarco dello sviluppo, se vissuti
con scelte coerenti, a una struttura consistente della persona, in quanto hanno in se stessi un appello di
libert. Sono infatti la percezione soggettiva del bene morale in quanto bene per la propria realt personale
integrale30.
La nuova consapevolezza della coscienza cos segnala una particolare competenza della libert
personale che si realizza compiutamente attraverso e al di l della scelta dei singoli beni, nella adesione
personale al Bene. Si tratta di quella dimensione verticale della libert che si distingue e si dispiega da
quella orizzontale. In questultima si attua lesercizio della scelta dei beni a partire da un orizzonte
allinterno del quale il soggetto si colloca. La dimensione verticale della libert segnala, invece, il
passaggio alla definizione dellorizzonte che pi adeguatamente corrisponde al proprio ideale di vita 31.
Questa nuova competenza della libert salda insieme lidea della coscienza con quella della conversione,
intesa come atto di esercizio della libert verticale e pu intendersi anche come riconosciuta dal soggetto,
nella forma di realt donata: quella della conformazione a Cristo, a cui si faceva cenno.
Accanto a questa consapevolezza di s come acquisizione della libert si pone unaltra dimensione
ineludibile della coscienza: quella temporale32. Con essa non si vuole segnalare semplicemente la gradualit
del processo di formazione della coscienza verso la maturit morale, ma pi profondamente linterazione
tra passato, presente e futuro nellacquisizione della consapevolezza di s e nelladesione libera ad un
sistema di beni pensati per il proprio compimento. Dietro ogni presente della persona, e sottoposto ad un
suo attento discernimento, c un passato che non sempre memoria grata e riconosciuta di una libert
donata, ma che spesso assume la caratteristica di un vero e proprio blocco nei confronti di ogni pi ampia e
radicale risoluzione della vita. Anche questo aspetto della memoria fa parte insieme del discernimento e
della realt della coscienza come consapevolezza di s. Ma tra le righe di un presente e di un riaffiorante
passato si colloca, in modo germinale, un tratto di futuro che, comunque, porta, pur dentro inevitabili
necessit, i tratti dellimprevedibilit. Essa pu lasciare sgomenti e potrebbe risolversi in irrealistici
utopismi di improponibili palingenesi della persona o nella conservazione di idealismi e ideologismi che
chiedono al futuro la semplice conferma del proprio passato, nella ripetizione di uno schema di vita
fatalisticamente subito, e non la sorpresa di vedere che in esso il gi-dato chiamato a confrontarsi con
quello che il non-ancora pensato, ma comunque gi germinalmente attestato, come possibilit, dalla mia
forma di vita. La coscienza morale, e il suo compimento nellatto del discernimento che conversione,
chiamata a questo ritorno su di s per misurarsi nella consapevolezza del presente, nella consistenza del
passato e nella capacit di futuro. Dentro questo movimento riflessivo si pone la verifica per lapertura
oggettiva di s al Bene, che non mai presupposta, ma che deve essere raggiunta a partire dalla storia
effettiva della persona. Si pu scorgere la pregnanza del presente come appello a prendere cura della
disposizione dei beni per la trasparenza del Bene. Si giunge a cogliere come il discernimento an-
ticipazione nel presente di un giudizio che comunque misurato sul compimento escatologico della propria
esistenza verso cui la persona si indirizza attraverso lintegralit della disposizione di s ad essere
conformata al modello cristico (la cui conformazione ultima definitiva resta comunque dono e realt
escatologica).
La consapevolezza di s segnalata dalla coscienza morale si muove cos tra libert e tempo. La libert
ed il tempo che sono attraversati comunque dal criterio della conversione. In essa si attua in modo pieno il
passaggio dallesercizio orizzontale a quello verticale della libert, ma anche la percezione che il tempo
della vita va al di l della distensione cronologica, bens il kairos, unico ed irripetibile per il
raggiungimento della verit di s davanti a Dio.
Un ultimo tratto del discernimento che occorre considerare, si sposta sulle determinazioni pi pratiche
ed immediatamente operative dellagire a cui si collega unulteriore accezione della coscienza che, davanti
alla doverosit e allineluttabilit dellagire, si attua nella forma del giudizio di fronte allazione concreta.
Anche a questo riguardo un testo biblico di riferimento ci porta ad esplorare questa dimensione del
discernimento e contestualmente a proporre alcune considerazioni circa la coscienza morale e il processo di
formazione.
ancora lepistolario paolino a specificare questo ulteriore passaggio verso lattenzione alla
determinazione concreta delle singole azioni alla luce, comunque, di un orizzonte complessivo di tipo
teologale. Il testo contenuto nella sezione introduttiva della lettera ai Colossesi:
Perci anche noi, da quando abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che
abbiate una conoscenza piena della sua volont con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perch possiate
comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto portando frutto in ogni opera buona e
crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria,
per poter essere forti e pazienti in tutto (Col 1, 9-10).
Ritroviamo il tema della conoscenza della volont di Dio riletto sul duplice registro, innestato dai due
campi semantici presenti nel testo, della attestazione di questa volont e dellincitamento alla prassi, come
gi segnalato nel testo di Romani esaminato poco sopra. Questo duplice piano segnala che quello che si
chiede a Dio nello stesso tempo un progetto di vita o un modello di esistenza cristiana per il quale ci si
deve impegnare33.
da rilevare che questo itinerario di scoperta integrale della volont di Dio, tradotta a livello
comportamentale, produce una pi profonda conoscenza di Dio. Tutto il testo allude ad una totalit, ad
unintegralit che si spinge fino alla cura per ogni opera buona per piacere in tutto a Dio. La
comprensione (synesis) spirituale a cui si allude pu essere cos raffigurata come il discernimento nello
spirito capace di racchiudere dentro di s lattenzione per la globalit dellagire a partire dalla
considerazione della sua singolarit, che diventa parimenti il campo applicativo di questo particolare dono
fatto oggetto della preghiera dellApostolo. Tale comprensione non comunque possibile se non attraverso
lintensificazione della conoscenza umana, e dunque richiede una conoscenza pi profonda e nuova
(epgnosis) che dono dello Spirito.
In particolare due aspetti della vita cristiana intesa nella sua prassi concreta debbono diventare oggetto
di discernimento in vista di questa resa integrale della vita alla volont di Dio. Possono essere esemplificati
dalla preghiera e dallazione, due campi in cui si attua tradizionalmente lazione del discernimento e la
disciplina della vita. Entrambe queste sfere non sono pienamente comprensibili e determinabili nella loro
concretezza per il cristiano se non sotto lazione dello Spirito che insieme porta ad una piena conoscenza di
Dio e simultaneamente alla risposta adeguata di riconoscenza. Conoscenza che conoscenza dellamore,
risposta che risposta di amore, tratto che unifica comunque la preghiera e lazione a partire dalla comune
caratteristica di dialogo di amore che vuole raggiungere prima Dio e in Dio il prossimo. Lunit di preghie -
ra ed azione, cui mira il discernimento, prima di una necessit di inveramento a posteriori per evitare il
rischio di spiritualismi disincarnati o attivismi che reificano il dinamismo intrinsecamente spirituale della
vita cristiana, da riconoscere per il credente come un a priori che struttura nellunit la sua vita. Si tratta
della riconoscenza, attraverso la moltiplicazione dei gesti, della loro comune origine: la dischiusura
dellamore di Dio come esperienza reale e partecipata al credente attraverso lo Spirito. Non si tratta di una
semplice ed onesta coerenza, ma di una forma particolare dellattuazione doverosa della testimonianza
della scoperta di Dio e della sua volont buona sulla vita. Non si tratta di orgoglioso auto-perfezionamento,
ma del riconoscimento che ogni aspetto della vita ha a che fare con lamore, che si profila non nella sua
genericit, ma nella sua generalit, che si dispiega in ogni opera o che viene mortificato nellazione cattiva
e nel peccato. La ricerca della volont di Dio attraverso una fede testimoniale non si pu concepire come
esibizione di una molteplicit disarticolata di atti, ma attraverso di essi, perch di essi si compone
inevitabilmente la vita, si propone di mostrare lunica realt che ne consente lunificazione: lamore 34. Il
discernimento, allora, punter a valutare, attraverso i singoli atti e dentro la corrispondenza alla norma che
codifica il valore o la tutela di un bene particolare della persona, la misura dellamore come misura
personale e commisurata alla qualit della propria apertura di fede a Dio. Tale valutazione non pu essere
compresa se non a partire da una visione pi ampia dellagire atomizzato e dunque alla luce di un opzione
di fede e carit cui la storia della vita chiamata a giungere ed insieme a confermarsi nellattenzione alla
particolarit del giudizio sullagire.
Il discernimento, che commisura sullamore ed in vista dellamore lagire singolare, cos si radica in
una coscienza particolarmente sensibile alla sua attuazione nella forma del giudizio. La risonanza personale
del comandamento dellamore e degli aspetti ad esso collegati che vengono a delimitare globalmente
lorizzonte della vita della persona attraverso la proposizione della tutela dei singoli beni, oggetto delle
singole norme, si compie a partire dalle situazioni e dal loro risvolto in-vocante e pro-vocante una risposta.
Comunque il compimento della norma attraverso il giudizio della coscienza reclama che lattuazione di
essa venga compiuta nellamore, con amore e per amore. Questo possibile in forza della presenza dello
Spirito che suggerisce limperativo dellamore ed insieme ne determina la sua possibilit. Cos il
discernimento dello spirito si salda su di una coscienza costituita responsabile (orizzonte del dover essere)
e, comunque, gi in risposta (orizzonte del poter essere dello Spirito).
La coscienza vista come giudizio segnala la cura perch ogni scelta concreta possa lasciar trasparire
ladesione al bene che va alla ricerca del giudizio corretto sul proprio agire come forma di inveramento e
di verifica della bont e delladesione alla volont di Dio. La coscienza morale che lavora per giungere a
decisioni corrette ed illuminate dai principi oggettivi rivela che ogni persona, per mantenere vitale il
proprio rapporto con Dio, chiamata a sviluppare la fedelt a partire dalle quotidiane sfide della vita nelle
quali laltezza dellintenzione chiamata a confrontarsi con lefficacia storica dellagire 35. Il momento
applicativo della coscienza come giudizio si pone sia davanti allazione da compiere come valutazione
previa della sua qualit morale, sia come valutazione conseguente allagire per rivelare in esso la
consolazione per lazione buona compiuta, o il rimorso e limpegno a ritornare su di s in vista di una
determinazione futura conforme alla rettitudine dellagire. Anche in questo campo, il discernimento
consente di fuoriuscire da una visione tecnicistica del giudizio di coscienza, per abbracciare un senso
maggiormente rispettoso della qualit spirituale del soggetto.
Non va dimenticato, per, che questo lavoro della coscienza, proprio nella misura in cui chiamato a
misurarsi con lefficacia storica dellagire, pu non apparire simmetrico e consequenziale nel passaggio
dalladesione in profondit al bene alla sua esteriorizzazione nellazione. Gradi di impegno diverso sono
certamente richiesti davanti alle molteplici azioni di cui si compone la vita, ma la sfasatura nella dinamica
applicativa dellamore segnala come costitutivo per la persona un certo grado di oscillazione tra gli stadi
della propria maturazione morale che si traduce non solo a livello motivazionale ed intenzionale, ma anche
nella fase di realizzazione della singola scelta. Una stessa persona pu esprimere anche logiche differenti di
maturit morale davanti a scelte diverse, ad applicazioni appartenenti a campi diversi e che dovrebbero
essere unificati dallorizzonte della realizzazione del comandamento dellamore. Questa riflessione, la cui
analisi pi pertinente compete, comunque, alla scienza psicologica, importante in vista sia dellattenzione
alla forma del giudizio di coscienza, sia in modo pi globale in vista di unapertura del discernimento dalla
concreta situazione ad un discernimento complessivo circa la propria vita come nel caso della maturazione
vocazionale. A tal riguardo si impongono alcune stringate considerazioni in ordine alla dinamica formativa.
Si tratta di passare nellazione formativa dallattenzione agli elementi sintattici agli aspetti pi analitici
dellesperienza spirituale e morale della persona. Occorre, pertanto, far maturare una capacit di analisi del
vissuto che si attui a partire dalle scelte concrete aiutando a cogliere in esse quegli elementi di continuit
con un progetto o unopzione di fondo che va costituendosi e quegli elementi di discontinuit che
facilmente si portati a coprire attraverso il meccanismo della deresponsabilizzazione o della esibizione di
scusanti.
Il clima in cui condurre questa operazione non sar tanto quello di unispezione vivisezionistica, ma,
mostrando larticolazione corretta della scelta sulle motivazioni di fondo, dovr portare ad una pi
circostanziata definizione della verit di s attuata nelle forme pratiche e molteplici dellagire. Tale analisi
ha trovato e trova una sua forma particolare nel giudizio o nellesame di coscienza la cui importanza
collegata alla capacit di ritorno sereno e pacifico della persona su di s attraverso un opportuno distacco da
quegli aspetti emozionali che possono tradire un falso senso di colpa e condurre ad un disagio profondo la
persona. Lo sviluppo di questo processo esige nel formatore la capacit di creare uno spazio di sospensione
tra il soggetto ed il suo agire nel quale possa maturare il criterio per un discernimento adeguato non solo
della qualit corretta o scorretta dellazione, ma anche di unequilibrata considerazione delle intenzioni e
delle motivazioni e delle loro relazioni reciproche sullagire effettivo.
Lanalisi deve anche vertere sulla capacit del soggetto di elaborare un giudizio morale in situazione
verificando la conoscenza della norma e della sua estensione nellazione come misura che esprime
adeguatamente la propria personale adesione al bene, e che comunque non pu essere elusa. Inoltre
lattenzione allanalisi deve segnalare le disfasie tra questo momento e il profilo sintetico dellagire, cio
tra la ricerca dei significati nellagire e il riconoscimento del senso complessivo della persona. Significati e
senso sono grandezze afferenti reciprocamente, ma comunque differenti. Il senso complessivo va alla
ricerca dei significati, i significati da soli non dicono nulla se non unificati in un senso complessivo. Si
profila, accanto alla forma buona della correlazione tra senso e significati, la possibilit di alcune forme
difettose di essa. Quella che disperdendosi nei significati si illude di aver risolto il problema del senso e che
genera un clima di sperimentalismo ad oltranza dei significati o lattribuzione ad essi di dire, da soli,
semplicemente perch posti, il senso pieno della persona. Ma anche quello della custodia presuntuosa di un
senso gi deciso a monte rispetto ai significati e che li seleziona o porta a non ritenerli cos decisivi per la
definizione non astratta del senso36. Lattenzione dellanalisi del rapporto tra senso e significati cos si
impone come esercizio sia per laccompagnatore come per chi accompagnato.
Non va dimenticato, infine, come il processo che dalla organizzazione sintattica si distende nellanalisi
del vissuto compiuto dal cristiano nello Spirito Santo che presiede ad ogni operazione e che deve essere
riconosciuto nel suo protagonismo in ordine alla vita morale e spirituale complessiva. Tutta loperazione
analitica condotta nello Spirito e alla luce della sua unctio magistra che ammaestra il credente in ogni
cosa (cfr. 1 Gv 2, 27) e solo a partire dal quale il credente pu imparare a giudicare da s e a distinguere
il meglio (cfr. Fil 1, 9-11). Lattenzione alla qualit della vita nello Spirito (cfr. Gal 5, 12 ss.) si segnala
cos attraverso il segno dellabbandono delle opere della carne che, moltiplicandosi, disperdono e separano
la persona dalla verit di s e laccogliere il frutto dello Spirito con il complesso delle sue virt. Unanalisi
del vissuto non pu che portare alla considerazione del tessuto delle virt che compone la vita del cristiano
e della centralit della prudenza e della sapienza alla luce delle quali il cristiano sa commisurare il proprio
agire sia sulla dimensione oggettiva del corrispondere alla norma, come sulla misura soggettiva della
personale statura e maturit in Cristo37.
Litinerario del discernimento e della maturazione della coscienza che stato proposto d gi ragione
del tema della maturit umana e spirituale che contribuisce a chiarire la dinamica della ricerca vocazionale.
Dentro ciascun ambito si cela una verit della maturit cristiana aperta alla dimensione vocazionale della
vita da discernere ed attuare come opzione di vita. Cifra emblematica della maturit cristiana
lespressione contenuta nella lettera agli Ebrei: il nutrimento solido invece per gli uomini fatti, quelli che
hanno le facolt esercitate a distinguere il buono dal cattivo (Eb 5, 14).
Anche in questo testo in modo significativo si correla lazione del discernimento con una
qualificazione particolare della coscienza morale: la capacit di distinguere il bene ed il male, alla luce del
criterio di maturit (espresso dal greco teleioi che abbiamo gi trovato nel testo di Rm 12, 1-2), delluomo
compiutamente sviluppato in tutte le sue dimensioni e possibilit. , cos, da ritenere segno di perfezione e
maturit la capacit di esercitare nel discernimento la comprensione di tutto ci che il bene e il male della
persona e del suo agire, operazione che propria della coscienza morale. La maturit come capacit di
distinguere e, dunque, di aderire e perseguire il bene pu corrispondere a quanto stato percorso dalla
nostra riflessione.
Quello che in questo itinerario stato profilato come la capacit della persona attraverso lascolto della
Parola di non essere rinchiusa nella prigione di un insopportabile ed angosciante monologo interiore, ma di
scoprirsi come immagine di Dio aperta ad un dialogo che porta a galla la reale consistenza di s. Quello che
stato riconosciuto come lesigenza di applicarsi allesercizio della conversione per ritrovare lautentica
consapevolezza di s che si attua nella forma libera della sequela del Cristo obbediente. Quello infine che
stato segnalato come criterio generale per la persona: diventare custode della qualit buona della propria
vita, grazie alla presenza dello Spirito, attraverso la cura per il proprio agire.
Lazione del discernimento che apre la coscienza del credente a questa maturit diventa
contestualmente esercizio di ricerca vocazionale. Ricerca vocazionale come capacit di sintonizzazione
sulla prospettiva di appello che il dialogo con Dio apre, un appello che gi carico di promessa per il
futuro. Ricerca vocazionale come maturazione di questa consapevolezza della novit di vita e della sua
attuazione nel tempo unico dellesistenza attraverso unopzione vitale, e la scelta di un preciso stato di vita.
Ricerca vocazionale che diventa attuata attraverso un atto libero, intensivo ed espressivo della persona che
attrae a s lagire complessivo e lo carica dellesigenza di esprimerla adeguatamente estendendosi a tutte le
dimensioni e le scelte della vita stessa. Tutto questo il buono che luomo maturo discernendo pu
cogliere, misurare sulla propria vita e lasciare esprimere in essa. Tutto questo ci che corrisponde alla vita
e alla perfezione che Cristo ha sintetizzato nella sequela incondizionata a lui.
Note
1) Losservazione rielabora alcune tesi offerte dal convegno promosso dalla Facolt Teologica dellItalia Settentrionale sul concetto di
formazione come imperativo pastorale (25-26 febbraio 1997). In attesa della pubblicazione degli Atti, una sintetica, anche se parziale,
presentazione di alcuni contenuti proposti rintracciabile in P.D. GUENZI, In che direzione formare le coscienze?, Settimana, 16
marzo 1997, 10-11.
2) P.A. SEQUERI, Leducazione della coscienza cristiana, in DIOCESI DI NOVARA (a cura di), Seguire Ges il Signore: i
fondamenti della morale cristiana, Novara 1995, 107-8.
3) ID., 112.
4) ID., 106.
5) A. BARRUFFO, Discernimento, in S. DE FIORES - T. GOFFI (a cura di), Nuovo dizionario di spiritualit, Paoline, Cinisello
Balsamo (Mi) 1985, 419.
6) M. RUIZ JURADO SJ, Il discernimento spirituale. Teologia, storia, pratica, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1997, 22.
7) Per un approccio al tema del discernimento condotto sul filo delleffettiva difficolt delluomo contemporaneo a situarsi davanti
alla scelta, irretito da mille fattori di indecisione, ma comunque chiamato a darsi ragione del perch e del per che cosa vivere,
attraverso lattenzione per le sue azioni quotidiane si pu vedere: G. ANGELINI, Le ragioni della scelta, Sympathetica, Qiqajon,
Bose Magnano (Bi) 1997.
8) A. LOUF, Generati dallo Spirito. Laccompagnamento spirituale oggi, Qiqajon, Bose Magnano (BI) 1994, 23. Alcuni esempi dalla
tradizione patristica necessiterebbero di un accostamento in vista della chiarificazione di questo aspetto. Possono essere cos affrontati
gli scritti di Evagrio Pontico (346-399), tra cui il Trattato pratico sulla vita monastica (ed. it a cura di L. Dattrino, Collana di testi
patristici, 100, Citt Nuova, Roma 1992), Gli otto spiriti della malvagit. Sui diversi pensieri della malvagit (ed. it a cura di F.
MOSCATELLI, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1996) e soprattutto il cosiddetto Antirrheticus (PG 40, 1219-1286; PG 79, 1093-
1140. 1145-1234 oppure nellediz. di W. Frankenberg, Berlin 1912), cio il Contestatore, nel quale vengono proposti una silloge di
brani scritturistici a confutazione e correzione degli spiriti del male, quasi a significare che la semplice audizione della Parola funga da
criterio e da esercizio di discernimento. Sulla figura di Evagrio come accompagnatore spirituale si pu vedere: G. BUNGE, La
paternit spirituale nel pensiero di Evagrio, Qiqajon, Bose Magnano (BI) 1991. In questa direzione, pur se con finalit
immediatamente costruttive e di prospettazione della globalit della vita spirituale, possono essere lette le Regole morali di Basilio di
Cesarea (329-379) in cui lo sviluppo della pratica ascetica, compendiata in una serie di sintetiche affermazioni, corredata
dallaccostamento diretto di tipo interpretativo a passi delle Scrittura la cui presentazione d ragione della loro capacit effettiva di
stabilire il giusto peso ed il giudizio sul comportamento. Cfr. ledizione italiana con ampio corredo di introduzione e di apparati critici:
BASILIO DI CESAREA, Regole morali, (a cura di U. Neri), Spiritualit nei secoli, 53, Citt Nuova, Roma 1996.In questa
prospettiva del discernimento pu essere collocata la dithesis con cui Basilio designa la disposizione dello Spirito che correttamente
orientato d ragione anche della sincerit e della giustizia dellopera esteriore, suggerendo cos come tipica del cristiano la capacit di
correlare lintenzione profonda dellagire con lefficacia dellazione stessa (cfr. Reg. XLIII, 1.27, Ed. cit.. 132-133).
9) A. LOUF, op. cit. 24.
10) Per un sintetico commento a questo testo cfr. R. FABRIS, Le lettere di Paolo 3, Borla, Roma 1980, 599-602.
11) A. LOUF, op. cit., 25-26.
12) R. FABRIS, op. cit., 602.
13) R. FABRIS, op. cit., 601.
14) Cfr. la loro recensione nellintroduzione di C. Bresciani in: A. MANENTI - C. BRESCIANI, Psicologia e sviluppo morale della
persona, Psicologia e formazione, 9, EDB, Bologna 1993, 950.
15) G. ANGELINI, La coscienza morale del cristiano, Facolt Teologica dellItalia settentrionale, Anno Accademico 1995-96,
Appunti ad uso degli studenti, 19.
16) G. MOIOLI, Il peccatore perdonato. Itinerario penitenziale del cristiano, Quaderni spirituali, 3 Saronno 1993, 52-53.
17) E. BIANCHI, Adamo dove sei? Commento esegetico-spirituale ai capitoli 1-11 del libro della Genesi, Qiqajon, Bose Magnano
(BI) 1994, 138.
18) J. MOLTMANN, Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, Biblioteca di teologia contemporanea, 52,
Queriniana, Brescia 1986,258-259. Il tema percorso, tra gli altri, da Ambrogio nel suo Commento sui salmi: Perch nascondi il tuo
volto? (Sal 43, 25). O meglio: anche se distogli lo sguardo da noi, rimane ugualmente in noi limpronta luminosa del tuo volto (cfr.
Sal 4, 7). La teniamo nei nostri cuori e risplende nellintimo dello spirito: nessuno, infatti, pu sussistere, se tu distogli
completamente da noi il tuo volto (Sal 43,90: CSEL 64, 326). Ancora: Che cos, infatti, luomo se tu non lo visiti? Non dimenticare
pertanto il debole. Ricordati, o Signore, che mi hai fatto debole, che mi hai plasmato di polvere. Come potr stare ritto, se tu non ti
volgi continuamente per rendere salda questargilla, di modo che la mia solidit promani dal tuo volto? (De interpellatione David, IV,
6, 22: CSEL 32/2, 283). Superfluo richiamare gli studi di E. Lvinas che hanno messo a tema la questione del volto e dellalterit (cfr.
in part. Totalit e infinito. Saggio sullesteriorit, Di fronte e attraverso, 92, Jaca Book, Milano 1980). Per una ricostruzione del suo
pensiero morale si pu vedere: B. BORSATO, Lalterit come etica. Una lettura di Emmanuel Lvinas, Fede e storia, 25, EDB,
Bologna 1995.
19) F. IMODA, Sviluppo umano. Psicologia e mistero, Piemme, Casale Monferrato 1993, 289.
20) G. ANGELINI, Autonomia ed eteronomia delluomo, Rivista del clero italiano, 74 (1993) 14.
21) Ibidem.
22) Questo vero in riferimento sia alla norma primordiale di Gn 2, 16: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma
dellalbero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perch quando tu ne mangiassi, certamente tu moriresti, come
alle dieci parole di Es 20,1-17 consegnate allobbedienza delluomo perch prosegua il cammino della vita. In questo senso la
coscienza come voce di Dio e costituita per laccoglienza e losservanza dei cosiddetti principi della legge naturale trova una sua
fondazione pi piena.
23) A. LOUF, op.cit., 26.
24) Cfr .P.D. GUENZI, Anche la fede ha problemi di qualit, Vocazioni, 14/1 (1997) 19.
25) A. LOUF, op. cit., 27-28.
26) G. BARBAGLIO Le lettere di Paolo 2, Borla, Roma 1980, 463.
27) G. BARBAGLIO, op. cit., 467-8.
28) Cfr. G. LOHFINK, Per chi vale il discorso della montagna? Contributi per unetica cristiana, Queriniana, Brescia 1990, 68-75.
29) A. LOUF, op. cit. 30.
30) C. BRESCIANI, op. cit., 43.
31) Cfr. J. DE FINANCE, Saggio sullagire umano, Teologia e Filosofia, 21, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1992,
263-288.
32) Cfr. per un approfondimento: P.D. GUENZI, La dimensione etica della scelta di vita irrevocabile, Vocazioni, 9/1 (1992) 17-22; e
ID. La condizione delladulto: destino fede e vocazione, Vocazioni, 13/3 (1996) 24-30.
33) R. FABRIS, Le lettere di Paolo 2, Borla, Roma 1980 75.
34) P.D. GUENZI, Anche la fede ha problemi di qualit, Vocazioni 14/1 (1997) 22.
35) P.D. GUENZI, Educare la coscienza, oggi educando lamore, Vocazioni 14/1 (1996) 25.
36) In questa luce possiamo trovare la critica della VS ad alcune teorie circa la coscienza e lopzione fondamentale contenute nei nn.
54-70.
37) Resta comunque inevasa lesplorazione della virt della prudenza come ulteriore qualificazione insieme del tema della coscienza e
del discernimento. Va notato che in connessione a questa virt Tommaso pone la discretio spirituum (cfr. S. Th. I-II, 65, 1; 111, 4). Per
una presentazione del tema del discernimento in Tommaso si pu vedere: M.R. JURADO, Il discernimento spirituale. Teologia,
storia, pratica, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1997, 91-96. Circa il rapporto tra vita nello Spirito e vita virtuosa sommarie
riflessioni possono essere recepite in P.D. GUENZI, Vita nello Spirito, vita virtuosa e maturit vocazionale: lobiettivo della direzione
spirituale per lorientamento vocazionale, in AA.VV., Direzione spirituale, maturit umana e vocazione, Venite e vedete, 5, Ancora,
Milano 1997,9-46.
Spirito, anima e corpo: dinamismi umani e discernimento vocazionale
nella direzione spirituale
di Giuseppe Sovernigo, Docente di Psicologia a Treviso
GIUSEPPE SOVERNIGO
Da parte della G. Sp. saper aiutare il chiamato a dare risposte vocazionali adeguate una necessit. Fa
parte della sua competenza e seriet professionale. Costituisce una necessit imprescindibile. Si tratta
anzitutto di individuare le varie realt presenti nella persona, per poi coltivarle per quello che sono
effettivamente, non per quello che appaiono. Contemporaneamente occorre individuare gli elementi
costitutivi della vocazione per poi coltivarli. Questa azione di discernimento richiesta da varie istanze.
Anzitutto dalla natura stessa della vocazione. Essa realt umano - divina. La risposta umana alla
chiamata divina risente di tante ambivalenze presenti nella persona. Senza un adeguato lavoro di
discernimento, si resta esposti alle illusioni ricorrenti nella vita spirituale sia nella persona chiamata, che
nella G. Sp. La scelta vocazionale allora rischia di venir fatta su basi incerte, insicure, precarie. Le prove
immancabili della vita metteranno a nudo tale terreno poco affidabile, con le relative conseguenze.
richiesta poi dalla stessa Parola di Dio. Essa parla di terreni diversi che ricevono la Parola di Dio. Solo
il terreno buono le consente di fruttificare.
richiesta dallo stesso magistero. Ripetutamente esso mette in guardia dalle facilonerie educative e
chiede un accurato lavoro di discernimento tra i frutti della carne e quelli dello spirito.
Tuttavia aiutare ad operare un adeguato discernimento non facile, non va da s, non automatico.
Zone dombra di varia natura si frappongono.
Zone dombra nel chiamato. Ci sono con frequenza persone animate da condotte conformistiche, oppure
persone come se, che traggono in inganno o altre persone refrattarie alla proposta educativa. La ricerca
del bene reale spesso finisce nel bene apparente. Compiacenza e identificazione non internalizzante
possono facilmente trarre in inganno la persona chiamata e la stessa G. Sp.
Zone dombra nella Guida Spirituale. La stessa Guida pu ingannarsi sulla vera portata di vari elementi
presenti sia nel chiamato che in se stessa. A volte ci sono difficolt a cogliere nel chiamato gli elementi
effettivamente presenti, al di l delle apparenze immediate. Ad esempio: le rimesse in discussione della
vocazione da che cosa provengono? Da dove proviene la distorsione della realt, fino ad unalterazione?
Altre volte ci sono difficolt a vederci chiaro in se stessa come G. Sp. e a gestire gli elementi trasferenziali
presenti in ogni relazione daiuto, sia spirituale che pi in generale. Cfr. le idee sbagliate di uomo, ad
esempio: le tre illusioni ricorrenti: intellettuale, morale, sentimentale; sono illusioni perch non si colgono i
reali termini in campo su come stanno le cose e su come dovrebbero andare; oppure le attribuzioni di
cattiva volont quando invece in campo una propria scarsa attitudine educativa o preparazione, a volte
anche inettitudine.
La prospettiva pedagogico-spirituale: come predisporre il terreno allaccoglienza?
Luomo nella D. Sp. per lorientamento vocazionale pu essere utilmente visto da diverse prospettive.
La prospettiva teologica parte dal dato rivelato e, attraverso la riflessione razionale, precisa i termini di
unantropologia teologica.
La prospettiva filosofica, articolata nelle sue varie correnti, parte dalla riflessione sulluomo e offre
unantropologia filosofica.
La prospettiva psicosociale parte dallosservazione empirica a livello fenomenologico e offre
unantropologia psicosociale. Mira alla scoperta delle strutture e delle dinamiche psicosociali allopera
nella concreta persona e gruppo, in vista sia di un accrescimento, sia di una guarigione. Dato il suo limite e
la sua ricchezza, occorre che essa precisi il quadro teologico e filosofico entro cui si muove.
Ognuno di questi approcci offre un apporto arricchente la comprensione della realt uomo. Ciascuno
ad un tempo diverso e specifico, convergente e complementare rispetto agli altri. Nessuno ha unesclusiva
in proprio su tutto il quadrante... Per lo scopo di questo studio noi ci collochiamo dal punto di vista psico-
pedagogico. Su questa prospettiva convergono le altre angolature in vista dellobiettivo del discernimento e
crescita spirituale e vocazionale. Occorre tener presente che aiutare a dare risposte vocazionali adeguate
non riempire un vaso di nozioni, di raccomandazioni, di precetti, di divieti. La persona da educare non
un contenitore da riempire. Occorre invece accendere una fiamma e alimentarla; necessario facilitare la
germogliazione e la crescita di un seme; per questo occorre predisporre il terreno di accoglienza. Questo
seme viene sempre e solo da Dio, tramite anche la collaborazione umana.
Ora nella concreta persona il luogo della risposta vocazionale la capacit e la libert di amare e di
rispondere, aperta alla trascendenza per lamore teocentrico. questa che va pedagogicamente e
pastoralmente favorita per consentire una risposta vocazionale affidabile, cio libera, responsabile, genero-
sa, conforme al disegno di Dio, graduale in rapporto allet.
Di fronte a questa sua richiesta pressante sorge una domanda: qual la condizione concreta di partenza
del chiamato, cio del suo cuore, della sua mente, della sua volont, delle sue forze? Effettivamente quanto
queste dimensioni costitutive della persona sono disponibili? Di fatto il cuore quanto libero di amare?
Laffettivit quanto sviluppata? In che direzione prevalente si muove lintelligenza? E la volont quanto
messa in grado di svolgere il suo compito? Cos pure il corpo. La condizione concreta di ogni persona
varia. Va da unindisponibilit di fatto o da un minimo di disponibilit ad un buon grado di disponibilit
fino alla piena responsabilit, con tante gradazioni intermedie. Ci va verificato nelle singole persone.
Occorre tener presente che questa capacit non si improvvisa. Non va da s. Occorre promuoverla per
facilitare la collaborazione personale allazione della Grazia nellorientamento vocazionale. Per
raggiungere questo scopo ci sono varie tappe intermedie da percorrere. Per poter facilitare un genuino
orientamento vocazionale necessario partire sia dalla Parola di Dio, sia in particolare dalla concreta realt
della persona e procedere verso la crescita, verso la totalit richiesta 1. Perci obiettivo della G. Sp. aiutare
il chiamato a conoscere, a discernere e far maturare quei fattori umani che predispongono il terreno della
persona chiamata alla crescita del germe vocazionale; come pure aiutare a ridurre o a togliere quelli che lo
ostacolano. Si tratta di educare la capacit di rispondere della concreta persona.
Anzitutto per comprendere loperare umano c la necessit di una concezione adeguata della persona
per ci che essa e per come funziona. I principali tratti sono i seguenti.
Una concezione olistica e unificata: lagire umano, compreso il discernimento, comprensibile solo entro
una concezione olistica e unificata, entro lorganismo umano. Noi non funzioniamo a settori, a
compartimenti stagni, ma in modo unitario e sistemico. Ogni settore collegato con il resto dellorganismo
da cui riceve sia unazione di aiuto che di freno.
Una concezione dinamica e integrale: allorigine della scelta/decisione c una pluralit di motivi, a volte
tra loro contradditori. Eccetto i casi patologici, ogni scelta umana nasce sempre da motivazioni consce ed
inconsce ed diretta dallio, ma fino ad un certo punto, come lo dice lesperienza quotidiana. Infatti non
tutto ci che siamo presente alla coscienza; anzi una parte pi o meno estesa di s sottratta alla
coscienza di s. I livelli della coscienza di s vanno dal conscio al preconscio allinconscio o subconscio.
La raffigurazione dello spessore, dellarticolazione e del rapporto tra questi livelli, secondo il noto
schema di Johari, costituito dalle seguenti aree: larea pubblica, costituita da ci che io so di me e che
pure gli altri sanno di me. Su questarea c apertura e libert; larea cieca, costituita da ci che non so di
me e che invece gli altri sanno di me. Su questarea vige una certa attenzione, a volte sospettosit; larea
segreta, costituita da ci che io so di me, ma che gli altri ignorano. Su questa si esercita una vigilanza pi o
meno rigida; larea subconscia, costituita da ci che di me n io, n gli altri conoscono. Questa area
conoscibile indirettamente, per inferenza a partire dai segnali emessi dallinconscio.
Perci, in vista di un positivo discernimento vocazionale, non basta una concezione illuministica (solo
ragione - intenzione - volont); n basta una concezione freudiana (solo affettivit - emotivit - inconscio -
impulsi - contro impulsi), n una concezione behavioristica (solo stimolo - risposta). La scelta umana va
vista entro una concezione olistica, unitaria, sistemica dinamica della persona. Questa concezione
riconduce tutte le manifestazioni della psiche appunto nel concetto di un io unificato, sistemico e dinamico
questo il campo della libert personale effettiva: un io olistico e dialettico, strutturale e finalistico.
Luomo concreto, cui ci si rivolge come G. Sp., o che si rivolge a noi come discepolo, costituito e
funziona secondo le acquisizioni comuni della psicologia dinamica. I principali punti di riferimento sono i
seguenti.
I bisogni ed i valori
Questi conflitti sono originati dal rapporto tra le sorgenti energetiche che dinamizzano la persona, cio
i bisogni ed i valori. Questi possono essere tra loro allineati lungo due assi: prevalentemente consonanti,
con esiti di consistenza; o prevalentemente dissonanti a causa dei bisogni dissonanti, con esiti di inconsi -
stenza personale di fronte agli impegni ed alle prove della vita. in questo contesto che la capacit di
rispondere chiamata a germogliare, a radicarsi e a crescere.
La persona consistente
La persona consistente - nellarea in cui tale - armonicamente integrata, perch le componenti del
suo io, e di conseguenza le sue strutture, sono messe in moto dallidentica forza motivante e indirizzate
verso uno stesso obiettivo, interagendo costruttivamente tra loro. Abbiamo un individuo che assume, in un
progetto di vita liberamente scelto, le forze dinamiche della propria personalit e pu tendere con efficacia
e costanza verso la realizzazione di tale progetto... Lindividuo consistente vive in una situazione di
trasparenza interna ed esterna. Quello che afferma essere lo scopo del suo agire realmente la molla che lo
spinge a fare. Ne coglie la validit intrinseca (valore), se ne sente attratto (bisogni), lo vuole e si impegna
concretamente per realizzarlo (atteggiamenti). una persona vera, e proprio per questo pu conseguire i
fini che si propone2.
Consistenza e stima di s
Frutto della prevalenza delle consistenze o delle inconsistenze il tipo di stima di s. Questa stima di
s pu essere secondo i seguenti tipi, con varie gradazioni intermedie: la stima normale e vera, fondata
sugli effettivi ricchezza e limiti personali accettati, fondata sul vero s; la stima negativa o molto negativa,
centrata sui limiti, spesso enfatizzati, dando luogo al falso s; la stima compensatoria creduta come reale,
costruita tramite i meccanismi di difesa attraverso il falso s mascherato.
La libert umana una libert non assoluta e totale, ma limitata, situata e situazionata, come lo ogni
realt umana.
Ogni azione diretta dallio attraverso le sue strutture e i contenuti, ma fino ad un certo
punto
Come punto di partenza occorre tener presente che lio che guida e unifica la persona e le sue scelte.
Infatti la crescita va dalle azioni reattive del bambino alla scelta responsabile delladulto. Ma qui sorge un
problema: fino a che punto di fatto lazione diretta dallio? Oppure lio succube in parte o in tutto
dellambiente, delle pressioni del gruppo, delle aspettative altrui, dei propri bisogni? Ogni componente
dellio suggerisce modelli di azione secondo una propria mappa. Se la componente conscia, il
suggerimento consapevolmente avvertito e deliberatamente accettato o rifiutato secondo la mappa
conscia. Se invece la componente inconscia, il suggerimento sentito come subito, secondo la mappa
emotiva inconscia. Quel suggerimento agir senza il mio consenso, inserendo nellazione una progettualit
o intenzionalit da me non ricercata n voluta. Tuttavia mi appartiene. Ne sono frutto. le strategie
dellinconscio, cio la gratificazione vicaria e la fuga preventiva. Lesperienza di s data non solo da ci
di cui siamo consapevoli, ma anche dallintenzione e azione sia conscia che inconscia. Lintenzione conscia
non rappresenta tutta lesperienza di s. importante cogliere i comportamenti sintomatici di ci che si
vuole indirettamente; ad esempio: un comportamento forzato, rigido, artificioso, esagerato, affrettato, ecc.;
lo stile difensivo secondo varie modalit: stile aggressivo, remissivo, compiacente, evasivo, esibizionistico,
manipolatorio, provocatorio, narcisista, ecc. In queste situazioni il valore professato non entra
profondamente nella persona, oppure essa lo vive ma non con gusto o con poco significato. La percezione e
visione conscia di s possono alterare i veri desideri, sentimenti, intenzioni della persona. Occorre tener
conto di tutte le componenti. Ora ridare allio la paternit delle azioni significa che le azioni hanno contem-
poraneamente diverse fonti motivazionali, in base alle componenti dellio (io attuale, conscio e inconscio -
io ideale). Ma questo come avviene? Lio dirige in base alle intenzioni e alle motivazioni.
Ad esempio: un giovane vuole farsi prete per servire la comunit (a livello conscio). Per non si rende
conto che, in aggiunta a tale motivazione la forza maggiore (io latente) non tanto servire, ma quella di
farsi servire in vario modo. in buona fede. Ci che fa non n peccato, n patologia, ma inautenticit.
Dentro diviso tra forze contrarie... Un altro individuo dice di voler fare apostolato sociale tra i poveri e gli
emarginati (ideale conscio). Non si rende conto che di fatto, in aggiunta a tale motivazione, leffettiva
ragione (a livello inconscio) quella di soddisfare il bisogno inconscio di ricevere gratitu dine dai poveri,
benevolenza, attenzione. Certi sintomi lo segnalano. A monte sta un rapporto filiale carente. diviso da due
motivazioni opposte. C un bisogno di gratificazione materna. D per ricevere. Fa il dono e poi se lo
riprende a livello inconscio. Leccessivo attaccamento e lautocentramento ne saranno un segno
sintomatico... Un altro dice di voler fare apostolato per i poveri (livello conscio). Ma in ultima analisi la
vera ragione un bisogno notevole di ribellione contro lautorit e le istituzioni stabilite... ribellione contro
un padre o madre molto autoritari... Costui lotta per interposta persona a livello simbolico contro chi fin
dallinizio ha conculcato la sua persona. Nel suo impegno per la liberazione... in nome del Vangelo esprime
tutta la sua ribellione. C una giustificazione. Il voler la giustizia sociale motivazione vera, ma anche
mezzo per altri bisogni di aggressione... Una data persona dice di essere per il celibato (ideale conscio). Per
insicurezza di fatto ha bisogno di evitare il contatto intimo con persone di sesso opposto. Il voto allora sar
una difesa di s, non un dono. fuga, non scelta positiva. C una divisione dentro di s... Io ricerco
unamicizia. Pu essere che io ricerchi tale relazione a partire da una mia autonomia personale, oppure pu
essere che, con tale richiesta, io viva uneccessiva domanda di dipendenza affettiva. Nello stato di bisogno
vado a farmi consolare dallaltro. Ci a lungo andare fa morire lamicizia.
I vari meccanismi di difesa salvaguardano in questi casi il soggetto dal percepire i reali conflitti e i
relativi motivi e lo indirizzano verso soluzioni sostitutive, sempre inadeguate e insufficienti
(autoaggressione, proiezione, compensazione, razionalizzazione, identificazione, spostamento,
sublimazione, ecc.). Lo stato danimo di conflitto pu essere cosciente oppure pu essere rimosso.
Linteresse che ne deriva, e che rappresenta in qualche modo una soluzione per lindividuo, cosciente.
Per il nesso, il legame causale tra il conflitto e il meccanismo di soluzione in questi casi inconscio.
Lindividuo non percepisce che il suo interesse, linclinazione derivano da un bisogno di risolvere il
conflitto o superare il senso di frustrazione. Egli lo giudica autentico. Ma in realt non lo , perch il vero
significato non quello che appare.
In ogni processo decisionale, accanto ed in interazione con lio attuale, decisivo il ruolo dellio
ideale. Infatti lentrata nella vita religiosa in relazione non tanto con ci che una persona , o come vede
se stessa, quanto con ci che desidererebbe essere, con ci che idealmente vorrebbe fare con laiuto di Dio.
Le inconsistenze personali
Come abbiamo visto, lelemento fondamentale per ogni persona che due componenti della persona, i
suoi valori ed i suoi bisogni, siano in equilibrio tra loro. Se i valori ed i bisogni funzionalmente significativi
(quelli che hanno il sopravvento), sono daccordo, la persona consistente. Altrimenti, se valori e bisogni
sono in disaccordo, cio dissonanti, allora la persona prevalentemente inconsistente. Di conseguenza la
personalit vacillante, perch diventa campo di battaglia tra tendenze contrastanti; ad esempio: fare e non
fare per linferiorit sottostante. Lindividuo inconsistente vive in uno stato di disaccordo interno; non ha in
mano la propria vita perch una motivazione che non conosce smentisce e contraddice la sua
proclamazione di valori; dunque le sue strutture e contenuti sono in rapporto conflittuale tra loro, e creano
un conflitto di cui lindividuo avvertir le conseguenze senza avvertirne lorigine 4.
Le consistenze difensive
Per la stessa organizzazione gerarchica, una consistenza pu nascondere uninconsistenza. In questo
caso parliamo di consistenze difensive: quindi solo apparenti, ma che in realt hanno scopi difensivi.
Esempio: una persona apparentemente consistente nellarea dei valori che per le servono per una
funzione difensiva dellio, quindi come tamponamento di un problema irrisolto che prima o poi si rifar
sentire. evidente che una consistenza difensiva equivalente ad uninconsistenza. Di qui, allora,
limportanza di un lavoro formativo di prevenzione. Da queste difficolt emerge la necessit di saper
discernere per favorire lorientamento vocazionale. Molte difficolt spirituali sono in realt espressione di
inconsistenze subconscie vocazionali; non questione di valori, ma di difficolt ad armonizzarli con i
bisogni. E questi casi non sono leccezione ma la regola: gli elementi sensibili e spirituali delluomo sono
intrecciati in modo inestricabile. Non capire questo perdere unenormit di tempo senza che la persona
progredisca significativamente, per concludere - al fine di salvare la stima di noi stessi - che quella persona
poco generosa nei confronti di Dio. Senza capire la vera natura dei problemi, lintervento educativo pu
addirittura aggravare i problemi stessi; se la ribellione una difesa contro lumiliazione subconscia, la
classica predica sullorgoglio non fa che aumentare il problema della ribellione, non si capito che la
persona ribelle perch si sente poco brava e pi le si dice che poco brava, pi diventer ribelle;
lintervento adeguato dovrebbe essere esattamente lopposto: aumentare in quella persona la stima di s.
I fattori personali che predispongono il terreno ad una positiva risposta vocazionale sono quelli che
creano le condizioni per una consistenza psicologica. Questa consistenza la situazione in cui una persona
motivata nel suo agire da bisogni consci e subconsci, che si vengono a trovare in accordo con i valori
oggettivi e gli atteggiamenti propri della vocazione cristiana alla fede. In vista di una risposta vocazionale,
vita consacrata o matrimonio come sacramento, di una risposta adeguata alla chiamata di Dio per la
concreta persona, occorre rendere la persona disponibile a rispondere, ad amare, ad essere libera di...
necessario perseguire due obiettivi, tra loro interagenti e implicanti.
Anzitutto discernere che cosa effettivamente presente nella concreta persona, vedere qual il suo
effettivo punto di partenza con le sue potenzialit e con i suoi problemi, decifrare i segni di Dio presenti
nella sua storia, vedere quali sono i settori chiave della persona. Avere una concezione olistica comporta
interagire con tutto ci che costituisce la persona, con il suo io attuale fatto dal concetto di s, dallio
sociale e dallio inconscio; e con lio ideale, personale e istituzionale. Comporta una concezione della scelta
articolata nei suoi elementi: ideale germinativo e ideale vulnerabile con le strategie dellinconscio allopera.
Occorre distinguere gli elementi del vero s rispetto a quelli del falso s o della persona inconsistente,
elementi per eccesso o per difetto.
Le piste pedagogiche necessarie. Successivamente necessario precisare le piste pedagogiche da
percorrere per promuovere e interagire con una concezione della persona pi integrale. anche a queste
condizioni che si promuove un adeguato discernimento vocazionale.
Il buon funzionamento degli elementi portanti della persona consente la formazione del vero s. Infatti
dallintreccio e dalla condizione delle dimensioni costitutive della persona emerge un dato esito. Questo si
allinea lungo un continuum che va dal vero s al falso s a varia gradazione. Il vero s caratterizzato
dalla capacit effettiva di vivere in modo prevalentemente propositivo, creativo e assertivo, di sentirsi e
viversi reali in un mondo che reale, di reggersi in modo autonomo e consistente, dallessere un membro
vivo e attivo della comunit, dal vivere secondo schemi personali, con libert interiore e non reattivamente,
dallo sviluppare una personalit diretta da dentro e non eterodiretta.
Le relazioni costitutive
Si perci in presenza di un vero s nella misura in cui, pur entro la parzialit di ogni realizzazione, si
vive in fedelt a se stessi, in fedelt alle certezze ed evidenze profonde nate a livello dellidentit di s, in
docilit alla propria coscienza profonda. In riferimento a se stessi ci si sente in profondit, e si risulta per
lambiente, veri, genuini, al proprio posto, in profondit felici e sereni, pur in mezzo alle difficolt del
vivere. Nel proprio lavoro ci si sperimenta sicuri senza irrigidimenti, ad un tempo con forza, pazienza,
tenacia e con elasticit. Allora ci si vive ben orientati verso lo scopo della propria vita, con sapevoli di non
poter prendere altre vie senza rinnegarsi. Con gli altri ci si sperimenta aperti, tanto pi aperti quanto pi si
prova solidit in se stessi. Si vive senza bisogno dellapprovazione altrui, anche se la si apprezza. Si riesce
a vivere la propria solitudine. Nella relazione con Dio e con il cosmo ci si vive in armonia ed in comunione,
pur entro le fatiche della realizzazione, ci si sente concretamente aperti alle dimensioni dellassoluto e
delluniverso. Un vero s cos delineato un punto di arrivo e poi di ulteriore partenza lungo le varie tappe
della vita. Di fatto la crescita del vero s conosce varie fasi di passaggio, spesso appesantite da vari
problemi evolutivi interferenti. Per far posto al vero s, per, necessario liberarsi dal falso s, manifesto
od occulto ai propri occhi. E questo richiede il cammino di tutta la vita, particolarmente della giovinezza 8.
C una capacit di fronteggiare la realt: sia la propria realt personale nel non diminuire le sue
qualit e nemmeno i suoi limiti o sbagli. Ma neppure nel non diminuire tutto questo negli altri. Il suo
modello il confronto e non la fuga.
C in lui uno sforzo di integrazione dei propri bisogni, che sono accettati, con i valori vocazionali e
gli atteggiamenti. Tutto questo non lo blocca nel rigidismo interiore. Egli non consuma gran parte
dellenergia psichica nel cercare forme di sollievo ai propri bisogni e problemi, ma usa di questa tensione
in maniera costruttiva prendendo e portando a termine decisioni, tollerando incertezze, lavorando senza
nostalgie del proprio passato.
Egli meno portato a sacrificare i propri principi e i valori al pragmatismo e nel difenderli si adotta
una flessibilit ed uno stile di servizio che sono propri della maturit. Non si ricorre cio allaggressivit e
alla timorosa abdicazione delle proprie responsabilit. Si dimostra pi portato ad un amore altruista e
disinteressato che trascende la propria persona. Non c il bisogno di essere a tutti i costi desiderato per cui
non si sente frustrato in maniera perturbante di fronte ad una mancanza di gratificazione.
Manifesta una buona capacit di realismo nelladempimento dei propri doveri, che si unisce alla
flessibilit e alla creativit. Sarebbe lo stile della fedelt creatrice di cui parla G. Marcel. C una capacit
di distinzione tra ci che essenziale e ci che accidentale. Poich c di fondo una libert nel dare e nel
ricevere, c anche una fondamentale fiducia verso gli altri che la conseguenza di una fiducia in se stessi,
e che per chi ha fatto una scelta di fede, un senso di abbandono e di fiducia in Dio. Nella relazione con gli
altri lansia e lostilit sono ridotte di parecchio.
La relazione del consistente con i superiori, con i compagni o con quanti egli deve accompagnare o
dirigere sono caratterizzate non dalla dipendenza affettiva, non dalla indipendenza assoluta, ma da una
flessibile autodeterminazione. Egli si basa su di una oggettiva valutazione di s e degli altri, sa farsi aiutare
e consigliare, ma sa anche decidere da se stesso. Rispetta la libert degli altri e si prende spazio per la
propria. Soprattutto c in questa personalit la capacit di fare propri, ma in profondit, i valori in cui
crede, di imparare dalla vita, di saper vivere con una carica di interiorit anche gli impegni che
domandano un maggior spreco di energie. la tipica dimensione dei contemplativi in azione!
Non sembra necessario aggiungere che la piena realizzazione di quanto fin qui detto pi un ideale che
una realt. Tuttavia la persona consistente dimostra una sostanziale stabilit in tutti i settori della sua vita, in
una capacit di autocontrollo, di espressione di sentimenti, di unificazione interiore. Certo, il cammino
della libert non facile, c sempre un prezzo da pagare, come luomo che ha trovato un grande tesoro e
ha dovuto vendere quanto aveva per poterlo acquistare (Mt. 13, 44 - 46).
RISANARE E PROMUOVERE IL VERO S
In vista di un positivo discernimento e orientamento vocazionale, radicato sulle effettive dimensioni
della persona, necessario un duplice lavoro pedagogico: anzitutto di sviluppo di ci che presente e
positivo; poi di risanamento di ci che malsano. Le piste educative principali sono le seguenti.
In ogni persona c unaspirazione centrale alla crescita, pur in mezzo alle varie difficolt, quella alla
sana fiducia in s, negli altri, nella vita, in Dio. Questa fiducia frutto di unesperienza chiave: quella del
proprio positivo, seppur limitato, del proprio valore, della bont intrinseca di s, pur entro le
manchevolezze, di una amabilit da dentro, incondizionata e generatrice, di una fonte di vita inesauribile e
misteriosa da cui si proviene, capace di sorreggere indefettibilmente, di non venir meno di fronte alle
difficolt perch assoluta, sottratta alla contingenza, alla fragilit. Questa fonte anzitutto Dio e
subordinatamente gli educatori.
Fiducia e stima di s
Uneducazione efficace alla fiducia porta alla maturazione nella persona di una sana stima di s che ne
il contrassegno di autenticit. Questa sana stima di s fatta di quattro fattori: una conoscenza
esperienziale e oggettiva di s; lesperienza e il gusto del positivo di s, del sapersi apprezzare per quello
che si ; una tensione verso un pi, un meglio (io ideale), conformemente alla propria natura; lintegrazione
del negativo fisico, psichico, morale e spirituale nel proprio progetto di vita.
Per poter operare un adeguato discernimento vocazionale necessario per leducatore imparare a fare
diagnosi corrette. Occorre distinguere nella persona ci che causa, ci che sintomo e ci che effetto.
Confondere questi elementi spesso fa peggiorare la situazione o, in ogni caso, ristagnare. Occorre imparare
a fare una discesa da fuori a dentro della persona. Le principali tappe sono le seguenti9:
I comportamenti
Anzitutto lattenzione deve andare alla condotta, a ci che immediatamente visibile o facilmente
percepibile, specie ai comportamenti abituali, ai gesti o ai modi di fare che la persona ripete anche in
diversi ambienti e con diverse persone o che riconosce anche nel suo passato; alle abitudini ormai
sedimentate; alle cose che dice con una certa frequenza o che sottolinea con altrettanta urgenza.
Gli atteggiamenti
Al secondo livello di osservazione lo sguardo si fa pi acuto e va pi in profondit. Di solito si parte
dallarea dellincoerenza prima constatata, per cercare di percepire non solo ci che appare subito
evidente, ma anche ci che non lo , ma che fa parte dellio. Gli atteggiamenti, infatti, sono predisposizioni
ad agire, come dei programmi dazione, ormai memorizzati, consci e anche inconsci, pronti per luso
come uno schema fisso e stabilizzato; da questi derivano degli stili operativi soggettivi e dei criteri di
scelte, dei modi stereotipi di giudicare gli altri tramite simpatie/antipatie.
I sentimenti
Il terzo passaggio viene da s: una volta superata la barriera di ci che subito visibile non dovrebbe
essere difficile spingere oltre lanalisi, per rilevare con sincerit quel che il soggetto prova dentro di s o ha
provato in quella precisa circostanza, quando ha ricevuto quellaffronto o si sentito emarginato. Il
sentimento una risonanza affettiva con cui la persona vive i propri stati soggettivi nel rapporto con il
mondo esterno; nasce come emozione che diviene un po alla volta stabile e pu arrivare a essere cos
intensa da diventare passione. in fondo una forma di conoscenza delloggetto o dellevento valutato in
riferimento alla propria persona; proprio per questo il sentimento profondo rivelatore del s e
delleventuale eccessivo attaccamento ad alcune realt e rifiuto di altre.
Le motivazioni
Dai sentimenti alle motivazioni, o al tentativo di identificare ci che realmente spinge il giovane ad
agire, i bisogni che sono in lui prevalenti, anche se inconsci. La motivazione il fattore dinamico -
direzionale che attiva e dirige il comportamento umano verso un obiettivo preciso, energia mirata, forza
intenzionale. ci che il soggetto vuole realmente, pur - a volte - senza intenderlo e magari in contrasto
con altri obiettivi dichiarati e... nobili. Qui il giovane deve cercare di cogliere lorientamento generale della
sua vita, di ci che intende realizzare, come emerge dalle varie motivazioni che coglie alla base del suo
essere e agire. Non basta pi, allora, la sincerit, ma occorre giungere alla verit di s.
Il concetto di s
In ogni persona il concetto di s traduce come una persona si sente, si pensa e di conseguenza si vive.
Assieme al campo percettivo e allideale di s, il concetto di s rappresenta educativamente un punto di
riferimento indispensabile per poter aiutare la concreta persona nella sua crescita. a partire da questo che
uno si lascia educare in modo efficace.
C un quadrante psichico che, come su un video, rende leggibili e comprensibili lo stato e la dinamica
dellaffettivit e della stessa identit personale. Infatti laffettivit, come pure lidentit personale, si
manifestano in particolare attraverso i sentimenti e le emozioni che la concreta persona prova. Questi
sentimenti, sensazioni psicologiche ed emozioni informano linteressato su ci che sta succedendo in lui, a
livello sia conscio che inconscio, in profondit e in superficie. Sono manifestativi di come lorganismo
psichico sta reagendo di fronte alla sua condizione interna ed agli stimoli che lo raggiungono.
Costituiscono il linguaggio non verbale del mondo interno della persona e della sua reazione a quello
esterno. Offrono informazioni molto preziose che, opportunamente percepite e decifrate, consentono un
intervento educativo adeguato. Manifestano il grado di ortopatia personale. I sentimenti e le emozioni non
sono n buoni n cattivi, non hanno rilevanza morale per il fatto che si provano. Quasi tutti accettiamo
questo in astratto. Praticamente molti ripudiano nella loro vita quotidiana ci che accettano in astratto.
Molto spesso nella nostra cultura siamo stati abituati per educazione ad ignorare o a negare i nostri
sentimenti, a fissare la nostra attenzione su altre cose. Per questo, frequentemente nelle nostre relazioni con
gli altri, ci sforziamo di prescindere dai nostri sentimenti e di non prestare attenzione a quelli degli altri.
Ognuno di noi per continua a provare costantemente diversi sentimenti che influiscono notevolmente su di
noi e sugli altri. Essi possono ampliare, come pure restringere, larea affettiva e della libert interiore,
favorendo o meno la comunicazione della persona.
Tipi di sentimenti
Ad esempio: ci sono sentimenti percepiti come positivi e gradevoli per la persona come il sentimento
di gioia, allegria, di forza, di serenit, di amore, di trasparenza, di pace, di gusto di vivere, ecc. Questi
sentimenti segnalano la presenza e lopera di realt costruttive della persona, di realt consistenti, pre senti e
attive a livello della identit profonda. Altri sentimenti sono percepiti come sgradevoli o negativi, come il
sentimento di sofferenza, di paura, di rabbia, di tristezza, di aggressivit, di perdita di tono, di colpa, di
negativit, di sofferenza, ecc. Segnalano la presenza di fattori negativi allopera, di contrazione e di strappo
di realt vitali per la persona, di situazioni conflittuali allopera.
Il gusto della verit presente in ogni persona. Il bisogno di verit istintivo. Ogni essere aspira alla
verit, ma queste aspirazioni sono spesso frenate e deboli.
Gli atti di esistenza, di presa di posizione verso ci che costituisce se stessi, di farsi avanti di fronte a se
stessi e agli altri per chi e per come si dentro rispetto alla non esistenza di s. Questa non esistenza pu
configurarsi o come alienazione di s allaltro in uno dei vari modi possibili quali la compiacenza (agire per
avere un guadagno o per evitare un danno, anzich coerentemente con se stessi), latonia di s, la
negativizzazione di s; oppure pu prendere forma nella fuga da s tramite la dominazione dellaltro, la
strumentalizzazione.
Gli atti di verit di s per chi e per come si in realt, effettivamente, rispetto alle varie forme di non
verit. Queste possono essere le forme di vergogna di s, di ipocrisia o di doppia faccia, di doppio gioco, di
illusione, di paura della verit perch dura da accettare in quanto causa di sofferenza o di fatica per
linteressato.
Gli atti di resa al reale effettuale, di accettazione per poi trasformarlo, secondo la misura del possibile,
rispetto alle varie forme di opposizione. Questa opposizione pu prendere forma di attese indebite, di
pretese irrealistiche; oppure pu configurarsi come arroccamento difensivo attorno a qualche realt
idealizzata o di rintanamento in qualche trincea difensiva inutile e dannosa.
Gli atti di umilt in base a chi e a come si effettivamente agli occhi propri come anche altrui. Questo va
fatto in superamento o della grandiosit/sublimit propria dellimmagine di s ipervalorizzata o del senso di
vermitudine proprio dellimmagine negativa.
Gli atti di presa di iniziativa rispetto alle varie forme di passivit, di rinunciatismo o di evasione nel
mondo dei sogni.
Gli atti di amore/generosit rispetto o agli atti di grettezza, di piccineria, di egoismo o di paternalismo
invadente.
Gli atti di accoglienza dellaltro cos come , come anche dei suoi doni, rispetto alla pretesa di
autosufficienza, di autonomia difensiva o di dominazione dellaltro in uno dei vari modi.
Lurgenza e lesagerazione. La stima di s carente causa una spinta peculiare di urgenza ed esagerazione.
Le false aspettative. Linconscio crea false aspettative. Quando uno ha bisogno, si attende una risposta
qualsiasi ad esempio: cambiare luogo, mestiere, stato... Lalcolizzato cerca nel fondo del suo bicchiere la
soddisfazione delle proprie frustrazioni... Il bisogno inconscio ha una specifica caratteristica che non
soddisfabile. inutile cercare di soddisfare il proprio bisogno di essere stimati facendo straordinarie opere
di carit. da dentro che bisogna cambiare.
I circuiti ripetitivi: Vi sono alcuni schemi di ricorrenza che, come un copione da seguire, si ripetono
puntualmente. Essendo linconscio per definizione non conoscibile, impossibile per linconsistente
imparare dallesperienza, per cui condannato a ripetere eternamente il problema, a meno che non
riconosca e lavori sullinconsistenza personale.
Le arbitrariet: il soggetto, quando non vincolato da schemi o strutture, reagisce in modo del tutto
arbitrario e soggettivo.
Per compiacenza: La persona accetta dati valori perch si aspetta una reazione favorevole dallambiente,
o vuole evitare una reazione sfavorevole.
Per identificazione: La persona accetta dati valori perch ci permette una relazione intensa con una
persona o un ambiente che sono ritenuti validi e gratificanti.
Per internalizzazione: I valori si assimilano internalizzandoli. Tanto pi si internalizzano i valori
vocazionali, quanto pi si liberi di accettare tale valore che porta a trascendersi teocentricamente, quanto
pi si disposti ad essere cambiati da detto valore; ed infine si fa tutto questo per amore dellimportanza
intrinseca che il valore ha in s, anzich solo dellimportanza che esso ha per me (egocentrismo).
In altri termini si ha internalizzazione quando accetto un valore di per se stesso e non per le
gratificazioni che ne possono derivare; un valore inoltre che accetto mi cambi da dentro, e mi porti a
trascendermi.
Conclusione
Proprio perch si tratta di un servizio alla fede e alla vita della concreta persona la D. Sp. necessita di
poggiare anche una corretta antropologia che metta a fuoco le caratteristiche imprescindibili e i dinamismi
che agiscono sulla libert e sui processi decisionali, anche vocazionali.
Occorre dunque ricuperare lunit costitutiva di spirito, anima e corpo, evitando riduzionismi e
parzialit dallalto e dal basso che porterebbero a discernimenti altrettanto riduttivi e parziali. A loro volta
sarebbero incapaci di attivare pienamente la fede, la libert, il desiderio, gli appelli alla realt, dimensioni
che sostengono la risposta umana alla chiamata di Dio.
In questo itinerario la mediazione e il ruolo della G. Sp. sono decisivi sia perch il rapporto tra il
chiamato e la risposta, tra polo oggettivo e polo soggettivo, resti equilibrato, sia perch vengano conosciute,
riconosciute e rispettate le dimensioni costitutive della persona umana. Perci necessario far emergere il
vero s tramite unopera di liberazione e di integrazione della mente, della volont, del cuore e delle forze
personali.
Note
1) Cfr. SOVERNIGO GIUSEPPE, Educare alla fede, come elaborare un progetto, EDB Bologna 1995 i cc. II. Una concezione
adeguata delleducazione alla fede; pp. 29-52; e III. Formazione spirituale ed educazione allortopatia, pp. 53-83; Cfr. GARRIDO
JAVIER, Educare la persona, larte di personalizzare leducazione, Emp Padova 1995, pp. 17-32. Cfr. CAZZANIGA ANGELO,
Educazione alla vita spirituale: scelta di fede e cammino vocazionale, in Educare i giovani alla fede, Ancora Milano 1990, pp. 165-
185; Cfr. CORNATI DARIO, Per un approfondimento della categoria di appropriazione, in Il seme e la terra buona, giovani e
fede: per un cammino di appropriazione, Ancora Milano 1993, pp. 55-70.
2) Cfr. CENCINI A., MANENTI A., Psicologia e formazione, strutture e dinamismi, EDB Bologna 1985 pp. 111-152;
RAVAGLIOGLI ALESSANDRO, Psicologia, Piemme Alessandria 1992, pp. 205-221.
3) Cfr. CENCINI A., MANENTI A., Psicologia..., pp. 205-213.
4) RULLA LUIGI, Struttura psicologica e vocazione, motivazioni di entrata e di abbandono, Marietti 1977, pp. 39-41. KERNBERG
OTTO, Teoria delle relazioni oggettuali e pratica psicanalitica, Boringhieri Torino 1980, pp. 118 - 119.
5) CENCINI A, MANENTI A., Psicologia..., pp. 127-128.
6) Cfr. CENCINI AMEDEO, Liberazione dellio, in Testimoni 6 ( 1997), p. 6.
7) CENCINI A, MANENTI A., Psicologia... o.c., pp. 129-131.
8) Cfr. CHARRON JEAN MARC, Da Narciso a Ges, la ricerca dellidentit in Francesco dAssisi, Emp Padova 1995, pp. 135-150.
Cfr. VAN KAAM ADRIAN, Religione e personalit, La scuola Brescia 1972, pp. 133-205; Cfr. GODIN ANDR, Psicologia delle
esperienze religiose, il desiderio e la realt, Queriniana Brescia 1983, pp. 181-227.
9) Cfr. CENCINI AMEDEO, Alla scoperta dellio, in Testimoni 4 (1997), pp. 3-5.
Il discernimento come vigilanza cristiana
di Amedeo Cencini, Formatore dei Canossiani
AMEDEO CENCINI
Scopo precipuo della direzione spirituale porre il soggetto in condizione di operare un discernimento
(D) oculato, cio da credente, sulla propria vita. ormai un dato acquisito: se la direzione spir. non
conduce alla capacit e al coraggio di discernere viene meno alla sua finalit essenziale. Singolare e a suo
modo inedito invece laccostamento tra D e vigilanza. Un accostamento che non frequente e che
cimpone di chiarire dallinizio il senso di quellatteggiamento virtuoso che , appunto, la vigilanza. su di
esso che vorremmo riflettere.
Pi precisamente nel testo sacro si fa riferimento al vegliare, nel suo senso proprio di rinunziare al
sonno della notte, e in quello metaforico di esser vigilante, appunto, di lottare contro il torpore e la
negligenza per giungere alla meta prefissa (Pr 8,34), cio per accogliere il Signore quando verr il suo
giorno. In sintesi, nella Bibbia, la vigilanza caratterizza latteggiamento del discepolo che spera e attende il
ritorno di Ges, che potrebbe anche tardare e farsi attendere... pi del previsto (Mt 25,1-13); consiste
anzitutto nellesser sempre allerta, e per ci stesso esige il distacco dai piaceri e dai beni terreni (Lc
21,34ss.), quella sobriet e rinuncia a tutto ci che pu distrarre dallattesa del Signore e che a volte pu
provocare una vera e propria lotta nella vita del credente. Ges, nel Getsemani, il modello della vigilanza
nel momento della tentazione, con linvito a vegliare e pregare (Mt 26,41). Altro modello quello della
chiesa primitiva in cui, come ci ricorda Paolo, esisteva la pratica delle veglie notturne di preghiera, pratica
condotta con perseveranza instancabile (Ef 6,18)1.
Da questa interpretazione del termine nella parola di Dio deduciamo quelle che potremmo considerare
le componenti di questo atteggiamento virtuoso.
Attenzione
Alla base della vigilanza c lattenzione, come espressione tipica di chi cerca un senso e una presenza
in ogni cosa. Secondo la sua derivazione etimologica, attenzione vuol dire tenere lo sguardo fisso su
qualcosa che deve venire, dunque attenderlo pazientemente e cercarlo, per poi riconoscerlo quando viene
senza distoglier da esso lo sguardo2. Nella dinamica educativa significa insegnare a rompere il flusso
continuo e irriflesso degli avvenimenti che si succedono nella giornata con ritmo monotono e ripetitivo;
frapporre e insegnare a frapporre un intervallo fra stimolo e risposta, fra azione e reazione, per elaborare
una risposta che non sia automatica, qualcosa che appare sul proprio schermo senza averlo voluto
realmente, inevitabile risultato di dati memorizzati e mai calcolati.
Lattenzione, allora, intelligenza, capacit di intus-legere, di guardar dentro le cose e le persone,
oltre lapparenza spesso fallace, con intuito acuto; di conseguenza lattenzione anche alla base
dellatteggiamento contemplativo, e della possibilit di capire e intuire, di meravigliarsi e di godere, di
assaporare il gusto e la novit della vita, ma pure di afferrare la complessit e drammaticit misteriose di
certi risvolti esistenziali. Solo chi attento pu dire desser soggetto del suo vivere e, allo stesso tempo,
diviene capace, come un radar sensibilissimo, di captarne i molteplici messaggi, lasciandoli risuonare nelle
profondit del suo io. Per lui ogni avvenimento, anche quello imprevisto e sgradito, carico di senso e
denso di sacralit, anche se spesso senso e sacralit sono nascosti e vanno cercati, perch parte del mistero
del vivere umano3. Esser attenti, infatti, significa cogliere la realt umana come dimora del divino, luogo
teologico in cui simpara a incontrare Dio, ad ascoltarlo e pregarlo. Lattenzione, allora, non pi solo
attivit psichica, ma azione delluomo spirituale. Come tale, e per la complessit di ci che significa, deve
essere oggetto di educazione: lattenzione, lasciata a se stessa, selettiva e parziale, spesso superficiale e
poco intelligente, va dunque educata e formata per favorire un discernimento adeguato4.
Sobriet
Nella misura in cui la persona attenta, pure completamente presa dalloggetto dellattesa e protesa
verso di esso. Simpone, allora, la rinuncia a tutto il resto, o a tutto ci che non sidentifica con
quellobiettivo o gli addirittura opposto; oppure la capacit di staccarsi da quanto, in s funzionale come
traguardo intermedio a quellobiettivo finale, rischia di prenderne il posto ponendosi al centro degli
interessi dellindividuo. Esser sobri non vuol dire semplicemente avere abitudini spartane di vita o
accontentarsi di poco o del minimo, ma -in buona sostanza- esser fedeli a ci che si attende, resistendo alla
facile tentazione di riempire lattesa con surrogati vari che in qualche maniera ne leniscano lasprezza, o
riempiano la solitudine, distraendo in tal modo lattenzione dallobiettivo originario. Anche nel cammino
della ricerca di Dio c una sobriet da rispettare, o unassenza di Dio che va vissuta fino in fondo se
davvero si vuole incontrarLo. Anzi, come dicono i Padri (grandi conoscitori di queste leggi della vita
spirituale), il Signore stesso si rende assente o non ci esaudisce o ci fa attendere a lungo quanto gli
chiediamo proprio per purificare la nostra richiesta o la nostra stessa sete e fame di Lui e poi renderla
ancora pi intensa5.
Sobriet, allora, vuol dire capacit di attendere, di attendere e... tener duro, continuando a cercare e
sperare, anche se e quando loggetto atteso sembra allontanarsi o non farsi pi trovare nei luoghi soliti.
Desiderio
Colui che vigilante mosso e animato da un desiderio che diviene sempre pi grande. C una bella
immagine nella Scrittura che dice lintensit dellattesa quando il desiderio forte: nel salmo 130, ove per
dire lattesa e il desiderio di Dio il salmista ricorre allimmagine delle sentinelle che nella notte, lunga e
fredda, attendono laurora (cfr. Sal 130,6). Di fatto spesso colui che cerca Dio raffigurato come colui che
veglia e cerca e attende nella notte. Non si pu vegliare se non si sorretti da un desiderio grande, e daltro
canto il vegliare aumenta e rinforza il desiderio. Oggi, per certi versi, ci troviamo di fronte a uninversione
di simbologia: la notte, vogliamo dire, sta diventando il tempo della devianza, della trasgressione,
dellalternativa alla normalit, della voglia devasione da una realt priva di desideri, della ricerca di
eccessi in una vita divenuta piatta... La notte, allora, non pi vigilanza, desiderio di qualcosa o qualcuno,
non pi rispettata nel suo silenzio, nella sua quiete, nelle sue tenebre, nel suo mistero, nel suo velare e
svelare la realt, nel suo precedere e preparare la luce... Tutto questo come bruciato in una consumazione
frenetica di qualcosa dimmediato, in unimpazienza che non sa pi attendere e che non ha pi nulla da
desiderare. Significativa la breve parabola con cui Bianchi descrive il senso della vocazione monastica o
della consacrazione a Dio in questo mondo... notturno. I monaci sono come quelle persone che, nel
momento culminante di una festa gioiosa, si sentono irresistibilmente attratti fuori nella notte, perch
capiscono che queste feste sono solo una pregustazione della festa di Dio che deve venire 6. In quellessere
irresistibilmente attratti nascosto il senso del desiderio che rende vigilanti.
Memoria
Ancora, la vigilanza dice attesa di qualcosa, protesa verso il futuro, ma fatta di memoria.
Fondamentalmente perch pu attendere solo chi ha fiducia e sa sperare proprio perch il suo passato gli
dice... che ne vale la pena, che lattesa viene premiata, che la fedelt e costanza del desiderio di solito
hanno buon esito, che ci si pu fidare della vita, degli altri, del tempo, che lattesa e il rinvio spesso
rendono pi intensa la gioia per lobiettivo raggiunto. La costanza della ricerca vigile possibile solo per
chi ha gi sperimentato la possibilit di cercare e il gusto di trovare. Chi non riconciliato col suo passato
guarder con sottile diffidenza e paura il suo futuro; o sar vigilante per difendersi, per tenersi stretto tra le
mani quel che ha conquistato, non per aprirsi al futuro stesso o scrutarvi gli appelli della vita, tanto meno
per riconoscere in esso la sua propria identit. Con una sola parola potremo dire che solo la persona grata
nei confronti del suo passato potr esser autenticamente vigilante al presente.
Discernimento
Infine la vigilanza conduce al discernimento, o alla capacit di discernere, che in sostanza consiste nel
saper riconoscere ci che si atteso pi o meno lungamente e nel saperlo scegliere con unazione
coerente. importante sottolineare che il D, o lelemento che lo suscita o che diviene oggetto dun D pi o
meno decisivo, fa parte di quel pi generale atteggiamento virtuoso che la vigilanza; non capita dunque
improvviso, come qualcosa che brilla duna evidenza intrinseca che elimina ogni dubbio e di fronte al quale
un certo D si pone come inevitabile per qualsiasi persona. Al contrario il vero D ha sempre una sua storia o
preistoria, preparato da specifici atteggiamenti e disposizioni dellanimo, faticoso, procede per dubbi e
interrogativi, attraversa alti e bassi, momenti dadesione entusiastica e di paure e reticenze, specie se il D
riguarda una scelta che compromette tutta una vita com il discernimento vocazionale (DV).
importante ricordare che quanto abbiamo ora visto su un piano teorico, o queste componenti
atteggiamentali della vigilanza, fanno parte anche dun percorso pedagogico che conduce lentamente alla
decisione vocazionale. Limpressione, infatti, che molto spesso il DV sia qualcosa di piatto e anemotivo,
o di puntuale e immediato, da attendere o da trovare gi pronto, e non qualcosa che deve esser lentamente
preparato attraverso un paziente cammino daccompagnamento. E proprio per questo sono cos rari gli
autentici discernimenti vocazionali, quelli, cio, che giungono allazione corrispondente! Preparare
adeguatamente un D significa educare allattenzione, alla sobriet, al desiderio, alla memoria..., con tutto
ci che significa la formazione in queste aree della personalit. impossibile e ingenuo pretendere che un
giovane possa fare un autentico DV se prima non stato aiutato ad assumere un atteggiamento vigi lante, e
dunque attento, sobrio, desiderante, grato nella memoria, libero di decidersi, capace di scegliere... La realt
piena di segni e segnali, di segni dei tempi e di segnali della storia di tutti i giorni, di provocazioni e
appelli che dovrebbero scuotere chiunque e far capire lurgenza del por mano al proprio futuro, la
drammaticit duna situazione che chiede a ognuno di farsene carico. Ma sono cos pochi i giovani che
sanno percepire, o che sono aiutati a percepire segni e segnali, a esser vigilanti, e ad agire di conseguenza.
O sono come le vergini sciocche della parabola, che vanno incontro allo sposo, hanno un certo interesse,
prendono parte alla festa, ma non hanno lolio di riserva per la lampada, non sono adeguatamente preparati
a vegliare, a tener duro, a sperare, ad agire, a rischiare...
Noi siamo come naufraghi sulla zattera. Passer una nave a salvarci o il mare ci inghiottir?
Qualcuno si mostra sicuro della salvezza. Qualcuno pensa che tanto vale buttarsi subito ai pesci, senza
soffrire di pi. Altri, e sono i pi, organizzano alla meglio, anche litigando, il razionamento del poco di
acqua e di cibo e alzano ogni segnale per poter essere avvistati. Chi avr ragione? Per il momento, ha
ragione chi mantiene possibile il futuro, evitando tanto lillusione quanto la disperazione. Ha ragione ora,
anche se alla fine dovesse verificarsi la previsione disperata. Forse la nave non passa, ma se passa deve
poterci avvistare e trovare vivi (...) Se non attendo, non veglio, non cerco e non offro, non posso trovare n
ricevere. Solo se laspetto, la nave mi vedr. Anzi, passer soltanto per chi scruta lorizzonte 7.
Proprio a questo mira la direzione spirituale, ad aiutare i giovani a scrutare lorizzonte della loro vita
e del loro futuro, perch non finiscano come naufraghi alla deriva...
LIBERT DAPPASSIONARSI
Facciamo ora un passo avanti, e domandiamoci come lo stato di vigilanza, in quanto virt cristiana,
possa liberare la capacit di decidersi in prospettiva vocazionale. Scopo di questo paragrafo, dunque,
ancora una sorta di spiegazione dei termini, ma anche - al tempo stesso - il tentativo di avviare una proposta
metodologica circa la sollecitazione della decisione vocazionale. Molte volte i nostri ragazzi e giovani si
lasciano ben condurre nel cammino spirituale, ma poi sarrestano, quasi colti da un improvviso attacco di
paralisi, dinanzi alla decisione da prendere. La vigilanza non dovrebbe ben disporre, labbiamo or ora
ricordato, proprio alla capacit di prendere una decisione sulla propria vita? Vediamo in che modo, o
almeno puntualizziamo bene i termini della questione. Lo faremo in modo schematico, partendo dal
presupposto che la formazione alla vigilanza dovrebbe liberare progressivamente la libert dappassionarsi
per qualcosa. Attraverso questi cinque passi progressivi.
Libert convertita
Anzitutto la vigilanza diventa passione solo se si libera, anzitutto, il giovane da quanto glimpedisce di
coinvolgersi intensamente e di consegnarsi a qualcosa che lo supera, la passione, infatti, prima di tutto
una libert convertita. Pensiamo oggi alle tante paure che inibiscono nel giovane la capacit di fare grandi
scelte; i giovani doggi vivono di paure, quasi mai confessate, neanche a se stessi, anzi, spendono una mole
incredibile denergie per fingere il contrario e mostrarsi disinibiti.
Libert trascendente
Leducatore deve avere il coraggio di proporre un grande ideale, che il giovane stesso sente e deve
sempre pi sentire come bello e ricco di prospettive, alla sua portata ma anche molto esigente, massimale
nelle richieste, anzi al di l delle sue capacit; la passione, in questo senso, la libert di andare al di l di
se stessi perch affascinati da qualcosa di bello, una libert trascendente. In una cultura che ha smarrito il
senso e il gusto della bellezza, lanimatore vocazionale un marziano che corre il rischio, pensate un po,
di proporre una scelta motivata solo dalla sua bellezza. E invece no, niente marziani, ma semplicemente un
credente che ha fatto davvero lesperienza stellare della bellezza dellappartenere completamente a Dio, e
tale esperienza vuol condividere.
Libert responsabile
Questo ideale, ancora, deve corrispondere a un progetto che non solo in funzione della persona e non
si ferma al diretto interessato, ma sestende agli altri, apre la sua vita e il suo essere al rapporto, fino a farlo
sentire responsabile non solo di s, ma anche degli altri; la passione, da questo punto di vista, una libert
che si fa carico di altri, una libert responsabile. Si pensa ancora troppo alla vocazione come a una scelta
soggettiva, in funzione della propria perfezione o in vista della propria realizzazione in prospettiva un po
narcisista. Tutto ci vero, ma di solito attrae molto poco proprio perch luomo non fatto per pensare
solo a se stesso, molto pi avvincente, invece, la proposta di uscire da s per farsi carico degli altri.
Libert vera
Altro aspetto essenziale per liberare la passione il raccordo tra libert e verit quale si gioca
nellideale vocazionale. II quale rappresenta qualcosa di nuovo e misterioso, d al giovane la possibilit di
essere se stesso, ma al tempo stesso gli svela la parte inesplorata della sua personalit, del dono ricevuto,
della vita stessa, e proprio per questo lattira ancor di pi. La passione, in ultima analisi, libert illuminata
dalla verit, non sregolata, libert impazzita o che ti fa andare dove ti porta il cuore, ma obbedienza alla
verit, libert vera. Se la libert non obbedisce alla verit pu schiacciarvi, ha detto recentemente ai
giovani romani il Papa, la libert deve essere guidata dalla verit 8. La vigilanza il cammino di una
libert che cercando verit nellideale vocazionale diventa passione.
Libert attiva
Infine, lideale va vissuto, il giovane va provocato ad agire, a sperimentare sulla sua pelle la ricchezza
dellideale, a riconoscere in esso i tratti della sua identit, a trovare la sua personale strada per giungere a
viverlo e testimoniarlo, a scoprirlo come fonte di beatitudine, per s e per gli altri; la passione, in tal senso,
una libert diventata azione. difficile o impossibile, appassionare senza stimolare a fare unesperienza
diretta. Il modello della virt cristiana della vigilanza il servo che attende il padrone in modo operoso,
dandosi da fare, vivendo ogni istante come tempo possibile della sua venuta, proprio perch lora in cui
verr avvolta dal mistero (cfr. Mt 24,45-51), e cos ogni ora buona per la proposta vocazionale.
La direzione spirituale dovrebbe disporre a questo tipo di vigilanza, cos intesa, o a una libert che apre
il cuore alla passione. Allora la decisione vocazionale pi vicina...
VIGILANZA E ACCOMPAGNAMENTO VOCAZIONALE
Vediamo allora come realizzare questo tipo di accompagnamento perch sia davvero vocazionale.
Partiamo da un presupposto che abbiamo prima menzionato: il D non azione puntuale, che sesaurisce nel
momento in cui si compie, con un inizio e un punto terminale ben identificabili, ma stile dellesistenza
cristiana, espressione dun atteggiamento credente, conseguenza naturale e del tutto inevitabile duna
disposizione interiore costantemente aperta e protesa sul mistero della volont di Dio. Imparare (o
insegnare) a discernere, allora, vuol dire, n pi n meno, imparare a credere; attraverso le scelte
quotidiane, piccole o grandi che siano, che alimentiamo lorganismo credente e manifestiamo la vitalit del
credere. In una giornata, sar bene ricordare, sono migliaia le scelte che noi facciamo, ma la maggioranza
di esse non sono consapevoli, purtroppo, sono automatiche; non sono occasione di crescita, ma espressione
duna certa inerzia psicologico-spirituale; non dicono vigilanza dellanimo, attento nel cercare il Signore
che viene, ma disattenzione dello spirito distratto dalle cose e dalle preoccupazioni della vita. Sono
pochissime le scelte credenti in una giornata!
importante, allora, che la guida conosca un metodo preciso o dei modelli attraverso cui egli stesso ha
imparato a crescere in una fede vigilante che sa discernere, e sa ora come accompagnare il giovane nella
medesima crescita che lo conduca a scoprire la strada che il Signore gli sta tracciando. Io sono molto
convinto che oggi vi siano molti sacerdoti e religiosi/e che vorrebbero aiutare i giovani nel loro cammino
spirituale, sono disponibili e desiderosi di fare direzione spirituale, ma poi - e non vorrei che alcuno
soffendesse - non sanno bene che metodo usare, o dopo i primi incontri hanno limpressione daver
esaurito le cose da dire e rischiano di ripetere le solite cose, o non hanno alcuna proposta precisa, alcun
cammino pedagogico, con tappe intermedie e finali da indicare. Forse proprio per questo che la direzione
spir. pi chiacchierata, raccomandata, analizzata... che concretamente praticata. Con le conseguenze
negative che sappiamo per quanto riguarda lanimazione vocazionale, legata per natura sua a questo
servizio. Altro punto debole: molti in questa situazione saffidano al fai-da-te dello spirito, al bricolage
pedagogico, tirando a indovinare o inventando percorsi e metodi; come non vi fosse una certa oggettivit
anche per quanto concerne il metodo, e questi fosse affidato totalmente allimprovvisazione della guida o al
suo presunto istinto spiritual-pedagogico. La questione del metodo, al contrario, centrale nella vita
delluomo e in qualsiasi progetto di crescita, anzi, spesso lavere o il saper proporre un buon metodo la
miglior conferma o la prova dellautenticit del proprio cammino.
Proponiamo, in concreto, allora, tre modelli di crescita nella e della fede. Nulla di trascendentale o
particolarmente originale, ma neppure di generico e puramente ripetitivo. I modelli che ora proponiamo
vorrebbero rispondere allesigenza di prevedere un cammino mirato di maturazione delladesione credente
che porti per natura sua, come un frutto tipico di questa maturazione, alla decisione vocazionale. Per questo
motivo tali modelli toccano aree strategiche della maturit o del processo di maturazione del credente, da
ci che lo determina (il suo punto di partenza) sul piano oggettivo, a ci che ne rappresenta lesito sul piano
personale soggettivo, da ci che lo sostanzia e vivifica a ci che lo provoca e sfida. Pi in particolare,
perch latto di fede sia tale da determinare la decisione vocazionale crediamo che debba
seguire un percorso logico-lineare, con un punto di partenza e darrivo, lungo unevoluzione che lo
faccia crescere attraverso tappe precise intermedie e con un cibo che lalimenti (non basta affidarsi alle
intuizioni o agli entusiasmi del momento);
mettere insieme o coniugare continuamente laspetto oggettivo-normativo con quello soggettivo-
esistenziale (il pericolo quello di continui sbilanciamenti);
viverlo come atto totalizzante, rivolge un appello a tutte le facolt umane, cuore, mente, volont,
sensibilit, memoria (dalle esperienze unilaterali-parziali derivano tutte le varie illusioni su Dio).
Il DV come atto umano psicologico-spirituale sar la risultante di questo processo complesso, che in
ultima analisi esprime il pieno concetto di vigilanza nella e della fede. O, quanto meno, attraverso tale
processo crediamo dindicare anche un progetto di preparazione almeno remota al DV, e a un DV che non
si risolva in una considerazione astratta o in una valutazione teorica, ma che giunga al coinvolgimento
esplicito dellazione.
Sono i modelli che chiameremo genetico (o mariano), dinamico (o paolino) e storico-biblico (o
autobiografico)9, per dire come il DV sia espressione duna adesione credente che
nasce e rinasce ogni giorno dalla Parola, e dalla Parola del giorno, letta e vissuta negli eventi quotidiani;
ritrova forza e stabilit nellesercizio sempre quotidiano delle articolazioni vitali essenziali della fede, nel
rapporto tra dinamismi del credere e verit creduta;
diviene sempre pi personale e personalizzata attraverso la scoperta e la memoria della presenza di Dio
nella storia passata del credente.
Si tratta, anzitutto, di educare il giovane a ritrovare il punto di partenza e normativo dellatto credente,
costituito dalla Parola di Dio. Ma, al tempo stesso, si deve anche formare il giovane a una fede che non
pretenda subito cambiare la vita e stimolare grandi decisioni, ma a una fede semplice e feriale, capace
sempre pi di tessere la trama dei giorni, attraverso le piccole scelte dogni giorno e nelle attivit
quotidiane, una fede che diventa sempre pi stile ordinario di vita. Daltro canto nellordinariet del
quotidiano che la fede trova il suo ambiente e pure il suo alimento naturale.
Maria ci sembra limmagine ideale di questo modo di credere, semplice e tenace, di fede che nasce e
rinasce ogni giorno dalla Parola e si realizza nellevento, e grazie al potere della Parola-evento unifica la
vita e i dinamismi vitali della persona. Quando la fede che unifica la vita si sono create le premesse per
una certa disponibilit vocazionale con relativo discernimento.
Per arrivare a questo occorre che il giovane impari lentamente a stabilire un particolare modo di vivere
il rapporto con la Parola-del-giorno, come una disciplina del rapporto con Dio. E siccome ogni disciplina
suppone un metodo, la guida deve saper dare unindicazione precisa e articolata. Ogni giorno, infatti, ci
data una Parola, come la manna che nutr un tempo Israele, e che nutre oggi nella liturgia del giorno la
comunit dei credenti. Questa Parola va
attesa e desiderata, anzitutto, con la stessa ansia - come ricordavamo prima - con cui le sentinelle
aspettano il mattino (Sal 119,148);
e poi accolta e riconosciuta dal giovane, nella preghiera mattutina, come la rivelazione progressiva e
quotidiana della propria, identit;
di questa manna, data per la razione dun giorno (Es 16,4), egli deve imparare a nutrirsi con avidit,
quasi divorandola, come il veggente dellApocalisse che ne sperimenta assieme la dolcezza e lamarezza, la
bellezza e la violenza (cfr. Ap 10,8-11).
Ma la lectio non sesaurisce nella meditazione mattutina, essa continua lungo il giorno per il credente che
impara a custodire e conservare come un tesoro la Parola, in tutto quel che fa, per esser a sua volta
custodito e posseduto dalla sua potenza;
e allora sar importante che egli rimanga ben piantato in essa, affinch la Parola sia la radice dogni gesto,
parola, pensiero, progetto...;
che apprenda a discernere sempre tutto, anche limprevisto, alla sua luce per conoscere e imparare a
desiderare i desideri di Dio.
A questo punto, lentamente e sommessamente, la Parola si compie nelle cose dogni giorno, un po come
s compiuta nel grembo di Maria, non certo in modo automatico e subito visibile;
e allora necessario che il giovane, al termine della giornata, riprenda la Parola-del-giorno per
riconoscere e contemplare i segni della sua incarnazione, per quanto piccoli e discreti;
ma anche per renderne grazie al Padre, e per scoprire, nellesame di coscienza, quanto in s ha impedito
questo pieno compimento della Parola stessa. Cos la giornata progressivamente sunifica attorno alla
Parola, e il giovane impara a costruire la sua unit di vita attorno alla Parola.
un esercizio lungo e paziente, qualche giorno sembrer anche infruttuoso, ma se la guida sa
accompagnare e stimolare con la pressione giusta, la Parola-evento si compie, il giovane impara il gusto di
scoprirla nella sua vita, ma scopre soprattutto che essa che unifica la sua persona e d una direzione alla
sua vita. Sentire e scoprire questo gi entrare nella docibilitas vocazionale o nello stato di vocazionabilit,
nella vigilanza di chi ha imparato a lasciarsi chiamare ogni giorno da una Parola che sa rivolta a s e di
fronte alla quale si sente respons-abile, non solo capace di risposta, ma tenuto a dare risposta.
E non diciamo, per favore, che questo metodo troppo difficile per il giovane doggi. Il modello
genetico della fede cammino normale e normativo per tutti i credenti, dovrebbe esser regolarmente
proposto come universale via alla fede. E noi sappiamo bene che lanimazione vocazionale ben concepita
ed efficace solo quando inserita allinterno duna pastorale dinsieme, solo quando animazione rivolta a
tutti, sui valori fondamentali del vivere da credenti.
Modello dinamico (paolino)
Il secondo dinamismo, o esercizio che contribuisce a render la fede forte e capace di DV, lo possiamo
dedurre dallesempio di Paolo, e dal suo stile di credente intraprendente e operoso, che vive la fede come
un fatto dinamico, come passione che investe con la sua energia ogni azione. Nellopzione credente, infatti,
vanno distinte due componenti: una statica e laltra dinamica. Quella statica legata alla fede come atto di
adesione, soprattutto mentale, a un insieme di verit rivelate; quella dinamica connessa invece a tutte
quelle operazioni che esprimono la fede e ne dicono la natura, al tempo stesso rendendola sempre pi
coraggiosa e convincente. La componente statica di solito non crea problemi particolari; lopzione di fede
nei confronti dun certo nucleo di verit, una volta fatta, viene mantenuta e magari riespressa nel credo
domenicale senza assolutamente batter ciglio n avvertire alcuna emozione particolare per ci che si sta
dicendo o ripetendo in modo anonimo e incolore. La componente dinamica molto meno oggetto di
attenzione, e forse non tutti sanno nemmeno in cosa consista. Eppure il segreto per credere conciliare in
modo puntuale e creativo le due componenti, in una osmosi salutare; ed pure lesercizio cui sottoporre la
fede del giovane, spesso pi statica che dinamica, solo domenicale e troppo poco feriale.
In concreto: latto di fede sesprime in alcune articolazioni o attivit tipiche, come delle dimensioni del
credere, distinte tra loro e pure strettamente collegate. Tali articolazioni sono: la consapevolezza grata della
fede come dono e la libert di continuare a ricevere tale dono, la fede come preghiera e celebrazione, la
fede vissuta e tradotta in opere, la fede studiata e compresa, la fede condivisa coi fratelli credenti, la fede
annunciata a tutti. Credere vuol dire metter in atto tutte queste operazioni: luna legata allaltra in un
rapporto di reciprocit complementare, tutte assieme irrobustiscono latto di fede e rendono la vita coerente
con esso, in ogni momento e in ogni scelta, piccola o grande che sia, che riguardi il presente o il futuro; se
ne manca qualcuna, invece, di queste articolazioni, latto di fede sindebolisce e lorganismo credente
diviene monco, al punto che non sar capace di prendere alcuna decisione in quanto credente. Diciamo che
quando le articolazioni della fede sono rispettate nasce un atteggiamento di base di vigilanza, da cui poi
pu nascere - a sua volta - un DV; diversamente, se elemento statico e dinamico non sincontrano, scade il
livello di vigilanza e attenzione dellindividuo, e con esso viene fortemente meno ogni possibilit di
opzione credente sulla propria vita.
Nella formazione giovanile, allora, e nella direzione spir., necessario facilitare e provocare questo
raccordo, stimolando il giovane, ancora una volta, a osservare la disciplina intrinseca dellatto credente, e
dunque, in concreto, a pregare-celebrare ci che crede, a tradurlo in gesti concreti e originali, a cercare di
capirlo con la fatica dello studio o comunque con lapplicazione diligente della mente, a condividerlo nella
comunit dei credenti, ad avere il coraggio dannunciarlo, nella catechesi o anche al di fuori della comunit
credente. sempre lo stesso contenuto, allora, e proprio questa la peculiarit di questo metodo, che non
solo creduto con la mente ma contemplato, pregato, gustato, raccontato, scrutato, personalizzato, spremuto
nella sua ricchezza, forse anche sofferto..., qualcosa che si salda con tutta la vita, la valuta pregiata che
circola liberamente nelle diverse aree della personalit, la dracma da ritrovare in continuazione e da metter
sempre pi al centro dellesistenza. La fede forte e bello credere se tutto luomo che crede, con il
cuore, con le mani, coi piedi, con la fantasia, di giorno e di notte, nellabbondanza e nellindigenza, nella
vita e nella morte... Il DV espressione di questa fede totale e totalizzante.
Dal modello mariano e paolino passiamo a quel modello di cui ognuno di noi dovrebbe esser esperto,
perch legato intimamente allesperienza di vita che ogni essere umano conduce sulla terra. La fede, infatti,
non nasce dal nulla o da unadesione a occhi chiusi a una verit che ci supera o a un mistero per altro
irraggiungibile, ma da una constatazione, o da una lettura in profondit, che va al di l del dato subito
visibile per cogliere dietro a esso una presenza che gli d un significato, una logica di coerenza e
provvidenza... Cos il cristiano crede nella paternit di Dio: perch vede e verifica tale paternit nella sua
propria esistenza. La vita passata diventa allora il luogo di questa lettura illuminata dalla fede ma che porta
anche a una maturazione nella fede stessa; potremmo addirittura dire che la propria storia la prova pi
convincente, perch la pi personale, della presenza di Dio e dun Dio non neutro e... uguale per tutti, ma
con un volto, un atteggiamento, una parola, un gesto che il credente sente rivolti a s, inconfondibili e
irripetibili. Questo esercizio della lettura del vissuto, come abbiamo gi avuto modo di dire in questi
incontri, importante per la conoscenza che il soggetto deve avere di s, per lintegrazione del suo passato
e di certe ferite desso, per lapprendimento di quella memoria biblico-affettiva che consente di ricordare
ci che Dio ha fatto nella storia delluomo attraverso tante mediazioni umane e in ogni circostanza di vita,
anche quelle pi dolorose. E se la vigilanza fatta anche di memoria, come abbiamo detto prima, allora
questa disciplina della memoria diventa importante per esser vigilanti e saper discernere sulla propria vita.
Anche qui, allora, c una disciplina da apprendere o un metodo in cui esercitarsi, per imparare questa
lettura credente in modo sistematico, attraverso limpiego di precise categorie bibliche che consentano di
cogliere nella propria vita il compimento duna autentica storia di salvezza. Categorie bibliche sono quegli
eventi centrali della vicenda dIsraele, la storia-madre dogni storia di salvezza, che il credente impara
progressivamente a riconoscere anche nella misura piccola e limitata della sua esistenza: ad esempio
lelezione, la prova, la caduta, la schiavit, la liberazione, il mar rosso, il deserto, la manna ecc. Leg gere
cos la vita vuol dire riscoprire le innumerevoli seduzioni e attenzioni divine di cui si stati oggetto. Ma
vuol dire, soprattutto, ritrovarsi dinanzi allesigenza di scegliere, come Israele, continuamente posto di
fronte alla via del bene e del male. La chiamata unaltra importante e centrale categoria biblica;
impossibile leggere la propria storia e non cogliervi i segni continui del Dio-che-chiama10.
Ma importante usare anche alcune categorie psicologiche in questa lettura-scrittura del vissuto: ci
riferiamo in particolare alle categorie della riappropriazione e dellintegrazione, attraverso le quali il
soggetto riconosce, anzitutto, come parte di s e del mistero dellio quanto accaduto nellavventura
esistenziale, anche se di segno negativo, non lo nega n lo rimuove dalla memoria; ma neppure lo subisce
come un destino irreparabile, bens cerca di coglierne il senso profondo, spesso non subito comprensibile,
n identificabile con il senso apparente, fino al punto di dargli un significato originale, in modo libero e
responsabile, coerente con le proprie convinzioni e con la propria fede. proprio con questo atteggiamento
che luomo manifesta la sua libert e cresce nella fede: luomo libero fino al punto di dare significato al
suo passato, il quale non mai passato del tutto, ma l, sempre presente, che attende di ricevere un
significato. La fede esprime esattamente tale libert responsabile, segno della dignit altissima delluomo, il
quale solo a questo punto, per, diventa soggetto della sua esistenza, quando si riappropria del suo esistere
gi trascorso, comprese le eventuali ferite, inserendolo in un contesto armonico di significati. Luomo pu
anche non esser responsabile del suo passato e delle conseguenze negative desso, ma in ogni caso
responsabile dellatteggiamento che assume ora di fronte a esso, o del significato che liberamente gli
attribuisce. Daltro canto, raramente gli eventi della vita si lasciano subito interpretare, appena accadono,
nel loro senso pi profondo, la spiegazione duna vita la storia stessa di quella vita 11; ovvero, molte
volte il sguito degli avvenimenti successivi che d senso e coerenza a qualche evento incomprensibile o
difficile da interpretare e accettare. Anche la fede non fa eccezione a questa norma: la lezione che ci viene
ancora una volta da quella pellegrina nella fede che stata Maria, che cinsegna a custodire in cuore
quanto avvolto dal mistero, nella certezza serena che verr il momento della luce. come se il modello
genetico della fede potesse applicarsi non solo allarco duna giornata, ma di tutta la vita. E tutto
contribuisse a evidenziare quella certezza e verit consolantissima che come il versetto responsoriale di
quel lungo salmo personale che la propria biografia: Dio mi sempre stato padre e madre in ogni istante
della vita, e continuer a esserlo... la legge della costanza delloggetto, secondo la psicologia, o della
fedelt di Dio, narrata in ogni storia umana. Il giovane che impara a legger cos il suo vissuto, cresce nella
fede e apprende soprattutto un metodo prezioso per esser sempre pi se stesso, soggetto del suo esistere e
reso sempre pi vigile. Attento al dono della vita e deciso a rispondere da credente al dono della vita.
Note
1) Cfr. M. DIDIER, Vegliare, in X. Leon-Dufour (a cura di), Dizionario di Teologia biblica, Casale M.1984,1343-1345.
2) Cfr. G. DEVOTO, Attenzione, attendere, tendere, in Idem, Avviamento alla etimologia italiana. Dizionario etimologico, Firenze
1968, pp.33, 427.
3) Cfr. M. DEL BOSCO, S. DE GUIDI, Lattenzione come esercizio di umanit, Milano 1987.
4) Cfr. A. CENCINI, Vita consacrata. Itinerario formativo lungo la via di Emmaus, Cinisello B. 1994, pp. 194-195.
5) Cfr., ad es., GREGORIO MAGNO, Omelie sui Vangeli, Om. 25,1-2,4-5: PL LXXVI, 1189-1193;
AGOSTINO, In Epistolam Joannis ad Parthos: PL XXXV, IV, 6.
6) E. BIANCHI, Il monaco nel deserto di fronte alla citt, in Avvenire, 28/7/1995, p. 15.
7) E. PEYRETTI, C pi bene che male, in Rocca, 6 (1997), pag. 49.
8) GIOVANNI PAOLO II, in occasione della consegna del vangelo ai giovani di Roma per la missione cittadina, in LOsservatore
Romano, 22/3/1997, p. 7.
9) Cfr. A. CENCINI, Nellamore. Libert e maturit affettiva nel celibato consacrato, Bologna 1995, pp. 160-163; idem, Vita
consacrata. Itinerario formativo lungo la via di Emmaus, Cinisello B. 1994, pp. 262-265.
10) Cfr., su questo tema, A. CENCINI, Il mistero da ritrovare. Itinerario formativo alla decisione vocazionale, Milano 1997; idem, La
storia personale, casa del mistero. Indicazioni per il discernimento vocazionale, Milano 1997.
11) M. POMILIO, Il quinto evangelio, Milano 1968, p. 222.
Discernimento comunitario, direzione spirituale e vocazione
di Dino Bottino, Direttore del Centro Regionale Vocazioni del Piemonte
DINO BOTTINO
Chi ha orecchi ascolti ci che lo Spirito dice alle Chiese (Ap 2,7). Lesortazione insistita nei primi
capitoli dellApocalisse per una vigorosa revisione di vita delle sette Chiese dellAsia risuonata con
grande intensit per la nostra Chiesa Italiana in occasione del Convegno Ecclesiale di Palermo. Non era
difficile in quella occasione cogliere la portata vocazionale di un tale richiamo per tutta una chiesa in
atteggiamento di ricerca vocazionale di fronte al grande imperativo della Carit, per una nuova societ in
Italia. Ma la Parola dellApocalisse rimbalza molto attuale e feconda per ogni tipo di ricerca e di cammino
vocazionale, per il discernimento stesso di ogni dono dello spirito da accogliere e coltivare nello Spirito. In
quella circostanza, lassemblea di Palermo aveva messo laccento su un atteggiamento spirituale ben
preciso e ritenuto come condizione imprescindibile: il discernimento comunitario, spostando cos sulla
Comunit ci che abitualmente si intende come unoperazione strettamente individuale di un io che si mette
in trasparenza con un tu (laccompagnatore spirituale): questo tu deve assumere i connotati del
comunitario. Non mi pare superfluo richiamare ci che emerge da una relazione fondamentale del
Convegno a proposito del discernimento comunitario.
La Parola
La Parola come il seme che pone le condizioni e le premesse del germoglio. Il discorso non deve
ovviamente limitarsi allastratto o al principio teologico: deve misurarsi nel concreto. S. Ambrogio
guardando precisamente a questo tipo di azione nella sua Chiesa di Milano affermava che necessario
triturare le celesti Scritture fino a rendere la Parola farinosa perch si diffonda in tutte le vene dellanima
dei cristiani.
da questa seminagione ed alimentazione assidua che si diffonde una mentalit vocazionale: perch la
Parola non pu non provocare vocazionalmente...: questo precisamente il suo modo tipico di
metabolizzare; la Parola produce chiamata e suscita-sollecita la risposta. Sono note le vocazioni penetrate
nel cuore delle persone come un laser irresistibile attraverso la Parola di Dio pronunciata nella Chiesa.
Basterebbe richiamarne una fra le tante, come una bandiera: Antonio, il futuro monaco del deserto e padre
del monachesimo antico: Va, vendi quello che hai...
Ma al di l dellaccadimento eccezionale e folgorante bisogna riconoscere che proprio la densit della
Parola in circolo nelle vene della Chiesa che esprime efficacemente le vocazioni cristiane e le matura. Una
Chiesa povera di Parola diventa fatalmente una Chiesa povera di vocazioni o di vocazioni povere (fragili -
sottoalimentate).
LEucaristia
LEucaristia la forma della vocazione cristiana come lo fondamentalmente della Chiesa. Certo
abbiamo ben presente la riflessione conciliare sullEucaristia come culmine e fonte della vita della Chiesa:
e ci va sicuramente ribadito. Dire che lEucaristia vissuta la forma significa riconoscere che la vita
della Chiesa si struttura sul modello e sullo stampo eucaristico. LEucaristia dono di s da parte di Cristo:
la Chiesa dono di s. LEucaristia sacrificio del corpo dato e del sangue versato per amore: la Chiesa
sacrificio. LEucaristia comunione: la Chiesa comunione. LEucaristia condivisione: la Chiesa
condivisione, servizio, festa. E tutto questo precisamente la vocazione cristiana: dono di s, sacrificio,
comunione, servizio, festa, segno del Regno. Dunque dallEucaristia, la Chiesa ed ogni chiamato prende la
sua forma.
La Carit
Ugualmente evidente ci che si pu dire del terzo connotato ecclesiale che la Carit:
lespressione, lEpifania della vita nuova in Cristo, assolutamente necessaria. Non c Chiesa se non c
lespressione della Carit. Non c il Vangelo, non c lEucaristia..., voglio dire non c nella storia, se non
si sostanzia e non si incarna come carit. Questo stato modulato a Palermo in tutte le varianti di una
grande sinfonia. Lavare i piedi ai fratelli lequivalente della stessa Eucaristia (vedi Giovanni), il risvolto
storico della Chiesa che celebra.
Lo stesso va detto di ogni vocazione: lavare i piedi ai fratelli lo spessore concreto di ogni chiamata
cristiana; ogni vocazione chiamata a lavare i piedi dei fratelli nel nome di Cristo. Sono richiami
perfettamente scontati: ma non sempre cos scontato pensare la vocazione in un rapporto cos stretto con
le 3 dimensioni della vita ecclesiale. Soprattutto non cos scontato di fatto che per verificare, discernere e
favorire ogni vocazione cristiana occorra immergere e reimmergere accuratamente ogni cammino
vocazionale in queste 3 dimensioni.
Per questo aggiungo anche due note finali che dovrebbero dare al richiamo ancora di pi il tono del
realismo.
La pastorale vocazionale unitaria (cos detta), un cardine fondamentale che i Vescovi italiani
stabiliscono per il piano vocazionale come il frutto pi immediato del Concilio. E tradotto in parole povere
questo: a tutti nella Chiesa stanno a cuore tutte le vocazioni.
Ora questo non solo un principio di tolleranza, nel senso che gli Istituti non si fanno guerra ma
accettano pacificamente una compresenza sul campo. Significa molto di pi: significa che la vocazione
legata ad un altro carisma mi sta a cuore come la mia ed insieme collaboro perch sboccino tutte le
vocazioni e tutte arrivino alla loro maturazione.
questione di mentalit. Ognuno vede come una tale mentalit non sia solo in funzione di una
spartizione caritatevole delluniverso vocazionale, ma sia una condizione indispensabile per la libert nel
discernimento e dunque per la verit. Il cammino unitario a servizio della verit.
Ci non significa che il Seminario non debba coltivare dei cammini vocazionali in ordine al Seminario,
che i religiosi e le religiose non debbano fare altrettanto attorno al proprio Istituto e carisma..., ma ognuno
sa di operare nella Chiesa e per la Chiesa. Inoltre questa comunione di intenti non solo va dichiarata, ma
deve trovare anche i modi concreti di esprimersi in momenti di condivisione e di collabora zione, primo dei
quali la preghiera. Per una tale impostazione comunionale opera il servizio del CDV.
A servizio di tutti
La Direzione Spirituale
Ma non tanto sullazione in s della direzione spirituale che qui va laccento, perch di questo si
occupano altre riflessioni pi specifiche. Qui i verbi sono richiamati per mettere in relazione
laccompagnamento spirituale, che un rapporto individuale, con il tessuto comunitario e oggettivo per un
completo discernimento ecclesiale. Correlazione comunitaria. I verbi vanno letti in coppia: sono 4 coppie di
verbi e di azioni che vanno pi o meno dal soggettivo alloggettivo e al comunitario.
C tempo per ascoltare e tempo per parlare sino alla formulazione della proposta vocazionale (io
non credo che non si debba mai proporre...). Questo tipo di ascolto e questo tipo di proposta che matura in
un contesto ecclesiale, come si detto, deve assolvere al compito di far uscire dal privato il progetto
cristiano e ancor prima dallambito puramente velleitario. un vero servizio al singolo che lo assicura
realisticamente alla sfera concreta del reale, cio dellecclesiale.
Accogliere e coltivare: il contrario dellattendismo intimistico e miracolistico: Se son rose
fioriranno, fioriranno da s, in modo automatico e dallalto, stando tu passivamente nel tuo angolino ad
attendere. La guida spirituale deve assumere i germi vocazionali e aprirli al sole e allaria del campo che
la Chiesa per il Regno di Dio, perch se son rose possano effettivamente fiorire.
Oggettivare e sperimentare: un servizio prezioso e umile. Occorre normalmente compiere un tragitto
per passare da ci che eccessivamente imbozzolato nel soggettivo, magari anche sotto linflusso di un
particolare dono o di una esperienza spirituale forte, ma ancora isolata, alloggettivo della fede, della
Chiesa, della completezza ed insieme della semplicit della vita cristiana. E questo a costo di deludere
attese eccessivamente cariche di particolarismi emotivi. (Si veda la reazione di delusione di Naaman il Siro
nei confronti del profeta Eliseo in 2 Re 5). Loggettivazione della mente deve accompagnarsi anche con la
presa di coscienza esteriore nel fare concretamente esperienza di Chiesa. E deve infine consistere nel
presentare loggettivit dei vari stati di vita e delle vocazioni cristiane.
Discernere e affidare: lo intendo soprattutto in rapporto allo Spirito Santo. Il discernimento al di l
delle prime grandi intuizioni, poi sempre un cammino a piccoli passi: occorre sapere dove mettere il
piede, ma occorre anche metterlo subito perch in questo sporgersi nello Spirito che si comprende il passo
successivo.
Questo richiamo, collocato al termine di una considerazione metodologica vuole essere appunto una
sottolineatura metodologica. Circa la verit della fecondit della Chiesa che Madre, che la Madre
Chiesa perch vive la Parola, lEucaristia, la Carit... perch accoglie o discerne i doni dello Spirito e vive
nella ricchezza e nellarmonia carismi e ministeri, si gi detto. Sotto laspetto metodologico questa
maternit della Chiesa si traduce in premura e concretezza.
Il tempo si fatto breve, dice S. Paolo allinterno di una Chiesa protesa verso il Regno: e questo non
senza conseguenze sul piano vocazionale. Il cap. 7 della 1 Cor fa discernimento vocazionale e puntualizza
il pensiero di Cristo e della Chiesa a proposito di matrimonio e verginit, accentuando una spinta al
definitivo a cui urgentemente siamo tutti chiamati. Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il
proprio dono da Dio, chi in un modo chi in un altro. Poi il famoso passaggio: Io vi dico fratelli, il tempo
si fatto breve: dora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non lavessero; quelli che piangono
come se non piangessero... io vorrei vedervi senza preoccupazioni, che tradotto significa: tutti con una
preoccupazione fondamentale: piacere a Dio (cfr. Rm 12,2).
Questo sul piano metodologico-educativo in ordine alla vocazione significa promuovere alla centralit
di Dio per tutti, alla ricerca della sua volont, alla destinazione per il Regno di Dio. Con premura e urgenza.
La fondamentale vocazione da discernere subito, nel presente con premura e concretezza questa: Metti
Dio al centro della tua vita e vivi oggi la sua volont perch venga il Regno di Dio.
Questo assolutamente urgente: non c da aspettare che tu capisca quella che la tua collocazione
nella Chiesa, il tuo stato di vita. su questa strada che occorre imparare a camminare speditamente per
leggere anche tutti gli altri segni. Nella comprensione successiva poi la stessa premura concreta ti deve
portare a fare subito dei passi concreti, sia pure graduali.
Perch anche per questo vale quellormai il tempo si fatto breve.... Anche dopo che hai scelto
rispondendo alla tua vocazione specifica, lanimo che deve sospingerti dovr essere sempre questo: Dio al
centro della tua vita, la volont di Dio, lessere proteso al Regno.
Una vocazione anche molto viva finisce per avvizzire se si chiude in una sorta di spazio corporativo e
si esaurisce dentro una dinamica particolaristica. Paradossalmente anche un prete o un consacrato di fatto
potrebbe sorprendersi ateo, idolatra, o quantomeno tiepido e disinteressato alla Chiesa e al Regno di Dio.
Mi riferisco evidentemente al famoso e splendido detto di S. Ireneo: Gloria Dei vivens homo, vita
autem vera visio Dei. Qui c un mirabile intreccio e un rimando speculare tra Dio e luomo: la Gloria di
Dio luomo che vive; ma la vita delluomo la visione di Dio.
Questa bellissima sintesi breve della totalit d un respiro grande alla vicenda umana e dunque alla sua
vocazione: parlo di orizzonti lunghi e definitivi. E certamente questa nota si collega alla precedente e
contribuisce a mio avviso a illuminare il senso pieno del discernimento comunitario. Insomma Dio per te:
tu sei chiamato ad essere una manifestazione della sua Gloria.
E sappiamo che in termini biblici la gloria lo spessore percepibile di Dio nel mondo: come la nube
nel Tempio, come altre forme di teofanie..., il lembo del suo mantello, un riflesso della sua bellezza, nel
concreto: questo luomo per vocazione, nei disegni di Dio. Per usare una parola di S. Teresa dAvila:
luomo il cielo di Dio: Dio abita in lui. Per questo Dio impegna tutta la creazione, tutta lIncarnazione,
tutta la Redenzione, tutta la Chiesa... Questo il respiro della vocazione. Siamo bene al di l di quella
visione asmatica della vocazione come pacchetto preconfezionato che esige a tutti i costi che tu faccia una
cosa che di solito non ti piace, anzich unaltra...
Dio, tutto Dio per te! Per contro la vera vita delluomo non consiste in un acido ripiegamento sui beni
ricevuti ma in unapertura sempre pi piena verso Dio: un giorno sar la visione di Dio, faccia a faccia. In
questo cammino di avvicinamento la visione di Dio il dono di s per amore di Cristo nella Chiesa.
Nessuno vede ancora Dio, ma chi ama passa dalla morte alla vita. Non vedo di meglio che concludere
citando dal vivo un brano di Teresa di Lisieux:
Da quando stato concesso, anche a me, di comprendere lamore del cuore di Ges, confesso che
lamore ha cacciato dal mio cuore ogni timore! Vi sono molte dimore nella casa del Padre mio: Ges lha
detto e io segno la via tracciatami da Lui. Se qualcuno piccolissimo venga a me. Allora sono venuta
pensando di aver trovato quello che cercavo... Capii che la Chiesa ha un cuore e che questo cuore arde
damore. Capii che lamore racchiude tutte le vocazioni, che lamore tutto, che abbraccia tutti i tempi. S,
ho trovato il mio posto nella Chiesa. Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sar lamore.
Uomo e donna nella direzione spirituale e nellaccompagnamento
vocazionale
di Gabriella Tripani, Formatrice delle Missionarie dellimmacolata
GABRIELLA TRIPANI
La domanda di fondo di questa relazione la seguente: ci sono attenzioni da dare alla differenza di
sesso nella direzione spirituale? possibile porre questa domanda in due sensi: circa la differenza di sesso
tra chi dirige e chi diretto ( importante fare attenzione al fatto che si sta dirigendo una persona di sesso
diverso dal proprio?); e circa la differenza di sesso tra le persone che si dirige ( importante fare attenzione
se si sta guidando un giovane o una giovane, un uomo o una donna?).
In primo luogo: si far pi facilmente riferimento alla situazione di un direttore spirituale uomo che
dirige una donna. solo perch ancora la situazione pi comune rispetto allinverso, anche se sempre
meno rara la situazione opposta. Tuttavia, quanto si dir pu ben essere applicato in entrambe le direzioni.
In secondo luogo: le osservazioni che seguono possono parere banali e forse lo sono. Certamente sono
semplici e fanno parte del quotidiano. Laccento posto sulla vita vissuta e sulle situazioni concrete che si
incontrano facendo direzione spirituale. Tuttavia, nonostante limpressione di dire cose ovvie, pur vero
che lesperienza suggerisce invece che queste stesse cose non sono abbastanza dette, o forse sono scritte in
qualche luogo, ma sono disattese nella pratica. Meglio allora che si mettano a tema e si facciano oggetto di
riflessione, ripensando alla propria personale esperienza.
Infine: la domanda che ci poniamo - relazione tra persone di sesso diverso nella direzione spirituale -
delinea un contesto ben ampio, nel quale possono rientrare temi che spaziano dalla questione femminile
alla affettivit nel celibato. Qui si diranno solo alcune cose, nella consapevolezza che certamente ce ne sono
molte altre da considerare. Ci che in particolare risulta interessante che si possono individuare in tale
contesto problemi che non dipendono propriamente dal sesso diverso. quanto qualcuno ha
significativamente chiamato il corto circuito della sessualit, lesistenza cio di problemi che hanno
radice altrove, ma che nellarea della sessualit trovano il terreno adatto per emergere o per esprimersi. Un
contesto dunque che ha i suoi problemi, ma che pi spesso cassa di risonanza di altro.
Ci sono dunque attenzioni da dare alla differenza di sesso? Occorre innanzitutto unattenzione
particolare che sia comprensione della persona che si ha davanti. In altre parole, questa prima pista dice
che occorre unattenzione particolare semplicemente perch una donna diversa da un uomo. Se ne tiene
conto nella direzione spirituale? Come guide spirituali, necessario comprendere la persona che si ha
davanti in quanto donna, attenti sia agli ostacoli che sorgono in se stessi nei confronti di questa
comprensione, sia alle difficolt provenienti dallaltra parte.
In secondo luogo occorre unattenzione particolare che sia stima della vocazione femminile di
consacrazione. in parte una conseguenza del primo punto: la comprensione della femminilit diventa
stima delle sue possibilit di espressione nella vita consacrata, in una spiritualit, in uno stile di servizio e
di vita, in una modalit di fraternit femminile.
Occorre infine unattenzione particolare alla relazione che si instaura tra chi dirige e chi diretto, in
quanto persone di sesso diverso. Anche questa attenzione in parte conseguente alla prima: dalla
consapevolezza della differenza, la coscienza che la propria affettivit coinvolta in maniera diversa se
nella relazione interviene anche la differenza di sesso.
I. COMPRENDERE
Si accetta lesistenza di una differenza tra i sessi che non sia solo fisica, si accetta la propria identit di
persona di un determinato sesso? In termini semplici, nella relazione di aiuto spirituale, chi donna sa cosa
significa ed per questo contenta di esserlo e chi uomo sa cosa significa ed per questo contento di
esserlo? E ciascuno contento che laltro sia quello che ?
Presupposto indispensabile a questo primo passo di comprensione, accettare che ci sia una differenza,
e che questa differenza sia significativa, non marginale. Partiamo da una constatazione di chi opera nella
pastorale giovanile. Si nota spesso nei gruppi giovanili, e per la verit anche in chi li guida, una tentazione
allunisex, unaffermazione pratica pi che teorica (a volte per anche teorica) che siamo tutti uguali.
Modo di vestire, linguaggio, interessi... tutto accuratamente indifferenziato. Tutti in jeans, ad esempio, felpe
o magliette con le scritte. Perch? Solo perch pi comodo? Viene legittimamente il dubbio che ci sia in
questo anche la fatica di accettare la propria identit, di ammettere che si diversi. Perch un tentativo di
non evidenziare per niente la differenza di sesso, soprattutto da parte delle ragazze? Siamo tutti uguali.
Perch c bisogno di negare la differenza? Non possiamo qui entrare nel dibattito se le differenze tra sessi
siano naturali o culturali, per il quale dibattito si rimanda allutile testo di Zuanazzi, e in particolare al suo
capitolo molto buono e chiaro Maschile e femminile1.
Tuttavia, ricordiamo il nucleo centrale del problema: al di fuori della sfera puramente biologica, la
differenza tra sessi e la loro conseguente complementarit solo unoperazione culturale o davvero
inscritta nella natura? Esiste davvero una differenza tra i sessi, non solo biologica, al di fuori della cultura?
Esiste davvero una complementarit che non sia solo un prodotto, finalizzato al dominio di un sesso
sullaltro? Una posizione limite il ritenere tutto genetico: per natura, perch sta scritto nei suoi
cromosomi che la donna buona, mite, sottomessa... che la donna pu fare questo e non pu fare quello...
Unaltra posizione limite, opposta, che tutto culturale: diventiamo uomini o donne perch ci hanno
fatto giocare con i soldatini o con le bambole. Ma credere la donna soltanto cultura altrettanto poco
giudizioso del crederla soltanto natura2.
Fin qui il dibattito. Facendo riferimento alla questione femminile e rileggendo il cammino di presa di
coscienza operato dalle donne in questi ultimi decenni, possiamo riconoscere in questa storia lesistenza di
tre tappe: la tappa della presa di coscienza delluguaglianza tra i sessi, dopo lesperienza della
discriminazione; poi della presa di coscienza della differenza esistente, pur nella pari dignit; e infine della
complementariet3.
Questultima tappa, la coscienza della complementarit, lesito buono di tutto il processo, come
descritto da Giovanni Paolo II nella sua Lettera alle Donne:
La donna il complemento delluomo, come luomo il complemento della donna: donna e uomo
sono tra loro complementari. La femminilit realizza lumano quanto la mascolinit, ma con una
modulazione diversa e complementare. Quando la Genesi parla di aiuto reciproco, non si riferisce soltanto
allambito dellagire, ma anche a quello dellessere. Femminilit e mascolinit sono tra loro
complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma ontologico. soltanto grazie alla dualit
del maschile e del femminile che lumano si realizza appieno (n.7)4.
Ora, il passaggio alla consapevolezza della pari dignit tra uomo e donna avvenuto attraverso una
difficile fase della negazione della differenza, i cui strascichi permangono ancora. Credere che la differenza
sia solo unoperazione culturale, secondo una delle posizioni sopra descritte, porta ovviamente al rifiuto
della femminilit. Perch infatti prestarsi a una differenza imposta da un ambiente culturale condizionato da
stereotipi sociali?
Ma vero anche che la paura della differenza porta a negare la sua realt oggettiva e a farne solo una
questione di ambiente e di educazione, una questione che si pone fuori e non dentro, pi facile perci
da trattare. Perch la differenza sentita come inferiorit, essere di meno: io donna nego la differenza
perch nella differenza io ci perdo.
La donna stata vista come un essere inferiore; anzi, come una sorta di impoverimento dellumano,
poich di fatto lumano veniva fatto coincidere con luomo5.
Infatti, anche l dove si riconoscono caratteristiche femminili peculiari della donna (la sensibilit, la
tenerezza, la capacit di sacrificio, il tipo di intelligenza...), lo si fa in modo svalutativo:
Quando si dice, per esempio che la donna pi emotiva delluomo o che luomo meno emotivo
della donna, inteso, anche senza che sia detto, che una minore emotivit normale e che la sensibilit
femminile una deviazione che chiede di essere spiegata. Nessuno considera un mistero luomo, ma tutti
considerano un mistero la donna6.
Ora, se accettare di essere femminile accettare di essere inferiore, ci si pensa due volte, soprattutto se
la paura dellinferiorit gioca un ruolo centrale nel sistema motivazionale della persona. La differenza
percepita come inferiorit esaspera ogni fragilit e insicurezza: per questo la si annulla e ci si adegua a
quella che sembra la maggioranza forte.
Ancora troppo spesso la giovane rifiuta a parole la superiorit maschile, ma in realt non sa cogliere
altri modelli di successo e di valore davanti a s. Si fa difficile allora laccettazione della propria identit
femminile, che diventa il luogo in cui si amplifica ogni senso di insicurezza personale e di inadeguatezza,
il dubbio su di s, la paura dellinferiorit, con conseguente timore dellintimit.
C tuttavia anche il rischio di esasperare la seconda tappa, la tappa del riconoscere lesistenza di una
differenza. Esasperandola si arriva a risultati di autonomia aggressiva, quando le persone di un sesso dicono
a quelle dellaltro sesso: non abbiamo bisogno di voi. La paura della vulnerabilit, legata alla percezione
della differenza, pu travestirsi anche cos, dietro la maschera di un rifiuto aggressivo.
molto interessante al proposito un lavoro di ricerca compiuto anni fa nei campus americani, a partire
dalla constatazione di un rapporto di indifferenza tra ragazzi e ragazze studenti, di una mancanza di
desiderio generalizzata, di unimpotenza diffusa, come frutto di una aggressivit proveniente dalla paura
della vulnerabilit7.
La donna rifiuta il rapporto intimo come pericoloso per la propria realizzazione; si deve difendere
perch sente lintimit pericolosa per il proprio successo e il coinvolgimento affettivo come un rischio,
come una minaccia di svalutazione della sua persona. Luomo sente invece pericolosa la competizione
esasperata cui sottoposto (tra rischio del fallimento che umilia e rischio del successo che espone
allostilit), si sente vulnerabile di fronte allaggressivit della donna, al pericolo che corre il suo ruolo.
Come esiti: ostilit reciproca, aggressivit che diventa passivit, mancanza di desiderio, o uso del sesso in
modo frammentato, senza coinvolgimento affettivo, percepito come debolezza e minaccia per la propria
persona.
Questi cenni sono sufficienti per chiederci: sul versante degli accompagnatori, siamo in grado di
aiutare la giovane ad essere contenta di essere donna? Se si nega la differenza, se ne ha paura, se si svaluta
la femminilit percependola in chiave di caricatura dellumano, o anche se la si idealizza superficialmente,
che un altro modo di trattarla impropriamente, se non si apprezza e non si valorizza il contributo delle
donne, se la guida una donna che non contenta di essere donna... laccompagnatore stesso a mandare
un messaggio che non educa allassunzione della propria identit. Accettare lesistenza di una diversit
significativa tra i sessi porta a chiedersi: ma quale diversit? Tentare di rispondere richiederebbe troppo
tempo per una riflessione breve come questa. Ma una risposta va cercata.
Ci limitiamo perci di nuovo a suggerire il lavoro di Zuanazzi 8. O quello di Anna Bissi, che evidenzia
alcune caratteristiche della donna proprio a partire dalla sua identit sessuale, dalla differenza fisica che
diventa differenza psichica e spirituale: capacit di accogliere, di intuire, di compatire, di relazionarsi, con i
risvolti negativi della passivit, delleccesso di sensibilit, del vittimismo, della seduzione e della
manipolazione9.
Chiss se si studia la donna nei seminari... pi di met del genere umano e quindi pi di met (direi
ben di pi poi nel concreto delle relazioni ministeriali) delle persone che sono affidate a un prete...
Concludiamo con la domanda di apertura come invito alla verifica: sappiamo che c una differenza
significativa che non solo fisica tra i sessi e quale ? E a che punto ci troviamo del cammino a tre tappe
sopra delineato?
II. STIMARE
Data la prima pista, ne consegue naturalmente questa seconda, che tocca lo specifico del cammino che
stiamo approfondendo in questi giorni: la direzione spirituale a servizio dellanimazione vocazionale.
Nel trattare con persone dellaltro sesso, abbiamo stima della vita consacrata che le riguarda? Abbiamo
stima, noi guide spirituali, della vita consacrata femminile, della vita missionaria femminile, della vita
contemplativa femminile? Le conosciamo e le stimiamo? Forse abbiamo gi sentito sacerdoti dire:
Proporrei a un giovane il seminario, ma a una giovane la vita religiosa no... Non si tratta certamente di
chiudere gli occhi su difficolt reali o su infedelt allideale effettivamente esistenti nel concreto della vita
consacrata femminile. Si tratta per anche di verificare la nostra stima per le proposte. Che idea ne
abbiamo? Completa? Corretta?
Se non si affronta questo aspetto, ne deriva un messaggio contraddittorio, svalutativo, o la delega ad
altri di un accompagnamento giunto a un certo punto di chiarezza vocazionale. La mancanza di conoscenza
potrebbe portare anche al rischio opposto, quello di spingere o di ritenere superficialmente adatte alla vita
religiosa ragazze che non lo sono affatto, per una carenza di conoscenza delle esigenze della vita consacrata
(oltre al sempre possibile bisogno di prestigio: quanti ne ho mandati/e in seminario o in convento...).
O ancora, ci sono direttori spirituali interessati a non perdere forze attive nella parrocchia e che per
questo scoraggiano, direttamente o indirettamente, una giovane dal dedicarsi a tempo pieno. La ragazza
che sceglie la vita consacrata o, peggio, missionaria persa (prima di pensare alla missione ad gentes
bisogna risolvere tutti i problemi della parrocchia e delloratorio e della diocesi e della Chiesa italiana...).
Di nuovo, quanto nei seminari si parla della vita consacrata e di quella femminile in particolare? E come?
Eppure, chi finisce poi per fare da direttore spirituale alle ragazze?
Fa parte di questa pista anche il coltivare rapporti buoni e maturi con la vita religiosa femminile,
perch la stima di cui parliamo si radichi nella realt di unesperienza positiva, senza idealizzazioni, ma
anche senza riduzioni, per essere liberi di proporre e di non proporre.
Primo equivoco:
occorre una relazione intima tra uomo e donna per una crescita della persona.
lidea (sbagliata) che senza una intima relazione con un uomo, la donna non pu crescere come
donna. O che il prete che non ha relazioni intime non sar mai veramente umano, non capir le persone. Si
tratta di razionalizzazioni che in genere seguono, non precedono, il sorgere di una relazione intima.
Tutto questo fa parte del nostro tema perch facile che sia proprio allin terno di una relazione che
parte come relazione di aiuto, quindi di comunicazione spirituale, una relazione in cui un uomo guida una
donna, che succeda che, sentito come una necessit, la relazione evolva in un rapporto di intimit.
convinzione di alcuni che stimolando il desiderio sessuale si cresca come uomo e come donna, mentre
invece la rinuncia non faccia crescere. Parte da qui la dinamica del compromesso, sostenuta dalla domanda
Cosa c di male?11.
Accade a volte che a queste proposte la giovane si senta inclinata a compiacere. A volte, invece, nella
direzione spirituale, giovani, o anche consacrate, si sentono sottoposte alla pressione di richieste o
esperienze che turbano molto. Non una cosa rarissima, che la persona a cui ci si affidati abusi della
semplicit, dellingenuit o dellignoranza.. Non un comportamento necessariamente in mala fede o
patologico, ma alimentato da immaturit personali, da razionalizzazioni e da convinzioni confuse su ci che
aiutare la persona a crescere, avere un rapporto di confidenza...
prudente parlare di problemi dellarea sessuale solo quando si sicuri della seriet della persona con
cui ci si apre. Alla fine, infatti, in una relazione fondata su presupposti errati, soffrir di pi chi pi
debole.
Secondo equivoco:
se si sente unattrazione per laltro o per laltra bene dirlo alla persona interessata.
C chi crede che se esiste una attrazione allinterno della relazione di direzione spirituale, se si
percepisce qualcosa di simile a un innamoramento, pi o meno chiaro, sempre bene comunicarlo. Perch
dirlo? Si risponde: per essere aiutati a resistere; per onest e sincerit; perch la guida deve sapere tutto. In
genere non vero: meglio non dirlo alla persona interessata.
Dire s, dire va bene, come consiglia anche Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi, 12 l dove paragona il
diavolo al falso amante che vuole restare nascosto e non vuole venire scoperto, per riuscire a sedurre una
donna proibita: ma dirlo a unaltra persona di fiducia.
Parlare, dunque, ma non alla persona interessata: perch non si affatto obbligati a dire tutto; perch la
persona coinvolta la meno adatta ad aiutare; perch se attratta anche lei sar ancora pi difficile; e se
non lo , si possono crearle problemi inutili; perch la sincerit e lonest non sono le uniche virt e
soprattutto non si esercitano solo nella comunicazione.
In queste situazioni, infatti, spesso nella persona coinvolta c un gran desiderio di dire, ma c anche
molta ambiguit nella motivazione del dire. Perch questo bisogno, le cui giustificazioni teoriche non
tengono? Perch, anche se non lo si vede e non lo si ammette, si vuole comunicare per ricevere qualcosa in
cambio. Il fatto che laltro sappia, unisce; avvicina, non allontana. E cos ci si consegna e si riceve la
ricompensa della reciprocit. un passo avanti verso il rendere una relazione intima possibile. Proprio
lonest direbbe di non barare e non autoingannarsi: se si desidera davvero il distacco, bisogna farlo, non
dire di volerlo fare.
Terzo equivoco:
in una relazione di aiuto, occorre la reciprocit.
Ci sono direttori spirituali che sentono di dover dire tutto di s, di dover comunicare i loro problemi, le
loro difficolt personali, magari simili a quelli che la persona diretta espone. Abbastanza spesso finisce che
il direttore spirituale parla di s. Perch? Forse, soprattutto allinizio, parlare di s serve soprattutto a
diminuire lansia del non saper come affrontare il problema dellaltro. Si comunica piuttosto la propria
esperienza, che in qualche modo gi elaborata, gi pronta. Si evita la fatica del silenzio che ascolta e
riflette.
Oltre che ricerca di sicurezza, pu anche essere desiderio di avvicinare laltra persona a s. Il bisogno
di raccontarsi a tutti i costi indica facilmente desiderio di dipendere. Comunicare dare qualcosa di s che
suscita una risposta.
In genere non positivo. Chi infatti era venuto per parlare non si sente davvero ascoltato e, anzi, si
sente un poco costretto al ruolo non cercato di ascoltatore. Ha limpressione che la guida stia pensando al
proprio mondo pi che, con grande libert di ascolto, incontrare il suo, quello di chi parla. Ha limpressione
che la sua esperienza venga filtrata attraverso quella dellaltro.
A volte si trova addosso il peso delle fatiche di chi dovrebbe essere la guida. Perch raccontare i propri
problemi, la propria stanchezza, la propria solitudine alla ragazza delloratorio, alla ragazza che cerca una
guida spirituale? Nella situazione di direzione spirituale, lofferta di reciprocit toglie libert. E pu
nascondere la gratificazione di una debolezza.
Non parlare di s non una strategia per mostrarsi torri davorio, ma per essere totalmente disponibili
allaltro. Non significa voler meno bene. Anzi: si vuole pi bene, perch si rinuncia, per laltro, a ci che fa
semplicemente piacere, a ci che solleva dallansia, a ci che ricompensa.
Se poi questo tipo di reciprocit chiesto o preteso, la relazione va espressamente chiarita. Ma i
giovani cercano proprio un compagno in pi, una compagna in pi, una persona alla pari, allo stesso
livello? O una guida? Non vale la pena svendere laiuto spirituale che si pu dare per gratificare il bisogno
di sentirsi immediatamente e superficialmente ben accolti. Favorire lamicizia tra preti, ecco piuttosto cosa
sarebbe bene per gioire di sane relazioni alla pari13.
Quarto equivoco:
occorre essere sinceri, cio spontanei nel linguaggio, nel comportamento, nellespressione dei propri
sentimenti.
Nel dire questo, si fa coincidere che lautenticit coincida con la spontaneit; e si suppone che a
manifestare tutto quello che si sente e come ci si sente, laltro capir il messaggio cos come si intende
comunicarlo. Perci, se non si intende niente di particolare, niente di male, con questo gesto, questo
atteggiamento, questa parola, laltro non capir o non sentir niente di pi o di diverso. Qui sotto c o
molta ingenuit o molto egocentrismo.
Per esempio, si pu ritenere che alcune manifestazioni fisiche di tenerezza esprimano amicizia e basta
e quindi non ci sia nessun problema a manifestare cos tenerezza allaltro allinterno del rapporto di
direzione spirituale. Ma chi garantisce che per laltro quelle manifestazioni di tenerezza significhino la
stessa cosa, restino nei confini che sono stati assegnati dallintenzionalit, non provochino niente?
Frequenza di telefonate, appuntamenti in luoghi diversi da un ufficio parrocchiale o simili, gesti particolari
di attenzione, regalini... sufficiente dirsi: io intendo solo questo e questo? Quale il significato di un
bigliettino, di un gesto affettuoso... di una prossimit fisica pi stretta? Di raccontare qualcosa dicendo:
non lo dico a nessun altro, lo sai solo tu?
Ci sono segni di affetto che fanno credere in una preferenza che ha dellesclusivo, che fanno nascere
attese, gelosie. Nessuna intenzione di esclusivit da parte della guida, pu darsi. Ma questo comportamento
fa crescere la persona o alimenta e gratifica limmaturit?
In realt, dire per me non c niente di male in fondo una forma di mancanza di rispetto. Quando si
dice per me non c niente di male, per me non importante..., pu essere mancanza di rispetto del modo
di esprimersi e di sentire dellaltro. Non questione di rigidit. questione di giustizia. Non si dovrebbero
fare promesse che in fondo non si intende mantenere.
Qui si potrebbe anche aprire tutto un capitolo sulla gestualit e il suo significato. Per approfondire,
allargando un poco il discorso, rimandiamo di nuovo a Zuanazzi, al capitolo La protesta delleros, sul
pudore14.
Quinto equivoco:
per aiutare una persona a liberarsi se percepiamo che bloccata in alcune aree, occorre farle recuperare
quello che non ha avuto.
E dunque, quando si capisce che la persona che io dirigo vuole la mamma, o il padre, o non ha fatto
alcune esperienze al momento giusto, o ha esigenze infantili di attenzione e di affetto, si deve permettere
che recuperi, che le faccia nella relazione che si instaura? In realt, non utile e non possibile. Occorre
semmai far fare esperienza di fiducia, di amicizia matura.
Interessanti sono a questo proposito le osservazioni di molti psicoterapeuti seri: sottolineano la futilit
dei tentativi di gratificare le richieste immature dei pazienti. Pi si tenta di gratificare, pi le richieste
diventano insaziabili15.
Il discorso pu venire molto bene applicato alla situazione dellaccompagnamento e anche della
formazione iniziale. Tutti questi equivoci sono alimentati dallimmaturit (psicologica, ma anche spirituale
e morale) che inquina la motivazione del dare direzione spirituale.
La domanda di verifica qui pu risuonare cos: sono disposto a indagare in me per un aiuto pi libero?
Sono disposto ad affrontare le aree meno libere della mia personalit, sapendo che allargare la libert
significa allargare la capacit di dono e di aiuto efficace? Infatti, evidente che le conseguenze del non
affrontare le proprie immaturit si ripercuotono sulle persone che si guidano.
Per esempio, si rischia di inviare doppi messaggi, non si toccano i punti che mettono in questione, si
fatica ad accompagnare laltro nelle sue debolezze se non si sono accettate e affrontate in se stessi. Lo dice
con chiarezza Martini nel suo La radicalit della fede, considerando in particolare le aree della preghiera
e della castit16.
Se non si affrontato, pur senza la pretesa di aver risolto tutto, come si aiuter? Occorre quindi il
coraggio di domandarsi: dare direzione spirituale gratifica le proprie immaturit? Gratifica le proprie
necessit di successo e di prestigio? Di affetto e di dipendenza? Di dominazione e esibizionismo? Quali
segni si sanno scoprire di tutto questo? Si disposti a fare la fatica di conoscersi, accettare, cambiare? Non
perdita di tempo. preparare lolio per il momento del sonno, per quando servir conoscersi, prevedere,
aver lavorato su se stessi prima. faticare oggi per essere pi liberi: liberi di servire gli altri, e non di
servirsene.
Note
1) ZUANAZZI, G. Temi e simboli delleros, Citt Nuova Ed., Roma, 1991, pp. 35-54.
2) Ivi, p. 36.
3) Per questa rilettura e lapprofondimento del tema, cfr. FARINA, M. Sentieri profetici femminili nellattuale transizione culturale, in
VALERIO, A. DONNA, Potere e profezia, DAuria, 1995, pp. 235-276. Cfr. anche FARINA, M. Nuova evangelizzazione: vie
profetiche femminili, in: ROSANNA, E., CHIAIA, M. Donne per una cultura della vita, LAS, Roma, 1994, pp. 65-110.
4) GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle donne, 1995.
5) ZUANAZZI G., cit., p. 38.
6) Ibidem.
7) HENDIN H., The revolt against love, sexual Ivarfare on campus, in The Age of Sensation, Norton Ed., 1975.
8) ZUANAZZI G., cit.
9) BISSI A., La maestra di spirito, in: AA.VV, La Donna consacrata, testimone e guida tra i giovani, Monti Ed., Saronno, 1993, pp.
46-67. Cfr. anche la ricerca su Difficolt vocazionali differenti tra gli uomini e le donne, in: BISSI A., Maturit umana: cammino di
trascendenza, ed. Piemme, Casale Monferrato, 1991, pp. 219-226.
10) ZUANAZZI G., cit., p. 35.
11) Cfr. sul tema del compromesso in campo affettivo: CENCINI A., Nellamore: libert e maturit affettiva nel celibato consacrato,
ed. Dehoniane, Bologna, 1995, pp. 123-126.
12) IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali, Regole per il discernimento degli spiriti, 13a regola.
13) Cfr. BROVELLI F., Quando eri pi giovane, entrare nel ministero, ed. Ancora, Milano, 1995, pp. 96-98. Cfr. anche, dello
stesso autore, Camminare nella luce, dialogo sulla vita del prete oggi, ed. Ancora, Milano, 1993, pp. 38-44.
14) ZUANAZZI G., cit., pp. 122-137.
15) Cfr. ad esempio, GABBARD G., Psichiatria psicodinamica, ed. Cortina, Milano, 1992, pp. 446-452: gli otto principi tecnici
descritti per la psicoterapia di pazienti borderline contengono spunti utili per molte situazioni di accompagnamento.
16) MARTINI C.M., La radicalit della fede, ed. Piemme, Casale Monferrato, 1991.
Invito allincontro con un maestro della direzione spirituale: attualit
della pedagogia di Francesco di Sales
di Romano Martinelli, Padre Spirituale nel Seminario di Milano
ROMANO MARTINELLI
Quando mi sono imbarcato nellimpresa di presentare la figura spirituale di Francesco di Sales sono
stato preso da uninquietudine. Quale aspetto presentare della sua esperienza spirituale? Il tema della santit
accessibile ad ogni ceto sociale? Il suo modo di intendere la DS? Leducazione allorazione oppure alle
virt umane? La sua interpretazione della mistica? La pedagogia dellaffettivit? La modalit con cui
interpreta la relazione interpersonale? Il rapporto tra la sua vita ed il suo magistero? Oppure limitarmi a
presentare globalmente la sua spiritualit? Introdurre alle sue due opere pi diffuse (la Filotea ed il
Teotimo, questultimo un vero trattato sullarte di amare Dio)? Sarei appagato se questo mio contributo
aiutasse a riscoprire questo amabile maestro, il quale ha molto da trasmettere proprio su quei problemi
che... deliziano ed affliggono il nostro servizio pastorale: non ultimo il punto nevralgico e cruciale del
rapporto tra formazione umana e spirituale, oppure, detto con linguaggio pi vicino a noi, il rapporto tra
psicologia e spiritualit.
il Vangelo parlante - diceva di lui Vincenzo de Paoli. Le sue opere hanno un sapore di verit, di
realismo, di vita, tali da rendere la loro lettura una sorprendente riscoperta. Tocchiamo con mano la
genialit forse pi caratteristica di Francesco di Sales, il suo carisma nella guida delle anime e di
ciascunanima secondo la situazione del momento 1. In particolare incoraggio alla lettura del Teotimo che
secondo A. Ravier, uno dei massimi conoscitori del santo, condensa una mistica dellazione apostolica. ...
un direttorio di vita interiore per cristiani impegnati a fondo nelle esigenze del loro battesimo, ma
anche un libro di conversione per i pagani e i peccatori; una guida per anime profondamente
contemplative e un breviario per gli uomini dazione; un trattato teologico, se non un trattato di teologia,
ma anche un catechismo della vita dunione con Dio; un diario dellanima, una confidenza, ma anche un
poema2.
Qui si pone per la verit unaltra questione ancor pi interessante: quale familiarit opportuna tra chi
incaricato dellanimazione e del discernimento vocazionale con le figure spirituali del passato? In
particolare quali figure consigliare? A molti la Chiesa ha riconosciuto autorevolezza di magistero, di pro -
fezia: li ha indicati al popolo di Dio come riferimento. Quali di essi privilegiare? mia impressione che per
irresponsabile incuria siano stati trascurati, incautamente, scoperte straordinarie ed esemplari,
carismi,lezioni definitive degli spirituali. Penso alle grandi pagine scritte da Teresa dAvila, penso ad
Ignazio, alle figure monastiche del deserto, allo stesso Agostino, a Bernardo, a Francesco dAssisi, a
Vincenzo de Paoli ed altri. Quasi fosse un interesse esclusivo per addetti ai lavori o un problema per
devoti.
Certo non si vuol fare n dellarcheologismo n ambigue operazioni di... accanimento terapeutico,
cercando di tener in vita ci che non pi vivo in questepoca post-moderna...Lattualit di un maestro e
di un maestro spirituale - osservava don Moioli - non mai misurata dalla sua funzionalizzazione troppo
immediata e nuova al nostro presente. Anche un maestro vive in un tempo ed segnato dal suo tempo. Ma
ci che lo fa maestro - anche per i tempi non suoi - la profondit e la vitalit con cui nel tempo e
nonostante il tempo egli raggiunge e presenta la realt ed i valori, e cos vi introduce. questo che gli si
pu e gli si deve chiedere3. Egli conferma che la formazione spirituale non pu essere una tecnica o
grossolana improvvisazione ma iniziazione ad una globale sapienza di vita.
Da parte mia cercher di far parlare lui, grande comunicatore, sovrabbondante di immagini talvolta un
po singolari, denso della dottrina spirituale del passato (ribadisce di non dire nulla che altri non abbiamo
gi detto), con una riflessione ricca di allusioni alla cultura filosofico-letteraria del tempo. Cercher di
evidenziare alcuni passaggi illuminanti della sua spiritualit ritenuti da me assai fruttuosi nel lavoro di
guide e, prima ancora, nella nostra formazione permanente.
Ascolta Israele le leggi ed i comandi e bada a metterli in pratica: perch tu sia felice... (Dt 6, 4).
Dio ha a cuore la gioia delluomo. In principio alla pedagogia del Vescovo di Ginevra sta la scoperta
continua di un Dio che prima crea, e promette, poi esige. Occorre capire ci che lAmore ha gi fatto per
noi e, dunque, ci che pretende da noi. Vuol condurre a scoprire che il Bene della nostra vita vale pi di
tutte le creature e pi della vita stessa, come il mondo pi dellinsieme delle cose. Esiste una gioia
secondo Dio di cui ci si pu fidare: la beatitudine.
Il cammino che il Vescovo di Ginevra apre una pedagogia alla bellezza della Grazia, oltre la
seduzione e lillusione delle felicit promesse dalla religione. Non la felicit, costruita da mani duomo,
secondo le pretese della propria affettivit ma la solidit della Grazia. Ti basta la mia Grazia (2 Cor
12,9). Per questo, dovendo tra laltro anche fronteggiare la competenza nella Bibbia dei protestanti, mette a
frutto la sua profonda cultura biblica: un pastore che ha il pensiero ed il cuore pieni della Parola di Dio.
Gi nella sua crisi mistica al collegio di Clrmont a Parigi prega e geme esprimendosi con i versetti dei
salmi, ma rimane soprattutto affascinato dal Cantico dei Cantici: lo ricorda nel Teotimo (cfr. le lezioni
straordinarie del benedettino Gnbrard, insegnante di ebraico). Rimane il testo preferito e la sorgente
principale dei suoi scritti, nonch la colonna sonora fissa della sua attivit apo stolica e della sua esperienza
spirituale personale4. La Parola accostata alla scuola di valenti maestri, sui testi originali, secondo un
metodo di tutto rispetto per il suo tempo. (Utilizza la Vulgata, correggendola talvolta su testi originali). Se
il predicatore e lo scrittore vuol essere il Vangelo parlante, occorre che lui stesso, anzitutto, sia Vangelo
vivente. Volendo radicare lamore di Dio nellesperienza dellamore umano, Francesco riparte dalla
manifestazione affascinante, bruciante dellAmore di Dio come rivelato nella Bibbia (1200 citazioni nel
Teotimo!). Comunque al di l della quantit dei rimandi, ritiene che non esista linguaggio pi efficace di
quello fornito dalla Parola di Dio. Sa usare senza complessi anche le immagini pi ardite, come la
simbolica del bacio, sino a rifiutarsi di censurare quei capitoli che secondo la sensibilit del tempo
potevano sembrare troppo os. I termini chiave sono interpretazioni misurate sulla teologia dellAlleanza.
(Esempio: il cuore del cuore, per dire la profondit guarita del discepolo, ove lAmore vive, illustrato con
limmagine del Tempio, del Santo dei Santi).
Se luomo pensa con un po di attenzione alla divinit, immediatamente sente una qual dolce
emozione al cuore, il che prova che Dio il Dio del cuore umano (I, 15). Per questo in noi c un desiderio
senza limiti insieme ad una ricerca che mai pu essere soddisfatta. C un sommo bene dal quale dipendo
e un artefice infinito che ha impresso in me questo desiderio senza limiti di sapere e questo appetito che
non pu essere soddisfatto: ecco perch bisogna che io tenda e mi lanci verso di lui, per unirmi e
congiungermi alla sua bont, alla quale appartengo e della quale sono. Tale la convenienza che abbiamo
con Dio (ivi). Sarebbe interessante un raffronto con il tema ignaziano del Principio e fondamento, come
pure il tema della Contemplazione per raggiungere lAmore negli Esercizi Spirituali. Dio e luomo dunque
si appartengono!
Secondo A. Raviers5, Francesco preoccupato di superare lambiguit della parola amore, ed ha cura
di usarla con un certo rigore; preferisce perci il termine appartenenza, con il quale esprime, alla luce delle
Scritture, lamore di Dio, interpretandolo, in sintonia con Geremia, nel senso della unilateralit
dellalleanza. Talvolta lo chiama anche adesione o convenienza, secondo luso del termine latino: non
quindi nel senso di opportunit ma di attaccamento radicale, totale ed esclusivo allessere amato, che perci
buono in quanto sorgente di tutto ci che esiste di positivo. Dio la pienezza dellessere, della verit. Egli
si effonde in tutte le creature, fatte per manifestare, svelare la sua bont, costitutiva di tutta la creazione, che
di Lui irraggiamento (cfr. tutto il cap. 4 del II libro). un amore che dal profondo del cuore
continuamente chiama ad amare, per un segreto bisogno, quasi per uninclinazione naturale. Anche
nelluomo pi corrotto succede ci che capita alla pernice... la quale, uscita da un uovo rapito, ritrova per
istinto la vera madre, abbandonando la madre falsa ed ingannatrice che ha covato luovo non suo (I, 16).
Non dimentichiamo che lautore non solo ha profondamente amato il Cantico dei Cantici ma anche il
grande tema dellessere creati in Cristo, laffascinante visione dei cantici di Ef e Col, la contemplazione di
una creazione gi firmata dal Verbo. Di fatto, secondo Francesco di Sales, che segue in questo
lopinione di S. Bonaventura, Dio ha preparato luomo per unirsi alla natura umana nel mistero
dellIncarnazione; e questa unione damore si sarebbe realizzata anche se luomo non avesse peccato 6.
Occorre ripartire da questa rivelazione biblica, non psicologica, dellamore. Solo una crescente e forte
esperienza dellAmore sostiene una robusta progettualit vocazionale. Oggi purtroppo diventato pi
debole Colui che chiama, poco incisiva la proposta dellesperienza del Mistero ed invece troppo forte ed
esasperata la progettualit. Allora non nasce labbandono, il coraggio di credere e di confessare: So in chi
ho posto la mia speranza! Questo Volto di Dio, in Ges, rimette in ordine le esperienze affettive, senza
umiliare laffettivit; gerarchizza le esperienze, integrando persino il timore servile e mercenario (cfr. le tre
categorie classiche dellessere il servo che teme, il mercante che fa per interesse, il figlio per amore). Il
figlio ubbidisce perch figlio, integrando, nellamore, il timore servile del castigo, il timore mercenario
del perdere i vantaggi. (XI, 18).
Nel nostro lavoro avvertiamo la duplice urgenza di Francesco: radicare la nostra pedagogia nella
concretezza dellesperienza umana e presentare il Vangelo in una luce attraente, capace di dar gusto,
sapienza e bellezza ad ogni esperienza. La fatica pedagogica in noi, come in lui, deve diventare anche
preoccupazione di un linguaggio che sia creativo, limpido, concreto, accattivante.
Come luomo pu seguire Dio? Sembra che linterrogativo ispiratore del Teotimo sia: - Come la libert
delluomo si trova convertita in amore e lamore in libert? A questo proposito nellopera pi matura del
Santo viene tracciato un progetto di uomo spirituale che, alimentandosi alla kenosi del Signore Ges,
diventa unesistenza espropriata. Con tutta la sua corporeit, con tutto il cuore luomo come desiderio in
tensione verso laltro; trova la sua consistenza, come il Figlio, esistendo ex-staticamente nella volont del
Padre.
Profondamente debitore, per quanto concerne la visione antropologica, di S. Agostino e del suo
insegnamento psicologico, il Vescovo di Ginevra ha una concezione essenzialmente estatica - proprio nel
senso etimologico - della natura umana: luomo, creatura infinita ed anelante ad una perfezione infinita,
costitutivamente desiderio, tensione profonda ad uscire da s, a proiettarsi sullaltro: a sextasier7.
Stupendo il n. 17 del libro X.
Anche secondo Moioli ci troveremmo nel Trattato di fronte a un disegno che profila luomo spirituale.
Luomo concepito come ... amore, cio come libert che cammina in autenticit e purezza (cio in
gratuit), perch si lascia plasmare - come dal proprio riferimento assoluto - dallamore di Dio. Il
Crocifisso, in definitiva, rivela lamore di Dio, ma anche il cammino autentico delluomo verso Dio: quello
che cerca la sua volont e ad essa si abbandona. questa lestasi suprema dellamore: quella che fa uscire
definitivamente luomo dalla ricerca egoistica di se stesso. Ed questo che si comprende sul Monte
Calvario, il monte degli amanti.8 (Teotimo X, 17; XII, 13).
necessario meditare a questo punto tutto lindimenticabile capitolo conclusivo del Teotimo, che ha
come sottotitolo Il monte Calvario la vera accademia dellamore (XII, 13). NellAmore Crocifisso si
apprende lAmore. Lamore perci anche esperienza in assoluto la pi drammatica, poich
unesperienza di eccesso e di pazzia: amare morire! Ogni amore che non trae la sua origine dalla
Passione del Salvatore frivolo e pericoloso (ivi).
Certo lamore il movimento del cuore verso il Bene, attratto da una compiacenza, intesa come il
godere della progressiva unione delicata, intellettuale, cordiale con il Signore (I, 10). Ma amare lestasi
di chi pu dire per espropriazione. Non son pi io la mia vita: Lui vive in me. Dunque il cam mino
proposto non fatto per mistici dilettanti o per sentimentali che vivono di emozioni a buon mercato. una
concezione forte e concreta dellamore: amare morire per lAmato, nel quotidiano, nellestasi della
volont. Amare, (il Trattato dellAmore stato pensato dallautore come biografia di S. Carit) morire per
gli altri. La nostra libert trova qui la sua pienezza e solamente cos si ritrova. Pur parlando molto di amore,
Francesco non lo fa con uningenuit che ignori la potenza devastatrice delle passioni. Ironizza sugli stoici
(i calvinisti del tempo hanno tracce di volontarismo nei loro itinerari spirituali) che si illudono di liberarsi
da soli, con le proprie forze dai vizi; conosce la potenza delle concupiscenze. Esse sono in noi sudditi
ribelli, turbolenti, in continuo ammutinamento: il cuore delluomo luogo di permanente ribellione (I, 3).
La fede, se si alimenta di una compiacenza del nostro cuore che nella esperienza spirituale trova
gusto e soddisfazione, non pu essere confusa con una ricerca di piacere e di gratificazione n misurarsi
sulla resa di vibrazione della sensibilit. Non voglio tanto il godimento della mia fede, della mia spe ranza,
della mia carit; quanto piuttosto di poter dire secondo verit, anche in assenza di gusto e di sensibilit, che
io saprei morire piuttosto che abbandonare la mia fede, la mia speranza e la mia carit... Quello di
accontentarsi di atti nudi, secchi ed insensibili, esercitati a motivo della volont superiore, costituisce il pi
alto grado della santa rassegnazione, intesa come resa amorosa a ci che piace a Dio 9. Quindi lamore
verso Dio affettivo ed effettivo, non necessariamente n sentito n sensibile: il criterio la sintonia con
Dio. Tu hai posto la legge della volont di Dio al centro del tuo cuore, perch vi regnasse e dominasse
eternamente: chi far alla mia anima la grazia di non avere altra volont che la volont di Dio? (Cfr. la
preghiera finale di VIII, 7).
Molti dei giovani che incontriamo nel nostro servizio hanno bisogno di questa pedagogia forte e
concreta: hanno un rapporto immaginario con la realt. Raccontano i propri desideri ed i propri sogni come
fossero maturazioni acquisite, cio delle appropriazioni tranquille. Il cammino della libert indicato sopra
snida le illusioni e accompagna la progettazione che lavora per superarle.
Ancora sullindifferenza
Per me infatti il vivere Cristo e il morire un guadagno... sono messo alle strette tra queste due
cose... (Fil 1,23-24).
La maturit di un cammino svelata da quanto di fatto uno aderisca a ci che piace a Dio, le bon
plaisir de Dieu, estrema aspirazione del cuore. Chi ama Dio vive della libert di Abramo, sino ad assumere
fino in fondo i desideri impossibili ispirati da Lui, perseverando nel seminare senza attaccarsi ai risultati,
pronto ai suoi cenni, persino nellabbandonare quei disegni che Lui stesso ha ispirato, libero dalla ricerca di
s, amando Dio solo perch Dio. (IX, 5, 6, 9). Suggestiva al riguardo la metafora del suonatore di liuto
(tutto il paragrafo 9 del libro IX).
Noi non sappiamo che cosa sia amare Dio. Lamore non consiste nei grandi gusti e nei grandi
sentimenti, ma nella massima e ferma risoluzione e nel desiderare di contentare Dio in tutto, nel cercare,
per quanto possibile, di non offenderlo in nulla e nel pregare perch la gloria del Figlio vada sempre
aumentando. Queste cose sono segni di amore12.
Lindifferenza non va intesa come una sorta di atonia o mancanza di passione per la vita. Non amo
assolutamente quelli che non amano nulla e restano indifferenti di fronte a tutti gli avvenimenti; ma lo
fanno per mancanza di vigore e di cuore o per disprezzo del bene e del male... In sostanza bisogna dire...
Non voglio questo o questaltro: voglio solo lamore di Dio, il desiderio di Lui e la comunione con la sua
volont13.
Evidentemente importa ricordare che Colui al quale ci si consegna il Dio estatico, proteso verso di
noi, consegnato per amore. Allamore, che insieme bont e bellezza, non si nega nulla. Se sapessimo
comprendere, quanto non ci sentiremmo obbligati verso quel sommo bene, che non solo ci permette ma ci
chiede di amarlo. O Mio Dio, non so se debba amare di pi la tua infinita bellezza... o la tua divina bont...
O bellezza, quanto sei amabile, perch concessami da una cos immensa bont! O bont, quanto sei amabile
nel comunicarmi una cos eminente bellezza! (X, 1). Si va dallamore di compiacenza (con il quale
godiamo della sua bont), allamore di benevolenza (che consiste nel volere esclusivamente il bene di chi si
ama).
Per questo, in 4 gradini, Francesco traccia anche una fenomenologia della libert del discepolo che,
insoddisfatto di ogni altro bene che non sia Dio, sviluppa il dono ricevuto, progressivamente purificandosi
nellamore e crescendo in esso (X, 4-5). Il principiante deve arrivare alla scoperta, nellestasi della volont,
che quandanche Dio non avesse Paradiso da dare, non sarebbe n meno amato n meno amabile (X, 5).
Anche nel nostro lavoro assai importante una fenomenologia dellinterlocutore: non per classificare
ma per arricchire gli strumenti interpretativi oltre gli schemi mortificanti. Non auspichiamo una riedizione
di scale (pur di grande interesse, come linterpretazione di Giovanni Climaco) ma dei criteri per valutare
la verit dei cammini e le loro dinamiche, senza la pretesa di misurare la libert dello Spirito. Sarebbero
utili per apprezzare i cambiamenti delle stagioni della vita spirituale, per coglierne i trapassi, per
collaborare con le operazioni dello Spirito, che segue leggi costanti. Urge raccogliere la messe abbondante
di dati e di indicazioni che giacciono inutilizzati nella diverse tradizioni spirituali.
Luomo soffre di una ferita di amore (VI, 13, 14, 15). Francesco illustra le differenti modalit con le
quali nellesperienza la ferita si presenta. Quando ci si innamora, dentro ci si divide da s per darsi alla
persona amata. Il desiderio stesso punge e ferisce. Dio stesso infligge nostalgie, spingendo lanima ad
amare e nello stesso tempo sfuggendo come lo Sposo del Cantico. La grande sofferenza allora non avere
sufficiente forza per amare Colui che con dolcissimi legami continua ad attrarre a s (II, 12). Questo cuore
innamorato del suo Dio, desiderando infinitamente amare, si accorge che, nonostante tutto, non riesce ad
amare e nemmeno a desiderare abbastanza (VI, 13). (Ritroviamo questo tema della necessit impossibile,
cio linevitabilit e limpossibilit di amare in Teresa di Lisieux). Ne nasce un tormento indicibile.
Allanima non rimane che accettare la divina pedagogia che laiuta a passare dal desiderio allestasi, nel
senso detto sopra, anche grazie ad una volont plasmata dallAmore.
Il divino amore impiega tutte le passioni e gli affetti dellanima e li riduce alla propria obbedienza
(XI, 20). Questo amore come il re, che domina e doma ogni altra affettivit ed istintivit. La volont si
libera dagli affetti disgreganti o contrastandoli con affetti. pi forti o opponendo passioni contrarie. Per
Francesco nelluomo la volont la categoria sintetica. Nelluomo Dio ha stabilito una dipendenza
naturale che fa capo alla volont, la quale comanda e domina su tutto quello che si trova in quel piccolo
mondo (variet di azioni, sentimenti, inclinazioni, abitudini, passioni...) (I, 1). Anche lintelligenza si
applica a quelle cose alle quali indotta (C il tema pascaliano delluomo libero, luomo dazione che
decide). Ma una volta che la volont ha scelto un amore, dopo averne abbracciato uno, vi rimane
sottomessa, fin quando questamore muore. Solamente a questo punto pu amare altro e... sottomettersi a
questo nuovo amore. (I, 4).
Il Vescovo di Ginevra ha una visione positiva della volont: fatta talmente per il bene che, appena lo
scorge grazie allintelletto che glielo rappresenta, si volge dalla sua parte per compiacersi in lui.
(Rileggere il suggestivo cap. 7 del I libro!). Per poter vivere continuamente una volont che sceglie il bene,
occorre provare una vera compiacenza in esso, con un atto teologale, che fa scoprire in Dio la Bont e la
Bellezza. Cos, a forza di compiacersi in Dio, si diventa conformi a Dio, trasformati in quel Dio che
amiamo (VIII, 1). Camminare nello Spirito un assaporare Dio come bene nellanima, unesperienza di
gratificazione (V,1). Dio con tutte le sue qualit diviene nostro per assimilazione. C persino una dolcezza
che viene dalla contemplazione dellAmato nel dolore (V, 5). Comunque la volont sempre dono, che si
riceve (IV, 6). Anche litinerario della sua crescita della volont, che in concreto consiste nel rivivere
lobbedienza di Cristo, lestasi cristiana, avviene per dono della Grazia. Solo cos il discepolo pu
accogliere e partecipare al folle amore di Dio, alla sua folle libert. Ciascuno esiste perch la vita e la
sapienza di Cristo si effondono nel sentire ed nellagire del cristiano 16. La Grazia rende ciascuno capace di
vivere al di sopra di se stesso, nei consigli evangelici, in ogni forma di radicalismo evangelico. Il Padre
attrae sempre! (VII, 6).
Note
1) FRANCESCO DI SALES, Lettere di amicizia spirituale, introduzione di A. RAVIER, EP, 1984, p. 9.
2) A. RAVIER, Francesco di Sales, Un dotto e un santo, Jaca Book, 1987, p. 182
3) G. MOIOLI, Elena da Persico, Una donna, una spiritualit, pro manuscripto, pp. 145-146.
4) Per queste osservazioni, vedi A. RAVIER, S. Francois de Sales et la bible, in Le grand sicle et la Bible, a cura di JP. Armogathe,
Beauchesne 1989, pp. 617 - 627.
5) A. RAVIER, Initiation la lecture du Trait de lAmour de Dieu, de Francois de Sales, Labat, 1986, pp. 14-23.
6) Ivi, pag. 19.
7) P.L. BORACCO, S. Francesco di Sales, La rivista del clero italiano, 1987, p. 827.
8) AA.VV. La Storia di Ges, Rizzoli, Milano, 1985, n. 88, p. 2130.
9) Cfr. FRANCESCO DI SALES, Lettere di amicizia spirituale, a cura di A. RAVIER, EP 1984, p. 956.
10) Oeuvres, edizione critica di Annecy, Lettres, XIII, 291.
11) Ivi, Lettres XIII, 282.
12) FRANCESCO DI SALES, Lettere di amicizia spirituale, EP 1984, p. 874.
13) Ivi, p. 917.
14) Ivi, La voce Cuore, curata da A. RAVIER, pp. 897-899.
15) Per tutto questo tema vedi Sui sentieri della Visitazione, cio la ricerca della volont di Dio nelle relazioni di ogni giorno,
pellegrinaggio ISMI 1996 ad Annecy, Ancora 1996.
16) P.L. BORACCO, art. cit., p. 831.